EDV 159 - Chiamati a essere missionari. Uscire dalla porta per conoscere e incontrare.

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EDV Periodico della Comunità il Piccolo Gruppo di Cristo | n°. 159 - anno XXXV | Dicembre 2013

esperienze di vita

CHIAMATI

A ESSERE

MISSIONARI

Uscire dalla porta per cercare e incontrare.

EDITORIALE Una comunità educante: “Amare il prossimo”.

ATTUALITà Riconoscere il Signore nella propria vita.

IN COMUNITà La festa dell’Eremo: un cammino che si rinnova.


Sommario EdV • dicembre 2013

Come laici e cristiani comuni, come Comunità siamo sollecitati in questi tempi di veloci cambianti e di scelte personali a testimoniare in modo sempre più coerente e coraggioso la nostra fede, il nostro credo in Gesù Risorto. Anche Papa Francesco con i suoi scritti ci pone di fronte al tema: come essere missionari oggi.

EDITORIALE

IL VOLTO DEI SANTI

pag.4 Una comunità educante Giancarlo Bassanini

pag.12 La luce vince le tenebre

ATTUALITà

Rosalba Beatrice

pag.6 Missionarietà tra fede, cultura e quotidianità Giorgia Evangelisti

CHIESA NEL MONDO

pag.8 Il coraggio di andare controcorrente. Amare il prossimo Elena Rossi

pag.14 Rivedere il nostro modo di essere cristiani Luigi Crimella

pag.10 Riconoscere il Signore dentro le periferie della nostra vita Mikiko Moriguchi e Emiliano Gigliotti

Esperienze di Vita: attenti a offrire un servizio sempre attuale Come vedete EDV si rinnova nel formato, nell’impaginazione e nel desiderio di offrirvi una comunicazione attenta, intessuta di esperienze di vita che ci permettano di riflettere e trovare spunti per meditare. Andiamo avanti fiduciosi, aperti alle novità che incontreremo.

redazione EDV

info PGC

Giovanni Cattaneo Luigi Crimella Rosalba Beatrice Paolo Cattaneo Giorgia Evangelisti

Il Piccolo Gruppo di Cristo Via San Pietro, 20 20832 Desio, MB

PROGETTO GRAFICO Paolo Cattaneo

SEGRETERIA segreteria@piccologruppo.it segreteria.pgc (+39) 0362 621651 (+39) 0362 287322

edv@piccologruppo.it

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Appuntamenti della Chiesa Universale 1 gennaio: 47° Giornata della pace 16 gennaio: 25° Giornata per lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei 18-25 gennaio: Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

2 febbraio: 18° Giornata della vita consacrata 2 febbraio: 36° Giornata per la vita 11 febbraio: 22° Giornata del malato

IN COMUNITà

pag.17 La spiritualità in un opera d’arte Mara Zanette

pag.29 Sì Signore, ti voglio bene Gianna Urbani

pag.18 La festa dell’Eremo: più Amore, più Fede Ivo Di Gaetano Giovanna Mestriner Valter Coti Alessandra De Rosa Antonio Cianfrone Rita Randazzo

pag.24 Una vita che si fa preghiera

in RETE

pag.30 Chiesa e Internet. Storie, novità e applicazioni dal mondo della rete

Valter Coti

Pensiero SpirItuale Benedetto XVI, Omelia, 27 novembre 2010 Proprio il mistero grande e affascinante del Dio con noi, anzi del Dio che si fa uno di noi, è quanto celebreremo nelle prossime settimane camminando verso il santo Natale. Durante il tempo di Avvento sentiremo la Chiesa che ci prende per mano e, ad immagine di Maria Santissima, esprime la sua maternità facendoci sperimentare l’attesa gioiosa della venuta del Signore, che tutti ci abbraccia nel suo amore che salva e consola. […] Dio ci ama in modo profondo, totale, senza distinzioni; ci chiama all’amicizia con Lui; ci rende partecipi di una realtà al di sopra di ogni immaginazione e di ogni pensiero e parola: la sua stessa vita divina. […] Credere in Gesù Cristo comporta anche avere uno sguardo nuovo sull’uomo, uno sguardo di fiducia, di speranza.


EDITORIALE

formazione permanente: camminare con cuore aperto verso il prossimo. Care sorelle e cari fratelli, desidero rendere grazie al Signore ed anche a tutti Voi per il lavoro svolto nel corso di quest’anno che sta per concludersi. A primavera abbiamo celebrato il nostro XI Congresso Generale Ordinario riflettendo da un lato sulla opportunità di rimanere fedeli al carisma di fondazione e alla nostra spiritualità e dall’altro di aprirci verso la missionarietà. In quell’assise abbiamo rinnovato il Consiglio Generale favorendo quel ricambio generazionale da tempo invocato e assai utile per ringiovanire e rinvigorire la nostra Comunità e renderla sempre più attraente nei confronti delle giovani generazioni. Sul finire dell’estate abbiamo celebrato i Congressi Locali durante i quali abbiamo rinnovato i Consigli Locali e nominato i nuovi Responsabili delle cinque Comunità Locali. In autunno abbiamo ravvivato e rinnovato i nostri voti al Signore vivendo le Feste dell’Eremo. Abbiamo reso grazie al Signore per il suo costante accompagnamento nonostante i nostri piccoli o grandi tradimenti. Ancora una volta Lui ci ha rapiti, portati in disparte ed ha parlato ai nostri cuore facendoci percepire quanto ci ama e quanto ci avvolge con il suo amore misericordioso. Il Consiglio Generale per l’anno 2013 - 2014 ha varato le seguenti linee guida per il nostro annuale programma di formazione permanente. Una rimeditazione della Imitazione di Cristo da attuarsi principalmente nei nuclei e l’approfondimento del Magistero di Papa Francesco da attuarsi nelle domeniche di Comunità, a partire dal prossimo mese di gennaio. Nel mese di novembre e di dicembre invece mediteremo insieme l’enciclica “LUMEN FIDEI” aiutati

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Una comunità educante

di Giancarlo Bassanini [responsabile generale]

Uno scorcio del salone degli incontri a Desio, casa della Comunità. da Don Michele Aramini. Per conoscere il cuore di Papa Francesco e le motivazioni spirituali che reggono il suo agire e il governo della Chiesa, a mio avviso, è indispensabile seguire il suo asse preciso: il primato di Dio e del Vangelo. Egli intende la Chiesa come il popolo fedele di Dio, CHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

dove i fedeli hanno il compito personale del discernimento fino a giungere alla coscienza di essere peccatori amati dal Signore Gesù. Bisogna tenere presente che il Papa è un gesuita e che Sant’ Ignazio era un mistico e non un asceta. Per vivere


nelle periferie esistenziali, come sovente Lui ci richiama, bisogna essere contemplativi attivi e questo richiede molta umiltà, sacrificio e coraggio, specialmente quando si vivono incomprensioni. Il Papa è uomo di preghiera, un uomo che passa molto tempo in preghiera. Egli invita tutta la Chiesa, quindi anche noi, a porsi sulla strada della missione, ad andare all’essenziale, a privilegiare il Vangelo rispetto alle norme (senza trascurarle), e a riscaldare i cuori. Per Lui i consacrati devono essere profeti, coloro che hanno scelto di vivere alla sequela di Gesù, che imitano la sua vita attraverso i voti di obbedienza al Padre, la povertà e la castità. Il voto di castità deve essere un voto di fecondità. Il Papa ci invita ad essere lievito. Leggendo il messaggio del Papa per la giornata missionaria mondiale di quest’anno ho avuto la percezione che Egli ha una visione di Chiesa che non è prima di tutto istituzione, ma comunità che ha conosciuto l’amore di Dio e lo testimonia nella vita. Egli richiama tutti noi alla gioia di evangelizzare, ad affidarsi alla misericordia di Dio. Stella polare di questo pontificato è l’invito al coraggio nell’uscire dal recinto per andare là dove c’è chi attende a vario titolo l’annuncio della speranza, della gioia e del senso bello della vita. Credo che Egli abbia una visione nuova e un programma pastorale che, pur nella continuità della Tradizione, non sarà quello degli ultimi papi. Il Papa ci invita a non avere paura di essere generosi con il Signore. Egli vuole rinnovare e ringiovanire la Chiesa di Dio con la freschezza della missione. A me pare che il suo magistero sia l’alveo lungo il quale noi dobbiamo incamminarci incontro al Signore che viene, con cuore aperto e amante verso tutto il nostro prossimo.

L’enciclica “Lumen fidei” «La fede illumina l’esistenza»

Benedetto XVI l’ha cominciata nel 2012, in occasione dell’Anno della Fede da lui istituito. Dopo le dimissioni, ha consegnato gli appunti estesi di quella che diventerà l’enciclica Lumen Fidei al suo successore. Ad appena quattro mesi dalla salita al soglio petrino, Francesco l’ha terminata. Lumen Fidei, “La luce della fede”, è la prima enciclica scritta da due pontefici. Con Deus caritas est (gennaio 2006) e Spe salvi (novembre 2007) completa la trilogia di encicliche dedicate alle virtù teologali (carità, speranza, fede). Lumen Fidei si compone di un’introduzione, quattro capitoli e una conclusione. L’introduzione illustra il senso dell’enciclica: la fede è la luce che illumina l’esistenza. Che ne indica la direzione. Che permette di distinguere tra bene e male in un contesto dove la distinzione appare sempre più sfumata. E sostiene il sapere autentico, che sta sotto alla superficie e a una ragione che da sola non basta. La fede non è un’illusione né un azzardo, ma la capacità di guardare con occhi nuovi e sperimentare la pienezza dell’esistenza: “Chi crede”, scrive il Santo Padre, “vede”. Il primo capitolo dell’Enciclica Lumen CHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

Fidei (“Abbiamo creduto all’amore”) ripercorre la storia della fede dalla “chiamata” di Abramo (che esce dal suo “io egotico” per aprirsi a una vita “nuova”, segnata dalla speranza) e del popolo di Israele per arrivare alla Risurrezione e alla diffusione della Chiesa. Il secondo (“Se non crederete, non comprenderete”) tratta il rapporto (stretto, essenziale) tra fede e ragione: “La fede senza verità non salva. Resta una bella fiaba, la proiezione dei nostri desideri di felicità”. Al di là della verità misurabile e quantificabile o di quella personale, costruita su misura di se stessi, ne esiste una più profonda, una “verità grande”: quella di Dio. Il terzo (“Vi trasmetto quello che ho ricevuto”) affronta il ruolo della Chiesa, e dei cristiani, nella diffusione della fede. Sottolinea l’importanza, e per certi versi l’ineluttabilità, dell’evangelizzazione: chi si è aperto all’amore di Dio non può tenerlo per sé. Anche perché la sua luce gli illumina il volto e si diffonde come una fiamma. “Chi crede”, dice il pontefice, “non è mai solo”. Sperimenta l’amore. Partecipa dei Sacramenti. Forma una Comunità viva e feconda. Il quarto capitolo della Lumen Fidei (“Dio prepara per loro una città”) prende in considerazione il ruolo della fede e la sua funzione propositiva nella costituzione di una società che mira al bene comune. La fede non porta al disimpegno, al contrario: senza l’amore di Dio, i rapporti umani (da quelli matrimoniali a quelli politici) sarebbero fondati sull’interesse, l’utile o la paura. La fede ne coglie il fondamento ultimo e la destinazione finale. E “ci aiuta a edificare le nostre società, in modo che camminino verso un futuro di speranza”. La fede, celebrata nella preghiera finale alla Madonna, è ciò che dà senso e significato alla nostra esistenza. Senza, restiamo al buio.

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ATTUALITà

COLTIVARE UNA vera “RELAZIONE DI VITA”. L’ESPERIENZA DI UN’insegnante.

Missionarietà tra fede, cultura e quotidianità di Giorgia Evangelisti

Credo che nel mio cuore ci sia molto di più di quello che potrei esprimere a parole, così vorrei cominciare a condividere la mia esperienza di vita, riguardo il senso della missionarietà, partendo da chi ha saputo riempirla di stupore e di gioia inesprimibile: Gesù. Proprio da qui, infatti, ha avuto e ha inizio ogni giorno la mia conversione e quella sequela che nella famiglia, nel lavoro, nel tempo libero mi donano la grazia di scoprire la bellezza del terreno della sacralità di ogni persona e mi spingono a sperimentare l’armonia fra fede, cultura e vita quotidiana nella ricerca del Regno di Dio. “Per grazia infatti siete stati salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio” (Ef 2,8). So che ogni mio passo è precedu-

