EDV 157 - "Pietre vive". Come essere costruttori di un edificio spirituale

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EDV Periodico della Comunità il Piccolo Gruppo di Cristo | n°. 157 - anno XXXIV | Aprile 2013

ESPERIENZE DI VITA

“PIETRE VIVE” Come essere costruttori di un edificio spirituale

Come testimoniare la bellezza dell’Amore di Dio?

25-28 aprile: XI° Congresso del Piccolo Gruppo di Cristo

Papa Francesco: prime impressioni sull’elezione del nuovo pontefice


EDV redazione

Giovanni Cattaneo Luigi Crimella Rosalba Beatrice Paolo Cattaneo

Sommario aprile 2013 EDITORIALE Una comunità in cammino ATTUALITÀ Il tempo della preghiera come mappa per capire il mio

PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Paolo Cattaneo

MAIL piccologruppodicristo@gmail.com

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progetto spirituale Silenzio, intercessione, desiderio: ecco la strada della

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preghiera ZOOM Farsi piccoli dentro la complessità della storia

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Papa Francesco: portare il vangelo fino ai confini della

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terra Custodi dei doni di Dio. Il vero potere è il servizio

N°157 In questo numero riflettiamo su quanto è necessario che nella Chiesa tutti siamo impegnati a dare il nostro piccolo contributo “vivente”, la passività non si addice a chi vuole essere a modello di Gesù “pietra d’angolo”, “mattone” di costruzione, “bastone” per la fatica, o anche solo “spalla” su cui qualcuno può versare le sua lacrime, trovando la consolazione che viene da Dio.

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RUBRICA Fratel Christophe, orante tra gli oranti

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IN COMUNITÀ La vita delle comunità locali

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Il congresso come occasione di discernimento personale

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Lettera ai cristiani di Terra Santa

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Un padre della chiesa

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La mia esperienza a Gozo

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Che bello... che gioia...

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Una testimonianza di fede

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In preghiera con la comunità di Taizè

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info PGC

BACHECA

www.piccologruppo.it

Una settimana da Dio

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News dalla Comunità

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Il Piccolo Gruppo di Cristo Via San Pietro, 20 20832 Desio, MB Segreteria Telefono: (+39) 0362 621651 Fax: (+39) 0362 287322 Mail: piccolo.gruppo@tin.it


X I ° C O N G R E S S O • 2 5 - 2 8 a p r i l e 2 0 13 • D e s i o - M i l a n o

invito alla MISSIONE GIÀ DA QUALCHE MESE SI È APERTO UFFICIALMENTE IL CAMMINO PUBBLICO PREPARATORIO DELL’APPUNTAMENTO CHE NEI GIORNI DAL 25 AL 28 APRILE 2013 VEDRÀ CONVENIRE PRESSO LA SEDE CENTRALE DI DESIO I DELEGATI CONGRESSUALI INDICATI DALLE CINQUE COMUNITÀ LOCALI PRESENTI IN ITALIA (TRE IN DIOCESI DI MILANO, UNA A TREVISO E UNA A ROMA).

PER SINGOLARE E SIGNIFICATIVA COINCIDENZA, IL CAMMINO DI PREPARAZIONE PRECONGRESSUALE COINCIDE CON DUE EVENTI ECCLESIALI DI PORTATA UNIVERSALE: L’ANNO DELLA FEDE E IL SINODO DEI VESCOVI SULLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE, INDETTI DAL PAPA EMERITO BENEDETTO XVI ED ENTRAMBI AL VIA NELLO SCORSO OTTOBRE. INOLTRE, RICORRONO QUEST’ANNO DUE ANNIVERSARI: IL 50° DI APERTURA DEL CONCILIO VATICANO II E IL 20° DI PUBBLICAZIONE DEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA, EVENTI CENTRALI DELLA STORIA RECENTE DELLA CHIESA E DEL SUO IMPEGNO APOSTOLICO. Piccolo Gruppo di Cristo

PER LA COMUNITÀ DEL PICCOLO GRUPPO DI CRISTO “È TEMPO DI METTERSI IN CAMMINO” IN COMUNIONE CON LA CHIESA PER TESTIMONIARE IL DONO DI GRAZIA RICEVUTO E ANNUNCIARE, O RIEVANGELIZZARE QUEGLI AMBIENTI CHE SI SONO DIMENTICATI DI CRISTO E DEL SUO MESSAGGIO DI AMORE.


AFFIDARSI AL SIGNORE E PRENDERE IL LARGO: DUC IN ALTUM.

«Una comunità in cammino» di Giancarlo Bassanini (Responsabile Generale) Continui a guardare ad una piccola boscaglia e non ti rendi conto che sei in cima ad una montagna che ti offre una visione universale. “ Tardo di cuore nel credere”. Tardo nel confidare in un piano più ampio delle cose; tardo nello scavalcare i molti lamenti per scoprire invece le opportunità nuove; tardo nell’andare oltre le sofferenze presenti e incapace di vederle come necessarie per un processo di guarigione molto più ampio.

Care sorelle e cari fratelli è l’ultimo editoriale di questo mandato comunitario che si concluderà tra poco meno di un mese con il nostro atteso e ben preparato undicesimo Congresso Ordinario Generale che si terrà nella nostra casa di Desio dal 25 al 28 aprile 2013. Non trovo niente di meglio per guardare questi ultimi cinque anni percorsi insieme che pormi idealmente sulla strada di Emmaus, per cogliere la forza della sua presenza accanto a noi e sentirci posizionati sotto uno striscione con scritto: PARTENZA, verso una vita di missione. Mentre i due viaggiatori sono in cammino verso casa,piangendo ciò

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che hanno perduto, Gesù si accosta e cammina con loro, ma i loro occhi sono incapaci di riconoscerlo, così ci dice l’evangelista Luca. Quante volte in questi cinque anni Gesù si è accostato a noi e ci ha camminato accanto e i nostri occhi sono stati incapaci di riconoscerlo? “Che cosa sono questi discorsi che state facendo?” Qualche volta mi viene il dubbio che Gesù dica anche a me, ma cosa stai dicendo? Qualche volta anch’io come quei discepoli ho detto a Gesù: “Solo Tu sei così forestiero da non sapere cosa è accaduto?”. E mi sono sentito rispondere: “Stolti,disse lo sconosciuto, e tardi di cuore nel credere”. Queste parole di Gesù le sento adesso come una chiamata al risveglio. Come se mi dicesse... PIETRE VIVE

Mentre ascoltano lo sconosciuto, qualcosa cambia dentro il cuore dei due viaggiatori, la tristezza che li connotava lascia il posto a una speranza nuova, tanto che la loro casa vuota diventa un luogo di accoglienza, un luogo per invitare quel compagno di viaggio. Quante volte ripenso me stesso di ritorno da Roma, Treviso, Desio, Noviglio, Rozzano con il cuore vuoto e inospitale e ho sentito il bisogno di supplicare quel compagno di viaggio a farsi presenza forte dentro di me. Quante volte gli ho detto: “Resta con me, perché si fa sera e il giorno già volge al declino”. Lo sconosciuto quante volte ha fatto come se dovesse andare più lontano, ma alle mie insistenze per farlo entrare Gesù È entrato e si è seduto a tavola con me ed ha spezzato il pane e me lo ha dato. Sì sorelle e fratelli, ogni volta che invitiamo Gesù nella nostra casa, cioè a dire nella nostra vita con tutte le sue luci, ma anche con tutte


le sue ombre e gli offriamo il posto d’onore che gli compete alla nostra tavola, Egli prende il pane e il calice e li da’ a noi dicendoci: “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo. Prendete e bevete,questo è il mio sangue. Fate questo in memoria di me”. Quando facciamo esperienza di Lui, non è forse vero che anche a noi arde il cuore nel petto? Che bello e che gioia sperimentare che il Crocifisso è vivo e sta con noi! Gesù è così umano eppure così divino! Così famigliare eppure così sconosciuto! Questo in fondo è il mistero della Incarnazione. Questo è il mistero della Eucaristia. L’incarnazione e l’Eucaristia sono le espressioni dell’unico grande amore che raggiungono tutta l’umanità in ogni luogo e in ogni tempo. Quando i due discepoli in cammino sulla strada per Emmaus mangiano il pane che l’amico da’ loro, lo riconoscono, la loro vita viene trasformata nella sua vita. La Comunione con Gesù significa diventare come Lui, fare come Lui. E la Comunione crea Comunità, la nostra piccola e umile e a volte scalcinata ma pur sempre bella, Comunità. È il Dio che vive in noi che ci fa riconoscere il Dio che vive nelle nostre sorelle e nei nostri fratelli. Che bello e che gioia quando lo abbiamo riconosciuto, ma quella esperienza mistica non va tenuta nel cuore come un segreto. Anche noi come Maria di Magdala, come i due amici di EMMAUS dobbiamo sentire nel cuore le parole: “Andate e annunciate, quello che avete visto e sentito non è solo per Voi. È per i fratelli e le sorelle e per tutti quelli che sono pronti a riceverlo. Piccolo Gruppo rimettiti in cammino, affidati al Signore e prendi il largo. Comunità di celibi e sposi, cristiani comuni ancorché consacrati, fraternità e aspirantato, cenacolo evangelico, ritorna dai luoghi dove sei venuta e fa sapere a quelli che avevi lasciato nei loro nascondigli che non c’è niente di cui avere paura, perché Gesù è risorto, veramente

risorto. Assunta l’Eucaristia lascia la mensa e va verso il genere umano per scoprire insieme a lui che Gesù è veramente vivo e che ci chiama tutti insieme, nessuno escluso, a diventare un popolo nuovo, il popolo della resurrezione. Il racconto di ciò che è successo lungo la strada di Emmaus e intorno alla tavola dei due amici, è l’inizio di una vita di Missione, vissuta tutti i giorni della nostra vita, per proclamare insieme a tutte le persone che incontriamo, giovani e vecchi, bianchi e neri, poveri e ricchi che la speranza è reale, perché Dio è vivo e continua a camminare con noi, come ha fatto in questi cinquantasei anni di vita del piccolo gruppo. Buon cammino amato piccolo gruppo,buon cammino sorella e fratello. A tutti chiedo perdono per ogni volta che non ho saputo amarvi com’era giusto che vi amassi. Grazie,perché tutti, ma proprio tutti mi avete edificato nella fede e mi avete arricchito ogni volta che ho potuto accostarvi nel profondo, la’ dove dimora la vostra umanità, il vostro spirito e la vostra anima. Un caro saluto a tutti con tutta la mia umanità, il mio spirito ed il mio affetto.

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IL DIALOGO COL SIGNORE: LA TESTIMONIANZA DI UNA MAMMA

«Il tempo della preghiera come mappa per capire il mio progetto spirituale» di Elisabetta De Angelis

Ebrei 10,32-39 32 Richiamate alla memoria quei primi giorni nei quali, dopo essere stati illuminati, avete dovuto sopportare una grande e penosa lotta, 33 ora esposti pubblicamente a insulti e tribolazioni, ora facendovi solidali con coloro che venivano trattati in questo modo. 34 Infatti avete preso parte alle sofferenze dei carcerati e avete accettato con gioia di esser spogliati delle vostre sostanze, sapendo di possedere beni migliori e più duraturi. 35 Non abbandonate dunque la vostra franchezza, alla quale è riservata una grande ricompensa. 36 Avete solo bisogno di costanza, perché dopo aver fatto la volontà di Dio possiate raggiungere la promessa. 37 Ancora un poco, infatti, un poco appena, e colui che deve venire, verrà e non tarderà. 38 Il mio giusto vivrà mediante la fede; ma se indietreggia, la mia anima non si compiace in lui. 39 Noi però non siamo di quelli che indietreggiano a loro perdizione, bensì uomini di fede per la salvezza della nostra anima. 6

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Passo tutti i giorni davanti alla grande croce (39 metri) eretta per la Giornata Mondiale della Gioventù del 2000, in un piazzale a poche centinaia di metri dall’istituto di ricerca in cui lavoro. È nel tratto di strada in cui, uscita dal caos automobilistico della città di Roma, finalmente torno in me: mi calmo dallo stress del traffico, mi avvicino al luogo di lavoro dove il Signore mi ha posta e guardando quella croce ho un momento di preghiera in cui invoco la Sua presenza nella mia giornata lavorativa. Ebbene sì in macchina, ebbene sì mentre guido, ebbene sì per soli pochi minuti, ottenuti rallentando in quel piccolo tratto di strada dove è consentito guidare con calma senza che qualcuno ti suoni il clacson per la fretta. Curioso scoprire come i luoghi e gli spazi che ci concediamo per un dialogo col Signore siano dei più disparati. È probabilmente Lui che li trova, li sceglie: appuntamenti in orari e posti che ci sorprendono, aldilà delle nostre abitudini, ma che sono una finestra per scoprire davvero quale sia il progetto su di noi. Intravedo dietro la croce il mio istituto, così vicino ma poi così lontano dalla conoscenza della fede. Ormai sempre più spesso mi trovo coinvolta in dialoghi in cui le persone hanno bisogno di Speranza e non la vedono, in cui la Chiesa non appare come un aiuto ma un ostacolo… che preghiera intensa diventa quel faticoso dialogo in cui il Signore mi chiede di amare, di essere ‘quella chiesa’ tanto disprezzata ma poco conosciuta, di consolare e dare speranza, di usare pazienza, di parlare con mitezza, di invocare il suo Spirito. La tentazione di allontanarsi, di non voler stare a Ninive, di preferire la tranquilla riunione con i fratelli, si scontra con la chiamata ad essere prossimi accanto a chi il Signore chiede. A scoprire che da quel dialogo il Signore parla a me, mi fa entrare nel vero mistero della Chiesa che raccoglie l’umanità amata da

Dio. Vuole parlarmi proprio qui, ora, tramite queste persone. Cerco sempre ‘tempi’ e ‘luoghi’ per la preghiera che sembrano introvabili in una giornata così piena di impegni e appuntamenti e responsabilità e invece eccoli lì i tempi e i luoghi che il Signore ha scelto per incontrarmi: nella mia auto, nel mio ufficio, nella mia casa; luoghi in cui si instaura un dialogo aperto con Lui. Un bambino che si ammala e ti costringe a cambiare programma…e ti fa scoprire che il Signore ti vuole lì come mamma. Una discussione accesa in ufficio da cui vorresti scappar via e che invece ti obbliga a cercare temperanza chiedendo il suo aiuto. Un traffico cittadino che farebbe perdere la pazienza e che invece ti fa pregare per il fratello spericolato. Ma così, poco a poco, il Signore parla, guida, è presente e costruisce con me il suo bel progetto. Certo è che senza il nutrimento dell’eucarestia, della meditazione, dell’esame di coscienza, del rosario tutti questi altri numerosi appuntamenti potrebbero essere persi.

