EDV Periodico della Comunità il Piccolo Gruppo di Cristo | n°. 155 - anno XXXIII | Luglio 2012
ESPERIENZE DI VITA
VIVERE LA POVERTà CON GLI OCCHI DELLA FEDE
Chiamati ad essere consacrati nel mondo.
Riflessioni sul pellegrinaggio della comunità ad Assisi.
Informazioni sulla settimana di comunità a Villabassa.
EDV
redazione
Sommario Luglio 2012 EDITORIALE
COLLABORATORI Giovanni Cattaneo Luigi Crimella Michela Botta Rosalba Beatrice Paolo Cattaneo
è il momento del coraggio e dell’amore
PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Paolo Cattaneo MAIL piccologruppodicristo@gmail.com
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ATTUALITà Fare impresa alla ricerca del ben essere di tutti
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Una presenza autentica e serena
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I frutti del mio lavoro
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ZOOM Nuova evangelizzazione
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RUBRICA Una mistica nel mondo
N°155 In questo numero affrontiamo il tema: la sobrietà, il cambiamento radicale degli stili di vita. Abbassare il nostro livello di vita per permettere a quelli che lo hanno troppo basso di innalzarlo. Il consacrato del P.G.C. è colui che si fida talmente del Signore che decide di entrare nella povertà.
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IN COMUNITà Sulle orme di Francesco
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Non c’è Chiesa senza Eucarestia
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XI° congresso, invito alla missione
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Essere già santi oggi
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Aspirantato, chiamati a stare con Gesù
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“Con animo sereno” tradotto in lingua maltese … e presto
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anche in inglese Settima di comunità 2012 a Villabassa
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BACHECA News dalla Comunità
info PGC www.piccologruppo.it Piccolo Gruppo di Cristo Via San Pietro, 20 20832 Desio, MB Segreteria Telefono: (+39) 0362 621651 Fax: (+39) 0362 287322 Mail: piccolo.gruppo@tin.it
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Settimana di Comunità 2012 28 luglio - 4 agosto Casa Alpina Piandimaia Scalabrini Villabassa - Via Maistatt 2 - 390939 BZ
I massicci intorno alle “Tre Cime”, le Dolomiti di Sesto e di Braies, costituiscono l’imponente scenario dell’Alta Val Pusteria dove si trova VILLABASSA, una vera oasi di vacanze montane ad una altezza ideale (1154 m.): natura incontaminata, aria cristallina, verdi prati, fitti boschi di abeti e larici, clima sano, è adatta specialmente per soggiorni di cura. Adagiata in un’ampia e verde conca nelle Dolomiti, ha una lunga tradizione turistica perché il paese é uno dei primi capoluoghi del movimento turistico della Valle Pusteria che già all’inizio del secolo era conosciuta grazie a “Frau Emma in Europa”, la famosa ostessa del Tirolo, ed è accogliente ed incantevole come allora.
è il momento
del coraggio, e dell’amore
Tutti concordano nel definire la nostra come l’epoca delle grandi incertezze. Sembrano venuti meno tutti (o quasi) i punti fermi attorno ai quali, nei decenni scorsi si costruivano le grandi identità, personali e collettive. Solo per fare una piccola casistica, vediamo quali sono le principali realtà oggi “in crisi”: gli Stati appaiono al primo posto, col rischio concreto di “fallire” per la mole spropositata di debito pubblico o la debolezza economica interna (è già toccato all’Argentina e potrebbe capitare anche a qualche paese europeo, Grecia, Spagna e, speriamo di no, Italia). Altro esempio, gli organismi internazionali, dall’Onu, all’Unione Europea, alla Banca Centrale Europea, al Fondo Monetario Internazionale, alla Banca Mondiale, tutti attivamente impegnati a tenere a
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bada gravi emergenze (fame, malattie, Aids ecc.) oltre a guerre reali e guerre finanziarie a cui non riescono a far fronte, se non con interventi parziali e non risolutivi, che si trascinano a volte per decenni. Ancora le grandi banche private e società finanziarie, colossi sovrannazionali con ramificazioni in tutti i continenti, travolte dal peso enorme di debiti accumulati negli ultimi anni a seguito di “bolle” continue (finanziarie, immobiliari, dei derivati, del debito privato e pubblico accumulato nei loro forzieri). I bilanci di questi istituti colossali, “too big to fail” (troppo grandi per fallire) sono stati sostenuti di qua e di là dell’Atlantico da poderose iniezioni di liquidità pubblica, ma i risultati ancora non si vedono e il denaro non ha ripreso a circolare
nell’economia reale. Cioè non arriva alle imprese medie e piccole, che languono e purtroppo chiudono sempre più numerose. In parallelo alle grandi banche e società finanziarie, anche le industrie e società quotate nelle borse valori mondiali tendono a irrigidire i loro bilanci, a ridurre il loro perimetro operativo: è l’effetto della crisi che da finanziaria si è tramutata, nel giro di pochi anni, in economica vera e propria, con ricadute a volte deleterie per interi comparti o paesi. In parallelo si registra un altro fenomeno, che consiste nel progressivo ritiro delle società dalle borse valori, cioè il ritorno alla sfera gestionale totalmente privata, senza i controlli e i rendiconti che la quotazione pubblica sui mercati mondiali comporta.
VIVERE LA POVERTà CON GLI OCCHI DELLA FEDE
LA CRISI DEL “SOCIALE” Avanti ancora a descrivere le realtà “in crisi”: i partiti politici, in Italia ma un po’ dovunque, devono fare i conti con una disaffezione crescente da parte del corpo elettorale. Di fatto i partiti sono ridotti a segreterie auto-referenziali, guidate da una élite che si perpetua nominando i propri fiduciari, accaparrandosi le prebende pubbliche più o meno corpose (secondo i Paesi) e vivendo staccata dal resto della popolazione. E’ la cosiddetta “casta” che mantiene una situazione di privilegio, spesso ingiustificato, per il fatto di maneggiare da sola la “stanza dei bottoni”. In crisi sono anche i sindacati, sempre più orientati a difendere i pochi privilegi delle categorie che rappresentano e poco propensi, invece, a difendere le categorie deboli e non organizzate (i lavoratori con contratti atipici, temporanei, i coco-co, co-co-pro ecc., i giovani in genere con lavori discontinui e poco professionalizzanti). C’è in crisi anche un certo associazionismo sociale di base, che contava sulla forma cooperativa e di servizio per accaparrarsi commesse pubbliche, tipo i “lavori socialmente utili” e analoghi. Venendo meno le risorse pubbliche, ecco che anche questo associazionismo soffre di mancanza di spinta e viene un po’ travolto dalla crisi del debito pubblico che avanza inesorabile.
VERSO UNA SOCIETà PAGANA? Venendo agli ambienti religiosi, non si può non notare la crisi di identità vissuta da molti “fedeli”, che soffrono dell’indebolimento del riferimento parrocchiale, dell’individualismo che si diffonde anche tra i cattolici un tempo orientati alla dimensione comunitaria della fede. Così le chiese si svuotano, i sacramenti non sono più praticati se non saltuariamente e nelle “grandi feste” religiose. Soprattutto, la mentalità
da “cristiana” diviene sempre più indifferente o addirittura “pagana”, nel senso che fa a meno di Dio come riferimento di fondo, oppure si costruisce altri “dei” (successo, piacere, carriera, divertimento, edonismo del proprio corpo ecc.). Una prova concreta è lo sfaldamento della famiglia come valore di base e l’avanzare di richieste di legalizzazione di unioni omosessuali, che costituiscono una gravissima minaccia alla stabilità della persona e della stessa società. Questa è la società di oggi, lo vediamo tutti e in essa alcune cose sembrano diventate quasi tabù: non si può parlare di morte, perché non è delicato, e tantomeno di Dio, perché – chissà – qualcuno potrebbe urtarsi! In tutto questo, ci mancavano gli scandali vaticani, con la sottrazione di documenti riservati addirittura dalla casa del Papa! Benedetto XVI si è detto profondamente amareggiato per queste cose, come per gli scandali sessuali gravissimi di cui si sono macchiati numerosi preti in varie nazioni.
UNA GRANDE INCERTEZZA DIFFUSA Il quadro generale è quindi quanto mai preoccupante e dovunque uno si guardi in cerca di un’oasi di tranquillità, viene da dire che si scorgono solo macerie. Ma è proprio così? Pur essendo pronti a registrare ulteriori fatti negativi, nei vari settori qui sopra elencati, bisogna dire che questa situazione di crisi delle società occidentali, un tempo segnate da una forte presenza e cultura cristiana, deve indurre a una prospettiva di speranza. Se nei decenni del secolo scorso i nostri genitori e antenati hanno affrontato due guerre mondiali, la devastante crisi del ’29 con la depressione che l’ha seguita fino agli anni ’40, i decenni della “ripresa”
dopo il ’45, e poi gli anni del terrorismo nero e rosso, fino alla caduta delle “torri gemelle” del 2001, con il corollario di guerre e guerricciole che vi hanno fatto seguito, a noi oggi tocca di fare sintesi dentro una condizione umana e sociale di grande, destabilizzante incertezza. E’ richiesto un grande coraggio nell’applicare alla nostra esistenza personale un rigore e una disciplina che appaiono necessari per fare argine alla crisi economica che non si risolve, e al disordine sociale che ne deriva. E’ richiesto ancora di più un enorme impegno per tradurre in creatività e solidarietà i valori cristiani di cui ancora molti di noi sono portatori.
CHIAMATI ALL’IMPEGNO Non si tratta di rifiutare il “sistema”, come tuttora predicano certi inguaribili sognatori che vorrebbero un mondo di tutti uguali, cosa impossibile. Si tratta invece di cercare di tradurre in fatti concreti, in scelte condivise, in disegni di sviluppo economico e sociale, oltre che politico, i grandi valori della solidarietà e della ricerca del bene comune in un orizzonte di pace e stabilità. Come cristiani siamo chiamati a questo impegno, che non è utopia ma concreta possibilità di azione. Non si può dimenticare che il messaggio di Gesù è fondato sull’amore, sul perdono e sulla misericordia. Ma anche sull’invito a mettersi in gioco (usando i nostri “talenti”), con tutta la nostra energia, intelligenza e capacità operativa perché la società rifiorisca grazie al nostro lavoro e alla nostra capacità di farla vivere armonicamente. Mai come oggi la società intera ha bisogno di essere rigenerata e ricostruita dalle fondamenta partendo dall’amore, dal perdono e dalla misericordia. Oltre che dalla nostra creatività. EDV
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FARE IMPRESA
ALLA RICERCA
DEL BEN ESSERE DI TUTTI Mauro Panzeri (nella foto a lato), imprenditore, sposo e padre, appartenente al Piccolo Gruppo di Cristo, racconta l’affidamento quotidiano al Signore del proprio impegno in azienda. La cura del bello, la ricerca della novità per essere interessanti sul mercato: come vivi il tuo essere imprenditore? Proporre idee, intuizioni e qualità che consentano a un insieme di persone di esprimere - con il proprio lavoro e sacrificio - la ricerca del “ben essere”. Questo significa stare sul mercato. Le novità, il bello ed il talento non possono essere solo funzionali alla ricchezza individuale ma devono contribuire al “ben essere” di tutti. Essere imprenditore è appunto vivere, attraverso le proprie capacità di intuizione e di organizzazione, la tensione che porta a condividere un progetto con coloro che partecipano all’impresa. Con quale contesto devono fare i conti oggi le imprese? In questi ultimi anni molto è cambiato e molto sta cambiando nel contesto mondiale. Le maggiori difficoltà non vengono dalla concorrenza ma dalla degenerazione della speculazione. Questa opera ad ogni livello: l’esem-
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pio e la cultura generati da questo modo di operare si diffondono drammaticamente in tutte le pratiche di intermediazione, sia finanziarie che commerciali. Lo vediamo ogni giorno nell’operare delle banche locali, delle borse, del commercio, anche minuto. Tutto è pervaso da una frenesia speculativa che conduce spesso a comportamenti eticamente riprovevoli ed anche alla illegalità. L’impresa è costretta a fare i conti con queste tensioni, con la concorrenza sleale, ed a volte con corruzioni e tangenti che distorcono il mercato ed anche con le persone che - deviate dal contesto - pur di arricchirsi, operano anche contro l’interesse delle imprese e distorcono i corretti rapporti di lavoro. Quali sono stati i momenti più difficili di questi ultimi due anni in azienda? Non posso quindi dire che in questi due anni vedo un singolo momento difficile ma una continua difficoltà che non consente programmi, scelte e certezze. Si devono ricercare e inventare novità, nascono speranze, sembra di intravvedere un sereno e poi tutto si dissolve a causa di imprevedibili fatti esterni; non si demorde e si riprende a cercare di costruire con fatiche e tensioni personali a volte enormi.
