EDV Periodico della Comunità il Piccolo Gruppo di Cristo | n°. 164 - anno XXXVI | Ottobre 2015
esperienze di vita
La vera gioia
è accogliere l’altro La Chiesa in uscita. Il Piccolo Gruppo in uscita.
Aprire il cuore. Accogliere il prossimo come nostro fratello.
Le testimonianze dalla settimana comunitaria a Villabassa.
Pensiero SpirItuale
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“Esaltazione della Santa Croce” Omelia di Giovanni Paolo II, Bratislava, Spianata di Petrzalka - 14 settembre 2003
Ha suonato uno scossone anche al Festival Biblico che si è svolto a Padova. Autentica rivelazione nel campo della comunicazione ecclesiastica è il giovane prete olandese Roderick Vonhögen.
Cari Fratelli e Sorelle, la Croce è il “luogo privilegiato” in cui si rivela e manifesta a noi l’amore di Dio. Sulla Croce si incontrano la miseria dell’uomo e la misericordia di Dio. Adorare questa misericordia sconfinata è per l’uomo l’unica via per aprirsi al mistero che la Croce rivela. La Croce è piantata in terra e sembrerebbe affondare le radici nell’umana malizia, ma si proietta in alto, come un indice puntato al cielo, un indice che addita la bontà di Dio. Per mezzo della Croce di Cristo è vinto il maligno, è sconfitta la morte, ci è trasmessa la vita, restituita la speranza, comunicata la luce.
“Dio predilige gli umili. Quando viviamo con umiltà, Egli trasforma i nostri piccoli sforzi e fa cose grandi.”
5° CONVEGN0 ECCLESIALE NAZIONALE
www.firenze2015.it
Nuova rubrica su Gozo 2017 In previsione del pellegrinaggio comunitario a Gozo nel 2017, come già annunciato dal nostro responsabile generale, Esperienze di Vita vi terrà informati con parole e riflessioni in preparazione a questo importante appuntamento. Nei prossimi numeri di EdV non mancheranno informazioni per il viaggio e tutto quello che occorrerà.
inrete evangelizzazione 2.0 del parroco social
I PODCAST AUDIO La creatività del sacerdote ha spaziato, ancora, dal racconto di Gesù e San Giuseppe in formato Lego sino ai podcast audio con la preghiera del mattino, che non si fermano solo alla classica recitazione, ma sono animati da una vera e propria conversazione tra il prete e un suo collaboratore che spiegano il senso della preghiera. CARTONI ANIMATI CON I LEGO E per invogliare i più piccoli a seguire il Catechismo, ha dato vita a miniserie di cartoni animati: «I personaggi e le ambientazioni sono fatte con mattoncini Lego. Ho ricostruito la Pentecoste e l’Ascensione, per esempio. I bambini li adorano, e piacciono anche ai genitori». Fonte: aleteia.org
redazione EDV
info PGC
Giancarlo Bassanini Rosalba Beatrice Paolo Cattaneo Giorgia Evangelisti Letizia Pasqualotto Vilma Cazzulani Donatella Zurlo Andrea Giustiniani
Il Piccolo Gruppo di Cristo
PROGETTO GRAFICO Paolo Cattaneo
Via San Pietro, 20 20832 Desio, MB www.piccologruppo.it
SEGRETERIA segreteria@piccologruppo.it segreteria.pgc (+39) 0362 621651
Sommario EdV • Ottobre 2015
In questo numero approfondiremo il tema dell’accoglienza, del saper aprire il proprio cuore all’altro, quindi al Signore. L’emergenza profughi di cui sentiamo parlare o di cui vediamo immagini ci colpisce e ci porta a riflettere e a meditare come anche di fronte a queste situazioni il Signore continua a parlarci.
EDITORIALE
La Chiesa in uscita. Il Piccolo Gruppo in uscita. Giancarlo Bassanini
pag.4
IN COMUNITà
#LaudatoSi - Villabassa 2015 Una settimana super. Andrea di Maio
pag.13
Adriana Bertoni e Walter Visentin
pag.14 ATTUALITà
Gabriella Fiano
pag.15
Aprire il cuore. Accogliere il prossimo come nosro fratello.
Alessandra Maggi
Don Pierpaolo Felicolo
pag.18
pag.6
IL VOLTO DEI SANTI
“Andate” dici a ogni svolta del Vangelo. Rosalba Beatrice
pag.8
pag.17
Pietro Cipriani
Vivere in comunione fraterna. Emiliano Gigliotti
pag.19
La dolcezza, il calore della Madonna. Augusto Galliani
pag.20 GOZO 2017
Mantenere lo sguardo fisso su di Lui. Mons. Mario Gregh
pag.10
L’ANGOLO DEI LIBRI
Una lettura per tutti i gusti.
Vilma Cazzulani e Donatella Zurlo
pag.22 LA BUSSOLA
Ferrara, la Chiesa dei Gesuiti. Andrea Giustiniani
www.iubilaeummisericordiae.va
pag.24
EDITORIALE
l’esempio di gesù ci sproni ad andare oltre, ad essere sempre in movimento.
La Chiesa in uscita. Il Piccolo Gruppo in uscita. di Giancarlo Bassanini [responsabile generale]
L’ “uscire” è l’atto proprio di Dio! L’incarnazione del Figlio Unigenito potremmo dire che è la sua “uscita” dalla Santissima Trinità, per rivestirsi, in ossequio alla volontà del Padre, della carne umana, per discendere verso ciò che è altro da sé, verso l’intero genere umano, per consegnarsi nelle nostre mani pur di salvarci. Gesù stesso lo ha detto nel Vangelo: “Da Dio sono uscito” [Gv 8,42]. E noi ben sappiamo ciò che Gli è accaduto fidandosi di noi: la passione, la morte in croce, la discesa agli inferi e solo al terzo giorno la risurrezione, con la conseguente ascen-
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sione al cielo per ricongiungere la terra al cielo, per salvare l’uomo. Papa Francesco chiede alla Chiesa, e quindi anche al Piccolo Gruppo, in quanto piccola porzione di Chiesa, di uscire, come ha fatto Gesù, per consegnarci nelle mani del nostro prossimo, facendoci dono fino in fondo, come Lui si è fatto dono per ciascuno e per tutti noi. A noi è chiesto di assumere questo tratto caratteristico di Gesù: “uscire” per abbandonare strutture obsolete, per abbandonare i sentieri sicuri e incamminarci dove ci conduce lo Spirito. A noi è chiesto di aprire il nostro cuore per accogliere i profughi, i poveri, i bisognosi, LA VERA GIOIA è ACCOGLIERE L’ALTRO
vedendo in essi Gesù che soffre. So che questo ci esporrà a disagi e difficoltà, ci renderà più fragili e più consegnati nelle mani altrui, ma questo scomodarci ci procurerà la salvezza che non viene dalle nostre opere, ma dal suo amore misericordioso. A noi è chiesto di non avere paura, perché il Signore sarà sempre con noi, nostro scudo e nostra difesa. A noi è chiesto di uscire per annunciare Gesù come fecero i primi discepoli, per percorrere con franchezza e coraggio le vie del mondo, ricchi solo dell’amore di Gesù e per essere testimoni del Risorto. Noi siamo chiamati ad abitare la strada per vincere la sfida di andare incontro ai poveri che sono gli amici di
Gesù. E’ la via della croce quella che dobbiamo seguire per vincere le seduzioni del male. Servire chi soffre ci rende più simili a Gesù. Noi siamo chiamati ad uscire per evitare che il nostro carisma diventi sterile e per far sì che noi torniamo ad essere profetici con il nostro modo di vivere, come ai primi tempi del nostro esserci messi insieme per stare nella sequela radicale del Maestro. Sovente noi diamo solo un pezzettino di noi stessi a Gesù. Se gli dessimo tutto di noi, il tanto che manca per compiere il miracolo lo metterebbe Lui. Noi vogliamo trattenere la nostra vita per noi stessi, non abbiamo il coraggio di offrirla per ritrovarla in pienezza. Per questo non abbiamo la gioia nel cuore, quella che il mondo non può dare, ma che viene dal fatto che siamo creati dall’amore del Padre, che siamo rigenerati dal sacrificio del Figlio, santificati per opera dello Spirito Santo. Le parole del Papa ci richiamano a non fare della casa di Desio che Gesù ci ha donato un museo, ma un luogo in cui si pratica l’ospitalità. Il Signore desidera questo da noi. Non sono io che ve lo dico, ma questo è quello che Gesù vuole da noi. Mio dovere dunque è ribadirvi questo. Se noi ci diamo senza riserve, il Signore non si lascia vincere in generosità. Se noi diamo, se noi apriamo il nostro cuore, il Signore ci ripaga con la sua misura sovrabbondante e ci ricorda che ci basta la sua Grazia. Il bell’Amore di Cristo, verità vivente, sia di esempio a tutti noi. La misericordia di Dio, etimologicamente, l’apertura del cuore verso le miserie altrui, ci rimetta in cammino verso la nostra conversione. La fede diventi per noi la mentalità di Gesù.
Giornata delle Comunicazioni 2016
“Comunicazione e misericordia, un incontro fecondo” è il tema scelto dal Papa per la 50ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che si celebra nel 2016. Lo comunica la sala stampa vaticana. La scelta del tema “Comunicazione e misericordia: un incontro fecondo”, osserva una nota del Pontificio consiglio per le comunicazioni sociali, è ovviamente collegata al Giubileo che il Papa ha convocato e intitolato alla misericordia. “Il tema - osserva la nota - evidenzia che una buona comunicazione può aprire uno spazio per il dialogo, per la comprensione reciproca e la riconciliazione, permettendo che in tal modo fioriscano incontri umani fecondi. In un momento in cui la nostra attenzione è spesso rivolta alla natura polarizzata e giudicante di molti commenti sui social network, il tema vuole concentrarsi sul potere delle parole e dei gesti per superare le incomprensioni, per guarire le memorie, per costruire la pace e l’armonia”. “Ancora una volta, Papa Francesco - prosegue il testo - aiuta a riscoprire che al cuore della comunicazione vi è soprattutto una profonda dimensione umana. Comunicazione che non è solo un’attuale o aggiornata tecnologia, ma una profonda relazione interpersonale”. La Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, l’unica Giornata mondiale stabilita dal Concilio Vaticano II (“Inter Mirifica”, 1963), viene celebrata in molti paesi, su raccomandazione dei vescovi del mondo, la domenica che precede la Pentecoste (nel 2016 sarà l’8 maggio). Il Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali viene tradizionalmente pubblicato in occasione della ricorrenza di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti (24 gennaio). Fonte: Avvenire
LA VERA GIOIA è ACCOGLIERE L’ALTRO
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ATTUALITà
SAPPIAMO APRIRE LE PORTE DELLA NOSTRA CASA al fratello che ci chiede aiuto?
