EDV Periodico della Comunità il Piccolo Gruppo di Cristo | n°. 162 - anno XXXV | Ottobre 2014
esperienze di vita
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La fede, un dono da condividere con gli altri. EDITORIALE Ascoltare la Parola di Dio
ATTUALITà Un abbraccio di misericordia. Una vita per gli altri
IN COMUNITà Settimana comunitaria a Villabassa
Sommario
Come la mia vocazione mi aiuta ad accogliere l’altro, a volte di fede diversa dalla mia? Quali strumenti posso mettere in campo per coltivare queste relazioni? Non solo integrazione umana ma anche spirituale: a partire dal mio vicino di casa, per passare all’ambito educativo e lavorativo.
EdV • ottobre 2014
EDITORIALE
CHIESA NEL MONDO
pag.4 Ascoltare la Parola di Dio Giancarlo Bassanini
ATTUALITà
pag.6 Un abbraccio di misericordia. Una vita per gli altri Francesco Corda
pag.10 Chi accoglie questo fanciullo nel mio nome, accoglie me IL VOLTO DEI SANTI
pag.8 La fede, un dono di vita... da condividere
pag.11 Ecco il campo, ecco dove devi lavorare Rosalba Beatrice
Valeria Fiorini
Nel prossimo numero Approfondiremo la festa dell’Eremo, momento importante per il cammino di tutta la comunità del Piccolo Gruppo. Proporremo una nuova rubrica dedicata alla presenza dell’arte all’interno dei luoghi religiosi come manifestazione della fede e di un linguaggio sempre attuale.
redazione EDV
info PGC
Giovanni Cattaneo Luigi Crimella Rosalba Beatrice Paolo Cattaneo Giorgia Evangelisti Vilma Cazzulani Donatella Zurlo
Il Piccolo Gruppo di Cristo Via San Pietro, 20 20832 Desio, MB
PROGETTO GRAFICO Paolo Cattaneo edv@piccologruppo.it
www.piccologruppo.it SEGRETERIA segreteria@piccologruppo.it segreteria.pgc (+39) 0362 621651 (+39) 0362 287322
Appuntamento della Chiesa Universale 19/10 - Beatificazione Paolo VI. Fu lui a creare il 15 settembre 1965 il Sinodo dei vescovi e domenica 19 ottobre Papa Francesco lo ha proclamato beato alla fine dell’assemblea straordinaria dei vescovi sulla Famiglia.
IN COMUNITà
L’ANGOLO DEI LIBRI
pag.14 Settimana comunitaria a Villabassa
pag.21 Una lettura per tutti i gusti. Alcune recensioni da non perdere Vilma Cazzulani e Donatella Zurlo
in RETE
pag.19 Ri-torniamoci sopra Mauro Panzeri
pag.20 Il Vescovo Mario Grech parla al consiglio del PGC
pag.22 Chiesa e Internet. Storie, novità e applicazioni dal mondo della rete pag.23 Con il cuore vi abbraccio
Pensiero SpirItuale Papa Francesco, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2015 - “Chiesa senza frontiere, Madre di tutti” Il coraggio della fede, della speranza e della carità permette di ridurre le distanze che separano dai drammi umani. Gesù Cristo è sempre in attesa di essere riconosciuto nei migranti e nei rifugiati, nei profughi e negli esuli, e anche in questo modo ci chiama a condividere le risorse, talvolta a rinunciare a qualcosa del nostro acquisito benessere. Lo ricordava il Papa Paolo VI, dicendo che «i più favoriti devono rinunciare ad alcuni dei loro diritti per mettere con maggiore liberalità i loro beni al servizio degli altri» (Lett. ap. Octogesima adveniens, 14 maggio 1971, 23). Del resto, il carattere multiculturale delle società odierne incoraggia la Chiesa ad assumersi nuovi impegni di solidarietà, di comunione e di evangelizzazione. I movimenti migratori, infatti, sollecitano ad approfondire e a rafforzare i valori necessari a garantire la convivenza armonica tra persone e culture.
EDITORIALE
il linguaggio della preghiera per rafforzare la nostra relazione con dio ascoltare ogni giorno Gesù attraverso la meditazione quotidiana della Sua Parola e contemporaneamente saper ascoltare la sorella e il fratello che ci vive accanto; solo così saremo testimoni coerenti con quello che professiamo: l’amore a Dio e al prossimo. Gesù, ospite in casa di Lazzaro, conversando con l’indaffarata Marta, le ricorderà che di una cosa sola c’è bisogno: la preghiera! E le sottolineerà che la sorella Maria si è scelta la parte migliore che non le sarà mai tolta. La preghiera a Dio infatti ci permetterà di vedere l’altro e le sue necessità più grandi delle nostre, perché in Lui non vedremo più l’uomo, lo straniero, quello che ci ruba il posto di lavoro o una parte dei soldi che sarebbero diversamente destinati a noi, ma l’amore della nostra vita: Gesù.
Ascoltare la Parola di Dio di Giancarlo Bassanini [responsabile generale]
Care sorelle e cari fratelli, all’inizio di un nuovo anno pastorale, credo sia importante per ciascuno di noi soffermarci a meditare la nostra Icona Biblica, per rivedere se la profondità della nostra relazione con il Signore e il nostro stile di vita sono
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conformi al nostro essere monaci delle strade, ovvero di donne e uomini in cammino per unificare la nostra vita con Gesù, senza escludere il nostro prossimo. Credo sia molto importante saper ACCOGLIERE SEMPRE GRATUITAMENTE
Per questo i santi nel corso della storia sono stati gli uomini che più hanno realizzato le opere sante in favore degli ultimi, dei malati, dei più soli e dei più bisognosi. Non si può amare Dio e chiudere il proprio cuore a chi è nel bisogno. La nostra Icona Biblica ci aiuta a declinare dentro alla nostra vita la preghiera ed il servizio, senza chiedere alcuna ricompensa, perché la ricompensa ce la darà il Signore, vedendoci nel nascondimento mentre ci facciamo pane spezzato come Lui, ogni giorno, si fa pane spezzato per noi e per tutti e versa il suo sangue per la nostra e l’altrui salvezza. Mi ha sempre affascinato quella stupenda sequela di verbi contenuti nella nostra icona biblica, che sono un crescendo fantastico che ci attende al
termine della nostra vita se avremo saputo essere fedeli alla consegna del già richiamato “Lavora e prega, fai opere di bene senza pretendere nessuna ricompensa”. Ve li ripresento, perché mi fanno sempre gioire e vorrei che anche voi gioiste con me. Sono verbi preceduti da quel “Ti vedrò” che mi fa tremare le gambe e sussultare il cuore: Ti vedrò incompreso, deriso, insultato, vecchio, trascurato, solo. Avrò compasssione di te, ti solleverò, ti laverò dai tuoi peccati, dalle tue omissioni, ti vestirò con abiti nuovi, ti porterò nella mia casa, mangerai a mensa con me, appoggerai la testa sul mio petto, sarai mio amico, mio fratello fedele e amato.
prossimo come Gesù ha amato e servito tutti noi, fino a dare la sua vita, Lui il giusto, per noi peccatori. Il linguaggio di Dio è diverso da quello dell’uomo, solo con la preghiera e con l’unzione dello Spirito Santo “lo si può comprendere”. Il linguaggio di Dio è quello che troviamo nell’altra nostra icona, quella Teologia, laddove dice che “i deboli diventano forti, i timorosi guerrieri di Cristo, gli ignoranti diventano oratori e maestri” e i “peccatori ricevono la grazia” e io ag-
giungo e per grazia la trasfondono in quelli che amano e servono. Siano questi i nostri sentimenti durante questo anno nuovo che ci viene donato da vivere nella nostra storia sacra, e da questi sentimenti discendano le nostre azioni coerenti verso Dio e verso il nostro prossimo che sono le due facce di un’unica medaglia. Questo è il mio augurio che si fa preghiera per ciascuno di Voi.
E poi il crescendo: Mi compiacerò di te, ti presenterò al Padre, che ti consegnerà l’anello della carità, dell’amore, della gloria. Sorelle e fratelli, dobbiamo vivere misticamente uniti a Lui per imparare ad annunciare la Parola di Dio con umiltà, perché la Parola di Dio non è uguale alla parola umana, la parola di Dio, come ci ricorda Papa Francesco “è Gesù stesso”. Meditare la Parola è importantissimo, non per imparare, bensì per trovare Gesù, perché Gesù è proprio nella sua Parola, nel suo Vangelo. Gesù si riceve - è sempre il Papa che ce lo dice - con cuore sincero, aperto e umile, con lo spirito delle beatitudini, perché Gesù è venuto in umiltà, in povertà e con l’unzione dello Spirito Santo. Chiediamo dunque l’unzione del cuore che è l’unzione delle beatitudini, che è l’unzione del suo consacrato. Chiediamo di poter ricevere ogni giorno la sua Parola semplicemente, perché è Gesù vivo nella sua Parola. Chiediamo di saper amare e servire il ACCOGLIERE SEMPRE GRATUITAMENTE
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ATTUALITà
nel cuore di milano. l’esperienza di carità dell’associazione “effatà-apriti”
Un abbraccio di misericordia. Una vita per gli altri
di Francesco Corda
L’incontro misericordioso con il Signore ad un certo punto della tua vita si è concretizzato nell’esperienza con i poveri della città di Milano. Nel 1991, dopo molti anni vissuti concretamente sul campo, fondi l’Associazione “Effatà-Apriti” nata dall’esperienza del Gruppo Emmaus iniziato nel 1984 . A trent’anni da quel giorno, come rileggi questo tempo percorso accanto ai senza fissa dimora e agli anziani indigenti che hai conosciuto?
va avere “i Suoi occhi” – come dice la Preghiera del Cammino – anche se la nostra preghiera ancora non era stata scritta. Volendo essere sincero devo dire che solo nel tempo mi sono reso conto che si è trattato di un dono dello Spirito immeritato. Da solo non mi ero accorto. Me lo fece notare il mio responsabile personale diversi anni fa.