biamento di orizzonti imposto dalla crisi? Ogni dipendente è una persona, un volto, una famiglia. Una storia vicina e intrecciata con la tua. Non ci sono scelte facili. Occorre ricercare una condivisione di responsabilità anche se a volte non si è compresi e le pressioni esterne, spesso vecchie e intrise di una ideologia ormai passata, non aiutano la reciproca comprensione. Tentare e ritentare, costruire una novità di rapporti ove una rinnovata cultura del lavoro, del rispetto del lavoro, possa prendere spazio. C’è un passo della Bibbia che più ti ha consolato di fronte alle scelte che hai dovuto prendere in azienda? Ogni giorno la Parola ti raggiunge, dialoga e opera dentro di te, ti sol-
Come vivi il rapporto con i tuoi dipendenti di fronte al cam-
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leva e ti consola. Dovrei ridire qui tanti e tanti versetti di tanti salmi che confortano perché ti ricordano che la straordinarietà del momento in cui vivi è comunque nell’ordinarietà del cammino umano. A volte sei abbattuto e la speranza ti solleva; a volte senti che le cose storte e le malvagità ti opprimono ma poi guardi avanti e senti che queste cose avranno una loro storia ed un loro destino; a volte gridi al Signore perché ti soccorra soprattutto con la pace del cuore. A volte sei spinto a reagire in positivo. Ultimamente mi hanno sorretto le parole di san Pietro, “chi esercita un ufficio, lo compia con l’energia ricevuta da Dio” e “ciascuna viva secondo la grazia, i doni ricevuti, mettendoli a servizio degli altri come buoni amministratori” confidando che questi doni e questa grazia multiforme è ampiamente concessa e distribuita, rintracciabile nelle diverse relazioni, anche in quelle di lavoro. Mi accompagna anche uno splendido commento di S. Ambrogio: «Se dunque qualcuno vuol superare le avversità, la persecuzione, il pericolo, la morte, una grave malattia, l’assalto dei ladri, la confisca dei beni o qualunque altra cosa in questo mondo si consideri sventura, facilmente supererà tutto se ha la speranza che lo consoli. Anche se capitano queste cose,
non possono tuttavia essere gravi per chi dice: “ io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura” (Rm 8,18). Giacchè chi spera cose migliori non è mai abbattuto dalle più lievi». Lavoro e avidità, ne parla il cardinale ed è ben presente nei modelli di vita suggeriti dalla contemporaneità. Quale chiave di lettura si può proporre a colleghi ed amici? Assistiamo al venir meno del valore del lavoro, divenuto strumento per arricchirsi, in ogni modo e più in fretta possibile. L’avidità di benessere arricchisce la vita ma impoverisce la persona. Essa si colloca fuori dalla sua verità! Vivere con sobrietà nella coscienza che quanto ci è dato è in fondo per il bene di tutti, ci farà più veri e liberi e ci consentirà di aiutare altri ad esserlo. Le scelte di lavoro incidono sulla vita in famiglia: quale esperienza fai di questo legame? Ogni scelta, quando si è in famiglia, tocca tutti i componenti. Per questo deve essere vista e perseguita come bene comune, come bene di tutti. Anche il lavoro, con i suoi impegni ed i suoi sacrifici, deve rientrare in questo canone e non deve soverchia-
re il bene delle relazioni. Se è vissuto come una positività è anche sentito e apprezzato come un dono attraverso cui Dio entra nella famiglia, la sorregge, l’aiuta ed anche la interroga. Siamo chiamati ad essere consacrati presenti nel mondo: quali aspetti della nostra costituzione ti hanno illuminato maggiormente nell’attività lavorativa? Non riesco ad individuare un aspetto in sé più valido. L’essere stato chiamato al Piccolo Gruppo tocca e forma la mia vita. Le nostre costituzioni e la nostra spiritualità ci sorreggono in ogni situazione e ci conducono a vivere il vangelo nella semplicità della quotidianità. L’unità in gruppo è un valore profondo ma essa non è statica, si espande alla famiglia e si allarga alle situazioni di vita. Nell’impresa e nel lavoro si incontrano persone, si intessono relazioni che richiedono di essere servite proprio nella ricerca dell’unità come valore, valore che discende dal comandamento nuovo: «amatevi gli uni gli altri …» Nessuno ha la sfera di cristallo ma la preghiera può aiutarci a vivere nella giusta luce questo tempo di crisi: come possiamo incarnare la nostra vocazione di cristiani lavoratori? Il lasciarsi illuminare dalla preghiera e dal “consiglio” ci concede una pacificazione interiore che consente di guardare alle situazioni con un animo diverso. Non si tratta di essere più o meno ottimisti ma di vedere con più attenzione l’umano che ci circonda. Credo che essere nel mondo del lavoro ci chieda certamente di affrontare con passione i problemi del momento ma anche di avere, nella difficoltà, una passione più grande per aiutarci a ritrovare i valori assopiti oggi dalla fretta superficiale del vivere e che invece ci necessitano come verità e vita. GIOVANNI CATTANEO
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una presenza
autentica
e serena Hiroki Moriguchi (nella foto a lato), libero professionista, sposo e padre, appartenente al Piccolo Gruppo di Cristo. Dopo la laurea in odontoiatria ha iniziato il dottorato in Giappone, lavorando in un gruppo di ricerca di livello internazionale in tema di cellule staminali, biologia molecolare e rigenerazione ossea. Tornato in Italia, ha iniziato a lavorare in Italia come dentista. Dopo il matrimonio e un primo periodo di vita familiare in Toscana, da qualche anno è tornato a Milano. Affronta il tema del lavoro e della gratuità dal punto di vista di chi, ogni giorno, deve costruire una relazione di fiducia con i propri pazienti. La cura del proprio lavoro, la formazione continua per essere adeguati alle esigenze dei clienti: quali sono oggi le priorità per un libero professionista? Saper gestire le giuste priorità è un compito delicato ed è molto facile dare la precedenza a cose che in realtà dovrebbero essere già scontate. L’abilità ad individuare e a gestire le corrette attività decreta la fortuna o la rovina di molti professionisti. Significa imparare a gestire il tem-
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po, soprattutto quello dedicato alla programmazione. La redditività della mia attività clinica è direttamente proporzionale al tempo speso nella programmazione di quest’ultima. E’ stato fondamentale costruirmi un flusso di lavoro consolidato per la gestione delle singole ed infinite attività che si continuano a formare giorno per giorno così da limitare il più possibile le fonti di stress. Avendo una famiglia con tre figli piccoli, prima di fare una scelta lavorativa o extra-lavorativa è fondamentale considerare l’impatto che hanno tutte queste scelte nella conduzione della vita famigliare.
Alla luce della tua vocazione e dell’esperienza sul campo, c’è spazio per una presenza cristiana nel mondo del lavoro? Il mondo del lavoro ha bisogno di una presenza cristiana autentica, lucida e disincantata. Un’espressione che mi ha sempre ispirato fu coniata dal mio responsabile personale: il cristiano deve vivere e, se necessario, “marcire” insieme all’umanità nel mondo della professione. Questa frase, molto forte, va declinata nella passione che dobbiamo mettere nel fare la nostra professione. Il cristiano deve trasmettere la passione per la vita dell’uomo e quindi anche per il lavoro e le relazioni che vi si creano.