Aprire il cuore. Accogliere il prossimo come nostro fratello. di don Pierpaolo Felicolo 6
LA VERA GIOIA è ACCOGLIERE L’ALTRO
Carissimi, sempre quando mi viene chiesto di scrivere un articolo per Esperienze di Vita e riesco a trovare un po’ di tempo per fermarmi a scrivere, vi penso tutti, ma proprio tutti (almeno quelli che conosco) e penso alle vostre vite, alle vostre storie, penso a quello che state facendo e mi sento in comunione, e mi sento con tutti voi vicino a Gesù. E’ sempre un momento bello e sento come tutti voi siete importanti per la mia vita, siete un grande dono di Dio! Comprendo che voi, anche voi entrate a pieno titolo nell’articolo che mi è stato chiesto di scrivere (io faccio stranire la redazione scrivo sempre in ritardo…..!). “Aprire il cuore, accogliere il prossimo come nostro fratello”. Debbo aprire il cuore, debbo accogliervi tutti! Non debbo escludere nessuno! Sempre quando debbo fare un’Omelia (mi è capitato ultimamente in un matrimonio e in un funerale molto delicati!) sento che debbo evitare a tutti i costi la retorica e il moralismo. Il Vangelo non è retorico, non è moralista! Vivere il Vangelo concretamente è uno sforzo e come dico sempre è la sfida vera e bella della nostra vita! Siamo proprio fortunati fratelli a vivere questa sfida di cercare di vivere l’Amore di Dio. Ma questo non è retorico, non è di circostanza, ma è un paziente cammino a volte faticoso e non semplice, ma permettetemi di ripeterlo per me è un cammino proprio bello! Penso spesso alla frase di un mio caro Professore: molto prima che la Chiesa avesse pulpiti e banchi aveva la cucina e la tavola apparecchiata. “Ogni giorno frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore” (Atti 2-46). Per aprire la propria casa bisogna saper aprire il proprio cuore. Sempre più le nostre case assomigliano
a fortilizi blindati. La paura dell’altro, ci fa chiudere e chiudendosi si resta soli, tristi, ripiegati su se stessi, si perde la gioia, si vive spesso guardando il proprio ombelico. Invece aprire il cuore è alzare lo sguardo, allargare gli orizzonti, imparare il linguaggio dell’amore universale verso tutti. In questi giorni più che mai siamo interpellati ad accogliere il prossimo come nostro fratello. Quanti uomini e donne da tante parti del mondo sono nostri fratelli e a volte non li riconosciamo come tali, abbiamo paura di accoglierli, d’incontrarli, di far spazio a loro nelle nostre città, nella nostre vite. Dobbiamo sempre più incontrare il Signore per saper incontrare i fratelli!! Una donna di grande fede del secolo scorso ha affermato a mio avviso una grande verità: io debbo partire dal fatto che l’altro è un fastidio per la mia vita, è diverso da me, non la pensa come me,... eppure se faccio esperienza dell’Amore di Dio scopro che l’altro è un Dono grande per la mia vita, che io sono più ricco con l’altro, più povero se resto da solo. E allora come cristiani spronati dalle parole di Papa Francesco dovremmo alzare la voce contro i tanti fili spinati che si alzano in alcune parti dell’Europa e del mondo per impedire a tanti uomini e donne di cercarsi un futuro migliore. Ma perché l’altro mi fa paura? Perché sono chiuso in me stesso. Perché non colgo nel fratello una risorsa ed una grande ricchezza? Io continuo fermamente a credere che una famiglia cristiana può vivere un’amicizia civile con i mussulmani che vivono nella stessa via. Cercare e trovare strade di dialogo e d’incontro. E’ difficile? Forse, ma è possibile ed proprio bello! Due persone possono andare d’accordo? E’ difficile? Forse, ma è proprio bello! Se seguiaLA VERA GIOIA è ACCOGLIERE L’ALTRO
mo il Signore e il Suo messaggio di Amore come non posso essere ospitale? Caro fratello, cara sorella, hai una porta d’ingresso? Una tavola? Due sedie? Pane e formaggio per un panino? Congratulazioni! Sei risultato idoneo\a per servire in uno dei ministeri più antichi: l’ospitalità. Allora potrai vedere il tuo nome tra i ranghi di persone come Abramo... “Egli diede da mangiare non agli angeli ma al Signore degli angeli” (Gn.18). Facciamo come Marta e Maria accogliamo Gesù nella nostra casa e se accogliamo Gesù non possiamo non accogliere i fratelli. Che bello!! Spalanchiamo il nostro cuore e ricordiamoci di Mt. 25,40: “ Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a Me”. Quando apri il tuo cuore, la tua casa, e inviti qualche estraneo o qualche fratello in Cristo, tu accogli Cristo stesso. Apriamoci all’ospitalità che apre la porta ad una comunione non comune. Che questa antica preghiera da oggi e per sempre possa divenire nostra: “ti chiedo Gesù di aiutarmi ad aprire il cuore e la mano, ti chiedo anche di aiutarmi ad aprire la porta di casa a quelli che hanno bisogno di assaggiare il Tuo Amore e la Tua bontà”. Che anche per noi possa essere così!
Preghiera per gli immigrati Signore ti affidiamo i migranti e le loro famiglie: tutti coloro che sono costretti a lasciare la propria terra, i propri beni e i loro cari. In particolare ti affidiamo coloro che muoiono nel nostro mare, le donne e i bambini.
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IL VOLTO DEI SANTI
“prendere il largo”. la testimonianza di fede e di vita di Madeleine Delbrêl.
“Andate...”, dici a ogni svolta del Vangelo
di Rosalba Beatrice
Il Vangelo è il libro della vita del Signore. È fatto per diventare il libro della nostra vita. Non è fatto per essere letto, ma per essere accolto dentro di noi. Le parole del Vangelo ci plasmano, ci trasformano , ci assimilano a sé. Se non ci trasformano, è perché noi non chiediamo loro di trasformarci. In ogni frase di Gesù è in ciascuno dei suoi esempi permane la virtù folgorante che guariva, purificava, risuscitava. Non ci è domandato che di obbedire... Bisogna accettare di rompere ogni ormeggio per lasciarsi “andare al largo”. “Partite nella vostra giornata senza idee prefabbricate e senza stanchezza a priori. Partite senza guida a scoprirlo, sapendo che egli è lungo il cammino e non alla fine. Non tentate di trovarlo con metodi originali, ma lasciatevi trovare da lui
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nella povertà di una vita qualsiasi. La monotonia è una povertà: accettatela. Non cercate i bei viaggi immaginari. La varietà del Regno di Dio vi basti e vi dia gioia. Sovente la sola garanzia è questa fatica regolare dello stesso lavoro ogni giorno da fare dello stessa vita da ricominciare degli stessi difetti da correggere delle stesse sciocchezze da non commettere.” Queste frasi fanno parte dei numerosi scritti, opere, poesie e pensieri che scrisse Madeleine Delbrêl, serva di Dio, ( 24/10/1904 – 13/10/1964) nel travaglio interiore della sua vita passata dall’ateismo all’incontro con Cristo che la trasformò facendo del Vangelo il proprio metodo di vita. La sua fu un’autentica testimonianza evangelica dentro un mondo del LA VERA GIOIA è ACCOGLIERE L’ALTRO
XX secolo in Francia che aveva preso le distanze dalla religione e da Dio stesso. Questo vuoto e questa angosciosa assenza di Dio sono stati sperimentati da Madeleine Delbrêl tanto da farle scrivere: Dio è morto, viva la morte. Più tardi ripercorrendo con la memoria quei momenti angosciosi della sua giovinezza scriveva: “leggendo e riflettendo, ho trovato Dio; ma pregando ho creduto che Dio mi trovasse e che egli è la verità vivente, e che si può amarlo come si ama una persona”. “La conversione, l’incontro con Dio è sempre personale” scriveva nel suo libro Comunità secondo il Vangelo, “conversione significa tornare indietro completamente da soli, per sé - poiché è da soli che si muore - e per tutti in nome di tutti”.
Come Maria Maddalena, discepola amata, incontra il Risorto (Gv 20,11-18) e si sente chiamare per nome da Cristo, Madeleine riconosce l’inconfondibile voce del maestro e prima ancora di cominciare a credere, comincia a pregare. Questo incontro con Dio chiede a Madeleine un amore esclusivo, è la scoperta di una miniera d’oro, della felicità e della ricchezza di Dio. Il Dio che Madeleine sta inconsapevolmente cercando è un Dio concreto, che si può incontrare. Grazie all’incontro con un gruppetto di giovani credenti e soprattutto di Padre Lorenzo con il suo modo di annunciare il Vangelo nudo e crudo, esplose in Madeleine la passione e l’entusiasmo per il Vangelo. Questa consuetudine con il Vangelo, questa esistenza trascinata da Dio nelle strade e nei metrò, a contatto con gli uomini, a portata di voce, saranno un riferimento essenziale della sua spiritualità . “Non sono più, i luoghi o tempi privilegiati, ogni cristiano è radicato in un terreno che è quello voluto da Dio” così scrive Madeleine in “Missionari senza battello”. “La partenza dei nuovi missionari è immobile; essi non lasciano il luogo natio ma permangono dove sono, muovendosi nelle vie delle loro città, ed è in questo senso che l’esser missionario potrà poi applicarsi a ogni cristiano. Non ci sono luoghi da evangelizzare bensì uomini. I nostri missionari dall’alto di una scala del metrò gettano lo sguardo su una folla di uomini, di anime. Poi saliranno sui vagoni e vedranno occhi, volti, bocche, ascolteranno interminabili o brevi discorsi. Dai finestrini vedranno case immerse nel buio. In questo buio ci sono persone. Che cosa fanno lo sappiamo bene: costruiscono le loro fragili gioie, patiscono lunghe miserie, fanno un po’ di bene e molti peccati.”
Per raggiungere i paesi dove Cristo è assente occorre prendere la strada. Non c’è missione senza partenza e occorre partire autenticamente come lo si farebbe per andare per esempio in India. Si tratta sempre della partenza del cristiano che noi siamo, fuori da noi stessi. “Per questo ci saranno per noi delle strade di ogni sorta di lunghezza e di ogni genere: --Strada, quella telefonata che ci collegherà alla vita di un altro. --Strada, la via da attraversare per andare da persone che non abbiamo mai visto. --Strada, quella scala da salire per andare in casa di chi, fino ad ora, avevamo salutato sul pianerottolo. --Strada, il metrò che si prende insieme, o il marciapiede all’uscita della fabbrica. --Strada, quella ragazza che, poiché amava un quartiere intero della sua città, ha lasciato il suo mestiere, la sua famiglia e si è installata in mezzo ad un ambiente sconosciuto; strada è la cura di disintossicazione che lei ha intrapreso per avviare relazioni di amicizia. --Strada, la piccola baracca sistemata da due ragazze tra i bambini che hanno in animo di evangelizzare, in un vicolo, per abitare più vicine a loro, in modo quotidiano. --Strada, la professione che ci conduce nel cuore della fabbrica o nell’ufficio più privo di Dio quale può essere quello di un municipio. --Strada, la tecnica di curare e di guarire che si impara. --Strada, è il silenzio e strada è la parola. --Strada, i nostri vestiti e le nostre case. --Strade, verso il futuro regno di Dio.” Strada, è ospitare una famiglia di profughi che scappano dalla guerra. L’amore di Cristo nel “suo corpo LA VERA GIOIA è ACCOGLIERE L’ALTRO
che è la Chiesa” desidera raggiungere tutto ciò che soffre ovunque. Là dove Dio si ritira, il male cresce e prolifera. Paesi senza Dio sono quasi tutti paesi dove dei poveri corpi soffrono, paesi di ogni sorta di sofferenze. Corpi e anime: anime da salvare in corpi da curare, delle persone da consolare di cui l’anima grida la fame. La Chiesa deve non far mancare la sua presenza a ogni dolore. Evangelizzare è il compito primario della Chiesa, è portare la bella notizia. “Noi siamo responsabili di parlare o di tacere, non siamo responsabili dell’efficacia delle nostre parole, perché evangelizzare non equivale a convertire e nemmeno a dare la fede, che solo Dio può dare. Non andiamo come giusti in mezzo a peccatori, come gente incolta, noi andiamo a parlare di un Padre comune, conosciuto dagli uni, ignorato dagli altri; come perdonati, non come innocenti; come gente che ha avuto la fortuna d’essere chiamata a credere, di ricevere la Fede, ma di riceverla come un bene che non è nostro, ma che è stato depositato in noi per il mondo. Non c’è da trovare un nuovo linguaggio, da usare è quello del Vangelo, ossia il linguaggio di Gesù Cristo, la Parola evento”. Questi pensieri sono un niente rispetto ai numerosi scritti e poesie che Madeleine Delbrêl ci ha lasciato nella sua vita di missionaria nelle periferie a Ivry, della quale il Card. Carlo Maria Martini ha detto: “una delle più grandi mistiche del XX secolo.” Nel 1996 è stato avviato il processo di beatificazione.