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CHIAMATI A ESSERE MISSIONARI


to da chi mi ama, da chi mi apre le porte per conoscere il Padre, da chi mi chiama ad una “relazione di vita”. Questo alimenta in me il desiderio di trasmettere i doni ricevuti e di coltivare nella preghiera un dialogo d’amore attraverso il quale è riconoscibile la dignità umana nel disegno di salvezza. Un cammino entusiasmante che, pur nella mia riservatezza, mi spinge ad andare oltre, ad uscire da me, per abitare i cuori delle persone che incontro. Sì, Dio ama davvero e questa chiamata profonda e misteriosa non può essere trattenuta. Va condivisa, al contrario, con quello stile evangelico di umiltà, di semplicità, di delicatezza e di rispetto e con quella responsabilità missionaria che il Signore mi insegna costantemente con passione. Per me, così, oltre al contesto familiare, comunitario e ordinario, Gesù ha scelto, in particolare, l’universo dei bambini e delle loro famiglie per esprimere l’amore che lo lega al Padre e allo Spirito Santo. La maggior parte del tempo delle mie giornate, infatti, lo trascorro in una scuola cattolica dove lavoro, nella periferia est di Roma, Centocelle, quartiere dove sono nata e tuttora vivo. Una lettura del tempo mi ha aiutata ulteriormente a discernere un cammino da percorrere: “l’emergenza educativa” in atto nella società complessa e l’impegno profuso dal Magistero della Chiesa, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II, nel segnalare le sfide educative che attendono prospettive di lavoro adeguate e significative. Dodici anni fa, in realtà, non avrei mai pensato di lavorare come insegnante nella scuola elementare dove sono anche cresciuta. Mi sono affidata per una serie di circostanze e oggi penso che i progetti del Signore erano e sono di certo migliori dei miei: mi sono ritrovata a collaborare con Lui nella promozione della persona e con molte famiglie nell’educa-

zione dei loro figli. Vivendo, poi, nello stesso quartiere mi capita spesso di condividere parte della mia e delle loro vite anche al di fuori del contesto scolastico: dalla parrocchia, al supermercato o alla sala di attesa del dottore. Un grande dono di Dio: reti di relazioni, le più svariate, intessute con i fili della fiducia in Colui che si fa presente in gesti o parole di tutti i giorni; entusiasmo nel tenere desta la memoria della nostra storia e dei valori umani e cristiani; condivisione di ideali, di speranze, di progetti; coraggio nel trasmettere la gioia di vivere e nella fiducia nel futuro alla luce del Vangelo. Un impegno a creare, come ricorda la Gaudium et spes, quello “spatium vere fraternitatis” (GS n. 37°, Paolo VI) che permetta alla persona di realizzarsi in un incontro vero con l’altro e la sua originalità per creare spazi sociali dove poter esercitare nel tempo una cittadinanza attiva e responsabile. In sostanza, formare persone solide, capaci di collaborare e di dare un senso alla propria vita. Una comunità educante, infatti, non può trasmettere del puro sapere, ma cultura che permette di comprendere la condizione umana per aiutare a vivere e trovare il proprio tesoro in ogni momento della vita. “Il frutto che rimane” sarà “quanto abbiamo seminato nelle anime umane: l’amore, la conoscenza; il gesto capace di toccare il cuore; la parola che apre l’anima alla gioia del Signore” (dall’omelia del cardinale J. Ratzinger in apertura del Conclave). Non posso negare che certe volte la tentazione a rinunciare è forte. È generata dalla difficoltà dei tempi, dalla mentalità diffusa a dubitare del valore della persona umana, della bontà della vita, dalle incomprensioni che possono nascere nel posto di lavoro. In questo caso sono proprio i bambini che mi aiutano a non temere, a vivere CHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

di fede, sono lo specchio del volto di Dio fatto di innocenza e spontaneità, di ricerca del bene. Basta un: “Maestra, posso darti la mano!” o sentirli cantare quando la mattina entrano in classe. Mi ricordano e insegnano che l’Amore passa attraverso semplici gesti. Allora riprende quella ricerca dei doni ricevuti e scoperti nella coerenza della propria passione al Vangelo per poter condividere la bellezza della propria vita. Ho ricevuto molto dal Signore e spero, in cuor mio, di avere sempre, con l’aiuto di Maria, la fede che “apre il cammino e accompagna i nostri passi nella storia” (cfr. Lumen Fidei, Papa Francesco) e quella disponibilità ad un servizio gratuito al prossimo, lì, proprio dove il Signore mi chiede di spendermi e nello specifico nella formazione integrale di quelle creature che Lui ha tanto amato e ama, i “piccoli”.

Preghiera per catechisti e insegnanti La Chiesa si attende molto anche da tutti coloro che hanno responsabilità nel campo dell’educazione giovanile. Faccio appello particolarmente ai catechisti, uomini e donne che svolgono la loro importante attività nelle comunità cristiane, vorrei ricordare in proposito quanto ho scritto nella Esortazione Apostolica sulla catechesi: «Per quel che riguarda le vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa, è certo che molte di esse sono sbocciate nel corso di una catechesi ben fatta durante l’infanzia e l’adolescenza». Grande è anche il contributo che può essere dato alle vocazioni dagli insegnanti e da tutti i laici cattolici impegnati nella scuola, soprattutto in quella cattolica che in ogni parte del mondo raccoglie schiere innumerevoli di giovani. La scuola cattolica deve costituire una comunità educativa capace di proporre non solo un progetto di vita umano e cristiano, ma anche i valori della vita consacrata. DAL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II PER LA XXIV GIORNATA MONDIALE PER LE VOCAZIONI (1987)

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ATTUALITà

la testimonianza di una mamma: la luce della fede aiuta a crescere.

Il coraggio di andare controcorrente. Amare il prossimo di Elena Rossi

Come coniugare la radicalità del Vangelo con l’ordinarietà quotidiana di mamma, lavoratrice, consacrata? Dall’Icona Biblica: “... i tuoi occhi non avranno tempo di guardare a te stesso, ma solo di brillare nella gioia e nel pianto degli altri.” Il Signore mi ama da sempre, ma per diversi anni non sono stata consapevole di questo dono meraviglioso. Oggi vivo nella certezza fer-

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ma che il Signore è con me ed io sono del Signore in ogni gesto, relazione e contesto. Così le cose piccole, di tutti giorni, ripetitive, ma mai uguali, sono offerta e servizio per dare gloria al Signore. Cerco quotidianamente di vivere per chi mi sta accanto: figli, sposo, familiari, amici, colleghi, clienti e conoscenti, donando loro un po’ di CHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

quell’amore che anch’ io ho ricevuto. Come essere missionari in famiglia, sul posto di lavoro, nelle amicizie, negli impegni extra-lavorativi? “Siate benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo” (Ef 4,32). Questa parola riassume, per me, concretamente come accostarsi all’altro:


desiderando il suo bene e cercando di capire di cosa ha bisogno veramente. Solo ponendoci in ascolto profondo dell’altro possiamo riconoscere i valori che Dio ha disseminato nel cuore di chi incontriamo. In famiglia, ascolto volentieri i figli e lo sposo quando rientrano da scuola o dal lavoro. Con gli amici condivido con semplicità un pasto o una bella camminata donandoci tempo per il confronto ed il conforto necessari nel ruolo, mai facile, di sposi e genitori. “Essere nel mondo, non essere del mondo”. Quali sono secondo te le tentazioni che spesso ci bloccano nel vivere una vita totalmente affidata al Signore? Per me la tentazione che racchiude tutte le altre è quella che papa Francesco definisce “spirito di mondanità” che può portare tutti, credenti e non, da un lato ad autogiustificare se stessi per avere la coscienza “a posto”, dall’altro a sospettare, diffidare e giudicare il prossimo. Un’altra tentazione è la paura di non essere amati da Dio e dagli altri che porta ad atteggiamenti di vanità, prepotenza, orgoglio ed aggressività. Solo la Parola, la preghiera, l’Eucarestia, il sacramento del perdono ed il colloquio con il responsabile ci possono aiutare a ricomporre gli strappi e le fratture che ci allontanano dall’amore misericordioso del Padre. Nel tuo lavoro ci sono stati momenti in cui ti è stato chiesto di andare controcorrente, di amare il prossimo? Negli ultimi due anni ho lavorato con un direttore che frequentemente mi diceva: “Quante Ave Maria e quanti Padre Nostro fai recitare ai clienti nel tuo ufficio-confessionale?”; “Sei tutta casa e Chiesa!”. Mi invitava a mandare a “quel paese” i clienti. In seguito le derisioni e gli atteggiamenti irrispettosi si sono spostati alla sfera della salute, colpendomi sul vivo per

una malattia che mi ha fatto soffrire per diversi mesi. Ora che tutto ciò è finito mi chiedo: come ho potuto sopportare questo? Solo confidando nell’aiuto del Signore, spesso ripetevo nel silenzio: “Padre perdonalo, perché non sa quello che fa”. Ogni giorno offrivo tutto nell’ascolto della Parola, nella S. Messa, nel S. Rosario e nelle mie confessioni chiedendo l’aiuto di Gesù per vedere l’altro sempre nuovo e per dimenticare le offese ricevute coprendole con l’amore ed il perdono. Papa Francesco ci richiama spesso ad andare incontro ai poveri nelle periferie della vita. Quali sono le periferie che incontri nella tua quotidianità? Nella mia quotidianità sono numerose le occasioni che incontro. Al lavoro ogni giorno incontro padri, madri e giovani disoccupati, cerco di dare loro tutto l’aiuto finanziario possibile (sospensione delle rate, allungamento del mutuo, nuovi prestiti) sempre nel rispetto delle persone e della loro dignità, provando a ravvivare la fiducia e la speranza nel futuro. Con alcune amiche da circa un anno ci incontriamo ogni settimana e passeggiamo sulle mura della città di Ferrara. Dalla condivisione semplice delle nostre paure, fatiche e sofferenze sono scaturiti dei frutti di bene: una di loro è uscita completamente dalla dipendenza da alcool e da una forte depressione, un’altra sta superando la crisi coniugale ed ha ritrovato il dialogo con il suo sposo, un’altra ancora ci ha chiesto di pregare per i suoi problemi di salute. Nell’educazione dei figli: mai giudicare i figli ed i loro genitori (famiglie separate e non), ma in ogni occasione di errore condividere fra adulti le informazioni, a volte parziali e filtrate dall’emotività tipica degli adolescenti ed aiutare i nostri figli ad accettare i propri limiti assumendosi la responsabilità delle proprie azioni. CHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

In parrocchia: pregare per i nostri sacerdoti, anche per coloro che recentemente nella Chiesa locale hanno dato scandalo, continuando ad offrire un servizio semplice nella liturgia. Con il vicinato: non avere fretta quando i vicini di casa hanno bisogno di raccontare e condividere le prove della vita (malattie, lutti, lavoro e relative difficoltà economiche) ed offrire un aiuto discreto e solidale. I poveri davanti alla Chiesa o ai supermercati: spiego loro che non offro denaro, ma mi interesso alla loro persona e alla loro vita e li ascolto volentieri, ci lasciamo con un sorriso e quando ci incontriamo di nuovo ci salutiamo per nome e sono loro che per primi mi chiedono come va. Come possiamo testimoniare la bellezza del Vangelo alle nuove generazioni? La testimonianza del Vangelo più efficace per le nuove generazioni è quella che offriamo quotidianamente con la nostra vita. Come viviamo alla presenza dei nostri figli? Come ci amiamo, rispettiamo ed aiutiamo noi sposi? Come parliamo degli altri (nonni, insegnanti, altri genitori, compagni o amici) in loro presenza: criticandoli ferocemente o riconoscendone il valore pur nella diversità delle scelte educative? Come trattiamo le persone deboli, in difficoltà e bisognose d’aiuto? Come perdoniamo e chiediamo perdono agli altri? Come preghiamo nelle nostre case? Alcuni anni fa una mia cugina, che ha scelto di non battezzare i suoi tre figli, mi criticò vivacemente, perché, secondo lei, obbligavo i miei figli ad andare alla S. Messa ed al catechismo tutte le domeniche. Io le risposi che li invitavo a conoscere di più Gesù e che trasmettevo loro i valori in cui credo: “Dio ci ama. Sì, Dio ci ama per davvero”.

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ATTUALITà

LA FEDE IN FAMIGLIA. l’esperienza di una coppia di giovani genitori.

Riconoscere il Signore dentro le periferie della nostra vita

di Mikiko Morigughi e Emiliano Gigliotti

Il Santo Padre ci ricorda che per essere missionari non contano istituzioni e risorse, ma amare la croce e lasciarsi condurre dallo Spirito. Come riconoscere i segni dello Spirito nella nostra vita? Ogni giorno, sia singolarmente che come famiglia, sperimentiamo il nostro limite ed il rischio è proprio quello di non cogliere, o di cogliere in modo superficiale, i Doni dello Spirito pur essendone avvolti. La presenza del coniuge, la nascita di un figlio, il vicino di casa, la celebrazione di un

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sacramento, un nuovo giorno che nasce, sono tutti doni che riconosciamo come tali solo se lasciamo che il Vangelo sostituisca il nostro modo di pensare e di vedere le cose. Come essere missionari a partire dalla relazioni coniugale e con quella con i propri figli? Quali gesti concreti attuate in famiglia? Pensiamo che l’essere missionari sia un atteggiamento del cuore da chiedere nella preghiera e che poi prende forma nella vita quotidiana. ConcreCHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

tamente cerchiamo di aiutarci reciprocamente a credere che ognuno di noi è veramente un miracolo agli occhi di Dio, e con tutti i nostri difetti e limiti nella relazione familiare cerchiamo di vivere alla luce di questa verità. In una società frammentata, quali sono secondo voi le periferie che incontriamo nella quotidianità? Come riconoscerle? Sono tante le periferie che incontriamo nella quotidianità. Le prime che


incontriamo al risveglio sono quelle presenti nel nostro cuore. Poi usciamo di casa ed incontriamo i fratelli che ci vivono accanto, ognuno dei quali con le proprio periferie da condividere. Spesso non è difficile riconoscerle ma in altri casi possono nascondersi dietro a silenzi che racchiudono dei grandi dolori. Forse non viviamo situazioni di estrema “periferia” come quelle che si possono trovare in alcune città indiane o del Sud America ma sicuramente c’è tanta sofferenza e tristezza in tanti cuori che sono privi di speranza e di gioia di vivere. Oggi, nel dibattito della Chiesa attuale, cresce l’attenzione alla famiglia cristiana come soggetto insostituibile di evangelizzazione, soprattutto in relazione al continente europeo sempre più secolarizzato. Inseriti in questo mistero, come vi sentite consapevoli e partecipi alla missione di salvezza della “periferia” Europa? Sembra bello ricordarci che la Salvezza è già entrata nella storia dell’uomo che è cambiata definitivamente con la nascita, morte e risurrezione di Gesù. Ci sentiamo coinvolti in questo progetto nella misura in cui accogliamo questo amore e cerchiamo di viverlo con chi incontriamo. La cultura del provvisorio ci ha portato a vivere spesso come se Dio non esistesse. Come secondo voi da sposi, genitori e consacrati, si può testimoniare la bellezza del Vangelo e quindi la gioia di essere cristiani? Pensiamo che l’unico modo di testimoniare la bellezza del Vangelo e la gioia di essere cristiani sia quello di viverlo. Quando si incontra qualcuno che è veramente innamorato non c’è bisogno di farlo parlare; basta guardarlo negli occhi ed osservare il suo atteggiamento per capire che ha incontrato una Persona che le ha cambiato la vita per sempre.

