EDV Periodico della Comunità Piccolo Gruppo di Cristo | n°. 153 - anno XXXIII | Dicembre 2011
ESPERIENZE DI VITA
LA PASSIONE EDUCA
L’educazione in famiglia: riflessioni per crescere
Family2012: come la Comunità si sta preparando
Nuovi mezzi di comunicazione: testimoniare è condivisione
EDV
redazione COLLABORATORI Giovanni Cattaneo Luigi Crimella Michela Botta Paolo Cattaneo PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Paolo Cattaneo MAIL piccologruppodicristo@gmail.com
N°153 In questo numero affrontiamo il tema: l’educazione in famiglia. Ci sembra interessante come filo conduttore tra il tema dell’anno comunitario (la vocazione in famiglia) con un argomento di grande attualità: quali scelte faccio per l’educazione dei miei figli, come vivo il rapporto con la scuola, come gioco la mia consacrazione dentro questi ambienti, quali domande ci pone la Chiesa.
info PGC www.piccologruppo.it Piccolo Gruppo di Cristo Via San Pietro, 20 20033 Desio, MB Segreteria Telefono: (+39) 0362 621651 Fax: (+39) 0362 287322 Mail: piccolo.gruppo@tin.it
Sommario dicembre 2011 EDITORIALE Si parte dalla fine
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ATTUALITà Sempre pronti ad educare con gioia
pag.4
Ditelo in musica
pag.6
Genitori & Insegnanti
pag.8
Nota di merito
pag.9
Saper fare (e far sapere) per fuggire il nozionismo
pag.10
Dare sapore al sapere
pag.11
Ad occhi aperti
pag.13
Il mio bambino ha tutto
pag.14
ZOOM Gli orientamenti “pastorali” per il decennio 2010-2020
pag.16
Perchè è importante cercare di “seguirlo”
pag.18
A Milano “Family 2012”, nessuno si senta escluso
pag.21
RUBRICA La santità nel matrimonio
pag.22
IN COMUNITà Un invito accorato a vivere da consacrati
pag.24
Lettera al nuovo arcivescovo
pag.25
Voci dalla “Festa dell’Eremo”
pag.26
La parola diventa social
pag.32
Verso Assisi
pag.33
BACHECA News dalla Comunità
pag.34
EDITORIALE
SI PARTE DALLA FINE Domande a margine della recita di Natale
La stella e il pastore, la giovane madre, un bambino appena nato, un papà diventato Giuseppe. Tante pecore e un gregge di genitori. È questa la scena che si ripete ogni anno, in questi giorni, con la recita natalizia nelle scuole. È un appuntamento tradizionale per tutti, bambini, genitori e nonni. Il Natale alle porte, con il suo corredo di feste e incontri tra scuola e famiglia, offre l’occasione per una riflessione sul rapporto con il mondo dell’educazione. Emerge l’influenza della scuola sui ritmi quotidiani delle famiglie, la ricaduta sulle scelte lavorative, il dialogo con i figli, le preoccupazioni di mamma e papà di fronte a un ambiente che vorrebbero
sempre costruttivo e che invece fatica ad essere realmente formativo. Quanto incide la scelta della scuola sul futuro di figli e nipoti? Come valutiamo le proposte educative che impattano sulla famiglia, sui valori che i cristiani comuni vorrebbero seminare dentro la società? Dall’asilo alle superiori, si rincorrono età e domande, successi e delusioni: l’esigenza formativa dei ragazzi cresce con loro e provoca i genitori, mettendoli di fronte a nuovi modelli educativi e alla responsabilità di trasmettere ai più giovani una visione cristiana del mondo. “Occorre partire dalla fine” – faceva notare Erasmo Figini, raccontando l’esperienza della scuola di LA PASSIONE EDUCA
formazione Oliver Twist di Como “si parte dalla vita - da una sedia, da una casa, da un tessuto - e non dalla teoria - dalla matematica. Si cerca di suscitare l’interesse mostrando dove si può arrivare. In cosa consiste il nostro lavoro allora? Consiste nel ridare il senso: restituire un senso che i ragazzi hanno già visto e che quindi risulta a loro meno estraneo. Tutto il lavoro è colmare il divario che c’è per arrivare al fine”. Si riparte dalla fine, dal rapporto tra scuola e lavoro, tra formazione umana e spirituale, per capire dove accompagnare i più giovani, dove spendere il nostro contributo educativo, dentro e fuori la famiglia.
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ATTUALITà
Sempre pronti ad educare con gioia Motivazioni e preoccupazioni viste da una maestra
forti) mi hanno messa sempre in discussione, non mi hanno lasciata serena e tranquilla e anche dopo aver chiuso alle spalle il cancello della scuola, portavo spesso a casa con me, in famiglia e davanti al Signore questi bambini con le loro famiglie, questi tesori preziosi che mi erano stati affidati.
Maestra in una scuola dell’infanzia da venti anni e mamma da tre. Rita Frigerio ci racconta la sua esperienza con i più piccoli, le motivazioni e le preoccupazioni dell’“arte gioiosa dell’educazione”. Quanti ricordi, quante emozioni, quante gioie e sconfitte ho nel mio cuore: la cosa importante è sempre stata pensare fondamentalmente al bene dei bambini che avevo di fronte. Quante volte con il mio stile di presenza ho potuto diffondere attorno a me un senso di calma, di pace e fiducia; mentre in altre occasioni ho faticato mettendo la fretta al primo posto, non riuscendo a fermarmi per guardare, ascoltare questi piccoli e lasciarli parlare per raccontarmi “parte del loro mondo”. Sì, il mio modo di fare, i miei gesti di dolcezza e tenerezza, ma anche il mio essere ferma e decisa nel trattare con loro e nel prendere le decisioni (anche con toni a volte troppo
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Tantissime storie, racconti personali, gioie e paure che mi sono state confidate, esigevano da me una risposta: mi hanno chiesto (a volte nei momenti più impensabili) il perché di fronte ad alcuni fatti profondi della vita. Ed io ringraziando il Signore (anche se alcune volte non ero io a parlare ma la forza che Lui mi donava) sono rimasta estasiata, sorpresa, provando differenti emozioni, meravigliandomi ma anche piangendo con loro e per loro, mostrandomi magari un po’ negativa e pessimista, ma con la voglia di voltare pagina e continuare il cammino insieme, giorno dopo giorno. Mi sono impegnata a reagire sempre con il sorriso sulle labbra e nel cuore, perché ai bambini piace la maestra che fa ridere e sa scherzare. Si insegna con gioia e stando con i piccoli imparo questo atteggiamento, ricordando le parole del cardinal Martini: “l’educazione è un’arte gioiosa: non può essere un lavoro forzato. La soddisfazione e l’appagamento primo e sommo sono dati a un vero artista dal capolavoro LA PASSIONE EDUCA
uscito dalle sue mani. L’educazione esige nell’educatore originalità e individualità, chiede che si educhi con gioia”. In questi anni - specie in questi ultimi - passione, entusiasmo e gioia a volte sono state un po’ offuscate da difficoltà, da pesantezza delle relazioni con i nuovi modelli familiari, dal dover stare attenta alle parole dette, dal sentirmi inadeguata per risolvere situazioni particolari, dal far fronte ad una sfida sempre più impegnativa.
Quante volte (non essendo ancora mamma) mi sono messa nei panni dei genitori; ho consigliato, ho posto dei limiti, li ho messi in crisi come coppia e famiglia… Non ho la pretesa di insegnare qualcosa e di giudicare gli altri genitori, ma vorrei saperli trattare con amore, rispetto e umiltà. Alcuni non si sono fidati fino in fondo, altri mi hanno sbattuto la porta in faccia. Altri mi hanno ringraziato, hanno cambiato il loro modo di educare e rapportarsi con i figli. In tutto questo il Signore mi
ha accompagnato, l’ho sentito molto vicino: lavorando in una scuola parrocchiale di ispirazione cattolica ho posto le premesse per favorire l’incontro dei bambini con Dio, sommo Bene. Questa è l’educazione religiosa autentica. Trovo illuminanti le parole del catechismo dei bambini: “Dio nessuno lo ha mai visto, come può farsi conoscere dai bambini? Dio parla di sé attraverso le persone, i fatti le cose, Dio è amore e tutti i gesti d’amore hanno radice in Lui”. L’incontro dei bambini con la tenerezza che Dio ha per tutte le creature avviene attraverso i gesti di bontà degli adulti, i bambini avvertono se le persone amano o no la vita, se hanno paura e speranza, se credono in quello che dicono. Se li amano, se li incoraggiano e consolano! Tutta questa esperienza, come grande dono, l’ho potuta riversare sul mio piccolo Francesco, un bambino speciale per me e per Marco, amante della gioia e della vita che gli è stata donata. È stato naturale e facile all’inizio per me educare Francesco: un angelo mandateci dal cielo, buono e gioioso. Ogni giorno nel ringraziare il Signore per la sua bontà - lo affido a Lui, anche con le sfide che ci pone e le difficoltà quotidiane che incontriamo. Con fiducia e amore mi sento di accompagnare nel cammino della vita tutti i bambini che il Signore vorrà pormi sulla strada, nella mia missione di educatrice. RITA FRIGERIO
LA PASSIONE EDUCA
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ATTUALITà
Ditelo in musica
I piccoli si attendono dai grandi che siano veri “testimoni”: parla un insegnante
disfazioni personali che trai nell’insegnare ai piccoli e quali le difficoltà che devi affrontare?
Sui temi educativi si spendono fiumi di parole. Si parla di “emergenza educativa” e non è soltanto il Papa a lanciare l’allarme. Eppure all’interno del mondo degli insegnanti si respira un’aria di sostanziale fiducia e speranza nel futuro. Sentiamo la voce di un appartenente al Piccolo Gruppo di Cristo, Giovanni Tonello, che svolge il ruolo di maestro elementare. Nella tua qualità di educatore, come spiegheresti a un giovane i motivi e il percorso che ti ha condotto alla scelta di vita di insegnare?
stiani, la tua educazione in famiglia e nel tuo ambiente, sul cammino di formazione verso questa attività lavorativa?
“Nel personale percorso formativo sento che ci sono stati diversi elementi significativi che mi hanno condotto a consapevolizzare la mia vocazione all’insegnamento. In primo luogo credo che l’anno di obiezione civile mi abbia introdotto nell’ambito educativo in quanto ho prestato servizio in un istituto per ragazzi difficili e contemporaneamente nella sensibilizzazione alla mondialità e pace nelle scuole medie. Tale esperienza è stata determinante per cogliere la mia attitudine nell’ambiente educativo. Inoltre, gli studi per il conseguimento del Magistero in Scienze Religiose hanno contribuito allo sviluppo di una particolare attenzione alla persona sia nell’aspetto umano che spirituale”.
“La mia famiglia ha sempre avuto una fede semplice, fatta soprattutto di fedeltà. Fin da piccolo sono stato accompagnato a prendere coscienza della presenza di Gesù nella mia vita e spesso mi è stata data la massima fiducia e libertà nelle scelte personali. È stata poi determinante l’esperienza di otto anni, nel periodo adolescenziale e giovanile, presso il Seminario Vescovile di Treviso, in cui la mia crescita personale e spirituale è sempre stata accompagnata da un sacerdote che mi ha condotto amorevolmente alla scoperta della mia vocazione. Credo che queste realtà abbiano favorito in me la crescita di una sensibilità favorevole all’ambiente educativo”.
Come hanno inciso i valori cri-
Quali sono le più grandi sod-
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LA PASSIONE EDUCA
“L’affetto e la gioia che mi trasmettono i bambini quando ci incontriamo a scuola è certamente il segno più bello di un rapporto empatico e fiducioso costruito giorno per giorno; il difficile è trasferire questa relazione positiva da un rapporto a due ad una realtà di gruppo-classe, dove per il bene di tutti ciascuno deve rinunciare ad un po’ di se stesso”. Il fatto di avere risposto a due chiamate specifiche: quella al matrimonio e poi anche quella alla vita comunitaria, con gli impegni connessi, ti aiutano nel tuo impegno quotidiano di educatore? “Credo che il sacramento del matrimonio mi richiami ad una dimensione di paternità da esercitare nel rapporto personale con il singolo bambino, mentre la vita comunitaria mi rimanda ad una consapevolezza sempre più viva ed esigente della presenza di Gesù nei bambini che mi sono stati affidati”. Quale “spessore” religioso percepisci o favorisci nei più piccoli? “I bambini sono esigenti, pretendo-
no chiarezza, ma soprattutto fedeltà e lealtà; nello stesso tempo sono sempre pronti a ricominciare, a recuperare in ogni momento le piccole rotture che possono crearsi nella giornata. I bambini si attendono da me fermezza, coerenza, pazienza e amore… proprio come Gesù”.