Trascorriamo nell’ambiente lavorativo più di un terzo della nostra giornata e lì vengono davvero riversati le gioie, i dolori, le speranze e le delusioni di ognuno. Come vivi il rapporto con i tuoi colleghi di fronte al cambiamento di orizzonti imposto dalla crisi? La crisi sta portando ad una rimodulazione della vita professionale e privata di tutti quanti. Gli effetti sono pesanti e di proporzioni che pochi avrebbero immaginato. Il problema è che nessuno sa come sarà il futuro e per questo è difficile stabilire la direzione che dovrà prendere l’attività di ciascuno. So di colleghi che non stanno vivendo un bel periodo, ma ad un’analisi oggettiva le cause sono imputabili ad una cattiva gestione etica e operativa dell’attività stessa. In questi casi emerge il nervosismo e chi ne fa le spese è purtroppo il paziente. Di questi tempi, l’atteggiamento più negativo che osservo è quello di chi si pone nei confronti del paziente con la prospettiva che io chiamo “prendi i soldi e scappa”. I colleghi con cui sono più in contatto sono quelli che, per fortuna, han-
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no un livello qualitativo alto e stanno raccogliendo i frutti di una buona gestione. Osservo positivamente che si tratta di persone che hanno sempre operato in scienza e coscienza, portando un grande rispetto per il paziente. Si tratta persone che prima di essere colleghi di lavoro si sono rivelati degli amici. C’è un passo della Bibbia che più ti accompagna nel descrivere la tua esperienza lavorativa? Mi viene spesso da pensare al passo dell’antico testamento sul sogno interpretato da Giuseppe circa le vacche grasse e le vacche magre. La Bibbia, la Parola di Dio, parlano di noi e della nostra vita che, nonostante tutto, rimane la stessa. Un altro riferimento fondamentale è il salmo 126(127). “Se il Signore non costruisce la città invano vi faticano i costruttori”. Mi ha sempre dato un grande senso di serenità nelle cose che faccio quotidianamente e da un certo punto in avanti ho smesso di preoccuparmi di determinate cose che prima mi creavano solo ansia. Lavoro e avidità, ne parla il cardinale ed è ben presente nei modelli di vita suggeriti dalla contemporaneità. Quale chiave di lettura ne dai? La combinazione che tenta e distrugge la vita dell’uomo è sempre stata costituita da denaro, potere e lussuria. Tutti, in un modo o nell’altro, siamo tentati su questo. Di solito si parte da un punto, il più raggiungibile dalla nostra condizione presente. Una volta appagati, si passa a quello successivo. Quando la triade è completa, la vita, quella intesa in senso più profondo del termine, è spesso rovinata. Purtroppo, non ci si rende conto che noi uomini e donne da soli non siamo in grado di fronteggiare queste tentazioni e che nessuno è immune da tutto ciò. Quello che vivono molte persone, purtroppo, è una sorta di rassegnazione, come
se il fallimento della vita buona, che c’è nell’anima di ciascuno, sia un fatto ineluttabile. Gli strumenti per recuperare e vivere una vita piena ci sono, ma non è semplice trasmetterli ed applicarli. Viviamo nel paradosso di una società e di una cultura che predica e teorizza l’autodeterminazione dell’uomo e della sua vita, ma la realtà è che osserviamo sempre più vite con problemi seri della sfera affettivo-relazionale. Le scelte di lavoro incidono sulla vita in famiglia: quale esperienza fai di questo rapporto? La vita intera, l’unica che abbiamo a disposizione, si gioca sui valori in cui crediamo e conseguentemente dalle priorità che facciamo scaturire e dalle scelte e azioni che compiamo. Con ciò voglio dire che siamo noi che decidiamo che cosa è prioritario, non sono le circostanze o la realtà. Personalmente, se devo definire la mia persona dico che sono innanzitutto un consacrato, un marito, un padre ed infine un soggetto che pratica la professione di odontoiatra. Da ciò consegue il fatto che ho sempre vissuto il rapporto lavorofamiglia in modo opposto rispetto a come viene posta nella domanda. La mia prima priorità è curare costantemente la mia sfera spirituale, poi quella affettiva ed infine quella più concreta lavorativa. Chi mi ricorda tutto ciò sono soprattutto i miei figli quando dicono: “mio papà fa il dentista!” e non un dentista che fa il papà. È la vita in famiglia che incide sulle scelte professionali. Il lavoro deve essere funzionale al sostentamento famigliare, per l’educazione dei figli, e non viceversa. Come ti organizzi? Non posso negare che la gestione dei tempi non è facile. A volte devo risolvere le faccende amministrative di notte perché rientrato dallo studio c’è da badare ai bambini o da fare la spesa per “dare il cambio” a mia moglie. Ci sono dei sabati o
domeniche in cui devo ritagliare del tempo a casa per programmare degli interventi per la settimana seguente o per sistemare tutta la marea di adempimenti amministrativi che non posso eseguire quando opero e che non posso delegare. E questo non rasserena sempre gli animi, anzi. Una grande menzogna è quella che dice che ciò che conta è la qualità del tempo che si dedica alla famiglia. L’osservazione della mia vita famigliare e di altri prova il fatto che, soprattutto per chi ha bambini, è la quantità totale di tempo che si trascorre in una data realtà che fa la differenza. Di converso è vero anche l’opposto, se non stai tanto tempo con i bambini il contatto in termini di fiducia e di autorità educativa si affievoliscono drasticamente. A complicare il tutto, c’è da aggiungere anche il fatto che la vita non è fatta solo dal binomio lavoro-famiglia. C’è la vita spirituale, gli hobbies, lo sport, gli amici e così via! Siamo nel mondo, ma non del mondo: quali aspetti della nostra spiritualità ti hanno illuminato maggiormente nell’attività lavorativa? Direi che l’aspetto della castità, intesa come limpidezza e bontà di intenti, è quella che mi indirizza a compiere le scelte giuste in ciò che faccio. In particolare mi riferisco all’aspetto che è legato alle relazioni umane che deve portare a vedere il paziente in quanto tale (una persona con una storia, delle situazioni private anche complesse alle proprie spalle, con dei bisogni reali) e non come un oggetto da spremere il più possibile e dimenticare. In tante situazioni, ciò mi ha aiutato a scegliere le cure più adeguate per il paziente in questione e a non pentirmi di aver fatto altre cose che lì per lì potevano essere più redditizie sotto il profilo economico ma che poi avrebbero creato altri problemi. G.C.
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i frutti
del mio lavoro Antonio Longo (nella foto a lato), sposato con Clara, papà di Tommaso e Carlotta, appartenente al Piccolo Gruppo di Cristo. Ci racconta la trepidazione di un professionista alle prese con colloqui di lavoro, riassetti societari, trasferte e meeting. “Si confonde il gratuito con il gratis. Quando parlo di gratuità mi riferisco alla coscienza che il lavoro produttivo e il lavoro finanziario, come ogni altro lavoro, possiedono in se stessi una bontà e una bellezza che è possibile riconoscere e attuare. La gratuità, così intesa, è antidoto all’avidità”. La cura del proprio lavoro, i tempi dilatati (sera, week-end) per rispondere alle esigenze dell’azienda e agli obiettivi di fatturato: quali sono oggi le priorità per un dipendente che vuole “far bene” il proprio lavoro? Nella mia attività cerco sempre di avere davanti questo obiettivo: far bene il proprio lavoro. E questo implica dedicargli il tempo necessario, perché ciò il risultato di questo lavoro deve essere bello. Se una cosa è bella significa che è fatta con Amore. In fondo è la nostra vocazione: nel mondo ma non del mondo. Come potrei tradurlo? Forse nell’astrarmi
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dai ritmi concreti dell’ufficio perché sono destinato ad un altro mondo? Nello chiudere sbrigativamente un appuntamento perché ho altro, più importante, da fare? Non può essere. Cerco piuttosto di perseguire solo l’obiettivo che ciò che realizzo sia bello. E quando una cosa è bella è anche utile: dovremmo però abituarci a un nuovo concetto di utilità. Se una cosa è utile e bella è del Signore, non mia. Le altre persone la guardano e la desiderano, sono spinte a fare altrettanto. Anche sul lavoro possiamo essere testimoni. Alla luce della tua vocazione e dell’esperienza sul campo, c’è spazio per una presenza cristiana nel mondo del lavoro? Questo è l’orizzonte: il tempo non è mai troppo per fare una cosa bella. Le nostre cattedrali non sono state costruite in 5 anni. Forse la cattedrale più intensa e bella costruita nell’ultimo secolo è quella di Barcellona: la Sagrada Familia. È un secolo che vanno avanti, un pezzo alla volta, ma il risultato è stupefacente: le dimensioni, i colori, le sculture, i suoni, tutto è armonico per riflettere il progetto di Dio. Il tempo non è troppo se utilizzato per fare una cosa bella. Può invece essere distribuito male. Ora non tutti costruiamo cattedrali, ma tutti - in un modo o in un altro – lavoriamo a costruire il progetto di Dio. Non conta che tipo di lavoro facciamo ma ogni cristiano è chiamato a far bene il proprio la-
voro perché sia bello e rimandi alla presenza di Dio. Ma quando riesci a pregare? Il gruppo mi ha insegnato che c’è una preghiera diffusa e un tempo dedicato. Il lavoro è preghiera. Mi sono inventato che San Benedetto diceva Ora et Labora e non Ora o Labora. Dalla preghiera discende il lavoro e non in alternativa ad essa. I tempi dedicati cerco di strapparli a quello che faccio oppure approfitto dei tempi morti. Mentre guido per il nord Italia ho scoperto il dono della radio. Radio Maria e radio Mater mi accompagnano per molte ore. Non solo per il rosario e la messa, ma anche per la meditazioni. Quanti passi della Bibbia sono riuscito a meditare ascoltando la radio e rimanendo in macchina solo per ore. Quanti di noi durante una giornate stanno soli e in silenzio? Ore trascorse senza il pericolo che ci qualcuno venga continuamente a bussare alla porta o alla scrivania. È una bella fortuna… L’organizzazione attuale del lavoro ti porta a fare circa 7mila km al mese in auto: che spazio ha la preghiera in queste giornate, quali soluzioni per coltivare il tuo rapporto con il Signore? Se il tempo dedicato al lavoro diventa “troppo”, o mal distribuito, allora ritengo importante parlare con i propri manager per cercare insieme il modo per individuare le priorità.
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Se il cristianesimo centra con tutto quello che faccio, se il Gruppo ha un carisma senza carismi, se non ha un opera specifica è perché tutto è opera. Anche cercare un compromesso con il proprio manager è preghiera, è cercare la via per la salvezza che il Signore desidera per ognuno di noi. Essere cristiano per me non è solo salvaguardare il tempo della preghiera, ma soprattutto fare la mia parte, per costruire il suo Regno e la mia salvezza. Spesso - nei miei viaggi o prima di importanti meeting - mi ripeto alcuni passi della preghiera del cammino, perché la mia volontà si plasmi alla sua, perché mi dia la capacità di guardare nella profondità delle sue cose e mi faccia capire quale sia lo spartito che devo seguire perché la sinfonia non stoni. Cosa ti ha spinto a cambiare radicalmente la tua prospettiva di lavoro, arrivando alla professione attuale? Ci sono motivazioni molto “umane”. Ancora non so se sono io che ho cercato un altro lavoro o un altro lavoro che ha cercato me. Propendo per la seconda. Ad un certo punto mi veniva chiesta un’altra cosa e si sono
create tutte le condizioni (negative e positive) perché questo avvenisse. Oggi ritengo che quando ho cambiato lavoro, ogni volta che mi cambiano mansione in azienda, significa che la mia missione è esaurita e che mi viene chiesto di andare a lavorare “nella vigna del Signore”, ma da un’altra parte. Come vivi il rapporto con i tuoi colleghi di fronte alle preoccupazioni e alle novità imposte dalla crisi economica? A me e a loro dico che è ora di cambiare vigna, rimboccarsi le maniche e riscoprire il nuovo e il bello della prossima condizione. C’è un passo della Bibbia che più ti accompagna nel descrivere la tua esperienza lavorativa? Allontana da me questo calice, ma non la mia, bensì sia fatta la tua volontà. Lavoro e avidità, ne parla il cardinale Scola ed è ben presente nei modelli di vita suggeriti dalla contemporaneità. C’è qualche passaggio della tua
vita lavorativa in cui hai percepito con più chiarezza questo binomio? Tutte quelle volte in cui lavoro significa “quanto mi dai perché lo faccia bene e meglio?”. Il bello è slegato dal compenso. La mercede è legata più alla giustizia che alla bellezza. Madre Teresa un volta disse a chi le prospettava, una volta anziana, una vita cupa perché non sarebbe più stata alle luci della ribalta, che lei era la più brava di tutti a pulire i gabinetti perché lo faceva con Amore. E’ più gratificante vedere un lavoro fatto bene che un lavoro pagato bene. Purtroppo spesso si è ingannati dalla distorsione della Giustizia: se lavoro bene mi devi pagare bene. Ciò che cerco prima di tutto sono le condizioni per lavorare bene. A quel punto tratto sul prezzo, cerco sempre di evitare l’errore di far precedere il compenso alla bellezza. Anche perché non ho mai vissuto una gratificazione maggiore da un lavoro pagato bene e fatto male, rispetto ad uno pagato male ma fatto bene. G.C.
VIVERE LA POVERTà CON GLI OCCHI DELLA FEDE
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Nuova EVANGELIZZAZIONE L’ “Instrumentum laboris” del Sinodo dei Vescovi Il Sinodo dei Vescovi, indetto dal Papa per l’autunno prossimo, quando dal 7 al 28 ottobre si terrà in Vaticano la XIII assemblea generale ordinaria sul tema “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”, deve essere considerato un fatto straordinario per la vita della Chiesa. Lo dice l’oggetto della riflessione, che coinvolgerà i successori degli Apostoli convocati a Roma per riflettere sull’ “allontanamento dei fedeli, a causa della poca fede, dalla vita sacramentale e dalla prassi cristiana”; lo dice anche la scelta di Benedetto XVI di far coincidere questo Sinodo con uno speciale “Anno della Fede” che prenderà il via l’11 ottobre 2012, nel ricordo del 50° anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II e del 20° della pubblicazione del “Catechismo della Chiesa Cattolica”. Eventi, ricorrenze, memorie che si “affolleranno” negli ultimi mesi dell’anno e che dispiegheranno poi i loro effetti nel prossimo futuro, mentre la Chiesa intera si interroga, già a partire da oggi, su cosa significhi la tanto auspicata “nuova evangelizzazione”. Per aiutare tutti i fedeli a capire la portata di questi eventi e lo sforzo che il Papa chiede anzitutto ai suoi più stretti collaboratori – i Vescovi –, occorre
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confrontarsi con l’ “Instrumentum laboris” del Sinodo dei Vescovi, reso pubblico in questi giorni dalla Santa Sede (cfr. sito www.vatican.va).