Papa Francesco convoca un Sinodo straordinario sulla famiglia nell’ottobre 2014 Un Comunicato della Sala Stampa della Santa Sede rende noto che il Santo Padre Francesco ha indetto la III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, da tenersi in Vaticano, dal 5 al 19 ottobre 2014, sul tema: “Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”. Nel capitolo del Codice di Diritto Canonico relativo alla tipologia delle assemblee sinodali si legge che: “Il Sinodo dei Vescovi si riunisce in assemblea generale straordinaria, se la materia da trattare, pur riguardando il bene della Chiesa universale, esige una rapida definizione”. “Molto importante è la indizione di un Sinodo Straordinario sul tema della pastorale della famiglia - ha detto il Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Padre Federico Lombardi - Questo è il modo in cui il Papa intende portare avanti la riflessione e il cammino della comunità della Chiesa, con la partecipazione responsabile dell’episcopato delle diverse parti del mondo”. “È giusto - ha aggiunto Padre Lombardi - che la Chiesa si muova comunitariamente nella riflessione e nella preghiera e prenda gli orientamenti pastorali comuni nei punti più importanti - come la pastorale della famiglia - sotto la guida del Papa e dei vescovi. L’indizione del Sinodo straordinario indica chiaramente questa via. In questo contesto proporre particolari soluzioni pastorali da parte di persone o di uffici locali può rischiare di ingenerare confusione. È bene mettere in rilievo l’importanza di condurre un cammino nella piena comunione della comunità ecclesiale”. Il tema

Le date del Sinodo

“Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”

5-19 ottobre 2014: assemblea generale straordinaria 2015: assemblea generale ordinaria

Il questionario

“Trentotto domande che interpellano le Chiese del mondo e coinvolgono tutte le componenti del popolo di Dio” CHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

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IL VOLTO DEI SANTI

Suor Enrichetta Alfieri: la testimonianza della “Mamma” di San Vittore.

La Luce vince le tenebre di Rosalba Beatrice

Nel corso di una visita che il Cardinale Martini fece nel 2000 ai detenuti, ai loro parenti e a tutto le persone che lavorano nel carcere di San Vittore a Milano ebbe a dire: “Il Giubileo delle carceri significa per ciascuno di voi anche la presa di coscienza della propria dignità, così da poter dire: io sono importante, sono figlio e figlia di Dio, ho diritto al rispetto, all’amore, all’aiuto, alla solidarietà come tutti gli uomini e le donne della terra”. Ad un certo punto entrò dalla finestra una colomba bianca. C’era un silenzio assoluto perché tutti ascolta-

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vano Martini. Videro la colomba e ci fu un applauso fragoroso. “La dignità (dell’uomo) - scrive il Cardinale nel suo libro “Sulla giustizia” - non può essere svalorizzata, snaturata o alienata nemmeno dal peggior male che l’uomo possa compiere…. Il reato è comunque sintomo di un disagio profondo, interiore, che produce violenza, ingiustizia, criminalità. Il comportamento delinquenziale è spesso causato da ignoranza, da irresponsabilità, da istinti negativi, da cattiva educazione. Il cristiano, se vuole essere coerente con il messaggio di Dio padre misericordioso che non gode per la morte del peccatore, vuole anzi che si conCHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

verta, non potrà mai giustificare il carcere se non come momento di arresto di una grande violenza. Spesso la realtà carceraria non contribuisce al recupero della persona.” “Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.” Mt 25, 35-36 Il tema della Carità ci dà l’opportunità di raccontare la vita e la spiritualità della “Mamma” di San Vittore Suor


Enrichetta Alfieri beatificata a Milano il 26 giugno 2011, la religiosa che durante la Seconda Guerra Mondiale aiutò i dissidenti politici e gli ebrei nel carcere di San Vittore. Sulla soglia del carcere la pietà si arresta, la superano l’odio, il disprezzo, il disinteresse. Con grande coraggio, spirito di sacrificio e una grande fede Suor Enrichetta e le altre suore della Carità iniziarono il loro servizio umile e discreto alle detenute nel carcere. Dagli appunti personali di Suor Enrichetta traspare il suo abbandono confidente e sereno. Scriveva così: “La vocazione è un dono grande, inestimabile e del tutto gratuito. La vocazione non mi fa santa, ma mi impone di dover lavorare per divenirlo. I suoi comandamenti, le Beatitudini, sono per tutti in generale; da me vuole altro: il cuore. E il cuore glielo si consacra coi S. Voti. Coi voti l’anima diviene sua Sposa. Egli la mette a parte dei suoi tesori: la Croce, il dolore. Amare Gesù nella sofferenza, amarlo nell’umiliazione e nel sacrificio è amarlo da Sposa, è vivere della Sua vita, è possederlo. La carità è un fuoco, che bruciando ama espandersi; soffrirò, lavorerò e pregherò per attirare anime a Gesù.” Non solo parole affidate al suo diario spirituale, ma la vita reale, vissuta. Il suo sorriso, il suo sguardo dolce e luminoso, fermo, il suo volto sereno, la sua parola pacata e gentile permeata di umanità conquistava tutte le detenute che trovavano in lei conforto e comprensione. Suor Enrichetta fece sempre il massimo della carità possibile per sostenere le detenute, consolarle, sostenerle, condividendo la loro vita sino a vivere nelle stesse celle. Quanto orrore e dolore, giornalmente si alternavano interrogatori estenuanti, percosse, sevizie, isolamenti, deportazioni. La missione di suor Enrichetta e delle sue consorelle era quella di consolare e aiutare queste povere

donne. Biglietti e missive venivano trasmesse clandestinamente fuori dal carcere ai familiari bramosi di notizie dei loro cari e tante volte per salvare le persone indiziate. Delle suore diceva così un politico detenuto: “Erano dodici in tutto… parevano mille. E bastava aver bisogno di una di loro, per trovarsela accanto”. Suor Enrichetta ogni giorno faceva il giro delle celle ed aveva una bisaccia sotto l’abito dalla quale tirava fuori qualche cosa per l’una o per l’altra donna. Nascondeva i messaggi più importanti sotto la fascia bianca che stava sotto il suo velo. Suor Enrichetta ha potuto salvare la vita di molte persone, mandando notizie e messaggi molto importanti. Ha sottratto dalla deportazione più di una vittima, si prodigava per tutti, era sempre presente. Le suore sapevano di essere controllate, ma non desistettero dalla loro azione di carità fino al giorno in cui Suor Enrichetta fu scoperta e arrestata, accadde il 23 settembre 1944. Cedendo alle lacrime di una detenuta che desiderava avvisare i fratelli, fece consegnare un biglietto sul quale aggiunse di sua mano il senso della richiesta e l’indirizzo. Questo determinò la prova per la sua condanna. Suor Enrichetta assunse subito tutta la responsabilità per scagionare le altre persone coinvolte e così fu portata in isolamento nei sotterranei della prigione, luogo orribile, che neanche lei sapeva esistesse. “Lo sgomento, la puzza in quella tana, la mancanza d’aria lottavano per abbattermi. Un’invocazione alla Madonna mi ridiede subito la forza. Mi posi in ginocchio e recitai il santo rosario, meditando così al vivo i misteri dolorosi come mai in vita mia. Da quel momento la preghiera e la meditazione divennero la mia unica occupazione, la mia forza nella reclusione. Come avevo detto alle povere detenute: Se fossi al vostro posto CHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

spenderei tutto il mio tempo nella preghiera. Eccone venuto il momento. Che grazia poter pregare. Ora capivo sempre più tanti poveri infelici, privi di questo conforto, così colpiti, si davano alla disperazione, commettevano follie”. Gesù fu sempre il suo continuo riferimento, colui che le dava forza e ridonava la pace. “Quanto sei buono Signore Gesù! Mi umilio dinanzi a Te. Io così immeritevole, oggetto di tanto amore. Solo nell’eternità potrò ringraziarti degnamente. Intanto faccio miei tutti i cuori degli uomini; te li offro perché li converta e Ti diano lode. Gesù soffrì realmente la sete, l’arsura fisica nel suo stato di moribondo dissanguato. Ma Lui alludeva ad un’altra sete più cocente: la sete delle anime. Le anime consacrate devono sentire la stessa sete; e in primo luogo quella della propria santificazione. Come si diventa apostolo? Pregando e lavorando. Soffrendo dove e come vuole Dio. Mi impegno a lavorare, soffrire, pregare unita a Gesù, per dissetarlo. Anime! Anime!”. Grazie all’interessamento del Cardinale di Milano, il beato Mons. Ildefonso Schuster ottenne la grazia e fu liberata. La mamma di San Vittore morì il 23 novembre 1951, dopo il processo di beatificazione aperto dal Card. Martini, la sua salma, venne traslata all’Istituto delle Suore della Carità a Milano. Nella luce della Croce si colloca il paradosso della speranza per suor Enrichetta che fece dell’inferno del carcere il luogo della sua santità. Cristo che è morto per amore, ci può permettere di sperare sempre. Le tenebre lasciano sempre il passo alla luce. Suor Enrichetta camminò sempre accanto agli ultimi, ai piccoli del Vangelo. Bibliografia: Veramente e sempre suora di Carità.

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CHIESA NEL MONDO

UNA LETTURA DELL’Esortazione Apostolica “Evangelii gaudium” di Papa Francesco

Rivedere il nostro modo di essere cristiani di Luigi Crimella

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Eccoci, dopo l’enciclica “Lumen fidei” del 29 giugno 2013, al secondo appuntamento con un testo di Papa Francesco. È uscita martedì 26 novembre, presentata ufficialmente in Vaticano, l’esortazione apostolica “Evangelii gaudium”. Fa seguito al Sinodo dei vescovi sull’evangelizzazione nel mondo contemporaneo che si è tenuto nell’ottobre 2012. Ne contiene spunti ed elementi di sintesi, uniti a tipici pensieri del nuovo pontefice che tutti abbiamo imparato a conoscere, ascoltandolo alle udienze o nei discorsi più diversi, così come leggendo le sue omelie mattutine alla chiesina di Santa Marta, dove risiede da quando è stato chiamato al soglio pontificio. Papa Francesco non ha scritto un semplice riepilogo o commento dei risultati del Sinodo. Ha, questo sì, raccolto i principali CHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

spunti e orientamenti. Ma ci ha messo del “suo”, con lo stile, la lingua, la simpatia e anche quel certo stimolo a rivedere il nostro modo di essere cristiani. Così, senza puntare a una sintesi di un testo che è molto lungo (sono oltre 130 pagine), qui di seguito alcuni dei passaggi più stimolanti, originali o evocativi che si possono cogliere accostandosi al documento.

NO A CRISTIANI DELLA “QUARESIMA SENZA PASQUA” L’inizio dell’Evangelii Gaudium ci ricorda che “la gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù” e rappresenta il migliore antidoto a “peccato, tristezza, vuoto interiore, isolamento”. Emerge da subito l’idea


di un Dio che “non si stanca mai di perdonare”, mentre “siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia”. Dio “torna a caricarci sulle sue spalle una volta dopo l’altra”, “ci permette di alzare la testa e ricominciare, con una tenerezza che mai ci delude e che sempre può restituirci la gioia”. No, dunque a “cristiani che sembrano avere uno stile di Quaresima senza Pasqua”: “un evangelizzatore non dovrebbe avere costantemente la faccia da funerale”; scrive il Papa indicando che la Buona Novella non deve essere proposta “da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo la cui vita irradi fervore”.

IL PAPA E LE CONFERENZE EPISCOPALI La Chiesa è chiamata a procedere a continui passaggi per rispondere sempre meglio al suo compito, storico e soprannaturale. Così Papa Francesco sottolinea che essa deve “procedere in una salutare decentralizzazione”. “Non è opportuno - spiega - che il Papa sostituisca gli episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori”. Papa Francesco assicura anche di voler “pensare a una conversione del papato”. “A me spetta, come vescovo di Roma rimanere aperto ai suggerimenti orientati ad un esercizio del mio ministero che lo renda più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell’evangelizzazione”. “Siamo avanzati poco in questo senso”, ammette il Papa, perché “ancora non si è esplicitato sufficientemente uno statuto delle Conferenze episcopali che le concepisca come soggetti di attribuzioni concrete, includendo anche qualche autentica autorità dottrinale”.

ACCOMPAGNARE L’UMANITà IN TUTTI I SUOI PROCESSI Audacia e creatività nella azione di annuncio missionario: questo chiede il Papa alla Chiesa intera, abbandonando il “si è sempre fatto così”. “La Chiesa in uscita - spiega - è la comunità di discepoli missionari che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e che festeggiano”. La Chiesa “sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. Vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, accorcia le distanze”. Oggi servono, per il Papa, evangelizzatori che percepiscano “l’odore delle pecore”, che sappiano “accompagnare l’umanità in tutti i suoi processi”. “Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa - rivela il Papa - perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione”. “Fare in modo che diventino tutte più missionarie”: è l’appello che il Papa lancia, soprattutto all’interno della Chiesa stessa, ai vescovi, ai responsabili delle varie realtà istituzionali, perché le “strutture” di Chiesa siano meno “strutture”, appunto, magari burocratizzate, ed invece mostrino uno slancio di evangelizzazione attiva, affettuosa, generosa, ponendosi in spirito di servizio nei confronti dei “missionari” mandati in prima linea ad annunciare il Vangelo.

ARRIVARE ALLA “VITA FATICOSA” DI TUTTI Quella auspicata dal Papa è una Chiesa dal “cuore missionario” e dalle “porte aperte”, che sappia “uscire verso gli altri per giungere alle perifeCHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

rie umane”. “Di frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori”, ammonisce il Papa, “ma la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa”. “Arrivare a tutti, senza eccezioni”, la consegna che indica: “non tanto gli amici e vicini ricchi bensì soprattutto i poveri e gli infermi, coloro che spesso sono disprezzati e dimenticati. Occorre affermare senza giri di parole che esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri. Non lasciamoli mai soli”. “Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in ci sentiamo tranquilli”. È un forte esame di coscienza per i tanti “censori”, che si sentono perfetti e che dall’alto della loro elevatezza spirituale guardano “in basso”, verso l’umanità debole e peccatrice.

