EDV 163 - Stupirci dell'amore

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EDV Periodico della Comunità il Piccolo Gruppo di Cristo | n°. 163 - anno XXXVI | Dicembre 2014

esperienze di vita

STUPIRCI

DELL’AMORE

Come i pastori, chiamati ad andare senza indugio EDITORIALE Non temete, vi annuncio una grande gioia

ATTUALITà Dalla parte di Giuseppe. La luce della fede

IN COMUNITà Festa dell’Eremo 2014


Sommario

Siamo chiamati quotidianamente a rinnovare l’Amore per Dio attraverso i gesti e le carezze che riceviamo da chi ci vuole bene. Siamo chiamati, anche come Comunità, ad essere testimoni gli uni verso gli altri - come i pastori - soprattutto nell’essere luce nella notte, segno di speranza.

EdV • dicembre 2014

EDITORIALE

CHIESA NEL MONDO

pag.4 Non temete, vi annuncio una grande gioia Giancarlo Bassanini

pag.14 Le responsabilità dei cristiani nella storia odierna

ATTUALITà

Luigi Crimella

pag.6 Dalla parte di Giuseppe. La luce della fede. Hiroki Moriguchi

IL VOLTO DEI SANTI

pag.10 Stupirsi di un dio bambino Maria Giovanna Trimboli

pag.12 Il Natale di una volta

pag.17 Il loro fu un amore subito intenso e travolgente Rosalba Beatrice

Augusto Galliani

“Restyling” sito PGC Nei prossimi mesi verrà rimesso “a nuovo” il sito web della Comunità: www.piccologruppo.it . Nell’ottica di fornire uno strumento utile, facilmente consultabile e aggiornato chiediamo a chiunque abbia dei consigli da darci o tempo da mettere a disposizione di scriverci a info@piccologruppo.it . Nei prossimi numeri di EdV vi terremo aggiornati sullo sviluppo del sito!

redazione EDV

info PGC

Luigi Crimella Rosalba Beatrice Paolo Cattaneo Giorgia Evangelisti Vilma Cazzulani Giovanni Cattaneo Donatella Zurlo Andrea Giustiniani

Il Piccolo Gruppo di Cristo Via San Pietro, 20 20832 Desio, MB

PROGETTO GRAFICO Paolo Cattaneo

www.piccologruppo.it SEGRETERIA segreteria@piccologruppo.it segreteria.pgc (+39) 0362 621651 (+39) 0362 287322


Appuntamenti della Chiesa Universale 1 gennaio 2015: 48°Giornata della pace 6 gennaio 2015: Giornata dell’infanzia missionaria 17 gennaio 2015: 26° Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo

IN COMUNITà

del dialogo tra cattolici ed ebrei 18-25 gennaio 2015: Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 18 gennaio 2015: 101° Giornata del migrante e del rifugiato 25 gennaio 2015: 62° Giornata dei malati di lebbra

L’ANGOLO DEI LIBRI

pag.20 Festa dell’Eremo 2014 pag.26 La consacrazione pag.30 Una lettura per tutti i gusti. Alcune recensioni da non perdere Vilma Cazzulani e Donatella Zurlo

pag.28 Testimoni del mistero don Pierpaolo Felicolo

LA BUSSOLA

pag.32 Roma: Sant’Antonio dei Portoghesi Andrea Giustiniani

pag.29 Pregare e... pregare Mauro Panzeri

in RETE

pag.34 Chiesa e Internet. Storie, novità e applicazioni dal mondo della rete

Pensiero SpirItuale Memoria della Presentazione della Beata Vergine Maria - Dai «Discorsi» di sant’Agostino Vescovo. Fate attenzione, vi prego, a quello che disse il Signore Gesù Cristo, stendendo la mano verso i suoi discepoli: « Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre » (Mt 12, 49-50). Forse che non ha fatto la volontà del Padre la Vergine Maria, la quale credette in virtù della fede, concepì in virtù della fede, fu scelta come colei dalla quale doveva nascere la nostra salvezza tra gli uomini, fu creata da Cristo, prima che Cristo in lei fosse creato? Ha fatto, sì certamente ha fatto la volontà del Padre Maria santissima e perciò conta di più per Maria essere stata discepola di Cristo, che essere stata madre di Cristo. […]


EDITORIALE

il Dio fattosi bambino ci invita a non avere paura, perché siamo amati da Lui

“Non temete, vi annuncio una grande gioia” di Giancarlo Bassanini [responsabile generale] Per grazia divina è tornato “l’Avvento”, il tempo gioioso dell’attesa dell’avvenimento che ha cambiato il corso della storia umana, l’incarnazione di Gesù, la seconda persona della santissima Trinità che nel Santo Natale verrà nuovamente nella carne per manifestarci, ancora una volta, l’amore che Dio nutre nei confronti di ogni uomo. Per grazia divina il messaggero di Dio, l’Angelo ci invita a non temere, perché saremo raggiunti da una gran-

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de gioia, infatti “nella tribù di Davide è nato per noi un grande salvatore che è Cristo Signore”. In un mondo pieno di guerre, zeppo di violenza, devastato da ripetute calamità naturali, squassato da crisi economiche ed esistenziali, segnato da fragilità ed insicurezza verso il futuro, solo il Dio fattosi bambino ci invita a non avere paura, perché siamo amati da Lui e ci ricorda che l’amore prontamente nasce da un incontro, perché l’amore è una scintilla divina STUPIRCI DELL’AMORE

che intercorre tra cuori aperti all’accoglienza dell’altro, anzitutto dell’Altro che è Gesù Cristo, l’Amore divino incarnato: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio Unigenito, perché chiunque crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Vivere, perciò, è credere all’Amore, di più, è innamorarsi dell’Amore! Per questo il Figlio di Dio è entrato nella storia dell’umanità quale figlio


dell’uomo: “Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo. / Sulle tue labbra è diffusa la grazia. / perciò Dio ti ha benedetto per sempre” (Sal 45,3). In Gesù l’Amore divino nella sua infinita umiltà è disceso tra noi, ha preso un volto umano, si è fatto bambino, è cresciuto fino all’età adulta per essere immolato a salvezza di tutta l’umanità. E’ da questo mistero d’amore sconfinato che scaturisce la nostra gioia! Da parte della creatura umana, amare è innanzitutto aprirsi a questo Amore totalmente gratuito che ci precede e ci chiama a essere partecipi della sua beatitudine. Più si risale alla Sorgente, più si scopre l’incommensurabile grandezza dell’uomo nella sua vocazione essenziale, che è quella di amare e di divenire partecipe della natura divina. Non si può contemplare Gesù - nella culla, nella sua missione di annunciare il Regno di Dio, sulla croce e risorto - senza innamorarsi di Lui, attratti dal suo insondabile mistero.

San Paolo si diceva afferrato da Cristo al punto da non poter più far altro che vivere unicamente di Lui: “ Per me vivere è Cristo” (Fil 1,21). “ Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). Nella vita di ogni autentico cristiano c’è sempre un momento di grazia speciale, un incontro “folgorante” con Gesù, e quasi sempre con Lui crocifisso per amore, come fu per Paolo. Anche Edith Stein - santa Teresa Benedetta della Croce -, a sua madre che la rimproverava di essere passata dal giudaismo al cristianesimo, rispondeva che dopo aver incontrato Gesù non aveva più potuto fare altro che amarlo e seguirlo. E lo fece fino al martirio. Un giorno una convertita mi confidò di essere entrata casualmente in una chiesa proprio mentre si leggeva il passo del Vangelo dell’incontro di Gesù con la Samaritana: “ Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è Colui che ti dice: “Dammi da bere” (Gv4,10).

Messaggio del Papa per l’Anno della Vita Consacrata

La vostra luminosa testimonianza di vita sarà come una lampada posta sul candelabro per donare luce e calore a tutto il popolo di Dio. Svegliate il mondo! Illuminatelo con la vostra testimonianza profetica e contro corrente”. E’ l’esortazione del Papa nel giorno in cui si apre l’Anno della Vita Consacrata, da lui indetto, a 50 anni della promulgazione del decreto conciliare “Perfectae caritatis” sul rinnovamento della vita religiosa. Francesco, nel messaggio letto nella Basilica Vaticana, si stringe in un abbraccio reciproco alle

Mi disse: “Io non ero praticante e non mi interessava fermarmi alla Messa. Uscii in fretta avviandomi alla stazione, ma a un tratto mi sentii inseguita e come afferrata. Mi voltai. Non c’era nessuno; udii una voce che mi diceva: “Ho sete”. Compresi allora che era Lui, Gesù, che mi dichiarava il suo amore e mendicava il mio!”. Vi auguro di incontrare Gesù, disteso sull’umile paglia del presepe e di innamorarvi di Lui. E’ stata la felice avventura dei santi di ogni tempo e rimane sempre una splendida opportunità per tutti, anche per noi, fino alla fine dei tempi. Prego, perché ciascuno di noi contemplando Gesù disteso nell’umile mangiatoia con accanto Maria e Giuseppe, si senta ripetere dall’Angelo nel profondo del cuore: “Non temere, ti annuncio una grande gioia”, oggi per Te è nato l’Amore e ti chiedo soltanto di farti Amore come Lui è Amore. Santo e gioioso Natale a tutti Voi, sorelle e fratelli amati e a tutti i vostri cari.

consacrate e consacrati, mostra “la bellezza e la preziosità di questa peculiare forma di sequela Christi”, rappresentata - spiega - da tutti coloro che hanno “deciso di lasciare ogni cosa per imitare Cristo più da vicino mediante la professione dei consigli evangelici”. Guardando alle “tante iniziative” che saranno “attuate in ogni parte del mondo”, il Papa esorta alla testimonianza luminosa indicando, ancora una volta, tre parole programmatiche: “Essere gioiosi”, ovvero mostrate a “tutti che seguire Cristo e mettere in pratica il suo Vangelo riempie il cuore di felicità”. Essere “coraggiosi” perché scrive - “chi si sente amato dal Signore sa di riporre in Lui piena fiducia”, potendo “come i vostri fondatori” aprire “vie nuove di servizio al regno di Dio”. Terzo punto essere “donne e uomini di comunione”. “Siate instancabili costruttori di fraternità” - sprona - specialmente nei confronti dei “più poveri”, mostrate “che la fraternità universale non è un’utopia, ma il sogno stesso di Gesù per l’umanità intera”.