Bibliografia Missionari senza battello – La gioia del credere – Una Chiesa di frontiera Madeleine Delbrêl.
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GOZO 2017
le Parole rivolte dal Vescovo di GOZO alLA FESTA DELL’EREMO DI ROMA NEL 2014.
Mantenere lo sguardo fisso in Lui. di Mons. Mario Gregh
«Che cercate?»1. Che cercate? Vi vedo così raccolti, che mi sento ispirato dal Vangelo a chiedervi nuovamente: cosa state cercando in questo ritiro? Non so se siete d’accordo, ma una delle cause maggiori della nostra insoddisfazione è che l’uomo di oggi sta cercando qualcosa, ma non sa chiamarla per nome. Quando parlo dell’uomo di oggi, mi riferisco non solo all’uomo che cammina per strada, ma anche all’uomo che abita nella Chiesa. Non sto parlando solo del laico nel senso mondano, ma sto parlando anche del battez-
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zato, del sacerdote, del consacrato e della consacrata. Cosa state cercando? Non voglio fare un elenco, ma domandarmi – anche come Chiesa: cosa stiamo cercando? Il Santo Padre spesso parla del rischio o del pericolo dell’autoreferenzialità. Questo discorso risuona assai nelle mie orecchie anche in questi giorni: stiamo cercando di salvare qualcosa o stiamo cercando il Signore? Se il Signore ci ha posti qui e ci ha chiaLA VERA GIOIA è ACCOGLIERE L’ALTRO
mati con una chiamata particolare, come sta effettivamente facendo, ci ha dato anche una missione, così come ha dato a Giovanni la missione di andare a chiamare i suoi amici. E, come nell’episodio della chiamata di Samuele – che sentiva una cacofonia di voci e di suoni, nella quale non riusciva a distinguere quale fosse la voce che sentiva e da dove provenisse – ci fu bisogno di Eli perché Samuele capisse, così ci fu bisogno di Giovanni per aiutare i discepoli a rispondere ai loro desideri. Lo stesso Giovanni Battista era un uomo in ricerca; tuttavia, non sapeva di non essere soltanto un “cercatore”, ma anche un “cercato”. Dice il Vangelo: «Vedendo Gesù venire verso di lui»2 . Questo significa che il movimento non è partito da Giovanni verso il Signore, ma al contrario. Giovanni, come tutti noi, cercava, domandava senza sapere che c’era qualcun altro che lo stava cercando. Forse è questo il segreto della vita, non solo cristiana, ma anche e soprattutto umana: che noi sappiamo che non siamo noi che cerchiamo la verità o meglio l’amore, ma è la verità e l’amore che ci viene a cercare. È la verità e l’amore, è Dio che ci sta cercando e vuole prendere possesso di noi, è questo sguardo del Signore, che ha consacrato il Battista, che ha consacrato i discepoli, questo sguardo di verità, di amore, che ha consacrato noi e consacrerà te, che stai per formulare la tua consacrazione a Dio. Ma non è facile capire e vivere in questa dinamica, perché a volte noi, come uomini e donne, pensiamo di essere così bravi a cercare, che siamo noi che troviamo e diamo il nome non soltanto alle cose,
ma anche al Signore stesso. Anche noi uomini di Chiesa non capiamo che la chiamata parte da Lui e non da noi, che non siamo noi che abbiamo scelto di andare con Lui, ma che è stato Lui che ci ha chiamati. C’è un dettaglio nel Vangelo, nel passo in cui Giovanni dice: «Ecco l’Agnello di Dio, Colui che toglie il peccato del mondo»3. Perché dice così? Perché Giovanni conosceva il peccato per esperienza sua, ma anche vedeva ed era testimone delle conseguenze del peccato, degli effetti del peccato. Vi ricordate come predica?. «Guai a voi!». Giovanni conosceva il peccato, e proprio quando ha lasciato entrare il Signore nella sua vita, l’ha riconosciuto come Dio, perché soltanto Dio può perdonare il peccato. Per questo dice: «Ecco l’Agnello di Dio, Colui che toglie il peccato del mondo». Il peccato non gli faceva paura; tuttavia, noi abbiamo questa paura. Non sto dicendo che non dobbiamo avere paura del peccato; ma il peccato potrebbe essere anche l’opportunità affinché la bontà del Signore si faccia evidente. Come dice Paolo «laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia» 4. Questo è anche il discorso che stiamo facendo al Sinodo. Ci sono quelli che vogliono una Chiesa senza peccato, una Chiesa dei perfetti. Ma dove sta questa chiesa dei perfetti? Poi ci sono quelli che dicono che questa è la realtà: che la vita della famiglia è macchiata anche dal peccato. Ma se noi crediamo che il Signore è il nostro Salvatore e Redentore, perché dobbiamo avere paura di avvicinarci e di lasciare che altri si avvicinino al Signore? Perciò, il fatto che noi ci sentiamo piccoli, minimi, non deve scoraggiarci, anzi questa è una nota caratteristica del discepolo, del cristiano: l’essere piccolo, minimo, in ogni senso.
Giovanni poi trova la forza per aiutare gli altri a trovare la risposta che stavano cercando. Ma da dove viene la forza del testimone? C’è un’altra parola che mi ha colpito, che dice: «Fissando lo sguardo su Gesù che passava, Giovanni disse: Ecco l’Agnello di Dio»5. Sono i nostri occhi che, saldi sul Signore, meglio ancora sul Crocifisso, ci aiutano ad ottenere la forza per testimoniare questa vita, per aiutare l’uomo di oggi a trovare la risposta ai tanti perché. Carissimi, questi sono i pensieri che volevo condividere con voi in questo momento particolare, sia con quelli che stasera ringraziano il Signore per l’esperienza vissuta, sia con te, che ti stai preparando a domani, perché tutti siamo “cercatori” e non dobbiamo aver paura o vergogna di dire che noi stiamo cercando sempre la verità, l’amore. Quando dico che stiamo cercando, che non siamo mai contenti di quello che abbiamo trovato, ma vogliamo approfondire, intendo dire che, per me, il peccato più grave che il cristiano fa è sentirsi arrivato, sentire che non ha bisogno di domandare altro. Questa disposizione alla ricerca, e questa necessità, ci danno anche la disponibilità di lasciare che il Signore ci venga incontro, ci aiuti a creare lo spazio per la nostra vita personale, comunitaria, familiare, affinché possa abitare con noi, aiutarci a fare questa esperienza intima sua. Di conseguenza, mantenendo lo sguardo fisso in lui perché la sua bellezza ci attiri, noi siamo in grado di aiutare l’uomo di oggi nella sua ricerca. Amen.
Gv 1,38. Gv 1,29. 3 Ibid. 4 Rm 5,20. 5 Gv 1,29. 1 2
LA VERA GIOIA è ACCOGLIERE L’ALTRO
Nella foto. Mon.Mario Gregh con Francesco Pio (aspirante di Gozo) fuori dal Santo Sepolcro nel loro ultimo pellegriggio in Terrasanta.
Il Consiglio Generale della nostra Comunità in vista della ricorrenza del sessantesimo anno di fondazione del Piccolo Gruppo di Cristo (10 febbraio 1957 - 10 febbraio 2017) ha deciso di organizzare un pellegrinaggio al Santuario della Madonna di Tà Pinu, nella piccola e bella isola di Gozo (Malta), a noi particolarmente cara, perché rappresenta la prima terra di diffusione del Gruppo oltre i confini italiani. Il Consiglio desidera ardentemente che tutta la comunità possa sostare in preghiera davanti all’immagine di nostra Signora di Tà Pinu, ai piedi della quale hanno pregato in profondo raccoglimento i papi San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, in occasione dei loro viaggi apostolici a Malta. Sosteremo anche noi come pellegrini in fervente preghiera per rendere grazie a Dio del grande dono del Suo Piccolo Gruppo, per averci chiamato immeritatamente a farne parte, e per chiedere la grazia di nuove vocazioni. Il pellegrinaggio si svolgerà da sabato 22 aprile 2017 a martedì 25 aprile 2017. Il largo anticipo con cui il pellegrinaggio viene annunciato permetterà a ciascuno di effettuare dei risparmi che consentiranno la partecipazione a questo significativo evento. Saremo più precisi prossimamente sia riguardo alla spesa che al programma in dettaglio. Il responsabile generale Giancarlo Bassanini
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IN COMUNITÃ
#LaudatoSi Villabassa 2015 UNA SETTIMANA SUPER
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di Andrea di Maio
tidiana.
La Settimana comunitaria, pur essendo prioritariamente un tempo di condivisione e vacanza, piuttosto che di formazione, esprime, proprio attraverso la vita comune e ordinaria, la nostra vocazione. In particolare, durante la Settimana di quest’anno a Villabassa, mi sono tornati in mente alcuni aspetti della spiritualità del Gruppo, rappresentati da due immagini simboliche descritte da Ireos, che vorrei condividere con voi.
La seconda immagine del Gruppo che mi è tornata in mente è quella del popolo tutto orientato verso Dio, il quale ci guarda non nei nostri difetti isolati, ma come un tutt’uno, e così ci ama singolarmente e comunitariamente. Entrambe queste immagini mi tornavano in mente soprattutto quando alla Settimana celebravamo la Messa, in assemblea composita e variegata e tuttavia armonica, e ci accostavamo con lunghe file alla comunione (anche i bambini che non ricevevano il sacramento, ma partecipavano spiritualmente); oppure quando ci siamo disposti a turni all’adorazione eucaristica prolungata durante la notte; o quando alla sera recitavamo il rosario, perlopiù camminando ordinatamente in fila sulla strada nel bosco: ed eravamo bambini, giovani, adulti e anziani; appartenenti alla comunità, alla fraternità, aspiranti, familiari e amici…; sposati e celibi e in condizione aperta; camminando tutti indistintamente verso il Regno e uniti perché rivolti al Signore.