NO AL “FETICISMO DEL DENARO” “Non è possibile – questo il grido d’allarme di Papa Francesco - che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Questo è esclusione. Non si può tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Questo è iniquità. Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole”. Così, scrive il Papa, “grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita”. “Il denaro deve

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servire e non governare”, prosegue; “l’adorazione dell’antico vitello d’oro ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano”. “Una riforma finanziaria che non ignori l’etica richiederebbe un vigoroso cambio di atteggiamento da parte dei dirigenti politici”, mentre tra i mali del nostro tempo, il Papa cita la “una corruzione ramificata e un’evasione fiscale egoista”.

FAMIGLIA, AFFETTIVITà, DONNE Parlando della famiglia, che “attraversa una crisi culturale profonda, come tutte le comunità e i legami sociali”, il Papa fa notare che “la fragilità dei legami diventa particolarmente grave”. “Il matrimonio tende ad essere visto come una mera forma di gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno. Ma il contributo indispensabile del matrimonio alla società supera il livello dell’emotività e delle necessità contingenti della coppia”, aggiunge. Quanto al tema della donna nella società e nella Chiesa, afferma che sia necessario “allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa”, in quanto “il genio femminile è necessario in tutte le espressioni della vita sociale”. Da qui la necessità di “garantire la presenza delle donne anche in ambito lavorativo” e “nei diversi luoghi dove vengono prese le decisioni importanti, tanto nella Chiesa come nelle strutture sociali”. Non manca un pensiero per le tante forme di violenza che riguardano le donne oggi: “Doppiamente povere”, scrive, “sono le donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza, perché spesso si trovano con minori possibilità di difendere i loro diritti”.

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LE “APPARENZE DI RELIGIOSITà”

APPASSIONATA DIFESA DELLA VITA UMANA

Altre piaghe odierne vengono prese in considerazione dal Papa. Ad esempio, “la mondanità spirituale, che si nasconde dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla Chiesa” e che “consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana ed il benessere personale”. Così stigmatizza questo atteggiamento, che “assume molte forme” e “non sempre si accompagna con peccati pubblici, e all’esterno tutto appare corretto”. “Ma se invadesse la Chiesa – sottolinea - sarebbe più disastrosa di qualunque altra mondanità semplicemente morale”. “Dio ci liberi da una Chiesa mondana sotto drappeggi spirituali o pastorali!”, esclama, ricordando che la mondanità spirituale nasce dalla pretesa di “dominare lo spazio della Chiesa”, e trasforma la vita della Chiesa “in un pezzo da museo o in un possesso di pochi”. Spiega in questo modo la tentazione della mondanità spirituale: “Il fascino di poter mostrare conquiste sociali e politiche”, la “vanagloria legata alla gestione di faccende pratiche”, l’attrazione per le “dinamiche di autostima e di realizzazione autoreferenziale”. Si tratta di altre radici possibili della mondanità spirituale, che si possono anche manifestare in un “funzionalismo manageriale, dove il principale beneficiario non è il popolo di Dio ma piuttosto la Chiesa come organizzazione”. Insomma, “una tremenda corruzione con apparenza di bene”, una “mondanità asfissiante” che “porta alcuni cristiani ad essere in guerra con altri cristiani che si frappongono alla loro ricerca di potere, di prestigio, di piacere o di sicurezza economica”. Questi passaggi sono di particolare durezza da parte di Papa Francesco.

Il Papa non trascura uno dei temi più difficili della realtà odierna: l’attacco sistematico alla vita umana, sia con l’aborto, sia con l’eutanasia, sia anche sul piano bioetico con le manipolazioni e l’utilizzo dell’uomo a fini di ricerca scientifica o di commercio di cellule. Così Papa Francesco ricorda che la posizione della Chiesa sull’aborto, così come quella in generale sulla vita, “non è un argomento soggetto a presunte riforme o a modernizzazioni”. “Non ci si deve attendere che la Chiesa cambi la sua posizione”, scrive con disarmante franchezza. “Non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana”, aggiunte. “Però è anche vero che abbiamo fatto poco per accompagnare adeguatamente le donne che si trovano in situazioni molto dure, dove l’aborto si presenta loro come una rapida soluzione alle loro profonde angustie, particolarmente quando la vita che cresce in loro è sorta come conseguenza di una violenza o in un contesto di estrema povertà”. “Chi può non capire tali situazioni così dolorose?”, si chiede allora il Papa, ricordando che tra i “deboli” di cui la Chiesa vuole prendersi cura “ci sono anche i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo”. Ciò che Papa Francesco prospetta è quindi una visione di Chiesa sempre schierata dalla parte dell’uomo, che non si cura di essere accusata di “oscurantismo”, o di conservazione. Anzi ribadisce che difendere ogni uomo, in qualunque stadio della sua esistenza, è la base sulla quale si costruisce tutta l’impalcatura dei diritti umani.

CHIAMATI A ESSERE MISSIONARI


IN COMUNITà

a confronto con una sorella della comunità. il lavoro, la preghiera, la fede.

La spiritualità in un’ opera d’arte di Mara Zanette Come è sorto in te il desiderio di intraprendere questa professione? È nata in uno spazio-tempo ampio. La prima volta che ricordo delle immagini di icone (e non nei libri di storia dell’arte), è stato grazie al gruppo di preghiera di Tajzè. All’epoca, devo aver avuto circa 15-16 anni e frequentavo il liceo artistico. L’impatto con queste immagini non è stato del tutto piacevole, perché le vedevo scure, sproporzionate nell’anatomia, statiche. E ancora, questa è stata la cosa più sorprendente, una compagna del liceo mi raccontò che voleva regalare al suo padre spirituale un’icona dipinta da lei e che nell’eseguirla, pregava! In poche parole mi raccontava che le icone venivano fatte pregando...”che strano” mi son detta. Da qui, personalmente, la storia è partita... Come nasce un’icona? A chi ti ispiri? Qual è il lavoro di preparazione? (come scegli i personaggi, i colori, ...) Nasce dal desiderio di Dio. Nasce dal desiderio di potergli parlare e di essergli vicino. Che sia il volto di Gesù Cristo o della Madre di Dio, di un Santo o di un passaggio Evangelico specifico, si desidera un “luogo sacro” dove entrare in relazione con l’altro. Normalmente il committente che richiede l’icona, o la desidera per sè o la richiede per donarla. Ci si confronta, si comunicano quali sono

i sentimenti e le ragioni per cui la si richiede. Il più delle volte si deve anche spiegare che non è un oggetto da collezione d’arte, che il suo valore non dipende dalla quantità d’oro che si usa, che non si deve antichizzarla (sarebbe un inganno), e questo è forse il passaggio più delicato, dire che è un “luogo di relazione-preghiera”. Poi si passa alla scelta del soggetto e si spiegano tutte le fasi della preparazione dell’icona: la scelta accurata del legno, i pigmenti naturali e minerali mescolati con il tuorlo d’uovo, i passaggi del colore dalle tonalità più scure fino a raggiungere i massimi chiari, spiegandone la simbologia. Si comprende così, meravigliandosi, quanto è lunga la preparazione e l’esecuzione di un’icona. Spiegaci l’importanza della preghiera durante la lavorazione. Questa è la cosa più delicata da spiegare, perché tocca la sfera personale. Diciamo che l’icona che vado a dipingere-scrivere, mi aiuta a vedere meglio i miei limiti e mi invita a superarli. Come? Con il sacramento della Riconciliazione, per iniziare al meglio il lavoro. Con la preghiera praticata e diffusa, ricordare-pregare e affidare chi mi ha commissionato il lavoro, a chi andrà e a tutte quelle persone che mi chiedono di pregare per loro. Ma non lo fate anche voi nel vostro lavoro e o occupazione? Per me non CHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

c’è stata nessuna differenza tra questo “lavoro-vocazione” e quando andavo a pulire gli uffici a Trento. Oggi siamo sempre più sommersi da immagini, foto, video. In pratica una comunicazione sempre più rapida e in movimento. Quali valori (tempo, contemplazione, ...) ci può far riscoprire la “lettura” di un’icona? Questa è la parte più complessa di questo lavoro, far conoscere o riconoscere che l’icona, ma anche la miniatura, l’affresco, il mosaico, i paramenti sacri, il bassorilievo, la musica, ovvero tutto ciò è, perché è già stata, espressione spirituale della Chiesa unita. Mi preme dirvi che l’iconografo/a non è un artista, nel senso che oggi si dà a questo termine, ma è a servizio della Chiesa come il diaconato. Nella Chiesa d’oriente questo è molto chiaro, nella nostra Chiesa d’occidente, diciamo, che c’è ancora un po’ di strada da fare. Come la consacrazione nel Pgc ti aiuta a vivere il tuo lavoro da iconografa? Aiuta, caspita se aiuta! Soprattutto nel cercare di vivere questo lavoro, di accoglierlo come una vocazione. Tramutare ciò che è nato da una “strana” curiosità e che nel tempo è diventata una passione, un Amore, e vi assicuro che non è così “matematico”...

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IN COMUNITà

esortazioni e ringraziamenti ALL’INIZIO DI UN NUOVO ANNO COMUNITARIO.

La festa dell’Eremo: più Amore, più Fede

Esortazione di Ivo Di Gaetano Comunità di Roma

“Rendiamoci disponibili al disegno di Dio” Qui fuori c’è una generazione ferita che mi sembra chieda a noi cristiani dei segni: vorrebbe vederci scendere da cavallo, vorrebbe vedere che ci fermassimo per i bisogni del prossimo senza temere di far tardi, e soprattutto senza temere il prossimo, dando del nostro e senza paura che per noi non resti niente. Vorrebbe poi che la portassimo in un luogo sicuro, un luogo di Pace dove riposarsi e riprendere le forze. Noi sappiamo che solo Dio ha un amore così grande, queste cose le ha fatte per ciascuno di noi accompagnandoci nel PGC e desidera farle per tanti

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ancora. Rendiamoci disponibili al disegno di Dio, non è sufficiente che Dio sia al primo posto nella mia vita ho bisogno che ne sia il protagonista. Iniziamo la giornata ringraziando Dio, poi chiediamogli il dono della conversione e quindi, ognuno con parole proprie, potremmo dire “Signore c’è tanto bisogno ma io non so far niente senza di te, vorrei un mondo più bello, più giusto, più amorevole se posso esserti utile eccomi ”. La strada mi sembra possa essere quella piccola via di cui sono maestri Francesco e Teresina, la via dell’infanzia spirituale. Soffermiamoci allora a contemplare il mistero, chiudiamo gli occhi , con gli occhi chiusi a volte si vede meglio, e guardiamo all’invisibile. Partecipiamo spiritualmente al coro dei santi che cantano la CHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

Sua lode giorno e notte, pensiamo ai nostri angeli custodi che contemplano il Suo volto e vegliano su di noi, guardiamo estasiati alla Luce della Gerusalemme del Cielo. Soprattutto concediamoci molto tempo per adorare Cristo nel sacramento della Parola e dell’Eucarestia. A volte si arriva a sera sopraffatti dalla fatica ma basta aprire la Bibbia e leggere qualche versetto per sentirsi a casa, adoriamolo nelle nostre case e nei nostri luoghi di lavoro e non solo nelle chiese. Quante cose si capiscono guardandolo e lasciandosi guardare. Chiediamo l’intercessione dei martiri delle prime comunità cristiane affinché anche la nostra sia abitata dallo stesso Spirito di Amore. Una comunità ben inserita nella chiesa locale, che belli i pellegrinaggi al Divino Amore


o a Lourdes ma anche la processione del Corpus Domini o la via crucis al Colosseo. Viviamo tra noi una comunione innanzitutto spirituale ma non manchi la concretezza, non ricordiamoci del fratello o della sorella solo quando ci sembra che abbia bisogno ma cerchiamolo con semplicità solo per dire che bello stare insieme e ringraziare Dio per questo. Non tralasciamo di stare vicino con grande affetto ai nostri fratelli maggiori che ci hanno aiutato ad ascoltare la nostra chiamata, ai nostri responsabili personali ed a tutti coloro che nel nascondimento operano per il nostro bene. Con queste immagini di beatitudine ancora impresse negli occhi ed il volto trasfigurato dall’incontro con l’amato ci impegniamo nelle realtà temporali con Carità, quella con la C maiuscola, quella che il Signore concede ai suoi intimi, a chi si abbandona a Lui totalmente e si fa abitare dalla Sua presenza. Teniamo idealmente in mano un crocefisso, teniamolo stretto al cuore, a ricordarci quanto siamo amati e preziosi ai suoi occhi. Ringraziamo per ogni avversità che il Signore permette, ogni dolore ci fa sentire più vicini a Colui che questi stessi dolori li ha sopportati per noi. Così aumenta la nostra Fede. Cerchiamo di essere i primi a chiedere scusa, non deve vincere sempre il giusto, lasciamoci imbrogliare all’occorrenza se è un bene per l’altro. Preghiamo per chi ci offende o ci maltratta o che sembra non amarci. Nell’altra mano teniamo il rosario simbolo di una preghiera semplice e popolare ma soprattutto fervente e perseverante. Preghiamo con il rosario viaggiando in macchina per riconsacrare a Lui il mondo ma prendiamoci anche il tempo di dire un’ Ave Maria lentamente, facciamolo anche con il Padre Nostro, per assaporare la bellezza di queste preghiere ed esultare in Dio nostro salvatore. Il rosario ci ricorda anche la presenza materna

di Maria, porta del cielo e stella del nostro cammino, che ci aiuta a farci pienamente suoi. Noi vi ho detto cose nuove, come ci ricorda Papa Francesco la novità non è sperare in qualcosa di diverso nella nostra vita che magari si avvicini di più ai nostri desideri, ma un atteggiamento del cuore. Corriamo il rischio di questa novità perché questa è la vera gioia. Carissimi fratelli e sorelle in Cristo, facciamo festa e celebriamo la misericordia del Signore, ringraziamolo dell’abbondanza della Grazia che ha riversato su di noi in quest’anno e rinnoviamo le nostre promesse con l’entusiasmo di chi ha trovato un tesoro prezioso e vuole ridonarlo a tanti.