“Ciò che non è facile per il bambino è proprio far emergere quanto ha dentro di sè. La musica lo può aiutare ad esprimere il suo vissuto e dare ad esso un nome, in quanto strumento capace di suscitare emozioni, immagini, sensazioni… anche spirituali”.
Ti sembra possibile che in futuro l’educazione possa arrivare a prescindere totalmente da Dio o da un insegnamento “religioso”, come talune correnti di pensiero tendono a proporre?
La scuola oggi è in grado di offrire le risposte alle domande più profonde dei ragazzi, oppure può solo limitarsi a proporre contenuti culturali?
“Io credo che l’educazione possa arrivare più facilmente, non solo dall’insegnamento religioso, ma soprattutto da un atteggiamento religioso. Un atteggiamento fatto di testimonianza di vita, dove io sono chiamato ad essere ciò che sono senza compromessi e falsi pudori, trasmettendo la mia fede nella concretezza dell’azione educativa”. In particolare la tua competenza musicale è di aiuto per innalzare la sensibilità spirituale dei più piccoli?
“Credo che la capacità della scuola di trasmettere o meno risposte ai ragazzi, dipenda esclusivamente dalla volontà, sensibilità e determinazione dell’insegnante che aiuta gli alunni che ha di fronte a porsi le domande e trovare assieme le risposte; poiché la scuola come istituzione, salvo nei casi in cui essa sia religiosa, non lo richiede, o almeno non esplicitamente”. Il “Gruppo” ti aiuta a crescere interiormente nella tua vocazione di educatore? “Lavora e prega senza pretendere nessuna ricompensa: mi è capitato LA PASSIONE EDUCA
recentemente di vivere, nonostante l’immissione in ruolo, situazioni di precarietà, di incertezza nelle prospettive future. Ciò inizialmente mi ha lasciato interdetto, poiché mi sono accorto che molte energie che ho speso in questi anni per la scuola, all’improvviso sono state vanificate da un trasferimento d’ufficio per sovrannumero di personale. Ora questo comporta ricominciare daccapo, nella formazione, nelle relazioni con i bambini, con le colleghe, con i genitori,… e le domande che umanamente sorgono spontanee sono: ma per chi mi sono impegnato fino ad ora? Che fine farà tutto ciò che ho costruito? Che ne sarà delle persone che lascerò? Come faranno senza di me?. Al di là dell’esito della vicenda personale, sento che in questa situazione il Gruppo mi ha offerto gli strumenti per capire che quanto io posso fare, offrire o inventare nella mia professione, tutto ciò non mi appartiene, ma è del Signore e per il Signore. Egli deve essere il fine delle mie azioni o meglio egli è il mio agire. “Lavora e prega senza pretendere nessuna ricompensa,… io ti vedrò”. LUIGI CRIMELLA
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ATTUALITà
Genitori & Insegnanti
Istruzioni per l’uso da una maestra: educare insieme
insegnamento che vive in me e non potrei fare l’insegnante senza essere un po’ genitore di tutte le situazioni che il Signore mi ha messo tra le mani per i prossimi cinque anni.
“State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita(...). Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate in voi la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo”. Durante il giorno insegnava nel tempio; la notte, usciva e pernottava all’aperto sul monte detto degli Ulivi. E tutto il popolo di buon mattino andava da lui nel tempio per ascoltarlo. Lc 21, 34-38 Durante il giorno insegnava nel tempio. Insegnava. È la dimensione della mia quotidianità: educare come insegnante ed educare come genitore. Due dimensioni ben distinte ma che si accomunano enormemente e una prende spunto e slancio dall’altra in un reciproco scambio continuo. Non potrei, oggi come oggi, definirmi mamma senza tenere in considerazione la parte di
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Mai come in questi ultimi anni si avverte forte nei genitori la richiesta di aiuto nell’educazione dei figli e, dentro questo aiuto, il desiderio di una vita bella per i propri figli. È per questo che il confronto con l’insegnante è sempre più richiesto. Vivo la mia giornata in quella che io chiamo un’oasi felice, lavoro in una scuola cattolica, a contatto con genitori che scelgono di iscrivere i figli lì e che quindi ne condividono il progetto educativo, all’inizio non sanno bene cos’è, vengono attratti dalla didattica, dalla cura di ogni singolo bambino, dalle potenzialità di un ambiente curato e accogliente, ma scoprono poi, cammin facendo che questa accoglienza, cura e stima nasce dall’essere tutti personacreatura. Durante il giorno insegnava al tempio: “I vostri cuori non si appesantiscano in affanni della vita”. È la cruda realtà dei genitori d’oggi che affidano i propri figli alla scuola chiedendo che le insegnanti sopperiscano ad una vita troppo frenetica e che insegnino ai loro figli non solo il leggere e far di conto, ma anche lo stare al mondo con animo sereno, proprio quello che loro non anno e che nel colloqui con l’insegnante LA PASSIONE EDUCA
esce con prepotenza quando al posto di parlare del figlio ci si trova ad ascoltare le difficoltà di vita di ogni famiglia. Il colloquio diventa sempre più un luogo per parlare e per trovare qualcuno che ascolta le loro difficoltà con tranquillità e che, con una parola sincera, se ne fa carico per quel che può. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate in voi la forza. Vigilare e pregare è ciò che serve per la lettura dei segni dei tempi dentro nelle situazioni che siamo chiamati a
vivere. Ci sono molte fragilità, e ogni giorno in classe sono messa di fronte sempre più alla fragilità dell’uomo di oggi: la difficoltà nei genitori di sperare, il loro dedicarsi tanto al lavoro e poco alla festa, il loro desiderio di togliere dalla vita dei figli le difficoltà quotidiane. Questo rende i figli fragili e incapaci di affrontare le dinamiche quotidiane della vita di relazione. Tanti bambini hanno l’ansia di dover essere sempre pronti ad ogni occasione e ciò crea in loro la paura di guardarsi per quelli che
ATTUALITà
Nota di merito
Valutare con i numeri non basta
Scrivere non è il mio forte, ho accettato perché questo argomento mi tocca particolarmente. In ogni classe, in ogni famiglia c’è sempre la testa calda, quella che non rispetta mai le regole, che fa i dispetti, veramente difficile da gestire. Come fare? Come educare queste pesti? Per rispondere a questa domanda, mi sono fatta aiutare, con molte chiacchierate, da un amico diacono ed ho riflettuto in particolare sul testo Lc 7,36-50 “La peccatrice perdonata”.
sono: bambini che devono crescere. La notte, usciva e pernottava all’aperto sul monte. Più che la tecnica oggi a me è chiesta una vita intensa di preghiera e di veglia per essere aperta alla presenza di Dio e a pregare con la vita, non un fiume di parole ma un abito che mi renda, agli occhi di chi mi è accanto, alunni, genitori, figlio, marito, colleghi e amici, testimone vero della speranza. CRISTINA RIPAMONTI (Nella foto a pag. 8)
Ho concluso che il mio primo errore è quello di classificarli, di mettere un bollino su quel povero bimbo che solitamente ha già lottato contro tante problematiche. Gesù non fa così, va oltre, non si ferma all’apparenza come il fariseo “se costui fosse un profeta saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice”, Lui vede il positivo, riesce a vedere l’amore dato ed in ognuno di noi c’è sempre questo positivo, occorre solo trovarlo e farlo emergere. Tutto questo è la premessa per poter condividere con voi quello che ho iniziato a fare con la classe più difficile che ho. Ho iniziato ad usare le note di merito. Tento di non punire e di non fare risaltare quello che non va, al contrario, lavoro sul positivo, scovo nel gruppo il bambino che nel momento peggiore sta attento e lo premio con la nota di merito. Vi assicuro che ho LA PASSIONE EDUCA
ottenuto risultati strabilianti, sono migliorati notevolmente ed ora fanno a gara per essere il bambino più bravo. È bastato spostare l’attenzione dal negativo al positivo, è bastato provare ad essere un po’ come Gesù con la peccatrice, non giudicare e punire il male che ha fatto, ma risaltare il bene che stava facendo. Ciò non significa chiudere gli occhi sugli eventuali errori e fingere che tutto sia lecito, no, no, anzi si devono riprendere, ma ogni volta con uno sguardo d’amore, facendo loro capire che li amiamo per come sono, con i loro limiti, li amiamo e vogliamo aiutarli a migliorare. BARBARA CANALI (Nella foto in alto)
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ATTUALITà
Saper fare (e far sapere) per fuggire il nozionismo Parola a un professore
È dagli anni Settanta del secolo scorso che sembrano essersi naturalizzate, nel pensiero comune della gente, alcune concezioni che si sono trasformate in veri e propri pregiudizi con cui, oggi, siamo ancora chiamati a fare i conti. Il primo è che chi studia non lavora; e che chi lavora non studia, e in ogni caso lavora perché non sarebbe riuscito a studiare. Per questo l’intellettuale sarebbe chi non svolge un lavoro, soprattutto se manuale. E il filosofo che cucina o che fa l’artigiano apparterrebbe alla commedia. In realtà, non è mai stato possibile, ma a maggior ragione non lo è oggi, immaginare qualsiasi “fare” che non sia e non debba essere, allo stesso tempo, anche un “sapere”, e viceversa. Non a caso ogni “saper fare”, quando autentico e riconosciuto, è anche, sempre, un “fare sapere”. Consapevolezze che le nostre scuole, purtroppo, ammorbate dal centralismo ideologico e da nozionismi e astrattismi burodisciplinari degni di miglior causa, sembrano aver dimenticato. Facendone per di più pagare le disastrose conseguenze a oltre la metà dei ragazzi e delle ragazze che le frequentano. Il secondo pregiudizio è una diretta conseguenza del primo. Esisterebbe un’età della vita nella quale si imparano le competenze di base e un lavoro e il resto della vita in cui si metterebbero in
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opera le prime e si svolgerebbe il secondo. Soprattutto in una società pretenziosamente definita della conoscenza e nella quale ogni mattina quasi tutti si sciacquano la bocca con slogan sul “capitale umano”, tuttavia, questa separazione dei due tempi è inconcepibile. Lavoro e formazione, impresa e scuola, produzione materiale ed elaborazione concettuale, competenze culturali generali e competenze professionali specifiche dovrebbero stare, infatti, sempre insieme. Indissolubilmente. Tanto più che è fin troppo ovvio costatare quanto sia finita l’epoca in cui si poteva iniziare un lavoro a 15 anni e concluderlo, più o meno sempre uguale e, magari, nella stessa azienda, a 65 ed oltre. Nell’arco di questi 50 anni, al contrario, ogni lavoratore del nostro tempo o dovrà cambiare da sei a otto lavori/aziende se non vuole essere espulso dal mercato o, se resta a svolgere la stessa professione, deve sapere che essa, per restare competitiva, deve modificarsi ogni cinque anni a tal punto per complessità strutturale, modalità di esecuzione e contesto di esercizio da palesarsi ogni volta come un mestiere diverso. E come farà a “imparare” questi diversi modi di eseguire lo stesso mestiere se non sarà suo costume, ogni giorno, “lavorare imparando e imparare lavorando”? Il terzo pregiudizio immagina posLA PASSIONE EDUCA
sibile una società popolata da studenti, cantautori, stilisti, artisti, architetti, giornalisti, professori, bancari ecc. senza panettieri, cementisti, autisti, stallieri, operai, macellai, artigiani e simili. Una società di addetti al settore economico “quaternario” e “terziario” senza bravi addetti in quelli “secondario” e “primario”, tuttavia, non esiste. Almeno nella realtà. Tantomeno, se esiste, può durare nel tempo, una società che ritenga di dovere reclutare gli addetti ad agricoltura, artigianato e industria manifatturiera soltanto o soprattutto tra espulsi dalla scuola per demerito, immigrati a cui infliggere un diffuso, moderno neoclassismo etnico (per cui certi lavori sarebbero non inadatti, ma perfino indegni per i rampolli di etnia autoctona) e, purtroppo, “nuovi schiavi”.