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Tutto nel contesto in cui vivo potrebbe farmi passare queste occasioni come fini a se stesse, episodi casuali, fonti solo di arrabbiature. Ci sono luoghi fisici in cui recarsi per un incontro col Signore ma ci sono soprattutto i luoghi segreti dell’animo, dove Lui si fa presente. Ecco allora che rispondendo ogni giorno alla richiesta “ancora un poco…un poco appena” (Eb10,37) mi ritrovo a dispiegare un piccolo-grande progetto: quello che il Signore ha su di me. E quando vado altrove? E quando non rispondo o divento sorda? Mi piace pensare a una immagine discussa con mio marito questa estate durante un viaggio; forse questo ‘misterioso’ progetto si dispiega come l’itinerario di un ‘tom-tom’: c’è un punto di partenza e uno di arrivo, ma se sbagli percorso basta fermarsi un attimo e si progetta un nuovo itinerario per la stessa meta. Che bello pensare che il Signore così spesso si ferma con me per trovare di nuovo e di nuovo la strada migliore per giungere sempre a Lui.

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INTERVISTA A UN “EFFETTIVO” DELLA COMUNITÀ DI TREVISO

«Silenzio, intercessione, desiderio: ecco la strada della preghiera» Antonio Cianfrone, vive e lavora a Treviso, ci parla del suo rapporto con la preghiera da papà e sposo consacrato. È stato eletto Papa un gesuita. La comunità ha ricevuto molto da un altro gesuita, il cardinale Martini, in particolare per il riferimento costante alla Parola: nel tuo cammino spirituale quale rapporto c’è con la lettura biblica? Credo di poterlo definire un rapporto desiderato. Stando alla mia scelta di vita (di consacrato nel Piccolo Gruppo di Cristo) potrebbe essere “normale” dire che si tratta di un rapporto costante, magari anche facile. E invece questa normalità sento che per me è soprattutto desiderio: desiderare più di ogni altra cosa di trovare uno spazio quotidiano per mettermi in rapporto col Signore attraverso la sua Parola. Sant’Agostino diceva che “se tu desideri sempre, tu preghi sempre”. Ecco, credo che siano queste parole, al di là delle

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mie capacità o dei miei limiti, a dire bene il mio rapporto con la lettura biblica. Papa Francesco ha scelto di iniziare il suo mandato facendo pregare la piazza: cosa hai pensato rivedendo quelle immagini? quali pensieri di fronte alla semplicità della preghiera? Le ho viste in diretta quelle immagini, vissute dal divano di casa ma come fossimo tutti in piazza San Pietro. E quando Papa Francesco è apparso e ha salutato con quel “buonasera” ci ha fatto sorridere, ma ci è sembrato subito uno di famiglia. Qualche semplice parola, senza cercare immagini ad effetto. E poi la preghiera per Papa Benedetto: dopo tutto quel che si è detto sulla scelta di Benedetto XVI, vedere il suo successore che lo ricorda e lo sente vivo nella Chiesa proprio pregando per lui è stato direi edificante per PIETRE VIVE

noi tutti. Questo è il senso vero della preghiera di intercessione: ricordare una persona, averla ben presente nel cuore, e presentarla al Signore proprio attraverso la preghiera. Ma ancor più forte il momento in cui lui, il Papa, ha chiesto a noi di pregare per lui. Sentire il silenzio della piazza e cercare di far silenzio nel cuore per vivere una vera vicinanza spirituale, nel Signore. Credo che in questo modo così spontaneo e semplice ci abbia insegnato già qualcosa di grande. C’è un libro della Bibbia a cui sei particolarmente legato in questo periodo? Nel tempo di quaresima mi sono lasciato guidare dalle pagine di Van-


spazio al silenzio. Ma non credo si tratti di metterli a tacere quanto piuttosto di far capire loro che, al di là delle nostre parole, ce un’altra Parola. E non possiamo certo spiegarlo… conta soprattutto l’esempio. Quando i figli, soprattutto quelli più piccoli, ci vedono pregare o pregano con noi, colgono il nostro modo di rivolgerci al Padre. Capiscono le modalità prima ancora delle parole. Se nelle difficoltà quotidiane vedono che non perdiamo la speranza e restiamo sereni, possono cogliere qualcosa di più: quella serenità non viene tutta da noi, coraggio non sarebbe nostro se prima non l’avessimo chiesto proprio al Padre, se non ci fossimo riempiti di quella Parola. A noi è riservato il ruolo di accompagnarli, spiegando loro queste dinamiche che danno senso alle nostre giornate.

gelo che la liturgia ci propone. Certamente sono molto legato al libro dei Salmi: è incredibile come sia ancora possibile – da preghiere millenarie - ricavare spunti per la nostra riflessione di oggi. E ancor di più mi pare incredibile come in questi testi riesca a trovare sempre una parola che mi sprona, mi consola, mi da forza o mi rasserena a seconda della mia condizione. È proprio la voce dello Spirito che mi parla attraverso questi versi. Come “entri” nel silenzio di fronte alla Parola? Trovare un momento nelle nostre giornate strapiene di cose è quasi un successo. Riuscire a vivere questo tempo nel silenzio è prima di tutto

dono di grazia. Trucchi particolari non ne conosco: quando riesco cerco di alzarmi presto per pregare, così da non essere troppo distratto dal mondo che mi gira intorno né con la testa già piena delle cose vissute durante la giornata. A volte per potermi concentrare chiudo gli occhi e ripeto lentamente la preghiera del pellegrino russo: “Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me”. Ma non sono trucchi magici questi, solo un’invocazione a colui che può guidarmi alla comprensione della sua Parola. Nel tempo pasquale siamo invitati a digiunare, rinunciando anche a qualche parola inutile per riscoprire la Parola che salva. Come si può trasmettere questo stile ai figli? Il bisogno che hanno di raccontare, di dire i loro pensieri, di cantare la gioia di vivere non lascia troppo PIETRE VIVE

Siamo pietre vive: avverti mai la tentazione di “costruire” in autonomia, senza l’aiuto dello Spirito? La tentazione è forte, in particolare quando le cose non girano per il verso giusto: ti stanchi di aspettare, ti sembra che nulla possa cambiare e non ti resta che intervenire. E si finisce con l’“andare per la propria strada”…Oggi più che mai credo che noi cristiani siamo chiamati a stare nel mondo, senza paura, con lo sguardo sempre rivolto in alto. Mi pare che Papa Francesco ci parli con i suoi primi gesti: ci ha invitati a pregare, a stare con i poveri, ricordandoci che la Chiesa è chiamata a diventare povera. Come dire: ci sono tante cose da fare ma, per farle bene, dobbiamo stare in Lui, partire da Lui. È importante e bello vivere questo cammino nella condivisione, proprio per non diventare autoreferenziali. La prima condivisione è con mia moglie, ma anche con il mio responsabile e con il confessore. In queste relazioni posso capire meglio cosa sto costruendo e se lo sto facendo seguendo gli impulsi dello Spirito e non solo i miei.

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GUARDARE AL SIGNORE CON GLI OCCHI DELLA FEDE

di Luigi Crimella

«Farsi piccoli dentro la complessità della storia»

Siamo nell’ Anno della Fede, Papa Benedetto XVI ha “rinunciato”, è stato eletto Papa Francesco, la politica è come bloccata, la crisi economica avanza. E il Vangelo nuovamente propone di “farsi piccoli”. Che senso ha tutto questo? Cosa dice al Piccolo Gruppo di Cristo che cammina verso il Congresso generale?

sivo. Tutti ricordiamo certamente il clamore, l’emozione, la sorpresa mista a diffuso senso di panico e quasi angoscia che ha colpito l’opinione pubblica mondiale, e – in particolare – i fedeli cattolici di ogni luogo: come, il Papa se ne va? Perché? Cosa gli è successo?

L’articolo che state iniziando a leggere doveva essere una presentazione per quanto possibile aggiornata dello svolgimento dell’Anno della Fede (11 ottobre 2012 - 24 novembre 2013), indetto da Papa Benedetto XVI in vista di celebrare con la massima solennità ed evidenza il 50° anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II (avvenuta l’11 ottobre 1962), insieme al 20° anniversario della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica. Due eventi di primaria importanza, come si vede, il primo (Concilio) per i risvolti sulla vita dei cattolici in tutto il mondo con una Chiesa rinnovata, aperta ai popoli, alle culture, agli sviluppi della storia e della società; il

Domande, sospetti, tradimenti Le domande sono state tante, accorate, in qualche caso anche subdole e accusatorie: parecchi commentatori hanno avanzato sospetti pesanti su pressioni da parte della “curia” vaticana perché il Papa si facesse da parte. Qualcuno ha parlato apertamente della vittoria di “lobbies” di potere interne al Vaticano, soprattutto due: la prima sarebbe stata la cosiddetta “lobby gay” composta da quei prelati degeneri (ma chi li conosce davvero?) che vivrebbero una dissociazione morale e psicologica. La seconda lobby sarebbe invece quella degli ecclesiastici anche loro in qualche modo “degeneri”, perché avvezzi più ad adorare il denaro,

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secondo (Catechismo) con un libro considerato basilare per conoscere i fondamenti della fede cristiana e l’insieme delle norme morali cui un credente è chiamato ad attenersi, per il giusto rispetto della Legge di Dio e di quella della Chiesa. Invece, come un fulmine a ciel sereno, in occasione del Concistoro ordinario dell’11 febbraio 2013, Benedetto XVI ha annunciato - tra la sorpresa e lo sconcerto generale dei cardinali presenti – la sua decisione di rinunciare “al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro”, fissando anche la data e l’ora di tale rinuncia alla guida della Chiesa: dalle ore 20 del 28 febbraio succesPIETRE VIVE


piuttosto che vivere invece – come ci si attenderebbe da “uomini di Dio” – alla presenza del Signore, nella preghiera e nell’annuncio del Vangelo. Si tratta di ricostruzioni per lo più fantasiose e molto spesso malevole, mosse dal desiderio di infangare la Chiesa e inculcare nei fedeli un senso di disgusto e rifiuto. Però sono ricostruzioni molto diffuse e purtroppo anche in qualche modo accettate da certa mentalità cattolica, che è abituata a leggere e ritenere “credibili” giornali e opinionisti non certo amici della Chiesa stessa. Il Conclave e la sorpresa di Papa Francesco - Questo lo scenario che si è presentato dopo la notizia della rinuncia di Benedetto XVI, concretizzatosi poi – in rapida successione – con la partenza del Papa “emerito” dal Vaticano in elicottero verso la sede di Castel Gandolfo e l’indizione del Conclave. E proprio dalla Cappella Sistina, dove si sono riuniti per solo un giorno e mezzo i 115 cardinali elettori, la sera di mercoledì 13 marzo è uscita la sorpresa inaspettata. Il nuovo Papa Francesco, al secolo Giorgio Mario Bergoglio, viene “dalla fine del mondo”, da Buenos Aires, capitale dell’Argentina, dove era arcivescovo. È un gesuita, figlio di oriundi italiani di Asti, e ha dato prova da subito di essere un vero “uomo di Dio”. Non ci dimenticheremo più la sua richiesta alla gente in piazza San Pietro di “chiedere a Dio di benedirlo”, chinandosi umilmente di fronte al “popolo”. E non ci dimenticheremo più che la prima cosa che ha fatto, da Papa, è stata quella di far recitare allo stesso “popolo di Dio” il Padre Nostro, l’Ave Maria e il Gloria.