Contributi da tutto il mondo Si tratta di un documento molto corposo (74 pagine a stampa), presentato da mons. Nikola Eterovic, Segretario generale del Sinodo dei Vescovi, con parole serene ma anche “accorate”, laddove parla della “nuova evangelizzazione” che deve essere “animata da un nuovo ardore”, cercando “nuovi metodi e nuove forme espressive per trasmettere all’uomo contemporaneo la perenne verità
di Gesù Cristo, sempre nuovo, sorgente di ogni novità”. Il documento – spiega mons. Eterovic – è frutto di un grande lavoro collettivo: vi hanno contribuito, inviando le loro “risposte”, le Conferenze episcopali di ogni parte del mondo, i Sinodi dei Vescovi delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, i Dicasteri della Curia vaticana, l’Unione dei Superiori Generali e diverse altre istituzioni religiose e laicali, comunità e gruppi di fedeli “che hanno voluto partecipare alla riflessione ecclesiale sull’argomento sinodale”. Quindi, ancora in questa fase che è preliminare al Sinodo stesso, la Chiesa intera da ogni parte del mondo ha voluto offrire un contributo di base, che si è poi tradotto nella sintesi rappresentata dall’ “instrumentum laboris”.
Un documento complesso Addentrarsi nel documento, per una sintesi giornalistica, non è facile, tale essendo la densità dell’analisi proposta. Può essere utile, anzitutto, conoscere come è strutturato il testo, così che il credente che intenda approfondirlo sappia da subito le tappe concettuali e spirituali che sarà chiamato a fare. Anzitutto, il capitolo di apertura dedicato a “Gesù Cristo, Vangelo di Dio per l’uomo”, che pone le basi della perenne fede della Chiesa nel ruolo fondativo e centrale di Cristo, il solo
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e vero “evangelizzatore”. Dice il testo, a questo riguardo: “Sempre più persone sentono il bisogno di conoscere Gesù Cristo in una luce diversa dall’insegnamento ricevuto nella loro infanzia”: sono le persone che vivono nei paesi di più antica e significativa cristianizzazione, “messi ora a dura prova, e talvolta persino radicalmente trasformati dal continuo diffondersi dell’indifferentismo, del secolarismo e dell’ateismo”. Il secondo capitolo, dal titolo “Tempo di nuova evangelizzazione”, si occupa delle “trasformazioni che stanno interessando il nostro modo di vivere la fede, e che influenzano le nostre comunità cristiane”. Il terzo (“Trasmettere la fede”) tratta di liturgia, catechesi, carità e degli eventuali cambiamenti da apportare perché l’annuncio divenga più efficace. Infine, nel quarto capitolo (“Ravvivare l’azione pastorale”) si affrontano metodi, stili, contenu-
ti dell’annuncio perché la “nuova evangelizzazione” sappia davvero essere fattore di novità e crescita spirituale.
Rapporto “personale” con Cristo Tra gli stimoli più diretti che emergono dall’ “Instrumentum laboris”, quello che forse può toccare maggiormente la sensibilità dei credenti oggi consiste nella ripetuta insistenza sul dovere di “ogni uomo e ogni donna” di farsi annunciatori del proprio incontro personale con Cristo, che “ci ha amato e ha dato se stesso per noi”. Il documento insiste sul rapporto personale, diretto di ciascuno con il Redentore, vissuto tramite una “amicizia” vera, essendo “un dono inestimabile vivere nell’abbraccio universale degli amici di Dio”. Il testo non trascura le questioni di ordine sociale, economico, politico,
antropologico che segnano la nostra epoca (dalla crisi finanziaria alle migrazioni, dalle frontiere bioetiche fino agli effetti della globalizzazione), ma concentra sulla “preoccupante perdita del senso del sacro” l’attenzione fondamentale. Lo “scenario religioso” è cambiato profondamente e di questo il Sinodo dovrà tenere conto per elaborare i contenuti di una “nuova evangelizzazione” che – dice ancora il documento – dovrà fondarsi “sulla risposta alla chiamata alla santità di ogni cristiano”. Quindi sarà un percorso spirituale prima che culturale e di pratica religiosa. L’esito atteso, in ciascuno che sia raggiunto nel profondo dall’annuncio evangelico, consiste nella “grande gioia delle nostre vite impegnate”. LUIGI CRIMELLA (nella foto a pag.12)
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UNA MISTICA nel mondo La testimonianza di Madeleine Delbrêl. “Non importa che cosa dobbiamo fare: tenere in mano una scopa o una penna stilografica. Parlare o tacere, rammendare o fare una conferenza, curare un malato o battere a macchina. Suonano? Presto, andiamo ad aprire: è Dio che viene ad amarci. Un’informazione? … eccola: è Dio che viene ad amarci. E’ l’ora di metterci a tavola? Andiamoci: è Dio che viene ad amarci.”
Testimonianza “La Parola di Dio non la si porta in capo al mondo in una valigetta: la si porta in sé,la si porta su di sé... e quando siamo così abitati da lei diventiamo atti ad essere missionari. Questa incarnazione della Parola di Dio in noi, questa docilità a lasciarci modellare da essa, è quel che chiamiamo la testimonianza.” Madeleine Delbrêl, Serva di Dio, testimone di fede, amore e solidarietà verso tutti vissuta per più di trent’anni tra i più emarginati e i non credenti di Ivry alla periferia di Parigi, nacque il 24 ottobre 1904 in Francia a Mussidan. Trascorse l’infanzia tra i litigi dei genitori e numerose malattie, dovute forse anche al fatto che la bambina soffriva molto per la mancanza di accordo tra di loro. A diciassette anni scriveva: Dio è morto, io sono una di quelle «che ammazzano il tempo, aspettando che il tempo ammazzi loro...». Suo padre diventa cieco e non riuscendo ad accettare questo han-
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dicap va gridando la sua angoscia perfino per le strade, per le quali si trascina disperato come un barbone. A diciott’anni s’innamora: lui, Jean, è alto, sportivo, serio, pieno di interessi,evidentemente dotato di una profonda vita spirituale. Improvvisamente il ragazzo scompare: sconvolta, Madeleine viene a sapere che Jean è entrato nel noviziato dei domenicani. Madeleine si ammalò a causa della separazione, rifiutò il cattolicesimo che considerò poco attraente. Per lei Dio era un fatto astratto e non ne avrebbe mai riconosciuta l’esistenza a meno che non lo avesse incontrato nel concreto e personalmente. Era accaduto un fatto: l’incontro con giovani cristiani che vivevano la mia stessa vita, discutevano come me, danzavano quanto me, avevano qualcosa in più: lavoravano più di me, avevano una formazione scientifica e tecnica che io non avevo… ma portavano con sé quella che io chiamavo “la loro realtà”. Parlavano di tutto, ma anche di Dio, che pareva ad essi indispensabile come l’aria. Cristo avrebbero potuto invitarlo a sedersi, non sarebbe sembrato più vivo… Scelsi il mio cambiamento: decisi di pregare… Dopo, leggendo e riflettendo, ho trovato Dio; ma pregando ho creduto che Dio mi trovasse e che egli è la verità vivente, e che si può amarlo come si ama una persona. Non sappiamo molto della sua conversione a vent’anni; Cristo diventa
Colui che lei ama come una persona, fino alla fine, colui che l’ha incontrata attraverso degli uomini. Su consiglio di padre Jacques Lorenzo, suo amico e consigliere per 30 anni fino al giorno della morte avvenuta il giorno dell’Epifania del 1958, scelse una vita contemplativa fondata sul Vangelo e vissuta nel cuore del mondo. La sua vocazione fu quella di vivere il Vangelo fra la gente, guadagnarsi la vita con la propria professione, stare a disposizione di chiunque. Negli anni 30 dedicarsi a Cristo in obbedienza, castità e povertà, ma da laici, fu senza dubbio una fatto di portata innovativa. Madeleine scrive un testo che resterà celebre, intitolato: «Noi delle strade» e proclama che ci sono cristiani per i quali «la strada» - cioè: il pezzo di mondo in cui Dio, di volta in volta, li manda - «è il luogo della santità», come lo è il monastero per le
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persone consacrate. E’ la vocazione specifica della «gente qualunque», in un «luogo qualunque», che svolge «un lavoro qualunque», assieme ad altri «uomini qualunque» e che, tuttavia, «si tuffa in Dio» con lo stesso movimento con cui «si immerge nel mondo». A Madeleine Gesù non dice soltanto: «Seguimi!», ma: «Seguimi in strada!», e le chiede di camminare con Lui, a fianco di tutti i poveri della terra, soprattutto di quelli che non sanno più dove portino i sentieri dell’esistenza. Con una decina di ragazze - senza voti religiosi, senza abito particolare ,decidono di partire per la periferia di Parigi con l’intento di vivere assieme, lavorando in mezzo alla gente più povera, mettendo tutto in comune, senza avere alcuna proprietà (né personalmente né assieme). Formano una comunità «casta, povera e obbediente» che ha come unica regola l’approfondimento comunitario del Vangelo. Secondo Madeleine, il gruppo deve essere così semplice e umile, nel normale tessuto della Chiesa, che quasi non bisognerebbe nemmeno vederlo. Il fascino di Madeleine e delle sue amiche non è tanto l’attivismo, è soprattutto la loro unità che, solo per il fatto di esistere, è già missione: la testimonianza di uno solo, che lo voglia o meno, porta soltanto la sua firma. La testimonianza di una comunità porta, se questa è fedele, la firma del Cristo. Dio l’ha messa, cristiana tra non credenti, che sembrano non soffrire affatto per la mancanza di Dio, Madeleine si sente come un piccolo essere sperduto tra la folla, ma attraverso il quale Dio trova lo spazio per fecondare il mondo.