ATTUALITà L’ultimo pregiudizio è lo snobismo aristocratico del disinteresse. […] Come se l’umanesimo fosse incompatibile con l’economia e con il lavoro. E non fosse vero, invece, per storia (vedi il Rinascimento), per epistemologia (come hanno teorizzato molti studiosi da Aristotele, Tommaso e Adamo Smith fino a Peirce) e, soprattutto, per esperienze e testimonianze di vita […], esattamente il contrario. Einstein ricordava che è più facile rompere un atomo che un pregiudizio. Aveva ragione. Tuttavia, se non ci affretteremo a frantumare al più presto quelli presentati, sarà difficile guardare al futuro con qualche ragionato ottimismo. Ci seppellirà, non tanto o non solo la crisi economica mondiale e nazionale di dimensioni mai viste che stiamo vivendo da anni, ma, in particolare, la grave crisi intellettuale e morale di cui questi pregiudizi sono il frutto avvelenato. Giuseppe Bertagna, Ordinario di Pedagogia generale all’Università degli studi di Bergamo (l’intervento è stato pubblicato su www. ilrinascimento.com dove sono raccolti gli interventi del seminario Giovani e lavoro: esperienze e prospettive, l’opportunità dell’apprendistato)
DARE SAPORE AL SAPERE
L’esperienza di un’insegnante
le supplenze, la gavetta con contratti a termine (qualche settimana e poi qualche mese) fino a fare dell’insegnamento il mio lavoro a cui voglio bene nonostante le difficoltà.
Insegnante dal 1993. Donatella Zurlo ha iniziato in una scuola elementare paritaria, tenendo il corso di inglese pomeridiano. Poi il matrimonio, il trasferimento in Brianza e dal ’97 al lavoro nella scuola pubblica. Donatella ci racconta la sua esperienza di professoressa e mamma alle prese con graduatorie e compiti a casa. Com’è nata in te la scelta di “arruolarti” nella scuola? Non avevo mai pensato alla scuola: proprio mentre venivo assunta in azienda con un contratto part-time al mattino, mi si proponeva di tenere un corso pomeridiano alle elementari. Accettai il lavoro a scuola nell’attesa di sposarmi e cercare poi un’occupazione vicino alla mia formazione. Il contatto con i bambini, la trasmissione di conoscenze e l’aspetto educativo mi hanno subito affascinata. Sono entrata nella trafila delle iscrizioni in graduatoria per
LA PASSIONE EDUCA
Come rileggi dopo un po’ di anni il tuo cammino di “educatrice” e il percorso che ti ha condotto alla scelta di insegnare? Credo che questo sia il lavoro che si adatta meglio alla mia personalità e alle esigenze della mia famiglia. Non avrei mai rinunciato ai figli per il lavoro. Ma allo stesso tempo avvertivo la necessità di stare anche fuori casa per un mio equilibrio e per poter realizzare il desiderio di comunicare ad altri quello che avevo studiato e che sentivo essere importante, bello e prezioso. Sei riuscita a realizzare questo desiderio? L’insegnamento mi ha permesso tutto questo e non solo. Mi ha permesso anche una gestione familiare sostenibile, una trasmissione del valore del sapere inteso come “dare sapore alle cose”, uno stare a contatto con le persone e quindi coltivare relazioni. Insegnare è una sfida. È un’avventura nella crescita di bambini e ragazzi della cui formazione e vicenda umana ti senti responsabile. Quali sono le domande di “senso” che attraversano il cuore
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dei tuoi alunni? È avvincente essere un tassello nella loro formazione. Da un punto di vista didattico noto che una gran parte di loro è desiderosa di conoscere e apprendere. Se i ragazzi trovano gli stimoli giusti, veicolati con una buona mediazione, sono veramente pronti a dare il meglio. C’è chi arriva al 50, chi al 70, chi al massimo. Mi interessa che siano messi nella condizione di apprendere e di rispondere pienamente per quella che è la loro situazione, in quel momento, sapendo che possono sempre migliorare. La scuola è in grado di formare i ragazzi a entrare nel mondo del lavoro? Dobbiamo fare il possibile per dare strumenti adeguati a tutti. Qui, cristianamente parlando, trovo bello collaborare con il Creatore in tal senso. Lui ci ha dato enormi potenzialità. Sta a noi scoprirne i meccanismi e trovare la chiave affinché si possa diventare sempre più corrispondenti al Suo disegno di pienezza. Dico spesso ai miei ragazzi che più progrediamo nella conoscenza di chi siamo, di chi è l’altro che ci sta accanto, di che cos’è la realtà che abbiamo intorno e con cui in ogni istante siamo chiamati a relazionarci, più migliora la qualità della nostra vita. Cosa ti spinge ad andare avanti nella sfida educativa? E’ bello vivere insieme ai ragazzi il loro affacciarsi alla vita con mille aspettative, con l’entusiasmo e la vivacità che li caratterizza ma anche con le fatiche della crescita. Mi appassiona il loro vissuto e se noto un desiderio di apertura non tardo mai nel prestare un minimo di ascolto. Capita che entrando in classe trovi una studentessa piangere a dirotto. Che fai? Ti avvicini in punta di piedi, cercando di capire se puoi aiutarla e se accetta il tuo aiuto. Se vedi che è disponibile a raccontare allora fuori, lontana da orecchi indiscreti, a tu per tu, scopri che è per via di
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uno sgarbo fatto dai compagni, oppure perché i genitori non vanno d’accordo, o perché un’amicizia non viene accolta o, ancora, perché è da poco mancato il padre. C’è qualche episodio a cui sei particolarmente legata, in cui ti sei ritrovata a riflettere sul senso del tuo rapporto con gli studenti a te affidati? Lo scorso anno seguivo dei ragazzi con difficoltà cognitive legate al contesto affettivo. Uno di questi era arrivato a bestemmiare ripetutamente e con rabbia perché non si sentiva amato da Dio. Aveva una sofferenza di rapporti all’interno della famiglia talmente grande che non sapeva più con chi prendersela se non con Dio stesso. Questo è stato uno dei momenti più intensi, dove un ragazzo metteva nelle mie mani un vissuto straziante e che non aveva mai rivelato a nessuno in questi termini. Ho trascorso un’ora a parlare con lui di un sacco di cose, tra cui l’amore e Gesù. Deve essere accaduto qualcosa in lui perché, rammaricato, si è scusato comprendendo la falsità della sua posizione. Insegnamento vuol spesso dire anche precarietà e incertezza: come vivi (o hai vissuto) le difficoltà legate all’inserimento stabile nel mondo della docenza? Sono ancora precaria, nonostante abbia alle spalle 14 anni di insegnamento nella scuola pubblica e 2 alla scuola privata, non mi viene garantita una continuità. Questo fatto è deprimente, a volte mi mette rabbia, specialmente quando devo lasciare un lavoro impostato in un certo modo, dei ragazzi con cui stavo intessendo relazioni belle e significative, colleghi con cui avevo stabilito una buona sintonia. Pazienza! In qualche modo anche tu hai dovuto ri-educarti… Ho imparato ulteriormente ad affidarmi alla Provvidenza e a pregare LA PASSIONE EDUCA
più profondamente. Cioè a collocarmi in un rapporto di filiale abbandono e conoscere cosa significhi essere salvati, portati fuori dalla chiusura dell’io per trovare piena libertà in un Tu. Anche questo fa parte di un piano provvidenziale che il Signore ha preparato per me. In questo modo cerco di vivere serenamente il fatto che il 30 giugno si pone fine tutti gli anni ad un percorso e che a fine agosto c’è la convocazione. Mi sono sempre affidata alla Trinità. La cosa strepitosa è che anche quando non vedevo possibilità alcune, la Provvidenza è stata geniale a disporre affinché io potessi ottenere quell’unico incarico per me possibile in quel momento. Scuola e famiglia, come vivi questo binomio? Conciliare famiglia e lavoro fuori casa non è semplice. A volte le difficoltà organizzative e i numerosi impegni sono motivo di scoraggiamento e di tensioni. Ma sono convinta che anche il mio lavoro sia una strada per la realizzazione di un Progetto che Dio Padre ha per me e la mia famiglia e che questa progettualità si inserisca nel dono della santità. L’insegnamento è un tutt’uno con il resto della mia vita di sposa, mamma, laica consacrata. Non riesco a scinderle, sono tutte sfaccettature della stessa pietra preziosa: la chiamata all’amore. G.C.
ATTUALITà
AD OCCHI APERTI Alcune delle cose più belle vissute a scuola
Vorrei partire da alcuni esempi molto semplici per cercare di farvi conoscere alcune delle cose più be le che mi sono capitate durante gli anni del mio lavoro, scaturite certamente dall’impegno, ma soprattutto dalla preghiera e dal cercare di coinvolgere sempre i genitori per essere insieme impegnati in un lavoro comune per il bene dei loro figli. Mi ricordo Edoardo, ricco di un argento vivo davvero “esagerato”: tutto era suo e nulla poteva impedirgli di impossessarsi dei giochi, del materiale, dell’attenzione dei grandi. Con uno spintone, un calcio, un urlo pretendeva di essere il primo in tutto. Eppure con grande pazienza, aiutandolo ad aprire gli occhi sugli altri, a vederli come amici, è riuscito ad incanalare l’energia innata. Non ha perso mai la vivacità, ma ha imparato a dire: “posso, per piacere, vorrei, mi aiuti, non sono capace, gioca con me, scusami”. Se penso a Matteo vedo ancora le sue difficoltà, le sue paure, il timore di non riuscire. Piano piano è diventato un compagno prezioso per i più piccoli, verso i quali ha saputo manifestare tenerezza, incoraggiamento. Se qualche cosa non andava per il verso giusto con pazienza ricominciava e
diventava come il Robin Hood della classe e si rivolgeva a chi era nei guai dicendo “adesso ti aiuto io!”. Ho bene in mente Giulia: all’inizio della sua esperienza scolastica era come una “bambolina”, abituata ad essere servita come una piccola principessa. Lentamente ha raggiunto una buona autonomia, preoccupandosi di tenere in ordine le sue cose, abituandosi a vedere i bisogni degli altri, cercando di aiutarli sempre per prima. Era davvero felice quando era lodata per le sue gratuite attenzioni agli altri, ma le compiva anche quando, apparentemente, nessuno se ne accorgeva. Non posso dimenticare Francesco che, da bambino molto possessivo che con pianti disperati non voleva condividere con nessuno i giochi che lui si portava da casa, si è trasformato, conquistando la gioia di dare e ha imparato a scambiare i suoi giochi con quelli degli altri. Questi pochi esempi dicono però quante esperienze belle, insieme a tantissime altre, hanno accompagnato la mia vita lavorativa. Non sembrano importanti, ma quando alla fine della giornata comprendi che il piccolo seme gettato nel terLA PASSIONE EDUCA
reno ha cominciato a germogliare e sai che potrebbe piano piano diventare pianticella o albero rigoglioso di bene puoi solo ringraziare il Signore che ha usato di te per rendersi presente, per entrare nel cuore dei bambini. Anche il rapporto con i genitori è stato veramente importante e spesso gratificante attraverso un dialogo molto frequente e il loro coinvolgimento nell’esperienza scolastica: l’interesse comune è sempre stato il bambino, ma il confronto sereno sui comportamenti che si adottano in famiglia e a scuola può aiutare a vedere con occhi diversi le reali necessità educative, a scoprire che ci sono possibilità nuove per educare con amore vero, partendo dalle piccole cose che, se proposte nel modo giusto e insieme, riescono a radicarsi nelle abitudini quotidiane, trasformando il nostro parlare in un comunicare, il nostro fare in un aiutare, il nostro avere in un condividere. Il nostro vedere in un ammirare insieme la bellezza di una vita che resta sempre un bellissimo dono di Dio. DONATELLA BERGAMINI
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ATTUALITà
IL MIO BAMBINO HA TUTTO
Nuovi orizzonti, nuove opportunità nel percorso educativo. Riflessioni di un’insegnante
Nel corso degli anni di insegnamento nella scuola dell’infanzia mi è capitato spesso di dovermi confrontare con genitori che ponevano quesiti di questo genere: “Il mio bambino ha tutto, perché allora fa sempre tanti capricci?” “Il mio bambino ha quasi sei anni e vuole ancora dormire nel lettone però, Rosanna, perché mi devo preoccupare se a lui piace tanto?” “È proprio necessario dirgli dei – no- ? In fondo è ancora piccolo…” Alcuni genitori, spesso stressati dall’insistenza dei capricci del bam-
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bino, percepiscono che c’è qualcosa che non va, si pongono domande e cercano una soluzione, altri nemmeno riconoscono una situazione come problematica, altri ancora pensano forse che l’educazione è una cosa da grandi. Dal punto di vista dell’adulto un capriccio è un comportamento che non ha nessuna giustificazione, è per lo più considerato un comportamento egoista e decisamente inammissibile soprattutto quando sfocia in scenate corredate da pianti e urla. Dal punto di vista del bambino, invece, il capriccio può essere uno dei modi più efficaci per comunicare un disagio, può infatti essere LA PASSIONE EDUCA
un tentativo di farsi ascoltare da un ambiente sordo, può dunque essere il sintomo superficiale di un malessere più profondo. “Mamma, mi compri il gelato?” “No, adesso no!” “Mamma, voglio il gelato!” “No, non è quasi mezzogiorno, poi non mangi più a pranzo…” “Ma io voglio il gelato, me lo compri?” “Ho detto di no!!!” “Se non mi compri il gelato non ti voglio più bene…” “E va bene, compriamo il gelato!” Il bambino ne mangia un po’ e poi… non ne vuole più!