Giunto a Milano all’inizio degli anni sessanta, entravamo nella fase finale del periodo così detto “boom economico”, non è stato difficile imbattersi nella grave emarginazione che è un fenomeno presente nelle società occidentali economicamente evolute. L’ltalia non fa eccezione e Milano è stata al centro di questa ripresa economica italiana nel dopoguerra. Per vederla e leggere quella realtà, basta-
Anagraficamente sono uomini ultrasessantenni. Qualche decennio fa erano quasi tutti celibi talvolta vedovi. Negli ultimi tempi prevalgono i divorziati, separati o reduci da convivenze più o meno lunghe. Spesso con figli a loro volta già sposati. Con lo sfaldamento delle famiglie, aumentano a dismisura questi casi, e noi ce la mettiamo tutta per cercare di aiutarli a superare questa fase critica
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Chi sono i poveri che si avvicinano alla tua associazione? Raccontaci con il tuo vissuto il loro “Volto”?
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della loro vita. Solo in minima parte, riusciamo ad alleviare questa terribile piaga sociale. Sono persone segnate da solitudine, disoccupazione, talvolta alcolismo, disturbi mentali non curati. Tutti fattori che possono aver provocato la perdita del lavoro, la disunione della famiglia con il venir meno degli affetti più cari e la conseguente depressione. Da qui all’emarginazione sociale grave ed entrare nella schiera dei “Senza fissa Dimora” il passo è brevissimo. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.” (Gv 15, 13). Queste parole del Vangelo sembrano essere molto vicine al tuo cammino. Nella vita di tutti i giorni, insieme agli altri volontari, come donate la vostra vita alle persone che ospitate? Dal Vangelo ho sempre tanto da imparare. Una delle cose più belle che ci ha insegnato Gesù è che ha chiamato
i suoi discepoli Amici. Da subito a me è piaciuto chiamare Amici le Persone Povere che Lui ha messo nel nostro cammino. Solo quando, in situazioni “istituzionali”, devo fare riferimento a loro, per non equivocare il termine “amico”, uso e faccio usare il termine Ospite. Mi disturba moltissimo quando da qualcuno vengono chiamati “assistiti”, mi sembra un termine freddo, privo d’affetto fraterno. Fin dall’inizio abbiamo voluto dare alla nostra Associazione l’impronta di una famiglia allargata. Non sempre ci riusciamo, anche perché chi ha vissuto per lungo tempo nella “giungla d’asfalto” delle grandi città, con tante esperienze negative, prima di dare fiducia ad una accoglienza gratuita e totalmente disinteressata fa fatica, la cosa non è automatica, immediata. Ogni soggetto ha bisogno del proprio tempo di adattamento per cogliere questa realtà in base alla sua sensibilità, carattere ed esperienza vissuta. Quando incontriamo una persona nuova in difficoltà, nei primi colloqui non promettiamo altro se non il nostro impegno a dare una mano per superare insieme le difficoltà che sta vivendo e vogliamo aiutarlo perché possa reinserirsi nella società recuperando la dignità perduta. In un recente discorso, ai poveri assistiti dalla Comunità di Sant’ Egidio, il Santo Padre ha affermato: “Dai poveri e dagli anziani si inizia a cambiare la società. Gesù dice di sé stesso: «La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo» (Mt 21,42). Anche i poveri sono in qualche modo “pietra d’angolo” per la costruzione della società”. Che ne pensi? Non solo condivido ma – come fai tu – anche a me piace citare Mt 25 dove Gesù si identifica coi poveri. Servire i poveri è servire Lui, ed il Santo Padre ci sollecita e stimola a fare esperienza
diretta sporcandoci le mani nel toccare la loro carne martoriata, come ha chiesto all’Apostolo Tommaso. Perché credesse in Lui lo invita a mettere le mani nelle piaghe… Sappiamo che Gesù è “la pietra che i costruttori hanno scartato”. Ripartire dai poveri è la via maestra per la costruzione della società veramente umana. Non lo dico solo io. Negli anni 80 (anni in cui ha avuto inizio la nostra avventura) i Vescovi italiani avevano distribuito il piano decennale il cui titolo era: “La Chiesa italiana e le prospettive del Paese”. In questo piano venivamo richiamati a ripartire dagli ultimi. Ma noi apparteniamo ad un popolo di “dura cervice” e queste cose abbiamo bisogno che periodicamente ci vengano rimarcate. Per questo il Signore ora ci ha mandato Papa Francesco che ce le ricorda.Anche se non me lo hai chiesto, permettimi di aggiungere una cosa che mi sembra importante. Quando molti anni fa ci stavamo preparando a festeggiare bene la ricorrenza del nostro Giubileo, Andrea di Maio tenne alla nostra Comunità, una serie di incontri a Desio. In uno di questi sono stato colpito dall’invito rivolto ad ognuno di noi a scegliere un segno tangibile che doveva rimanere nel tempo – seguendo l’insegnamento antico – riportato nell’A.T. Da tempo avevo nel cuore un desiderio molto importante che non ero ancora riuscito a realizzare. Ho capito che non potevo rinviare ancora …condividere coi Poveri la Parola. Fin dall’inizio avevamo dato accoglienza, fornito da mangiare, alloggio, amicizia… ma non la cosa più importante… la condivisione della Parola di vita, che poi è Gesù stesso. Maria di Betania insegna. Ho scelto che tutti i sabati, per chi lo desidera, ci si incontra per leggere, meditare e condividere il Vangelo della Domenica. Ho sperimentato una nuova grande Grazia: approfondire la Parola coi fratelli.
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Il mondo contemporaneo, contrariamente al tuo impegno associativo, emargina i poveri. Che consiglio, input, ti verrebbe da suggerire per chi nella propria vita sente di spendersi in una realtà come quella che vivi tu? Con molta umile consapevolezza, devo ammettere che non sono in grado di dare insegnamenti a nessuno. Mi viene in mente invece l’insegnamento del grande Papa Paolo VI (poco amato dagli “intelletuali” ed i media del suo tempo) che nella sua bellissima e straordinariamente attuale Enciclica Populorum Progressio affermava: “il mondo oggi ha più bisogno di testimoni che di maestri”. Spesso nella preghiera chiedo al Signore la grazia di rendermi un suo piccolo, umile testimone credibile del Suo amore, Lui che ha voluto manifestare tanta misericordia ad un peccatore come me. Scusandomi per lo sproloquio che ho premesso, questa tua domanda parte con una grande, triste verità che il nostro amato Francesco sta rimarcando ripetutamente nei suoi ultimi interventi: dobbiamo rifiutare “la cultura dello scarto” che la società ci sta propinando. Gli Amici che la nostra Associazione aiuta, dalla società attuale, spesso sono considerati lo scarto, da emarginare. Detto questo posso assicurare che la vita spesa in questo modo e per questa causa la trovo bella, evangelica, piena, ricca di significato e non la sostituirei con un’altra nonostante comporti fatica, sudore, incomprensioni, qualche calunnia… ma non è quello che ha sperimentato Gesù in terra? Credo sia la strada giusta, perciò da sperimentare. Spero di non peccare anche di presunzione. A chiunque, ma in particolare ai giovani, che abbiano avuto la pazienza di leggere arrivando fin qui, parafrasando il Vangelo mi sento di dire: vieni e vedi.