Il regno dei cieli “L’opera del Cristo-Chiesa è che il mondo sia salvato. Ma se il Regno dei cieli non è del mondo, è però nel mondo. Questo esige un contatto vitale del cristiano con tutti i suoi fratelli credenti a causa del dovere di unità, ma anche con i non cre-
Ci sono luoghi in cui soffia lo Spirito, ma c’è uno Spirito che soffia in tutti i luoghi. C’è gente che Dio prende e mette da parte. Ma ce n’è altra che egli lascia nella moltitudine, che non «ritira dal mondo». E’ gente che fa un lavoro ordinario, che ha una famiglia ordinaria o che vive un’ordinaria vita da celibe. Gente che ha malattie ordinarie, lutti ordinari. Gente che ha una casa ordinaria, vestiti ordinari. E’ la gente della vita ordinaria. Gente che s’incontra in una qualsiasi strada. Costoro amano il loro uscio che si apre sulla via, come i loro fratelli invisibili al mondo amano la porta che si è rinchiusa definitivamente dietro di loro. Noi altri, gente della strada, crediamo con tutte le nostre forze che questa strada, che questo mondo dove Dio ci ha messiè per noi il luogo della nostra santità. Noi crediamo che niente di necessario ci manca, perché se questo necessario ci mancasse Dio ce lo avrebbe già dato. ( Preghiera )
denti a causa della diffusione del regno di Dio ; il cristiano deve essere al centro dell’umanità. Il Vangelo dev’essere annunciato… bisogna che il messaggio da noi pronunciato sia intatto... bisogna, per annunciare il Vangelo, impoverire se stessi. Senza l’umiltà e la dolcezza, non c’è cuore fraterno propriamente cristiano, non ci sono bontà ed evangelizzazione cristiane. Non è lavorando al mondo che lo si renderà migliore: è ciascun uomo migliore che fa un mondo migliore”. “Tutti dobbiamo convertirci, perché tutti siamo chiamati ad amare Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima. Siamo chiamati ad essere santi e ad evangelizzare il mondo. Il laico, impegnandosi nell’evangelizzazione, nella missionari età, compie un gesto importante che
però non è superiore al suo impegno nel mondo, ossia “nelle realtà temporali o secolari”. È giusto impegnarsi in vari campi secondo il tempo disponibile, ma è sbagliato pensare che l’impegno in famiglia, nel lavoro, nelle varie forme di cultura, nel sociale, nella politica (e così via) sia un valore meno importante per la propria santificazione. (Ireos Della Savia) Per essere un buon danzatore, con te come con tutti, non occorre sapere dove la danza conduce. Basta seguire, essere gioioso, essere leggero, e soprattutto non essere rigido. Non occorre chiederti spiegazioni sui passi che ti piace disegnare. Bisogna essere come un prolungamento, vivo ed agile, di te. E ricevere da te la trasmissione del ritmo che l’orchestra scandisce. Non bisogna volere avanzare a tutti i costi, ma accettare di tornare indietro, di andare di fianco. Bisogna saper fermarsi e saper scivolare invece di camminare. Ma non sarebbero che passi da stupidi se la musica non ne facesse un’armonia. Ma noi dimentichiamo la musica del tuo Spirito, e facciamo della nostra vita un esercizio di ginnastica: dimentichiamo che fra le tue braccia la vita è danza, che la tua Santa Volontà è di una inconcepibile fantasia, e che non c’è monotonia e noia se non per le anime vecchie, tappezzeria nel ballo di gioia che è il tuo amore. Signore, vieni ad invitarci. Siamo pronti a danzarti questa corsa che dobbiamo fare, questi conti, il pranzo da preparare, questa veglia in cui avremo sonno. Siamo pronti a danzarti la danza del lavoro... (Preghiera) ROSALBA BEATRICE Bibliografia: Noi delle strade. (Serva di Dio) Madeleine Delbrêl.
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Sulle orme
di San Francesco
Incontro al Signore attraverso Francesco, per restaurare la nostra vocazione ed essere veri testimoni dell’amore di Dio, ovvero <<cristiani comuni ancorché consacrati nel seno materno della Chiesa>>.
Il Piccolo Gruppo di Cristo in pellegrinaggio ad Assisi in occasione del 55° anno di fondazione.
La preparazione Questo terzo pellegrinaggio ad Assisi si colloca in continuità con il radicamento sempre più consapevole della Comunità, Piccolo Gruppo di Cristo, nella Chiesa nata a Pentecoste attraverso l’effusione dello Spirito Santo, stabilita dal mistero grande dell’incarnazione e affidata a Maria, alla sua continua e materna protezione. Questo ci hanno ricordato Giancarlo e Ireos nel testo proposto in occasione della Santa Pasqua di quest’anno: <<Il Signore ci richiama a restaurare la nostra vocazione>> proprio per
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O alto e glorioso Dio Illumina con la tua luce le tenebre del cuore mio. Dammi una fede retta speranza certa carità perfetta e umiltà profonda. Dammi, Signore senno e discernimento per compiere la tua vera e santa volontà. Amen (Francesco d’Assisi)
prepararci al pellegrinaggio ad Assisi, nell’anno cinquantacinquesismo, di fondazione della Comunità e anche in vista del prossimo congresso del Piccolo Gruppo di Cristo che si svolgerà nel 2013. Il primo dopo i cambiamenti organizzativi decisi dal X congresso della comunità. Nel 2002 in occasione del quarantacinquesimo della comunità vi è stato il Pellegrinaggio in Terra Santa tanto desiderato da Ireos (al quale un aggravamento della sua salute non ha consentito di partecipare) per irrobustire il cammino comunitario nella chiamata alla sequela di Cristo, figlio di Dio, vero uomo e vero Dio. Nel 2007 in occasione del cinquantesimo di fondazione della Comunità vi è stato il pellegrinaggio a Roma e l’incontro con Benedetto XVI per rinnovare la nostra fedeltà e lealtà verso la Chiesa e di servizio
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alla medesima attraverso il nostro <<carisma, senza carismi>>. Dal 2006 ogni anno in autunno si svolge il pellegrinaggio a Lourdes per affidare alla protezione di Maria il piccolo gruppo tutto e ogni fratello e sorella. In occasione di questo pellegrinaggio ad Assisi, Ireos ci ha donato una preghiera per accompagnarci e aiutarci in questo periodo di restauro della nostra vocazione e radicalizzazione della nostra risposta all’amore di Dio.
I luoghi del pellegrinaggio Assisi è conosciuta in tutto il mondo come la città di Francesco. Guardandola dalla pianura essa è raccolta attorno alla Basilica che porta il suo nome e ai luoghi che ne hanno caratterizzato gli anni che hanno preceduto il suo incontro con il Signore: La Rocca che domina la città ai piedi della quale Francesco diciottenne ha combattuto tra le truppe che volevano liberarsi dal potere imperiale. Era il Francesco che sognava di diventare cavaliere, di combattere per la libertà e forse ha anche ucciso!; La casa di Bernardone (dove oggi a ricordo vi è un oratorio) in cui nacque e crebbe, vivendo in modo gaudente e spendendo la ricchezza prodotta dal padre. Aveva anche un fratello, Angelo, che tanto lo contrastò quando temette che Francesco dilapidasse la ricchezza di famiglia e spinse perché venisse tolta l’eredità al primogenito Francesco e ceduta a lui, come poi avvenne dopo la restituzione di Francesco al padre Bernardone di tutti i suoi diritti; L’Arcivescovado nel cui piazzale Francesco rinunciò a tutto anche ai diritti del figlio e si affidò completamente e radicalmente tra le braccia di Dio; la casa di Cattani, il primo degli amici di un tempo che lo raggiunse a Rivotorto
quando ancora stava restaurando le mura della chiesa di san Damiano. Vi è poi la Chiesa di Santa Chiara con la sua tomba e la Basilica con la tomba di Francesco e dei primi che lo seguirono, dopo che i corpi di entrambi vennero trasportati rispettivamente da San Damiano e dalla Porziuncola, cioè dai luoghi dove in realtà morirono e rimasero sepolti per alcuni anni. Eppure se guardiamo all’insieme di quel paesaggio colpisce il fatto che i luoghi della risposta alla chiamata di Francesco, quelli in cui egli affinò la sua vocazione cercando di capire a cosa Dio lo chiamava, se a una vita contemplativa e di preghiera o a una vita missionaria, sono tutti fuori Assisi: Il lebbrosario (oggi casa Gualdi sulla strada che porta ad Assisi poche centinaia di metri prima della salita) dove Francesco abbracciando il lebbroso ruppe radicalmente e in modo irreversibile
con la vita precedente; Le carceri, oltre la Rocca, ove sono le grotte in cui condusse vita eremitica e di preghiera assieme ai suoi primi fratelli nei primi anni dopo l’abbraccio del lebbroso; Rivotorto, ove fu la prima povera costruzione in cui visse con i primi seguaci; San Damiano, ove Gesù chiese a Francesco di restaurare la sua Chiesa ed egli ne ricostruì le mura (oggi il crocefisso originale è nella chiesa dedicata a santa Chiara); la chiesetta di San Damiano, cosi legata alla figura di Chiara (forse la prima anima portata da Francesco a Dio) e delle sue prime sorelle, tra le quali la madre e una sorella naturale; e la Porziuncola, donata dai Benedettini a Francesco quando era divenuto impossibile restare a Rivotorto, cuore di Santa Maria degli Angeli e casa madre dei frati minori. Attorno a quella chiesa, persa nelle campagne, restaurata da Francesco fu fondato l’ordine francescano, furono fatti i primi capitoli, lì Francesco morì, dopo aver benedetto Assisi e lì furono seppelliti i suoi primi seguaci quasi a sottolineare una fraternità che va ben oltre la morte. I luoghi nei quali Francesco ha vissuto le esperienze fondamentali della sua vita sono fuori da Assisi, quasi a ricordarci il carattere marginale, minoritario e piccolo della spiritualità francescana, rispetto al mondo e a tutte le sue forme di potere e visibilità, e di come proprio in questo stia la sua forza dirompente Allo stesso modo l’incarnazione avviene a Nazareth, in un luogo ai margini del mondo conosciuto a quei tempi, anonimo rispetto sia al potere politico che religioso eppure da quell’angolo della terra origina quel messaggio di speranza che tanto ha segnato, nel bene e nel male, il mondo contemporaneo. Da quella promessa incarnata nella vita, passione, morte e resurrezione di Gesù è nata la Chiesa e nella testimonianza di quella promessa a tutti gli uomini sta la sua ragione d’essere.
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I messaggi Ireos ci ripete spesso come la Porziuncola lo riporti con forza e dolcezza agli scantinati di San Pio V dove la Comunità è nata e i primi si sono uniti a lui. Come è avvenuto per Francesco il carisma e la missione dei francescani si sono rivelati pienamente nell’arco degli anni, sino a che lui è vissuto. Per noi che apparteniamo alle generazioni che hanno condiviso con il fondatore e i primi la nascita e lo sviluppo della Comunità si tratta di attingere dalla loro vita la forza e l’entusiasmo per indirizzare le nostre vite. Riandare alle origini e alle radici della spiritualità del Gruppo, perché ciascuno di noi ricostruisca se stesso secondo il progetto che allora il Signore ci ha chiaramente indicato. Il Cardinale Attilio Nicora ci ha ricordato a questo proposito proprio nell’incontro ad Assisi il parallelismo tra la minorità di Francesco e dei Francescani e la piccolezza, il nascondimento del Piccolo Guppo di Cristo e ci ha riportato al mistero della Chiesa, corpo mistico di Cristo. Vi è la chiesa visibile e quella non visibile. La forza della Chiesa è data dai cristiani, cristiani semplici che testimoniano la pienezza della propria umanità vissuta nella luce della misericordia di Dio, attraverso l’incontro e la sequela di Cristo. In questo è la forza rigenerante del popolo di Dio e della Chiesa. Ci riporta tutto questo al mistero del Cenacolo sul monte Sion a Gerusalemme. Nel luogo in cui la chiesa sacramentale ha origine non è possibile celebrare l’Eucarestia. I locali che nell’antica Chiesa Crociata ricordavano la sala dell’ultima cena e quella della lavanda dei piedi sono divenuti rispettivamente una Moschea e una Sinagoga, non sono più un luogo di culto cristiano. La forza della Chiesa non viene dalle opere e dalle cattedrali ma da cuori convertiti all’amore dall’incontro con il Signore. In questo senso il “restauro della nostra vocazione” può contribuire
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In queste fotografie alcuni momenti del Pellegrinaggio ad Asissi.
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alla restaurazione di quel volto di Chiesa oggi cosi ferito non da nemici esterni ad essa ma da maldisposti annidati al suo interno.