Siamo proprio sicuri allora che voleva il gelato? Voleva il gelato o voleva un po’ di “attenzione e rassicurazione” ? E che risposta ha avuto? Esteriormente il gelato (che poi non gli interessava così tanto), interiormente una disconferma circa il suo bisogno di attenzione; il messaggio che il bambino riceve è infatti questo – la mamma ha creduto davvero che io non le volessi più bene se non mi comprava il gelato-. RIFLESSIONI Sappiamo bene che la riduzione dei valori a beni strumentali e le scelte di vita operate in base a criteri di riferimento edonistici - mi piace, non mi piace, mi interessa non mi interessa-, si costituiscono spesso come veri e propri ostacoli all’apertura della coscienza umana al senso pieno della vita. La quotidianità ci offre numerosi esempi in cui la sequela al criterio dell’emozione e dell’interesse ha come diretta conseguenza gesti sconsiderati. Dobbiamo dunque riflettere su quel tutto che vogliamo dare ai nostri figli. È sempre un rischio impostare l’educazione utilizzando come parametri di riferimento “mi piace-non mi piace” “mi interessa- non mi interessa” sperando che razionalità e spiritualità entrino in gioco “più avanti negli anni” senza troppi conflitti: i conflitti ci saranno e grossi, soprattutto se quell’adolescente non avrà imparato fin da bambino a temperare il suo sentimento di onnipotenza attraverso l’esperienza del limite e se non avrà maturato i sentimenti di sicurezza e di fiducia attraverso l’esperienza viva di una relazione significativa con i suoi genitori.
brutto, di amore e di dolore, come un insieme di limiti e di possibilità. Sappiamo che nella vita vi sono eventi che possiamo modificare, altri che risultano inesorabilmente immodificabili e rispetto ai qual l’unica opportunità è riuscire a modificare se stessi, il proprio modo di pensare e di agire, la propria prospettiva. Il bambino può essere aiutato ad affrontare tale eventualità? Forse sì, se nel tempo accanto a momenti di gioia impara ad accettare e vivere anche momenti di frustrazione; forse sì, se gli viene data l’opportunità di costruire, vivere e rafforzare il sentimento di autostima, quella vera autostima che non ha bisogno di vantare solo abilità ma che sa convivere anche con la fragilità e con il limite, quella vera autostima che apre le porte alla speranza chiudendole alla disperazione. Può il bambino rendersi conto che un momento di crisi apre a nuove opportunità? Che un momento di pianto per una richiesta negata apre a nuovi orizzonti? Forse, se ne farà piccole esperienze, si abituerà a vedere gli eventi che danno origine a una crisi come momenti di inizio verso nuove fasi e nuove possibilità, si abituerà a mantenere mobili sia la mente sia il cuore in quell’ atteggiamento di ricerca che prima o poi gli farà incontrare anche la dimensione trascendente aprendogli la strada verso l’autentico incontro con il suo Dio. ROSANNA
FIN DA PICCOLI Anche il bambino sa leggere la realtà nei suoi significati. Si allena, ad esempio, a percepire il tempo quotidiano come una mistura di cose possibili e impossibili, di bello e di LA PASSIONE EDUCA
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Gli “Orientamenti pastorali” per il decennio 2010-2020 Educare alla vita buona del Vangelo
“Educare alla vita buona del Vangelo” è il titolo degli Orientamenti pastorali della Cei per il decennio. Si tratta di un lungo documento che – come dice il nome stesso – rappresenta una sorta di “base di partenza” per condurre le iniziative pastorali, associative, dei movimenti e gruppi in un percorso il più possibile unitario tra tutte le componenti della Chiesa italiana. Proviamo a considerare questo testo, in forma sintetica, traducendo i vari passaggi e capitoli in altrettante “pillole”, facilmente comprensibili da parte di tutti. EDUCAZIONE - È “un’arte delicata e sublime” e oggi rappresenta “una sfida culturale e un segno dei tempi”. Lo scopo degli Orientamenti è di “rendere Dio presente in questo mondo e di far sì che ogni uomo possa incontrarlo, scoprendo la forza trasformante del suo amore e della sua verità” (card. Bagnasco). CHIESA CHE SI ESAMINA – La Chiesa italiana con questo testo si propone “un’approfondita verifica dell’azione educativa”, in vista di “promuovere con rinnovato slancio questo servizio al bene della società”. La Chiesa si dedica alla “cura del bene delle persone nella prospettiva di un umanesimo integrale e trascendente”. Si tratta di “educare al gusto dell’autentica bellezza della vita”, formando ad un tempo “intelligenza, volontà e capacità di amare”.
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CHIESE LOCALI - Le comunità cristiane sul territorio nazionale si dovranno interrogare sul loro “agire” in quanto Chiesa che educa, confidenti “nel tesoro che il Signore ha posto nelle nostre mani”. In pratica si interrogheranno sulla loro azione educativa. I CAMBIAMENTI IN ATTO – Il momento attuale è segnato da profonde trasformazioni. C’è bisogno di “riferimenti affidabili”, mentre la cultura contemporanea sembra favorire “il disorientamento, il ripiegamento su se stessi e il narcisismo”. EMERGENZA EDUCATIVA - C’è “un’emergenza educativa” – come ha detto a più riprese il Papa – e LA PASSIONE EDUCA
la “formazione dell’identità personale” è sempre più difficile “in un contesto plurale” come il nostro. L’incontro tra culture ed esperienze religiose diverse, la pretesa di una educazione che vorrebbe essere “neutrale”, un diffuso “scetticismo e relativismo”, sempre denunciati da Benedetto XVI, fanno sì che la trasmissione dei grandi valori educativi da una generazione all’altra sia sempre più difficile. PERSONALITÀ FRAMMENTATE - Come conseguenza si registra la “separazione tra le dimensioni costitutive della persona” (razionalità, affettività, corporeità e spiritualità). Armonizzare queste componenti, favorire uno “sviluppo armonioso di
il matrimonio, la vita consacrata, il presbiterato, l’adesione ad associazioni e movimenti. RUOLO DI SCUOLA E UNIVERSITÀ - Scuola e università giocano un loro ruolo altrettanto rilevante nell’educazione: oltre alla cultura, offrono gli strumenti per una “coscienza critica” che è alla base di una partecipazione convinta alla vita sociale.
tutte le capacità dell’uomo” diviene quindi un compito educativo molto difficile, più che in passato. COME SI EDUCA IN FAMIGLIA - Di fronte a tali problematiche, la Chiesa sente di doversi interrogare sul “come” attua la propria vocazione educativa al Vangelo e al suo messaggio di pienezza umana e cristiana. Anzitutto è la famiglia che deve educare a questo incontro col Cristo, oltre che con tutti gli uomini. In questo consiste “la crescita piena del figlio”, perché sia “orientato nel mondo” e dotato di “un orizzonte di senso”. Ai genitori e agli adulti in genere è chiesta “autorevolezza”, “credibilità”, coerenza di vita.
LE REALTÀ AGGREGATIVE Gruppi parrocchiali, associazioni, movimenti, volontariato, servizio in ambito sociale e in missione possono svolgere un importante ruolo formativo dei giovani, verso i quali occorre sempre “guardare con speranza”. FORMARE LA “COSCIENZA CREDENTE” – Oltre alla famiglia l’educazione successiva poi vede entrare in gioco la catechesi, i sacramenti, la liturgia, l’impegno di carità, quali elementi di “un poteziale educativo straordinario”. A questo livello si va formando la “coscienza credente”, che verrà corroborata – col crescere dell’età – da cammini specifici quali la scelta vocazionale, LA PASSIONE EDUCA
INTERNET E NUOVO “EDUCATORE” – Con l’avvento di Internet “le tradizionali agenzie educative sono state in gran parte soppiantate dal flusso mediatico”. È un campo, quest’ultimo, che esige un particolare impegno della comunità cristiana, dove è importante avere coraggio e creatività per raggiungere i giovani che non vengono più in Chiesa e che “vivono in rete”. NUOVE FIGURE EDUCATIVE - Il documento esorta infine a “promuovere nuove figure educative”, specie di fronte alle novità costituite da immigrazione, devianza, rotture familiari, carcere, nuove povertà. L.C.
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Perché è importante cercare di “seguirlo” Il Papa in Germania (22-25 settembre 2011)
Tornando nella sua terra natia, Benedetto XVI ha stupito ancora una volta i suoi interlocutori perché ha presentato un pensiero cristiano ampio, articolato, per nulla “conservatore”. Anzi ha scombussolato gli schemi interpretativi, aprendo singolari possibilità di dialogo con i protestanti, gli ebrei, i musulmani, i non credenti, con quanti sono “secolarizzati”. Se Giovanni Paolo II aveva il singolarissimo dono di “piacere” anche a molti tra quanti erano indifferenti, o non credenti, o addirittura ostili alla religione e alla Chiesa, Benedetto XVI ha un altro dono, diverso, meno vistoso, ma forse ancora più incisivo: è “troppo avanti” rispetto alla media dei suoi interlocutori, ed è difficilissimo – anche per i cristiani più convinti – “tenere dietro” alla sua intelligenza creativa, che elabora un pensiero dinamico e provocatorio. La prova viene dal recente viaggio in Germania, la sua terra natia, dove in quattro giorni (dal 22 al 25 settembre 2011), ha tenuto una ventina di discorsi in altrettanti impegnativi incontri di natura ecclesiale, civile, politica, ecumenica, interreligiosa. Dicono che ai Papi i discorsi vengano scritti (almeno in parte) dalla poderosa macchina di pensiero costituita dalla Segreteria di Stato. Può essere vero, ma solo parzialmente. Il caso di Benedetto XVI è – sotto
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questo profilo – illuminante. Se ci si sforza un po’ di “seguirlo”, andandosi a rileggere i suoi testi, ad esempio di questo viaggio in Germania, si scopre una cosa sorprendente: quegli stessi testi sono legati come da una meravigliosa rete unitiva, una sorta di filigrana potente e chiarissima al cui interno non ci sono sbavature, squilibri, accentuazioni o debolezze logiche nei diversi passaggi concettuali. Papa Benedetto XVI imprime, cioè, ad ogni suoi discorso o intervento una indiscutibile logica che non si presta a contestazioni, e soprattutto gli stessi elaborati appaiono in assoluta coerenza l’uno con l’altro. Si tratta di un dono di natura, intelligenza e pensiero che fa di questo pontefice un “grande” della Chiesa di tutti i tempi, forse si potrebbe dire uno tra i più grandi in assoluto. Proviamo allora a cercare di cogliere alcuni concetti da lui espressi nel viaggio in Germania. Cominciamo dal concetto di Dio. “L’uomo ha bisogno di Dio, oppure le cose vanno abbastanza bene anche senza di Lui?”, si è chiesto a Erfurt (omelia del 23 settembre). Durante l’incontro con il Consiglio della Chiesa evangelica, ha detto: “Che cosa significa la questione su Dio nella nostra vita? Nel nostro annuncio?” (Erfurt, 23 settembre). L’esperienza dice che quanto più il mondo si allontana da Dio, tanto più diventa chiaro che l’uomo, nell’ec-
cesso del potere, nel vuoto del cuore e nella brama di soddisfazione e di felicità, perde sempre di più la vita. Sì, la sete di infinito è presente nell’uomo in modo inestirpabile. L’uomo è stato creato per la relazione con Dio e ha bisogno di Lui. Per questo il primo servizio ecumenico in questo tempo deve essere quello di testimoniare insieme la presenza del Dio vivente e con ciò dare al mondo la risposta di cui ha bisogno. Passiamo al concetto del peccato. Benedetto XVI su questo aspetto è stato chiaro: dire di sì a Dio comporta inevitabilmente dire no al peccato: si riconosce il primato di Dio nella misura in cui si avverte il senso del peccato. Purtroppo, la maggior parte della gente, anche dei cristiani, oggi dà per scontato che Dio, in ultima analisi, non si interessa dei peccati e delle virtù degli uomini. Egli sa, appunto, che tutti sono soltanto carne. Se si crede ancora in un al di là e in un giudizio di Dio, allora quasi tutti presuppongono, in pratica, che Dio debba essere generoso e, alla fine, nella sua misericordia, ignorerà le piccole mancanze. La questione non ci preoccupa più. “Ma sono veramente così piccole le nostre mancanze? Non viene forse devastato il mondo a causa della corruzione dei grandi, ma anche dei piccoli, che pensano soltanto al proprio tornaconto?”. No, il male non è un’inezia.