hanno consegnato al Paese un Parlamento sostanzialmente diviso in tre raggruppamenti più o meno uguali sul piano numerico, attorno al 29% potenziale: il PD, erede del Partito Comunista Italiano; il PDL, che fa capo a Berlusconi e di centro-destra; il Movimento 5 Stelle (M5S) realtà nuova coagulata attorno a Beppe Grillo, con un residuo di gruppi che assommano a poco più del 10% tra cui il partito del premier “tecnico” Mario Monti. Al momento in cui scriviamo (sabato 16 marzo) ancora non si intravvede quale potrà essere il Governo per l’Italia, stante i veti incrociati che si registrano (PD non vuole il PDL, M5S non vuole allearsi coi due partiti storici, PDL vorrebbe il PD e Monti ma non M5S). Dentro questo “stallo” istituzionale la crisi economica avanza inesorabile mietendo vittime sia tra le imprese (costrette a chiudere sempre più numerose) sia tra i lavoratori (che vengono licenziati o vanno in cassa integrazione, oppure cercano inutilmente la pensione che ormai con la legge Fornero si è allontanata di cinque o sei anni). Quindi ci troviamo in una situazione sempre più drammatica e a rischio di conflitti sociali, come si è verificato in Grecia. Il dovere dei cristiani – Non è certo un caso che, proprio in una fase così difficile come l’attuale, quella ‘piccola’ realtà che si chia-

Un mix esplosivo: politica, economia, società – Se dal punto di vista della fede, con l’elezione di Papa Francesco ci siamo tutti sentiti rassicurati, minor tranquillità viene dal mondo politico e dall’economia. Come sappiamo, i risultati elettorali PIETRE VIVE

ma – appunto – Piccolo Gruppo di Cristo si dirige verso il proprio congresso generale elettivo (25-28 aprile 2013). Le cose non avvengono mai “per caso” e il fatto di essere chiamati a scegliere proprio adesso un nuovo Responsabile generale e un nuovo Consiglio generale può essere letto come un particolare “appello” da parte del Signore a ciascun appartenente al P.G.C. a immergerci più profondamente nel mistero della storia della salvezza. Da un lato è vero che il Congresso costituisce un evento “interno” a una realtà numericamente limitata come è quella del “gruppo”. Ma, dall’altro, questo appuntamento assume per gli appartenenti un rilievo speciale, perché chiama a fare sintesi tra una “chiamata” di tipo spirituale ed una testimonianza storica ed ecclesiale, che oggi dobbiamo dare per contribuire, con la preghiera e con l’azione, ad uscire dal pantano socio-economico in cui ci troviamo. Non possiamo tirare uno steccato, dicendo “qui dentro c’è la mia fede e sto tranquillo”; “là fuori c’è la confusione politica ed economica e non me ne interesso”. Come credenti abbiamo il dovere di dare il nostro contributo perché la situazione migliori e torni la concordia e la crescita della società. Far prevalere la fiducia – La “rinuncia” di Benedetto XVI, scelta non capita da parte di molti, ma compiuta per il maggior bene della Chiesa, e l’arrivo di Papa Francesco che ha invitato da subito a mettere da parte lo scoraggiamento, ci esortano a proseguire nel cammino, guardando al domani con fiducia. Siamo in un tempo molto complesso e difficile e la risposta del Vangelo è “fatevi piccoli”, cioè non superbi, non arroganti, ma persone semplici, buone e disponibili. Ma il Vangelo ci invita anche chiaramente ad essere attivi, propositivi, fantasiosi, a “trafficare i talenti” ricevuti. È l’impresa che ci sta davanti, e un’impresa non si improvvisa, ma si costruisce con tanto impegno e determinazione.

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13 MARZO 2013 - ELEZIONE DEL NUOVO VESCOVO DI ROMA

«Papa Francesco: portare il Vangelo fino ai confini della terra» di Giancarlo Bassanini Al mattino ho partecipato alla Santa Messa “pro eligendo pontefice” e ho pregato lo Spirito Santo affinché illuminasse i Cardinali nella scelta di un Papa secondo il cuore di Dio, in grado di rinnovare la Chiesa e l’intera umanità. Ero comunque convinto che l’elezione non sarebbe avvenuta quel giorno,ma il giorno dopo. Alle 18.00 del pomeriggio ho ricevuto una telefonata di Andrea Di Maio il quale mi comunicava che era in Piazza San Pietro in attesa della fumata bianca. Anche a Lui ho detto la mia sensazione che il Papa sarebbe stato eletto il giorno seguente,ma Andrea era convinto invece che l’elezione sarebbe avvenuta quella stessa sera. Mentre stavo rincasando,alle 19.06, ho ricevuto una telefonata di mia moglie che mi informava,tutta agitata,della fumata bianca. Arrivato in paese ho sentito le campane della mia chiesa parrocchiale che suonavano a festa. Dopo questi due episodi ho sentito crescere in me,via via una grande gioia,tanto che prima di entrare in casa ho ricevuto una telefonata di Paolo Baldo al quale ho annunciato ripetutamente con la gioia di un bambino: abbiamo il Papa,abbiamo il Papa. Entrato in casa, con mia moglie ci siamo appostati davanti

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al televisore nella trepida attesa di conoscere chi fosse stato eletto. Intanto la gioia e la preghiera andavano aumentando. Quando dalla loggia delle benedizioni si è affacciato il nuovo Papa sono subito rimasto colpito per il suo semplice: “buona sera” e per la sua pronta preghiera per il suo predecessore. In piedi,mia moglie ed io abbiamo pregato con Lui. Il nome che si è imposto: “Francesco” mi è parso subito un programma,il desiderio di riportare la Chiesa verso la povertà evangelica incarnata dal poverello di Assisi,il novello Cristo,appunto San Francesco di Assisi. Poi la sua richiesta di pregare per Lui il Signore affinché lo benedicesse, prima che Lui impartisse a noi la benedizione di Dio e il silenzio e il raccoglimento della piazza San Pietro mi hanno profondamente emozionato. Ho pensato subito alla sua fede solida e alla sua profonda spiritualità. Ho percepito la sua ferma volontà di rimettere al centro il bisogno di spiritualità per vincere la mondanità spirituale che è mettere al centro sÈ stessi,che È il farisaismo. Mi ha colpito che un Gesuita sia assunto al soglio di Pietro e che abbia scelto di chiamarsi Francesco. Mi è subito parso di ritrovare in quel nome la necessità di ritorPIETRE VIVE

nare alla santità di vita e la volontà ferma di portare il Vangelo fino ai confini della terra. Dalla piazza San Pietro mi ha richiamato Andrea con il quale ho esultato per la gioa di avere di nuovo il Papa. Poi Andrea mi ha passato al telefono il più giovane aspirante romano Andrea Fazio,quindi Don Tonio e Nadia che nel frattempo si erano ritrovati tra i centocinquantamila radunati tra le colonne del Bernini. Poi mi sono giunte molte telefonate da fratelli e sorelle del gruppo e da parenti e amici tutti desiderosi di scambiare alcune impressioni a caldo sul grande avvenimento. Poi il mio pensiero e la mia preghiera si è rivolta allo Spirito Santo affinché le forze politiche del nostro Paese fossero in grado di dare un governo alla nostra nazione,nell’interesse delle persone e delle imprese senza lavoro. In fine ho pregato lo Spirito Santo affinché illuminasse i rappresentanti al nostro ormai imminente congresso,perchÈ attraverso il rinnovo delle cariche interne al piccolo gruppo (Responsabile Generale e Consiglio Generale) fossero scelte persone capaci di aiutarci a farci santi, a corrispondere al grande dono della nostra vocazione e a vivere in pienezza il dono della consacrazione.


LE IMMAGINI DI UNA GIORNATA STORICA. LE PRIME PAROLE DEL NUOVO PAPA: “VORREI UNA CHIESA POVERA E PER I POVERI” PIETRE VIVE

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13 marzo 2013 - Papa Francesco, il suo primo discorso :

«Fratelli e sorelle buonasera. Voi sapete che il dovere del Conclave è di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo. Ma siamo qui… Vi ringrazio dell’accoglienza, alla comunità diocesana di Roma, al suo Vescovo, grazie. E prima di tutto vorrei fare una preghiera per il nostro Vescovo emerito Benedetto XVI. Preghiamo tutti insieme per lui, perché il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca». Quindi ha recitato il Padre nostro, l’Ave Maria e il Gloria. «E adesso – ha proseguito – incominciamo questo cammino, Vescovo e popolo, questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità a tutte le chiese. Un cammino di fratellanza, di amore e di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi, l’uno per l’altro, preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza. Vi auguro che questo cammino di Chiesa che oggi incominciamo – mi aiuterà il mio cardinale vicario qui presente – sia fruttuoso per la evangelizzazione di questa sempre bella città… Adesso vorrei dare la benedizione, ma prima vi chiedo un favore. Prima che il Vescovo benedica il popolo io vi chiedo che voi pregate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo chiedendo la benedizione per il suo Vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me». «Adesso darò la benedizione a voi e a tutto il mondo, a tutti gli uomini e donne di buona volontà», ha proseguito, impartendo la benedizione in latino e concedendo l’indulgenza plenaria. «Grazie tante dell’accoglienza. Pregate per me e a presto, ci vediamo presto. Domani voglio andare a pregare la Madonna perché custodisca tutta Roma. Buona notte e buon riposo». PIETRE VIVE

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19 MARZO 2013 - OMELIA DELLA MESSA DI INIZIO PONTIFICATO

«Custodi dei doni di Dio. Il vero potere è il servizio» Cari fratelli e sorelle! Ringrazio il Signore di poter celebrare questa Santa Messa di inizio del ministero petrino nella solennità di San Giuseppe, sposo della Vergine Maria e patrono della Chiesa universale: è una coincidenza molto ricca di significato, ed è anche l’onomastico del mio venerato Predecessore: gli siamo vicini con la preghiera, piena di affetto e di riconoscenza. Con affetto saluto i Fratelli Cardinali e Vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose e tutti i fedeli laici. Ringrazio per la loro presenza i Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, come pure i rappresentanti della comunità ebraica e di altre comunità religiose. Rivolgo il mio cordiale saluto ai Capi di Stato e di Governo, alle Delegazioni ufficiali di tanti Paesi del mondo e al Corpo Diplomatico. Abbiamo ascoltato nel Vangelo che «Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’Angelo del Signore e prese con sé la sua sposa» (Mt 1,24). In queste parole è già racchiusa la missione che Dio affida a Giuseppe,

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quella di essere custos, custode. Custode di chi? Di Maria e di Gesù; ma è una custodia che si estende poi alla Chiesa, come ha sottolineato il beato Giovanni Paolo II: «San Giuseppe, come ebbe amorevole cura di Maria e si dedicò con gioioso impegno all’educazione di Gesù Cristo, così custodisce e protegge il suo mistico corpo, la Chiesa, di cui la Vergine Santa è figura e modello» (Esort. ap. Redemptoris Custos, 1). Come esercita Giuseppe questa custodia? Con discrezione, con umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà totale, anche quando non comprende. Dal matrimonio con Maria fino all’episodio di Gesù dodicenne nel Tempio di Gerusalemme, accompagna con premura e tutto l’amore ogni momento. È accanto a Maria sua sposa nei momenti sereni e in quelli difficili della vita, nel viaggio a Betlemme per il censimento e nelle ore trepidanti e gioiose del parto; nel momento drammatico della fuga in Egitto e nella ricerca affannosa del figlio al Tempio; e poi nella quotidianità della casa di Nazaret, nel laboratorio dove ha insegnato il mestiere a Gesù. PIETRE VIVE

Come vive Giuseppe la sua vocazione di custode di Maria, di Gesù, della Chiesa? Nella costante attenzione a Dio, aperto ai suoi segni, disponibile al suo progetto, non tanto al proprio; ed è quello che Dio chiede a Davide, come abbiamo ascoltato nella prima Lettura: Dio non desidera una casa costruita dall’uomo, ma


desidera la fedeltà alla sua Parola, al suo disegno; ed è Dio stesso che costruisce la casa, ma di pietre vive segnate dal suo Spirito. E Giuseppe è “custode”, perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge. In lui cari amici, vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato! La vocazione del custodire, però, non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. È l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. È il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti. Siate custodi dei doni di Dio! E quando l’uomo viene meno a questa responsabilità di custodire, quando non ci prendiamo cura del creato e dei fratelli, allora trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce. In ogni epoca della storia,

purtroppo, ci sono degli “Erode” che tramano disegni di morte, distruggono e deturpano il volto dell’uomo e della donna. Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà: siamo “custodi” della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo! Ma per “custodire” dobbiamo anche avere cura di noi stessi! Ricordiamo che l’odio, l’invidia, la superbia sporcano la vita! Custodire vuol dire allora vigilare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore, perché è proprio da lì che escono le intenzioni buone e cattive: quelle che costruiscono e quelle che distruggono! Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza! E qui aggiungo, allora, un’ulteriore annotazione: il prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza. Nei Vangeli, san Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore. Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza! Oggi, insieme con la festa di san Giuseppe, celebriamo l’inizio del ministero del nuovo Vescovo di Roma, Successore di Pietro, che comporta anche un potere. Certo, Gesù Cristo ha dato un potere a Pietro, ma di quale potere si tratta? Alla triplice domanda di Gesù a Pietro sull’amore, segue il triplice invito: pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle. Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che PIETRE VIVE

anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carità: chi ha fame, sete, chi è straniero, nudo, malato, in carcere (cfr Mt 25,31-46). Solo chi serve con amore sa custodire! Nella seconda Lettura, san Paolo parla di Abramo, il quale «credette, saldo nella speranza contro ogni speranza» (Rm 4,18). Saldo nella speranza, contro ogni speranza! Anche oggi davanti a tanti tratti di cielo grigio, abbiamo bisogno di vedere la luce della speranza e di dare noi stessi la speranza. Custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza! E per il credente, per noi cristiani, come Abramo, come san Giuseppe, la speranza che portiamo ha l’orizzonte di Dio che ci è stato aperto in Cristo, è fondata sulla roccia che è Dio. Custodire Gesù con Maria, custodire l’intera creazione, custodire ogni persona, specie la più povera, custodire noi stessi: ecco un servizio che il Vescovo di Roma è chiamato a compiere, ma a cui tutti siamo chiamati per far risplendere la stella della speranza: Custodiamo con amore ciò che Dio ci ha donato! Chiedo l’intercessione della Vergine Maria, di san Giuseppe, dei santi Pietro e Paolo, di san Francesco, affinché lo Spirito Santo accompagni il mio ministero, e a voi tutti dico: pregate per me! Amen”. Papa Francesco