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ATTUALITà
L’esperienza lavorativa di una sorella della comunità di roma
La fede, un dono di vita ... da condividere di Valeria Fiorini Sto facendo il conto alla rovescia: mancano trecentoquaranta giorni alla conclusione del mio intenso rapporto di lavoro con la scuola pubblica. Aspetto quel momento con ansia e curiosità: finalmente riavrò la mia libertà, ma come vivrò il tempo che mi viene restituito? In questa fase della mia vita è giocoforza fare un bilancio: a sessantacinque anni non ho ancora perso l’entusiasmo per un lavoro che mi è sempre piaciuto, ma per il quale ho trascurato molte cose altrettanto importanti. La prima riflessione mi viene dalla constatazione che, anno dopo anno, le mie energie fisiche vanno diminuendo, per cui mi riesce sempre più difficile conciliare l’impegno lavorativo con la gestione familiare, ma ancor più con la vita spirituale, soprattutto nella comunità. Ogni estate, quando le attività scolastiche rallentano, mi diventa facile avere il tempo per la preghiera e l’Eucarestia quotidiana; la gioia che ne traggo mi spinge sempre a propormi di programmare il nuovo anno in funzione di queste piuttosto che della scuola, ma i fatti, le responsabilità e la stanchezza fisica vanificano quasi subito il proponimento, soprattutto a spese della mia vita co-
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munitaria, per cui divento sistematicamente uccel di bosco subito dopo la festa dell’Eremo. Anelo, dunque, alla pensione, per poter coltivare il dono prezioso del dialogo prolungato col Signore e dell’appartenenza alla fraternità del Piccolo Gruppo. D’altra parte, la scuola riempie talmente tanto la mia giornata che mi chiedo se e quanto ne sentirò la mancanza. E allora vado indietro col pensiero e ripercorro le tappe della mia vita, con gli occhi di oggi, ormai allenati a vedere la presenza del Signore anche nelle piccole cose: come mi ha portato ad entrare nella scuola, lasciando il lavoro da analista al Centro elettronico del comune di Roma; come ha creato le condizioni perché, da insegnante di matematica che ero, mi appassionassi al problema delle difficoltà di apprendimento e mi impegnassi a diventare insegnante di sostegno; come tali studi, insieme alla pratica professionale, mi abbiano aiutato a sviluppare competenze nella capacità di entrare in relazione empatica con gli alunni; come, soprattutto attraverso le mie vicende familiari, mi abbia guidato ad un incontro più consapevole con Lui; come tale incontro abbia radicalmente modificato non il mio carattere, né ACCOGLIERE SEMPRE GRATUITAMENTE
le situazioni di vita, ma il mio modo di vederle e di relazionarmi con gli altri. Ho vissuto la mia progressiva scoperta del Signore come, penso, ognuno di noi: inizialmente col timore di essere derisa, poi con l’entusiasmo di un’innamorata e il desiderio di portare tutti a Lui; oggi, con la comprensione che l’aspetto più meraviglioso del Suo amore è l’assoluta libertà di scelta che ci lascia, insieme con il Suo immenso e incondizionato desiderio di bene per ciascuna creatura. Tutto questo non poteva non influire nella mia vita lavorativa: ore ed ore passate con i ragazzi, colloqui con i genitori, contatti con colleghi e collaboratori, ascolto di sfoghi, confidenze, conoscenza di situazioni a volte drammatiche, scelte “politiche” da fare nell’ambito del Collegio dei docenti o del Consiglio di istituto. Senza la fede, e soprattutto senza un “cammino” di fede, sono convinta che non sarei stata la stessa persona che sono oggi; ho smesso di esibirla, mi sono limitata a viverla, cercando di mettere in pratica la nostra preghiera: “ i miei occhi siano i Tuoi occhi…”. E Lui mi ha sempre sostenuta, facendomi scoprire giorno dopo giorno la verità della presenza dello Spirito. Mille volte mi è successo, al termine dei colloqui con gli adulti che mi si rivolgevano, di sentirmi dire: “grazie, professoressa, avevo proprio bisogno delle sue parole”, ed io so che non avrei mai pensato di poterle dire con le mie forze, né, soprattutto, di poter, da sola, centrare il problema e la sofferenza della persona che avevo davanti. Mille volte mi è successo, entrando in classe da insegnante di sostegno, di trovarmi coinvolta in una lezione di storia sulla riforma protestante, sulle crociate, o nella spiegazione di un brano della Divina Commedia, e di poter inter-
venire senza timore, fornendo ai ragazzi, ma anche ai colleghi, spiegazioni e punti di vista meno “laici”. In queste circostanze, ho scoperto quanto pregiudizio e quanti luoghi comuni siano diffusi sulla nostra religione e sulla Chiesa cattolica, ma ancor più quanta sia l’ignoranza che permette la loro diffusione. L’educazione cristiana non può e non deve essere lasciata alla parrocchia o all’ora di religione, ma va esercitata con coraggio e senza fanatismo da ogni credente: è vero che la scuola pubblica deve garantire la pluralità delle opinioni, sia in campo religioso che politico, ma deve anche fornire conoscenze tali da permettere una scelta consapevole. Una gran parte degli insegnanti curricolari ha timore, come io pure lo avevo, di dichiararsi credenti, e comunque affonda le radici della propria fede nell’educazione ricevuta nell’infanzia, senza più averla coltivata se non, quando va bene, con la messa domenicale; si accosta agli alunni permeato dei condizionamenti conseguenti alla cultura e alla filosofia oggi dominante; si lascia imbavagliare dalle contraddizioni e dagli errori compiuti dalla Chiesa ed evita i confronti diretti. Eppure, crede. E non si accorge che coloro che gli vivono intorno hanno un bisogno spaventoso che questa fede venga loro testimoniata, ovviamente con coerenza di vita, oltre che con le parole. Noto, di anno in anno, che nelle classi aumentano gli alunni che scelgono di non avvalersi dell’ora di insegnamento della religione cattolica. I motivi sono i più disparati: dall’approfittare della possibilità di avere un tempo disponibile per farsi i compiti delle altre materie, dormire un’ora di più o pranzare un’ora prima, all’essere convinti di tutelare i propri figli dall’influenza di “ideologismi” considerati negativi (ma come la mettiamo con le chiavi di lettura fornite da carismatici professori di storia, filosofia, scienze, eccetera, più o meno
politicizzati?), all’antipatia personale verso il docente di religione. Alla fine arrivano le famiglie appartenenti ad altre confessioni religiose. Anche in questo caso, nella mia esperienza ho incontrato tante realtà, le più numerose fra gli extracomunitari, ma non solo. Nella mia carrellata di ricordi, penso ad Ariel, meraviglioso ragazzo di religione ebraica, con una famiglia aperta e intelligente; nella sua classe c’erano altri alunni che, come lui, non frequentavano l’ora di religione. Nel triennio che hanno trascorso nella nostra scuola lui si è preparato al “bar mitzvah”, giorno di festa che ha condiviso con tutti noi. In classe parlavamo spesso, nel rispetto reciproco, delle nostre religioni, confrontandone gli elementi comuni; cercavo sempre di assicurarmi che lui vivesse serenamente i momenti di condivisione, ma non cessavo di meravigliarmi quando constatavo come lui fosse molto più preparato di tutti gli altri. In quel periodo io ero nel cammino neocatecumenale, e la costante scrutatio dei brani dell’Antico Testamento in combinata con il Nuovo mi metteva in condizione di comprendere ed essere compresa, e ancor più di condividere, o addirittura fornire, ai “nostri”, non solo agli alunni, ma anche ai colleghi in compresenza con me, conoscenze e competenze per riflettere sul senso profondo di precetti spesso considerati solo come tradizioni superate e prive di importanza; e tutto ciò grazie alla presenza di Ariel. Penso a Yosra, bella e intelligente, arrivata dal Marocco, di religione islamica, più grande di età rispetto ai suoi compagni: mondi e culture diverse, che la portavano ad essere isolata, perché non aveva punti di contatto con le ragazze della classe. Nei primi due anni si è lottato molto per farla frequentare e ancor più per ottenere che studiasse le varie discipline attraverso i libri di testo italiani. Fermata in seconda media, è stata inserita ACCOGLIERE SEMPRE GRATUITAMENTE
nella classe in cui facevo sostegno. Io l’avevo già conosciuta, per via del mio incarico da vicepreside, ma poter lavorare direttamente con lei mi ha permesso di guadagnare progressivamente la sua fiducia e la sua confidenza. Piano piano, ha cominciato ad aprirsi in classe, anche con i compagni, specialmente quando, con garbo, la invitavamo a condividere con noi la sua cultura. La sua maturità è stata di grande aiuto nell’analisi delle dinamiche del gruppo e delle problematiche sociali, ma ancor più nella reciproca conoscenza delle differenti fedi: una banalità, forse, ma il suo Ramadan è stato utile per rispiegare il senso del digiuno quaresimale e della penitenza nella nostra fede; e così la lettura dei brani danteschi è servita per affrontare il tema della vita eterna, della misericordia divina e del perdono tra gli uomini: occasioni preziose per raggiungere tutti. A distanza ormai di tre anni dall’uscita dalla scuola media, di tanto in tanto Yosra viene a salutarmi e ad abbracciarmi. Altri nomi, altri visi, altre situazioni si affacciano alla mia mente. Sottolineo però che, senza l’aiuto del Signore, nessuna delle parole uscite dalla mia bocca avrebbe potuto essere ascoltata, ma il silenzio e l’attenzione con cui i miei interventi venivano seguiti anche dai miei colleghi presenti in classe, che non mi hanno mai tolto la parola, mi confermavano quella fame di conoscenza, quel bisogno di fede e di testimonianza di cui parlavo sopra. Non ho mai imposto il mio pensiero, ho però sempre dichiarato il mio credo, sollecitando tutti a pensarla come volevano e verificando con i genitori che il dialogo tenuto con i loro figli non fosse considerato un’indebita interferenza. Come potrà non mancarmi tutto questo? Confido nella grazia del Signore, che sicuramente mi indicherà un’altra strada per continuare a renderGli grazie e testimonianza per i tanti doni che mi ha fatto nella vita.