STUPIRCI DELL’AMORE

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ATTUALITà

Intervista a un papà. vivere le dinamiche della vita affidati a dio

Dalla parte di Giuseppe. La luce della Fede di Hiroki Moriguchi Papa Francesco ci ricorda che “un cristiano deve prendersi cura dei ragazzi, dei bambini e trasmettere la fede, trasmettere quello che vive, che è nel suo cuore”. Come marito, padre e consacrato, quali azioni metti in campo per trasmettere la fede ai tuoi figli e aiutarli a fare esperienza della “Verità e dell’amore”? Aiutare i figli a fare esperienza della “Verità e dell’Amore” è il compito più intricato ed affascinante che un uomo o una donna possano avere. Ma forse, più che un compito, mi viene da dire che anche per il genitore è di per sè stessa un’esperienza affascinante. Certo, carica di responsabilità, ma se vissuta in pienezza è in grado di portare la Verità e l’Amore nelle mura di casa . D’altronde, va anche sottolineata l’estrema facilità di fare l’errore di voler trasmettere la personale picco-

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la verità o solo il proprio amore, con tutti i limiti che ne conseguono. La Verità e l’Amore di cui parliamo è qualcosa di più grande e se non ci mettiamo innanzitutto nell’ottica che noi genitori siamo solo degli strumenti rischiamo di fare grossi errori e, come accennato sopra, l’essere strumento non significa essere privi di responsabilità, anzi. Il bisogno di riferimenti, di aiuto e di discernimento sono sempre stati importanti per i genitori, ma oggi, nella società dove l’individuo proclama il suo essere capace di autodeterminarsi, fare l’errore di essere “genitore senza guida” è sempre più presente. Penso al paradosso che per diventare ingegnere, medico o avvocato servono almeno 5 o 6 anni di studi, senza contare la pratica. A tutt’oggi, per diventare sposo e genitore non esiste nessun percorso di formazione. Si dice che il compito dei genitori è STUPIRCI DELL’AMORE

“cercare di far uscire l’uomo/donna che è nel figlio”, ma ciò diventa sempre più complicato quando ti trovi immerso in una società che cerca di forgiare le persone come quest’ultima ritiene più opportuno. In particolare, ciò è ancora più difficile se i valori di questa società sono in antitesi con i valori in cui crede il genitore. E, guarda caso, venendo alla riflessione che stiamo facendo, l’uomo e la donna d’oggi sono costruite su figure di uomo o di donna estremamente lontane dalla figura di chi “perde la propria vita per il Signore”. Io e mia moglie, cerchiamo di aiutare i nostri figli a maturare una loro personale relazione con il Signore, ovviamente tenendo conto della loro età. Per fare ciò, in più occasioni ci è capitato di sottolineare il fatto che devono imparare a vagliare tutti i messaggi che ricevono e di ascoltare il proprio “maestro interiore”, l’unico che vuole il vero Bene della persona. All’atto pratico, vista la giovane età dei nostri figli, diamo molta importanza all’aspetto del “rendere grazie” per tutto ciò che hanno e che continuano a ricevere, senza dare le cose per scontate. Forse, in questa fase, l’aspetto della verità prevale su quello dell’amore. E con ciò intendo dire che sono più le situazioni in cui il figlio viene messo di fronte alla realtà dei fatti concreti (e quindi spesso invitato a riflettere, con toni più o meno edulcorati) anziché alla scorciatoia del “finto amore” dove si concedono facilmente fin troppe cose. E questo avviene soprattutto in contesti dove il confronto con gli altri coetanei inizia a creare nei bambini diversi interrogativi. E tali contesti non sono solo ambienti extra-fede (tipo la scuola), ma anche in oratorio o in altri ambienti ecclesiastici.


Giuseppe, insieme con Maria, si è preso cura di Gesù preoccupandosi che non gli mancasse il necessario per un sano sviluppo. Quali sono gli stili di vita che portate avanti in famiglia per conciliare l’esigenza di “procurare” il necessario ai vostri figli, costruire il vostro “essere famiglie”, crescere in un ambiente cristiano? Costruire lo stile di vita di una “famiglia cristiana” passa per ciò che quest’estate ha sottolineato don Renzo Bonetti nel corso del suo intervento alla settimana di comunità a Villabassa: la vocazione cristiana di sposo e di genitore passa anche per la consapevolezza che non ci sono più sabati o domeniche, né ferie o festività. All’estremo opposto abbiamo invece la società che teorizza ed incoraggia una vita famigliare dove uno o entrambi i genitori proseguono lo stile, i ritmi di vita e attività extra-lavorative che avevano prima di sposarsi difendendo i propri spazi di svago come se fossero un diritto acquisito. Detto in breve: è come se il medico avesse prescritto ad ognuno la necessità di potersi ritagliare dei tempi per sé stesso. Ovviamente, non si parla di tempi di preghiera ma di tempi di svago ritenuti la soluzione ottimale per “rigenerarsi” e “star bene” con sé stessi con la convinzione illusoria che ciò si riverserà positivamente anche nella vita di coppia e con i figli. Invece, riportare la centralità dell’importanza della presenza dei genitori in famiglia laddove possibile, sacrificando il tempo per lo svago e a volte anche del lavoro (quando quest’ultimo eccede le reali necessità), è un segno importante che lasciamo ai nostri figli insegnando il significato di responsabilità. E’ importante che i figli vedano che tra i genitori c’è una reale collaborazione e passione nel portare avanti ciò che serve alla famiglia, sia sul piano materiale che su quello spirituale. E’ fondamentale che i figli vedano

che i genitori sorreggono con piena responsabilità e consapevolezza tutte le difficoltà che la vita inevitabilmente porta. Un altro punto che è in relazione con quanto detto è il cercare di stimolare la visione della vita sotto l’aspetto spirituale con senso critico. Soprattutto con la bambina più grande, oramai in terza elementare, capita di confrontarci riguardo a quello che apprendono a scuola e che, inevitabilmente, rispecchia la visione che la società ha in materia scientifica. A titolo di esempio, ciò non significa dividere il mondo in creazionisti o evoluzionisti, ma avere sempre la sana onestà intellettuale nel sapere che in alcune materie l’uomo non dispone ancora delle certezze che invece vengono insegnate come tali. Un altro aspetto, e qui mia moglie è sicuramente più brava di me, è l’attenzione agli altri. Nell’attuale periodo storico, con tutte le sue difficoltà, la tentazione di avere l’atteggiamento del “si salvi chi può” è fortissima invece, in più occasioni, Valentina ha coinvolto tutta la famiglia in situazioni di apertura al prossimo. Nonostante la fatica a far incastrare diverse cose abbiamo apprezzato il fatto che i nostri bambini hanno recepito la cosa in maniera sorprendentemente positiva. In alcune occasioni, è stato Emanuele stesso che ci ha insegnato che anche un bimbo di 5 anni è in grado di riconoscere delle situazioni di difficoltà di un suo/a compagno/a di asilo. In tal modo ha fornito uno spunto a noi adulti per interpellare noi adulti in relazione a quella determinata situazione di difficoltà del prossimo. Infine, mi viene spesso in mente la figura di Giuseppe che “fugge” con la propria famiglia allo scopo si preservarne la vita. Ovviamente, e per grazia, non ci troviamo in questa situazione, però ci sono stati alcuni passaggi nella nostra vita famigliare dove alcuni cambi radicali di vita STUPIRCI DELL’AMORE

(vedi il trasferimento dalla Toscana alla Lombardia) sono stati fatti a seguito di una riflessione relativa a ciò che conta davvero per la famiglia e per i figli. Anche la frase “il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” mi ha sempre dato qualche grattacapo. La tentazione di pretendere il diritto di stare bene dove e come si vive è fortissima, ma la storia e la Parola ci insegnano che l’uomo non è nato per questo. Si tratta di un aspetto che non diamo mai per scontato. Io stesso sono figlio di genitori giapponesi che sono emigrati in Italia (tra l’altro in un periodo dove il Giappone viveva un’ autentica esplosione economica). Per loro, soprattutto per mia madre, emigrare in Italia è stato fondamentale per coltivare la fede cristiana. E questo è un fatto fondante e concreto. Certo, a volte rifletto e in parte invidio chi ha delle forti radici nel territorio in cui è nato e cresciuto. Però, se penso al fatto che la storia e soprattutto la Parola sono state fatte da uomini che sono sempre usciti dai propri confini ho la convinzione che una dimensione fondante della Vocazione è proprio quella di uscire e lasciare. Possiamo pensare a come Giuseppe ha educato il piccolo Gesù ad ascoltare le Sacre Scritture, soprattutto accompagnandolo di sabato nella sinagoga di Nazareth. Riuscite a vivere dei momenti di preghiera in famiglia? I momenti di preghiera in famiglia sono scanditi con una certa regolarità. Io stesso mi ricordo ancora con nostalgia e tenerezza le sere in cui sin dall’età in cui ho ricordi (circa 3 - 4 anni) i miei genitori tenessero alla preghiera serale. E vedo anche che per i nostri figli la preghiera, soprattutto quella serale, sia un momento importante. A volte, capita che la preghiera non venga fatta come forma di punizione se i bambini “oltrepassano

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il limite” di certi comportamenti. Siamo rimasti sorpresi di come i bambini possano rimanere amareggiati nel concludere una giornata senza preghiera. La preghiera prima dei pasti rientra in quell’ottica di vivere sempre con un “grazie” al Signore. San Giuseppe è il modello di ogni educatore e di ogni fedele, perchè ha saputo attraversare il buio del dubbio, l’esperienza dell’esilio e della fuga da casa senza perdere mai la fiducia in Dio e nel suo amore. Come il cammino nel PGC ti aiuta a “guardare” con fiducia mentre sei sul posto di lavoro tra i colleghi? Io ho la convinzione che la fiducia sul posto di lavoro derivi dalla certezza che ciò che sono in grado di fare siano un dono del Signore. Anche se la tentazione è sempre in agguato, non posso dubitare di fronte alla concretezza di tante cose che ho avuto pur senza particolare merito. Spesso mi capita di pensare o di immaginare un dialogo con il Signore dove mi viene detto: “Con tutto quello che ti ho dato, di che cosa dubiti ancora?”. In effetti, è così. Sant’Ignazio diceva: “prega come se tutto dipendesse da Dio e agisci come se tutto dipendesse da te”. Un altro dono è che sono anche accompagnato da colleghi (del resto, alcuni me li sono anche scelti) che guardano anch’essi al futuro con speranza e al di là delle difficoltà sono quotidianamente impegnati a lavorare con onestà e dedizione. Ai giovani che oggi coltivano il desiderio di sposarsi e di “mettere su famiglia” ma sono presi da mille dubbi, dal futuro di incertezza, dalla precarietà del lavoro e dei sentimenti, cosa ti senti di consigliare? Può il matrimonio cristiano essere luce per illuminare la loro vita e quella di chi gli sta vicino?