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DAL QUADERNO DI PREGHIERA DI UN MONACO DI TIBHIRINE

«Fratel Christophe, orante tra gli oranti» di Rosalba Beatrice

La nostra attenzione fu attratta da un quaderno, di grande formato, che conteneva un diario personale, così raccontano i familiari di Fratel Christophe guardando tra le sue carte e appunti dopo la sua morte. Sulla prima pagina si poteva leggere: Quaderno di preghiera a Tibhirine. Immediatamente si comprese che si trattava di qualcosa d’importante, tanto più quando lessero nell’ultima pagina, in data 19 marzo 1996: “Anniversario della mia consacrazione a Maria. Si continuo a sceglierti, Maria, con Giuseppe, nella comunion di tutti i santi, e i ricevo dalle mani di Gesù con i poveri e i peccatori. Con il discepolo prediletto ti prendo nella mia casa. Accanto a Te, io sono offerto”. Il diario è la testimonianza di vita di Frère Christian de Chergè, cistercense, eletto priore nel monastero a Tibhirine, in Algeria, rapito il 27 marzo 1996 con sei confratelli da una ventina

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di uomini armati. I sette monaci non faranno ritorno: saranno tutti uccisi il 21 maggio 1996. È la storia di questi monaci che hanno dato la loro vita per servire fedelmente Dio. Tibhirine, significa “giardino” in lingua berbera. Il nome dice una realtà che può produrre buone e belle cose a condizione che sia curato, custodito, innaffiato, tenuto in ordine. I trappisti e la comunità di Tibhirine possedevano un enorme quantità di terreno, boschi, terreno coltivabile e decisero di dare la maggior parte di questo terreno allo Stato algerino, trattenendone quanto poteva servire a mantenere una comunità e quindi limitandosi a curare il terreno vicino al monastero. La condivisione della terra tra i monaci e famiglie del villaggio vicino al monastero permise di ricavarne i prodotti per dare da mangiare a molte persone. Questa vita quotidiana è stato il luogo in cui i monaci hanno imparato a conoscere la presenza dell’altro, come musulmano, che è credente e PIETRE VIVE

vive la fede accanto a te. La loro comunione fraterna, rispettosa dell’alterità, non poteva limitarsi al solo aspetto del lavoro, ma i monaci misero a disposizione una stanza del loro monastero alla comunità musulmana del villaggio perchè fosse usata come luogo di preghiera. Si scoprì, nel rispetto delle modalità e degli spazi distinti, che il luogo della preghiera cristiana del monastero potesse divenire luogo di preghiera per tutti. Benedetto XVI disse nel 2009 ad Amman presso una moschea: “Musulmani e cristiani, proprio a causa della nostra storia comune così spesso segnata da incomprensioni, devono impegnarsi per essere individuati e riconosciuti come adoratori di Dio fedeli alla preghiera, desiderosi di comportarsi secondo le disposizione dell’Onnipotente, misericordiosi e compassionevoli”. “L’Algeria e l’Islam per me, scrive frère Christian nel suo testamento spirituale,


sono un corpo e un’anima”. È la condivisione sapiente della vita quotidiana che fa conoscere l’altro: cosa lo fa gioire o cosa lo fa soffrire, cosa spera e in che cosa crede. Nel suo diario scrive: “Siamo una comunità (Chiesa) marcata dal segno del sangue dell’Agnello. In ogni Eucarestia noi celebriamo la Vita: vittoria del Vivente di fronte agli assassini. Questa celebrazione sfocia su un servizio di carità esercitato da ciascuno secondo il dono della fede: prendersi cura della vita e della vita di tutti, sì questo è un impegno vissuto nel dispensario, alla porta, in cucina o nel giardino. Il soggetto dell’annuncio, il soggetto di questa vita spirituale a Tibhirine è lo Spirito Santo. Ciò ci dispensa da ogni eroismo, se non addirittura da ogni aspirazione al martirologio. Comunità combattente, sì, disarmata e affermante uno spazio vero, vissuto, di pace fraterna, dove la Preghiera di Gesù risorto ha luogo: fare posto alla pace. Sei tu, Signore, che essi hanno visto quando hanno posato gli sguardi uno sull’altro. È te che tua Madre ha visto nel tuo discepolo. E sei tu che il discepolo ha visto in tua Madre. Copriti, fratello mio, in ogni momento, di umiltà, poiché essa rivestirà la tua anima del Cristo che la dona. Fai di te una scopa che si utilizza per pulire e uno straccio destinato ad asciugare le cose vili dei tuoi fratelli. Che cos’è la purezza del cuore? È, in poche parole, la misericordia che il cuore prova per tutto l’universo.

cui lo Spirito opera nel più profondo di ogni essere e di tutto il popolo la sua conversione. Missione-impulso dello Spirito santo, dunque punto di partenza della contemplazione. La missione è compassione... Colui che accompagna un fratello deve entrare in questa - scienza di speranza -, vedere al di là delle difficoltà, impedimenti e svariati dolori del parto. Monaco è colui che è separato da tutti e unito a tutti. Si tratta di amicizia. Questo amore, questa amicizia in Dio è la Trinità. Quello che di meglio si può offrire all’altro è la sua libertà. Che non può essere ricevuta se non in una relazione... liberante. Forse può darsi che all’inizio debba rinunciare - progressivamente - a qualsiasi affermazione di me stesso che non sia situata in una relazione d’alterità. Ho sentito San Bruno dire che la vita contemplativa non ha casa. Si tratta di essere qua per l’unica cosa che si deve vivere: la relazione. Per diventare soggetto del verbo dare non c’è amore più grande - non c’è altra strada che la relazione. Ma la relazione con te, il Crocifisso, conduce alla conoscenza del Dono che si realizza come croce, come passione. Come tenere (fede) se io non tengo (fede) a te? Tu mi dai la tua vita finché io viva fino a morire se è necessario. La comunità è questo noi che ti fa nascere. Il monaco non esiste per preservare qualche cosa, neanche la contemplazione e neppure la religione. Al contrario la funzione del monaco del nostro tempo è di

Missione e contemplazione. Porre la contemplazione a fondamento della missione è voler, fin dai primi passi, operare l’incontro ai quali sei inviato e avviare con essi il dialogo più profondo. La missione è radicalmente liberata dallo schema della colonizzazione nella misura in cui la contemplazione, notte dei sensi e del cuore, più ancora che il distacco dalla propria cultura, opera l’incontro nello stesso punto di rottura in

mantenersi anche Lui vivente attraverso il suo contatto con Dio. Tu Amore, Speranza pura, Padre Santo. Appresi la Fede sulle ginocchia di mia madre, scriveva Fratel Christophe e sua padre prima di morire disse: direte a Christophe che ho molto dubitato e sempre creduto. E lui nel suo diario: “i dubbi che mi assalgono non sono quelli di mio padre e si riferiscono piuttosto alla Speranza. Gesù non vuole forse farci capire che la sua Chiesa non è fondata sulle idee ma su delle esistenze che credono, non senza la prova del dubbio, ma che credono fino in fondo?”. Il villaggio di Tibhirine è cresciuto intorno al monastero. “Siamo come uccelli; voi, i rami. Se partite dove si poseremo?” chiede una donna a Fratel Christophe. È facile collegarsi all’icona biblica del nostro Piccolo Gruppo di Cristo che dice: “Le tue radici, Piccolo Gruppo, sono ben affondate nella terra; la tua preghiera contemplativa sale dalla valle operosa; poiché sei piccolo come un granello di senape, ti farò crescere e sopra i tuoi rami abiteranno i poveri, gli ammalati, gli afflitti... e tu li amerai come io li amo”. “La gioia è come una scala di luce nel nostro cuore. Essa porta molto più in alto di noi e molto più in alto di essa: là dove non c’è più nulla da afferrare, se non l’inafferrabile. Amatevi come Io vi ho amati, dice Gesù nell’Eucarestia. Solo la morte permetterà a me stesso di entrare in questa novità e di comunicare con l’opera della croce. Abba, non quello che voglio io, ma quello che vuoi tu”. Il diario di Christophe ci indica una direzione: quella, nella sequela radicale del Signore Gesù affinché gli altri vivano. (Bibliografia: Il Soffio del Dono - Diario di Fratel Christophe)

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IL RACCONTO DEL CAMMINO COMUNITARIO DI QUESTI ANNI

«La vita delle comunità locali» Come è partita la Comunità locale dal punto di vista organizzativo e pratico?

Abbiamo intervistato i cinque responsabili locali che hanno delineato la vita delle singole Comunità locali dopo la loro istituzione e l’introduzione del “vademecum”. di Antonio Ficara (S.Carlo) di Alberto Cattaneo (S.Ambrogio) di Franco Pedrini (S.Pio V) di Luigi Crimella (Roma) di Paolo Baldo (Treviso) 20

S.CARLO - L’intuizione e poi la scelta di costituire le tre comunità locali di Milano emersa dall’ultimo congresso ha determinato un passaggio significativo che chiamerei cammino di conversione “comunitaria” dal grande al piccolo, dal molto al poco, dall’insieme al sottoinsieme. Partire o ripartire sulla strada che il Signore ci ha indicato in questa scelta ci ha chiesto individualmente un segno di disponibilità rinnovata che si è concretizzato in un coinvolgimento personale. Si e trattato di sentirci maggiormente coinvolti nella cura e nella testimonianza che ciascuno poteva offrire rendendosi disponibile ad assumere un servizio in comunità. Dal punto di vista organizzativo rispetto alla situazione precedente non è poi stata stravolta cioè gli incontri comunitari domenicali, così come quelli settimanali nei nuclei, le adorazioni e ritiri la festa dell’Eremo sono stati mantenuti. La differenza è stata che nel preparare questi momenti ci si è, se posso dire, guardati in faccia e si è detto chi è disponibile a fare cosa o meglio a servire il Signore nei fratelli. S.AMBROGIO - Dopo l’elezione, il Consiglio Locale della Comunità Sant’Ambrogio si è riunito il 20 gennaio 2010 nella casa di Desio. Ricordo come ci fosse un po’ d’emozione in tutti noi per questa “prima”, ma poi si è proceduto secondo programma PIETRE VIVE

con l’assegnazione degli incarichi, la nomina di Giulio Pedrotti a Vice Responsabile Locale e di Giacomo Galli a Segretario. C’era un lungo Ordine del Giorno che è stato affrontato, come poi nei Consigli che si sono succeduti, con serenità e desiderio di rispondere al Signore per il dono delle comunità locali, frutto delle decisioni del Congresso Generale. Poco dopo, nel mese di febbraio, si è svolto un incontro fraterno, convocato dal Responsabile Generale a Desio, tra i cinque Responsabili Locali: sono stati due giorni intensi di preghiera e di scambio nella fede. Molto bello! S.PIO V - La Comunità di San Pio V è la Comunità d’origine ed è quella che accoglie il maggior numero di persone che tra i primi hanno aderito alla nostra vocazione. Forse è proprio per questo che non ci sono stati grossi problemi dal punto di vista organizzativo e pratico. Sono stati formati tre nuclei e le persone scelte come coordinatori hanno immediatamente dato la loro disponibilità. Così anche per chi è stato scelto come relatore delle istruzione delle domeniche di comunità. ROMA - La comunità romana ha avviato la sua esperienza in maniera tranquilla. Essendo da sempre “lontana” da Milano (Desio), anche nei mandati precedenti si era sperimentata una certa autonomia, temperata dalle frequenti presenze a Roma dei diversi Responsabili Generali o personali, che scendevano quasi ogni mese per i colloqui fraterni. Quindi


per Roma si è trattato di accogliere le nuove indicazioni organizzative facendo tesoro delle novità e armonizzandole con un modus vivendi basato su un discreto grado di “autogoverno” già presente. TREVISO - Per la comunità di Treviso l’essere “realtà locale” è bagaglio di esperienza che oltre ad essere connaturato geograficamente si è consolidato via via in oltre 25 anni di vita. La novità portata da questo mandato è la realizzazione dell’ “autonomia” che ci ha coinvolto in particolar modo nella formazione permanente e nell’accompagnamento spirituale e in questo ambito i frutti non sono mancati.