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Sul concetto di politica il Papa è stato altrettanto chiaro: “La politica deve essere un impegno per la giustizia e creare così le condizioni di fondo per la pace”, e proprio “al criterio della giustizia, alla volontà di attuare il diritto e all’intelligenza del diritto” è subordinato “il successo” di ogni politico” (discorso al Parlamento federale). “In gran parte della materia da regolare giuridicamente, quello della maggioranza può essere un criterio sufficiente”, ha poi osservato Benedetto XVI; tuttavia “nelle questioni fondamentali del diritto, nelle quali è in gioco la dignità dell’uomo e dell’umanità, il principio maggioritario non basta”. “Nel processo di formazione del diritto - ha spiegato -, ogni persona che ha responsabilità deve cercare lei stessa i criteri del proprio orientamento”. Ma per un politico “la domanda su che cosa ora corrisponda alla legge della verità”, ossia “ciò che in riferimento alle fondamentali questioni antropologiche sia la cosa giusta e possa diventare diritto vigente”, non è “affatto evidente di per sé”. Di qui il richiamo al cristianesimo che, “contrariamente ad altre grandi religioni”, non ha mai “imposto allo Stato e alla società un diritto rivelato”, ma “ha rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del diritto - ha rimandato all’armonia tra ragione oggettiva e soggettiva” che “però presuppone l’essere ambedue le sfere fondate nella Ragione creatrice di Dio”. Proprio dal
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“legame precristiano tra diritto e filosofia parte la via che porta, attraverso il Medioevo cristiano”, “alla Dichiarazione dei diritti umani” e “alla nostra Legge Fondamentale tedesca”, ha sottolineato Benedetto XVI. Eppure oggi “l’idea del diritto naturale” è considerata “una dottrina cattolica piuttosto singolare”, e di fronte alla “concezione positivista” quasi “generalmente adottata, di natura e ragione”, “le fonti classiche di conoscenza dell’ethos e del diritto sono messe fuori gioco”. Concetto di Europa e pensiero positivistico. Il Papa è stato altrettanto chiaro e risoluto su un altro aspetto centrale dell’odierno dibattito culturale: quello del predominio della “ragione positivistica e funzionalista”. A questo riguardo ha spiegato che occorre tornare a “spalancare le finestre”, cioè saper ritornare sul tema dei fondamenti del pensiero, reagire ad una deriva minacciosa, che rischia di diventare la base della stessa costruzione europea, “in cui vasti ambienti cercano di riconoscere solo il positivismo come cultura e fondamento comune per la fondazione del diritto”. Secondo Benedetto XVI siamo di fronte ad un passaggio drammaticamente cruciale: “Con ciò si pone l’Europa, di fronte alle altre culture del mondo, in una condizione di mancanza di cultura e vengono suscitate, al contempo, correnti estremiste e radicali”. La sua è una visione realista, ma non sfiduciata o pessimista. Dal patrimonio culturale dell’Europa, infatti, si può ripartire, dall’incontro della ragione greca, della fede giudea, del diritto romano. Perché i grandi principi giuridici dello Stato e della democrazia sono stati costruiti proprio “sulla base della convinzione circa l’esistenza di un Dio creatore”. Spalancando le finestre si può ritrovare un dinamismo di civiltà che oggi comincia a mancarci, con conseguenze drammatiche. Sul concetto del dialogo con gli
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ebrei ha avuto parole altrettanto convincenti. Ha infatti affermato che “mi sembra che noi cristiani dobbiamo renderci sempre più conto della nostra affinità interiore con l’ebraismo. Per i cristiani non può esserci una frattura nell’evento salvifico. La salvezza viene, appunto, dai Giudei”. Il Papa ha chiesto ai cattolici di non guardare al giudaismo “in modo superficiale”. “Di fatto - ha detto - il Discorso della montagna non abolisce la Legge mosaica, ma svela le sue possibilità nascoste e fa emergere nuove esigenze; ci rimanda al fondamento più profondo dell’agire umano, al cuore, dove l’uomo sceglie tra il puro e l’impuro, dove si sviluppano fede, speranza e amore”. E riprendendo quanto già affermato nel libro «Gesù di Nazaret», ha detto che se “il messaggio di speranza che i libri della Bibbia ebraica e dell’Antico Testamento cristiano” è stato “assimilato e sviluppato da giudei e da cristiani in modo diverso”, occorre oggi fare in modo che “dopo secoli di contrapposizione”, questi due modi di lettura “entrino in dialogo tra loro”. Un ultimo concetto sulla Chiesa. Benedetto XVI ha sottolineato che ad essa non bisogna guardare come “ad una delle tante organizzazioni in una società democratica”. Essa è diversa dal suo aspetto esteriore, in essa possono esserci “pesci buoni e cattivi”, e soprattutto “l’intera comunità dei credenti è saldamente compaginata in Cristo, la vite”. In questa comunità “Egli ci sostiene e, allo stesso tempo, tutti i membri si sostengono a vicenda”, resistono insieme “alle tempeste e offrono protezione gli uni agli altri. Noi non crediamo da soli, ma crediamo con tutta la Chiesa” che, “annunciatrice della Parola di Dio e dispensatrice dei sacramenti, ci unisce con Cristo”. “Con la Chiesa e nella Chiesa - è la conclusione di Benedetto XVI - possiamo annunciare a tutti gli uomini” il messaggio evangelico. Sul modo di questo annuncio ha detto LA PASSIONE EDUCA
che occorrono “comunità diffusive di luce, di Cristo nella società pluralistica, rendendo gli altri curiosi”. Occorre pensare a fondo a cosa voglia dire il Papa quando parla di “comunità diffusive”. È il segreto dell’annuncio futuro. LUIGI CRIMELLA
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a milano “Family 2012”, NESSUNO SI SENTA ESCLUSO “Famiglia, il lavoro e la festa”
Essere familiari di Dio, lasciarsi educare da Lui. Nasce da qui l’idea di affrontare il tema dell’educazione in famiglia, raccogliendo le testimonianze di chi vive dentro il mondo della scuola e facendo emergere le motivazioni per le scelte del percorso formativo dei figli, il rapporto con gli insegnanti e gli altri genitori. Una riflessione che si allarga all’ascolto delle domande poste dalla Chiesa in campo educativo, con l’ambizione di avviare un confronto e una condivisione delle esperienze personali. Chi volesse approfondire il tema o rilanciare una propria osservazione lo può fare attraverso il sito www.piccologruppo.it Tre passaggi fondamentali in vista dell’arrivo in terra ambrosiana del Santo Padre, Benedetto XVI. Iscrizione, accoglienza, preparazione: sul primo punto è sufficiente collegarsi al sito internet dell’evento www.family2012.com - e accedere
contatto e gli organizzatori stanno chiedendo a tutti i gruppi, le associazioni e le parrocchie interessate di fare un passo in avanti e avanzare la propria candidatura.
all’area riservata alle iscrizioni per scegliere il periodo in cui si prevede di essere presenti a Milano e la tipologia di alloggio. Per chi si trovi invece a un’ora di viaggio da Milano (o dal parco Nord - zona Bresso, dove si terrà la veglia e la celebrazione con il Papa) è invece possibile comunicare via mail agli organizzatori la propria disponibilità ad accogliere pellegrini e famiglie. Il sito fornisce tutti i punti di LA PASSIONE EDUCA
In modo molto più spontaneo ciascuno può farsi carico di invitare qualche amico e provare - dove possibile - ad ospitarlo in casa proprio negli ultimi giorni dell’evento. Infine è importante diffondere il più possibile il materiale con i supporti multimediali alle catechesi (in edicola dall’inizio di dicembre e in parte disponibile online): si tratta di un sussidio integrativo a quanto già pubblicato nei mesi scorsi, con testimonianze, testi e video coinvolgenti, in grado di aprire il cuore e la mente al tema “Famiglia, il lavoro e la festa”. GIOVANNI CATTANEO
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La santità nel matrimonio I Beati Luigi Martin e Zelia Guerin
“Poiché noi siamo collaboratori di Dio, voi siete il campo di Dio, l’edificio di Dio” (1Cor 3,9 ) confronti dei poveri che ospitava in casa. Anche lei pensò subito alla vita religiosa, ma venne rifiutata da un monastero e allora si gettò nel lavoro e aprì un negozio per la fabbrica e la vendita di merletti, dove diede lavoro a molte donne. Dei loro nove figli, che lei amava pazzamente, con i quali giocava vivacemente, sopravvissero solo le cinque figlie.
Ogni destino umano si radica in una terra, in un’epoca, in una famiglia. Nessun uomo è un’isola. Santa Teresa di Lisieux è nata in terra di Normandia e se i suoi genitori avessero seguito l’inclinazione del loro cuore, la più grande santa dei tempi moderni, non sarebbe venuta alla luce. La famiglia è il luogo privilegiato dell’esperienza dell’Amore e della Fede. Con la beatificazione nel 2008 dei coniugi Martin, genitori di Santa Teresa di Lisieux, la Chiesa ha lanciato la sfida a tutte le famiglie cristiane. Come “pietre vive e preziose scolpite dallo Spirito” ci testimoniano la santità come “fare la volontà di Dio”. Santa Teresa di Gesù Bambino, nel suo manoscritto «Storia di un’anima» quando parla della sua famiglia , scrive “Io sono nata in una terra santa” e la terra santa, il terreno, il clima erano i suoi genitori: sinceri e umili testimoni di Cristo, sanno che le cose della ter-
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ra hanno un inestimabile valore se sono tenute in relazione con il cielo, così vogliono andare verso il prossimo passando per Dio. Papà Luigi Martin, nato il 22 agosto 1823, di temperamento solitario e meditativo, apprese l’arte dell’orologiaio, professione di pazienza e di precisione, si impone esemplarmente di non aprire mai il negozio la domenica giorno del Signore. Egli sogna una vita solitaria e meditativa in un monastero, ma non conoscendo il latino non viene accettato. Zelia Guerin, nasce il 23 dicembre 1831 in una famiglia molto severa tanto da far soffrire molto il suo cuore per non sentirsi amata dalla madre. Per questo mostrerà nella sua vita un temperamento inquieto, spesso triste, ma anche una fede a tutta prova, il suo grande amore per i nove figli, la sua dedizione al lavoro, il suo cuore caritatevole nei
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Questi sposi vissero grandi sofferenze tutti abbandonati alla volontà del Signore. La signora Martin era di salute molto precaria e minacciata da un cancro al seno che si manifestò incurabile. La vita familiare è molto felice insieme, e ricca di gioie semplici. La morte della mamma spezza brutalmente la felicità. Ogni mattina presto, i due coniugi escono silenziosamente di casa e vanno a messa per porre il giusto sigillo alla giornata. Inginocchiarsi davanti all’Eucarestia è per loro il più autentico atto di libertà. Prendere il Cibo Eucaristico è garantirsi la forza per compiere bene tutto il resto. Questi sposi cristiani si lasciano dolcemente plasmare nelle fibre più profonde del loro essere, dal mistero di Dio così che la loro fede è adesione totale a Dio. Il Signore è per loro una presenza luminosa e vicina e va onorato tutti i giorni specialmente nel giorno del Signore. Il regno di Dio non è un mito o una chimera, ma una realtà che comincia già qui e quindi bisogna collaborare
lealmente giorno per giorno. Luigi e Zelia Martin avvertono chiaramente che nella loro Francia, a Lisieux, è in corso un distacco tra la Chiesa e il mondo, a tutti i livelli culturali, sociali e lavorativi e allora sanno che devono difendere i grandi valori entro il perimetro segnato loro dal Signore. La perfezione consiste nel fare la volontà del Signore, nell’essere quello che vuole che noi siamo. Per il valore-famiglia, senza chiasso ma anche senza paura, propongono la loro testimonianza di sposi che si stimano, si rispettano, si amano in maniera inequivocabile offrendo il dono di sé stessi alle loro nove creature che fanno versare loro lacrime di gioia e anche di dolore per la malattia e la morte di cinque dei figli. Nella loro famiglia aleggia lo spirito missionario che trasmettono in maniera assai marcata specialmente alla piccola Teresa. È la salvezza delle anime ciò che preme maggiormente questi sposi cristiani. Per loro l’uomo realizzato e compiuto è quello che vive nella grazia di Dio e, sentendosi da Lui amato, è fedele a questo amore. Mamma Zelia donna di fede straordinaria, è affascinata dall’umiltà e dalla carità missionaria della Vergine Maria come quando accorre a visitare la cugina Elisabetta e le porta la presenza del Verbo di Dio fatto carne. Luigi e Zelia “non erano santi di cera” senza ardore e senza passioni. Si amavano con entusiasmo, volevano reciprocamente la propria felicità, ed erano talmente uniti che la minima separazione sembrava loro insopportabile. Si santificarono con e nel matrimonio, un grande sacramento, immagine dell’unione del Cristo e della Chiesa. Una santità che non fa rumore, le loro nozze sono state il punto di partenza per una scalata a due verso il monte della perfezione. Hanno lasciato dietro di loro il “profumo di Cristo” tanto da testimoniare la bellezza e il fasci-
no della vocazione cristiana e matrimoniale. Il matrimonio è un vero cammino di santità. Una conoscenza vissuta di Lui porta a vivere in sintonia con i “i suoi sentimenti”. Alla santità nella vita religiosa siamo abituati. Dire matrimonio invece, vuol dire immediatamente: santità per la sessualità, i soldi, l’imprenditoria, la politica, la salute? Cioè quale santità per i laici? Nei primi del 900 i moduli consueti di anali-
si e giudizio del comportamento di due santi che sono marito e moglie non sembrano ancora inventati o sufficientemente collaudati, tant’è vero che il meccanismo della canonizzazione si inceppò subito. La santità in famiglia? Sembrava naturale che la santità andasse cercata fuori casa, fuori dalla famiglia, nella vita consacrata, appunto. Non fu facile misurare l’eroicità delle virtù nel lavoro imprenditoriale, che pure era l’attività di Zelia (assunzioni, licenziamenti, paghe, ammonizioni, propaganda, finanziamenti...).