La prima immagine è quella della città sul monte, illuminata da luce diffusa e coperta da un manto di neve (il famoso “mosaico di pietre di luce”); le case della città hanno porte e finestre aperte, senza ante o battenti, e sono abitate da famiglie serene; sul manto di neve spuntano i primi fiori; ma si nota qua e là anche qualche escremento di mucca. Proprio come in questa immagine, alla settimana vediamo famiglie diverse che attuano una condivisione (vivono a porte e finestre aperte) in una speciale serenità, perché si lasciano illuminare nella vita ordinaria dalla luce della vita eterna. Inoltre, nella vita comunitaria emergono sia le molte belle virtù di ciascuno e di tutti, sia anche i piccoli difetti. Nel corso della settimana di vita comunitaria, grazie anche al ritmo che alterna momenti di riflessione, di preghiera e di condivisione, si attraversano come tre fasi: all’inizio ci si ritrova con entusiasmo, poi col passare dei giorni ci si misura con qualche difficoltà, dovuta a contrattempi o a differenze di carattere, grazie a cui però ci rendiamo anche conto delle nostre lacune personali; e infine si arriva a superare tutto in una sintesi più alta e in una comunione più profonda, nel Signore: così dalla settimana traiamo una ricarica, con cui tornare migliorati alla vita quo-
Riflettevo anche che la Settimana Comunitaria, sviluppatasi negli ultimi anni per prolungare ed estendere la condivisione sperimentata da ciascuno a suo tempo nella “Settimana Aspiranti”, si colloca nel programma comunitario accanto alle “settimane” o “giornate” che la nostra Costituzione esplicitamente prevede per la formazione e spiritualità di tutti (come i ritiri e i corsi di esercizi spirituali) e per la formazione specifica di alcuni (come la Settimana degli Aspiranti, le giornate dei Celibi ed eventuali altre iniziative), e insieme ad altre esperienze di vita comunitaria, e più precisamente a un livello intermedio tra i Pellegrinaggi unitari (che solitamente facciamo tutti insieme ogni cinque o dieci anni) e le “giornate” di vita LA VERA GIOIA è ACCOGLIERE L’ALTRO
comunitaria (organizzate invece a livello dalle singole comunità locali). In questa linea, forse in futuro si dovrà pensare a uno sdoppiamento della Settimana Comunitaria, così da smezzare i numeri, ormai molto elevati, e proporre periodi e mete differenziate per favorire la partecipazione. Riflettevo infine che forse alla Settimana Comunitaria di adatterebbe meglio un programma semplificato, che non faccia distinzione tra sposati e celibi (anche per non creare problemi alle persone in condizione aperta), ma che tocchi temi interessanti per la vita cristiana in generale e ne alterni eventualmente alcuni più afferenti al matrimonio o al celibato: del resto, il fatto di essere lì anche con i propri familiari più stretti (coniugi, figli, fratelli, genitori, anche non appartenenti al Gruppo) dà al concetto di “famiglia” un senso più ampio, in cui tutti (anche celibi per il Regno o di fatto) si possono ritrovare. Tenendo sempre conto che si tratta di una settimana di vacanza e condivisione, più che di formazione, gli incontri brevi e semplici proposti alla Settimana Comunitaria andrebbero sempre distinti per età (bambini e ragazzi, giovanissimi, giovani e adulti), e occasionalmente (come già si fa) in piccoli gruppi per il confronto su tematiche e per esigenze più specifiche. Quanto agli Aspiranti, è bello ed utile che possano partecipare con tutti gli altri alla Settimana Comunitaria; soltanto mi chiedo se, oltre a ciò, non sia meglio ripristinare una “settimana”, o almeno una “tre giorni”, propriamente dedicata a loro, con i loro formatori e qualche altro che possa essere di aiuto e testimonianza. Per concludere, la Settimana Comunitaria oltre a rinforzare i legami di amicizia e familiarità fra noi, ri-
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sponde a una evidente esigenza del nostro tempo: quella di proporre un modo alternativo di fare vacanze; un modo improntato a sobrietà, essenzialità e solidarietà, che sono i valori anche umani in cui possiamo esplicare, in maniera secolare e condivisibile con tutti, le virtù evangeliche della nostra consacrazione. Ed è bello che sul modello della Settimana si moltiplichino, per spontanea iniziativa di alcuni di noi, anche con amici e familiari esterni al Gruppo, esperienze di vacanze diverse, in cui il tempo sia ricentrato su Dio, attraverso l’eucaristia e le altre pratiche di preghiera; lo svago sia non solo sano e salutare, ma formativo, quale riscoperta della bellezza di Dio nel creato; la compagnia sia amabile e amata nella carità fraterna; il riposo sia finalizzato a un miglior servizio; e la gestione del denaro e del tempo non dimentichi i poveri (deboli, ammalati…), cominciando da quelli che, come ci ricorda Ireos, “sono sempre fra noi”.
di Adriana Bertoni e Walter Visentin Anche quest’anno, come già da diversi anni, in agosto, abbiamo partecipato alla settimana di vita comunitaria; è un appuntamento annuale a cui cerchiamo di non mancare mai, perché è per noi un’esperienza arricchente che ci aiuta a vivere sempre meglio l’appartenenza alla Comunità. Per il quarto anno consecutivo ci siamo immersi nel verde splendente della Val Pusteria per raggiungere, a Villabassa, la casa degli Scalabriniani. E’ una villa in parte antica (bellissimo il salone affrescato dove si celebrava la messa e si svolgevano gli incontri) e in parte moderna, piuttosto funzionale, poco fuori dal paese,circondata solo da prati e boschi, cosa che ci ha permesso di gustare dei veri momenti di silenzio e di pace immersi nella bellezza della natura. Come sempre, grazie all’organizzazione attenta e intelligente dei vari momenti della giornata, abbiamo sperimentato l’alternanza di momenti di preghiera, di incontro comunitario, di dialogo personale, di riposo, di allegria e di impegno, vivendo una vacanza vera, “intessuta di preghiera”. Per noi sposati erano stati pensati tre incontri, che quest’anno si sono svolti in un modo originale: nei primi due, infatti, lo spunto iniziale non è stato fornito da un testo scritto o da un’ampia relazione, bensì da un video. Questa modalità è stata, secondo noi, particolarmente coinvolgente ed ha suscitato numerose riflessioni ed interventi interessanti durante il tempo dedicato allo scambio comunitario. Il terzo incontro, invece, pur seguendo il metodo tradizionale dell’approfondimento di un documento scritto, si è svolto insieme al gruppo dei celibi
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e questo ci ha permesso di ascoltare punti di vista diversi anche se basati su una unità di fondo, relativamente al tema della consacrazione. Nel primo video, abbiamo ascoltato e visto Papa Francesco durante l’incontro con le famiglie della diocesi di Roma;tre erano i punti sottolineati dal Papa come caratteristici della chiamata al matrimonio: vocazione, comunione, missione. Alcune frasi ci hanno particolarmente colpiti: “Diventare papà e mamma è una chiamata di Dio ….Dobbiamo scoprire tutti i giorni la bellezza dell’amore, credere tutti i giorni nell’amore... I genitori hanno la vocazione di amarsi … Le differenze sono ricchezze … L’uomo deve fare più donna la moglie e la donna deve fare più uomo il marito … I figli da noi capiranno che non siamo mai soli, perché siamo con il Signore … I nonni sono la saggezza, la memoria di un popolo e della famiglia …” Il secondo video, molto originale, sviluppava la similitudine tra la realizzazione di un calice di vetro e l’azione della Grazia nel matrimonio. Si partiva dalla visione di sabbie colorate molto diverse, i due elementi della coppia , che fondendosi grazie al calore del forno (simbolo dell’azione dello Spirito) diventavano un calice prezioso. Le sabbie erano contenute, ma si sono trasformate in un calice, un contenitore del vino nuovo, dell’amore di Dio. Col sacramento del matrimonio la coppia viene immersa nel fuoco d’amore dello Spirito Santo. Ciascuna coppia ha una sua originalità, il suo DNA, la sua bellezza. L’incontro svolto insieme, celibi e sposi, partiva dalla lettura fatta individualmente del testo dell’incontro del Papa con religiosi e religiose della diocesi di Roma.Le riflessioni messe in comune sono state davve-
ro numerose e hanno sottolineato punti diversi della nostra esperienza sia come persone consacrate che come Comunità. Naturalmente, essendo questa settimana un periodo anche di vacanza, non sono mancate le gite nei dintorni, organizzate in modo da venire incontro alle esigenze di tutti: famiglie con bimbi piccoli, persone allenate alle lunghe camminate e altre … un po’ meno, giovani e meno giovani,… Eravamo in tanti, ma abbiamo sempre respirato un’aria di serenità che nasce dalla disponibilità alla collaborazione, all’ascolto, all’aiuto reciproco anche nelle piccole cose. Al termine della settimana ci siamo salutati sentendo che questo tempo trascorso insieme ci ha rafforzato nel sentirci davvero fratelli nella fede e nel desiderio di ringraziare sempre il Signore per il grande dono della Comunità.
di Gabriella Fiano La settimana di vita comunitaria è ormai un appuntamento consolidato e un richiamo forte per vivere giornate di vita fraterna che favoriscono scambi interpersonali, approfondimento di conoscenza reciproca, momenti di riposo immersi nella bellezza della natura e tempi per gite e passeggiate con una particolare attenzione ai bimbi, agli adolescenti e ai giovani. Alcuni incontri programmati favoriscono la riflessione personale e la condivisione. Ogni giornata è avvolta da tempi di preghiera personale e comunitaria che culminano nella celebrazione eucaristica nella quale ci uniamo a Gesù, nostro fratello Dio, per ringraziare, lodare il Padre e chiedere che, con l’aiuto dello Spirito, ci doni di camminare verso la santità che lui ha pensato per ciascuno di noi.