Come è stata accolta dai fratelli e sorelle sul posto? S.CARLO - Di fronte alla proposta di un cambiamento e la reazione che questo ha suscitato si è evidenziata in stati d’animo che riassumerei in questi due atteggiamenti: uno positivo ed uno meno positivo. Quello positivo di chi si lascia attrarre dalla novità che il cambiamento può suscitare perché lo coinvolge più da vicino. Quello meno positivo di chi è perplesso e teme di esserne coinvolto perché non all’altezza (ma perché cambiare quando le cose vanno bene). Ritengo però che entrambi gli atteggiamenti portino dentro di sé un rischio quello di non mettersi nella condizione a mio parere essenziale: quella dell’ Ascolto, che si lascia interrogare da quello che il Signore vuole indicarci nella Novità proposta. Ed ancora un cammino di conversione chiedendo a ciascuno la pazienza (virtù che ci prova) di chi si lascia condurre dallo Spirito a cui si accompagnata la fiducia che cancella i timori perché conosce chi è il buon Pastore. S.AMBROGIO - Anche qui un ricordo. Il primo incontro della nostra comunità locale, il 10 gennaio del 2010, è stato vissuto con goia e diversi sono stati gli interventi di sorelle e fratelli che hanno sottolineato la

propria esperienza di vita nel Piccolo Gruppo di Cristo, nella Chiesa, in famiglia, nel lavoro. Nei mesi e negli anni successivi questo “comune sentire” è cresciuto dentro la comunità locale, pur nella consapevole appartenenza a tutta la comunità del Piccolo Gruppo di Cristo. S.PIO V - Grande comunque è stata l’attenzione reciproca di tutti noi nel cammino fatto insieme. Esempio principale è stato il rivedere tutti insieme un anno dopo la composizione dei nuclei per formarne uno che si ritrovasse nel pomeriggio. In questo modo, pur chiedendo a molti “piccoli sacrifici” di spostamenti nei nuovi tre nuclei, abbiamo favorito la partecipazione anche a chi dopo cena non avrebbe potuto essere presente. Oppure con la scelta di effettuare le domeniche di comunità in occasione dei blocchi di traffico non a Desio, ma proprio nella parrocchia di San Pio V dove Massimo Marchi, Edo Censi e Corrado Perini ci hanno accolto: dovevate vedere gli occhi di Ireos quando ci siamo lì trovati… ROMA - In maniera molto positiva. Non sono praticamente emerse riserve oppure obiezioni di fondo, se non qualche domanda di chiarificazione su come attuare progressivamente questo nuovo percorso di sviluppo, che presupponeva un maggiore impegno da parte di tutti. Il Consiglio locale ha funzionato con regolarità affiancando il Responsabile locale in maniera costante e discreta. TREVISO - È stata accolta positivamente da tutta la comunità. Il consiglio locale in primis ha collaborato in maniera collegiale con il resp. locale, coltivando al suo interno lo stile della corresponsabilità e della condivisione. Questo aspetto della condivisione ha coinvolto anche tutti i fratelli spronandoli ad un maggiore impegno a servizio di tutti e della comunione fraterna.

Si è sentito oppure no un distacco o diversità rispetto a prima del loro avvio? PIETRE VIVE

S.CARLO - Certamente il passaggio non è stato senza fatiche e senza nostalgia sopratutto penso alle relazioni più affiatate umanamente e con sensibilità affini spiritualmente fra i diversi componenti la comunità. Anche prima i momenti di incontro non che fossero maggiormente più frequenti rispetto ad ora però il ritrovarsi tutti insieme era l’occasione per scambiarsi parole e gesti di fraternità fra tutti più facilmente. Oggi penso che questi momenti vanno ricercati e sostenuti da una volontà più personale visto che i momenti per ritrovarci tutti insieme sono diminuite. Nota positiva che si può leggere anche come paradosso è che le occasioni di incontro nella promiscuità delle 3 comunità ambrosiane avviene nel silenzio delle giornate di ritiro a Desio che io leggo come segno di forte comunione spirituale ma anche segno visibile della presenza del fratello che ora vedo più raramente. A questo proposito, come comunità milanesi, pensando alle comunità di Roma e Treviso possiamo ritenerci già più fortunati rispetto a loro per il fatto che almeno la distanza territoriale non ci ostacola in queste occasioni di preghiera condivisa. S.AMBROGIO - Credo non ci sia un “prima” e un “dopo”, ma piuttosto un filo continuo che attraversa la storia sacra del Piccolo Gruppo di Cristo, che a un certo punto si è articolata in modo nuovo, secondo i segni dei tempi e per meglio rispondere alla chiamata del Signore nel cammino di santità, dentro la Sua Chiesa e affrontando le nuove sfide del mondo. S.PIO V - All’inizio una sorta di “nostalgia” della grande Comunità di Milano si è sentita eccome! Alcuni interventi durante i nostri incontri insieme, sottolineavano più le problematiche dovute alla suddivisione in tre nuove Comunità, che a ricercare nel nostro cuore il positivo di queste novità. Con l’andare del tempo però ci siamo resi conto di quanto fosse importante la “dimensione” della nuova Comunità: di quanto è determinante la presenza di tutti agli

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incontri di nucleo e come è “bello” incontrarci nelle domeniche, stando tutti intorno ad un tavolo. La “piccolezza” ci aiuta di più. ROMA - Da parte di qualche fratello e sorella sono emersi, di tanto in tanto, pensieri ed espressioni di “nostalgia” nei confronti degli anni iniziali della comunità locale. Soprattutto tale legame affettivo e spirituale si è fatto sentire in qualcuno dei più anziani, che esplicitamente si dicevano tributari verso i “fondatori” (in particolare, Ireos) del loro cammino di fede. Col tempo è maturata una visione più forte e generosa, fondata sull’esempio e sulla risposta da dare ai più giovani, mettendo in comune i doni ricevuti. TREVISO - Per la comunità questo passaggio ha portato maggior senso di responsabilità nel cammino, il reggersi con le proprie gambe infatti ha comportato il prendere sempre più coscienza del nostro essere “Piccolo Gruppo” rimanendo ben radicati nella tradizione ma nello stesso tempo interpretando in prima persona con la nostra vita l’appartenenza al Signore.

Sul piano della vita di fede e della spiritualità comunitaria si può dire qualcosa? S.CARLO - Credo che esprimere un giudizio a fronte del cambiamento, sul cammino spirituale e di fede sin qui percorso sia prematuro e forse più oggetto di valutazione a cui solo i responsabili personali possano dare risposte. Quello che però mi sento di dire è che a mio parere ciascuno si è sentito più responsabilizzato verso la comunità e si è reso più visibile nella disponibilità a servire. Per questo ringrazio il Signore, le sorelle ed i fratelli che mi sono stati affidati in questo tempo perché possiamo insieme far si che la Fede di ciascuno sia sempre più una testimonianza concreta nel vivere in pienezza la nostra vocazione di battezzati e consacrati nel Piccolo Gruppo di Cristo.

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S.AMBROGIO - Certamente la nascita delle tre comunità lombarde, che si sono affiancate alle comunità di Treviso e di Roma, ha segnato un passaggio importante nella vita del Piccolo Gruppo di Cristo. Non penso tanto agli aspetti organizzativi, quanto – a mio avviso – all’assunzione di maggiori responsabilità da parte dei singoli nel cammino di formazione (pensiamo ad esempio agli incontri di volta in volta preparati da diversi fratelli e sorelle della Comunità Locale), penso alla stessa comunicazione più mirata o alla condivisione fraterna del pasto al termine delle domeniche di comunità. Piccoli e grandi aspetti che costruiscono relazioni nella fede, gettando semi di comunione nella vita spirituale del Piccolo Gruppo di Cristo. S.PIO V - Ciascun membro della Comunità vive la propria vocazione lì dove il Padre gli dona di viverla, come indicato nell’art. 1 della Costituzione: “secondo la personale vocazione”, “la diffusione personale del Vangelo fra gli uomini, mediante la parola e l’impegno” e “in base al carisma di ognuno”. Ciascuno di noi è cosciente che il carisma del Gruppo è “senza carismi” e quindi che occorre mettere in gioco “nella generosa sequela di Lui, più amato” i propri carismi. Tutto questo senza assolutamente dimenticare “la comunione spirituale in Gruppo” nel nome di Cristo: la nostra spiritualità comunitaria ci aiuta e ci rinfranca, per poi vivere quanto detto sopra nella vita di tutti i giorni. ROMA - La comunità locale ha favorito, col tempo, uno scambio di esperienze di fede vivace e genuino. Un po’ da parte di tutti, comunque, si è rilevato quanto sia importante mantenere le tradizioni di incontro anche a livello nazionale (o perlomeno con appartenenti alle altre Comunità locali, in occasioni di ritiri e esercizi spirituali). Ciò garantisce un dinamismo di rapporti che sostiene il cammino personale e contribuisce anche a “fare comunità” nel senso più ampio del termine. TREVISO - Tutta la comunità su PIETRE VIVE

questi due aspetti è stata chiamata a progredire e a crescere. In particolare il coinvolgimento (a vari livelli) di tutti i fratelli nell’approfondire la spiritualità del gruppo ha permesso ad ognuno di crescere personalmente nelle virtù dell’umiltà, della pazienza, della perseveranza e nella disponibilità al servizio nel quale diamo visibilità al comando di Gesù agli apostoli nell’ultima cena: “...anche voi lavatevi i piedi gli uni gli altri”.

Come è stata accolta la novità dei responsabili personali pressoché tutti scelti all’interno di ogni singola comunità locale? S.CARLO - Questo a mio giudizio è stata la prova maggiore che ciascuno ha dovuto affrontare in ordine al cambiamento e nel quale si è evidenziato la vera disponibilità a convertirsi. Rimando come detto in precedenza al pensiero che solo i responsabili personali possono esprimere una valutazione sull’argomento. Ciò che mi sento di dire e che anche in questo passaggio nell’accogliere un nuovo responsabile bisogna puntare sulla fiducia in primis al Signore che vuole solo e sempre per ciascuno il meglio. Certo è importante prepararsi ad accogliere ed essere accolti perché ogni relazione nel cammino spirituale di accompagnamento deve sostanziarsi sulla preghiera e sulla apertura del cuore che ricerca per sé di fare la volontà del Signore senza nascondere i propri limiti e le proprie debolezze. S.AMBROGIO - All’inizio del mio mandato ho chiesto al Signore una cosa in particolare, che mi illuminasse nella scelta – complessa – dei responsabili personali. Nella preghiera e nel dialogo con il Responsabile Generale Giancarlo Bassanini ho così provveduto ad un “ ricambio” piuttosto sostanzioso dei responsabili personali, chiamando a questo compito anche qualche volto nuovo. Mi sembra sia stato colto il fatto che stiamo tutti lavorando nella vigna del Signore e ci possiamo aiutare perché


cresca in ciascuno la passione per Cristo, nostra vera felicità. Gli incontri – due all’anno – con tutti i responsabili personali della Comunità Sant’Ambrogio sono stati molto fruttuosi e qui debbo ringraziare Mauro Panzeri che li ha condotti con sapienza e amorevolezza. S.PIO V - Con l’aiuto del Responsabile Generale, ho scelto e quindi ho chiesto loro la disponibilità ad essere responsabili personali ad alcuni di noi, affidando loro poi ciascuno dei componenti della Comunità. Con alcune eccezioni, in accordo con Giancarlo, ho poi affidato ognuno al proprio responsabile personale, ben sapendo che per alcuni ci sarebbero state “novità importanti”: nessuno ha sollevato eccezioni o problemi. Davvero la nostra disponibilità alla Sua Grazie è grande! ROMA - Molte positivamente da parte di quasi tutti. Qualche “resistenza” si è avuta, ancora una volta, in qualcuno dei più anziani, legati per la propria storia personale a figure di particolare rilievo all’interno della Comunità. Laddove si è reso necessario mantenere la figura del responsabile personale “esterno” alla Comunità locale, ciò è avvenuto – in genere – con un notevole equilibrio ed armonia personale. TREVISO - È proprio su questo piano che ognuno di noi è stato chiamato a progredire, infatti il crescere nella fede ci ha aiutati a fidarci e affidarci un pò di più al Signore. È lui che con la sua grazia ci aiuta ad accogliere e ad essere accolti vicendevolmente. Farsi carico del fratello ci fà responsabilizzare verso la persona ma allo stesso tempo contribuisce a costruire la comunione nella comunità. Che suggerimenti sono emersi

dai lavori preparatori del Congresso generale e che verranno portati al dibattito congressuale? S.CARLO - Il tema di riflessione di quest’anno indicatoci da Benedetto XVI sulla Fede e nel quale si inserisce quello del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione sono stati il terreno fertile nel quale inserire il piccolo seme del cammino che la comunità tutta dovrà intraprendere a partire dal prossimo congresso. I testi ed il lavoro di preparazione al Congresso predisposto dal responsabile generale ha voluto mettere a fuoco in maniera più condivisa comunitariamente ed invitandoci anche a prolungare la nostra preghiera personale, il tema DUC IN ALTUM andare al largo ed in profondità. Più che sui suggerimenti del lavoro preparatorio che ci ha coinvolti nella riflessione degli incontri di nucleo da far confluire in sintesi alla commissione preposta vorrei esprimere la positiva valutazione dell’impegno che ciascuno ha profuso nel condividere i pensieri e le proposizioni formulate. Il mio personale pensiero vorrei formularlo come intenzione di preghiera ed è che sia lo Spirito santo a guidarci in questo nuovo passaggio e che trovi tutti noi disposti a seguirlo in verità con dolcezza e mitezza. S.AMBROGIO - Gli spunti sono stati numerosi e incisivi. Il lavoro svolto in questi mesi nei nuclei ha permesso di approfondire la nostra spiritualità e il nostro cammino vocazionale, a servizio della Chiesa, dentro la “pasta” del mondo. In estrema sintesi cito tre temi: la nuova evangelizzazione, la famiglia e il rapporto con le nuove generazioni, lo stesso ricambio generazionale all’interno del Piccolo Gruppo di Cristo. Affidiamo al Signore le attese e PIETRE VIVE

il cammino della nostra comunità, consapevoli – come ha ricordato Benedetto XVI nella sua ultima udienza – che “ la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua e non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto”. S.PIO V - Molti della Comunità, negli incontri di nucleo che hanno portato alla predisposizione del documento, hanno esplicitamente chiesto di raccogliere tutti i singoli interventi, in sintesi ed ordinati secondo gli argomento proposti. In effetti il documento è piuttosto corposo, ma la scelta è proprio stata di “non togliere” nessun suggerimento: e ce ne sono stati moltissimi! ROMA - Nel complesso, dagli incontri di nucleo e comunitari svolti nei mesi scorsi sono venuti argomenti a sostegno di una progressiva crescita di occasioni e momenti spirituali e formativi. Non sono mancate le indicazioni “pratiche”, perché la Comunità locale assuma sempre più un connotato fraterno e caritatevole. L’apertura della “missione” a Gozo, seppure in fase embrionale e sperimentale e per la quale è bene mantenere una prudenza complessiva di valutazione, ha dato ulteriore slancio umano e spirituale. TREVISO - Gli incontri preparatori hanno fatto emergere la necessità che la comunità locale abbia ad aprirsi verso l’esterno, portando testimonianza gioiosa nei vari ambiti. Questa apertura desidera essere anche la risposta alla mancanza di aspiranti che in questi ultimi anni si è manifestata. Ci sentiamo chiamati ed interpellati a uscire dal guscio per andare incontro all’altro. Positive sono state le iniziative recenti di adorazioni comunitarie aperte a persone nuove che desiderano condividere un tempo di preghiera. Queste iniziative sono di stimolo e donano nuovo slancio umano e spirituale nella missione.