Le testimonianze e gli incontri Emiliano ha preparato e predisposto il pellegrinaggio con fede e preghiera; Renato e Augusto lo hanno organizzato e preparato con cura e una capacità di previsione che viene dallo Spirito. E tutto è andato bene. Gli incontri con alcune suore e frati francescani che abbiamo avuto ogni giorno sono stati tutti importanti ed edificanti testimonianze di una vita di fede, ravvivata da una vocazione vissuta con entusiasmo nella quotidianità. Mi limito ad alcuni spunti di riflessione suggeriti dal primo di questi incontri, quello con il padre maestro Marco Vianelli che ci ha augurato di sperimentare nel pellegrinaggio il riposo nel Signore e la pace del Signore risorto. Nell’accompagnarci alla scoperta di una spiritualità francescana per l’oggi, ha scelto quattro parole chiave: la prima è mediazione, partendo dall’importanza dei santuari come luoghi nei quali il Signore ha scelto di rivelarsi e per questo diventati meta dei pellegrini. Il santuario, ha detto, come ogni esperienza di Dio, non è mai “evidenza” ma “mediazione”, perché nel rivelarci qualcosa del proprio mistero, Dio mette un altro velo, si ri-vela. Ha fatto l’esempio di Francesco che nel Cantico a frate sole vede le tracce del Signore; egli ama il creato perché tutto ciò che lo circonda gli ricorda qualcosa del Creatore. La mediazione è quindi tipicamente francescana: gli uomini incontrano Dio attraverso mediazioni. Essere francescani oggi significa essere dei “contemplattivi”: che ricercano tracce del Creatore nella creatura non per raggiungere la beatitudine, l’estasi, ma escono da sé per servire l’altro (come nella lavanda dei pie-
di), il fratello così com’è. Il vero frate minore allora è la fraternità, perché l’altro è veicolo dell’amore di Dio per me, è sede della presenza del Signore. C’è un’alleanza con l’altro, ecco perché scelgo di essere minore. La seconda parola è ascolto ed è legata a Santa Maria degli Angeli, perché è qui che Francesco ritirandosi in ascolto capisce la sua vocazione, purificata dalle esperienze precedenti. Ascolta la parola di Dio e la fa sua. Francesco era un uomo fatto preghiera che sapeva ascoltare l’altro nel profondo. Tutti sentiamo, ma ascoltare non è semplicemente sentire. Vi sono alcuni impedimenti all’ascolto: la propria emotività che non dà spazio all’altro, l’abitudinarietà che attraverso la precomprensione dell’altro può diventare pregiudizio. L’altro non ti stupisce più, lo dai per scontato. C’è invece un ascolto del cuore che ama l’altro e lo ama per quello che è. E’ un ascolto di ospitalità che consente all’altro di essere ospitato, cioè accettato. E’ l’accoglienza nella sua vita che il Signore chiede a Marta. Francesco vive la sua relazione col Signore.
più minore ed è la minorità il cuore della fraternità, non il buonismo a tutti i costi. Agli incontri, con Padre Claudio Peraro alla Porziuncola, suor Donatella che ci ha accompagnati alla visita della Chiesa di san Francesco e suor Nicoletta che ci ha trasmesso la gioia della sua vita consacrata a Dio e Padre Riccardo a San Damiano che ci ha introdotti alla spiritualità di Santa Chiara, sono seguite le visite ai luoghi e alle chiese in Assisi, momenti di preghiera e di adorazione. Molti fratelli e sorelle avrebbero voluto più spazio per la preghiera personale. Questo pellegrinaggio è stato anche un forte momento comunitario, fratelli e sorelle che non si vedevano da anni hanno avuto la possibilità di raccontarsi e ritrovarsi e riscoprire il calore e la bellezza della comune vocazione. Abbiamo camminato insieme verso il Signore e questo è ciò che più conta. SANDRO VENTUROLI (nella foto a pag.16)
E la terza parola è restituzione. Francesco gioca la sua vita nella logica della restituzione. Sceglie di diventare povero e quindi di restituire ciò che ha ricevuto dal Signore. E’ un modo di amare, di farsi presente all’altro, l’esperienza di Dio lo tiene con la testa diretta verso l’altro. In questo tempo questa parola è un antidoto ad un male molto violento che è l’avarizia, l’ingordigia, che ha portato l’economia a vivere come vediamo attorno a noi. L’avaro è quello che è determinato da quello che ha. Dobbiamo aiutare l’economia a riscoprire la gratuità. La scelta della povertà di Francesco è quella di parlare una lingua diversa rispetto a quella del commercio allora nascente che non era più nella logica del baratto ma dell’obbligazione. Francesco si muove nella logica nella restituzione per essere sempre
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Non c’è Chiesa senza
Eucarestia Dal VII Incontro Mondiale delle Famiglie la relazione del cardinale Sean O’Malley.
Contraddistinta da frequenti rimandi autobiografici e da poche, ma efficaci, citazioni del Magistero, la relazione del cardinale O’Malley (nella foto a lato) ha sottolineato l’importanza della festa – segnatamente dell’Eucarestia – per la vita della comunità cristiana, chiamando in causa, di conseguenza, la responsabilità educativa dei genitori in tale direzione. «Il sacrificio della Messa, è, per noi cattolici, un pasto familiare – ha aggiunto -. È lì che noi facciamo esperienza dell’amore di Dio e impariamo la nostra identità; chi siamo, perché siamo al mondo e cosa fare della nostra vita. Non andare a Messa è come smettere di respirare». O’Malley ha citato la dichiarazione di un preside di una scuola cattoli-
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Voi - ha detto il cardinale ai genitori in sala - siete i primi maestri della fede per i vostri figli
ca americana - «Sono cresciuto in una famiglia dove andare a Messa la domenica era più o meno un’opzione come il respirare» - commentandola così: «Non si trattava di una questione di genitori autoritari o di pressione sociale; era piuttosto la convinzione di quanto importante fosse l’Eucarestia domenicale per la nostra identità e la nostra sopravvivenza».
Il primato del Giorno del Signore nella vita di fede – ha sottolineato O’Malley – è lo stesso del “Sine Dominico non possumus” dei primi cristiani. La centralità dell’Eucarestia festiva nella vita cristiana è tale che – ha continuato l’arcivescovo di Boston - «un metro per misurare il successo della nostra evangelizzazione deve essere la fedeltà dei nostri parrocchiani all’Eucarestia domenicale. L’Eucarestia è memoria viva di Cristo, raduna la Chiesa attorno alla mensa e plasma la vita quotidiana delle persone e della comunità. Citando Papa Benedetto XVI (“La domenica è (...) un tempo in cui i cristiani scoprono la forma eucaristica che la loro vita è chiamata ad avere”), il cardinale ha sottolineato come «il modo con cui celebriamo la domenica determinerà il modo con cui vivremo il resto della settimana», dal momento che «è il marchio
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dell’identità cristiana». Ecco perché, prioritaria per la pastorale, è la riscoperta della Messa festiva come centro propulsore del dinamismo cristiano, chiamato poi a dispiegarsi nel resto della settimana. La partecipazione all’Eucarestia, infatti, ha detto O’Malley, ridesta la Chiesa alla sua vocazione di realtà “estroversa”, proiettata verso il mondo. In una parola: missionaria. «Il nostro compito – per dirla con le sue parole - è di trasformare ‘consumatori’ in discepoli e maestri». Tutto questo non può che partire dalla famiglia “piccola Chiesa”. In famiglia i figli imparano il valore della Messa, vengono educati alla partecipazione all’Eucarestia non come una “cosa da bambini”, ma un gesto che riguarda la famiglia nel suo complesso. Anche se oggi il ritmo della vita si è accelerato, anche se «molte famiglie hanno un calendario più pieno, più febbrile di domenica che durante i giorni della settimana» (a causa di sport, hobby ecc.), la famiglia non può sottrarsi a questo compito. «Voi ha detto il cardinale ai tantissimi papà e mamme in sala - siete i primi maestri della fede per i vostri figli. Il vostro esempio di fedeltà alla Messa domenicale, la preghiera e la moralità parlano più eloquentemente dell’omelia di qualsiasi sacerdote. Quando dei bambini vedono che i genitori amano la Messa domenicale anche loro cresceranno amandola». Ancora: «La ragione per cui partecipate alla Messa domenicale come famiglia e la ragione della loro istruzione nella fede a scuola o al catechismo è uno dei doni più importanti che potete fare ai figli». Non è un compito facile, certo. «Viviamo in un tempo in cui la gente è confusa, ferita e piena di paura». Ma – ha concluso il cardinale - «prego perché il nostro amore per la Messa e lo stupore per l’Eucarestia aumentino. Facciamo quello che i due discepoli sulla via di Emmaus hanno fatto. Affrettiamoci a dire al mondo che Cristo è vivo».
In queste fotografie alcuni momenti del VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Milano, 28 maggio - 3 giugno 2012
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XI° CONGRESSO,
invito alla MISSIONE 25 - 26 - 27 e 28 aprile 2013
Con lo scritto dal titolo “XI Congresso, invito alla Missione”, pubblicato qui di seguito, il Responsabile generale della Comunità del Piccolo Gruppo di Cristo, Giancarlo Bassanini, apre ufficialmente il cammino pubblico preparatorio dell’appuntamento che nei giorni dal 25 al 28 aprile 2013 vedrà convenire presso la sede centrale di Desio i delegati congressuali indicati dalle cinque Comunità locali presenti in Italia (tre in diocesi di Milano, una a Treviso e una a Roma). Per singolare e significativa coincidenza, il cammino di preparazione pre-congressuale coincide con due eventi ecclesiali di portata universale: l’Anno della Fede e il Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione, indetti dal Papa ed entrambi al via nel prossimo ottobre. Inoltre, ricorrono quest’anno due anniversari: il 50° di apertura del Concilio Vaticano II e il 20° di pubblicazione del Catechismo della Chiesa cattolica, eventi centrali della storia recente della Chiesa e del suo impegno apostolico. Per la Comunità del Piccolo Gruppo di Cristo - come scrive il Responsabile Generale nel testo qui di seguito - “è tempo di mettersi in cammino” in comunione con la Chiesa per testimoniare il dono di grazia ricevuto e annunciare, o ri-evangelizzare quegli ambienti che si sono dimenticati di Cristo e del suo messaggio di amore. Care sorelle e cari fratelli, sento vivo nel cuore l’invito del Signore ad andare ad annunciarlo e a testimoniarlo, fosse anche oltre i nostri confini. Il tema missionario è reso più urgente dalla convocazione del prossimo sinodo dei vescovi, sulla nuova evangelizzazione e dovrebbe essere avvertito con particolare intensità dalla nostra comunità, perché la missione (di gente comune fra gente comune) fa parte essenziale del nostro carisma. Il Piccolo Gruppo è stato infatti chiamato ad annunciare quello che vive. Quindi noi dobbiamo accogliere il dono del Vangelo e ci dobbiamo impegnare a restituirlo creativamente, camminando da monaci del-
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le strade lungo i sentieri del mondo, come piccoli evangelizzatori, ma con il cuore rivolto al Signore. Continuare a stare dove siamo, dopo cinquantacinque anni di storia, non sarebbe più radicamento e prudenza, ma immobilismo e stallo che minaccerebbe ogni dinamismo evangelizzatore e indicherebbe una crisi di fede. È tempo di metterci in cammino, disposti ad attraversare le frontiere non solo geografiche, ma antropologiche, culturali, religiose, e capaci di parlare un linguaggio comprensibile al mondo attuale, incarnando il messaggio evangelico nei diversi contesti nei quali il Signore ci chiama.