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Anche per noi celibi questa condivisione è arricchente e ci fa gustare la bellezza e la ricchezza che dona la vita fraterna. Un altro aspetto che ci attrae è anche il poter vivere alcuni incontri tra noi che possano sostenere la nostra vocazione e favorire il confronto fraterno per aiutarci reciprocamente a vivere sempre più in profondità la bella vocazione che il Signore ci ha donato. La nostra, come ogni vocazione, richiede anche dei momenti specifici di formazione e riflessione, quella che un tempo era la settimana celibi, che vivevamo in estate, da alcuni anni è stata suddivisa in due tempi: il primo che viviamo a Desio nei primi di gennaio dove ci sentiamo a casa e assaporiamo la vita fraterna e viviamo anche incontri specifici di formazione, il secondo è la settimana estiva dove inseriamo alcuni incontri tra noi per approfondire temi che possano aiutarci donando vigore al cammino personale, arricchirci con lo scambio di esperienze per ritornare nella valle operosa con maggior vigore spirituale ed umano, sempre più abbandonati all’amore di Dio che ci ha chiamati al celibato nella Comunità del Piccolo Gruppo di Cristo. Quest’anno, per vari problemi, non tutti erano presenti, ma la fraternità che ci lega, ci ha permesso di sentirci in comunione con tutti loro. Il programma degli incontri a Villabassa riprendeva il tema dei giorni di Desio sulla “Vita consacrata” e nello specifico ci siamo soffermati sull’ultima parte della lettera “Scrutate”: - La profezia della mediazione -.Ci siamo confrontati su come calare il “servizio caritatis” nella costruzione della città dell’uomo secondo la nostra vocazione; abbiamo considerato il rischio di attribuire alle vie dello Spirito le nostre mappe e quindi ci siamo chiesti quanto e come usiamo
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il dono del confronto e del consiglio con il responsabile per vivere in verità la volontà del Signore secondo le beatitudini evangeliche che desideriamo diventino sempre più il nostro abito, la nostra tunica per camminare verso la vita eterna. Abbiamo sottolineato l’importanza di non perdere mai lo slancio di camminare per le strade del mondo nella quotidiana ricerca del Regno che si rivela nel segno del piccolo per essere granello di senape in cui brilli il riflesso dell’amore di Dio attraverso una serena vita fraterna, l’ascolto della voce debole, la memoria della costante presenza di Dio tra gli uomini. Con l’aiuto di questo testo ci siamo sentitti sollecitati a coltivare uno spirito contemplativo, uno sguardo di fede che sappia riconoscere la sapienza della debolezza nel tempo presente. Un altro aspetto, per vivere il “lavora e prega, fai opere di bene senza pretendere nessuna ricompensa” che richiama la spiritualità, il carisma che il Signore ha donato al Piccolo Gruppo di Cristo, è dato dalla vigilanza orante che intercede per il mondo unita all’umile abbandono nel lasciarci condurre dallo Spirito rinunciando a calcolare e controllare tutto lasciandogli lo spazio perché possa prenderci come siamo e farci come Lui ci vuole. Cercando di inserirci nell’anno dedicato a S. Teresa d’Avila a 500 anni dalla sua nascita, abbiamo poi usato le lettere che Papa Francesco ha inviato al vescovo di Avila e al Preposito Generale dell’ordine dei Carmelitani e, alla scuola della” santa camminatrice”, abbiamo cercato di imparare a essere pellegrini: Teresa infatti intese la vita come un cammino di perfezione lungo il quale Dio conduce l’uomo fino a Lui e, tutta la vita, è la gioia profonda dell’anima, è umile e modesta e la si trova guardando il Crocifisso e cercando il Risorto.
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Questa grande santa ci insegna che la sua esperienza mistica non la separò dal mondo né dalle preoccupazioni della gente. Al contrario, le diede forza e coraggio per i doveri di ogni giorno, perché diceva: “il Signore si aggira anche fra le pentole”. Teresa ci ha indicato la strada del suo realismo che esige opere invece di emozioni e amore invece di sogni. In lei risuona l’invito di Papa Francesco ad uscire, a percorrere i cammini del nostro tempo con il Vangelo in mano e lo Spirito nel cuore, verso le periferie vicine o lontane. Mi sembra che la settimana di vita comunitaria, così come è pensata e vissuta, inglobi questi cammini e ci aiuti a viverli poi nella valle operosa.
S. Teresa diceva alle sue sorella” la santità è gioia, perché <<un santo triste è un triste santo>>. S. Teresa ci ha aiutati a comprendere che il cammino di preghiera non è un modo di fuggire o di isolarsi, ma è un rapporto d’amicizia, un trovarci con chi ci ama. Francesco c’invita a percorrere questo cammino fino alla fine, perché in una cultura del provvisorio, siamo chiamati a vivere la fedeltà del “sempre, sempre”, in un mondo senza speranza e in una società con tanti idoli, siamo chiamati a essere testimoni che “solo Dio” basta. S. Teresa con la sua esperienza di fondazione di tanti monasteri, piccole fraternità, ci invita ad essere comunità più fraterne procedendo nella verità dell’umiltà che ci libera da noi stessi per amare di più i fratelli, soprattutto i più poveri. LA VERA GIOIA è ACCOGLIERE L’ALTRO
Quindi l’invito che tra i tanti insegnamenti di S. Teresa abbiamo fatto nostro, sono le sue parole poco tempo prima di morire: “E’ tempo di camminare!”. Rivolgiamo quindi anche a tutti voi l’invito che ci fa Papa Francesco: << è tempo di camminare lungo le strade della gioia, della preghiera, della fraternità, del tempo vissuto come grazia!>>. S. Teresa con la sua personalità seducente e aperta alla vita mistica, ma anche alla concretezza della vita quotidiana ci ricorda che il luogo di ogni incontro con Dio è “qui” e l’ora dell’appuntamento è sempre “adesso”. L’incontro unificato con i fratelli sposati è stato un ulteriore approfondimento ricco e fraterno, che ancora una volta ha confermato quanto il comune cammino arricchisca la nostra vocazione. Questi sono solo alcuni degli spunti che ci hanno aiutato nelle nostre riflessioni, ma proseguiremo a riflettere su alcuni dei tanti scritti di S. Teresa nei prossimi giorni a Desio e poi magari vi aggiorneremo! Buon cammino a tutti!
di Alessandra Maggi Cartoncini colorati, meglio di varie dimensioni - si sa mai Sale, tre chili, due in meno del riso Bottiglie di plastica, grandi e piccole - se le tagliamo già, occupano meno spazio Sacchetti del pane, senza briciole Carta crespa, colori arrotolati Pennelli, qualcuno - paciughiamo con le mani #tuttavita Pennarelli, punta grossa, dentro un barattolo ancora sigillato Spago, grosso, sottile, marrone, bianco - leghiamoci Gomitoli di lana, sfumature di colore Tappi, un po’ bucati e un po’ ancora da bucare - se li mettiamo vicini, incontrandosi, diventano suono Scotch arrotolato, di carta o trasparente - per tenere insieme i pezzi Matite, Penne, Pastelli E un astuccio che se li tiene stretti stretti Strappi di carta in fantasia - avvicinandoli creeranno nuove immagini Scatole delle scarpe, vuote - hanno già regalato nuovi passi ai piedi Colla vinilica, a fiumi - non ci stacchiamo più Barattoli di tempera - spruzzeranno gioia ed energia Spugne - per sporcarsi Bottigliette di vetro - ognuna già pensata per ciascuno Cilindri di gesso colorato - una maestra dovrebbe sempre averne uno in tasca #statusSymbol Palloncini e bombette, acquisto dell’ultimo momento - scoppiamo di felicità Braccialetti fluo, 4 tubi, abbondiamo - per non perderci nel buio Lanterne, otto - almeno una volerà in alto Medaglioni, li tagliamo al momento, ma sono già scritti - per sentirsi accolti #dasubito E poi... IL CUORE Sì perché è tutto ciò che ci tiene SU E ognuno di noi, che ci prepara-
vamo in silenzio a questa nuova avventura, sentiva che dentro di sé quel cuore spingeva (il mio come non mai). L’idea di STARE alla proposta di partecipare alla settimana a Villabassa si faceva sempre più concreta e certa, man mano che i giorni passavano e le cose intorno a me prendevano una forma che mi commuoveva, non solo perché era proprio ciò che desideravo, ma perché mi si faceva così vero che Qualcuno stava pensando a me in un modo così intimo, che davanti a quel miracolo avrei potuto solo lasciarmi prendere in braccio. Arrivavo #incorsa da un anno pieno: appesantito da scelte importanti che hanno portato i miei piedi a cambiare direzione radicalmente, alleggerito da un cuore che finalmente aveva “scelto di scegliersi” e di rimettere insieme i pezzi nel giusto ordine e che, ORA, aveva solo voglia di essere accolto e custodito. “Persone, di cui oggi ancora ignori l’esistenza, fasceranno le tue ferite” parole che ho letto e riletto fino a consumarle, donatemi da uno degli #importanti della mia vita, che mi hanno fatto sentire certa di poter affondare il passo, senza paura di perdere la direzione. Ecco, allora, come sono partita: sogni piegati in valigia, mischiati ai vestiti da scena, scarpe piene di passi ancora da fare, occhi pieni di luce, mani pronte a prenderne altre, cuore che spinge e trascina, e un desiderio più grande di altri… dare un volto e uno sguardo a chi avrebbe condiviso con me quell’avventura che era pronta per essere vissuta da me, proprio da ME. Di bambini, nella mia vita e nel mio lavoro (fatico a chiamarlo così, perché per me è vita anche quella) ne ho visti tanti e di ciascuno ho cercato di prendermene cura, ma….. LA VERA GIOIA è ACCOGLIERE L’ALTRO
IL TEMPO... questo mi preoccupava. Avrei avuto solo pochi giorni per entrare nei loro occhi e arrivare fino al fondo, solo poche ore per guardarli e godere di loro, della loro energia, del loro essere così speciali per il semplice fatto che fossero BAMBINI e nulla di più mi serviva, per scegliere di prendermi cura di loro. E poi, è sempre così, che quando ti affidi e lasci che sia, ACCADE l’inaspettato e quelle poche ore si sono riempite subito di NOI e quei volti così diversi, così originali, così unici, si sono fatti sempre più familiari e le mani non hanno tardato a stringersi e i piedi a seguirsi. Perché i bambini, solo loro sanno insegnarti DAVVERO che cos’è la vita, l’amore incondizionato, l’emozione a fior di pelle, la risata di cuore; perché sono loro la mia energia, il mio orizzonte, la mia passione, la mia voglia di ricominciare per non fermarmi più. E, poi, riconoscersi nello sguardo degli altri ragazzi, che ci sono stati, senza “se” e senza “ma”, che non si sono mai fermati a chiedersi “dove stiamo andando?”, ma hanno camminato instancabilmente con la voglia di non perdersi neanche un pezzetto di tutto ciò che ci era dato da vivere e gustare, con quella libertà dell’esserci #cosìcomesono e quella gratuità del darsi #perquellochesono. Questo è ciò che mi ha commosso di più, che tutti Noi, bambini e “diversamente bambini”, abbiamo vissuto la straordinarietà di avere Qualcuno che scommette sul tuo cuore e ti concede la possibilità di farlo vedere a chi ti sta vicino perché TUTTI, grandi e piccini, SIAMO FATTI PER COSE GRANDI. Vi porto nel cuore, ciascuno di voi, per quel poco o tanto che mi ha fatto respirare di sé e che ha respirato di me…con la certezza che… il MEGLIO #deveancoravenire.