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INTERVISTA A UN “EFFETTIVO” DELLA COMUNITÀ DI ROMA

«Il congresso come occasione di discernimento personale»

Il cammino di preparazione al congresso generale rappresenta per ciascun appartenente ad una Comunità di vita evangelica una provvidenziale occasione per riprendere in mano la propria vita, valutare il percorso compiuto, considerare la proprie personale risposta alla “chiamata” a donare la propria vita al Signore. Qui di seguito l’intervista a un appartenente “effettivo” del Piccolo Gruppo di Cristo, Marco Appolloni, della Comunità di Roma. Nelle sue risposte un esempio di come la chiamata di Dio divenga un evento che cambia la vita e accompagna le scelte di ogni giorno.

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Come ti senti interpellato da questo evento del Congresso generale della Comunità del Piccolo Gruppo di Cristo? “Mi sento, in primo luogo, in dovere di fare un serio esame di coscienza sulla mia vita e sul mio rapporto con il Signore, per capire se le mie scelte quotidiane sono orientate a Lui nel metterlo sempre al primo posto; inoltre, mi interrogo sulla sincerità e costanza della mia preghiera e se incarno realmente i consigli evangelici così come sono proposti dalla Comunità del P.g.C. In sintesi, se sto seriamente camminando, dietro il Signore, sulla via della santità. Partendo da questo, allora, mi interpello su cosa sto facendo per consolidare e far crescere il Gruppo; se questo dono bellissimo del Signore alla sua Chiesa è stato in questi anni da me capito, custodito e soprattutto fatto conoscere ai più giovani”.

PIETRE VIVE

Considerando i documenti preparatori, gli scritti del Responsabile Generale e gli stessi testi delle ‘Costituzioni’, cosa ti ha particolarmente sollecitato in questi mesi? “Sicuramente il brano del vangelo di Giovanni scelto per prepararci al Congresso: <Chiamati ad ‘andare al largo’ e ‘in profondità’, siamo invitati a ‘Levare i nostri occhi e a guardare i campi che già biondeggiano per le messi’ (Gv. 4,35)>. Lo trovo veramente stimolante e profetico, perché, è più che mai adesso che siamo chiamati a vivere la nostra vocazione da adulti nella fede, non trascurando però una robusta e mirata formazione per rimanere in contatto con la realtà che ci circonda. Inoltre, siamo invitati a lasciare il nostro inutile egoismo, le nostre statiche comodità per alzare la testa ed accorgerci della fame di valori umani e quindi cristiani che c’è nella società civile e così essere testimoni credibili e annunciatori del Vangelo di Gesù. Ci sarebbero tanti altri spunti di cui parlare, per esempio il tanto caro per noi ‘lavora e prega’ dell’icona biblica, vero ed unico punto di riferimento per riflettere sul nostro ruolo nella Chiesa e nella società; ma alla fine quello che mi conforta e mi fa avere fiducia nel futuro e nella buona riuscita del Congresso, è quello che ci ripete sempre Ireos, e cioè che la Comunità del P.g.C. è stata voluta dal Signore ed è ancora Lui a guidarla. Che Dio


Padre non smette mai di amarci, è un Dio fedele, nonostante i nostri peccati e le nostre infedeltà, e che la Comunità, nel disegno di Dio, è strumento di salvezza per i suoi aderenti e per coloro che la incontrano nella loro vita”. Reputi “vitale” la tua presenza nel Piccolo Gruppo di Cristo? E, se sì, in che termini? “Sicuramente sì. Dal punto di vista personale è in questo Gruppo che ho cominciato a curarmi di più della vita spirituale; è qui che ho capito che da soli non ci si salva. Dal punto di vista comunitario, invece, penso che sia altrettanto ‘vitalÈ per il P.g.C. l’impegno quotidiano alla santità di tutti i suoi aderenti, ed in modo particolare per la sua continuità ed il suo ruolo nella Chiesa Cattolica. Il P.g.C. in me ha completato quel percorso cominciato in famiglia in cui ci si apre alla vita accogliendola come un dono da non sprecare, anzi, da far fruttare amando il prossimo ed il creato. In pratica, il Gruppo attraverso l’esempio di tanti fratelli in Cristo, mi mostra la logica del dono gratuito vissuto fino in fondo ‘senza pretendere nessuna ricompensa’. Noi siamo dono a noi stessi ed al mondo, da parte di Dio. Grazie all’esempio di Gesù sappiamo che quello che riusciamo a sacrificare a Dio della nostra vita, Lui ce lo restituisce trasformato-sublimato. È donandoci senza riserve, senza alcun interesse personale, che impariamo il vero significato del dono. Ma, allora, mi chiedo: sono cosciente del grande dono di Dio che mi ha fatto con il P.g.C. ? Cosa sto sacrificando per esso? Ed in che stato lo sto ridonando a Lui?”.

Quali sono a tuo avviso gli elementi di “novità” o “attualità” della vita evangelica per i laici (sposati o meno) che possono rappresentare un fattore di richiamo per i giovani di oggi? “I giovani di oggi, distratti da tanti falsi maestri che impongono di risolvere tutti i problemi con l’avere ed il potere fine a se stesso ed impauriti da un futuro con sempre meno certezze e sempre più precarietà anche nelle relazioni interpersonali, sicuramente hanno bisogno dell’esempio di uomini e donne che spendono la loro vita alla luce dei consigli evangelici. Per me, l’attualità della vita evangelica sta nel fare bene, nel fare meglio perché conquistati dall’amore di Dio, tutto quello che di buono e giusto la vita ci propone. L’attualità, sempre per me, sta nel vivere da veri cittadini e veri cristiani di questo tempo, con grande spirito di libertà e profonda gioia. Quello che la nostra Comunità del P.g.C. può offrire ai giovani per aiutarli nelle loro solitudini, è una vera esperienza comunitaria fatta però rimanendo nel mondo, sull’esempio della prima comunità cristiana di Gerusalemme: ‘La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola’ (At 4,32). Altro aiuto fondamentale per i giovani, eternamente indecisi, è la figura del responsabile personale, fratello maggiore nella fede con cui condividere il cammino della vita ed imparare a discernere su di essa”. Ti pare che la struttura e spiritualità del “Gruppo” possa resistere ai venti contrari della secolarizzazione che sta colpendo tutto l’occidente cristiano? “Ogni struttura e spiritualità, anche la più bella e la più ispirata, se non ben capita, vissuta ed attualizzata dai suoi aderenti rischia di soccombere. Per me, tutto ruota intorno alla domanda; la struttura organizzativa del P.g.C. e la sua spiritualità aiutaPIETRE VIVE

no le persone ad incontrare il Signore Gesù in libertà? Io penso di si, quindi, sta a noi impegnarci, anche in questo Congresso generale ormai vicino, affinché il Gruppo continui ad essere strumento di salvezza per gli uomini, ma ciò può avvenire solo con la nostra conversione ed adesione piena alle costituzioni del P.g.C.”. Come l’appartenenza alla Comunità aiuta a fare discernimento spirituale? “Se per discernimento spirituale intendiamo la capacità di saper distinguere per chiarire la vera natura o le vere intenzioni di qualcuno o di qualcosa e la capacità di separare ciò che è mescolato e si presta alla confusione, per stimare e valutare in modo giusto una situazione, un sentimento particolare, prima di prendere una decisione importante; e tutto questo allo scopo di aderire alla volontà di Dio, cioè aderire ai suggerimenti del suo Spirito al nostro spirito per un bene più grande; allora la risposta è si. Si perché, almeno per me, la Comunità aiuta realmente a fare discernimento spirituale, sia in modo diretto valorizzando e prendendo sul serio le pratiche migliori della tradizione ecclesiastica (padre-accompagnamento spirituale, esercizi spirituali,etc.), ma altrettanto in modo indiretto attraverso la figura del responsabile personale e della condivisione di vita dei suoi aderenti. Il responsabile personale, infatti, può essere di grande aiuto nel discernimento spirituale,soprattutto negli aspetti pratici di una vocazione, come la nostra, vissuta nel mondo. Inoltre, un discernimento vero e concreto si fa con le condivisioni di vita nel gruppo di nucleo, con gli edificanti esempi di vita dei fratelli del Gruppo; attraverso il richiamo fraterno vicendevole a vivere seriamente la vocazione nel P.g.C. ed attraverso il consiglio diretto dei fratelli di comunità che hanno già vissuto quella particolare esperienza”.

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MANTENIAMO VIVO IL LEGAME CON LA PREGHIERA E LA CARITÀ

«Lettera ai cristiani di Terra Santa» di Ireos Della Savia famiglia di Nazaret. Un tempo i francescani e altri religiosi sono stati e sono ancora presenti per ricordare l’esistenza di Gesù in quei luoghi. A noi viene chiesto di far sentire la nostra presenza soprattutto con la preghiera e con la “Carità”. In particolare, in questi tempi cerchiamo di favorire con il nostro aiuto in denaro la permanenza dei nostri fratelli nelle case che i pastori delle Chiese di Gerusalemme che si susseguono continuano a riparare o a costruire per loro. Spero che i nostri aiuti, anche se ci chiedono sacrifici, siano il più generosi possibili. Se ci è possibile sarebbe bello anche invitare parenti, amici e conoscenti ad unirsi a noi in questa opera. Ogni volta che inviamo la nostra offerta, il Vicario del Patriarca, ci scrive, oltre che per ringraziarci, per comunicarci come è stata usata. Carissimi fratelli e sorelle, specialmente giovani, fin dall’inizio del nostro sorgere, quando ci chiamavamo “Gruppo di Cristo”, ci si considerava un po’ come “il resto di Israele”, ovvero come quei pochi che ai tempi dell’esilio continuavano ad abitare nella Terra promessa, confidando cioè solo nell’aiuto di Dio. In questa situazione oggi sono i pochi cristiani che ancora vivono

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nella terra percorsa da Gesù. Tutti i cristiani fanno fatica a vivere nella Terra Santa, ma i cristiani laici hanno maggiori difficoltà rispetto ai religiosi, perché sono costretti a emigrare per mancanza di lavoro e di case. In questi ultimi anni, essendo peggiorata la situazione dei cristiani di Terra Santa, siamo stati sollecitati dal Signore ad aumentare il nostro fraterno contributo verso quei fratelli, perché è importante che essi restino nei luoghi ove ha vissuto la PIETRE VIVE

Anche se nella nostra Costituzione non è scritto nulla al riguardo, l’attenzione alla Terra Santa però è sempre stata presente nella nostra vocazione. In vari modi abbiamo sempre cercato di stare accanto ai nostri fratelli cristiani che vivono lì. Perciò questo legame con la Terra Santa non è un pensiero attuale passeggero, ma una comunione presente fin dal nostro nascere come Gruppo ed è bene che rimanga viva per sempre.