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CHIESA NEL MONDO
In ascolto dei poveri : Dott. Jean Vanier. Fondatore della Comunità de l’Arche ci chiede di diventare loro amici, di creare una famiglia con loro, e non principalmente di fare cose per loro. Gesù va ancora più lontano. Egli non solo diventa amico dei poveri, ma si identifica con loro. “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.” (Mt25,40)
“Chi accoglie questo fanciullo nel mio nome, accoglie me” Qualcuno mi ama? Qualcuno vuol essere mio amico, vuol venire con me? È il grido del povero. È da 50 anni che noi viviamo insieme a persone con disabilità mentale. Sono i più deboli, è il popolo più oppresso del mondo, io li ho visti in quegli Istituti terribili. Ma loro mi hanno portato a scoprire chi è Gesù, io lo ho incontrato nella debolezza. Gesù è debole, ha bisogno di noi, ha bisogno di essere amato. I malati mentali sono il popolo più emarginato, vengono abortiti dalle loro madri. Sono stato colpito dai maltrattamenti che subivano, erano rinchiusi. Cosa dovevo fare? Volevo
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seguire Gesù. “Inizialmente ho potuto accogliere due uomini che erano stati colpiti da meningite e encefalite, li ho invitati a vivere insieme a me in una piccola casa. È stata un’esperienza di gioia. Bisogna amare Gesù. Nella parabola delle nozze (Lc 14,7-14) sono i poveri, gli ammalati, gli storpi e i ciechi che rispondono all’invito. I ricchi e i potenti rifiutano; non hanno tempo; hanno altre cose da fare. Ecco la vocazione dell’Arca: mangiare alla tavola delle persone portatrici di handicap mentale. Non tutti sono credenti, non tutti vanno in Chiesa, ma tutti mangiano alla stessa tavola. Chiamandoci a condividere il loro pasto, Gesù ACCOGLIERE SEMPRE GRATUITAMENTE
La comunità dell’Arca è stata fondata del 1964, attualmente ci sono 100 comunità nel mondo. “Viviamo in piccole case inserite in un paese o nel quartiere di una città. Le persone deboli hanno bisogno di persone più forti vicino a sé. All’Arca abbiamo scoperto che le persone forti hanno bisogno dei più deboli. Abbiamo bisogno gli uni degli altri. Le persone deboli e vulnerabili possono attrarre a sé ciò che di più bello e più luminoso vi è nelle persone più forti; le chiamano ad aprire il loro cuore e la loro intelligenza alla compassione. I più deboli conducono quelli più dotati a scoprire la propria umanità, ad abbandonare un mondo competitivo, per impegnare le proprie energie a servizio dell’amore, della giustizia e della pace; ad accettare meglio le proprie debolezze le proprie fragilità, che spesso cercano di nascondere dietro le maschere. All’Arca, il fondamento della vita comunitaria è la relazione gratuita, cuore a cuore; è la gioia di scoprire la nostra comune umanità. Scopriamo come la relazione inizi da un atteggiamento di ascolto, di accoglienza e di fiducia verso l’altro. La comunione è il luogo della fiducia e del rispetto reciproci. Essa implica umiltà, apertura all’altro, vulnerabilità e condivisione non soltanto dei propri doni e delle proprie ricchezze, ma anche delle proprie povertà e dei propri limiti. Vi si trova anche la
IL VOLTO DEI SANTI comunicazione non verbale: si esprime la propria amicizia, la propria compassione, le proprie necessità le proprie difficoltà tramite gli occhi, le mani, il volto, il tono della voce, e infine con tutto il corpo. Molto spesso le persone con handicap sono considerate come sbagli della natura senza valore. Bisogna aiutarle, bisogna avere fiducia nella loro possibilità di crescita. Amare qualcuno non significa anzitutto fare qualcosa per lui, ma aiutarlo a scoprire la sua bellezza, la sua unicità, la luce nascosta in lui, il senso della sua vita.” Ci sono molti genitori che si domandano: mio figlio è una punizione di Dio? La sua violenza è un grido. Qualcuno mi ama? Qualcuno vuol essere mio amico, vuol venire con me? È il grido del povero. Ho bisogno di te: questo è il fondamento della fede. La tenerezza è un modo d’incontrare l’altro, la tenerezza non giudica, non condanna. I disabili ci insegnano la pazienza, l’amore è un servizio, è accettare tutto, perdonare tutto, credere tutto. Si imparano molte cose vivendo insieme ai disabili mentali, ho potuto vedere la mia violenza. Bisogna ascoltare la sofferenza, guardare il povero come lo guarda Gesù. Davanti al povero, al disabile, c’è spesso la repulsione, ma se ci si avvicina, si piange insieme si arriva alla compassione. San Francesco aveva inizialmente repulsione dei lebbrosi. C’è la bellezza e la gioia della missione per i più poveri, la missione è farli rialzare dalle umiliazioni, hanno già sofferto molto. Bibliografia La lavanda dei piedi. Lo scandalo di amare sino alla fine Jean Vanier. Testimonianza settembre 2014 Incontro Internazionale Evangelii Gaudium
la vita di don bosco. educare alla fede con gioia
“Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare” di Rosalba Beatrice Torino fu una città in forte espansione ai tempi di Don Bosco, anche demograficamente per la grande affluenza di immigrati, molti di questi giovani, che dalla campagna cercavano lavoro e fortuna nella città che si stava industrializzando. Si trattò di una crescita non equilibrata, Torino era una città sporca, definita nera, dove si era radicata la malavita, la criminalità minorile, l’alcolismo, la disoccupazione. Numerosi erano i ACCOGLIERE SEMPRE GRATUITAMENTE
ladruncoli ancora bambini e proprio loro erano i prediletti di Don Bosco, ma anche bande di briganti che aggredivano spietatamente con coltelli. Don Bosco, fondatore dei Salesiani, fu chiamato dalla prima infanzia, proprio come i mistici e in quanto puro di cuore, ad entrare in simbiosi con le realtà divine. I mistici sono i grandi interpreti della vita nella sua interezza, chiamati dal Creatore a portare le scintille del trascendente fra le miserie del mondo. A 9 anni
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il soprannaturale irrompe nella sua vita, fece un sogno che fu profezia di quanto avrebbe realizzato nella sua vita futura. “Mi parve di essere vicino a casa in un cortile spazioso, dove stava raccolta una moltitudine di fanciulli, alcuni ridevano altri giocavano, non pochi bestemmiavano. Mi sono subito lanciato in mezzo di loro adoperando pugni e parole per farli tacere. In quel momento apparve un uomo venerando, con manto bianco e la sua faccia era così luminosa, ed io non potevo rimirarlo. Egli mi chiamò per nome e mi ordinò di pormi alla testa di quei fanciulli aggiungendo queste parole: “non colle percosse ma colla mansuetudine e colla carità dovrai guadagnare questi tuoi amici.” In quel momento vidi accanto a Lui una donna di maestoso aspetto, presomi con bontà per mano, mi disse: “Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare.” È dalla madre Margherita, donna temprata dai dolori e dalla fatica, fiera della sua povertà, che Giovanni Bosco imparò a stare sempre alla presenza di Dio, e considerare proveniente da Lui ogni cosa buona o triste. “Vedi figlio mio, la nostra vita è così breve, che abbiamo poco tempo per fare il bene; tutte le ore che noi consumiamo per un sonno non necessario, è tempo perduto pel paradiso.” Don Bosco non si negava, l’amore per la preghiera, il disgusto per l’ozio e la pigrizia, la fatica e la capacità di soffrire ed avere pazienza. La sua prima via fu l’umiltà, amava il prossimo perché amava il Signore, confessava senza stancarsi. I mistici sono scelti da Dio per fare da mediatori tra Cielo e terra. Egli attirava a sé piccoli e adulti, sapeva leggere dentro di loro. Aveva imparato l’arte dei circensi eseguendo salti mortali, camminando sulle mani e giochi di prestigio, tutti applaudivano, ma prima di tenere uno spettacolo invitava i presenti a recitare insieme una preghiera. Ogni
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giorno festivo radunava i monelli di piazza per catechizzarli e formarli alle virtù. Gesù si intratteneva spesso con i fanciulli e non era una perdita di tempo, “di essi è il regno dei cieli”. La sua vita fu molto attiva, viveva ogni giorno come fosse l’ultimo, ogni azione era compiuta alla presenza del Signore e questo accresceva in lui la sete di preghiera e di momenti dedicati alla meditazione. Per 60 anni sognò, usava il termine sogno per umiltà, non voleva essere considerato un privilegiato. Per le rivelazioni Dio sceglie persone votate alla perfezione cristiana, sono rivelazioni private, doni gratuiti, al di fuori dei meriti della persona che li riceve. “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”. Don Bosco fondò la “Società dell’allegria” ciascuno doveva cercare libri, fare discorsi e giochi in linea con le leggi di Dio. Quando i giovani erano con lui non c’erano mai disordine o ribellioni ma solo semplicità e gioia. Salutari passeggiate insieme a centinaia di giovani, anche di dieci o venti giorni, da paese a paese, portando allegria, musica e teatro ed edificando le persone che incontravano. Giovanni Bosco desiderava entrare in un convento francescano e diceva: “così combatterò le passioni e la superbia” voleva la separazione dal mondo, ma questo non rientrava nei desideri di Dio. Grazie alle istruzioni divine scelse di diventare sacerdote diocesano: “Mi sono raccomandato a vari amici di pregare per me, ho fatto una novena. Oh quanta roba vecchia c’è da togliere! Si, o mio Dio, fate che in questo momento io vesta un uomo nuovo, fa che io incominci una vita nuova, tutta secondo i divini voleri, e che la giustizia e la santità siano l’oggetto costante dei miei pensieri, delle mie parole, delle mie opere. Così sia. O Maria, siate voi la salvezza mia.” Non dubitò mai della sua vocazione, ACCOGLIERE SEMPRE GRATUITAMENTE
apparteneva tutto a Dio e questo lo rese amorevole padre dei moltissimi giovani che il Signore gli aveva affidato. Gesù era la sua consolazione e il suo sostegno, anche quando dovette sopportare dure prove, ostilità, attentati alla vita. Don Bosco era molto temperante nel cibo, la mortificazione faceva parte della sua vita, digiunava tutti i venerdì e spesso anche il sabato. La sua amatissima talare desiderava fosse sempre pulita e ordinata perché la dignità sacerdotale doveva essere perfetta. Spesso si racconta la sua vita e le sue opere di carità, ma la sua volontà di risollevare i giovani dal fango della strada, i suoi scopi pedagogici preventivi non erano di carattere sociologico ma unicamente spirituale. La sua convinzione fu che la quiete dell’anima si trova solo conformandosi alla volontà di Dio. I sacerdoti sono chiamati a porre alla base della loro esistenza la pietra angolare della preghiera, senza la quale tutto crolla. L’amore per Cristo, per la Madonna e l’Angelo Custode furono il suo sostegno e protezione. Don Bosco fu dotato del dono della profezia tanto da far supporre che gli fosse abituale. Egli conduceva una straordinaria pesca per strada, erano i giovinastri insolenti e maleducati che crescevano nell’ozio, nel gioco d’azzardo, nel furto. Tutte le mattine Don Bosco si recava in piazza e si rivolgeva loro con il pretesto di chiedere l’indicazione di una via e una volta conosciuti prendeva a salutarli sempre. Molti di questi ragazzi erano usciti dal carcere e lui domandava loro della salute e se il guadagno del loro misero lavoro era sufficiente. Con essi dialogava come un padre buono con i propri figli e parlava loro, senza timore, di come si va in Paradiso. Li invitava all’oratorio e comprava al mercato un cesto di frutta che distribuiva a ciascuno. Distribuiva anche le medaglie della Madonna e diceva di metterla al collo
perché Lei voleva loro un gran bene. “Pregatela con il cuore perché vi aiuti.” Agli studenti diceva di scrivere sui quaderni M A (Maria aiutami). Quei ragazzi, poveri di mezzi e spesso di affetto, mantenevano la genuinità dell’infanzia e apprezzavano l’amore di Don Bosco. Nelle famiglie di oggi si pensa più alla sazietà materiale dei nostri figli, che soffoca il pudore e l’innocenza, famiglie pronte a soddisfare l’involucro dei propri figli, ma non la loro anima. Induceva i giovani e confessarsi bene e frequentemente senza mai stancarsi, insistendo in modo affettuoso. Si preoccupava che i ragazzi non leggessero giornali cattivi e anzi diffondeva letture cattoliche. Don Bosco scrutava i cuori dei suoi giovani, leggeva le loro anime tanto da conoscere i peccati di chi andava a confessarsi. Molti i miracoli a lui attribuiti, la moltiplicazione delle Ostie quando non erano sufficienti per tutti i presenti. Per sfamare i suoi figli moltiplicava il pane e la polenta, famosa la moltiplicazione delle castagne. Era stato chiamato per confessare un suo alunno moribondo ma non arrivò in tempo, il ragazzo era spirato da diverse ore. Don Bosco si presentò e sorridendo disse che il ragazzo non
Grande intuizione di don Bosco è il suo metodo educativo preventivo, che vede nel peccato del giovane il vero nemico da combattere. Riportiamo uno stralcio di uno degli scritti principali di don Bosco. [...] Due sono i sistemi in ogni tempo usati nella educazione della gioventù: Preventivo e
era morto, ma dormiva. Fece una fervente preghiera e ordinò al ragazzo di alzarsi. Si trattò di un reale ritorno alla vita. Il metodo educativo di Don Bosco ha raggiunto tutto il mondo, usava l’amorevolezza ma quando occorreva anche la punizione. Possedeva indubbiamente qualità naturali ma anche di Grazia e riusciva a far desistere un ragazzo ribelle dai suoi proponimenti: si vedeva avvicinarsi Don Bosco al giovane e gli sussurrava qualcosa all’orecchio ed egli mutava atteggiamento. Sussurrava brevi frasi come queste: Coraggio, invoca Maria ti aiuterà. Gesù ti aspetta in Chiesa. Potresti farmi un fioretto alla Madonna? Continua così la Madonna è contenta di te. Ricordati bene, Dio ti vede. Fatti buono che ci troveremo insieme in Paradiso. Aiutami a salvare la tua anima. Sii obbediente e sarai santo. Usava anche i “biglietti” in essi, chi desidera scriverli, registrava in segreto il proponimento. Don Bosco era continuamente guidato dal Signore perché uomo di preghiera, ogni sua azione era preghiera, perché compiuta in Dio. Per Repressivo. Il sistema Repressivo consiste nel far conoscere la legge ai sudditi, poscia sorvegliare per conoscerne i trasgressori ed infliggere, ove sia d’uopo, il meritato castigo. Su questo sistema le parole e l’aspetto del Superiore debbono sempre essere severe, e piuttosto minaccevoli, ed egli stesso deve evitare ogni famigliarità coi dipendenti. Il Direttore per accrescere valore alla sua autorità dovrà trovarsi di rado tra i suoi soggetti e per lo più solo quando si tratta di punire o di minacciare. Questo sistema è facile, meno faticoso e giova specialmente nella milizia e in generale tra le persone adulte ed assennate, che devono da se stesse essere in grado di sapere e ricordare ciò che è conforme alle leggi e alle altre prescrizioni.