Esortazione di Giovanna Mestriner Comunità di Treviso

“Il Signore salva il suo consacrato” Con questa frase è iniziata la mia storia d’amore con il Signore nel cammino del Piccolo Gruppo. Nel decidere di accogliere il dono dei voti, mi sentivo sempre imperfetta, mi mancava sempre qualcosa, faticavo come fatico oggi a mantenere i tempi di preghiera, non parlavo molto, vedevo i miei fratelli nella fede talmente saggi che mi dicevo: ‘non ce la farò mai!’ Un mattino, pregando con le lodi, questa frase ha catturato la mia anima, la mia mente, il mio cuore... ‘È proprio il Signore che mi salva’. Dal momento che la Parola di Dio costruisce, questa frase ha generato in me la CHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

certezza di essere amata da Lui. Il Signore non vuole la mia perfezione, ma solo il mio cuore. Non io ho scelto di amarlo ma lui ha scelto me, proprio me, così imperfetta e poco incline alla contemplazione, ma più attratta dal fare. Si può rifiutare un amore così ? Per me, la festa dell’Eremo è far memoria di questo vincolo di amore che va oltre il tempo, che sa di eternità ma che si alimenta di quotidianità, che si concretizza nel vivere la fedeltà in ogni momento della mia giornata. Una vita che fugge non è una vita felice: rimanere fedeli all’amore di Cristo significa rimanere fedeli all’Amore che costruisce, che ci rende luminosi, sereni, lenti all’ira, caritatevoli, pazienti... Il Signore mi ha donato “un luogo” per vivere tutto questo, una famiglia umana, per la quale rendo infinite grazie, e una famiglia spirituale: la comunità, che ho imparato ad amare, quale luogo della manifestazione di Cristo. Dopo l’emissione dei voti perpetui, è, per me, il luogo della Pace, cioè quel sentirsi a casa, come immagino fosse per Gesù quando andava a Betania. Lui si prende cura di me, usando le vostre mani, le vostre parole, i vostri sorrisi, i vostri richiami, la vostra preghiera. Accanto alla consapevolezza dell’amore di Dio e della comunità, a volte mi faccio prendere dalle mie paure (la sofferenza, le difficoltà economiche, la malattia, la morte e non ultimo la perdita della fede…). Mi vengono in aiuto allora le parole dell’icona: “Lavora e prega, fai opere di bene senza pretendere nessuna ricompensa... ti vedrò”. Che significa: “Io cammino con te, sono in te, per te, non temere!”. Desidero dirvi che voglio bene alla comunità del Piccolo Gruppo: quando penso a questa famiglia, vedo i

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vostri volti, voglio bene a ciascuno di voi, soprattutto ai fratelli e alle sorelle che umanamente non riesco a raggiungere. Nell’augurarvi buon cammino vi accompagno con questa preghiera: Rendi salda, o Signore, la nostra fede perché non ci esaltiamo nel successo, non ci abbattiamo nelle tempeste, ma in ogni evento riconosciamo che tu sei presente e ci accompagni nel cammino della vita. Maria, donna dei nostri giorni e compagna di viaggio aiutaci a sollevare lo sguardo e ad attendere con fiducia cieli nuovi e nuova terra. Amen.

Esortazione di Alessandra De Rosa Comunità di S.Ambrogio

“Saliamo al monte del Signore: sul monte il Signore provvede” Così comincia il ritornello della 1^ salmodia, in Preparazione alla Festa Ringrazio il Signore Gesù perché oggi sono qui, fisicamente su questo monte, a rinnovare e ravvivare i voti di povertà, castità e obbedienza; a far piena comunione con Lui e con i fratelli e le sorelle del PGC. Ringrazio il Signore Gesù perché oggi si offre col Suo amore, con la Sua misericordia, col Suo Spirito a me che sono povera, peccatrice, debole, con poca fede, orgogliosa. Ringrazio il Signore Gesù per il dono di questa vocazione, di sposa e di madre, e che mi chiama a viverla ogni giorno in santità. Papa Francesco dice: “Io vedo la santità nel popolo di Dio paziente: una donna che fa crescere i figli, un uomo che lavora per portare a casa il pane, gli ammalati,

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i preti anziani che hanno tante ferite ma che hanno il sorriso perché hanno servito il Signore, le suore che lavorano tanto e che vivono una santità nascosta. Questa per me è la santità comune. La santità io la associo spesso alla pazienza: non solo la pazienza come il farsi carico degli avvenimenti e delle circostanze della vita, ma anche come costanza nell’andare avanti, giorno per giorno”. “A me concede le sue infinite forze” per essere Vangelo vivente. “Lavora e prega” quando cucino, lavo, stiro, faccio la spesa, ascolto mio marito, i figli. “Fai opere di bene” in parrocchia, a catechismo, a pallavolo. “Senza pretendere nessuna ricompensa”. “Ti basta la mia grazia”. “Ti vedrò”. Ogni giorno il Signore mi chiama a salire sul monte, con fedeltà: nella S.Messa, con la meditazione, con il S.Rosario, con l’esame di coscienza, con la confessione quindicinale, e ancora agli incontri di comunità, di nucleo, al colloquio col responsabile, le adorazioni, gli esercizi spirituali (strumenti che mi aiutano a stare di più con Lui, ad essere più pienamente Sua). Lascio un’ultima immagine, una storia che ho raccontato a catechismo ai bambini di 4^ elementare: “In un giardino ricco di fiori di ogni specie, cresceva, proprio nel centro, una pianta senza nome. Era robusta, ma sgraziata, con dei fiori stopposi e senza profumo. Per le altre piante nobili del giardino era né più né meno un’erbaccia e non le rivolgevano la parola. Ma la pianta senza nome aveva un cuore pieno di bontà e di ideali. Quando i primi raggi del sole, al mattino, arrivavano a fare il solletico alla terra e a giocherellare con le gocce di rugiada, per farle sembrare iridescenti diamanti sulle camelie, rubini CHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

e zaffiri sulle rose, le altre piante si stiracchiavano pigre, la pianta senza nome, invece, non si perdeva un solo raggio di sole. Se li beveva tutti uno dopo l’altro. Trasformava tutta la luce del sole in forza vitale, in zuccheri, in linfa. Tanto che, dopo un po’, il suo fusto che prima era rachitico e debole, era diventato uno stupendo fusto robusto, diritto, alto più di due metri. Le piante del giardino cominciarono a considerarlo con rispetto e anche con un po’ di invidia. “Quello spilungone è un po’ matto”, bisbigliavano dalie e margherite. La pianta senza nome non ci badava. Aveva un progetto. Se il sole si muoveva nel cielo, lei l’avrebbe seguito per non abbandonarlo un istante. Non poteva certo sradicarsi dalla terra, ma poteva costringere il suo fusto a girare all’unisono con il sole. Così non si sarebbero lasciati mai. Le prime ad accorgersene furono le ortensie che, come tutti sanno, sono pettegole e comari. “Si è innamorato del sole”, cominciarono a propagare ai quattro venti. “Lo spilungone è innamorato del sole”, dicevano ridacchiando i tulipani. “Ooooh. Com’è romantico!” sussurravano pudicamente le viole mammole. La meraviglia toccò il culmine quando in cima al fusto della pianta senza nome sbocciò un magnifico fiore che assomigliava in modo straordinario proprio al sole. Era grande, tondo, con una raggiera di petali gialli, di un bel giallo dorato, caldo, bonario. E quel faccione, secondo la sua abitudine, continuava a seguire il sole, nella sua camminata per il cielo. Così i garofani gli misero nome “Girasole”. Glielo misero per prenderlo in giro, ma piacque a tutti, compreso il diretto interessato. Da quel momento, quanto qualcuno gli chiedeva il nome, rispondeva orgoglioso: “Mi chiamo Girasole”. Rose, ortensie e dalie non cessavano


però di bisbigliare su quella che, secondo loro, era una stranezza che nascondeva troppo orgoglio o, peggio, qualche sentimento molto disordinato. Furono le bocche di leone, i fiori più coraggiosi del giardino, a rivolgere direttamente la parola al Girasole. “Perché guardi sempre in aria? Perché non ci degni di uno sguardo? Eppure siamo piante, come te”, gridarono le bocche di leone per farsi sentire. “Amici”, rispose il Girasole, “sono felice di vivere con voi, ma io amo il sole. Esso è la mia vita e non posso staccare gli occhi da lui. Lo seguo nel suo cammino. Lo amo tanto che sento già di assomigliargli un po’. Che ci volete fare? Il sole è la mia vita e io vivo per lui …” Come tutti i buoni, il Girasole parlava forte e l’udirono tutti i fiori del giardino. E in fondo al loro piccolo, profumato cuore, sentirono una grande ammirazione per “l’innamorato del sole”. Eccomi di nuovo a Te Signore, mia forza e mio canto, aiutami e sostieni perché ogni giorno possa mettere Te al centro del mio cuore, della mia vita. Amen

Esortazione di Valter Coti Comunità di S.Pio V°

“Beati i poveri e gli afflitti” È una emozione forte per me, essere ‘ancora’ qui con voi… D’altra parte, siete state voi con il vostro tanto pregare... Nei giorni in cui mi è stato detto di preparare questa esortazione, ho guardato attorno per vedere più attentamente quello che la liturgia della

vita ci stava proponendo. Ho cercato di guardare a noi e intorno a noi, per vedere meglio attraverso la liturgia della nostra vita la missione a cui siamo chiamati, il cammino che stiamo vivendo. Ho trovato i naufraghi di Lampedusa... Ho trovato il pianto di papa Francesco, ad Assisi. Ho trovato il suo incontro con i disabili ‘piaghe del Signore’.

presi dentro come un corpo solo, nella Sua e nostra preghiera contemplativa, che sale dalla valle operosa. Ho visto tutti noi, chiamati da Gesù, ad essere insieme rami di un unico albero, uniti tra noi e uniti nel comune tronco che è Lui, offrire riparo ai poveri, agli ammalati, agli afflitti. Offrire a tutti questi fratelli un aiuto, vissuto grazie a Lui e a nome Suo...

Ho sentito Ireos dirci di stare raccolti dentro il cuore trafitto di Gesù. E poi le guerre in Siria, in Egitto... I cristiani perseguitati in Sudan... Trovo tanti amici e compagni di strada senza fede. Trovo poveri senza speranza. Giovani senza un orizzonte. Coppie e famiglie strappate. Ho trovato i miei compagni di strada in ospedale, gli anziani dei ricoveri, ... E poi i ragazzi di strada, i poveri nelle case popolari che Katia sta visitando in questi giorni insieme con Vilma. Ho trovato il Galli e gli altri ammalati che conosciamo, e che cerchiamo di tenere vicini. Ho trovato tanti fratelli e sorelle che hanno pregato per me e per Katia nei giorni difficili. E trovo quanti di noi , tutti i giorni, portano i pesi del fratello ferito. Ho trovato quanti di noi faticano e offrono al Signore il proprio contributo per la salvezza di tutti.

Ci ho visti insieme, sparsi nelle nostre varie realtà, ad essere eucarestia fatta comunione. Ci ho visti, con gli occhi che ci brillano nelle gioie e nel pianto degli altri. Ho visto lavorare e pregare, soffrire e offrire, gioire: ognuno insieme a tutti, in un unico corpo. Ho sentito, in modo così chiaro, che ogni sofferenza è già salvezza per tutti. Ogni singola sofferenza, salva tutti. Perché è parte della sofferenza di Gesù.

“Beati i poveri, gli afflitti. Beati i perseguitati a causa della giustizia… E beati gli operatori di pace. Beati voi quando siete misericordiosi, miti, perseguitati. Beati voi quando portate il lieto annuncio ai poveri, fasciate le piaghe dei cuori spezzati, beati voi se siete perseguitati, trascurati, soli. Beati i puri di cuore ”. Nei giorni del mio ospedale, della fatica e del silenzio forzato, vi ho sentiti tutti, vicini, e forti. Ho sentito la vicinanza e la forza del Signore, che venivano a me tramite la vostra preghiera. Vi ho guardati: ho visto tutti noi, raccolti nel Signore, accanto a Maria, CHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

Ci vedo nel nostro vivere il miracolo della vita, completamente e continuamente abbandonati a Dio. Ci vedo vivere una vita intessuta dalla preghiera. Ognuno e insieme essere abitati da Gesù, essere presenza di Gesù nelle strade. Ci vedo insieme ad ascoltare la parola del Padre che ci dice: mentre lavori, preghi, fai opera di bene, senza pretendere nessuna ricompensa, con la mia grazia, stai costruendo la mia Città sul Monte. Città serena e piena della pace del Paradiso. Ma in questo giorno particolare di festa, il Signore ci chiama a fermarci un attimo. Stare raccolti insieme intorno a Lui. Ci dice ancora una volta che tutto nella nostra vocazione trova origine nella preghiera. Che è uno stare fermi nel Suo cuore. Siamo qui a ringraziare il Signore: anzitutto per averci chiamati proprio nella nostra pochezza e debolezza, per essere insieme, per essere preghiera e presenza Sua. Per stare insieme, nel Suo cuore, e attorno alla sua presenza nell’ Eucarestia.

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ancora che io cominciassi a fidarmi di lui; in lui vedo proprio la gioia e la forza che da lo stare col Signore.