non apre la domenica, il giorno più redditizio per la sua attività di orologiaio, contro il parere del confessore. Ci vorrà un Concilio, e tutto quanto ha comportato, per collocare al centro dell’attenzione cristiana la chiamata universale alla santità, cioè la condizione normale della gente cristiana comune. Un contributo straordinario l’ha dato proprio Santa Teresa di Gesù Bambino, mostrando come una ragazza di 24 anni, mai uscita dalla clausura, con una “piccola via” di santità, povera, silenziosa ma evangelicamente esplosiva tanto da essere eletta Dottore della Chiesa. La Spiritualità laicale della nostra Comunità è la spiritualità di chi vive povero, libero, sereno, che si accontenta, che non fa progetti altezzosi o a lunga gittata, si tratta, con una metafora usata spesso da Ireos Della Savia , di andare in Cielo … in bicicletta. “Caratteristica del Piccolo Gruppo di Cristo è la compresenza di celibi e sposi nella stessa comunità e con la stessa vocazione di donazione a Dio. In entrambi gli stati di vita è possibile la medesima radicalità evangelica. Dal momento infatti che il comandamento di amare Dio con tutto il cuore (ossia con cuore indiviso) è rivolto a tutti i credenti, a tutti deve essere possibile realizzarlo. La compresenza di celibi e sposi rende più evidente la grandezza inesprimibile dell’amore di Cristo Sposo della Chiesa.” (Le beatitudini in famiglia Comunità PGdC) Buon cammino di santificazione insieme. ROSALBA BEATRICE
Altrettanto arduo fu valutare l’originale comportamento di Luigi Martin, così distaccato dal suo negozio, LA PASSIONE EDUCA
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IN COMUNITà
NELL’INTIMITà CON DIO Un invito accorato a vivere da consacrati
Secondo Gesù noi non stiamo vivendo da consacrati, ma da semplici cristiani. Preghiamo, sì, certamente, ma non viviamo profondamente nell’intimità con Dio. Viviamo da cristiani ma non siamo totalmente di Dio. I responsabili debbono fare i colloqui personali e il programma annuale con i fratelli che accompagnano, tenendo presente che siamo dei consacrati e dobbiamo testimoniare la vita futura gloriosa. Quando facciamo i nuclei o i Consigli Locali dobbiamo prepararci bene: in noi ci deve essere la preoccupazione di aiutare tutti a vivere con il Signore. Qualunque cosa facciamo chiediamo a Lui qual è il modo migliore per fare la sua volontà. Spero che nei Consigli Locali ognuno, prima di esprimere il proprio pensiero personale, si confronti con il Signore in modo da saper ascoltare gli altri. Allora entreremo con le nostre idee, ma usciremo ar-
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ricchiti da quelle degli altri. I consiglieri dell’Istituto Cristo Re prima erano 15, adesso sono 5, perché non conta il numero, ma l’essere attenti a ciò che dice il Signore e che vuole da noi. Non è importante essere il RG o il RL, ma essere santo quanto vuole il Signore e perciò fare sempre la volontà di Dio, questo sì! Le istruzioni domenicali di formazione devono essere adatte per il cammino dei consacrati, non solo per essere dei cristiani. Non sempre chi espone alla IV del mese ha detto qualche cosa di importante. Il Gruppo deve essere totalmente di Dio, del Signore. Con comprensione dobbiamo vedere se dobbiamo fare delle modifiche alle istruzioni, compiendo tutti gli adempimenti che troviamo nella Costituzione. Si fa la schedina? Ci si interessa della Comunità come nostra autentica famiglia per aiutare tutti i componenti a vivere in santità?
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Il Gruppo deve cercare di essere e di diventare come lo vuole il Signore: dobbiamo essere uniti tra di noi. Vogliamoci bene, l’antipatia tra noi non deve esserci: non è una cosa giusta. Ricordiamoci che il vivere completamente la vocazione che ci ha dato il Signore ci permette di essere sereni, tranquilli e felici, pronti ad accettare le difficoltà quotidiane, quelle della gioventù e quella della vecchiaia. Bisogna capire che cosa vuol dire essere totalmente di Dio. La mia preghiera è stare in presenza costante con il Signore. Io sono sereno, perché mi sento nelle braccia di Dio. Ringrazio il Signore perché mi dà delle prove che accetto. Occorre ridare al Gruppo la gioia di fare la volontà di Dio. Noi, del Consiglio Generale e tutti coloro che hanno delle responsabilità per primi dobbiamo dare il buon esempio. Dalle nostre scelte si comprende dove dimora il nostro cuore. Anche la nostra casa di Desio, in un prossimo futuro, potrebbe avere bisogno di riparazioni: noi pensiamo di mettere da parte dei risparmi per questo? Anche le nostre scelte di carità devono essere mirate, non generiche, ad esempio pensiamo ai cristiani di Terrasanta che hanno dovuto lasciare la loro terra per mancanza di casa, di lavoro, di aiuti. Per noi è molto importante aiutarli, affinché nella terra dove ha vissuto Gesù possano ancora vivere dei suoi discepoli. IREOS DELLA SAVIA
IN COMUNITà
LETTERA AL NUOVO ARCIVESCOVO Desio, settembre 2011
Eminenza Reverendissima, in occasione del Suo ingresso nell’arcidiocesi milanese, desidero, a nome del Piccolo Gruppo di Cristo e mio personale, esprimerLe tutto il nostro amore filiale e assicurarLe la nostra preghiera affinchè il Signore sostenga Lei ed il Suo impegno come nuovo pastore della Chiesa ambrosiana. Il giorno in cui è stata resa nota la Sua nomina ad Arcivescovo di Milano, comunitariamente ci siamo riuniti nella Cappella della nostra casa di Desio, per una solenne adorazione eucaristica, presieduta da Sua Eccellenza, Mons. Luigi Stucchi; in quella occasione abbiamo ringraziato la SS. Trinità per il dono del nuovo Pastore inviatoci nel nome del Signore dall’amatissimo Santo Padre, Benedetto XVI. Quando i Suoi impegni glielo consentiranno saremmo ben lieti di poterLa incontrare, per farLe conoscere la nostra realtà spirituale, di cristiani comuni ancorché consacrati, sia nello stato celibatario che in quello matrimoniale, nella linea delle nuove comunità di vita evangelica e secondo gli Statuti approvati nel 1984 dall’allora Arcivescovo di Milano Card. Carlo Maria Martini. Come potrà constatare siamo un’associazione di diritto diocesano con sede a Milano, ma ormai presente in diverse diocesi della Lombardia,
Cardinale Angelo Scola
della Toscana, del Lazio e del Veneto. Da circa quindici anni siamo in contatto con la Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. Nel 2007 abbiamo avuto la gioia di celebrare il nostro giubileo di fondazione con un pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, con solenni celebrazioni eucaristiche alla Cattedra di Pietro presieduta dal Card. Attilio Nicora ed in San Paolo fuori le Mura presieduta dal Card. Cottier, ed alla fine abbiamo avuto anche il dono di essere ricevuti in delegazione in udienza privata dal Santo Padre Benedetto XVI. Siamo poca cosa ma, con l’aiuto della Grazia e animati dal desiderio di amare il Signore, siamo impegnati a servire la Chiesa e l’umanità. In particolare – sentendoci profondaLA PASSIONE EDUCA
mente grati alla Chiesa milanese che ha visto nascere la nostra esperienza spirituale – siamo a disposizione con il nostro carisma per la preparazione e la condivisione del grande appuntamento che attende la nostra Diocesi e la Chiesa Universale nel giugno del prossimo anno, con l’arrivo a Milano del Santo Padre in occasione dell’Incontro Mondiale delle Famiglie. Nell’invocare la Sua benedizione confidiamo nel ricordo della Sua preghiera. Con affetto filiale.
GIANCARLO BASSANINI Responsabile Generale Piccolo Gruppo di Cristo
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IN COMUNITà / SPECIALE EREMO 2011
VOCI DALLA “FESTA DELL’EREMO” “Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia”
Febronia Rizzo Prima del 2006, anno in cui ho conosciuto il Piccolo Gruppo, per me il morire era un guadagno, perché sentivo che il peso della vita era troppo grande per me. La mia linfa vitale si era seccata, ero priva di amore per me stessa e non ne avevo da dare agli altri. Grazie Signore, per avermi fatto conoscere il tuo “Piccolo Gruppo” che mi ha aiutata a conoscerti meglio, a stare con te, non solo con le parole ma anche con l’esempio, mostrandomi che è possibile vivere il Vangelo, la tua sequela, solo se ci affidiamo a te, unico nostro bene. “Mi hai sedotto Signore, e io mi sono lasciato sedurre … nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo.” (Ger. 20,7-9) “Quando penso a te che sei stato il mio aiuto, esulto di gioia all’ombra delle tue ali.” (salmo 62.8). Grazie Signore, per il tuo essermi stato vicino con il tuo Amore, nei momenti in cui, mi sentivo sola, senza amore umano che mi potesse consolare. Grazie Signore, per avermi fatto conoscere Manuela, la sua fede, il suo affidamento a te nel vivere la sua grande prova. Grazie Signore, per il dono della fede, “il
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Da sinistra. Paolo Baldo, Febronia Rizzo, Stefania Zambon, Giancarlo Bassanini
soldo” che dai ad ogni operaio della tua vigna, è il tesoro più prezioso che si ha nella vita, noi tuoi figli, ci ami così tanto che a tutti quelli che ti accolgono fai sentire la tua pace e il tuo amore. Grazie Signore, che mi aiuti a stare con gli altri, a combattere il mio egoismo e la mia pigrizia, mi aiuti ad avere compassione degli altri, soprattutto per il fratello che faccio fatica ad accogliere ed amare. Grazie Signore, per il dono delle prove che mi portano ad avvicinarmi a te, fonte di vera gioia. Grazie Signore, per tutte quelle volte che mi hai dato il dono di “lavorare con frutto”. Grazie Signore di tutte quelle persone che mi hai messo accanto, che mi hanno condotto nella tua vigna per lavorare con te come Lucia, Mara, Giovanni, Elena, tutti gli aspiranti, gli effettivi e i sacerdoti che mi hai
LA PASSIONE EDUCA
fatto conoscere. Grazie Signore, per aver dato un senso al mio matrimonio, quando un senso non lo vedevo più. Quando mi sono sposata in chiesa nel 2007, ricordo che avevo scelto la lettura delle “Nozze di Cana”, adesso dopo 4 anni, ho pensato come hai trasformato il mio matrimonio da acqua a vino buono. Grazie Signore, per il dono del mio sposo Giovanni e della sua famiglia, il suo agire, la sua accoglienza verso i suoi amici che sono in difficoltà, l’amore che mostra nei confronti della sua famiglia di origine e nella nostra, mi aiuta a stare nella tua strada che non è né quella più semplice e neanche quella più “chiara”. Grazie Signore, per il dono dei tuoi figli Luca e Marianna, che tu hai affidato a me, perché conoscessi il vero significato dell’Amore, che è
quello di far morire noi stessi per sacrificarci come tu hai fatto con noi sulla croce. Ti chiedo Signore di farmi sentire ogni giorno il bisogno del dono dell’Umiltà, di non trasformare le tue opere in mie opere, di avere un cuore docile che sappia distinguere il bene dal male e di prendermi come sono e di farmi come tu mi vuoi.