X I ° C O N G R E S S O • 2 5 - 2 8 a p r i l e 2 0 13 • D e s i o - M i l a n o

invito alla MISSIONE

CALENDARIO DEL CONGRESSO GENERALE

MERCOLEDÌ 24 APRILE 2013

arrivo a Desio nella nottata o nel primo mattino del 25 Aprile

GIOVEDÌ 25 APRILE 2013

ore 11.00 Solenne Celebrazione Eucaristica Seguita dall’adorazione Ore 13.00 Pranzo — riposo — preghiera personale Ore 16.00 Relazione del Responsabile Generale uscente Ore 17.00 Nomina del Presidente e del segretario del congresso Ore 17.30 Saluti: Un aspirante, Un aderente al Cenacolo, Un presbitero (membro della fraternità), Giorgio Mazzola (R.G: dell’Istituto Secolare Cristo Re) Ore 20.00 Cena — Santo Rosario

VENERDÌ 26 APRILE 2013

Ore 09.30 Santa Messa Ore 10.30 Interventi Ore 13.00 Pranzo — riposo — preghiera personale Ore 16.00 Ripresa dei Lavori Ore 20.00 Cena —Santo Rosario

SABATO 27 APRILE 2013

Ore 09.30 Santa Messa Ore 10.30 Approvazione delle raccomandazioni congressuali Ore 13.00 Pranzo Ore 16.00 Ripresa dei lavori Elezione del responsabile generale Elezione dei consiglieri generali Ore 20.00 Cena — Santo Rosario

DOMENICA 28 APRILE 2013

Ore 09.30 Santa Messa Ore 10.30 Prima Riunione del nuovo Consiglio generale Ore 12.00 Pranzo Ore 13.30 Ripartenza verso le proprie abitazioni Piccolo Gruppo di Cristo


IL RICORDO DI CARLO MARIA MARTINI, CARDINALE DEL DIALOGO

«Un padre della chiesa» di Gianfranco Bottoni

Proponiamo la prima parte dell’articolo (uscito sulla rivista “Il Gallo”) di Don Bottoni, amico del Piccolo Gruppo di Cristo e un tempo anche predicatore presso di noi dei nostri ritiri, eremi ed esercizi spirituali. Nel prossimo numero di EdV la seconda parte.

«Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mia cammino». Il versetto del Salmo 119 che Carlo Maria Martini ha scelto per la lapide della sua sepoltura sintetizza il senso profondo della sua spiritualità e della sua testimonianza. La sua icona In quelle parole è come contenuto il suo più intimo segreto. Potremmo dire che vi si può leggere l’icona della sua esistenza. Egli, commentando la Bibbia, ricorreva spesso a immagini o intuizioni che chiamava icone: le usava per indicare in sintesi il messaggio dei testi che stava illustrando. Ora, al termine della vita terrena, è di sé e del suo episcopato che, con le parole del Salmo, ci ha regalato la migliore icona che potesse rappresentarlo. Essa rimane la vera chiave ermeneutica della sua singolare personalità di uomo di Dio. Per chi l’ha ascoltato e seguito come pastore non c’è infatti alcun dubbio che il suo servizio alla chiesa scaturisse dall’amore della parola di Dio scoperta nelle

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Scritture. In particolare scaturiva dal suo amore per la straordinaria umanità della persona di Gesù, la parola di Dio fatta carne. Lucerna accesa sui suoi passi è stato sempre e soltanto il messaggio di Gesù letto nel solco della tradizione biblica. Ma anche riletto nell’ascolto del cuore umano e delle inquietudini del mondo di oggi. Egli era cosciente che solo nella parola di Dio si trovava la forza decisiva per il suo ministero. La custodiva con fedeltà e la coniugava con la spiritualità ignaziana a cui si è riferita la formazione religiosa ricevuta nella Compagnia di Gesù. E con acuta sagacia, da vero maestro, la offriva a tutti per edificare la chiesa del concilio. Il concilio Vaticano II, soprattutto con la Dei Verbum e la Lumen Gentium, aveva inteso mettere le Scritture nelle mani del popolo di Dio, perché se ne nutrisse per la vita delle comunità ecclesiali. A questo obiettivo ha subito mirato la sua guida di pastore. Arcivescovo di Milano Infatti Martini ha subito condotto la sua chiesa a riscoprire la dimensione contemplativa della vita, tema cui dedica la prima lettera pastorale, perché essa si lasciasse generare dalla parola di Dio e mettesse al suo centro PIETRE VIVE

l’eucaristia che la edifica come corpo di Cristo, per poter vivere in comunione con lui la sua stessa carità di buon Samaritano che si fa prossimo. Parola, eucaristia, carità: a questa triade Martini ha ricondotto carismi e ministeri dell’intera pastorale della chiesa, di una chiesa conciliare che viva nello stile del vangelo. Martini vi dedica il primo periodo del suo episcopato. E su questi tre pilastri si fonderà la stessa architettura del suo sinodo diocesano. Già il suo ingresso a Milano come arcivescovo, nel febbraio 1980, preannunciava uno stile nuovo. Aveva voluto camminare per le vie della città tenendo in mano il Nuovo Testamento tradotto in lingua corrente. Il segno del camminare con il libro della Parola tra la gente, in mezzo alle case, come uno tra gli altri, diceva l’assoluta novità di uno stile evangelico. Allo stile profetico e itinerante di Gesù e al senso profondo di quel gesto inaugurale è rimasto fedele nei suoi ventidue anni di servizio alla chiesa milanese. Perché il testo della traduzione interconfessionale in lingua corrente? Lui, studioso a livello mondiale di critica testuale e di filologia neote-


stamentaria, con quella scelta preannunciava ciò che avrebbe fatto con la sua predicazione e con la scuola della Parola: non più il biblista dell’esegesi scientifica, ma il pastore che, commentando le Scritture, spezza il pane della Parola perché sia commestibile per tutti e nutra la fede del popolo sulle vie dell’unità. Lo attesta lo straordinario successo editoriale delle sue pubblicazioni, più numerose di quelle dei più prolifici e facondi padri della chiesa. Intelligenza e santa Ricca e poliedrica, affascinante e complessa è stata la personalità di Martini. Al punto che, nel momento in cui ci si accinge a scriverne, al di là dell’icona da lui stesso suggerita, si resta come travolti e quasi paralizzati da una quantità di suggestioni e di ricordi, di idee e di interpretazioni della sua figura di uomo di chiesa. Nella commozione per la sua recente dipartita molte cose sono già state dette sulla straordinaria luminosità del suo episcopato. Ma persino gli interventi che meglio colgono nel segno risultano sempre parziali e riduttivi. Toccherà alla ricerca storica studiare a lungo e con obiettività nei prossimi decenni scritti e documenti, fatti e azioni del suo ministero pastorale, della sua profonda umanità e della sua produzione scientifica e spirituale. Presumo che gli storici confermeranno una convinzione che è di molti, non solo mia: con Martini siamo stati posti di fronte alla gigantesca figura di un padre della chiesa dei nostri giorni. Un pastore e dottore in cui intelligenza e santità si sono compenetrate come nei grandi geni cristiani dell’epoca patristica. Ora tenere insieme intelligenza e santità non è dono comune né frequente. Anzi. È invece proprio ciò che, nella fase di inculturazione della fede e di nascita della religione cristiana, caratterizzò le figure di coloro che la tradizione cristiana chiama padri della chiesa. Così è stato anche per Martini. C’è però una differenza

rispetto all’epoca patristica. Allora, l’intelligenza cristiana era chiamata a essere creativa e propulsiva di un nuovo modo di pensare che fosse coerente con la fede in Cristo. Oggi, con l’avvento della modernità e di una cultura secolarizzata, l’intelligenza del credente non risulta di fatto all’altezza di una missione per i nostri tempi, se non sa dotarsi di profonda capacità di ascolto del cuore dell’uomo contemporaneo e di perspicace senso critico nei confronti della stessa esperienza religiosa. Essere padre della chiesa oggi non è la stessa cosa che nei primi secoli del cristianesimo. È carisma che, per le attuali complessità, risulta assai raro e del tutto prezioso. E, proprio per questo, esposto ai rischi di viscerali avversioni. Già il suo motto episcopale Pro veritate adversa diligere, che rimanda alla figura e agli scritti pastorali di Gregorio Magno, aveva lucidamente preconizzato la testimonianza di un amore intelligente che, per la ricerca del vero, non si sottrae a difficoltà e avversità. Lo straordinario carisma che fa di Carlo Maria Martini un padre della chiesa è consistito proprio nell’aver saputo coniugare intelligenza critica e santità biblica. Una acuta e vivace intelligenza, che si lascia interpellare e mettere in discussione per poter condividere il cammino di chi pensa e ricerca. Un ascolto obbediente della parola di Dio, dalla cui luce egli si faceva guidare nel cammino della vita e della storia. Cercare insieme: La Cattedra dei non credenti Con il lume acceso della parola di Dio non temeva di avventurarsi nell’oscurità di percorsi inesplorati, di inoltrarsi nelle vicende concrete e drammatiche dell’umanità del nostro tempo. Che cosa vi cercava? Come Gesú con la samaritana, anch’egli aveva sete di ascoltare il cuore umano e di scoprirvi la sete di Dio. Una sete spesso inconscia, ma frutto dell’opera nascosta dello SpiriPIETRE VIVE

to. Per questo Martini usciva dai soliti confini a incontrare le persone che si considerano non credenti o agnostiche, ma pensanti e in ricerca. Gli interessavano i cammini attraverso percorsi anche molto diversi da quelli della propria fede. Ne percepiva le irriducibili differenze, ma sapeva stupirsi anche di alcune impensate consonanze. Dello Spirito, che suscita imprevedibili sintonie, poté scrivere: Lo Spirito c’è, anche oggi, come al tempo di Gesù e degli Apostoli: c’è e sta operando, arriva prima di noi, lavora più di noi e meglio di noi; a noi non tocca né seminarlo né svegliarlo, ma anzitutto riconoscerlo, accoglierlo, assecondarlo, fargli strada, andargli dietro. C’è e non si è mai perso d’animo rispetto al nostro tempo; al contrario sorride, danza, penetra, investe, avvolge, arriva anche là dove mai avremmo immaginato. (Tre racconti dello Spirito, 1997). La Cattedra dei non credenti è stata certamente l’intuizione più emblematica e più apprezzata di questo suo discernimento spirituale. E della conseguente apertura mentale al dialogo. Ma di un dialogo che doveva innanzitutto essere interiore a ogni persona: il dialogo tra il credente e il non credente che c’è in ciascuno di noi. Soltanto affermare che credenti e non credenti non sono due mondi distinti e contrapposti fa crollare muri di separazione, al confronto dei quali la caduta del muro di Berlino appare, se così si può dire, una inezia. Colpiva il fatto che un vescovo cristiano di fede granitica riconoscesse il proprio non credere e lo mettesse in cattedra accanto al proprio credere. E questo doveva valere per ogni suo interlocutore, per ogni relatore invitato alla cattedra, in qualunque posizione questi si pensasse rispetto alla fede. Per Martini, questa della cattedra, è stata un’avventura dello spirito tra le più avvincenti della sua vita. Lo confidava lui stesso.

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CON I PIEDI BEN SALDI PER TERRA AFFIDANDOSI AL SIGNORE

«La mia esperienza a Gozo» di Cinzia Braccia Durante l’eremo a Montefiolo, dopo che il Responsabile generale Giancarlo aveva spiegato il lavoro d’affrontare quest’anno e chiedeva di pregare per la realtà, ancora in germoglio, di Gozo, ho sentito nel mio cuore un grande desiderio di poter condividere questa esperienza con Andrea e Nadia, incaricati dalla comunità per questo servizio di annuncio e “missione”. Ne ho parlato con mio marito Raffaele prima e con Giancarlo poi, e quando ho capito che questo viaggio era possibile, sono stata molto felice di aver avuto il permesso di andare. Il 28-29 Dicembre 2012 si è così tenuto il primo Eremo a Gozo. La liturgia è stata fatta con semplicità, e i due giovani aspiranti hanno partecipato serenamente. Inoltre ho avuto occasione di fare una piacevole passeggiata per l’isola conoscere posti nuovi, vedere come gli abitanti adornano finestre e balconcini con presepi di ogni tipo (essendo il periodo natalizio le vie e le case erano tutte addobbate a tema), e visitare la parrocchia dove Francesco e Monica lavorano attivamente. Mi ha colpito molto incontrare il parroco dei nostri fratelli di Gozo, perché fino a pochissimi anni fa era parroco qui a Guidonia, vicino casa mia, e conosce benissimo la mia zona, la strada in cui abito, la scuola dei miei figli, la parrocchia di San Basilio dove abitavo prima e i loro sacerdoti, nonché i sacerdoti della mia attuale parrocchia, insomma troppo coincidenze;

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io credo proprio che il Signore ci abbia voluto veramente lì. È stato molto piacevole condividere momenti preziosi con alcuni cari fratelli spirituali. La terza domenica di febbraio sono di nuovo ritornata a Gozo, ma questa volta anche con i fratelli aspiranti, al fine di meditare insieme l’istruzione sul Mistero della Pasqua (le istruzioni di questo anno, sono quelle del primo periodo sulla Fede alla luce del Credo). Anche questa volta sono tornata a casa con il cuore lieto per la bella esperienza. Ho potuto rendermi conto di quanto sia bello spendersi per il Signore portandolo, oltre che nelle nostre famiglie o in altri ambienti a noi più vicino, anche così lontano. Contestualmente però non sono mancate le fatiche, ed ho allora pensato agli sforzi e ai sacrifici fatti da Ireos e Fiorenzo che per moltissimi anni sono venuti mensilmente a Roma per fare i colloqui e incontri con fedeltà. È così che è nata la comunità di Roma. PIETRE VIVE

E ora, inaspettatamente, Gozo: andando lì mi è sembrato come se il Signore ci stesse aspettando e indicasse che ora era venuto il turno di muoverci. È bello allora vedere la gioia e l’entusiasmo, misto a fatica, di Andrea e Nadia nel portare il loro servizio così lontano, senza però enfatizzare troppo, ma “con i piedi ben saldi per terra” affidandosi al Signore, perché è Lui, se vuole, che prepara il terreno per accogliere e sostenere la nascita di una eventuale comunità maltese. Ancora non sappiamo bene quale sia la volontà del Signore per questa missione, quindi preghiamolo affinché ci illumini e guidi nel modo giusto, e che sostenga sempre Andrea e Nadia, in questo compito così impegnativo.