1. L’evangelizzazione e i suoi presupposti Chiunque abbia fatto esperienza del Risorto non la può tenere per sé, ma
la deve comunicare, anzi, restituirla agli altri. La nuova evangelizzazione consiste nel ripresentare la fede a partire da un’esperienza intensa che qualifica la propria identità e coinvolge tutta la persona. Questo conduce a scoprire il vero “io” che ciascuno è chiamato ad essere, permeando di passione, fantasia, creatività, dedizione e generosità evangelica non solo il nostro impegno di apostolato, ma anche la nostra normale vita personale e familiare, in qualsiasi fase della vita, persino nella malattia e nella debolezza fisica. Rispondere alla chiamata della nuova evangelizzazione vuol dire sentirsi chiamati, conquistati ed esortati dal Signore che, come tanti profeti minori, ci tira fuori dal nostro piccolo mondo, fatto di piccole o grandi sicurezze, e ci pone di fronte ad un
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mondo mendicante di senso, di sete di pienezza, con l’unica certezza che Egli ci precede e ci sussurra: “Vedi, io ti mando, non temere, io sarò sempre con te”. Se questo non fosse, sarebbe la missione stessa che ne verrebbe compromessa. Ho incontrato a volte sorelle e fratelli che, pur spendendosi per tante attività direttamente o indirettamente missionarie, cercavano in realtà la propia auto-realizzazione: alla fine hanno trovato soltanto un profondo vuoto interiore ed una forte sensazione di aver perso tempo. Al contrario, ne ho incontrati altri che, coscienti di obbedire ad una chiamata, si sono impegnati senza riserve alla restituzione del dono del Vangelo e pur sentendosi servi inutili, come ogni lavoratore nella vigna del Signore, hanno visto come il Signore stava facendo crescere il seme del Vangelo fino a portare frutti abbondanti.
Solo quando la Parola arde dentro di noi, come nel caso dei discepoli di EMMAUS, si corre ad annunciare con la vita la Buona Notizia del Vangelo di Gesù (Lc 24, 32-33). E senza timore verso chi può uccidere il corpo, ma non l’anima (Mt. 10,28), con nuovo ardore, audacia e coraggio, obbedendo a Dio anziché agli uomini (At. 4,19) daremo testimonianza di Lui, che dopo la passione e la morte, è stato posto alla destra del Padre e vive per sempre (Cf. 3,15). E allora, i nuovi metodi richiesti dalla nuova evangelizzazione non si faranno attendere.
dare senso pieno alla nostra vita, di sperimentare la salvezza. Come disse il papa Giovanni Paolo II, celebrando il millennio della prima evangelizzazione della Polonia, è giunta l’ora di una nuova evangelizzazione: ossia una missione a popoli e persone che già hanno una tradizione cristiana e magari pure una abituale pratica religiosa, ma che hanno dato erroneamente per scontata la fede. La nuova evangelizzazione inizia in ciascuno di noi, quando ci lasciamo abitare dal Vangelo, consentendo che esso cambi il nostro cuore, come cambiò il cuore di Francesco.
Detto in breve, passione per Cristo e passione per l’umanità: ecco cosa richiede l’evangelizzazione. Né la prima senza la seconda, né la seconda senza la prima. Di qui, l’urgenza di uscire dal rilassamento spirituale: è giunto il momento di risvegliarsi dal sonno, di
2. Esperienza di Dio e passione per Cristo Ma come annunceremo Dio se prima non avremo creduto e vissuto in lui? Solo una forte esperienza di Dio ci renderà veri evangelizzatori.
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3. Con cuore leggero e senza lacci ai piedi Cosa possiamo fare noi in concreto? Tanto per cominciare, dovremmo trovare noi per primi parole di speranza nonostante i tempi difficili nei quali ci troviamo, motivi per continuare a camminare, con passo leggero e senza lacci ai piedi, per proporre agli altri quello stesso cammino di speranza. Dovremmo poi suscitare le domande di coloro che cercano il Signore (e sono tanti!), e poi offrire loro risposte non solo dottrinali, ma vissute, anzi ricche di “esperienze di vita”. La nuova evangelizzazione non può certo realizzarsi con slogan o luoghi comuni: ha bisogno di testimoni che comunichino
quello che hanno vissuto, udito, toccato (1° Gv. 1, 1-3); ha bisogno di testimoni che non si uniformino al contesto sociale attuale per paura di essere rifiutati. Come ha scritto Papa Benedetto XVI indicendo il prossimo anno della fede, siamo in “una crisi che ha toccato molte persone”; e dobbiamo riconoscere che qualche volta ha toccato anche noi come persone e come gruppo. In una situazione del genere non possiamo permettere che il sale diventi insipido e che la luce rimanga nascosta (Mt. 5, 13-16). Solo così potremo vedere la società secolarizzata non come una minaccia, ma come una opportunità, come un nuovo areopago per annunciare il Dio vivo e vero, quel
Dio che, sconosciuto da molti, tuttavia costituisce il senso ultimo, pieno e definitivo di ogni essere umano.
4. Alcune tracce operative Ma come annunciare oggi il Vangelo? • Restando fedeli al nostro carisma fondativo ma sapendolo reinterpretare alla luce dell’oggi che muta. • Restando fedeli alle nostre pratiche di pietà, ai nostri voti di povertà, castità ed obbedienza, restando aggrappati a coloro che ci accompagnano e ci aiutano a leggere spiritualmente che quanto ci accade nella vita non è una disgrazia, ma è ciò che Dio permette per la nostra santificazione; crescendo non nei vizi, ma nelle virtù; vivendo alla presenza di Dio in uno stato di progressiva unione mistica con Lui. Restando fedeli alla piccolezza e invisibilità che tanto ci rende simili a Lui. • Facendoci eco della Parola di Dio, parlando con Dio, parlando di Dio, dando voce a quel Dio che sembra rimanere silente e molte volte sembra non ascoltarci. • Diventando anche noi silenzio eloquente. • Ascoltando l’uomo d’oggi tanto bisognoso di essere ascoltato e di ascoltare Dio. • Diventando espressione di quella gioia che, come diceva Léon Bloy, “è il segno infallibile della presenza di Dio”. Non c’è vera evangelizzazione se il Vangelo non è annunciato come buona notizia! La nuova evangelizzazione sia per noi una ulteriore occasione per conoscere, servire e amare non qualcosa, ma Qualcuno: la persona di Gesù – nostro fratello Dio. Giancarlo BASSANINI (nella foto a pag.22)
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Essere già Santi, oggi
Qualche giorno fa sono stato alla Messa in ricordo di Stefano, marito e padre di quattro bambini, morto di tumore al cervello cinque anni fa. E’ stata una celebrazione semplice, feriale. Una Messa come tutte le messe, di tutti i giorni, di tutte le parrocchie, durante le quali si ricordano i cari defunti. Il nodo allo stomaco me l’hanno però dato tre dei suoi figli che facevano i chierichetti in quella Messa. Vederli lì, con la loro mamma, a pregare per il loro papà mi ha fatto commuovere profondamente e non vi nascondo che la stessa sensazione la provo ora scrivendo di questo ricordo. Tornando a casa, quella sera, facevo fatica a mettere insieme un pensiero preciso; erano davvero tante le emozioni che si mescolavano alle frasi che con fatica cercavo di condividere con Cristina. In quei volti ho letto le parole di Paolo che a Timoteo dice di aver combattuto la battaglia e di aver mantenuto la fede. E’ una frase che ho sempre immaginato sulle labbra di un uomo anziano che fa il bilancio della propria vita e faccio fatica ad accettare che siano quei bambini a dire oggi, con la loro vita, quelle parole. Sicuramente Stefano è già Santo tra i Santi, per la sofferenza vissuta
alla luce della fede e per la conversione del cuore di tutti coloro che a lungo hanno pregato per lui. Ma Santi, oggi, sono già sua moglie e i suoi quattro figli, perché non c’è altro modo per chiamare un bambino che a sei anni perde il suo papà e che oggi, dopo cinque anni, riesce a rivolge al Signore una preghiera di ringraziamento. La fede, la forza e la serenità di questa famiglia sono disarmanti. Sono la testimonianza di un Amore più grande di qualsiasi altra cosa si pos-
sa immaginare. Sono l’esempio di come la preghiera tenga uniti ed al contempo unisca al Signore che, col Suo amore, ricolma il cuore di chi si affida a lui. Ringrazio il Signore per questa Santa famiglia che, attraverso una vita fattasi preghiera, è d’esempio ed aiuto alla mia povera e fragile fede. Continua, o Signore, a custodirli nel tuo Amore. GIACOMO GALLI (nella foto in alto)
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Aspirantato Chiamati per stare con Gesù Lettera dell’Incaricata Generale dell’Aspirantato Carissimi Incaricati Locali dell’Aspirantato, Collaboratori e Aspiranti. In questo giorno di Festa, dedicato alla natività di San Giovanni Battista, in attesa di rivedervi alla settimana comunitaria, mi rivolgo a voi nel nome di Cristo Gesù; con cuore materno, e nella pochezza del mio essere cercherò di rendervi partecipi di alcune brevi riflessioni che la festa odierna ha fatto scaturire nel mio cuore. Leggendo il Vangelo che riguarda San Giovanni Battista, fissando lo sguardo interiore su questa “montagna della fede” che il Signore ha voluto come suo precursore, possiamo ammirare un uomo la cui vita è tutta dedita al servizio di Dio e dei suoi disegni. La fede in Dio spinse Giovanni Battista a lasciare tutto, si ritirò nel deserto per dedicarsi alla missione alla quale il Signore lo aveva designato fin dalla nascita “e tu bambino sarai chiamato profeta dell’Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade”. Quali strade se non quelle dei cuori dei suoi contemporanei? Quali strade se non quelle dei cuori di giovani come voi, “speranza dei nuovi tempi messianici”? Tra coloro che accol-
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sero la sua predicazione alcuni divennero suoi discepoli ed una volta formati e pronti per seguire il “vero Maestro”, egli non esitò ad indicare loro Colui che avrebbero dovuto seguire dicendo: “ecco l’Agnello di Dio” ed essi fidandosi del loro “maestro” seguirono Gesù, “Andarono e videro…e stettero con lui”. Carissimi Aspiranti, oggi anche voi siete “chiamati per stare con Gesù”, oggi state vivendo un tempo di predilezione e di grazia con il Signore, ed oggi anch’io più di ieri sono chiamata a rivolgere al Signore la mia preghiera per voi, affinchè vi sostenga e vi fortifichi nel vostro cammino di sequela dietro di Lui. In questi ultimi tempi sfogliando il giornale o ascoltando i notiziari oppure ascoltando la gente ci si rende conto che stiamo vivendo tempi duri e difficili, viviamo in questo mondo come avvolti nella nebbia e molte persone sembrano brancolare nel buio mentre altre in questo buio fanno i loro comodi a scapito dei semplici e dei bisognosi. In questo difficile momento presente, guardando San Giovanni Battista e cercando di imitarne, anche se pallidamente, la sua passione per Cristo, come ebbi a dirvi in una mia lettera dello scorso anno, vi rinnovo con forza l’appello “Sforzatevi di seguire il Signore, stategli sempre più vicino, rimanete avvinti a Lui e anche se il cammino della vita cri-
stiana talvolta può sembrare pesante e a volte pare non portare frutto”, o peggio, può sembrare che Dio non ci sia, allora è giunto il “tempo della perseveranza”, ovvero il tempo della fede “nuda”, quella fede che crede pur non avendo visto, quella fede spogliata di tutte le certezze e sovrastrutture che spesso ci impediscono di credere e di vedere in semplicità il Signore Gesù, nostro fratello Dio. Dunque, siate perseveranti nella fede e nella preghiera del cuore, in modo semplice, fiducioso e sereno, per poter conoscere meglio e più in profondità il Signore e giungere così ad una piena conoscenza di voi stessi e della volontà di Dio su di voi, questo agire spirituale allontana la nebbia dal cuore e fa splendere nella nostra anima il sole di Dio. Carissimi, non meravigliamoci delle nostre debolezze, delle nostre fragilità, dei nostri peccati verso Dio e verso i fratelli, il demonio è sempre pronto ad allontanarci dall’amore di Dio, egli ci fa trovare il tempo per fare tutto, tutto ciò che piace a lui e a noi, tutto ciò che può farci tralasciare la vita di fede e la preghiera, che è espressione del nostro amore a Dio, egli cerca in particolare di non farci vivere la preghiera del cuore, egli conosce meglio di noi quanto la preghiera sia importante per chi aspira a diventare santo e dunque cerca in tutti i modi di distoglierci da questo tempo d’amore con Dio.