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Quelli che... il Piccolo Gruppo di Pietro Cipriani
Quando mi hanno chiesto di scrivere qualche riga sul motivo per cui ho scritto questa canzone mi sono reso conto che in realtà l’ho scritta di getto senza neanche averci pensato; ho messo in rima quello che sentivo nel cuore. So bene di non essere un poeta né uno scrittore ma ringrazio il Signore di avermi reso capace di scrivere ciò che sentivo dentro di me a mio modo. Io e mio fratello Davide abbiamo scritto questa canzone rap che riguarda Il Piccolo Gruppo di Cristo e l’abbiamo intitolata “quelli che…il Piccolo Gruppo”. Ora pensandoci bene il motivo che mi ha spinto a scrivere questa canzone è esprimere il mio affetto e la mia gratitudine in maniera scherzosa al Piccolo Gruppo che, anche se non faccio parte nè degli aspiranti nè degli effettivi, da quando sono nato lo sento come una famiglia che mi ha sorretto sempre, quindi ci tenevo ad esprimere il mio affetto in un modo originale (il rap è anche una mia passione). Noi semo Quelli che se fermano in cappella entrano alle 9 ed escono alle 3 Noi semo Quelli che quanno fanno una gita te dicono subito aoooo vie pure Te Noi semo Quelli che abbiamo anche messo online il nostro sito internet E quando te cominci il tuo incontro ai tuoi bambini ce pensano le baby sitter Quelli che finisco gli incontri nel mese di dicembre e riniziano a gennaio Quelli che quando stamo in giro pe musei chiediamo spiegazioni a Di Maio Quando che hai giornate di strazio e senti che il tuo umore è un po’ strano Sappi che in questo gruppo ce la coppia comica Fazio insieme a Gaetano quando che te senti un po triste questa gente te cambia le giornate te dico che il piccolo gruppo è devastante come dice Carlo Abate RIT. Ci sto tra quelli del piccolo gruppo Tra quelli che per me so tutto Tra quelli che fanno de tutto e so quando nel cuore hai il veleno leggi CON ANIMO SERENO e poi di gioia sarai pieno Noi semo quelli che la parola andrei non la utilizzano solo come condizionale e sai perché? Tra Carroccio Cipriani Fazio e Di Maio qua il nome è sempre uguale quando che se organizzano sketch o recite de mezzo ce Mantega sicuro e succede che durante le prove se sente soltanto un urlo GIOVE CRUDOOO qua fratè stamo sempre a fa escursioni non ci fermiamo mai tra le alpi e gli appennini il bello è che ogni persona è responsabile ma non generale come Bassanini quelli che dopo che hai fatto uno scherzo ricorda sempre che chi la fa l’aspetti solo che se cerchi un complice un po’ furbetto non rivolgerti alla Betty quando che si organizzano le gite al nostro ritorno siamo un rottame umano i soli che dicono È NA PASSEGGIATA sono sempre e solo la famiglia Cattaneo questo è il gruppo che io frequento dalla nascita e continuerò a farlo a vita il gruppo che ha sorretto me e la mia famiglia quando eravamo tutti quanti in salita scusa se non ho messo tutti in ballo ma questa dedica durerebbe le ore un saluto va al nostro prete ma anche amico DON PIERPAOLO MONSIGNORE un altro che ci tenevo a nominare e un altro pilastro sciatore di ieri sai chi è?? È un altro nonnetto una grande persona Mauretto Panzeri mo fratè è arrivato il momento forse più importante de sto rap che ho scritto quello che è dedicato a chi ha costruito il Piccolo Gruppo Di Cristo lui è il fondatore quindi penso sia giusto chiamarlo The Boss daje rega un applausone urliamolo insieme GRAZIE NONNO IREEEEEOOOOOOOSSSSSS RIT.
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LA VERA GIOIA è ACCOGLIERE L’ALTRO
IN COMUNITà
RIFLESSIONI DALLA DUE GIORNI A DESIO DELLA FRATERNITà DEL PICCOLO GRUPPO. Cito Andrè Louf perché in poche parole sintetizza il percorso che abbiamo vissuto in questi giorni e che stiamo cercando di vivere come fraternità:
Vivere in comunione fraterna. di Emiliano Gigliotti
In data 5 e 6 settembre si è tenuto a Desio l’incontro di inizio anno per tutti i fratelli e le sorelle della fraternità. Da qualche anno questo appuntamento caratterizza la nostra preparazione alla Festa dell’Eremo e si aggiunge agli incontri che vengono fatti successivamente e che coinvolgono i membri della fraternità delle varie comunità locali. Anche quest’anno abbiamo iniziato dedicando il sabato mattina ad un lungo momento di adorazione euca-
ristica che ha permesso a ciascuno di noi di far sedimentare i propri pensieri e di mettersi in ascolto del Maestro interiore che ci accoglie a casa e ci mostra con Amore la dignità alla quale ci ha chiamati. Le meditazioni e le condivisioni che abbiamo vissuto successivamente partendo dalla Sacra Scrittura ci hanno aiutato a capire l’importanza di vivere una vita spirituale quale unica via per realizzare in pienezza la nostra esistenza. LA VERA GIOIA è ACCOGLIERE L’ALTRO
“Dio è sempre vicinissimo a noi; anzi, più che vicino a noi, è dentro di noi, al cuore di noi stessi, al cuore del nostro cuore. Siamo noi che siamo altrove, talora lontanissimi, e continuiamo a cercarlo là dove sarà sempre più difficile incontrarlo. Il proprio nucleo interiore; ma come discernerlo, come raggiungerlo? Come imparare a vivere a partire da esso ? Non appena qualcuno raggiunge in se stesso questo nucleo interiore, che è il suo vero io, si distacca facilmente, e come naturalmente, senza sofferenza inutile, dal proprio io superficiale, poiché avverte di aver raggiunto una pienezza un tempo sconosciuta, una pienezza che può sconvolgere la vita.” Ringraziamo Dio che ci ha donato la possibilità di incontrarci e di vivere dei momenti di comunione fraterna allietati anche dalla presenza di cari amici che ci hanno raggiunto e che sono stati ospiti a Desio. Tra questi anche Suor Graciela di Assisi che, prima di diventare francescana, è stata primo soprano in Messico e che ci ha commosso con un canto che, ancora una volta, ci ha ricordato il prodigio che ognuno di noi è agli occhi del Suo creatore ed a quale pienezza di vita ci ha chiamati rimanendo in Lui. Un abbraccio fraterno Nella foto. Particolare della cappella della casa di Desio del PgC
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IN COMUNITà
l’esperienza di un fratello della comunità. report del pellegrinaggio a lourdes.
La dolcezza, il calore della Madonna. di Augusto Galliani
E’ la terza volta che mi reco in pellegrinaggio a Lourdes. Il primo l’ho fatto quando ero giovane per chiedere a Maria l’aiuto nella scelta della vocazione. Il secondo con Eliana, in occasione dell’anniversario di nozze per rinnovare le promesse matrimoniali, e quest’ultimo per discernere il mio nuovo cammino, dopo la nascita al cielo della mia carissima sposa. Come sempre Lourdes è stracolma di gente. Solo l’OFTAL (Opera trasporto ammalati a Lourdes) è arrivata con 23 pullman, due aerei e due treni, oltre al pellegrinaggio dell’Unitalsi e tanti altri gruppi, sia italiani che stranieri. Il Piccolo Gruppo di Cristo era composto da Giancarlo e Lucia, Francesco Corda, Rita Randazzo con la sua mamma, il sottoscritto e Niki Astore, oltre a Don Luciano De Nadal, assistente spirituale e nostro caro
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amico. Il programma ufficiale dell’OFTAL prevedeva: il Santo Rosario alla Grotta di Massabielle, la Via Crucis, la Santa Messa quotidiana alla Grotta e nelle varie chiese, particolarmente significativa e coinvolgente è stata la Santa Messa solenne Internazionale, celebrata in diverse lingue, presso la Basilica sotterranea di S. Pio X. Altri appuntamenti comunitari erano: la celebrazione della Riconciliazione, la processione Eucaristica e quella serale “Aux flambeaux”. Questo programma, anche se intenso, lasciava ai pellegrini molto tempo libero. Così ciascuno poteva organizzarsi come meglio desiderava. Il mio tempo libero l’ho sempre passato, quasi esclusivamente, nel “recinto”: luogo sacro dove avvengono tutte le funzioni religiose, dove LA VERA GIOIA è ACCOGLIERE L’ALTRO
prevale un silenzio che ti avvolge e ti invita ad elevare lo spirito a Dio. Soltanto qualche breve momento l’ho riservato per acquistare le medagliette per i miei quattro nipoti e per spedire un po’ di cartoline alle persone ammalate della Comunità e a quelle della mia parrocchia. A Lourdes non si può non pregare: viene spontaneo tenere sempre in mano il Rosario e scandire le numerose “Ave Marie”. Mentre camminavo per andare da un posto all’altro mi veniva in mente la poesia del poeta Giuseppe Ungaretti: “Mi illumino d’immenso”. Sì, a Lourdes ci si illumina veramente d’immenso. Qui Cielo e Terra si toccano e lambiscono i pellegrini. I luoghi dove mi recavo sovente, erano la Grotta delle Apparizioni della Madonna e la Cappella dell’Adorazione Eucaristica. La
Grotta, ha un fascino spirituale incredibile. Sembra impossibile che, dopo tanti anni, moltissima gente di ogni popolo, lingua e nazione, corra ancora verso questo sacro luogo per ricevere luce per il proprio cammino. Accostarsi poi alla fonte, dove nel 1858, la Madonna fece scaturire l’acqua da un terreno arido, è un atto di devozione senza scopi miracolistici. La Vergine o meglio “l’Immacolata Concezione”, come Lei si è dichiarata a Santa Bernadette, è veramente il mezzo privilegiato per arrivare a contemplare suo Figlio Gesù. Quante “Ave Marie” pregate davanti alla Grotta! La Cappella dell’Eucarestia, aperta 24 ore su 24, è il luogo dell’incontro silenzioso e affascinante con Gesù. Le persone entrano ed escono quasi in punta di piedi per non disturbare coloro che sono in contemplazione del Figlio di Dio. Essere inginocchiati o distesi davanti all’Eucarestia è come fare la cura del sole: si esce con il volto luminoso e sereno. Durante la Santa Messa, celebrata nella Chiesa di Santa Bernadette, mentre le nuove dame e i nuovi barellieri facevano la promessa di adesione al servizio agli ammalati, facevo un parallelo con gli impegni che, durante la nostra annuale Festa, salendo ai vari Eremi, rispondiamo alla chiamata del Signore con il nostro “Eccomi”. Sì, il Signore chiama sempre ed ovunque, sta a noi rispondere affermativamente, perché è l’unica strada che porta alla santità. Ce lo conferma San Pietro, che dopo un intenso e sofferto dialogo con Gesù afferma: “Signore, dove andremo, tu solo hai parole di vita eterna”. Davanti alla Grotta abbiamo pregato per le nostre cinque comunità, offrendo cinque ceri, affinché con la loro luce, ogni sorella ed ogni fratello, possano essere raggiunti dalla
tenerezza di Maria e illuminati dallo Spirito Santo, per camminare sempre in novità di vita nell’oggi di Dio. E che dire dell’incanto della processione serale con le fiaccole: una marea di persone pregava rispondendo in tutte le lingue alle varie invocazioni. In quel momento ho avuto veramente la percezione di essere cittadino del mondo. Osservando il fiume Gave, che con la sua forte corrente lambisce la Grotta, per andare ad immettersi nel fiume Adour e poi gettarsi nell’ oceano atlantico, pensavo ai milioni di persone che sono passati davanti alla Grotta portando nel mondo la forza, il coraggio, ma soprattutto l’amore, che hanno ricevuto dall’incontro con Maria, per diventare così una “Chiesa in uscita”, come ci richiama continuamente Papa Francesco. Un altro momento spirituale è stato per me il “bagno” nell’acqua che scaturisce dalla roccia. E’ un atto spirituale, personale ed umile, perché ti spogli dei tuoi vestiti esterni ed interni e, dopo aver pregato in silenzio, ti lasci adagiare nell’acqua, rinnovando così il tuo battesimo. In questo pellegrinaggio ho sentito sempre vicino la mia cara e meravigliosa Eliana, apparsami in sogno proprio la notte stessa del mio arrivo a Lourdes.
te è che teniamo gli occhi aperti: <Ogni istante è la piccola porta da cui può entrare il Messia>. Ma noi sappiamo che il Messia è già venuto e che Dio è da sempre “tutto in tutti”. Per uscire allo scoperto, attende solo di essere riconosciuto. In chi lo sa vedere, lo stupore risveglia grappoli di domande, le cui risposte generano ulteriore stupore, con meraviglia senza fine”. Grazie Signore Gesù, grazie Nostra Signora di Lourdes, grazie Santa Bernadette, per questa stupenda esperienza.