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quell’anima avrebbe dato cento volte la sua vita e forse per questo le forze celesti lo aiutavano a realizzare i suoi desideri. Le sue parole aprivano i cuori e riusciva ad aprirli alla sincerità. Se un giovane mancava alle regole ed era disubbidiente si mostrava risentito, venivano privati della sua parola, venivano ignorati. “Non sono contento di voi. E questa sera non vi posso dire altro!” La tristezza piombava su quei giovani che amavano profondamente Don Bosco come un padre. In Oratorio di Valdocco si viveva come una grande famiglia dove ognuno si sentiva amato e amava Cristo, sotto lo sguardo materno della Madonna. Nel nostro secolo molti vogliono avere il diritto di agire a proprio piacimento, intendono pensare, parlare, scrivere solo secondo il loro giudizio senza darsi alcun pensiero di Dio, della propria anima e della propria salvezza. Portiamo la lieta novella del Vangelo e preghiamo Don Bosco perché aiuti le famiglie nella difficile missione educativa.
Diverso, e direi, opposto è il sistema Preventivo. Esso consiste nel far conoscere le prescrizioni e i regolamenti di un Istituto e poi sorvegliare in guisa, che gli allievi abbiano sempre sopra di loro l’occhio vigile del Direttore o degli assistenti, che come padri amorosi parlino, servano di guida ad ogni evento, diano consigli ed amorevolmente correggano, che è quanto dire: mettere gli allievi nella impossibilità di commettere mancanze. Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione, la religione, e sopra l’amorevolezza; perciò esclude ogni castigo violento e cerca di tenere lontano gli stessi leggeri castighi. [...] Tratto da: “Il Sistema Preventivo nella educazione della Gioventù”, capitolo 1. Torino 1877.
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INSERTO SPECIALE
settimana comunItaria a villabassa La testimonianza di chi ha partecipato ad un’esperienza sempre coinvolgente.
po: sa attirare ‘per contagio’.
Una settimana di terme spirituali di Cinzia Bellani e Umberto Poletto “L’acqua risana lo stomaco, nuove forze dà il bagno (termale)”: questo slogan in caratteri gotici (e in tedesco) campeggia nella sala grande della casa per ferie di Villabassa, dove anche quest’anno ci siamo ritrovati come comunità del Piccolo Gruppo di Cristo, insieme a numerosi parenti e amici e con la gioiosa presenza dei nostri bambini e ragazzi. Villabassa secoli fa era infatti una località termale dove si fermò perfino l’imperatore Massimiliano I d’Asburgo! Cenni storici a parte, ci pare che anche a noi due questa settimana sia una vacanza di terme sì, ma spirituali, dove il Signore, radunandoci in comunità attorno a Lui, ci dà l’occasione per riprenderci da certi bocconi amari e da nervosismi che appesantiscono il nostro stomaco (corporale e spirituale) e non ci permettono di gu-
stare la Sua Presenza nell’Eucarestia e digerire la Sua buona Parola. E poi con pazienza ci ritempra dalle fatiche, prima lavandoci dalle nostre ferite, impurità, peccati - non mancano mai le file per le confessioni, anche quest’anno don Pierpaolo e padre Isayoshi non sono rimasti inattivi! –, da quell’egoismo ed egocentrismo che spesso deturpano le nostre relazioni e infine donandoci nuove forze, grazie al riposo, alla preghiera e all’intensa e serena vita comune. Ci piace pensare che dal Signore e dalla comunità ognuno è accolto con semplicità ed amore per quello che è ed è finalmente libero di essere e non obbligato ad apparire: ecco perché ringraziamo il Signore per questa settimana che, come ha detto Toni, pur sembrando ordinaria, è in realtà straordinaria. E, per noi, ha il fascino semplice ma intenso delle origini del Piccolo GrupACCOGLIERE SEMPRE GRATUITAMENTE
Per una realtà come la nostra, dispersa nel mondo, questi giorni di vita comunitaria sono una preziosa occasione per ritrovarsi insieme, godere del calore fraterno, comprendere le difficoltà reciproche e sostenersi vicendevolmente a tutti i livelli, pregare intensamente gli uni per gli altri (anche di notte…), perdonarsi e allargare il nostro sguardo sull’intero Piccolo Gruppo, sulle varie realtà sociali ed ecclesiali in cui siamo inseriti. E, ancora, confrontarsi per trovare insieme modalità che ci consentano di vivere sempre più appieno la nostra vocazione nel mondo. Anche una chiacchierata a tavola o mentre si ‘scarpina’ lungo un sentiero, diventa così opportunità di riscoprirci l’un l’altro come dono e risorsa per camminare dietro al Signore, con gioia e in comunione. Su queste premesse si innestano i percorsi formativi specifici proposti ai diversi rami vocazionali, per fornire ad ognuno la ‘cura termale’ più adatta: la ‘tre giorni’ celibi, le revisioni delle istruzioni meditate durante l’anno per gli aspiranti, le riflessioni incentrate sulla vita coniugale per gli sposi e, da quest’anno, un itinerario ad hoc per i giovani dai 15 ai 22 anni che ha avuto il suo momento ‘magico’ nella veglia all’alba alle Tre Cime di Lavaredo. Il tutto è stato ‘condito’ dalle efficaci spigolature sui sette doni dello Spirito Santo che quotidianamente ci ha proposto Toni. A noi sposi, Letizia ed Alberto, hanno proposto una serie di tre incontri, due dei quali tratti dall’Instrumentum Laboris del prossimo Sinodo sulla famiglia, che ci hanno aiutato a riflettere sulla vita familiare sottoposta a momenti critici: le difficoltà di relazione che a volte portano alla frammentazione e disgregazione della famiglia e le pressioni esterne (dai media e
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social network, all’attività lavorativa, al consumismo e all’individualismo) che condizionano con forte impatto la nostra esperienza quotidiana. Pur partendo da uno sguardo pastorale, abbiamo cercato di mettere in comune innanzitutto vissuti e difficoltà e di condividere modalità alternative e risorse a disposizione per imparare a essere ‘nel mondo’ ma non ‘del mondo’, anche di fronte a sfide che non ci permettono di far ricorso alle esperienze di generazioni passate. Per il terzo incontro abbiamo goduto della presenza eccezionale di Mons. Bonetti che con grande entusiasmo e ineccepibile preparazione ci ha guidato in un intenso momento di riscoperta della grandezza del matrimonio, sacramento ‘per la missione’ della Chiesa . Ascoltandolo viene davvero voglia di tornare a ‘volare alto’ e a comunicare agli altri la bellezza del dono che il Signore ci fa con questa chiamata! In conclusione la settimana di vita comunitaria è rimasta fedele agli intenti originari delle settimane aspiranti: fare una vera esperienza di Chiesa (è così bello che siano rappresentate tutte le componenti della comunità, siano presenti tutte le età della vita, dal neonato all’anziano, e che ci sia spazio e attenzione per tutte!) e soprattutto imparare a vivere la vocazione. Perciò riteniamo che non sia da considerare un’esperienza ‘accessoria’, opzionale nel cammino della comunità, ma un itinerario fortemente raccomandato per tenere viva la fedeltà al dono ricevuto (ovviamente compatibilmente con le situazioni e le possibilità personali). Ci sono persone che nonostante difficoltà di salute anche notevoli sono da anni un dono con la loro presenza e con il desiderio di esserci… Ognuno quindi si senta invitato alle… terme, perché davvero ne vale la pena!