IL RINGRAZIAMENTO PER LA PRIMA FESTA DELL’EREMO A GOZO

«Che bello... che gioia...» di Nadia Quattrucci Carissimi Monica e Francesco, vorrei iniziare questo piccolo ringraziamento per la vostra prima festa dell’Eremo a Gozo con due frasi che caratterizzano i nostri due fratelli presbiteri della comunità di Roma e che ripetono spesso. Da don Pierpaolo prendo in prestito: “che bello”! E da don Tonio: “che gioia”! Sì! Che bello! Che bello essere qui con voi in questi giorni, in questa vostra isola, in questa festa.

Che bello riconoscere come il Signore ha “lavorato” e sta “lavorando” con ciascuno, come ci ha accompagnato in questa terra passo dopo passo. Che bello vedere come Lui “usi” ogni cosa di noi per poter compiere la sua volontà e poter dare gloria a Lui. Che bello accorgersi delle “meraviglie” che opera il Signore in noi ed intorno a noi. Sì! Che gioia! Ringraziamo con “gioia” Dio! La Sua gioia sia e resti in voi sempre.

La gioia vera del Signore oggi riempie i vostri cuori e la manifestate nei vostri volti. Questa gioia possa caratterizzare il vostro cammino con il Signore. Lui che è stato l’artefice del vostro amore e del vostro incontro con il Piccolo gruppo di Cristo, sia il vostro compagno e amico di viaggio fedele. Gioite in voi, tra di voi e condividete questa gioia con altri! Lui vuole che in semplicità e umiltà facciamo piccoli passi uno dopo l’altro, vuole che camminiamo per comprendere la sua volontà su di noi, ci apre una via e ci assicura che ci sarà accanto e ci sosterrà. Cercate il volto del Signore e “state” con Lui nella quotidianità della vostra vita, negli impegni delle vostre giornate, articolate tra famiglia, lavoro, parrocchia, amicizie, tempo libero... Ricordate che voi due e don Tonio (anche se è ora a Roma) state dando inizio ad una piccola comunità in formazione a Gozo del Piccolo gruppo di Cristo; la comunità romana, insieme a tutte le altre comunità, vi è vicina e vi sostiene nella preghiera. Ecco come è bello e gustate quanto dà gioia stare con il Signore! I° Eremo di Gozo Zebbug, 30 dicembre 2012 Festa della Sacra Famiglia di Nazareth

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GESÙ CI CHIEDE DI LASCIARLO ENTRARE NELLA NOSTRA VITA

«Una testimonianza di fede» di Eugenio Bardini Sono Eugenio, di Volpago ho 47 anni e lavoro come impiegato tecnico all’ENEL di Montebelluna. Mi sono sposato con Manuela nel 1992, nel marzo del 1994 dal nostro amore è nato Alessandro e nell’ottobre del 1999 siamo andati a prendere in Russia il nostro secondo figlio Nikolai. Mi è stato chiesto di portare la mia piccola testimonianza sul tema della fede.

arriva a noi attraverso tanti doni che il Signore ci fa, anche per l’intercessione dei nostri cari in cielo, io lo credo davvero, doni a volte inaspettati... come lo è per me, in questo tempo, la nuova relazione che sto costruendo con Cecilia la mia fidanzata. Ma come coniugare la fede con la vita di tutti i giorni, con lo stress del lavoro, delle relazioni difficili, con le incomprensioni, con la stanchezza.

La fede è un grande dono di Dio, io ringrazio il Signore per avermi donato la fede, anche se la mia fedeltà al Signore è debole, fragile, incostante. La fede germina e cresce dentro alla nostra vita, dentro le nostre famiglie. Desidero ringraziare il Signore per tutte le persone di fede che mi ha messo accanto. La fede è relazione profonda con il nostro Dio, è cercare sempre più l’intimità e l’amicizia con Gesù, è diventare carne della sua carne, ecco perché vi ho proposto questo brano del vangelo così intenso. Gesù ci chiede di lasciarlo entrare in profondità dentro alla nostra vita tanto da diventare un tutt’uno con lui. Anche a me, anche a noi viene da dire: “queste tue parole Gesù sono dure, chi può ascoltarle?”. Quello che ci chiedi è troppo Gesù, non ce la possiamo fare; ma tu sei paziente, sei misericordioso, ci aspetti, ci chiedi però di ... non andarcene, di non perderci.

Paradossalmente è sempre stato più difficile per me vivere con fede e umiltà le esperienza quotidiane della vita, piuttosto che le grandi prove, come il consegnare nelle mani di Dio la vita di una persona cara. Ma è anche nella quotidianità, nelle piccole scelte della vita, nella nostra fedeltà, umile, ordinaria, spesso nascosta al mondo che noi testimoniamo la nostra fede. Il cristiano anche nel nascondimento sarà sempre riconosciuto se saprà vivere nell’amore e portare frutti di amore e di perdono. Dobbiamo chiedere la grazia a Gesù di aiutarci a vivere con fede e coerenza l’ordinario della nostra vita per essere davvero suoi testimoni credibili. A conclusione di questa mia testimonianza, vi confesso comunque che la scelta del brano del vangelo mi è stata dettata soprattutto dalle parole di Pietro, dalla fiducia riposta da me su queste sue parole, davvero Signore con tutta la nostra pochezza e le nostre infedeltà “da chi andremo? Tu solo Gesù hai parole di vita eterna” grazie del tuo amore.

Se penso alle esperienze così forti che la vita in questi ultimi anni mi

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ha dato di sperimentare, anche se è grande il vuoto lasciato dentro di me e di mio figlio Nikolai nel passaggio alla vita nuova di mio figlio Alessandro e della mia sposa Manuela, allo stesso tempo, dopo qualche anno, sento di dover ringraziare il Signore perché pur non capendo il senso dì questo distacco, pur avendo già a meno di 50 anni di età mezza famiglia in cielo, Gesù mi ha permesso nell’accompagnare e nel consegnare al Signore questi miei cari, di fare esperienza di lui. Ho sentito che lui ci sostiene e davvero chi vive e crede in lui ha la vita eterna! Vita eterna che PIETRE VIVE


L’ESPERIENZA DI UNA GIOVANE ASPIRANTE DELLA COMUNITÀ

«In preghiera con la comunità di Taizè» di Elisabetta Fumagalli

sorriso, e nonostante la stanchezza li ho sempre trovati pronti ad accoglierci a braccia aperte.

Il pellegrinaggio compiuto a Roma (28 dicembre - 1 gennaio) in occasione dell’incontro europeo dei giovani di Taizè è stata una delle esperienze più belle della mia vita!

Con loro, la mattina, si teneva la prima preghiera della giornata, che alternava la lettura di passi biblici, ai canti tipici della comunità di Taizè. Per me esprimere la preghiera attraverso il canto è stato un modo bellissimo per manifestare la nostra gioia al Signore.

Appena siamo arrivati nella parrocchia ospitante siamo stati accolti molto calorosamente dai ragazzi romani. La cosa che più mi ha colpita di loro è stata la voglia di farci sentire a casa; per me sono stati come una seconda famiglia, dei fratelli maggiori. Anche la presenza di alcuni fratelli e sorelle della comunità di Roma ha contribuito a farci sentire così accolti: è stato bellissimo averli accanto con la loro vicinanza e il loro affetto! I ragazzi della parrocchia hanno fatto un lavoro incredibile, che sicuramente è costato fatica, ma hanno saputo affrontare ogni problema col

Papa Benedetto XVI, durante la veglia di preghiera tenutasi in Piazza San Pietro sabato 29, ha proprio ricordato che “il canto è un sostegno e un’espressione incomparabile della preghiera. Cantando Cristo, voi vi aprite anche al mistero della sua speranza”. A questi momenti di profonda comunione tra di noi e il Signore seguiva un incontro con gli altri giovani che è sempre stato costruttivo perché, sebbene parlassimo quasi una decina di lingue diverse, partivamo tutti da un unico presupposto: il desiderio di condividere la nostra esperienza di fede e di farla crescere. PIETRE VIVE

Incontrare così tanti ragazzi ancora capaci di gioire per la presenza incredibile di Gesù nelle loro vite, mi ha riempita di speranza e fiducia, mi ha aiutata a guardare il mondo come luogo in cui la luce di Cristo brilla ancora e molto, basta solo saperla guardare. Anche il Santo Padre ci ha invitati a mantenere sempre viva questa speranza e, con la nostra fede, a far sorgere fiducia sulla terra. Sono state giornate di grazia in cui abbiamo approfondito la bellezza di vivere in preghiera, la quale è stata il cuore di quest’esperienza... Avrebbero potuto esserci gli stessi ragazzi eccezionali, le stesse attività divertenti, gli stessi attimi di risate e di gioco, ma senza i tre momenti quotidiani di preghiera non sarebbe stata la stessa cosa, non sarei tornata a casa con il cuore pieno di gioia e di entusiasmo. Giorno dopo giorno, tramite i passi di Vangelo proposti, le meditazioni dei freres di Taizè, i momenti di silenzio nelle meravigliose basiliche, ho camminato incontro al Signore e alla fine di questo pellegrinaggio mi sono completamente abbandonata tra le sue braccia e ho percepito la dolcezza del suo amore immenso.

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COME. QUANDO. PERCHÈ. UN’OCCASIONE DA NON PERDERE.

«Una settimana da Dio» di Paolo Cattaneo

Vista del Lago di Landro con il Monte Cristallo (Dobbiaco) vicino a Villabassa dove si terrà la settimana estiva della comunità.

Villabassa

2 0 1 3 La settimana di vita comunitaria è sempre un grande dono del Signore, il quale non ci fa’ mai mancare la sua vicinanza divina. Ritrovarci con Lui e fra di noi diventa un grande aiuto per riprendere con più vigore il nostro cammino di sequela verso il Signore. 34

Del famoso film “Una settimana da Dio” (2003) prendo in prestito solo il titolo per ricordare come la settimana di vita comunitaria sia sempre una settimana speciale dove ogni volta facciamo concretamente l’esperienza di come Dio si rende presente in mezzo a noi attraverso la bellezza del creato, la vivacità dei bambini, la curiosità degli aspiranti, la testimonianza delle famiglie, lo sguardo materno dei celibi e la disponiblità e l’accoglienza della casa. Invitiamo tutti a valutare con attenzione questa proposta, per un tempo di riposo e fraternità. Come sapete per quest’estate la Comunità propone una settimana di

vita comunitaria a Villabassa, dal 27 luglio al 3 agosto presso la Casa dei Padri Scalabrini che ben ci PIETRE VIVE

ha accolto la scorso anno. Paesaggi incantevoli e aria fresca saranno la cornice ai momenti di preghiera e di meditazione per aspiranti, famiglie e celibi. Avremo anche momenti di svago, camminate e tempo per riposarsi. La settimana comunitaria è un tempo prezioso per coltivare i rapporti con i fratelli e le sorelle della Comunità a partire dal rapporto personale con il Signore che ci attende e ci accoglie nella bellezza della natura. Come sempre cercheremo di favorire la sistemazione dei partecipanti secondo le concrete possibilità della casa: per far questo è opportuno iscriversi per tempo (c’è tempo fino a fine maggio) attraverso il modulo spedito via email e/o contattando Paolo Cattaneo (340 6310505) per qualsiasi richiesta di informazione.


Prossimi appuntamenti da ricordare:

• 31 marzo 2013: Pasqua di Risurrezione • 25 - 28 aprile 2013: XI° Congresso della comunità

ESPERIENZE DI VITA, LA RIVISTA È ON LINE Gli appartenenti al Piccolo Gruppo di Cristo hanno la possibilità di accedere al sito internet www.piccologruppo.it e poter leggere la rivista “Esperienze di Vita” direttamente in rete, cioé senza avere materialmente tra le mani la stessa rivista in formato cartaceo. Anche un qualunque visitatore del sito internet può farlo. Naturalmente occorre che qualcuno lo guidi a conoscere il sito e lo invogli a leggere le pagine della rivista. Considerato che ogni copia cartacea della rivista ha un certo costo, sarebbe opportuno da un lato invogliare gli appartenenti al P.G.C. a leggere la rivista su internet. La rivista in formato cartaceo che ognuno di noi riceve può diventare un dono a qualche familiare, amico o conoscente che possa avere un interesse per il discorso religioso e di vita evangelica, e che magari si intende avvicinare al “Gruppo”. NEWSLETTER E FLASH SPIRITUALI Per tutti c’è la possibilità di iscriversi al sito internet www.piccologruppo.it e ricevere aggiornamenti sulle proposte e il cammino della comunità e brevi pensieri per meditare. Per qualsiasi necessità o suggerimento scrivete a piccologruppodicristo@gmail.com La redazione di EDV

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PIETRE VIVE

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Il saluto di Papa Francesco, messa di inizio pontificato del 19 marzo 2013

www.piccologruppo.it 36


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