Ringraziamento di Antonio Cianfrone Comunità di Treviso

“Grazie al Signore che mi ha cercato” Grazie! Detto questo potrei fermarmi, perché l’emozione non mi permette di dire molto di più... ma qualcosa ho scritto e allora lo condivido con voi... Grazie al Signore, che mi ha cercato, mi ha aspettato, mi ha guidato, mi ha sostenuto, la cui puntuale provvidenza non mi ha mai fatto mancare nulla in questi anni di cammino. E grazie a voi, fratelli in Cristo, che avete condiviso con me questo percorso, che mi avete aspettato, mi avete rincuorato, mi avete edificato col vostro esempio e con la vostra preghiera. Vorrei dire grazie a ognuno di voi singolarmente, perché ciascuno mi è stato vicino in un particolare momento, vuoi con una telefonata, vuoi con una visita, vuoi con la sua preghiera proprio per me... Vi abbraccio tutti e, come farebbe Giancarlo, vi bacio col bacio santo del Signore. Ma due parole di più le devo dire per i due fratelli Baldo. Per Sergio, che mi ha accolto ancora aspirante e mi ha spronato ad attraversare la porta stretta dei primi voti! Quanti colloqui quell’estate del 2003, quanti passi avanti e quanti indietro. Eppure lui era là, fedele ad attendermi, a consigliarmi, a capirmi e a spingermi oltre i miei pensieri e le mie paure. E poi Paolo, con cui ho condiviso gli ultimi anni di cammino. Lui che in punta dei piedi è entrato in totale confidenza con me, si è fidato di me prima

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Nonostante tutti voi però la fatica è comunque stata tanta! Non sempre la meta è visibile e la strada facile da percorrere... quanti tentennamenti, quanto è stata a volte difficile la salita… Per grazia di Dio io sto bene e, come vi ho già detto, il Signore non mi fa mancare nulla... ma non fa mancare neanche le prove! Magari non quelle grandi, troppo difficili per me, ma quelle piccole, quelle quotidiane, che sono lì pronte ad intralciare il tuo cammino, a farti lo sgambetto proprio quando sei lanciato. Se a questo ci aggiungete la mia povera vita di cristiano, tutte le mie infedeltà, tutte le mie incapacità, il mio grande desiderio ma anche la mia scarsa fermezza, capite quanto ha dovuto faticare con me il Signore! Ma la sua parola non lascia dubbi: “Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi.” È Lui stesso che guarda al mio povero andare e mi sorregge, è Lui stesso che invece di lasciarmi andare prega per me, è ancora Lui che mi accoglie con misericordia e mi porta davanti al Padre ricordandogli che noi siamo suoi, sua proprietà, membra del suo corpo. Se abbiamo un difensore così forte di cosa dovrei aver paura? E poi ancora, sempre nel Vangelo di Giovanni, Gesù prosegue dicendo: “custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola”. Ecco un’altra cosa importante del cammino di questi anni: l’unità che il Signore ha fatto in me, l’unità che, man mano che salgo la montagna, scopro sempre di più dentro di me, tra il mio fare e il mio essere, tra me e chi mi è vicino, tra il mio progetto di vita e il Suo progetto su di me. E così, facendo unità in me, posCHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

so far unità anche con voi, cari fratelli, posso divenire uno con voi, nel Piccolo Gruppo, perché è il Signore che qui ci custodisce. Come dicevo anche a Giancarlo, in questi anni è cresciuta sempre di più in me la coscienza di me e della mia vita. Questo cammino fatto di preghiera, di meditazione, di ascolto della Parola e anche delle parole dei fratelli del Piccolo Gruppo, è stato un grande cammino di consapevolezza: consapevolezza di me appunto, dei miei limiti, delle mie tante povertà, ma anche consapevolezza di essere amato, di essere da Lui desiderato. E così, posso riconoscere tutte le grandi gioie di cui il Signore ha riempito il mio viaggio: prima fra tutte Roberta, con cui condivido tutto, che tutto sa di me, che il Signore mi mette al fianco proprio perché amando lei io impari sempre di più ad amare come vuole Lui. E poi i bimbi, Caterina, Giosuè, Agnese; e adesso anche Gabriele... quanto grazia e quanto bene per noi e per il mondo. E poi tanti amici, tante persone, e voi cari fratelli del Piccolo Gruppo. “Essi non sono del mondo... Consacrali nella verità. La tua parola è verità.” A te Signore affido ciascuno di loro, perché tu davvero possa consacrarci a te nella verità, perché sempre di più la tua parola diventi la nostra parola, perché la nostra vita spesa per te sia anche segno per chi ci è vicino. Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno... perché tutti siano una sola cosa. Ed ecco la Sua grande promessa: “E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro”. Di questo amore voglio vivere Signore, questo amore voglio


dare a Roberta, ai miei bambini, a voi cari fratelli. Questi voti, che nella logica del mondo sono un limite alla mia liberta, vorrei proprio potessero esprimere tutto questo infinito amore.

Comunità di S.Carlo e S.Pio V° Ringraziamento di Rita Randazzo Comunità di S.Carlo

“Sentirsi amata” Signore dammi e dacci il coraggio di vivere e sperimentare fino in fondo la bellezza della Tua chiamata e della vita che ci hai dato, perchè possiamo essere dono per le persone che ci metti accanto e che ci fai incontrare, affinchè anch’essi possano lodarti, ringraziarti, amarti.

Comunità di Treviso

Grazie Signore perchè sono qui oggi. Grazie perchè attraverso ognuno di voi del Piccolo Gruppo di Cristo il Signore mi ha fatta sentire amata. Attraverso la vostra pazienza, attenzione, cura, testimonianza, mi sono sentita custodita, perdonata, incoraggiata a riprendere il cammino che mi porta, ci porta ad approfondire la Comunione con Gesù e tra noi. Chiedo perdono, perchè non sono sempre stata fedele a questo cammino, non sono sempre stata una presenza, una testimone fedele, per tanti motivi, ma il desiderio d’incontrare e stare con Gesù è grande.

Comunità di S.Ambrogio

Lui mi ha presa sul serio, mi ha posta nel Piccolo Gruppo di Cristo, per farmi Santa, per farci Santi. Non posso che ringraziare per tutto questo. Dio è Grande, Immenso Amore ed è per noi. Alleluia!

Comunità di Roma CHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

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IN COMUNITà

un’ esperienza di fede. il racconto di un percorso umano e dello spirito.

Una vita che si fa preghiera di Valter Coti

Provo a mettere in una pagina cose, diciamo un’esperienza, vissuta attraverso sei mesi di malattia, in un percorso ricco e accompagnato dalla presenza del Signore. Cose vissute, che sono in sé lontane da una forma di parole e neanche di concetti da descrivere. Penso di poter, comunque, farmi capire, soprattutto perché credo di riferirmi a un’esperienza nella fede, che ognuno a modo suo ha già vissuto in sé: l’incontro con la Sua presenza. Questo scrivere è per me un atto di contemplazione, di preghiera e ringraziamento e una condivisione con quanti ci sono stati vicini in vario modo, per lasciare traccia di qualcosa che è figlio di comunione. Mi scuso se sarò un po’ lungo… La vicenda è anche qualcosa che ha a che fare con il mistero che sfugge alla comprensione e alle parole, ma

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che passa attraverso le viscere, la vita, la morte. La Sua presenza in noi… Il sapore di una presenza che solo Lui ci fa incontrare, come dono per la comunità. Non ho quindi nulla ‘di mio’ da dire, ma solo il racconto di qualcosa che ho ricevuto, che mi ha attraversato. Qualcosa di buono nella forma del dono e della “Grazia”, che ha attraversato anche mia moglie Katia. Qualcosa che abbiamo percepito come grande, molto più della nostra vicenda personale, che è passato dalla comunione e dalla preghiera di tutti e che è per tutti. Anche in questo difficile scrivere oggi, mi affido totalmente a Lui. Mi dia modo di essere strumento docile di racconto. Certamente consegnerà a chi legge quello che vorrà trasmettere. Concludo questa lunga introduzione col dire che la vicenda è più rilevante e interessante sotto l’aspetto spiriCHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

tuale, per quanto ha mosso e muove nella fede e nei cuori, che non per la cronaca sanitaria. Direi anche che è più rilevante per quanto muove oggi nella comunità e nei singoli che la incontrano. Un percorso fatto insieme, un dono ricevuto, non solo nostro. Katia è stata fondamentale per me: la sua assidua presenza, l’essere tramite con il mondo degli amici e molto ancora. Ha attraversato, insieme con me, questa comune esperienza, di fede e umana che è stata per noi, in particolare, una esperienza di coppia, un pellegrinaggio fatto insieme, un Tabor, un nuovo viaggio di nozze. Un dono appunto per la coppia. Direi che Katia ha anche portato il peso maggiore: i lunghi giorni del dolore fisico (a cui partecipava impotente e inchiodata) e i tempi ancor più lunghi dell’attesa dei medici. Anche lei, però, ha vissuto la


certezza di essere accompagnati, della Sua presenza. L’esperienza del dono che ci ha come attraversati nell’anima. Quella presenza di Gesù, anche incarnata nella presenza e forza dell’affetto e della preghiera degli amici e delle persone che sono state coinvolte in una serie di cerchi concentrici di intercessione e aiuto. Abbiamo ricevuto costanti e continui cenni di vicinanza, sia da lontano che da vicino. Sia da persone credenti, che da non credenti o da amici musulmani. Katia mi ha spesso detto “con tutta questa gente che prega, in cielo si sentiranno obbligati…. E tu avrai tanto da restituire…”. Appunto ! In quei giorni appariva papa Francesco. E ricordo quanto mi ha colpito una delle sue prime parole sul dono dell’amicizia, sull’essere custodi uno dell’altro. Una esperienza del corpo mistico, vivo e operante. Sia nel ricevere grazia su grazia, sia nel darne testimonianza e nel condividere i doni. Così, Katia e io, ci siamo trovati non tanto protagonisti attivi, ma più nei panni di qualcuno che riceve e riceve per comunicare, per donare, per sapere e far arrivare a tutti, questo flusso non esaurito di ‘Grazia’, che è per tutti e per la comunità. Rivivo tuttora con chiarezza la sensazione di essere come una tazza, che riceve acqua. Ma quest’acqua non cessa di arrivare, riempie e traborda. Come fosse che non viene da una brocca, ma da una autobotte o forse da una fonte. Un fluire che si capisce subito quanto sia vitale e intenso e quanto così abbondante che è chiaro che non è solo per noi, ma che ci attraversa per arrivare a tanti altri. Se pensiamo ad altri, attraversati da vicende più dolorose, più lunghe, magari prive di consolazioni o con esiti pesanti… pare molto evidente che questa nostra vicenda è ben piccola cosa. Molto relativa. La serenità e quasi la necessità di raccontarla vengono dal fatto che “non è roba nostra”. È da prendere come il

racconto di un qualcosa che il Signore ha fatto nella nostra comunità, con la partecipazione di tutti e per il bene di tutti noi. Credo che questo valga, inoltre, anche per le vicende passate e in corso che attraversano la vita di vari nostri fratelli. Siamo comunità proprio non per opera o meriti nostri, ma è Lui che ci costituisce, non una volta per tutte, ma ad ogni passo, nella condivisione di cose ben profonde, spesso incomprensibili e indicibili, ma certamente reali e che qualcosa infondo al cuore ci testimonia come opera sua. In relazione a Sabatino Quanto tutto ciò centri con Sabatino non ho proprio titolo per dirlo. Di mio posso testimoniare due circostanze. La prima in occasione dello spettacolo montato da Franco Mantega presentato a Peschiera l’anno scorso a cui mi ero riproposto di partecipare alla successiva edizione, con l’intento di avvicinarmi alla figura di Sabatino di cui sapevo solo cose raccontate o lette. Così è stato. Molto volentieri e con impegno ho preso parte alla rappresentazione che in autunno andò in scena a S. M. del Suffragio. Si può aggiungere che l’ho fatto in cuor mio proprio come atto spirituale. In particolare, nelle ultime prove e nella rappresentazione ufficiale ho dovuto ricordarmi bene di questa motivazione di fondo per riuscire a raccogliere in me le energie sufficienti, fiaccate in quelle settimane da una febbre che era proprio il primo sintomo dei guai successivi. La seconda è stata vissuta attraverso la comunità, quando è stata fatta una preghiera di guarigione, chiedendo l’appoggio di Sabatino. In particolare, quando non si riusciva a trovare quale fosse l’origine dell’infezione che si faceva più grave e Katia ha chiesto che la comunità si rivolgesse a Sabatino, perché aiutasse i medici a trovare la strada giusta. Il giorno dopo i medici hanno individuato ben tre batteri che CHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

mi avevano aggredito e hanno così potuto iniziare la battaglia mirata e definitiva con antibiotici, sino poi alla guarigione. La vicenda ‘sanitaria’ È durata quasi un anno e nella fase più acuta dall’autunno a luglio. Un percorso fatto di tappe, strappi, apparenti miglioramenti e poi nuovi episodi faticosi e con un certo corredo di dolori vivaci e aggressivi. Un’unica malattia, ma che si è presentata come sei diverse malattie, circa una al mese, iniziate, attraversate e più o meno superate, con un crescendo di gravità. Un percorso a tappe che ci è parso anche un pellegrinaggio e anche una sorta di ‘Tabor’. Un percorso che è stato chiaramente accompagnato dalla presenza di Dio e che in modo più vivace del solito, ci ha fatto sentire qualcosa del mistero della presenza di Dio accanto all’uomo povero e sofferenze, il mistero della preghiera e della comunione. Qualcosa del mistero dell’uomo, della profondità e potenza delle relazioni buone, come l’amore di coppia, l’amicizia, la fraternità, la comunità. Il mistero della morte e della sofferenza, della solitudine e dell’abbandono, visto attraverso i compagni di stanza, alcuni proprio soli nell’affrontare la malattia, altri arrivati alla fine della loro parabola. Il mistero del male, visto anche nella mia incapacità a soccorrere o anche solo a sopportare il fratello, magari peggio messo di me e che si lamenta, fa rumore, di tutto e ti rende difficile il vivere… e tu non ne puoi più… Il male incarnato nelle strutture, difficoltà della sanità pubblica, di chi ci lavora con pochi mezzi, magari a causa anche della ignavia di chi dirige o di chi non paga le tasse! E anche il mistero del bene che si incarna in chi rende umano e magari santo un lavoro, una situazione, una relazione. Io e Katia non possiamo parlare di