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PREGHIERA DEL CAMMINO Signore, illuminami e guidami nella fede, nella speranza e nella carità. La strada che tu hai percorso sia da me seguita. Tutto ciò che tu ami sia da me amato. Tu, Luce, illumina le mie tenebre. Tu, Forza, sorreggi la mia debolezza. I miei occhi siano i tuoi occhi, le mie mani siano le tue mani, le mie spalle siano le tue. Il mio cuore sia il tuo cuore, affinché i fratelli, tramite la mia umile e fedele presenza, possano incontrare te e, nella fede, vederti e amarti. Signore, prendimi come sono e fammi come tu mi vuoi.
La preghiera fu composta da Ireos nel 1977
Elia sul monte, icona di Mara Zanette.
Seguire Gesù non vuol dire fermarsi alle molte preghiere o belle preghiere, dire tanti rosari, fare adorazioni, meditazioni, pellegrinaggi, liturgie, Dio guarda con occhio di predilezione coloro che lo mettono sempre al primo posto e vivono la vita quotidiana con giustizia, benevolenza, misericordia e carità verso tutti. Il Signore conosce la nostra anima molto più di quanto noi conosciamo noi stessi, quando ci guarda ci vede con gli occhi del Figlio che ha conosciuto la nostra umanità, egli guarda il tempo presente che stiamo vivendo, guarda il mio cuore, il tuo cuore, la mia preghiera, la tua
preghiera sincera e forse anche sofferente, ed oggi io credo che Dio ci ama e continua a rimanere con noi perché trova in noi un cuore accogliente, disposto ad amarlo e a farsi amare, un cuore che sia capace di spalancare le porte del nostro essere per piacergli semplicemente così come siamo. Carissimi, Dio ci ama, desidera fin dall’eternità di farci santi, desidera vederci seduti accanto a lui in Paradiso, ama la preghiera umile e sincera del nostro cuore vissuta nella preghiera della Chiesa, dunque curiamo e rafforziamo soprattutto in questo tempo di riposo tutto il nostro essere: spirito, anima e corpo
non permettiamo agli affanni della vita di soffocaci perché anche le ferie possono diventare un affanno! Nell’attesa di rivederci, vi invito a prepararvi all’incontro con il Signore alla settimana comunitaria come ad un incontro d’amore con lo sposo, dunque prepariamoci bene, perché lì il Signore desidera rivelarsi a ciascuno di noi in un modo totalmente nuovo, perché “le cose di prima sono passate” e sta preparando le nuove. Nunzia D’Addetta (nella foto a pag.26) 24 giugno 2012 Natività di S.Giovanni Battista
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“CON ANIMO SERENO” tradotto in lingua maltese … e presto anche in inglese
Una bella sorpresa e un augurio per il futuro della comunità del Piccolo Gruppo di Cristo: è quanto avvenuto a Roma la sera di lunedì 2 luglio, in occasione dell’incontro degli Effettivi e della Fraternità romane, svolto a casa di Raffaele Tavoloni.
siasmo dei presenti, che hanno ringraziato don Tonio e don Geoffrey, anche per il lavoro ancora in corso e che speriamo possa presto diventare realtà. E’ infatti a buon punto la traduzione dello stesso “Con animo sereno” in lingua inglese.
Abbiamo avuto la gioia di avere come ospiti due preti che possiamo considerare “amici”, anzi qualcosa di più. Da Gozo, infatti, all’inizio di luglio sono giunti a Roma insieme ad un piccolo gruppo di giovanissimi del pre-seminario, don Tonio Galea, che tutti ben conosciamo e che presto arriverà nella città “eterna” come prete “fidei donum” della diocesi maltese, assegnato a una parrocchia ancora da definire. Insieme a lui c’era il suo fraterno amico don Geoffrey Attard, che è l’autore della traduzione dall’italiano in lingua maltese del nostro libro di preghiere “Con animo sereno” (la traduzione del titolo in maltese sarebbe “Con animo gioioso”).
Quando arriverà il volume tradotto nella lingua inglese, che tutti al mondo un poco conoscono, il Piccolo Gruppo di Cristo potrà concretamente ampliare il suo incontro con l’umanità, senza più confini...
I due preti hanno parlato della loro esperienza pastorale e spirituale nella diocesi di Gozo, e don Geoffrey, in particolare, ha illustrato le sensazioni avute leggendo e poi traducendo il nostro libro di preghiere. In particolare ha sottolineato che si tratta di preghiere semplici, ma molto profonde, “centrate su Dio”, che quindi rimandano all’essenziale della fede cristiana: il nostro rapporto personale con Cristo, l’acco-
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Copertina del libro “Con animo gioioso”
glienza del dono dello Spirito Santo, la figliolanza divina vissuta con serenità e fiducia. Ha anche affermato che il volume di preghiere può aprire strade inesplorate nei rapporti ecumenici con i fedeli ortodossi e anche protestanti, oltre ad offrirsi come fonte di rigenerazioni spirituale per i cristiani di Malta che vivono una religiosità molto diffusa e radicata, tuttavia bisognosa di maggiore profondità spirituale. Don Geoffrey ha anche apprezzato il fatto che l’ispiratore e autore di numerose preghiere contenute nel libro, il nostro caro Ireos, non cerchi una personale visibilità ma in realtà “scompaia” dietro le orazioni e lasci spazio al vero protagonista della vita spirituale: cioé il Signore. Tutto questo ha rafforzato l’entu-
Un primo esempio pratico è venuto da Cinzia Braccia, di Roma, che durante la serata ha riferito della richiesta giunta ripetutamente dai suoi parenti in Australia. In particolare le cugine, che fanno le catechiste nella loro parrocchia nella lontana “terra dei canguri”, chiedono di poter avere qualche valido libro a tema religioso e spirituale, da poter usare o suggerire ai parrocchiani, giovani e anziani, per la preghiera personale e la meditazione. Speriamo che giunga presto, quindi, la versione inglese di “Con animo sereno”, così da poterle accontentare. L.C.
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A MARIA Maria, Madre di Cristo e Madre della Chiesa, benedici noi tuoi figli e volgi a noi un particolare sguardo di bontà che ci aiuti a realizzare totalmente quella santità stabilita da Dio per ognuno di noi. Tu ci conosci tutti e con il tuo amore materno, ad uno ad uno, puoi accoglierci tra le tue braccia e metterci in soave comunione. Noi ci abbandoniamo a te in ogni nostra necessità, ma anche per chiederti di aprire i nostri cuori ad ogni persona in difficoltà. Stendi la tua mano su di noi e liberaci da ogni male, perché possiamo contemplarti fin da ora e in eterno con tuo figlio Gesù, nostro fratello Dio.
Preghiera a Maria per realizzare la santità stabilita da Dio. La preghiera, composta da Ireos nel 1994 agli Esercizi Spirituali all’eremo di Guarcino, ha un tono sereno, accentuato dal richiamo alla “soavità” della co munione fraterna e a Gesù “nostro fratello Dio”; può essere recitata come antifona per finire gli incontri e il rosario, o interiormente ripetuta per addentrarsi nella spirituale serenità. Come a Cana, anche ora Maria provvede e apre i cuori alle necessità degli altri. [Riferimenti: Mt 11,18 e Lumen Gentium 53 | Mt 11,30 | Gv 2,3-5 | Mt 6,13; Eb 2,11-16 | cf anche le preghiere mariane “Sotto la tua protezione” e “Salve, Regina”]
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Settimana di Comunità 2012 28 luglio - 4 agosto Casa Alpina Piandimaia Scalabrini Villabassa - Via Maistatt 2 - 390939 BZ
Informazioni utili
•Nel giorno di arrivo non è previsto il pranzo (comunicare a Paolo Cattaneo eventuali esigenze particolari). •Il ritrovo ufficiale è per sabato 28 luglio : le camere verranno assegnate a partire dalle ore 14. •Prevediamo di chiudere ufficialmente la settimana di Comunità con il pranzo di sabato 4 agosto. •La casa non provvede a lenzuola e asciugamani. •è possibile usare la lavatrice con discrezione (si richiama al buon senso di ciascuno perché la si utilizzi razionalmente: il carico non sia né eccessivo né minimo!). •Cercheremo di favorire la sistemazione dei partecipanti secondo le concrete possibilità della casa. •è necessario segnalare per tempo particolari esigenze : lettino da campeggio per i bimbi, se ci sono particolari esigenze alimentari, altro... . •Per informazioni rivolgersi a Paolo Cattaneo ( 340 6310505 – piccologruppodicristo@gmail.com ).
NUMERI utili
•Responsabile della Casa: P. Domenico Colossi •Coordinatrice per l’accoglienza: Giovanna Barontini cell 348.6484356 •Nel periodo Giugno-Agosto anche tel. +39.0474.745138
Prossimi appuntamenti da ricordare:
• 28 luglio - 4 agosto : Settimana di Comunità a Villabassa (BZ) • 25 agosto - 28 agosto : Esercizi spirituali presso Casa Incontri Cristiani a Capiago (Como) • 30 Agosto 1982 - 30° anniversario della nascita al cielo di Sabatino Jefuniello
ESPERIENZE DI VITA, LA RIVISTA è ON LINE Gli appartenenti al Piccolo Gruppo di Cristo hanno la possibilità di accedere al sito internet www.piccologruppo.it e poter leggere la rivista “Esperienze di Vita” direttamente in rete, cioé senza avere materialmente tra le mani la stessa rivista in formato cartaceo. Anche un qualunque visitatore del sito internet può farlo. Naturalmente occorre che qualcuno lo guidi a conoscere il sito e lo invogli a leggere le pagine della rivista. Considerato che ogni copia cartacea della rivista ha un certo costo, sarebbe opportuno da un lato invogliare gli appartenenti al P.G.C. a leggere la rivista su internet. La rivista in formato cartaceo che ognuno di noi riceve può diventare un dono a qualche familiare, amico o conoscente che possa avere un interesse per il discorso religioso e di vita evangelica, e che magari si intende avvicinare al “Gruppo”. L’ANGOLO DEI LIBRI, UNA NUOVA SEZIONE SU WWW.PICCOLOGRUPPO.IT Da qualche settimana al sito internet www.piccologruppo.it è possibile consultare brevi recensioni di libri che ben si inseriscono nel cammino della comunità e nei periodi forti dell’anno cristiano. Trovate questa nuova sezione alla pagina Esperienza di Vita cliccando su L’angolo dei Libri - In evidenza. Buona lettura! La redazione di EDV Tutti i contenuti sono di proprietà del Piccolo Gruppo di Cristo - copyright 2012 © - È espressamente vietata la riproduzione
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Milano, La celebrazione eucaristica presieduta dal Santo Padre, Benedetto XVI in occasione del VII Incontro Mondiale delle Famiglie.
www.piccologruppo.it 32