Mara Zanette Carissimi sorelle e fratelli amati da Dio e amanti di Dio, nel nostro RITUALE DELLA FESTA c’è scritto che è consuetudine nel mese che precede “la salita all’eremo”, di prepararsi alla festa con un’esortazione per verificare e ravvivare la nostra vocazione. Questo sta avvenendo grazie alla relazione del nostro Resp. Gen. Giancarlo, dove ci invita a non lasciare nulla di intentato perchè il Suo Volto compassionevole e pieno di tenerezza sia reso presente qui ora tra di noi e nella valle operosa che ci attende. Avviene questo per Grazia e per Dono e, con una virtù “fuori moda”: l’umiltà. Diventando sempre più piccoli, davanti alla Sua Presenza e sotto la sua Croce Gloriosa, contemplo (e qui lo dico al singolare) il mio più o meno consapevole “vuoto totale” e lo affido, abbandonandomi totalmente a Lui. Ci ha accompagnato, con delle forti suggestioni, l’abbondanza del tem-
po liturgico, che è entrato nei nostri ritmi e nelle nostre vicende quotidiane, non solo per aiutarci a far memoria, ma a farci vivere tutti gli istanti nel mistero della salvezza. • La lettera di S. Paolo agli Efesini (4, 1-7.11-13) dove ci invita o meglio ci esorta di comportarci in maniera degna della chiamata che abbiamo ricevuto con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità (mi piace di più dire con “grande animo”), sopportandoci a vicenda nell’amore… • La chiamata di Matteo (9, 9-13) dove Gesù l’ha guardato e con una sola parola “SEGUIMI” gli ha provocato una destinazione nuova, facendolo diventare con il suo consenso un vangelo vivente. Non stiamo forse vivendo anche noi questa destinazione nuova? Pensate che bello, Questa iniziativa di Dio in Cristo, non è dovuta dalla capacità o integrità morale dell’uomo, ma solo per dono per grazia gratuitamente ricevuta e al di sopra di qualsiasi giudizio umano. (E questo personalmente mi è di grande consolazione?). • E ancora dal vangelo di Luca (9,1822) “Ma voi, chi dite che io sia?” Il Cristo di Dio risponde Pietro. (E se rivolgesse a me questa domanda da brividi?) ma il proseguo del vangelo non è da meno: “il figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno”. Tu Signore,
Don Stefano Stimamiglio
LA PASSIONE EDUCA
sei il Dio dei Viventi, che desidera continuare la sua opera di salvezza attraverso noi (e pensate, Lui che è Dio, ci chiede di fare questo), facendoci capire, per la verità in molti modi, che il cammino è impegnativo ma assai bello. • Dal libro del profeta Zaccaria (8, 1-8) dove troviamo il Signore degli eserciti che dice: “sono molto geloso di Sion, un grande ardore m’infiamma per lei... Tornerò a Sion e dimorerò a Gerusalemme…Gerusalemme sarà chiamata “Città fedele” e il monte del Signore “Monte santo”. (Se penso che abbiamo un Signore, il Signore degli eserciti, che compatte e si infiamma per noi, un Dio geloso, che poi si dona teneramente come un “bacio” nell’Eucarestia). Il card. M. MARTINI dice : “L’Eucarestia, così com’è accolta nella fede della Chiesa, presenta un aspetto sorprendente che sconvolge l’intelligenza e commuove il cuore. Siamo di fronte a uno di quei gesti abissali dell’amore di Dio, davanti ai quali l’unico atteggiamento possibile all’uomo è la resa adorante piena di sconfinata gratitudine”. PIENI DI SCONFINATA GRATITUDINE Anche per questa nostra liturgia della festa, nelle icone, per la costituzione che sono bellezza di Dio e scaldano il cuore, che il Signore aveva pensato fin dall’eternità e che ha voluto per noi oggi, per ridire il nostro ECCOMI (e il mio personale “lo voglio e ti scelgo per sempre”). PIENI DI SCONFINATA GRATITUDINE Per accompagnare Febronia e Stefania qui a Treviso … perché, come loro, siamo desiderosi di vivere il Vangelo in modo più profondo, intessendo la nostra vita di preghiera dentro le virtù evangeliche e nelle scelte anche piccole, umili, pazienti. Perché il nostro carisma è il nascondimento e sappiamo che da Lui
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siamo veduti e amati. Tutto questo, per dare Gloria a Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Personalmente sono PIENA DI SCONFINATA GRATITUDINE per un cespuglio, (che a volte se potato in maniera giusta diventa un piccolo albero), il cui nome è OSMANTHUS FRAGRANS, (OLEA FRAGRANS per gli amici). Ebbene è un cespuglio abbastanza insignificante a vederlo, foglie coriacee sempreverdi, (ricorda visto da lontano o il lauro o l’alloro) ma la sua particolarità è nel profumo che diffonde proprio in questo periodo autunnale (alcune specie anche in primavera). È delicato e avvolgente, per nulla invadente. Quando lo si percepisce con un’inspirazione casuale non è detto che al successivo respiro lo si riesca a risentire ma, ti invita a guardarti intorno, per cercare e vedere dov’è questo fiore. Lo si immagina grande, colorato e perciò visibile agli occhi. Ed invece è piccolo e si nasconde tra le foglie. Niente di più bello in questo mese di ottobre, nel ricordare così come una metafora, tutto il Piccolo Gruppo di Cristo. Letizia Pasqualotto Quando ho iniziato a pensare a cosa avrei potuto dire nei ringraziamenti, mi sono venuti in mente molti volti. I volti di tutti i fratelli della comunità di Treviso, che mi hanno cresciuta e che sono stati per me, e per la mia famiglia, una presenza costante e fondamentale. Dai nuclei fatti per anni a casa nostra, alle svariate volte in cui siamo state loro affidate mentre mia mamma era via. Grazie a loro Dio mi si è rivelato come Padre: pronto ad accogliermi, a sostenermi, a gioire con me per la vita. Penso al misterioso dono che è quello di avere mio papà Corrado già tra le braccia del Signore: siamo dovute crescere velocemente, quando se ne è andato, ma sempre, mi ha accompagnata la consapevolezza della sua incessante presenza e del suo sguardo su noi tre, mentre cre-
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Da sinistra. Ireos Della Savia, Letizia Pasqualotto, Giancarlo Bassanini
scevamo ed imparavamo ad assaporare la bellezza della vita. Penso a mia mamma e a Ire, al dono preziosissimo che voi siete per me; a come la storia della nostra famiglia, che il Signore ha pensato per noi, ci abbia unite e ci dia la grazia, nonostante le distanze, della presenza l’una per le altre. Mi vengono in mente i volti di Alberto, Letizia, Matti e tutta la grande (in tutti i sensi ) e speciale famiglia Cattaneo. Mi avete accolta, sostenuta, affiancata in questi anni di crescita così importanti per me. Vi siete fatti pane di Vita e di Amore spezzato. Penso al mio percorso umano, ma soprattutto spirituale. A Mauro, da quel primo viaggio in macchina Treviso-Lecco dove ho iniziato la riscoperta del Signore, a Mikiko che mi sta sapientemente prendendo per mano per camminare assieme nella relazione col Signore. Non posso dimenticare gli amici, in particolare gli amici aspiranti, assieme a tutti i responsabili che si sono succeduti in questi anni. Tutti, pur nella diversità delle vostre vite e storie, mi avete dato la possibilità di vivere veri monenti di profonda intimità spirituale; per poter dire con certezza che camminare assieme è bello! Così com’è sorprendente, e fonte di speranza, trovarsi tutte le settimane al nucleo per mettere assieme i pezzettini delle nostre vite e parlare di come Lui opera nelle nostre giornate e si fa presenza viva. Signore, LA PASSIONE EDUCA
tu mi scruti e mi conosci, mi hai vestita con un abito nuovo, mi lasci appoggiare il capo sul tuo petto. Tu mi ami e l’unica cosa che posso fare è rispondere al tuo Amore. Porto nel cuore una frase che ricorre spesso nelle mie preghiere : voglio essere più vicina a Te, prendimi, aiutami a ricentrare le mie giornate in Te. La relazione col Signore è una storia d’amore, un innamoramento che per ciascuno di noi si è rivelato in modo diverso, ma che sempre, ogni giorno, ci fa tornare a desiderarlo. Il dono in quest’ultimo anno di Paolo, mi aiuta ancor più a pensare a te Signore, come sposo cui voglio correre incontro e per il quale devo farmi sempre più bella. Noi non potremmo pensare alla nostra relazione senza di Te. Da Te attingiamo l’amore che doniamo l’uno all’altra. Dallo stare con Te impariamo a conoscerci e ad essere Amore. Se così vuole il Signore, se come parla la mia vita, Lui mi ama, perché non vivere questa chiamata e a Lui abbandonarmi fiduciosa? Dove io non arriverò, arriverà il soffio dello Spirito, se sarò infedele e lo tradirò, Lui sarà pronto a ricondurmi a se. Prendi Signore la mia vita, le mie debolezze, la mia insicurezza, il mio fuggire da Te, pensaci tu e fa che il mio sguardo sia sempre fisso su di Te. Parafrasando Steve Jobs: fammi essere e fa che questo tuo Piccolo Gruppo sia folle e affamato di Te. Ringrazio col cuore chi con la preghiera mi ha pensata e sostenuta in questi anni di cammino.
Raffaele Tavoloni “Il Signore mi ha preso per mano” Non abbiate paura, il Signore è fedele per sempre! Questo dico a chi si prepara ad emettere i voti e questa è la mia esperienza a 26 anni dall’emissione dei primi voti. Io ero molto timoroso e non mi ritenevo pronto ma il Signore mi ha preso per mano e mi ha dimostrato che Lui fa sul serio! Guardando indietro lo ringrazio perché Lui ha scelto per me quando non sapevo decidermi, ha disposto per me anche contro la mia volontà, ed ora Lo ringrazio per non avermi assecondato! Negli ultimi anni al rinnovo dei voti io aggiungevo in silenzio il mio sì per sempre. Emettere oggi i voti perpetui in stato aperto è una scelta di povertà: Davanti a Te vengo a mani vuote Signore! Desideravo sposarmi, ma a quanto pare la mia sposa è questa malattia. Fa’ che questa prova con le umiliazioni che comporta mi purifichi dal mio orgoglio, sapendo che se tu la hai permessa, sai anche che col Tuo aiuto posso sopportarla. Mi affido completamente a Te, Signore che sei fedele. Fa’ di me quello che vuoi ma salvami. Prendimi come sono e fammi come tu mi vuoi!”.