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mer, da oltre quindici anni, dirigeva il coro con spirito e fortezza. Sembrava sereno nonostante la sua lunga croce e capace di infondere forza a tutti noi, salvo che, qualche settimana dopo, non lo abbiamo ritrovato al mattino del lunedì, perché nella notte si era impiccato e qualcuno ha commentato “beato lui che ce l’ha fatta”. Eppure Gesù è stato lì con noi. Il giorno di Pasqua è venuta per la messa anche una nostra amica, che di solito a messa non va. È stata una presenza molto consolante, un sentirsi poveri insieme, amati e raccolti nell’abbraccio. Nel pomeriggio è venuto qualcuno del gruppo ed è stato un sentirsi poveri e ricchi insieme. Poveri delle nostre miserie varie e ricchi dell’amicizia e della Sua presenza con noi.

una ‘prova’ vissuta, di una qualche esperienza di abbandono. Ma proprio al contrario, diamo testimonianza di una presenza, di un aiuto, di una conduzione che non sono mai venuti meno. Il Signore non ci ha fatto fare esperienza, come a tanti, a santi e allo stesso Gesù, di qualcosa che si chiama di solito buio, abbandono, morte. Abbiamo solo vissuto una vicenda dura, attraversata a caro prezzo, ma interamente segnata dalla Sua presenza e vicinanza. Tale da farci dire che si è trattato di una ricchezza, di una grazia ricevuta. Pasqua in comunione Il fatto più simbolico l’ho vissuto all’inizio del percorso, poco prima di Pasqua, quando, in ospedale da qualche settimana, sono stato portato in carrozzina per una radiografia. Al rientro nel mio reparto, con la testa occupata dalla situazione, non immaginavo neanche lontanamente quello che avrei trovato. Non ero neanche in preghiera e non aspettavo visite… Quando Katia che spinge la carrozzella si accorge che nella sala comune, a metà corridoio, c’è movimento. Così invece di entrare in camera mi porta lì e con meraviglia e gioia troviamo che sta iniziando una Messa, fatta in reparto, per chi non potrebbe raggiungere la chiesa e in preparazione alla settimana santa. Mi sono sentito enormemante emozionato e riempito di gioia per il regalo inatteso. Proprio Gesù che viene da noi, in reparto, apposta per incontrarci e stare lì con noi!! Sarei già stato completamente invaso di allegria e di ringraziamento, ma il Signore ha voluto strafare e aggiungere grazia su grazia. Alla fine della messa il Sacerdote ci ha proposto anche l’unzione degli infermi. Una ulteriore carezza, una ulteriore vicinanza per tutti noi. Credo che questo sia un fatto e una icona che riassume tutto. Ma continuo. Abbiamo potuto fare un triduo pasquale veramente intenso. Io in

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carrozzina, anche malmesso per quella schiena che si era come avvitata. In una delle messe mi sono addormentato per sfinitezza. Eravamo in compagnia di altri altrettanto immiseriti da acciacchi, da vecchiaia, anche con demenze. Anche i parenti e gli accompagnatori erano presenti con intensità e stanchezza… “Se Gesù non è qui con queste persone in croce, dove altro lo si potrebbe trovare?” pensavo. E, infatti, c’era. E dove altro potrebbe risorgere se non qui, con noi e per noi ? Nella Veglia della resurrezione, quel misero popolo di poveri ha dato il meglio di sé. Si sono sbagliate le letture (una letta due volte ha convinto il celebrante a saltare le altre e accorciare un po’ i tempi). Uno degli accompagnatori, con moglie presa da AlzhaiCHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

La preghiera degli amici si è trasformata in nostra pace. Attraversare questo percorso è stasto, sinceramente, anche faticoso, con vari tempi di preoccupazione, di non sapere e non capire, tempi più o meno acuti di dolori vari. Eppure una grande serenità ci ha accompagnati, sempre. All’inizio, addirittura, una gioiosità da bambini quando, dopo l’ictus, non parlavo proprio e, poi, ho cominciato a balbettare strafalcioni che appunto ci facevano ridere; o quando dopo una settimana di dolori lancinanti alla schiena mi avevano talmente riempito di medicine, morfina compresa, che mi sono trovato in un “viaggio” pieno di fascino e allegria…. pur drogata. Ma anche nei momenti duri e bui, appunto, tutto è stato vissuto con una serenità, con una tranquillità interiore che certamente non era opera nostra o carattere. Era certamente qualcosa che è venuto da fuori. Anche attraverso la preghiera e l’amicizia dei tanti che ci sono stati vicini in vario modo. Questa preghiera e questo bene umano è stato trasformato in serenità, in forza, in coscienza della Sua presenza e del Suo accompagnamento.


La mano di Dio in quella della fisioterapista Non posso non dire qualcosa del personale sanitario incontrato. Cito solo per tutti una fisioterapista che mi ha accudito sia nella normale riabilitazione della gamba atrofizzata dopo l’ictus, sia, soprattutto, quando è sopraggiunta l’infezione alle vertebre, molto più invalidante e dolorosa. Nella settimana santa, attraverso la professionalità e l’umanità di quella signora, ho vissuto con pienezza la presenza del Signore, curvo su di me per darmi una mano. Ho sentito attraverso quelle mani umane la presenza di Dio stesso che ci aiuta, ci sostiene in tutto il nostro vivere e nelle nostre fatiche. Una presenza certa, anche se, quando ti giri e guardi, vedi solo il volto della tua fisioterapista. Un grazie enorme va dunque a chi fa questi mestieri di aiuto, spesso stressati da carenza di personale e incurie varie, ma riesce a metterci quel qualcosa di umano che cambia le situazioni, ci fa toccare veramente qualcosa di divino.

La non-preghiera La stanchezza e spossatezza, la fatica del corpo dolorante, hanno portato un progressivo asciugarsi della forma della mia preghiera. Sino a spegnersi. Complice anche l’ictus, mi sono ritrovato a non aver forze per dire intero neanche un Padre nostro, e anche a non ricordare più tutte le altre “formule” che da sempre usiamo. Mi è restata l’invocazione, ma senza parole. Ancora di più vorrei sottolineare la mia “miseria” nel non riuscire neanche a pregare e sostenere la fatica di certi miei compagni di strada. A volte cercavo di farlo, ma spesso è prevalsa la mia incapacità a soccorrere o anche solo a sopportare il fratello. C’era quindi una miseria e una nonpreghiera. Eppure c’era qualcosa che mi sosteneva. La definirei come vicinanza, presenza, consolazione, forza e anche una certa coscienza, un sapere che anche nella mia miseria Lui capiva, ascoltava e lavorava in me. Ad un certo punto di questo progredire del silenzio e della meschinità, mi è parso sempre più chiaro che “la pre-

Preghiera delle cinque dita Papa Francesco 1. Il pollice è il dito più vicino a te. Così inizia a pregare per chi ti è più vicino. Sono le persone che più facilmente tornano nei nostri ricordi. Pregare per le persone a noi care è “un dolce obbligo”. 2. Il dito seguente è l’indice. Prega per chi insegna, educa e medica, quindi per maestri, professori, medici e sacerdoti. Questi hanno bisogno di sostegno e saggezza affinchè possano indicare la via giusta agli altri. Non dimenticarli mai nelle tue preghiere. 3. Il dito seguente è il più alto. Ci fa ricordare i nostri governatori. Prega per il presidente, per i parlamentari, per gli imprenditori e per i dirigenti. Sono loro che dirigono il destino della nostra patria e che guidano l’opinione pubblica. Hanno bisogno della guida di Dio. 4. Il quarto dito è il dito anulare. Nonostante possa sorprendere i più, è questo il nostro dito più debole, e qualunque insegnante di pianoforte lo può confermare. Bisogna ricordarsi di pregare per i più deboli, per coloro che hanno tanti problemi da affrontare o che sono affaticati dalle malattie. Hanno bisogno delle tue preghiere di giorno e di notte. Non saranno mai troppe le preghiere per queste persone. Inoltre ci invita a pregare per i matrimoni. 5. E per ultimo c’è il nostro dito mignolo, il più piccolo tra tutte le dita, piccolo come bisogna sentirsi di fronte a Dio e agli altri. Come dice la Bibbia “gli ultimi saranno i primi”. Il mignolo ti ricorda che devi pregare per te stesso. Solo quando avrai pregato per gli altri quattro gruppi, potrai vedere nella giusta ottica i tuoi bisogni e pregare meglio per te. CHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

ghiera” che stavo vivendo, così vera e intensa, mia e in cerca di aiuto per i miei vicini, non era qualcosa che andava da me al Padre, un qualcosa che io faccio per Lui, ma al contrario era la presenza sua che si faceva sentire da me. Era proprio la presenza li accanto a noi di Gesù. Che soffriva e che cercava di sostenerci. Che condivideva e sollevava. Non percepito o visto in qualche modo dai sensi, ma molto sentito dall’animo e dalla mia carne dolorante. Proprio nelle meschinità varie, fatiche, dolori, puzze, insofferenze. Lui era lì con noi, fratello alla pari e insieme sostegno silenzioso e profondo. Si capiva che la preghiera era non “ascoltata” ma “detta, fatta, vissuta” da Gesù. A me è stato dato il dono di accorgermi nella carne che appunto la preghiera “è già”. Che noi ci siamo già immersi. Credo immersi nella preghiera che Gesù ha innalzato nell’ultima cena. È già Lui che prega per noi e la nostra piccola preghiera è già assorbita nella sua. Tutta la nostra preghiera, in qualsiasi forma espressa e non espressa è fatta parte della preghiera di Gesù ed è accolta e ascoltata dal Padre. Mi rendo conto della insufficienza delle parole per esprimermi e della inadeguatezza di qualsiasi commento che sto facendo rispetto alla presenza nella carne di quello che abbiamo vissuto, ma so che di certo ognuno è stato attraversato in qualche suo modo da questa presenza forte, che non chiede parole. Ogni nostro dolore e sofferenza stanno già come gocce nelle mani di Gesù. Non voglio fare il teologo o fare affermazioni che non mi competono. Vi sto dicendo quello che io ho vissuto e che qualcuno ha messo nel mio cuore e nella mia piccola coscienzapercezione. C’era e c’è il mistero. ll mistero del buono che viene dal male, dal limite, da qualcosa che è comunque più grande di noi eppure ci coinvolge attivamente e ci dà salvezza.

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Non ho mai sentito in modo così chiaro che ogni sofferenza è già salvezza per tutti. Ogni singola sofferenza, salva tutti. Ho trovato in me una presenza che annientava distanze e, forse, anche distinzioni. Come se Gesù fosse, o meglio, come se io e noi fossimo in Lui. E Lui una cosa sola con noi. Di certo una presenza che dava vita, molto al di là delle apparenze sensibili. Così, pur non pregando, non sentivo la mancanza della comunicazione o della comunione. Pur non uscendo dalle difficoltà non sentivo né solitudine, né disperazione, ma anzi una comunione, un qualcosa che c’entra con “bene, vita, presenza, forza, silenzio che sazia e riempie”. C’è stato anche in qualche momento come un chiedere di morire. Era direi un istinto di vita, un voler uscire da una situazione troppo pesante da cui non si vedeva soluzione, imboccando una via d’uscita che in certi momenti poteva sembrare l’unica, cioè il morire. Però, anche in quei momenti difficili, la serenità di fondo non veniva meno. C’era una presenza che non mi lasciava e mi teneva a galla. Una presenza che era Vita. La pazienza cristiana, la lettura illuminante di Paolo Ad un certo punto del percorso sanitario, ho avuto la possibilità di riprendere la meditazione sulla Parola di Dio attraverso la Lettera ai Romani. Il passo che più mi ha raggiunto in quel tempo è stato quello in cui Paolo chiarisce bene cosa sia la pazienza cristiana, cioè qualcosa che non centra nulla con la capacità di sopportare con abilità nostra ciò che contraddice la nostra vita. Si tratta, al contrario, della capacità di attraversare la prova, magari anche di cadere sotto il peso delle vicende o dei propri limiti, peccato compreso, ma lì, e proprio lì nel nostro limite, nello sperimentare tutta la nostra fragilità e debolezza, sia umana-carnale che spirituale, lì,

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scoprire e sperimentare in verità che il Signore ti è accanto. Non ti lascia solo e ti porta oltre il guado.

Certo, c’è anche la divisione, il limite. La disperazione che diventa un mare. Qualcuno è annegato.

Il corpo mistico in un albero Quando ho cominciato a pensare che il viaggio che stavo vivendo andava raccontato agli amici, mi è parso che sarebbe stato veramente difficile tradurre tutto e comunicare con parole, ma mi è anche apparsa nella mente una sorta di icona. Mi sono figurato che ognuno di noi è un essere e una storia autonoma e originale, scossa dai vari venti della vita, come foglia di un albero. Ma appunto ogni singola e originale foglia vive una esperienza che anche le altre vivono e, appunto, ogni esperienza ha in sé gli stessi ingredienti di fondo di quella degli altri. Ogni esperienza, che infondo è sempre esperienza di Dio, è vissuta da tutti. Quindi non avrei dovuto faticare a comunicare cose che ognuno ha già in se stesso, cose che mi apparivano come indicibili e coinvolgenti nel profondo. Mi è apparso come ogni foglia di quell’albero trova linfa ed è attaccata a qualcosa di comune. Ogni nostra profondità, cresce dalle viscere dello stesso tronco, che ci vede uniti in un’unica realtà, il nostro corpo mistico, il corpo stesso di Gesù che ci fa chiesa, fratelli, unità in lui. Attraverso questa comunicazione passava e passa la linfa della preghiera comune, la possibilità di aiutarsi, di partecipare, di camminare insieme. Così come sentivo presente e forte la vicinanza degli amici attraverso la loro preghiera, allo stesso modo mi appariva evidente che ogni goccia di vita è vicinanza e condivisione. Siamo di fatto in comunione continua, vera e fonte di vita, di aiuto. Questa continua comunione mi ha dato gioia, voglia di vivere, forza. Incarnata anche dalla presenza effettiva di Katia e dalla presenza degli amici. Credo che senza il dono della comunità non avrei e non avremmo trovato fiato per vivere questa vicenda.