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Più che un consiglio, posso solo “comunicare” i criteri con cui ho fatto alcune scelte passate e fondanti della mia vita e come io e mia moglie Valentina cerchiamo di vivere quotidianamente. In un panorama dove tutto è provvisorio e precario, poter decidere di fare delle scelte di vita che puntino alla definitività è uno dei pochi privilegi che tutti abbiamo a disposizione. Quello che invece si osserva è il paradosso in cui i giovani scelgono per loro stessi la precarietà. Sì, una precarietà sui cui fondano la loro futura vita matrimoniale (o più in generale affettiva), anche laddove potrebbero invece costruire sin da oggi un futuro con poche, ma significative solide certezze. Sono le scelte di vita fondanti e definitive che danno una reale sicurezza di fronte a tutte le intemperie che cercano di affondare i tentativi dell’uomo per vivere una vita piena. Affrontare il discorso sul significato del matrimonio cristiano è un tema spinoso e impegnativo. E’ considerato “fuori moda” o addirittura deriso. Nella migliore delle ipotesi, è visto semplicemente come un’alternativa ad altre forme di unione. Anche tra i fedeli, il cosiddetto “pensiero debole” sta piano piano impregnando la mentalità comune. Il valore di un legame sacro, che inizia già all’epoca del fidanzamento, è oramai considerato un qualcosa che è un retaggio del passato. Si sta perdendo il concetto del matrimonio come sacramento celebrato dai due sposi. In particolare si sta annacquando il concetto di fedeltà, costi quel che costi, anche passando attraverso le difficoltà. D’altro canto, ad oggi, ciò che io vivo è la certezza che, agli occhi di chi sa vedere, una vita matrimoniale vissuta cristianamente ha dei tratti distintivi che spesso sono invidiati, anche se non tengono conto che le fatiche vissute sono le stesse per tutti.

STUPIRCI DELL’AMORE

Famiglie, rimanete sempre unite a Gesù Per una riflessione personale riportiamo alcune parole sempre attuali che il Santo Padre, Papa Francesco, ha pronunciato alle famiglie in un discorsco tenutosi a ottobre 2013. Avete voluto chiamare questo momento “Famiglia, vivi la gioia della fede!”. Mi piace, questo titolo. Ho ascoltato le vostre esperienze, le storie che avete raccontato. Ho visto tanti bambini, tanti nonni… Ho sentito il dolore delle famiglie che vivono in situazione di povertà e di guerra. Ho ascoltato i giovani che vogliono sposarsi seppure tra mille difficoltà. E allora ci domandiamo: come è possibile vivere la gioia della fede, oggi, in famiglia? Ma io vi domando anche: E’ possibile vivere questa gioia o non è possibile? 1. C’è una parola di Gesù, nel Vangelo di Matteo, che ci viene incontro: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). La vita spesso è faticosa, tante volte anche tragica! Abbiamo sentito recentemente… Lavorare è fatica; cercare lavoro è fatica. E trovare lavoro oggi chiede tanta fatica! Ma quello che pesa di più nella vita non è questo: quello che pesa di più di tutte queste cose è la mancanza di amore. Pesa non ricevere un sorriso, non essere accolti. Pesano certi silenzi, a volte anche in famiglia, tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra fratelli. Senza amore la fatica diventa più pesante, intollerabile. Penso agli anziani soli, alle famiglie che fanno fatica perché non sono aiutate a sostenere chi in casa ha bisogno di attenzioni speciali e di cure. «Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi», dice Gesù. Care famiglie, il Signore conosce le nostre fatiche: le conosce! E conosce i pesi della nostra vita. Ma il Signore conosce anche il nostro profondo desiderio di trovare la gioia del ristoro! Ricordate? Gesù ha detto: «La vostra gioia sia piena» (Gv 15,11). Gesù vuole che la nostra gioia


sia piena! Lo ha detto agli Apostoli e lo ripete oggi a noi. Allora questa è la prima cosa che stasera voglio condividere con voi, ed è una parola di Gesù: Venite a me, famiglie di tutto il mondo - dice Gesù - e io vi darò ristoro, affinché la vostra gioia sia piena. E questa Parola di Gesù portatela a casa, portatela nel cuore, condividetela in famiglia. Ci invita ad andare da Lui per darci, per dare a tutti la gioia. 2. La seconda parola la prendo dal rito del Matrimonio. Chi si sposa nel Sacramento dice: «Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita». Gli sposi in quel momento non sanno cosa accadrà, non sanno quali gioie e quali dolori li attendono. Partono, come Abramo, si mettono in cammino insieme. E questo è il matrimonio! Partire e camminare insieme, mano nella mano, affidandosi alla grande mano del Signore. Mano nella mano, sempre e per tutta la vita! E non fare caso a questa cultura del provvisorio, che ci taglia la vita a pezzi! Con questa fiducia nella fedeltà di Dio si affronta tutto, senza paura, con responsabilità. Gli sposi cristiani non sono ingenui, conoscono i problemi e i pericoli della vita. Ma non hanno paura di assumersi la loro responsabilità, davanti a Dio e alla società. Senza scappare, senza isolarsi, senza rinunciare alla missione di formare una famiglia e di mettere al mondo dei figli. - Ma oggi, Padre, è difficile… -. Certo, è difficile. Per questo ci vuole la grazia, la grazia che ci dà il Sacramento! I Sacramenti non servono a decorare la vita - ma che bel matrimonio, che bella cerimonia, che bella festa!… - Ma quello non è il Sacramento, quella non è la grazia del Sacramento. Quella è una decorazione! E la grazia non è per decorare la vita, è per farci forti nella vita, per farci coraggiosi, per poter andare avanti! Senza isolarsi, sempre insieme. I cristiani si sposano nel Sacramento perché sono consapevoli di averne bisogno! Ne hanno bisogno per essere uniti tra loro e per compie-

re la missione di genitori. “Nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia”. Così dicono gli sposi nel Sacramento e nel loro Matrimonio pregano insieme e con la comunità. Perché? Perché si usa fare così? No! Lo fanno perché ne hanno bisogno, per il lungo viaggio che devono fare insieme: un lungo viaggio che non è a pezzi, dura tutta la vita! E hanno bisogno dell’aiuto di Gesù, per camminare insieme con fiducia, per accogliersi l’un l’altro ogni giorno, e perdonarsi ogni giorno! E questo è importante! Nelle famiglie sapersi perdonare, perché tutti noi abbiamo difetti, tutti! Talvolta facciamo cose che non sono buone e fanno male agli altri. Avere il coraggio di chiedere scusa, quando in famiglia sbagliamo… Alcune settimane fa, in questa piazza, ho detto che per portare avanti una famiglia è necessario usare tre parole. Voglio ripeterlo. Tre parole: permesso, grazie, scusa. Tre parole chiave! Chiediamo permesso per non essere invadenti in famiglia. “Posso fare questo? Ti piace che faccia questo?”. Col linguaggio del chiedere permesso. Diciamo grazie, grazie per l’amore! Ma dimmi, quante volte al giorno tu dici grazie a tua moglie, e tu a tuo marito? Quanti giorni passano senza dire questa parola, grazie! E l’ultima: scusa. Tutti sbagliamo e alle volte qualcuno si offende nella famiglia e nel matrimonio, e alcune volte - io dico - volano i piatti, si dicono parole forti, ma sentite questo consiglio: non finire la giornata senza fare la pace. La pace si rifà ogni giorno in famiglia! “Scusatemi”, ecco, e si rincomincia di nuovo. Permesso, grazie, scusa! Lo diciamo insieme? (rispondono: “Sì!”) Permesso, grazie e scusa! Facciamo queste tre parole in famiglia! Perdonarsi ogni giorno! Nella vita la famiglia sperimenta tanti momenti belli: il riposo, il pranzo insieme, l’uscita nel parco o in campagna, la visita ai nonni, la visita a una persona malata… Ma se manca l’amore manca la gioia, manca la festa, e l’amore ce lo dona sempre Gesù: Lui è la fonte inesauribile. Lì Lui, nel Sacramento, ci dà la sua Parola e ci dà il Pane della STUPIRCI DELL’AMORE

vita, perché la nostra gioia sia piena. 3. E per finire, qui davanti a noi, questa icona della Presentazione di Gesù al Tempio. È un’icona davvero bella e importante. Contempliamola e facciamoci aiutare da questa immagine. Come tutti voi, anche i protagonisti della scena hanno il loro cammino: Maria e Giuseppe si sono mesi in marcia, pellegrini a Gerusalemme, in obbedienza alla Legge del Signore; anche il vecchio Simeone e la profetessa Anna, pure molto anziana, giungono al Tempio spinti dallo Spirito Santo. La scena ci mostra questo intreccio di tre generazioni, l’intreccio di tre generazioni: Simeone tiene in braccio il bambino Gesù, nel quale riconosce il Messia, e Anna è ritratta nel gesto di lodare Dio e annunciare la salvezza a chi aspettava la redenzione d’Israele. Questi due anziani rappresentano la fede come memoria. Ma vi domando: “Voi ascoltate i nonni? Voi aprite il vostro cuore alla memoria che ci danno i nonni? I nonni sono la saggezza della famiglia, sono la saggezza di un popolo. E un popolo che non ascolta i nonni, è un popolo che muore! Ascoltare i nonni! Maria e Giuseppe sono la Famiglia santificata dalla presenza di Gesù, che è il compimento di tutte le promesse. Ogni famiglia, come quella di Nazareth, è inserita nella storia di un popolo e non può esistere senza le generazioni precedenti. E perciò oggi abbiamo qui i nonni e i bambini. I bambini imparano dai nonni, dalla generazione precedente. Care famiglie, anche voi siete parte del popolo di Dio. Camminate con gioia insieme a questo popolo. Rimanete sempre unite a Gesù e portatelo a tutti con la vostra testimonianza. Vi ringrazio di essere venute. Insieme, facciamo nostre le parole di san Pietro, che ci danno forza e ci daranno forza nei momenti difficili: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6,68). Con la grazia di Cristo, vivete la gioia della fede! Il Signore vi benedica e Maria, nostra Madre, vi custodisca e vi accompagni. Grazie!