Manuela Mascherucci “Fidiamoci gli uni degli altri” Ho iniziato a pensare a questa esortazione domenica scorsa. Non sapevo da dove cominciare. Mi venivate in mente tutti, tutte le situazioni belle e quelle più difficili, dai più grandi di noi ai più giovani, giovanissimi; Raffaele che emette i voti perpetui; chi con un carattere chi con un altro, chi sta affrontando con coraggio anche malattie importanti personali o dei propri figli, o dei genitori o di familiari stretti, e pensavo che siete proprio voi con le vostre
Da sinistra. Giancarlo Bassanini, Raffaele Tavoloni, Luigi Crimella
vite ad esortare me quotidianamente ad essere più fedele al Signore. Quindi cosa potevo aggiungere, dire, in un momento inoltre anche non troppo facile per la nostra Comunità? Mi è venuto in soccorso il Signore con le letture della Messa di domenica scorsa. San Paolo ai Filippesi diceva: “Non angustiatevi per nulla fratelli, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste e la pace di Dio che supera ogni intelligenza custodirà i vostri cuori”. Per me questo già basterebbe: - ha detto - non angustiatevi per nulla, non temete, non abbiate paura! Che ovviamente non significa “non preoccupatevi di niente, fatevi gli affari vostri”, ma al contrario “abbandonatevi, abbiate veramente fiducia che io mi prendo cura di voi, che ci penso io alle vostre necessità spirituali e materiali”. Abbandonarsi, affidarsi a qualcuno, significa lasciare che questo si prenda cura di noi, significa lasciarsi amare come lui vuole. Io trovo che spesso è più difficile lasciarsi amare che amare. Per lasciarsi amare dall’altro (che spesso ci ama non come noi vorremmo, ma come giustamente lui vuole o lui sa fare) è necessario in qualche modo abbandonare le proprie certezze, sicurezze, il proprio modo di pensare, riconoscere la propria debolezza, bisogna quasi “crollare” di fronte all’altro per dargli il modo di passare, di entrare, di trovarci. Quello che il Signore ci chiede oggi credo sia proprio questo desiderio LA PASSIONE EDUCA
di lasciarci fare da lui, di lasciarci amare e quindi di “crollare” tutti davanti a lui e insieme metterci ai suoi piedi. Insieme. Non ciascuno individualmente. Fidiamoci di Dio e fidiamoci gli uni degli altri. Se Dio, che è Dio, si è fidato di ciascuno di noi e ci ha voluti più vicini a lui, chi siamo noi per non fidarci di lui o gli uni degli altri? Il mondo purtroppo attualmente ci esorta a fare l’opposto, a non fidarci più di nessuno, né dei vicini di casa, né degli insegnanti, né dei sacerdoti, né tantomeno di parenti e familiari stretti. Anche in questo caso non conformiamoci alla mentalità del mondo e viviamo con fiducia questa bellissima vocazione che ci tiene uniti tra noi e soprattutto al Signore anche quando siamo dispersi nel mondo. Ci tiene uniti e legati ma anche liberi di esprimere i nostri modi di essere, i nostri caratteri, le nostre aspirazioni… Questa vocazione è un dono grande di Dio”. “Anzi per me la vocazione nel Gruppo non è un dono, ma il dono che il Signore mi ha fatto per fortuna da giovane quando ho potuto liberamente e con entusiasmo rispondere e seguire il Signore. Non che uno non possa farlo anche in età più adulta, il Signore chiama quando vuole. Però per me penso che allora (cioè da giovane) è stato un grosso investimento per la mia vita. Ecco, se dovessi fare in particolare una esortazione agli aspiranti, direi questo, “investite ora”. Perché la vita è
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Comunità di Roma
Comunità di San Ambrogio
Comunità di Treviso
Comunità di San Carlo e San Pio V°
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LA PASSIONE EDUCA
molto bella ma anche intensa, tosta, e a volte questo è l’unico investimento che ci permette di viverla in pienezza e quantomeno di vivere i momenti di prova serenamente. Anche se non fosse in questo gruppo la vostra vocazione, fate in modo che il Signore rimanga sempre. Voi cambierete, la vostra vita cambierà, ma trovate ora il modo di rimanere uniti al Signore. Non trascuriamo il dono di Dio, custodiamolo, perché c’è sicuramente chi vuole farci credere che tutto sommato è un dono come gli altri, che non è proprio la perla preziosa. Non trascuriamo il Gruppo, il consiglio dei responsabili che per quanti limiti e difetti possano avere sono tutti qui a rimettersi nelle mani del Signore. Non trascuriamo le persone che ci sono affidate, i nostri mariti, le nostre mogli, i nostri figli, non trascuriamo i nostri familiari, perché è il Signore stesso che desidera prendersi cura di loro attraverso di noi. Non ci trascuriamo gli uni gli altri. A questo proposito mi viene in mente il Vangelo di Matteo (13,44) “Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo”. Pieno di gioia, vende tutto e compra il campo subito. Ci riempe di gioia il fatto di aver trovato il tesoro? Perché se stiamo qui è perché l’abbiamo trovato. E Cristo deve essere la nostra gioia altrimenti come potremmo convincere gli altri che può diventare la loro? Visto che il tesoro è per tutti, non è solo per noi. Mettiamoci fiduciosi nelle braccia del Signore dicendogli: prendici come siamo e facci come tu ci vuoi”. Una sorella Chi dice che la Comunità di San Pio è formata da “vecchi” ha ragione, perché ne fanno parte i “primi”, che dopo tanti anni non sono certamen-
Da sinistra. Walter Coti e Giancarlo Bassanini
te più i 18-20enni dell’inizio. Ma quando in occasione della nostra Festa ho guardato, dalle ultime file dei banchi, le persone presenti ho visto e ritrovato ben altro. Certo i capelli sono bianchi, il corpo si è appesantito, la pelle non è liscia come nei tempi della giovinezza, ma io ho avvertito in quelle (per fortuna) numerose presenze (infatti c’erano quasi tutti i primi) una straordinaria freschezza che nasceva dal coraggio, dalla costanza, dalla volontà, dalla gioia di essere ancora lì a dire grazie al Signore, a lodarlo per il dono di una vocazione ricevuta non per merito, ma per amore di colui che è Amore! Anche il coro durante la celebrazione ha dimostrato la stessa cosa, perché in fondo non importa essere giovani di età per unirsi nel canto, ma quello che conta è la lode che scaturisce dalla nostra voce, che è sempre carica di novità e di vigore se vuole esprimere l’amore per Gesù, amore che si dà in modo sempre nuovo e forte. La loro mi è parsa una presenza viva, giovane nonostante qualche acciacco, che ha testimoniato la fedeltà ad un invito personalissimo a vivere come ha chiesto il Signore per la propria salvezza, per i fratelli del Piccolo Gruppo, e per quelli sconosciuti che attendono di “essere salvati”. La giovinezza a parer mio nasce in ogni età dal riconoscersi sempre e dal vivere come figli semLA PASSIONE EDUCA
pre bambini, amati immensamente da Dio, Padre davvero unico. Che dire? Grazie, grandi giovani di un tempo che non è passato, ma è sempre presente attraverso la vostra fedeltà, la vostra testimonianza e la vostra preghiera.
Crocifissione, Eremo San Salvatore - Erba
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IN COMUNITà
LA PAROLA DIVENTA SOCIAL È ora di imparare ad aprirsi alla condivisione
Quando sentiamo parlare di “nuovi strumenti di comunicazione” spesso ci sembrano dei discorsi un po’ vaghi e senza un reale e concreto cambiamento. Ma non possiamo far finta di non vedere i cambiamenti nel nostro modo di comunicare in famiglia, sul posto di lavoro e nelle diverse attività quotidiane. Messaggi, sms, mail, internet, pc, cellulari, tv: tutto comunica. Oggi la sfida nel campo della comunicazione è quella di catturare l’attenzione di persone che hanno sempre meno tempo e sono sempre più occupate. Bisogna arrivare al cuore del nostro interlocutore, con un messaggio chiaro, con una comunicazione pertinente che raggiunga il suo obiettivo: aprire un dialogo. E per aprire un dialogo serve un terreno di condivisione, uno strumento dove poter ascoltare, raccontare e coinvolgere nuove persone.
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È per questo che il Piccolo Gruppo intende fare dei nuovi passi nel campo della comunicazione, partendo da quanto di buono è stato fatto fino ad oggi. I contenitori c’erano già (si pensi a Esperienze di Vita e al sito) ma oggi li riproponiamo con uno stile nuovo, dinamico e chiaro. In un mondo dove tutti parlano e cercano di affermare la loro idea comunicando sempre di più nella logica “più parlo, più mi ascoltano” senza capire realmente quello che la gente cerca, noi partiamo proprio dall’esatto opposto, dall’osservare i cambiamenti interrogandoci “che cosa sta cercando la gente?”. Con i nostri limiti, senza la pretesa di avere la Verità in tasca, non possiamo più sottrarci da questo compito: intercettare le domande più profonde delle persone che ci stanno vicine e rispondere con un messaggio di speranza, che sappia indicare la Verità anche attraverso
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le nuove tecnologie. Oggi i giovani ci chiedono questo: saper dialogare e raccontare di Cristo anche nel nuovo mondo della comunicazione. Come ci indicava il nostro responsabile - “In un tempo contrassegnato dalla globalizzazione, dal pluralismo culturale e religioso, dalle sfide della secolarizzazione, la nostra spiritualità deve individuare alcune vie di futuro e portare il segno di una profezia dentro questo mondo, pur essendo alternativi al mondo” – abbiamo ripensato al nuovo progetto editoriale di Esperienze di Vita mantenendo inalterato l’obiettivo di sempre: testimoniare la nostra fede nella quotidianità. In questo nuovo progetto abbiamo individuato due parti: una di attualità con articoli legati al tema principale con anche un’apertura sulle comunicazioni più importanti del momento da parte della Chiesa, e l’altra in comunità che racconta le esperienze e gli av-
venimenti che la Comunità propone in quel periodo dell’anno. Troverete anche una sezione dedicata a figure di santi non molto conosciuti e anche articoli con voci esterne alla comunità. Il tutto con una grafica rinnovata per poter meglio comunicare attraverso testo e immagini. Questi sono stati anche gli ingredienti che ci hanno mosso nel rinnovare ulteriormente il sito internet della Comunità. Seguendo le indicazioni emerse negli scorsi mesi dall’utilizzo del vecchio portale abbiamo voluto rendere la consultazione delle diverse sezioni del sito e la condivisione dei documenti più semplice e intuitiva. Per questo riteniamo che il nuovo portale (www. piccologruppo.it) sia una porta fondamentale al dialogo verso l’esterno, verso quelle realtà che oggi non ci conoscono ancora o ci conoscono poco. Troverete sia una parte dinamica con articoli e news dalla rete, sia delle pagine che spiegano chi siamo, il cammino del Piccolo Gruppo e la spiritualità. Una sezione più interattiva con foto, video e documenti racconterà di volta in volta le diverse esperienze della Comunità. Una newsletter e un’area riservata saranno a disposizione per essere sempre aggiornati sulle ultime novità e condividere documenti utili alla preghiera e alla meditazione (infatti potete trovare i testi delle domeniche di comunità, le istruzioni dell’aspirantato, le preghiere, le meditazioni del Piccolo Gruppo e molto altro ancora). Non resta che imparare ad aprirsi alla condivisione utilizzando questi nuovi strumenti di comunicazione. PAOLO CATTANEO
IN COMUNITà
VERSO ASSISI
Pensieri sul pellegrinaggio della comunità nel 2012
Per me Assisi è stata un’esperienza straordinaria: l’esperienza dell’ incontro con il mio Dio. La prima volta sono andato ad Assisi da solo dopo aver letto un libro su San Francesco e con nel cuore un desiderio fortissimo di vivere una settimana in raccoglimento e di conoscere più da vicino la figura del Santo. Sono tornato a casa entusiasta e per anni ho continuato la mia vita fatta di lavoro, impegni in parrocchia e ricerca della strada da percorrere.
vuto in dono molto di più di quanto potessi anche solo desiderare. È stato sulla base di quanto ricevuto che mi è venuto spontaneo mettermi a disposizione con la speranza che altri possano incontrarlo: magari proprio in questo luogo Santo dove i nostri fratelli Francesco e Chiara ci aspettano per far festa. Un abbraccio. EMILIANO GIGLIOTTI
Dopo anni sono tornato per frequentare un corso vocazionale che rimarrà impresso per sempre nel mio cuore: ricordo con commozione ed una grande gratitudine quanto ho vissuto in quella settimana e quanto il Signore mi avrebbe donato di vivere successivamente. Tutto è nato da un grande desiderio di incontrarlo ed incontrandolo ho rice-
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BACHECA
NEWS DALLA COMUNITà
Abbiamo ricordato e pregato per:
• Anna, mamma di Giulio Pedrotti - della comunità di S.Ambrogio - salita al cielo il 15 settembre 2011
• Bruno, papà di Renato Rossi - della comunità di S.Pio V° - salito al cielo il 21 ottobre 2011
• Raffaele, papà di Antonio Garofalo - della comunità di Treviso - nato al cielo il 22 novembre 2011
O DI CRISTO P P U R G O L O PICC Generale Il R esponsabile
1 NATALE 201
n evento che, u è le ta a N to n Il Sa , aria semplicità in d or ra st a su nella o. il cuore dell’uom re la el p r te in a continua ne di Gesù, io z a rn ca in l’ Con i fare cose grand ò u p e ch a tr os Dio ci m era umanità. ov p a tr os n la con ce anno nuovo li fe e le ta a N Buon vostri cari. a tutti voi e ai Giancarlo
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LA PASSIONE EDUCA
Settimana di Comunità 2012 28 luglio - 4 agosto
Casa Alpina Piandimaia Scalabrini Villabassa - BZ
La casa, tenuta dai Padri Scalabriniani, si qualifica per la sua accoglienza religiosa e familiare grazie alla sua struttura interna (sala da pranzo, sale riunioni, sale per incontri, cappella) e esterna (parco giochi per bambini, campo da calcio e ampi spazi).
Villabassa è considerata la culla del turismo della Val Pusteria è ed teatro dei più bei paesaggi montani, le Dolomiti.
In questo luogo dello Spirito siamo invitati a mettere in comune la nostra umanità ed i nostri talenti spirituali, ma anche il nostro entusiasmo e la nostra voglia di condividere l’amicizia e la famigliarità che provengono dalla nostra vita vissuta in Cristo.
www.piccologruppo.it
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