Durante il viaggio di andata e ritorno, ho letto il libro: “Sogni, allergie, benedizioni” del gesuita Padre Silvano Fausti, recentemente approdato tra le braccia del Padre. Proprio nell’ultima pagina del libro è riportato questo pensiero che mi pare si addica bene allo spirito con cui ho cercato di vivere i miei giorni a Lourdes: “Per questo percepisco sempre di più che ogni giorno è da gustare con pienezza. Come fosse l’ultimo. L’ultimo giorno è sempre e solo oggi. Anche domani, quando verrà, sarà oggi. Fin che sorgerà il sole senza tramonto. ImportanLA VERA GIOIA è ACCOGLIERE L’ALTRO
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L’ANGOLO DEI LIBRI
consigli di lettura per tutti i gusti. ALCUNE RECENSIONI DA NON PERDERE. di Vilma Cazzulani e Donatella Zurlo Gli scritti dal carcere, raccolti nel volume, sono voce di martiri non canonizzati, preti e laici che, per mantenersi fedeli alla fede e alla comunione con Roma, hanno subito decenni di prigione, angherie e torture, nel periodo in cui al governo della Cina c’era Mao (fine Anni’40 fine Anni’70). Erano già stati pubblicati per iniziativa del PIME, ma trattandosi di documenti poco conosciuti e sottovalutati vengono riproposti in una versione ampliata, perché ritenuti importanti dal punto di vista spirituale. Il curatore, Fazzini, ce ne spiega il motivo: “Siamo di fronte a pagine di altissimo valore, che vanno fatte conoscere perché siano meditate e pregate, frutto come sono di vite vissute con radicalità estrema sulla orme del Vangelo”. In catene per Cristo. Diari dei martiri nella Cina di Mao / Gerolamo Fazzini / 2015 / Emi / pag.416 / € 20 Il cibo, considerato non solo come necessario nutrimento, ma soprattutto come momento di condivisione, raccontato dagli autori attraverso curiosità, norme e tradizioni delle comunità ebraiche, cristiane e islamiche. Ma che cosa si mangia in occasione delle feste ebraiche, musulmane e cristiane in Medio Oriente? Ecco allora la proposta un altro libro più semplice, di ricette, che possono essere un modo simpatico per acquisire uno sguardo diverso su questi popoli, oltre le guerre e il terrorismo. Buono e giusto. Il cibo secondo Ebraismo, Cristianesimo e Islam / Paolo Branca, Claudia Milani, Claudio Paravati / 2015 / Edizioni Terra Santa / pag.128 / € 9
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Non è una novità editoriale eppure il libro sul silenzio di Anselm Grun si trova in prima fila sui banchi delle librerie più grandi. Succede perché il silenzio è una necessità nelle nostre giornate frenetiche e il testo promette perle di saggezza sul tema. L’autore, che è un monaco benedettino, scrittore tra i più prolifici, sostiene che il silenzio può guarire alcuni nostri malesseri interiori, a patto che siamo disposti a cambiare e a farci coinvolgere profondamente in questa esperienza. Non propone quindi un silenzio che ha per fine il disimpegno e il relax, cioè un certo benessere, o anche la contemplazione, ma il silenzio come mezzo per metterci di fronte a Dio, aiutati dalla sapienza dei monaci del terzo e quarto secolo che ne hanno fatto una profonda esperienza. A questi saggi si riferisce Grun che mostra una strada possibile per aiutarci a vedere e a contrastare i nostri piccoli e grandi egoismi, quell’autoreferenzialità di cui parla papa Francesco come dell’ atteggiamento interiore da superare. Il piccolo libro del silenzio / Anselm Grun / 2006 / Gribaudi /pag.128 / € 7 LA VERA GIOIA è ACCOGLIERE L’ALTRO
“C’è gente che Dio prende e mette da parte. Ma ce n’è un’altra che egli lascia nella moltitudine, che non “ritira dal mondo”. E’ gente che fa un lavoro ordinario, che ha una famiglia ordinaria o che vive un’ordinaria vita da celibe. Gente che ha malattie ordinarie, e lutti ordinari. Gente che ha una casa ordinaria. Gente che s’incontra in qualsiasi strada. Noi altri, gente della strada, crediamo con tutte le nostre forze che questa strada, che questo mondo dove Dio ci ha messi è il luogo della nostra santità. Noi crediamo che niente di necessario ci manca. Perchè se questo necessario ci mancasse Dio ce lo avrebbe già dato.” Credo sia sufficiente questo assaggio che si trova nel primo capitolo per intuire la consonanza con la nostra chiamata di laici consacrati. Madeleine scrive negli Anni ‘40‘60 e i suoi libri continuano ancora oggi ad essere affascinanti. “Il segreto sta nel fatto che Delbrel esprime una sintesi vivente tra intensità religiosa, assoluta obbedienza al Vangelo, amore indiscutibile alla Chiesa, attenzione reale alla condizione dell’uomo” (Mons.Corti). Noi delle strade / Madeleine Delbrel / 2012 / Gribaudi /pag.336 / € 18
Papa Francesco ha indicato il Vangelo di Luca come testo guida per il Giubileo della Misericordia del 2016. Un piccolo aiuto per leggerlo in famiglia durante l’Anno Santo. Ascolto, riflessione, preghiera e azione sono i quattro momenti su cui è costruita la proposta di mons. Paglia. Alla lettura del brano segue una breve riflessione, il momento della preghiera e infine dell’azione; a conclusione di ogni pagina è offerto un piccolo suggerimento per la vita familiare di tutti i giorni. Una casa ricca di misericordia / Vincenzo Paglia / 2015 / San Paolo / pag.160 / € 9,90
VUOI SEGNALARCI un LIBRO O un FILM? Se sei a conoscenza di un libro o di un film che possono essere interessanti per la trama o per il loro racconto di vita esperienziale, scrivi a edv@piccologruppo.it e vederemo di scrivere una recensione nei prossimi numeri di Esperienze di Vita.
Il discernimento è una realtà relazionale, imparare a decifrare come Dio mi si comunica e mi salva. Vi sono due tappe nel cammino: una prima di purificazione, che porta ad una autentica conoscenza di sè in Dio e di Dio nella propria storia, e una seconda in cui il discernimento diventa una attitudine continua. Da grande maestro, l’autore ci introduce alle dinamiche proprie della lotta spirituale.
Questo testo nasce durante un pellegrinaggio comunitario ad Avila, città natale di Santa Teresa, e in quell’occasione il cardinale propose quattro meditazioni sulla preghiera, (qui recuperate) in dialogo con la grande mistica carmelitana. E’ un testo utile che ci aiuta nella preghiera personale, ne illustra i metodi, la necessità e l’utilità, ce ne racconta i cammini, le gioie e le prove. Martini si sofferma su alcuni testi evangelici alla luce degli scritti di Teresa, e invita a vivere la sfida della preghiera personale fatta di silenzio e ascolto. Non ha dubbi nell’affermare: “Con essa (la preghiera) sta o cade il nostro perseverare nelle prove della vita da discepoli, il nostro perseverare nella fede e nella speranza, perché solo chi prega comprende che Dio non ci abbandona mai”. E spiega: “La vita di Teresa d’Avila è una risposta alla domanda: “Signore, insegnaci a pregare”. Per questo possiamo chiederle con fiducia: “Teresa, insegnaci a pregare!”.
Viola ha 14 anni. Un difetto fisico la rende timidissima e desiderosa di passare inosservata. Un giorno viene urtata e buttata a terra da un malvivente in fuga. Quell’incontro le cambierà la vita poichè dovrà combattere tra l’ansia di non deludere i genitori e il desiderio di verità e giustizia che la mette in contrasto con loro. Ma cambierà anche la vita di Daniel, il “ragazzo invisibile” che ha investito Viola. Invisibile perchè straniero e alla ricerca di inserimento in una realtà a lui sconosciuta e spesso ostile.
Teresa d’Avila maestra di preghiera / Carlo Maria Martini / 2015 / Le Ancore / pag.112 / € 12
Viola e il ragazzo invisibile / Annalisa Molaschi / 2012 / Mursia Scuola / € 9,20
Il discernimento / Marko Ivan Rupnik / 2012 / Lipa / pag.248 / € 13
LA VERA GIOIA è ACCOGLIERE L’ALTRO
Indicato per bambini dai 3 ai 6 anni, Il piccolo sciacallo, è la prima storia del libretto che ne contiene una seconda, seguita da filastrocche tutte con gli animali protagonisti. Pregevole per l’illustrazione, il testo è intuitivo e minimale. Suggeriamo anche L’orso che voleva essere amato (2015, Giovane Africa Edizioni, € 8). Un giovane orso, triste perché solo, trova molti amici e il sorriso aiutando e proteggendo chi è in difficoltà. Il piccolo sciacallo e il vecchio coccodrillo / 2014 / Giovane Africa Edizioni / € 8,50 Il gesuita Giovanni Ladiana, impegnato a Reggio Calabria nel movimento civile non violento di lotta alla ’ndrangheta ReggioNon Tace, racconta in modo autobiografico e corale gli avvenimenti, soprattutto gli incontri che gli hanno segnato la vita. Un suo maestro tra gli altri è il confratello tedesco Alfred Delp, che si oppose al nazismo in modo non violento e fu ucciso nel 1945 a 38 anni. Di Delp è la frase che Ladiana gli “ruba” per il titolo di questo libro. Anche se tutti, io no / Giovanni Ladiana / 2015 / Laterza / pag.150 / € 15 Tutti conosciamo questa favola sempre affascinante e attuale. Meravigliosa la nuova lettura con i commenti a fronte che svelano gli innumerevoli riferimenti religiosi e biblici. Il libro li porta in luce e svela la Parola che si nasconde dietro ogni pagina. I temi: l’infanzia, il deserto, la separazione. Dagli 8 anni, per tutte le età. Il Piccolo Principe commentato con la Bibbia / Antoine De Saint-Exupery / Enzo Romero / 2015 / Ancora / pag.208 / €17
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LA BUSSOLA
a ferarra, l’arte e la storia di una chiesa ci trasmettono angoli di fede. ma le pareti murarie sono state consolidate tramite supporti in acciaio inseriti nella muratura e la chiesa, anche per l’opera instancabile del suo parroco, don Armando, ha recuperato tutta la sua solidità. Subito quindi questo edificio ci rivela una parola importante sulla sua natura: siamo di fronte ad una struttura ampia, solida, sobria e generosa, che mira all’essenziale.