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ATTUALITà

La testimonianza di volontariato di una sorella della comunità di milano Comprendere che ogni gesto di carità è espressione dell’amore di Dio verso di noi non è così scontato ma quando lo si scopre non si può passare oltre senza soffermarsi a riflettere. E’ da qualche tempo che mi domando: ”Come credi che possa amarti il Padre se non anche attraverso le persone che ti circondano? Tu in che modo le ameresti se non fossi visibile ai loro occhi, non ti serviresti di chi sta loro accanto? E così, alla luce di questa scoperta, ripenso a tutti i gesti ricevuti, gesti che mi hanno voluto rivelare il Suo amore, ed ecco che mi sento felice, scaturisce dal mio cuore la lode al Signore. L’amore si riceve e lo stesso amore si ridona, trasformato certo, ogni volta nuovo a seconda delle caratteristiche di ciascuno. È inutile, l’amore è contagioso! Allora, non potevo capitare in un posto migliore, per essere contagiata e per contagiare, se non in un ospedale, precisamente un reparto della clinica De Marchi a Milano. A me è sempre piaciuto fare volontariato e per alcuni anni, parte delle mie estati si svolgevano all’estero, “in missione”. Ad un certo punto non mi è bastato più, ho sentito la necessità di fare “missione” sul territorio e in modo più assiduo. Mia sorella già da qualche anno era volontaria ABIO (Associazione per il Bambino in Ospedale) ed ho pensato che questa associazione potesse andar bene anche per me e quindi, dopo aver fatto il corso preparatorio, ho cominciato. Le patologie curate nel reparto al quale sono stata assegnata sono diverse, ma principalmente si curano le artriti nelle fasi acute, quindi a volte si vedono bimbi zoppicanti o comunque con dolori agli arti. L’età è compresa tra gli 0 e i 18 anni. Quello che cerchiamo di fare è aiutare il bambino ad essere il più possibile sereno in

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Stupirsi di un Dio bambino di Maria Giovanna Trimboli

“Si diventa ponte tr a terr a e cielo” un ambiente a lui un po’ ostile, giochiamo con i piccoli e supportiamo le mamme o i papà “ricoverati” con loro, facciamo due chiacchiere e diamo loro la possibilità di muoversi per qualche minuto “d’aria”. La sala giochi diventa un punto di incontro, i genitori parlano tra loro, si confrontano e i loro figli socializzano, a seconda delle età si creano dei gruppetti. Non sempre è possibile invitare i bambini ad uscire dalle loro camere, alcuni sono un po’ delicati e non posSTUPIRCI DELL’AMORE

sono permettersi di prendere qualche virus che inevitabilmente circola e non è nemmeno sempre facile riuscire a coinvolgere gli adolescenti, alcuni di loro preferiscono rimanere in stanza a “navigare” su internet, leggere o quant’altro e, se non si “costringono”, anche alcuni più piccoli non si staccano dai loro giochi virtuali. In reparto si incontrano persone provenienti dalle più svariate parti del mondo, a me piace tantissimo questo miscuglio di lingue, odori e sapori…parliamo anche di cucina. Alcuni bambini, specialmente quelli arabi, si divertono a sentirci pronun-


ciare le parole nella loro lingua e ridono di gusto. Tornando al discorso dei gesti, quando mi trovo di fronte a queste persone mi viene facile amarle subito, i muri, che in altre situazioni potrebbero innalzarsi, qui cadono, si avverte la fragilità e il desiderio da parte loro di essere “coccolate”, ascoltate. A volte mi commuovo di fronte alla semplicità e bellezza, non solo fisica, di alcune mamme, specialmente le mamme indiane oppure quelle mamme che non parlano una parola di italiano e che ti guardano e ti sorridono fidandosi di te. A volte si comunica a gesti oppure in qualche lingua, tra quelle studiate, che ci potrebbe accomunare. Mi capita di ritrovarmi all’improvviso ad accarezzarle, ad abbracciarle, benedico i bambini sulla fronte e quando mi affidano i neonati, se dormono li osservo e intanto recito il rosario, altrimenti li spupazzo… che spasso, mi regalano sorrisi indescrivibili!

Il progetto pastorale di Evangelii Gaudium

Pubblichiamo la lettera che il Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, Mons. Rino Fisichella, ha scritto per ringraziare tutti i partecipanti all’incontro internazionale “Il progetto pastorale di Evangelii Gaudium” che si è concluso lo scorso 20 settembre a Roma. Cinzia Braccia, Paola Pesce, Rosalba Beatrice e Ruggero Poli vi hanno preso parte in rappresentanza del Piccolo Gruppo di Cristo.

Quante cose si capiscono dai discorsi che vengono fuori, dagli atteggiamenti, dal modo di parlare o dai silenzi di fronte a un figlio a volte immobile. È come entrare, in punta di piedi, nel vissuto di ciascuno, vissuto che poi ritorna anche fuori dall’ospedale, lo porti con te e lo affidi in mani più grandi. Si diventa ponte tra terra e cielo. Non è facile, ma non voglio arrendermi, desidero continuare a stupirmi di fronte al bene che ricevo anche in quei contesti, che come dicevo prima, sono pieni di muri e nei quali mi riesce difficile anche esprimere il bene che ho dentro. Parlando di bambini ed essendo in tempo di Avvento vi saluto con affetto regalandovi una preghierina che mi torna ancora in mente a distanza di anni e che vuole essere anche un augurio , l’aveva inventata una mia compagna delle elementari : “GESU’ BAMBINO, PICCOLO RE, VIENI A REGNARE DENTRO DI ME”. STUPIRCI DELL’AMORE

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ATTUALITà

L’ATTESA E IL MISTERO DEL SANTO NATALE CON GLI OCCHI E IL CUORE DI UN NONNO

Ricordo sempre con nostalgia i momenti di preparazione al Santo Natale. La nostra famiglia era composta da cinque persone e vivevamo in due locali in affitto. Mio papà, operaio specializzato (tornitore), mia mamma casalinga e tre figli: Augusto, Egidio e Maria Gemma.

Il Natale di una volta di Augusto Galliani

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Circa un mese prima del Natale, il papà cominciava a costruire gli ogSTUPIRCI DELL’AMORE


getti regalo. Una volta pronti sparivano per riapparire proprio a Natale. Spettacolare era la scena al mattino del giorno di Natale. Mio papà suonava un campanellino per avvisarci che era arrivato Gesù Bambino con i regali. Bello era anche la preparazione dell’albero natalizio. Le strenne erano poche ma ben curate, certamente non mancavano mandarini, caramelle, torroncini e cioccolatini. Cose molto semplici, ma per noi era una festa. Per rendere la notte santa più affascinante, giravano alla sera della vigilia per le vie del rione, i suonatori di cornamuse, che eseguivano canti natalizi. Fin da piccolo percepivo che il Natale era un giorno particolarmente speciale: arrivava Gesù. Che dire della gioia nel preparare, insieme ai genitori, il presepe: antiche statuine, il muschio fresco raccolto dalle piante, l’immancabile numeroso gregge e, tante carte colorate che abbellivano il presepe. Verso i dieci anni, ci siamo trasferiti in una casa più grande con quattro locali. Anche la famiglia era aumentata, eravamo in nove: la nuova sorella Adriana più i nonni materni ed una zia handicappata. Fin da piccoli, accompagnati dalla nonna, partecipavamo alla Novena. La chiesetta era molto fredda, ma noi eravamo contenti lo stesso perché tutto contribuiva ad alimentare la nostra preparazione per attendere il Salvatore. Insomma il Natale era una grande e numerosa festa. Da allora non ho mai smesso di allestire sia il presepio che l’albero. Prima con i figli, poi con i nipoti. Non vi dico quale confusione. Il tempo per la preparazione era, ed è, perlomeno il doppio o il triplo di quello che normalmente ci vuole. Però è sempre bello, perché diventa un momento di comunione e di riflessione. Ogni gesto ed ogni oggetto messo sul presepio è un’occasione per spiegare, prima ai figli, ed oggi ai nipoti il gran-

de avvenimento. Debbo dire che, ringraziando il Signore, non ho mai smesso di stupirmi davanti ad un così grande mistero, e cerco di trasmetterlo sia ai figli che ai nipoti. Ora che ho raggiunto la bellezza delle settantacinque primavere desidero vivere il Natale con più intensità. Certe volte mi sembra di essere come un bimbo che per la prima volta, aprendo gli occhi, si stupisce del grande incommensurabile Mistero. Questa meraviglia la provo sovente contemplando l’alba, il tramonto, le stelle, specialmente in un rifugio di montagna, dove il silenzio ti avvolge nella sua immensità. Mi viene spontaneo proclamare con il cuore, più che con le parole, il Salmo 8: “O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra”. Mi rendo conto che tutte le bellezze del mondo partono proprio dal quel insignificante paese che era Betlemme. Seguendo l’esempio dei miei genitori e dei miei nonni, ci riuniamo tutti nella nostra casa (ora siano in quattordici) per festeggiare insieme la gioia del Natale. E’ un momento bello. Perché, ritrovarsi, parlarsi è una necessita di vita, un incentivo, una dolce sensazione di calore umano e di serena amicizia. Questa semplicità, ci aiuta a far cadere eventuali muri o ombre di incomprensione. Questo desiderio di comunione l’abbiamo esteso anche ad altre famiglie, ed ora il “clan Galliani” è formato da trentun persone. Almeno una volta all’anno, generalmente in primavera, ci troviamo per riscoprire la bellezza dello stare insieme: perché, dove c’è l’amore, lì c’è Dio. Con tutti cerco di tenere i rapporti, così in ogni ricorrenza mi faccio presente: con una telefonata, un biglietto, un messaggio, una e-mail, ma soprattutto con una preghiera. In questo periodo storico, pieno di difficoltà economiche, di flessione dei valori, di relativismo imperante, è STUPIRCI DELL’AMORE

più che mai necessario farsi prossimo, donare speranza, per recuperare quei valori umani, dell’onestà, della pace, della concordia, della gioia, che nascono proprio dall’incontro con Dio nella persona di Gesù. A me stesso e a tutti coloro che sono nelle difficoltà ripeto sovente le parole di Gesù: “Alzate gli occhi e osservate i campi che già biondeggiano per la mietitura” (Gv. 35). Allora il mio motto è diventato: “In alto i cuori”. Buon Natale a tutti, con la gioia nel cuore.

entrare nel vero spirito del Natale In tante famiglie, seguendo una bella e consolidata tradizione, subito dopo la festa dell’Immacolata si inizia ad allestire il Presepe, quasi per rivivere insieme a Maria quei giorni pieni di trepidazione che precedettero la nascita di Gesù. Costruire il Presepe in casa può rivelarsi un modo semplice, ma efficace di presentare la fede per trasmetterla ai propri figli. Il Presepe ci aiuta a contemplare il mistero dell’amore di Dio che si è rivelato nella povertà e nella semplicità della grotta di Betlemme. San Francesco d’Assisi fu così preso dal mistero dell’Incarnazione che volle riproporlo a Greccio nel Presepe vivente, divenendo il tal modo iniziatore di una lunga tradizione popolare che ancor oggi conserva il suo valore per l’evangelizzazione. Il Presepe può infatti aiutarci a capire il segreto del vero Natale, perché parla dell’umiltà e della bontà misericordiosa di Cristo, il quale “da ricco che era, si è fatto povero” (2 Cor 8,9) per noi. La sua povertà arricchisce chi la abbraccia e il Natale reca gioia e pace a coloro che, come i pastori a Betlemme, accolgono le parole dell’angelo: “Questo per voi il segno: un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” (Lc 2,12). Questo rimane il segno, anche per noi, uomini e donne del Duemila. Non c’è altro Natale. Benedetto XVI