C’è la solitudine di chi si sente povero e solo. Ho visto da vicino la fatica dei compagni di strada molto meno fortunati di me. C’è il dolore di chi soffre e non trova consolazione. C’è qualcosa che qualcuno ha chiamato “il ritardo del regno”. C’è una presenza concreta e forte della assenza del regno. C’è l’amico, compagno delle nostre strade, che sta male e non sente nessun aiuto. C’è un Gesù in croce che sembra abbandonato. C’è un silenzio, un non buono che ciascuno ben conosce.

CHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

A me sembra evidente in questo viaggio della carne e dell’anima, che molto al di là della nostra capacità di capire, c’è una realtà di presenza e di unità, c’è una salvezza che è per tutti. Un’unica umanità nella stessa fatica e angoscia che è, però, appunto fatica comune, come un essere tutti insieme il Gesù che ci prende insieme nel suo grido al Padre. C’era lì, in reparto, una unità di fondo tra noi pazienti e derelitti vari, una solidarietà che ci univa dal basso e ci teneva tutti a galla. Mi sono sentito chiamato (come tutti penso) ad una attesa attiva di questo Regno. A una maggiore solidarietà tra naufraghi. Mi sono sentito come issato a vivere anche se naufrago, assunto comunque nella ditta, addetta ad una vita buona insieme. Esco e usciamo volentieri da questo tempo forte con una maggiore gioia, una maggiore consapevolezza che in tutto c’è la Sua presenza e in tutte le situazioni c’è da cercare e trovare aiuto in Lui. “ Io mi corico, mi addormento e mi risveglio: il Signore mi sostiene” Che il Signore aumenti la nostra fede ci dia forza e pace.


IN COMUNITà

la carità di dio è infinita. ricominciare ad amare oltre le nostre infedeltà.

Sì Signore, ti voglio bene di Gianna Urbani

La croce è il compimento della salvezza dell’uomo. Normalmente questo sembra una disfatta. È incomprensibile, infatti, pensare che Gesù in Croce, beffeggiato, provocato, deriso, impotente, inchiodato, spogliato e completamente in balia dei nemici, stia realizzando la Salvezza. Fu condannato innocente semplicemente perché disse la verità. Alla domanda: “Sei tu il Figlio di Dio?”, rispose: “Tu l’hai detto”. Era vero! È vero! Gesù mi ha donato la Salvezza gratuitamente, pagando Lui, con la sua vita: unico che poteva pagare con la moneta di valore infinita. Solo Lui poteva chiedere al Padre un perdono con valore infinito che a me creatura, finita, limitata e fragile, è impossibile. Lui mi dà la possibilità di vivere nell’eccesso d’Amore e questo avviene per potenza e opera dello Spirito Santo. Grazie Signore! Insegnami la via, quella che Tu stesso hai vissuto nella verità, nella generosità, nella pace e nella gioia.

di esercizi - in Gesù c’è tutto un eccesso, una esagerazione d’amore. Nonostante i tanti no da parte dell’umanità, Lui continua ad Amare. Questo amore è anche costante, paziente, infinito, perché è proprio di Dio. È disinteressato, sa che siamo noi che abbiamo bisogno di stare con Lui. Con il suo sacrificio ci ha divinizzati: resi capaci di cose divine. La divinizzazione dell’uomo avviene per grazia, per dono. Dio mi dona lo Spirito Santo, l’essenza dell’Amore, e mi fa capace di amare. Amare con la misura, con il contagocce è umano, ma amare con la forza dello Spirito Santo è divino. È l’amore della mamma, del papà, di chi dà la vita per chi ha bisogno. È l’amore trinitario che procede dal Padre e dal Figlio e dallo Spirito Santo.

Come diceva Don Nava - in un corso

Pensiamo all’Eucarestia: è esageraCHIAMATI A ESSERE MISSIONARI

zione d’amore per me, per stare con me, per poter imparare ad amare. Signore, quante infedeltà, quante debolezze, mi sento veramente piccola, fragile, incapace, ma è ora che ti dica: “Sulla Tua Parola getterò le reti”. So che come a Pietro, non mi chiedi delle mie mancanze, ma solo: “Gianna, mi vuoi bene? Allora ricomincia, perché io te ne voglio”. Nella Trasfigurazione sul monte Tabor una voce risuonò: “Questi è il mio Figlio, l’amato, ascoltatelo”. Per il sacrificio del figlio siamo chiamati a vivere l’amore trinitario. In aramaico, la lingua che Gesù parlava, “Sì, ti voglio bene” si dice “Filéo sé”. Gesù tu guardi il cuore contrito, pronto a ricominciare ad amare, allora, anch’io Gesù “Filéo sé”, “Sì, Signore, ti voglio bene”.

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in RETE

chiesa e internet. storie, novità e applicazioni dal mondo della rete.

Radio fra le note Ecco l’iBreviary in rito ambrosiano

Tecnologia e fede, dall’oratorio alle onde dell’etere. Ha fatto il dj, poi ha preso i voti e da sacerdote ha fatto cantare i calciatori e ora ha fondato la prima radio parrocchiale in streaming della diocesi di Genova. Autore ed ideatore è don Roberto Fiscer, ex Dj sulla navi da crociera e attualmente viceparroco della parrocchia di San Martino d’Albaro. Dopo aver ideato alcuni anni fa la prima discoteca cristiana della Liguria ad Arenzano, dopo il singolo “Replay non ne ha” cantato dai giocatori di squadre di calcio, don Roberto ha dato il via a questa nuova esperienza per i giovani. “Radio fra le note”, questo il nome (la t è scritta in modo da ricordare una croce), trasmette dall’oratorio parrocchiale. “È una radio dell’altro mondo – ha detto don Roberto – una radio come quelle di una volta, una radio che propone musica, intrattenimento e divertimento. Vuole trasmettere fede, valori, storie, disagi, bisogni e sogni dei ragazzi. Ragazzi che parlano ai ragazzi. Una nuova forma di oratorio che dà voce a chi, oggi, non sempre è ascoltato. Parlare a una radio è parlare al mondo, a se stessi, a Dio”. La radio è diretta dai sacerdoti della Parrocchia e lo stesso don Roberto, insieme ai giovani e accompagnati dall’esperienza di adulti qualificati. La radio può essere ascoltata tramite il sito della parrocchia (www.sanmartinodalbaro.it).

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Sbarca sul web, attraverso specifiche applicazioni per tablets e smartphones, il Breviario in rito ambrosiano, dopo il grande successo della versione “romana”, già disponbile da cinque anni e ora in ben sette lingue. «Questa idea nasce ormai diverso tempo fa, quando i cellulari di nuova generazione hanno iniziato a diffondersi in tante attività delle vita quotidiana. La domanda che mi venne spontanea fu di pensare a un modo per utilizzarli anche per un ambito umano fondamentale, com’è appunto la preghiera». Lo racconta con parole semplici, ma la sua intuizione è di quelle che lasciano il segno, don Paolo Padrini, sacerdote della diocesi di Tortona, esperto e appassionato di nuove tecnologie, chiamato nel 2009 dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali a coordinare il progetto “Pope2You.net”. È lui il creatore di iBreviary: «Come il breviario cartaceo è uno strumento portatile, che può accompagnare

Papa Francesco twitstar?

la giornata di sacerdoti e laici, così, con la modernità, ci siamo aperti al supporto per smartphone: cambiano le modalità di uso, ma non la logica sottostante, che è il poter accedere alla preghiera in modo pratico e ogni momento della giornata». È stato calcolato che l’utenza si attesti intorno ai 900 mila apparati che, nelle diverse forme, usano l’applicazione, senza contare quanti, giornalmente, si collegano dai loro computer, perché si può accedere ad iBreviary anche dal normale internet per Pc. Per qualsiasi informazione far riferimento al sito www.ibreviary.org e a www.liturgiagiovane.it che fornisce l’insieme dei testi e altri contributi come canti, approfondimenti, spiegazioni liturgiche.

Lo inaugurò il suo predecessore quasi un anno fa (era il 17 dicembre), ma il boom di follower e di retweet lo sta raggiungendo in queste settimane. Parliamo dell’account twitter del Papa, @Pontifex. Account che non è “personale”, ma proprio del Vescovo di Roma, tanto è vero che durante la Sede Vacante è stato silente, e i precedenti tweet cancellati. È uno strumento al quale Papa Francesco ha dato la propria impronta pastorale. E ha raggiunto la ragguardevole cifra di 10 milioni di follower calcolando tutte le versioni linguistiche (9 lingue tra cui anche il latino). A farla da “padroni” sono gli utenti di lingua spagnola. Da soli infatti rappresentano il 40% del totale. Al secondo posto l’inglese (oltre 3 milioni), e poi l’italiano (oltre 1.242.000), segno del profondo legame che noi abbiamo con la figura del Pontefice. Fanalino di coda – per ora - è l’account in arabo, con quasi centomila follower. Il Latino a sorpresa batte anche tedeschi e polacchi e segna ben 180 mila follower. CHIAMATI A ESSERE MISSIONARI


Santo Natale 2013

ESPERIENZE DI VITA, LA RIVISTA è ON LINE Gli appartenenti al Piccolo Gruppo di

Care sorelle e cari fratelli,

Cristo hanno la possibilità di accedere

quando questa edizione vedrà la luce, avremo già vissuto buona parte del tempo di Avvento, un tempo favorevole per convertirci e credere al Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo e anche il percorso di riconciliazione con il Signore e tra di noi, suggeritoci dal nostro Fondatore. Sono sicuro che ciascuno di noi, attraverso la preghiera, il silenzio ed il digiuno avrà individuato dentro di se, la radice del proprio peccato che ha concorso a rompere la comunione con il Signore e fra di noi. Sono sicuro che con l’aiuto di Maria avremo bruciato la radice dei nostri difetti (la superbia - l’orgoglio - l’invidia e così via) e avremo chiesto dal profondo del cuore alla nostra sorella o al nostro fratello che ci sta accanto: “desidero riconciliarmi con Te”.

e poter leggere la rivista “Esperien-

Saremo donne e uomini nuovi, una comunità nuova, creata dall’amore del Padre, rigenerata dal sacrificio del Figlio e santificata per opera dello Spirito Santo.

un dono a qualche familiare, amico

Niente di meglio per diventare culla dell’Altissimo che troverà accoglienza e dimora dentro i nostri cuori purificati.

al sito internet www.piccologruppo.it ze di Vita” direttamente in rete, cioé senza avere materialmente tra le mani la stessa rivista in formato cartaceo. Anche un qualunque visitatore del sito internet può farlo. Naturalmente occorre che qualcuno lo guidi a conoscere il sito e lo invogli a leggere le pagine della rivista. La rivista in formato cartaceo che ognuno di noi riceve può diventare o conoscente che possa avere un interesse per il discorso religioso e di vita evangelica, e che magari si intende avvicinare al “Gruppo”.

Accogliamo dentro di noi il Signore che veste la nostra carne, che si fa tenda dentro di noi, che si incarna nei nostri cuori.

FLASH SPIRITUALI

Corriamo per le vie del mondo e come gli angeli, come i pastori, come i Magi venuti da lontano, inginocchiamoci davanti a quel bambino avvolto in fasce e cantiamo anche noi: “Gloria a Dio e pace in terra, agli uomini che Egli ama”.

no pensieri e scritti dal mondo della

Buon Natale Piccolo Gruppo. Diventa sempre più umile, più piccolo come il Dio che si incarna per diventare servo per amore, per annunciare ad ogni uomo che Dio ci ama, ci vuole salvi e felici non solo in terra, ma anche in cielo e per tutta l’eternità.

Per iscriversi o per qualsiasi necessità

Buon Natale sorella e fratello che soffri, buon Natale mamma e Papà che sei in attesa del dono incommensurabile della vita, buon Natale a tutti e a ciascuno dal profondo del cuore e che Gesù sia sempre dentro di noi. Vi voglio bene in Gesù nostro fratello Dio.

Per tutti c’è la possibilità di iscriversi

Giancarlo Bassanini (Resp.Generale)

È attivo il servizio mail di “pensieri spirtiuali”, brevi testi che riportaChiesa o della Comunità il Piccolo Gruppo di Cristo. Un modo semplice e diretto per meditare. Il servizio è attivo il lunedì, mercoledì e venerdì. scrivete a edv@piccologruppo.it

NEWSLETTER al sito internet www.piccologruppo.it e ricevere aggiornamenti sulle proposte e il cammino della Comunità.


O Gesù, che ti sei fatto Bambino per venire a cercare e chiamare per nome ciascuno di noi, Tu che vieni ogni giorno e che vieni a noi in questa notte, donaci di aprirti il nostro cuore. Noi vogliamo consegnarti la nostra vita, il racconto della nostra storia personale, perché Tu lo illumini, perché Tu ci scopra il senso ultimo di ogni sofferenza, dolore, pianto, oscurità.

www.piccologruppo.it

Fa’ che la luce della tua notte illumini e riscaldi i nostri cuori, donaci di contemplarti con Maria e Giuseppe, dona pace alle nostre case, alle nostre famiglie, alla nostra società! Fa’ che essa ti accolga e gioisca di Te e del Tuo amore. (Carlo Maria Martini, Natale - messa della notte Duomo di Milano - 24.12.1995) Nella foto: la stella che indica il luogo dove è nato Gesù nella Grotta della Natività, Basilica della Natività, Betlemme


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