Ferrara, la Chiesa dei Gesuiti.
di Andrea Giustiniani
Inoltrandoci su di una delle ordinate strade della Ferrara rinascimentale, che si stende oltre l’area della Cattedrale e del Castello Estense, troveremo che la serie degli edifici si interrompe per dar luogo ad uno stretto piazzale su cui si innalza la mole slanciata di una chiesa. Siamo di fronte alla Chiesa dei Gesuiti, terminata nel 1580 e consacrata proprio all’aprirsi di un nuovo secolo, nel novembre del 1599. Il disegno della facciata è lineare ed elegante, a
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due ordini, l’ultimo sormontato da un semplice timpano. Colpisce però che solo il basamento ed i portali sono in pietra, il resto della facciata è realizzato con un caldo paramento in mattoni, il caratteristico cotto ferrarese. Il mattone qui non è rivestito di intonaco, non si vergogna della sua natura umile e comune. E forte anche, dal momento che ha saputo resistere al terribile sisma del 2012. Non che non abbia dovuto combattere in quei tragici momenti; LA VERA GIOIA è ACCOGLIERE L’ALTRO
L’impressione è confermata entrando: la chiesa dispone di un’ampia navata centrale, che si protende su una parte presbiteriale con altar maggiore ed abside appena più stretta. Le navate laterali sono occupate da due serie di tre cappelle; è evidente quindi che l’edificio è pensato come unica ampia aula centrale, nel quale grandi folle di fedeli possano accorrere alla celebrazione ed alla predicazione di uno dei principali ordini “controriformati”, i Gesuiti, appunto. E questa ripartizione dello spazio la ritroviamo in molte altre chiese di quest’ordine. Ma non dobbiamo sottovalutare il dipanarsi delle cappelle laterali; queste rappresentano un vero e proprio itinerario, enfatizzato dai passaggi interni realizzati con semplici e graziosi archetti ancora una volta in cotto faccia a vista. Cominciamo infatti con la pala dell’Annunciazione della prima cappella a destra, dove un giovane angelo sembra riflettere la luce che scende dalla colomba dello Spirito che si libra nella parte superiore del dipinto e la fa convergere sul libro della scrittura e sulla Madonna stessa che vi stava leggendo; l’opera è di Giuseppe Mazzuoli. Nella seconda cappella una scena assai vibrante e commovente; il giovane S. Stanislao Kostka, sentendosi gravemente ammalato, prega intensamente di rice-
vere l’Eucarestia e viene esaudito su intercessione di Santa Barbara; delicatissimo il gruppo del santo abbandonato alle cure di due angeli che gli porgono il desiderato sacramento, mentre un altro santo, anch’esso giovane e gesuita, ovvero S. Luigi Gonzaga, lo osserva benedicendolo amorevolmente; e sembra dirgli con forte e pacato sguardo che seguirà il suo esempio, come in effetti avvenne. L’opera fu dipinta nel 1727, con cromatismo vibrante e pastoso, che si esalta nella luminosità dei volti da Giuseppe Maria Crespi. Nella cappella successiva, la terza a sinistra, quella che si affaccia direttamente sul presbiterio lo stesso autore dipinge con stile solenne un miracolo di S. Francesco Saverio, la resurrezione di un morto in un villaggio dell’India, per convincere una folla incredula. Ma, passando vicino ad un pregevole gruppo ligneo settecentesco con l’angelo custode che porta per mano un fanciullo, entriamo adesso nella sacrestia da cui possiamo accedere alla parte absidale retrostante al maestoso, ma sobrio, altar maggiore ad intarsi di pietra policroma. Qui possiamo trovare una tomba terragna con la sua lastra in pietra circondata da una
Pianta della Chiesa dei Gesuiti.
Veduta interna della Chiesa dei Gesuiti.
semplice cornice di pietra rosata. Si tratta del sepolcro di una signora di Ferrara, Barbara d’Austria, molto amata per la sua tenerezza e generosità. La semplice tomba, che invero risulta commovente, non bastò al duca Alfonso che volle fosse eretto davanti ad essa, addossato all’abside, un maestoso mausoleo con in cima il busto dell’amata consorte. Uscendo dalla sacrestia e proseguendo il nostro percorso troviamo all’altare della terza cappella a destra, sempre affacciata sul presbiterio, proprio l’immagine che ci saremmo aspettati: S. Ignazio, raffigurato qui circondato da angeli, che sembrano graziosi bambini con le ali, che vede in visione il Padre che gli indica nel Gesù con la croce il modello da imitare. Proseguendo verso l’uscita, nella seconda cappella abbiamo un’interessante pala con altri due santi gesuiti: S. Francesco Regis, un santo dedito alle missioni popolari, e che in questo caso, appoggiato al crocifisso, opera un miLA VERA GIOIA è ACCOGLIERE L’ALTRO
racolo di moltiplicazione di spighe di grano; non senza l’aiuto spirituale dell’altro santo, Francesco Borgia, che nella parte superiore della tela esprime con ardore la sua devozione ad una luminosa specie eucaristica che solleva in elevazione, come immerso in una mistica liturgia celeste. Si passa così naturalmente alla prima cappella con un venerato crocifisso ligneo del quattrocento, realistico nella raffigurazione della morte, ma da cui emana una espressione di pace rasserenante. Il nostro percorso sarebbe potuto terminare qui; ne avremmo ricavato una sorta di catechesi sulla potenza della fede, sui miracoli che da essa scaturiscono, nei cuori dei giovani o di chi nella fede stessa mantiene l’entusiasmo della gioventù. Ma ci troviamo ora davanti ad un’opera non pensata per questo edificio, allestita qui nel 1938, causa la situazione di disfacimento di una chiesa non lontana per la quale era stata pensata; un capolavoro, che
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si è inserito a meraviglia nel contesto della nostra chiesa perché ci ricorda che i nostri slanci, perfino i miracoli, non sono nulla se non sono visti nella luce della Croce e della Risurrezione. Ed ecco quindi il “Compianto sul Cristo morto” di Guido Mazzoni (1450-1518), sette figure a grandezza naturale in terracotta policroma disposte intorno al Cristo deposto. L’effetto è fortissimo: lo scultore, che le cronache ci testimoniano creatore di spettacoli teatrali e di sacre rappresentazioni, modella delle figure umane realistiche, secondo i minimi particolari dell’anatomia e degli abiti dell’epoca, ma possenti, nelle quali il dolore umano è rappresentato nelle sue più diverse sfumature. Colpisce all’immediato il grido quasi selvaggio della Maddalena, ma capiamo che il dolore più composto della Madonna non è meno grande, è solo rivolto più all’interno. Oppure l’espressione del giovane San Giovanni, che sembra fare ogni sforzo per trattenere le lacrime, lo sguardo dolente e composto, nell’immenso dolore, come di un padre davanti al figlio morto, di Giuseppe d’Arimatea (nel quale si riconosce il ritratto del duca Ercole). Non si stacca facilmente lo sguardo da queste sculture, in loro riconosciamo noi stessi, l’umanità nelle sue espressioni più vere. Così possiamo uscire da questa bella chiesa davvero spiritualmente nutriti, rinfrancati, perché ci ha ricordato che anche le realtà più umili come la terra, impastata, cotta, modellata, dipinta, se trattate con entusiasmo, slancio e volontà illuminata dalla fede possono portare a costruire grandi cose.
In questa pagina. In alto: Pala di San Francesco Regis. A lato: Guido Mazzoni, Compianto.
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NEWS
ESPERIENZE DI VITA, LA RIVISTA è ON LINE
Valori ma anche attenzione a umanità ferita
COSì IL PAPA APRE IL SINODO
Gli appartenenti al Piccolo Gruppo di
Nel mondo globalizzato, i cuori sono sempre più vuoti. Il dramma della solitudine, l’amore tra uomo e donna, la famiglia: sono i tre assi portanti dell’omelia del Papa. Nel “paradosso di un mondo globalizzato”, dice, ci sono tante abitazioni lussuose, ma sempre meno il calore della casa e della famiglia; tanto divertimento, ma sempre più vuoto nel cuore; tanti piaceri, ma poco amore; tanta libertà, ma poca autonomia. Ecco, allora, che la solitudine colpisce gli anziani, i vedovi, i coniugi abbandonati, le persone incomprese ed inascoltate, quelle chiuse nell’egoismo, nella violenza, dello schiavismo del ‘dio denaro’; i migranti ed i profughi in fuga da guerre e persecuzioni, i giovani vittime della cultura del consumismo e dello scarto. E la famiglia, sottolinea il Pontefice, è l’icona di questa realtà in cui c’è “sempre meno serietà nel portare avanti un rapporto solido e fecondo di amore”: Dio ha creato l’uomo per la felicità e l’amore.
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Cristo hanno la possibilità di accedere
“L’amore duraturo, fedele, coscienzioso, stabile, fertile è sempre più deriso e guardato come se fosse roba dell’antichità. Sembrerebbe che le società più avanzate siano proprio quelle che hanno la percentuale più bassa di natalità e la percentuale più alta di aborto, di divorzio, di suicidi e di inquinamento ambientale e sociale”. Al contrario – spiega il Pontefice - è proprio l’amore tra uomo e donna a cancellare la solitudine, perché Dio ha creato l’essere umano “per la felicità”, “per vivere la stupenda esperienza dell’amore, cioè amare ed essere amato”, “per vedere il suo amore fecondo nei figli”: “Nulla rende felice il cuore dell’uomo come un cuore che gli assomiglia, che gli corrisponde, che lo ama e che lo toglie dalla solitudine e dal sentirsi solo (…) Ecco il sogno di Dio per la sua creatura diletta: vederla realizzata nell’unione di amore tra uomo e donna; felice nel cammino comune, feconda nella donazione reciproca”. Obiettivo della vita coniugale è amarsi per sempre. “Di fronte alla folla che lo seguiva e che praticava il divorzio come realtà consolidata e intangibile” continua il Papa, Gesù insegna che “Dio benedice l’amore umano” e unisce “nell’indissolubilità” i cuori di “un uomo ed una donna che si amano”: “Ciò significa che l’obiettivo della vita coniugale non è solamente vivere insieme per sempre, ma amarsi per sempre!” Matrimonio non è utopia adolescenziale. L’uomo sogna amore autentico. Solo alla luce dell’amore insegnato da Gesù, quell’amore folle di gratuità, appare comprensibile anche “la follia della gratuità di un amore coniugale unico e fino alla morte”, che supera individualismo, gretto egoismo e legalismo, perché in fondo gli uomini hanno “sete di infinito”: “Per Dio il matrimonio non è utopia adolescenziale, ma un sogno senza il quale la sua creatura sarà destinata alla solitudine! (…) Paradossalmente anche l’uomo di oggi – che spesso ridicolizza questo disegno – rimane attirato e affascinato da ogni amore autentico, da ogni amore solido, da ogni amore fecondo, da ogni amore fedele e perpetuo. Lo vediamo andare dietro agli amori temporanei ma sogna l’amore autentico; corre dietro ai piaceri carnali ma desidera la donazione totale”. Fonte: Avvenire
e poter leggere la rivista “Esperienze di Vita” direttamente in rete, cioé senza avere materialmente tra le mani la stessa rivista in formato cartaceo. Anche un qualunque visitatore del sito internet può farlo. Naturalmente occorre che qualcuno lo guidi a conoscere il sito e lo invogli a leggere le pagine della rivista. La rivista in formato cartaceo che ognuno di noi riceve può diventare un dono a qualche familiare, amico o conoscente che possa avere un interesse per il discorso religioso e di vita evangelica, e che magari si intende avvicinare al “Gruppo”.
FLASH SPIRITUALI È attivo il servizio mail di “pensieri spirtiuali”, brevi testi che riportano pensieri e scritti dal mondo della Chiesa o della Comunità il Piccolo Gruppo di Cristo. Un modo semplice e diretto per meditare. Il servizio è attivo il lunedì, mercoledì e venerdì. Per iscriversi o per qualsiasi necessità scrivete a edv@piccologruppo.it
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