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La semplicità di stare insieme di Andrea Fazio La settimana comunitaria di questo anno per gli aspiranti é stata veramente molto bella! Ci ritroviamo ormai in pochi, ma questo non scoraggia nessuno di noi, bensì aiuta nella semplicità a vivere la piccolezza, la comunità e la compassione, caratteri fondamentali per vivere la vocazione vicino a Gesù. La settimana è iniziata sull’onda dell’entusiasmo, grazie anche ai due uditori di Milano Simone e Paolo che con naturalezza si sono immersi nel percorso. Il tema che abbiamo trattato è il Padre Nostro. Ogni giorno, infatti ne scoprivamo un piccolo pezzo che ci aiutava a riflettere e camminare. Oltre alle mitiche Eletta (detta Sr. Fotocopia) e Mikika (detta Sr. Marito attuale....chiedete a loro (o ai loro mariti?) per eventuali chiarimenti), sempre giovani e giovanili nel trasmetterci la passione dell’amore verso Dio, abbiamo avuto la fortuna di fare un incontro con lreos e una giornata da Don Luciano. lreos raccontandoci di Lui ci ha riscaldato il cuore, ricordandoci che il lavoro, la famiglia, gli amici, la parrocchia fanno parte della vita, sì, ma la vita bella ACCOGLIERE SEMPRE GRATUITAMENTE
è quella che mette tutte queste cose nel vero amore: Dio, che è il centro’. Don Luciano invece ci ha accolti molto cordialmente, preparandoci una colazione e un pranzo fantastici. Ha avuto la grande sensibilità di chiamare Giancarlo, che non era presente con noi alla settimana, per celebrare insieme le lodi mattutine. Ci ha incoraggiati nel nostro cammino e ci ha aiutato a vivere con sincerità e fede i momenti di confronto e la messa che lui stesso ha celebrato. Tante cose forse che hanno parlato al mio cuore le ho dimenticate nella memoria e quindi ora non sono capace di trasmettere la bellezza della “settimana aspiranti”. Ricordo però perfettamente le belle emozioni vissute tra di noi e con Gesù, che non ci molla mai. Personalmente sono stati dei giomi particolari e di discernimento avendo appena concluso il quarto anno di aspirantato. Soprattutto sono stati dei giorni che, nella semplicità della settimana, a volte forse anche nell’umanità della settimana, sono riusciti a confermare la gioia, la felicità di questo meraviglioso cammino verso di Lui.
3 numeri, 7 ragazze e una settimana... di Sara e Chiara Parmigiani, Eleonora e Chiara Bordignon Le premesse per una vacanza indimenticabile?? Beh, noi ci accontentiamo di poco: bastano sette ragazze, sette giorni e un’unica stanza. Pronti per sentire la nostra storia favolosa? Tre, due, uno...si parte!! Primo giorno: un po’ di imbarazzo è più che giustificato, dopo ben due anni che non ci sei vede. Quindi all’inizio qualche parola timorosa, un semplice “Ciao!” per rompere il ghiaccio, qualche partita a Uno per rilassare un po’ la situazione. Ma è bastata una serata per rivoluzionare tutto! Dopo un po’ di presentazione, già parlavamo dei nostri segreti più segreti. (che qui non ci fermiamo a raccontare per ovvi motivi di privacy). È scattato qualcosa, forse una scintilla, o forse è maturata in noi la consapevolezza che stava nascendo una solida amicizia.. Eccoci quindi a parlare di tutto: le persone importanti per noi, i nostri sogni, le nostre dificoltà, i nostri dubbi, le nostre paure. È stato bello e già dalla prima sera avevamo guadagnato qualcosa di importante. Ci siamo sentite così unite che perfino il “problema” di dormire con i letti separati meritava di trovare una soluzione e perciò abbiamo spostato i comodini e unito i letti. Già il giorno dopo era tutto cambiato: eravamo un gruppo (e lo siamo tutt’ora!) e qualsiasi cosa facevamo ci
aspettavamo, sempre. Come ci hanno definito uno dei primi giorni noi eravamo le ragazze della “band 305” e abbiamo cominciato a chiamarci così anche noi. Ma siccome era tutto STRAbello (come direbbe la Leo) abbiamo modificato il nostro nome: siamo diventate la “STRA BAND DELLA 305”. Anche durante le gite organizzate per le famiglie stavamo insieme e se nel tragitto incontravamo delle difficoltà ci aiutavamo e sostenevamo a vicenda. Facendo parte del gruppo dei giovanissimi, una cosa nuova in cui vivere esperienze diverse adatte a ragazzi della nostra età, ci aspettavano diverse avventure, tra cui una memorabile biciclettata. Alcune di noi inizialmente erano contrarie, ma come succede poi, le amiche ti trascinano in mille, magnifiche storie e così infatti è stato. Un’apparente bella giornata di sole si è poi trasformata in un diluvio universale (dopo le fatidiche “Cosa vuoi che siano quattro gocce?”), ma questo “piccolo” inconveniente non ha per niente guastato la gita, anzi l’ha resa più bella, più speciale e più unica che mai. Come dimenticare le scarpe zuppe di acqua, il fantastico “bagno di fango” (gratis, ovviamente!) e i capelli fradici? Altra esperienza da urlo è stata quelACCOGLIERE SEMPRE GRATUITAMENTE
la del Fun bob. All’inizio eravamo STRAspaventate e volevamo fare il giro assieme ma poi si è rivelato fantastico anche da sole, e sapevamo che eravamo unite anche se separate. E per finire la più emozionante delle avventure che si possono fare con le amiche: vedere l’alba, e, come ciliegina sulla torta, alle Tre Cime di Lavaredo con colazione in rifugio. Ci siamo dovute svegliare presto (partenza alle quattro!) per raggiungere il posto in macchina e dopo aver camminato per circa mezz’ora siamo giunti a destinazione. La passeggiata non è stata molto faticosa, l’unico problema era il freddo glaciale. Ma chiacchierando ininterrottamente tra di noi e guardando il paesaggio, il tempo è volato in fretta.. E intanto l’alba si avvicina.. Uno spettacolo unico, indimenticabile, indescrivibile e strabiliante! E non dimentichiamo gli altri fantastici giorni e notti! I racconti dell’orrore della Leo che ci spaventavano così tanto che non avevamo più il coraggio di andare in bagno da sole?! E la gara di biscotti?! I nostri erano i migliori, e non lo diciamo solo perchè erano i nostri, ma perché intanto la pasta frolla l’abbiamo fatta noi, ed era la più buona, inoltre sono stati fatti dalle 305, altra marcia in più. Tra l’altro, armate di sac à poche e cioccolato, abbiamo personalizzato i nostri biscotti con un bel “305”, rendendoli unici! E ora? La nostra amicizia non si può limitare a una sola settimana, quindi computer alla mano! La distanza non basta a fermarci. Tutti i momenti che abbiamo passato assieme sono e saranno unici e indimenticabili... e questo numero, “305”, ha lasciato per sempre il segno in tutte noi, come le belle esperienze di vita lasciano sentimenti e ricordi indelebili nel cuore e nella mente. Un numero di tre cifre, dietro al quale c’è la storia di una settimana d’estate di sette ragazze.
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Che bello! di Tommaso Longo
Una comunità educante di Gaetano Rossetti
Durante la tre giorni celibi, all’interno della settimana comunitaria, abbiamo potuto riflettere e meditare su alcuni testi, provocazioni e proposte, di Papa Francesco. Approfondire la missione a cui siamo chiamati nell’annunciare il Vangelo della gioia nella chiamata al celibato per il regno. Come Gesù apre la sua “finestra” sulla nostra vita volendoci bene così come siamo, così è stato per me trascorerre questi giorni di vita comunitaria. Vedere bambini, giovani e adulti tutti insieme è stato motivo di grande gioia! Una gioia che mi aiuta a ricentrare la mia vocazione di celibe all’ “essere padre” com’è Gesù con i suoi figli. Sì noi celibi siamo chiamati ad accogliere tutti, ad avere il cuore di Dio, un cuore ricolmo di grande misericordia. La settimana di vita comunitaria, con i suoi ritmi di preghiera personale e comunitaria, con le passeggiate e il tempo libero, immersi nella bellezza della natura mi fa dire che questi giorni sono stati come degli “esercizi spirituali parlati”. Nei gesti di accoglienza e nella parole ascoltate ho potuto vedere Dio. E proprio Papa Francesco ci richiama, mi richiama a “testimoniare la tenerezza del Signore”, perchè la gente ne ha bisogno. Ma mi viene da dire, che io per primo ne
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ho bisogno e proprio lo sperimento nell’abbraccio della comunità anche durante settimana trascorsa insieme. E questo è per me motivo di grande consolazione, il fatto di non sentirmi solo ma con gli altri. Sentirmi appartenente a una comunità viva!
La vacanza in Trentino è stata straordinaria. Mi sono divertito a giocare con gli amici e anche se non ci fossero state le gite sarebbe stato bellissimo! Ma per fortuna ci sono state e quindi mi sono divertito ancora di più. Alcune gite duravano addirittura 2 ore (meno male che potevo mangiare perché mentre mangiavo mi saziavo e mi rilassavo!). L’unica sfortuna è stato il tempo brutto, che comunque in qualche modo mi ha fatto fare al posto di 2 giri nel fun bob invece che due. Ma non solo questo, grazie al maltempo abbiamo fatto la partita di calcio sotto l’acqua, quindi strabello! Spero che l’anno prossimo sia così divertente.
Quest’anno poi sono riuscito a coinvolgere due giovani della mia parrocchia, Simone e Paolo, a partecipare alla settimana comunitaria seguendo la proposta pensata per gli aspiranti. Una volta tornati a casa mi hanno trasmesso tutta la loro gioia per questa loro esperienza e una frase che mi hanno detto mi ha colpito più di tante: “Vedere i bambini con i giovani, gli adulti che pregavano e stavano bene tutti insieme è stato molto edificante. Una vera comunità educante”. Una bella testimonianza! Infine penso che questi giorni sono sempre un motivo per ringraziare il Signore per essere stato chiamato all’interno del Piccolo Gruppo di Cristo. Il cammino, pur avendo a volte delle cadute, è molto positivo e la testimonianza dei fratelli mi sprona a cercare di vivere il Vangelo nella pienezza. A vivere la mia vocazione di celibe con uno spirito nuovo! ACCOGLIERE SEMPRE GRATUITAMENTE
di Martino Pedrotti Mi è piaciuto fare il teatro e dire la mia parte e vedere la parte di mia cugino.