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CHIESA NEL MONDO

LA VITA DELLA CHIESA OGGI: cosa ci dicono ultimi eventi accaduti

La responsabilità dei cristiani nella storia odierna di Luigi Crimella

In questi ultimi mesi la Chiesa cattolica, e in particolare Papa Francesco, sono stati protagonisti di diversi eventi di grande portata. Proviamo a elencarli e poi faremo un piccolo commento su ciascuno, notando che sono tutti strettamente connessi, anche se a prima vista potrebbe non apparire. Il primo evento di portata universale, con un grosso rilievo interno alla Chiesa e anche una notevole ricaduta esterna nell’opinione pubblica mondiale, è stato il Sinodo straordinario dei vescovi sulla famiglia. Subito dopo è venuto il viaggio del Papa alle istituzioni europee, dove ha parlato sia al Parlamento europeo sia al Consiglio d’Europa. Sempre appresso, c’è stato il viaggio del Papa in Turchia con i suoi rilievi sia di tipo ecumenico ed interreligioso, sia nei rapporti con lo Stato turco e con ciò che esso rappresenta quale cerniera con il mondo islamico. Ancora nei giorni finali di novembre, il discorso e il video-discorso del Papa per l’avvio dell’Anno della Vita Consacrata e, sempre in quei giorni, l’intervento del pontefice al congresso internazionale della “pastorale delle grandi città”. Un mondo in movimento - Tutti questi eventi, in prevalenza di natura ecclesiale, contengono anche un potente richiamo per il mondo politico, la cultura e l’economia dei nostri giorni. Stiamo vivendo infatti momenti travagliati, su scala non solo nazionale ma mondiale. La crisi economica, nonostante quanto si affannino a dire certi “analisti”, non è affatto terminata, e a pagarne le conseguenze più gravi in termini di disoccupazione, caduta dei redditi, insicurezza sociale, tensioni diffuse, sono soprattutto i ceti più poveri dei paesi industrializzati. Accanto ad essi, col crescere della consapevolezza circa il reale sta-

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to dei paesi in via di sviluppo, numeri sempre più elevati di giovani africani, asiatici, latino-americani, si mettono in movimento divenendo migranti, pronti a sfidare ogni rischio (barconi, “tratta”, ricatti e violenze di ogni genere) pur di poter raggiungere l’Eldorado dei paesi “ricchi”. Europa, Stati Uniti, Australia sono diventate le mete di questo grande fenomeno migratorio di massa, sul quale lucrano potenti organizzazioni criminali di “trafficanti di uomini”. Religioni e “meticciato” culturale - Le Chiese e le grandi religioni sono coinvolte da questi eventi di vasta portata, a partire dalla deriva culturale del “meticciato” che si produce con questi spostamenti collettivi: in pratica, nel dinamismo sempre più accentuato di società che si vanno destrutturando, il ruolo svolto un tempo dalle religioni, quello di assicurare la stabilità personale e dei comportamenti collettivi, viene progressivamente meno. Ecco quindi che compaiono fenomeni molto forti e imprevedibili, di connessioni un tempo neanche lontanamente immaginabili: i “grandi valori” di fondo delle stesse religioni non vengono apertamente contestati o rifiutati, semplicemente ci si passa sopra, nel processo di “meticciamento” sociale e spirituale che deriva dagli spostamenti migratori. Verso un nuovo equilibrio economico globale - A livello globale si assiste poi a un’altra tendenza diffusa: quella dell’appiattimento dei redditi, sotto i colpi di una economia che si va abbastanza rapidamente “globalizzando” con un nuovo equilibrio tra paesi produttori che competono sui costi. In sostanza, l’impoverimento dei ceti medi e medio-alti nei paesi un tempo “ricchi”, in parallelo alla crescita delle nuove economie dei cosiddetti “emergenti”, diviene il tratto tendenziale più tipico di un nuovo as-

setto mondiale dei mercati. La società del “low cost” prende piede, calano i consumi di beni di alto profilo da parte dei ceti medi, mentre aumenta la capacità di spesa di quelli che un tempo erano i popoli poveri. Le economie in crescita dei paesi quali Cina, India, Brasile, Russia e dei tanti emergenti conquistano piano piano i loro spazi, a scapito delle produzioni più tradizionali svolte finora dai paesi avanzati. Ed ecco – anche da noi in Italia – le tante “crisi” industriali, le espulsioni di massa di lavoratori, l’aumento esponenziale della disoccupazione, specie giovanile.

La famiglia, pilastro della società - E’ di fronte a tutto questo scenario, nel quale non dobbiamo dimenticare il terrorismo di matrice islamista dell’Isis e similare in tanti paesi del mondo, che si inserisce – e trova un suo significato complessivo più leggibile – l’azione della Chiesa cattolica, e in particolare di Papa Francesco. Se guardiamo al Sinodo sulla famiglia, o anche all’Anno della Vita Consacrata – ad esempio – non possiamo liquidarli come due eventi semplicemente intra-ecclesiali. La portata stabilizzante della famiglia nella vita sociale è sotto gli occhi di tutti: quando la famiglia va bene, quando genitori e figli si vogliono bene, quando il lavoro cementa le relazioni tra le generazioni, quando l’affettività è sotto controllo e inserita in un orizzonte trascendente, STUPIRCI DELL’AMORE

allora viene incanalata nella direzione di un “amore responsabile”. Allora le persone sono più felici, realizzate, esenti da turbe e da psicosi. In quella società ideale (che forse non c’è mai stata pienamente) la dimensione individuale e quella sociale poggiano su un piedistallo stabile: la famiglie regge l’intera società, e gli altri corpi intermedi, le altre “agenzie educative” traggono benefici e possono esplicare i loro ruoli in maniera sussidiaria. Viceversa, se la famiglia traballa, i coniugi si separano, i figli vanno allo sbando, allora si innescano dei meccanismi autodistruttivi di tale portata da comportare turbe sociali gravi: ne siamo testimoni ogni giorno, con fatti di sangue, depravazioni, crollo delle difese educative e via libera a ogni genere di abuso, fino ai più infami sui piccoli, fatti oggetto di bramosie sessuali immonde e riprovevoli. Il ruolo storico della “profezia” della vita consacrata - La vita consacrata, in tutto questo discorso, non è affatto estranea, anzi – quasi in maniera paradossale – diviene un fattore di primo piano. Proviamo a pensare perché il Papa abbia voluto celebrare questo “anno” speciale dei religiosi e consacrati proprio in parallelo all’anno di passaggio da un Sinodo sulla famiglia all’altro (autunno 2015). Neanche a farlo apposta, si direbbe, questo percorso su due binari strettissimi vuole lanciare un messaggio a tutta la società: la famiglia ha una sua straordinaria “bellezza”, così come l’ha voluta il Creatore. Ma anche la scelta di donare tutta la propria vita al Signore, come fanno pubblicamente i religiosi, o comunque di votarsi a Dio in forma definitiva e totale nelle cosiddette “nuove comunità” di vita evangelica, intende mostrare a tutti gli uomini che la vita realizza una sua pienezza non “fuori” dal mondo, ma al suo interno con dedizione orante (specie per i contemplativi), e anche attività piena e lucida, nelle varie forme di

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carità di ordini e congregazioni, perché l’umanità possa tutta, progressivamente, raggiungere i traguardi di bene di cui è capace e che il Creatore ha assegnato a ciascuno di noi. Questa “profezia” della vita consacrata è tanto necessaria al mondo, quanto l’azione concreta svolta dagli uomini negli altri stati di vita. Quindi famiglia e consacrati, sembra dire il Papa nei tanti discorsi, omelie, udienze che ha dedicato a questi temi nei mesi autunnali (basta visitare il sito www. vatican.va dove si trovano facilmente questi interventi), sono chiamati a svolgere un ruolo non soltanto “spirituale”, in ordine alla propria specifica chiamata; ma, soprattutto, a farsi artefici di una società che cambia, cresce, si fa più fraterna. Una società che stimola tutti i suoi membri, a partire dai più poveri e dimenticati, perché ci sia crescita, sviluppo, sia delle doti e qualità personali; sia delle potenzialità collettive e sociali. Il compito dell’Europa e le radici cristiane - Abbiamo citato prima il viaggio del Papa alle istituzioni europee. Non è stato pura prassi diplomatica, anzi! Papa Francesco si è rivolto ai parlamentari europei, ai membri del Consiglio d’Europa, richiamandoli alle loro responsabilità storiche, sia verso i propri popoli che attendono da loro scelte coraggiose per la crescita e lo sviluppo; sia verso gli altri popoli, gli altri continenti, che guardano ai paesi di antica civilizzazione come a dei “fari” ancora in grado di dare luce e indicare la strada. Naturalmente, il Papa ha sottolineato che, tra i tanti doni e le tante responsabilità di cui l’Europa è portatrice, quella delle radici cristiane più antiche non deve essere trascurata. Se la civiltà moderna è tale, indubbiamente si deve anche a un cristianesimo che ha plasmato secoli e secoli di storia, e l’Europa deve essere consapevole di questo grande dono ricevuto.

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I rapporti col mondo islamico - Eccoci infine ai rapporti con l’inquieto mondo islamico, sviluppati col viaggio del Papa in Turchia. Anzitutto qui c’è stato un fondamentale accento sui rapporti tra la Chiesa cattolica e le chiese ortodosse, mostrato plasticamente dagli abbracci, dai baci e dalla richiesta di benedizione da parte del Papa al Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo (che tra l’altro, ha studiato molto in Europa e anche a Roma alla “Gregoriana”). Ma oltre questo rilievo ecumenico, perché le chiese cristiane giungano presto a superare le antiche divisioni, importanti sono stati i gesti di avvicinamento al mondo islamico, con la visita alla grande moschea e la preghiera silenziosa del Papa con l’Imam. E Papa Francesco è stato anche chiaro nel chiedere ai rappresentanti delle comunità islamiche nel mondo di far sentire la loro voce, per invitare i fedeli dell’Islam a dissociarsi dalle violenze compiute da estremisti in nome di Allah. Abbiamo potuto cogliere la tragicità degli eventi storici di questi ultimi anni, con gli attacchi e le persecuzioni verso i cristiani e le altre minoranze etniche e religiose da parte di fanatici islamisti. Il Papa ha lanciato chiari messaggi di pace, di dialogo, esortando le grandi potenze a “fermare gli aggressori” senza però colpire indiscriminatamente la popolazione innocente. Tendenze e movimenti sociali inarrestabili - La storia, come mostrano tutte queste vicende ecclesiali degli ultimi mesi, avanza a passi da gigante. Lo mostra anche la progressiva tendenza di masse crescenti di uomini in tutti i continenti ad agglomerarsi nelle “grandi città”, che divengono sempre più megalopoli di dimensioni enormi. Ormai nel mondo si contano a decine le città che superano i 10-20 milioni di abitanti e pare che questa tendenza sia destinata a perdurare ancora a lungo, con ricadute sociali di STUPIRCI DELL’AMORE

proporzioni colossali ad ogni livello, a partire dallo spopolamento delle campagne e delle zone interne. La Chiesa ne è consapevole, e ha fatto sentire la sua voce indicando rischi e potenzialità di questo formidabile processo sociale in atto. Se la storia ha queste tendenze così rapide e accentuate, il Papa e la Chiesa ci stanno dicendo in questi ultimi tempi che occorre agire in essa con determinazione. Stare a guardare non serve. Invece, come cristiani, siamo chiamati a sprofondare nella preghiera, invocare l’aiuto del Signore perché guidi le nostre scelte, e poi ... agire. Perché un cristiano deve “agire” Sì, questo è l’invito: dobbiamo agire, ognuno nel proprio contesto, come insegna il Papa. Agire nelle famiglie, educando alla responsabilità personale e civile; agire nelle parrocchie, formando giovani attenti ai valori culturali, etici e politici; agire nelle aziende, con azioni economiche volte allo sviluppo e alla crescita della ricchezza economica orientata al “bene comune”. Agire - per chi ne ha la vocazione e le doti – nella società e nella politica, perché le scelte delle istituzioni democratiche siano realmente volte al bene comune. Gli eventi ecclesiali di questi ultimi mesi ci chiamano a fare una grande “sintesi” tra gli insegnamenti evangelici, spirituali, catechetici, e le esigenze sociali: dobbiamo poter incarnare sempre più profondamente i valori del Vangelo nei percorsi della storia dell’uomo. Non sono due strade diverse; non possiamo estranearci, fingendo di occuparci delle “cose di Dio”. Il messaggio del Vangelo orienta, infatti, verso le strade dell’uomo; il Papa dice “verso le periferie”. Lì dobbiamo dirigerci, uscendo dalle nostra case “in centro”. Decentrarci, per ricentrarci.