IN COMUNITà
la figura del responsabile personale. accompagnare lungo il cammino Come sapete, sono stato incaricato dal Responsabile Generale della cura di un cammino di riflessione sulla figura del Responsabile Personale, Il nostro Piccolo Gruppo ha questo dono grande, intuizione profetica che nella complessità di questi tempi, nella dispersione ed anche nella frenesia di una vita di corsa ci aiuta a guardare i nostri passi per mantenerli nella fedeltà del cammino vocazionale. Abbiamo fatto alcune riflessioni e tracciato dei programmi di incontro, penso però che alcune note di questo percorso debbano essere condivise in modo da far crescere la relazione personale con il Responsabile chiamato ad accompagnarci. Per questo comincio a darvi l’appendice al testo della riflessione che abbiamo fatto. Queste note a cui avevo dato il titoletto « Ritorniamoci sopra» non dicono nulla di nuovo ma si fanno promemoria e aiuto per noi e per l’incontro con il nostro responsabile. ll colloquio – A volte chiediamo lumi su come deve essere il colloquio. Dobbiamo dirci che il colloquio non è una cosa semplice e facile perché mette in gioco la verità delle persone che si incontrano. Proprio per questo non dobbiamo pensare che l’esperienza o il consiglio di un’altra persona possa aiutarci, questo può essere vero solo in minima parte ed a volte può fuorviarci perché non è immerso nella dimensione personale di chi, nel colloquio, condivide la propria vita. Ogni persona è speciale ed unica, ogni incontro è collocato e vissuto dentro una sfera di specifiche situazioni ed a volte anche di complessità. Allora come fare? Mi ricordo che, messo alla prova con i primi colloqui ed avendo la consuetudine di viaggiare con Ireos, gli avevo chiesto consiglio e lui mi aveva dato una sem-
Ri–torniamoci sopra di Mauro Panzeri
plice ed efficace risposta che sento di dovervi girare, mi aveva detto: « non preoccuparti, usa il Vangelo, fatti guidare dalla Parola». Al momento mi era parsa una non risposta ma poi col tempo ho capito che era quella giusta perché ha sempre funzionato.
bedienza a Cristo che in larghezza si dona a noi e che prima di chiederci anche una “piccola obbedienza” si fa, Lui, obbediente. In questo caso rendiamo evidente che i conti dell’obbedienza si fanno con Lui e non con il responsabile.
La relazione mensile – È un impegno sacrosanto che esprime anche la nostra obbedienza al Signore. Serve al responsabile per conoscere meglio il cammino di chi accompagna ma serve moltissimo all’accompagnato per rendersi veramente conto di come procede. Certo che dobbiamo essere noi, per primi, convinti di questo e di conseguenza essere orientati, con la giusta premura ad aiutare chi accompagniamo. Su questo argomento credo sia necessario rendere chiaro che compilare con puntualità la relazione mensile non è una obbedienza al responsabile ma è una piccola ob-
I permessi - Solitamente è più facile chiedere il “permesso” per una spesa che chiedere al responsabile consiglio per le proprie scelte ed anche per la nostra partecipazione ai momenti comunitari. Come, da buoni amministratori, siamo tenuti a chiedere per l’uso dei nostri beni ma dobbiamo ancor più sentirci impegnati a essere obbedienti per le scelte relative ai nostri impegni ed all’uso del nostro tempo, soprattutto riguardo alla partecipazione alla vita della comunità.
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Le pratiche di preghiera, in particolare la visita - Nella relazione
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IN COMUNITà mensile è chiara la evidenziazione delle nostre pratiche di preghiera. Curiamola e se del caso approfondiamo le ragioni e la sostanza che sottostà a quelle piccole indicazioni. È necessario comprendere i problemi e le scelte che determinano i “buchi” ma ugualmente dobbiamo capire la qualità della preghiera e delle singole pratiche per aiutare a migliorare e trovare la forza di liberare sempre più la vita. Spesso chi accompagniamo trova difficoltà ad indicare “la visita” perché non ha l’occasione di passare dalla chiesa per salutare Gesù. Ricordiamogli che noi siamo il tempio che custodisce la sua presenza e che in ogni luogo e momento è possibile visitarlo e rendergli. Recentemente papa Francesco, con chiarezza e semplicità ha appunto ricordato la possibilità di una preghiera nascosta e semplice elevabile in ogni situazione e tempo. Visitare anche così la presenza in noi dello Spirito di Gesù è porsi sulla strada spirituale per essere “persona preghiera”. I nuclei Continuiamo a ripeterci che la partecipazione ai nuclei deve essere preparata, che è necessario meditare i temi per una condivisione spirituale. Non sarà mai troppa la cura rivolta a questo aspetto perché dal nucleo può discendere molto della nostra vita spirituale perché in quel luogo, in quella occasione, il Signore, che ci abita, si fa presente passando attraverso la comunicazione fraterna. Spesso nelle parole del fratello troviamo il messaggio spirituale che ci serve. Preparare l’incontro e partecipare, oltre che impegno è quindi una obbedienza all’azione del Signore, al suo progetto d’amore che ci coinvolge e ci fa essere, in Lui, uno per l’altro.
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il Vescovo Mario Grech parla al consiglio del pgc testimonianza vissuta che possa risvegliare nell’uomo odierno la bontà e la bellezza radicate nel suo cuore dal Creatore. Far emergere questa forza positiva dal cuore umano – è questa la missione affidata alla Chiesa della nuova evangelizzazione.
La sfida perenne per noi cristiani è di trasmettere nell’odierna società la freschezza del Vangelo – che è attuale per ogni epoca e luogo – come buona novella apportatrice di gioia. Siamo chiamati a proclamare “la gioia del Vangelo”. Fra le nostre mani abbiamo, per così dire, un “prodotto” che non scade mai. A noi la missione di annunciarlo e proporlo all’uomo contemporaneo! Sebbene spesso faccia più rumore un albero che cade che la foresta che cresce, e si mettono in evidenza – anche nei social media e nei blog – dei giudizi negativi sulla Chiesa, essa è una realtà che sta vivendo una nuova primavera dello Spirito. Qui nell’isola di Gozo, la pratica religiosa sta crescendo. Sulla base di un’indagine recente, attualmente il 65% dei battezzati adulti partecipa alla messa domenicale rispetto al 60% di qualche anno fa. Certo, con la pratica religiosa occorre incrementare la convinzione e la testimonianza personale dei fedeli. Esiste a Gozo una diffusa religiosità tradizionale che è il lascito di quanti ci hanno preceduto; oggi spetta a noi alimentare e sviluppare nel cuore di ciascun battezzato l’amore per Cristo passando da una conoscenza “culturale” a un’esperienza personale del Signore Risorto. Occorre, pertanto, tradurre il Vangelo in una ACCOGLIERE SEMPRE GRATUITAMENTE
La Chiesa di Gozo ha le sue sfide particolari. Una di queste, che ci preoccupa particolarmente, è che qui abbiamo il più basso tasso di natalità in Europa. Un’altra sfida – di matrice ecclesiologica – è l’attuazione del Concilio Vaticano II: se cronologicamente ci troviamo nell’epoca del “post-Concilio”, la mentalità che prevale è ancora sostanzialmente preConciliare. La direzione da prendere è forse quella di creare piccoli gruppi: il tempo delle grandi masse appartiene ormai al passato. Talvolta, quando organizziamo dei grandi raduni, ci preoccupiamo di non riuscire a riempire gli spazi... ma non è questo il metro adeguato per misurare la fede. Inoltre, quando ci riferiamo alla parrocchia come “comunità”, non dobbiamo ridurla solo a uno spazio. Oggi si avverte un bisogno particolare di avere piccole comunità in cui si fa esperienza concreta della fraternità e della reale condivisione che deve regnare nella vita dei fedeli. È dunque l’ora del laicato! Il ricorso ai laici non deve dipendere dalla carenza o meno dei sacerdoti. Infatti, la missione dei laici nel mondo ha un valore in sé che è stato chiarito nel contesto del Concilio Vaticano II. Confrontarsi con esperienza spirituali e comunitarie diverse – come la vostra – giova alla comunità locale per aprirsi all’orizzonte più ampio della Chiesa universale e rafforzare l’aiuto reciproco tra le Chiese sorelle.
L’ANGOLO DEI LIBRI
una lettura per tutti i gusti. ALCUNE RECENSIONI DA NON PERDERE di Vilma Cazzulani e Donatella Zurlo Parlare della preghiera e di come entrare nel dialogo intimo con il nostro creatore non è mai abbastanza. L’agile testo di Matta el Meskin, padre spirituale del monastero di S.Macario in Egitto e punto di riferimento per coloro che cercano in Cristo un senso alla propria esistenza, è indubbiamente qualcosa che ci apre cuore e mente nella comprensione della più grande esperienza che è data all’uomo. Con linguaggio immediato e incisivo, l’autore ci offre un prezioso aiuto per avvicinarci al mistero dell’azione dello Spirito Santo che opera incessantemente in noi e nella storia attraverso di noi. L’itinerario che si apre è un cammino di discesa nella nostra interiorità per scoprirci sempre bisognosi di perdono e di misericordia, ci mette in adorazione davanti a un Dio che ci permette l’esperienza della preghiera come tra i doni più grandi e ci conduce sui sentieri ardui della donazione ai fratelli. Il frutto della vera preghiera è traboccare d’amore verso Lui e il nostro prossimo. Consigli per la preghiera / Matta el Meskin / 2000/ Ed. Qiqajon / € 6,00
Il Papa ha visitato dal 14 al 18 agosto scorso la Corea del Sud, il cui popolo patisce la divisione con il Nord del Paese. Duplice il suo intento: dialogare con i giovani dell’Asia e sostenere l’azione missionaria della Chiesa coreana, fondata sulla testimonian-
Per i dieci anni dalla morte, il 20 agosto 2004, di Ettore Boschini, frate camilliano, sono uscite due biografie. E lo scorso febbraio è stato dato il via al suo processo di beatificazione. La prima biografia l’ha scritta Teresa Martino, che gli è succeduta alla guida dell’Associazione Missionari del cuore immacolato di Maria, e racconta i dieci anni trascorsi con lui. Per chi non sapesse chi è fratel Ettore, fu il primo negli Anni 70 a Milano ad accogliere in rifugi e come fratelli e sorelle i barboni, che spesso morivano per strada a causa delle malattie e del freddo. Noi del Piccolo Gruppo di Cristo lo conosciamo perché il nostro Sabatino fu il suo primo e più fidato collaboratore. La seconda biografia s’intitola Vieni con me ed è scritta dal giornalista Roberto Allegri che fa parlare chi ha conosciuto fratel Ettore e racconta com’è nata la sua vocazione di vicinanza ai malati e l’amore per la Madonna e Gesù. Qui troviamo anche che cosa fratel Ettore pensava di Sabatino. Fratel Ettore-I miei giorni con il profeta degli Ultimi / Teresa Martino / 2014 /Edizioni San Paolo /€ 10,00 Vieni con me-La vita e la spiritualità di Fratel Ettore / Roberto Allegri/ 2014 / Piemme / € 15,00 za di 124 martiri locali, beatificati per l’occasione dal Pontefice. Il testo ci offre uno sguardo dentro una delle società e delle Chiese più vive di quel continente. Giovani e martiri in Asia: La missione di Papa Francesco in Corea / Vincenzo Faccioli Pintozzi-prefazione di Pietro Parolin / 2014/ Ed. Cantagalli / €14,00 ACCOGLIERE SEMPRE GRATUITAMENTE
Siamo di fronte a un testo fuori del comune, bestseller in Germania, che si propone come guida alla contemplazione attraverso una serie di esercizi pratici, che raccolgono tradizioni cristiane d’oriente e d’occidente, ma inquadrati rigorosamente secondo il metodo degli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola. Scopo del libro è diventare un contemplativo nella vita quotidiana nella luce dello Spirito, pregando anche nel corpo e mediante il corpo. L’autore è Franz Jalics, un gesuita ungherese ottantasettenne, che nei suoi ultimi trentacinque anni ha predicato esercizi spirituali a preti, operatori pastorali e cristiani altrimenti impegnati. Lui, oltre a raccontarci la sua vita precedente all’attività pastorale, oltremodo avventurosa, (in Argentina è stato sequestrato durante la dittatura), raccoglie qui decine di colloqui in cui ha registrato le reazioni dei partecipanti agli esercizi da lui proposti Desiderio di Dio-Esercizi di contemplazione. Prefazione di Carlo Casalone e Silvano Fausti / Franz Jalics / 2000 / Ed. Ancora / € 32,00 Il volumetto, dedicato a Papa Francesco, intende comunicare il valore della semplicità per vivere in pienezza sotto lo sguardo di Dio e per scoprire una dimensione di vita più leggera. In una società che tende ad appesantirci con molte complicazioni abbiamo bisogno di essere sempre ricondotti all’essenziale. Il potere nascosto della semplicità / Maria Pia Giudici / 2013 / Ed. LEV/ € 9,00
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in RETE
chiesa e internet. storie, novità e applicazioni dal mondo della rete
La fede al tempo App ufficiale della di Internet. Diocesi di Perugia – Città della Pieve “Internet ci ha dato la possibilità di una cultura circolare e non piramidale. E’ la rivoluzione operata da san Francesco quando ha iniziato a chiamare l’altro fratello. Dopo un primo passo nel web però è necessario tornare con i piedi per terra. Ad esempio, chi chiede aiuto spesso ha bisogno di gesti reali, è necessario abbandonare l’atteggiamento di semplice spettatore”. Ecco l’approccio di Padre Enzo Fortunato - frate minore conventuale, direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi - in un continuo rimando tra reale e virtuale. E la sua rivoluzione digitale è partita proprio da queste monumentali mura che custodiscono il corpo di San Francesco. Qui vivono settanta frati che provengono da diciotto nazioni, pronti ad accogliere ogni anno oltre sei milioni di pellegrini che raggiungono Assisi. “Accogliamo gli ultimi e i primi, i poveri e i potenti, gli ammalati e i sani, i giovani e gli anziani. E chi soprattutto è alla ricerca di un senso da consegnare alla propria vita”, racconta Padre Enzo Fortunato. “La rete significa informazione, circolarità, incontro con il prossimo e con Dio. E’ uno spazio di esperienza che è già diventato parte integrante della vita quotidiana”, precisa. Così Padre Enzo Fortunato sperimenta costantemente le potenzialità del digitale: con la webcam sulla tomba di San Francesco online su Sanfrancesco.org ha permesso di realizzare un pellegrinaggio virtuale ad oltre 18 milioni di persone. “Il messaggio di Francesco d’Assisi è attuale e innovativo”.
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Nata con l’obiettivo di offrire un servizio utile per chi ha necessità di informarsi sull’orario delle S.Messe, DiocesiPg sfrutta gli strumenti della tecnologia mobile e internet e grazie al database costantemente aggiornato delle parrocchie, mette a disposizione uno strumento di geolocalizzazione che in base a orario e distanza, informa l’utente sulle celebrazioni imminenti nel perimetro territoriale scelto. Oltre all’orario delle S.Messe, l’App è un vero e proprio “annuario diocesa-
no”, con l’elenco georeferenziato delle Chiese, l’elenco dei Parroci, virtual tour e informazioni sul patrimonio culturale delle parrocchie. DiocesiPG è un progetto pilota nato dalla collaborazione con il Servizio Informatico della Conferenza Episcopale Italiana, che svolge, tra le attività principali, quella di supportare le Diocesi italiane nei progetti di informatizzazione in ambito amministrativo, gestionale, e dei beni culturali ecclesiastici.
Comunicare la famiglia, tema della Giornata delle comunicazioni sociali 2015
Comunicare la famiglia: ambiente privilegiato dell’incontro, nella gratuità dell’amore è il tema scelto da Papa Francesco per la 49.ma Giornata per le comunicazioni sociali che sarà celebrata il 17 maggio 2015. Il Tema della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali di quest’anno – riferisce un comunicato del dicastero - si pone in continuità con quello dello scorso anno e , allo stesso tempo, va contestualizzato con quello che sarà il tema centrale dei prossimi due Sinodi: la famiglia. La Chiesa oggi deve nuovamente imparare a raccontare quanto la famiglia sia un dono grande, buono e bello. È chiamata a trovare il modo per dire che la gratuità dell’amore, che si offrono gli sposi, avvicina tutti gli uomini a Dio ed è compito esaltante. Perché? Perché porta a guardare la realtà vera dell’uomo e apre le porte al futuro, alla vita.
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Con il cuore vi abbraccio Saluto al Piccolo Gruppo da parte della sig.ra Giovanna, responsabile della Casa Piandimaia di Villabassa
ESPERIENZE DI VITA, LA RIVISTA è ON LINE Gli appartenenti al Piccolo Gruppo di Cristo hanno la possibilità di accedere al sito internet www.piccologruppo.it e poter leggere la rivista “Esperienze di Vita” direttamente in rete, cioé senza avere materialmente tra le mani la stessa rivista in formato cartaceo. Anche un qualunque visitatore del sito internet può farlo. Naturalmente occorre che qualcuno lo guidi a conoscere il sito e lo invogli a leggere le pagine della rivista. La rivista in formato cartaceo che ognuno di noi riceve può diventare un dono a qualche familiare, amico o conoscente che possa avere un interesse per il discorso religioso e di vita evangelica, e che magari si intende
VILLABASSA, 9 Agosto 2014 Questa sera, ancora una volta, il Signore distribuisce ai nostri cuori la pace e la gioia del suo Amore infinito. Un cuore che batte forte mentre restiamo silenziosi inginocchiati davanti al dono dell’Eucarestia. Carissimi tutti, voi ci portate la gioia nella preghiera e ci dite che dobbiamo vivere la fede con un cuore giovane, sempre: un cuore giovane anche a sessanta, ottant’anni! Con Gesù il cuore non invecchia mai! Però tutti noi lo sappiamo e voi lo sapete bene che il Re che seguiamo e che ci accompagna è molto speciale: è un Re che ama fino alla croce e che ci insegna a servire, ad amare. Tutti voi siete testimoni di questo Amore, perché avete capito che è nel dono di sé e nell’uscire da sé stessi, che si ha la vera gioia e con l’amore di Dio si costruisce la comunione fraterna con tutti. Voi, forse senza rendervi conto, portate la Sua presenza come pellegrini nel mondo. La portate rispondendo all’invito di Gesù: «Andate e fate miei discepoli tutti i popoli». La portate per dire a tutti che il suo Amore ha abbattuto il muro dell’inimicizia che separa gli uomini e i popoli, ha portato la riconciliazione e la pace. Vi saluto con questi semplici e confusi pensieri “rubando” alcune frasi di Papa Francesco. Il nostro grazie è infinito. La vostra bella presenza ci educa dandoci l’occasione di interrogarci e far nascere nei nostri cuori il “germoglio” di pregare, di condividere e lasciarci trasformare dall’Amore di Gesù. Il Signore vi benedica!! Grazie!! Con il cuore vi abbraccio tutti!!! Arrivederci ... Giovanna con il personale di Piandimaia.
avvicinare al “Gruppo”.
FLASH SPIRITUALI È attivo il servizio mail di “pensieri spirtiuali”, brevi testi che riportano pensieri e scritti dal mondo della Chiesa o della Comunità il Piccolo Gruppo di Cristo. Un modo semplice e diretto per meditare. Il servizio è attivo il lunedì, mercoledì e venerdì. Per iscriversi o per qualsiasi necessità scrivete a edv@piccologruppo.it
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Veglia in preparazione al Sinodo sulla famiglia
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