IL VOLTO DEI SANTI

Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi: una bella e santa storia d’amore

Il loro fu un amore subito intenso e travolgente di Rosalba Beatrice Mille attenzioni, premure e delicatezze ebbero l’uno per l’altra. Le separazioni tra i due giovani fidanzati fa loro sperimentare tutte le sfumature della sofferenza provocata dall’assenza dell’amato, Maria si autodefinisce “un’anima in pena” non riuscendo a provare godimento di nulla in assenza di Luigi, “l’anima mia ha bisogno della tua per essere completata”. Due giovani, umanamente ricchi e moralmente integri, si sono incontrati e riconosciuti, ciascuno era per l’altro quel tu che non può essere confuso con nessun altro e senza del quale non si può più essere felici. Una grave malattia di Luigi fa avvertire a Maria una forte e insolita sofferenza che le rivela la grandezza dell’amore che ormai prova per lui. In sintonia di fede invierà a Luigi un’immagine della Madonna di Pompei con queste parole: “Questa è l’immagine davanti alla quale ho tanto pregato e pianto per la tua salute. Baciala ogni matti-

na e sera e conservala sempre con te” Luigi la porterà nel portafoglio per tutta la vita. Due sposi innamorati e cantori del loro amore; chi ama non può tacere, sente il bisogno di comunicare l’intensità del suo sentimento all’amato. Si scambiarono lettere profonde e ricche d’amore, talvolta quotidiane, inventando il bellissimo gioco di scrivere in inglese le frasi più appassionate per vincere il loro pudore e nasconderle a occhi indiscreti. Da innamorati sanno cogliere anche i messaggi non verbali, nella loro vita coniugale amarono il silenzio avendo compreso che soltanto nel silenzio si ascolta la tenue voce di Dio, l’unica in grado di orientare soprattutto a scelte difficili.

“Questi coniugi hanno vissuto, nella luce del Vangelo e con grande intensità umana, l’amore coniugale e il servizio alla vita. Hanno assunto con piena responsabilità il compito di collaborare con Dio nella procreazione, dedicandosi generosamente ai figli per educarli, guidarli, orientarli alla scoperta del suo disegno d’amore. Da questo terreno spirituale così fertile sono scaturite vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, che dimostrano quanto il matrimonio e la verginità, a partire dal comune radicamento nell’amore sponsale del Signore, siano intimamente collegati e si illuminino reciprocamente… i beati Sposi hanno vissuto una vita ordinaria in modo straordinario. Tra le gioie e le preoccupazioni di una famiglia normale, hanno saputo realizzare un’esistenza straordinariamente ricca di spiritualità.”

Fu Giovanni Paolo II a desiderare per Maria e Luigi Beltrame Quattrocchi un unico processo ecclesiale e il 21 ottobre 2001 a proclamarli beati anche con queste parole:

Maria e Luigi si conobbero a Roma, negli ultimi anni dell’ottocento, e dopo otto mesi di fidanzamento si sposarono il 25 novembre 1905 nella Basilica di Santa Maria Maggiore

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e in tale chiesa ritorneranno tutte le mattine per l’Eucarestia e dare così un profondo segno cristiano alle loro laboriose giornate scambiandosi all’uscita un “Buongiorno” come se la giornata soltanto allora avesse il ragionevole inizio. Nel matrimonio, la reciproca comprensione alimenta e rafforza l’unità creando un desiderio ancora più struggente dell’altro; “ora più che mai le nostre anime sono unite e si comprendono nel Signore”. Col matrimonio l’intensità dell’amore, la fiducia reciproca, la piena unione fisica, la comune tensione spirituale, vengono potenziate dalla Grazia. E’ l’incontro con Dio che conta. “Essi si sono santificati attraverso la via speciale ordinaria-straordinaria nella vocazione matrimoniale a conferma della verità della frase biblica: non è bene che l’uomo sia solo”. Vivono con entusiasmo la loro meravigliosa avventura coniugale. Di tanto in tanto si recano a teatro, a un concerto oppure incontrano amici. La vita non è facile quando Luigi deve allontanarsi da casa per motivi di lavoro. Lui al suo lavoro e Maria alle sue occupazioni in casa e per i figli, ma portando ognuno, incessantemente, la presenza dell’altro. Con quanta gioia Maria aspettava che Luigi mettesse la chiave nell’uscio della casa, ogni giorno la sera; si raccontavano il rispettivo vissuto serenamente, Maria, lieta e scherzosa, creava sempre una vivace atmosfera familiare con la sua bonaria e fine ironia. Parlavano un po’ di tutto, dalla politica agli argomenti di famiglia. La cena, il giornale letto a voce alta e discusso e poi il rosario in comune. Vita serena, intellettuale, intima e riposante. La vita coniugale si rivela ad entrambi sempre più come un cammino verso Dio attraverso l’amore del coniuge, dei figli, dei genitori e nonni che vivevano con loro. Maria e Luigi hanno avuto quattro figli che riempirono la loro vita di gioia indicibile. Le

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cure dei bambini è prevalentemente di Maria, ma viene condivisa da Luigi in tutti i modi possibili anche concretamente nell’alternarsi con la moglie quando sono necessarie nottate faticose. Ce la mette tutta per alleviare le fatiche della sposa nonostante gli impegni di lavoro. Maria fa l’esperienza delle rinunce innumerevoli, della necessaria dimenticanza di sé, della gioia e della sofferenza con cui una madre segue la crescita dei figli. Da ragazza inebriata dall’arte, dalla letteratura, dalla cultura, a mamma a tempo pieno, che deve sottomettere i suoi programmi e desideri ai bisogni e ritmi dei bambini. Proprio mentre Luigi è lontano per lavoro, Maria avverte i segnali di una nuova e imprevista maternità. Viene assalita da un sentimento di sgomento e solitudine, Filippo ha solo 11 mesi “chi mi darà la forza, cosa darei perché non fosse vero”. Inizialmente Maria è preoccupata, poi lascia spazio all’accoglienza serena dell’evento che le chiede una scelta più radicale della volontà di Dio. Forse questo è un passaggio decisivo per il suo cammino spirituale e apprezzerà sempre più il valore della solitudine dell’anima con Dio. Per fortuna l’assenza di Luigi durò pochi giorni e, una volta riuniti, la sua presenza e sostegno dissiparono tutti i timori. Quello che emerge chiaramente è il bisogno di vivere l’annuncio della gravidanza in due e di trarre dall’unità la forza di rispondere adeguatamente ad un simile compito. Anche il vuoto lasciato dai figli ormai grandi e con le loro rispettive chiamate alla vita religiosa, non è assolutamente motivo di frustrazione bensì occasione di “una fusione più esclusiva” non solo per il bisogno del reciproco sostegno nella sofferenza provocata dal distacco, ma anche per la possibilità di riprendere interessi in comune, compresa la vita di preghiera. La loro comunione è forte anche nel dolore, nei torti e negli insuccessi e ci svela il mondo di una coppia in cui la STUPIRCI DELL’AMORE

compenetrazione reciproca è totale, in cui niente è più mio o tuo, neanche il dolore che viene assunto pienamente dall’altro, calice assaporato in tutta la sua amarezza. La croce diventa più sopportabile se la si porta insieme come cirenei. In un clima di abbandono fiducioso a Dio fino a divenire “una preghiera vivente”. Ma è stato un cammino graduale, ed è proprio dal cammino che dipende la felicità di un matrimonio. Il germe di grazia del sacramento del matrimonio va sviluppato e fatto fruttificare, il peggiore dei mali è l’intiepidimento. Il loro cammino verso la santità viene sostenuto dalla guida spirituale di alcuni sacerdoti e religiosi con i quali condividono anche una profonda amicizia. Nel contatto quotidiano con Gesù si realizza un’opera di purificazione del sé che porta alla nascita dell’uomo nuovo e alla distruzione dell’uomo vecchio. La meta finale non è la conquista delle virtù, ma la santità, salendo incessantemente e guardando “sempre verso la cima”. Santità che “non consiste nel fare cose straordinarie, ma nel fare bene, con la maggiore perfezione, quelle che sono proprie del nostro stato…”. Il tendere alla santità aiuta l’anima a prendere coscienza della propria imperfezione e a rimanere umile. Avvicinarsi a Dio non è il risultato di sforzi umani ma è possibile a partire dalla propria debolezza, farsi piccoli è condizione indispensabile per poter gustare il suo amore di Padre. Svuotarsi del sé sovrabbondante, del troppo e del vano per riempirsi di Dio e crescendo nell’accoglienza dell’altro. Non importa che un’azione sia grande o piccola agli occhi degli uomini, importa che sia compiuta per amore di Dio, per la sua gloria, tutto viene fatto per rispondere a una sua chiamata. L’amore è debolezza, povertà di fronte all’altro: “per me tu sei tutto: senza il tuo amore sarei niente, solo il tuo


amore può darmi la forza di vivere, l’amore è desiderio di arrendersi all’altro e di consegnarli tutta la propria vita nelle mani.” L’amore che salva non può che cingere il grembiule, lavarsi i piedi a vicenda, diventare reciprocamente servi spogliandosi di sé affinché cresca l’unità. L’amore coniugale è sempre un’esperienza mistica (anche se non se ne è consapevoli). Per questo motivo, la sofferenza per l’assenza dell’altro non è dipendenza dall’altro, è privazione della pienezza e della beatitudine che consistono nel godere del volto dell’altro. Quanto più il loro matrimonio fu felice e appagante, tanto più il dolore della vedovanza fu straziante, il senso di vuoto, di inutilità e di tristezza che seguì la morte di Luigi, ci mostrano Maria in tutta la sua umana fragilità. Impietrita dal dolore ma sostenuta dalla Grazia, riuscì a rileggere la storia di un legame voluto da Dio, come di un “Blocco compatto”, andato in frantumi, ma destinato a ricomporsi nell’eterno. Pietra viva che richiama il sepolcro ribaltato dove ha trionfato la risurrezione. Maria vede con chiarezza “uno spazio rimasto vuoto” in un vuoto di attesa”: è il sepolcro di Gesù, rimasto inabitato, ed è anche lo spazio della fede che siamo chiamati ad attraversare in attesa della definitiva riunione con i nostri cari. In questa prospettiva il dolore acquista un significato di purificazione del cuore per essere degni della gloria eterna. La memoria liturgica viene ricordata il 25 novembre, giorno del loro matrimonio, ed è viva l’eco delle parole di Giovanni Paolo II : “Non può più essere accettabile che venga negato il giusto riconoscimento alla santità silenziosa e normale di tanti padri e madri”. Riposano insieme nella Cripta del Santuario del Divino Amore a Roma al quale erano legati da fervida devozione alla Madonna. da Mistica coniugale Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi

UNA gradita visita presso la nostra casa di desio Tutta la Comunità Monastica della SS. Trinità esprime un sincero ringraziamento per l’accoglienza e la condivisione realizzatasi nella giornata di giovedì 30 ottobre. Ci siamo trovati molto bene e ci complimentiamo per la struttura che avete preparato. Per noi è stata un’occasione di rileggere la nostra storia e rendere grazie al Signore. Un po’ di storia della Comunità Monastica della SS.Trinità La nostra comunità nasce nell’ottobre del 1989, fondata da un gruppo di dieci monaci provenienti dall’Abbazia santa Maria Assunta di Praglia (in diocesi di Padova), e accolti nella Chiesa di Milano dall’allora Arcivescovo, cardinale Carlo Maria Martini. Dopo un iniziale periodo trascorso a Desio, ospiti di una casa messa a disposizione dall’istituto secolare Cristo Re, nel luglio del 1990 la comunità si è trasferita a Canzo presso il Convento di san Francesco. Nell’ottobre del 1993 un nuovo trasloco la conduce presso l’Abbazia di san Giovanni Battista di Vertemate. Questo trasferimento comporta anche un cambio di diocesi, perché la nuova sede è nel territorio della Chiesa locale di Como, nella quale i fratelli vengono accolti dall’allora vescovo mons. Alessandro Maggiolini. Pur trattandosi di un antico monastero fondato nell’XI secolo dall’Abbazia di Cluny, per ragioni storiche, in particolare dopo le soppressioni napoleoniche, gli edifici monastici di Vertemate sono divenuti di proprietà privata. La comunità vi si è potuta pertanto insediare grazie a un contratto di locazione stipulato con gli attuali proprietari. A causa di difficoltà successivamente insorte con la proprietà del monastero di Vertemate, la comunità ha deciso un nuovo trasferimento, per trovare una sede più stabile e adatta alla sua vita, individuata in una ex colonia montana sita nella località di Pragaletto, nel comune di Dumenza, in un bosco a 1000 metri sopra il Lago Maggiore, in provincia di Varese. Dopo impegnativi lavori di ristrutturazione, di adattamento e di ampliamento degli edifici, iniziati nel 2002, i fratelli si sono trasferiti definitivamente nel nuovo monastero nel novembre del 2005. Due date sono particolarmente significative in questo ultimo insediamento. Il 12 agosto del 2002, il cardinale Martini, poche settimane prima di lasciare la guida pastorale della Chiesa di Milano, ha presieduto a Pragaletto di Dumenza una celebrazione liturgica con la benedizione di una Croce che ha avviato l’insediamento della comunità in questa nuova sede. In quell’occasione, nella sua omelia, ha ricordato il senso della presenza di un monastero in questo luogo. L’11 luglio del 2006, a conclusione dei lavori di ristrutturazione, il nuovo Arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, è salito a Dumenza per la benedizione del nuovo monastero. In questi anni la comunità è stata guidata, dalla sua nascita fino all’ottobre del 2010, dal priore fr. Adalberto Piovano. Nell’ultimo Capitolo, svoltosi alla fine di ottobre dello scorso anno, non potendo più essere rieletto fr. Adalberto, i fratelli hanno affidato il servizio della comunione a fr Luca Fallica.

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RINGRAZIAMENTI ED ESORTAZIONI DALLA FESTA DI INIZIO D’ANNO: “SIGNORE, ECCOMI”

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AIUTAMI AD ESSERE FEDELE Gesù, mio Signore, mio Dio, mio amico e fratello. Non saranno mai abbastanza le parole che spenderò per poterti dire un vero grazie come quello che sento ora nel cuore. Grazie Signore. Tu mi hai scelto, mi hai guidato, mi hai custodito, mi hai attratto e amato e continui a farlo. Sin da quando sono nato hai voluto dirmi in qualche modo che per me era pronto un amore speciale, un amore infinito, un amore unico, come quello che hai per ogni creatura, solo che STUPIRCI DELL’AMORE

questo è per me. Non ricordo nulla del giorno del mio battesimo, ma le poche cose che i miei mi hanno raccontato, mi bastano per capire che già dalla nascita mi avevi preparato il terreno. Mi hanno battezzato quattro giorni dopo la nascita, in ospedale, a causa del mio cuore diverso. Il prete dopo avermi benedetto con l’acqua ha visto che mi ero scosso e ha commentato dicendo: “l’ha sentita, l’ha sentita!” Grazie, perché oggi, oggi che sono Tuo, quel battesimo lo sento ancora di più e mi infiamma il cuore. Grazie perché sì, mi hai dato un cuo-


re diverso, ma che alla fine funziona come gli altri, per farmi capire che vivere la vocazione non è fare, ma è vivere un amore diverso, il Tuo amore. Grazie perché dentro di me hai messo la grande ricerca del cielo, una ricerca che non si sazia mai e che si alimenta a piccole dosi, stando con Te. Grazie perché mi hai donato due splendidi genitori. Segno di una santità concretizzata nella vita di tutti i giorni. E grazie per i miei fratelli, primi a volermi bene. Soprattutto Signore, grazie infinite per il dono della vocazione, della consacrazione e della comunità. Mi chiami ad essere Tuo, infinitamente Tuo, Tuo per sempre. Ma in questa esclusività incredibile non sono solo, hai pensato per me una piccola grande famiglia, che condividesse con me le gioie e le fatiche di un cammino orientato verso di Te. Una famiglia discreta, ma presente, docile e sempre pronta a sorreggermi. Una famiglia un po’ strana (non a caso qualcuno l’ha definita “comunità alternativa”), ma nella quale sento che c’è il mio posto. Quattro anni fa Signore, ero qui per la prima volta, era il primo “ritiro” col gruppo e Tu mi hai voluti lasciare un messaggio che rimanesse: un piccolo cuore di legno preparato da Manuela con su scritto “un cuore solo un’anima sola”. Proprio perché siamo un cuor solo e un’anima sola ne approfitto per renderti grazie anche a nome di Andrea, il mio responsabile o custode, o meglio tutti e due. Sai che viviamo questa strana coincidenza. Ci passiamo 30 anni sia di vita che di appartenenza al gruppo e questo significa Signore che se per me è la prima, lui è la trentesima volta che ti dice eccomi. Grazie! Grazie perché è guardando ad esempi come il suo e come quelli dei fratelli e delle sorelle che vedo ora davanti a me (ognuno di voi mi ha dato veramente qualcosa di speciale!), che capisco che Tu ci vuoi tuoi per sempre, perché il Tuo amore è sempre quello della prima volta, anche

il millesimo eccomi sarà sempre con l’amore del primo. Così è, così dev’essere. Così sono cresciuto nel Piccolo Gruppo, custode reale della mia vocazione, luogo di incontro e di scambio tra persone profondamente diverse, per esperienza, per carattere, per sentimento, per formazione e per età, ma con un unico fondamento vitale: Tu, Gesù. Siamo tanto diversi, ma desideriamo vivere la stessa vita, quella Tua, quella eterna. Aiutami, Gesù, Ti prego. Aiutami nella mia vita a stare con Te, in Te e a vivere per Te. A non stancarmi ogni giorno di trovare il tempo e il luogo per la messa, per la meditazione, per il rosario, per la confessione, per la visita. Io il vestito, bello come lo desidererei, come si addice alla Tua festa ancora non ce l’ho e non sono capace di farmelo. Regalamelo Tu Signore, il vestito della mia consacrazione, quel vestito uguale agli altri, ma che significa la mia piena adesione alla Tua vita. Aiutami Signore, sempre, aiutami ad essere fedele, perseverante, gioioso, profondo, comprensivo e innamorato. Io ora sono così, un po’ distratto, egoista, indeciso, lamentoso, ma amo Te Signore, ed è a Te Signore che appartengo e Tu, Ti prego, prendimi come sono e fammi come Tu mi vuoi. Andrea Fazio

Tornale all’Eremo significa, ogni volta, rimettere nuovamente nelle tua mani tutta la nostra vita, non in modo astratto e teorico, ma nella concretezza della quotidianità. Significa riprendere consapevolezza che tutto può passare, tutto può mutare, ciò che ci dava sicurezza può svanire, ma Tu, Signore, resti sempre la roccia a cui aggrapparci, la roccia su cui continuare a ricostruire la nostra casa. Grazie per il dono della Comunità, luogo dove il tuo amore si incarna nella vita e nell’umanità dei nostri fratelli; aiutaci a renderla più bella e attraente, perché chi ti cerca possa trovarvi la sua strada, se questo è il tuo volere. Grazie per Giancarlo, la cui presenza qui tra noi è segno che la vita vince la morte, sempre e comunque. Grazie per il nostro responsabile locale, che con la sua delicatezza e attenzione ci mostra il tuo volto di Padre buono e affettuoso. Grazie per i nostri responsabili, che ci accompagnano nel cammino e ci aiutano ad aprirci alla comprensione della tua volontà, non solo attraverso la nostra intelligenza, ma attraverso il nostro cuore. Grazie per i nostri figli, mariti, mogli, genitori, fratelli e sorelle, che si fanno ogni giorno tuo volto, tue mani, tuo sguardo. Signore, ancora una volta, prendici come siamo e facci come tu ci vuoi. Arianna del Signore

GRAZIE SIGNORE

RICONOSCERE IL SIGNORE

Grazie Signore. Ancora una volta ti rendiamo grazie per tutti i tuoi doni, per il tuo restare con noi e in noi. Salire all’Eremo significa ogni anno, ancora una volta, rinnovare la donazione a Te di tutti noi stessi. Abbiamo bisogno di fare memoria di questo, Signore: già con i primi voti o con l’ingresso in fraternità abbiamo scelto Te per sempre, ma la nostra umanità ci fa aver bisogno di rinnovare ogni anno questa donazione.

E’ con un forte sentimento di gratitudine a Dio ed un senso di inadeguatezza che rivolgo a me stessa ed a voi fratelli e sorelle questa esortazione. E’ strano come il Signore ha lavorato nella mia vita: mi ha donato il PGC non da adolescente, come per molti di voi, ma da pochi anni, così mi sento matura nell’età anagrafica, ma “piccolina” e neonata nella fede. Il giorno in cui mi è stato chiesto questo servizio mi aveva colpito que-

STUPIRCI DELL’AMORE

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sta Parola, tratta dalla prima lettera di San Paolo ai Corinzi (8, 1a-3): “Fratelli, la conoscenza riempie di orgoglio, mentre l’amore edifica. Se qualcuno crede di conoscere qualcosa, non ha imparato come bisogna conoscere. Chi invece ama Dio, è da Lui conosciuto”. Per me e per tutti noi è, allora, importante verificare quotidianamente (anche con l’aiuto del responsabile personale) la disponibilità a vivere “di Vangelo”, che non è illudersi di conoscere se stessi, gli altri, la Parola, Dio stesso, ma accettare le situazioni concrete della vita, senza calcolare e misurare continuamente ciò che diamo e ciò che riceviamo dal prossimo e da Dio. Ecco venirmi in aiuto la Parola con il Salmo 130, a noi caro: “Signore, non si esalta il mio cuore, né i miei occhi guardano in alto, non vado cercando cose grandi, né meraviglie più alte di me. Io invece resto quieto e sereno come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è in me l’anima mia. Israele attenda il Signore, da ora e per sempre.” Papa Francesco ha annunciato che l’anno 2015 sarà dedicato alla vita consacrata, per noi, fratelli e sorelle, sarà l’occasione di rinnovare il nostro cammino di sequela a Cristo Gesù. Quest’oggi sento forte il bisogno di fare memoria del passato recente con profonda gratitudine: ricordare e riconoscere il passaggio di Dio nella nostra storia personale, nella storia del PGC e nella storia delle persone con le quali viviamo e operiamo. E’ stato bello nel corso dell’anno rinnovare il nostro Battesimo e poter festeggiare, d’ora in poi, oltre al nostro compleanno e al nostro ‘Eccomi’ alla festa dell’Eremo, anche la nostra nascita nella madre Chiesa. Anche a noi, seppure con le nostre fragilità, il Signore chiede di scrivere una pagina di “storia sacra”: impegniamoci a trasmettere la preziosa eredità della fede, a rendere bella la testimonianza della carità ed a con-

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dividere la sorprendente forza della speranza. Così per fare “memoria grata”, dovremmo chiederci: che posto occupa la gratitudine nel mio cuore e nella mia vita? Ringraziare è sempre un tratto delicato e fine, sottintende la capacità di accogliere la più piccola cosa ed il più piccolo gesto come un dono e nello stesso tempo la consapevolezza della propria vulnerabilità. Se il ringraziare Dio ed i fratelli e le sorelle diventa, per noi, un abito ed uno stile di vita, significa che abbiamo maturato uno sguardo positivo su tutto e su tutti, sguardo che ci fa star bene e ci rende amabili. Un esempio di “sguardo positivo” lo abbiamo vissuto durante gli ultimi esercizi spirituali, qui a Torreglia, condividendo l’esperienza di scrivere e di leggere sul cartellone ciò che di bello c’è in ogni fratello e sorella. Un altro passaggio che vorrei ricordare, perché mi ha donato grande serenità e pace, è stato quando abbiamo concretamente vissuto il gesto di riconciliazione (preparato a quattro mani dai due Antonio) con un profondo e sincero abbraccio fra di noi: è stato un segno di apertura verso l’altro, di affetto, di stima, di simpatia, di amicizia, di festa e di gioia. E’, ancora, segno di relazione positiva vissuta nel tempo e che ripeteremo fra poco anche oggi, qui alla Festa dell’Eremo. Il Signore desidera che noi continuiamo ad abbracciare il futuro con speranza ed a vivere il presente con passione. Infatti, quando una persona fa un lavoro, pratica uno sport, si dedica a un servizio con passione ... non c’è bisogno di parole, tutti lo notano subito! Perché la persona diventa un tuttuno con ciò che crea, con ciò che svolge, con ciò a cui si dedica ... il presente, l’oggi, l’adesso, questo spazio di tempo che il Signore ci dona. Papa Francesco assegna anche a noi il compito di “Svegliare il mondo”. La domanda che dovremmo porci è: quale Gesù sto seguendo? Il Gesù del Vangelo o il Gesù che ho adatSTUPIRCI DELL’AMORE

tato alle mie giustificazioni, alle mie scuse, ai miei sconti, ai miei sì, però ...? San Paolo scrive nella lettera ai Romani (12,12): “Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente.” Trasformare la mente, per noi, vuol dire “possedere il pensiero di Cristo”, cioè prenderlo come sostanza dei nostri pensieri, fino ad avere la Sua mente come guida delle nostre azioni. Rinnovare la nostra mentalità, cioè convogliare tutte le nostre energie per dare forma a una vita sempre più coerente con la scelta iniziale che abbiamo fatto: “Seguire più da vicino Gesù di Nazareth”, fare delle nostre giornate un capolavoro di bellezza, impegnarci ad essere comunicatori di pace e di gioia, fare sospettare che appartenere al Signore e spendersi gratuitamente per i fratelli fa veramente felici. A Maria, madre di Gesù e madre di tutta l’umanità, vorrei affidare il cammino che ci sarà donato in questo nuovo anno, usando le parole di Papa Francesco con le quali abbiamo pregato, ieri, all’inizio della Festa dell’Eremo: “... Fa che non smarriamo il significato del nostro cammino terreno, la luce gentile della fede illumini i nostri giorni, il calore contagioso dell’amore animi il nostro cuore, gli occhi di noi tutti rimangano ben fissi là, in Dio, dove è la vera gioia.” Buon cammino. Elena Rossi

una parola e un atteggiamento del cuore

Parto da qui per mettere sulle nostre labbra, in quest’ora che ci separa dalla


celebrazione della Messa, una parola e un atteggiamento del cuore. La parola è consistenza. Se ne conoscono quattro accezioni: materialità (fai la torta e la pasta deve avere una certa consistenza), solidità (un pilastro consistente), possedimento (la consistenza patrimoniale) e infine valore (dare consistenza a qualcosa o qualcuno). Materialità: Nel dialogo con il Signore la consistenza della preghiera ci aiuta a chiedere. Non dobbiamo aver paura di chiedere, come Mosè davanti al roveto ardente. Il Signore ci ascolta. La nostra preghiera - scriveva Ireos 29 anni fa - si confronta con la concretezza dei nostri ritmi di vita. La consistenza della preghiera ci sprona a cambiare il nostro cuore: quando l’altro per cui prego è il mio capo in ufficio, il collega a cui ritengo di non dover aggiungere una parola in più, il cliente che non sa nulla di me, del mio mondo, della mia consacrazione e che mi ritrovo davanti, a partire da domani mattina, immerso in una solitudine e in un ritmo soffocante. La mia preghiera è immersa in questa concretezza e cambia il modo in cui sto davanti alle persone che incontro. Soliditá: occorre restare saldi nella fede senza però cadere nella tentazione dell’irrigidimento ostile, cioè il voler chiudersi dentro la regola scritta e non lasciarsi sorprendere da Dio, dal Dio delle sorprese (lo spirito). Patrimonio: la consistenza come ciò che uno possiede: ma qual è il dono, dove sta il nostro cuore? La preghiera si apre alla verifica, contro la tentazione di considerarci padroni e non amministratori dei nostri talenti, delle nostre relazioni, dei nostri progetti. Infine la consistenza come ciò che è fondante, che dà valore a un progetto di vita: la preghiera è ciò che consente il salto di qualità. A partire dal riconoscere che tutti gli incontri che facciamo sono occasione per voler bene alla persona che abbiamo di fronte. Ciò che sta alle fondamenta è

la storia della Salvezza che ciascuno di noi scrive. L’atteggiamento è quello dell’essenzialità, piccolo grande trucco per costruire comunione tra di noi. La mia capacità di creare comunione è direttamente proporzionale alla capacità di essere essenziale, di costruire relazioni in cui gli elementi fondanti siano pochi e chiari. Quando un uomo e una donna decidono di costruire un percorso insieme si basano su poche grandi certezze: io ti amo. Poi c’è spazio per il colore della cameretta dei figli, la scelta delle destinazione per le vacanze, la scoperta della dura legge del divano come fine ultimo di qualsiasi dialogo. Nel senso che si è troppo stanchi e si finisce coll’addormentarsi mentre si parla. Allo stesso modo il Signore ha chiamato in questo Piccolo Gruppo ciascuno di noi con un gesto, una parola, poche certezze ma decisive. Poi ci sono stati i momenti di grazia e quelli del trascinarsi stanchi tra molti dubbi. Ma il Signore ci ha indicato da subito ciò che ha in serbo per noi: vieni e vedi, lavora e prega. Io ti vedrò. Dio ci ama. Ritroviamo dunque il gusto dell’essenzialità. Questo non significa rinunciare alla creatività, alla freschezza dello Spirito. Al contrario significa far esprimere ciascuno per quello che ha nel cuore. I nostri interventi sono capaci di essenzialità, di cura dell’altro, della sua capacità e disponibilità all’ascolto? Spesso vogliamo riempire un vaso già pieno, ma l’unica strada per camminare con cuore concorde è quella di rinunciare ciascuno a qualche impegno, a qualche parola di troppo, a qualche reazione istintiva, per fare spazio, per consentire a ciascuno di conservare dentro di sè l’essenziale. Nel suo saluto ai padri sinodali, ieri sera, Papa Francesco ha richiamato lo stile essenziale della comunione: non basta accogliere, occorre andare incontro all’altro. Apriamoci dunque alla preghiera, per essere uomini e STUPIRCI DELL’AMORE

donne consistenti, di valore, capaci di fondare la nostra vita sul Vangelo e sull’Eucarestia. E puntiamo all’essenzialità. Rinunciamo alla tentazione di trasformare le nostre paure in virtù ma al contrario lasciamoci trasformare dal Signore perché i nostri limiti diventino occasione di dialogo e accoglienza reciproca in cui chi è più forte aiuta chi è nel bisogno, chi è più esperto si apre al confronto con chi lo è meno, chi ha già intrapreso un cammino si mette al passo del meno allenato, chi è più santo preghi per chi - come me - ancora non lo è. Giovanni Cattaneo

la mia gioia sia in voi Fratelli e sorelle, oggi il mio cuore trabocca, è gonfio di gioia e di vita, è un cuore dilatato, più grande del solito. Non potevo immaginare a quale bellezza il Signore mi stesse chiamando. Ancora una volta posso dire che nostro Padre, nelle Sue risposte, è sempre più in là e che il Suo Amore è smisurato! Da dove arriva questa gioia purissima, che fa cantare l’anima? da dove viene questa felicità che fa danzare lo Spirito e dona pace al cuore, una pace profonda dove si trova ristoro e nutrimento, dove ci si sente dissetati, sfamati, abbracciati, amati? “Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore…Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv, cap. 15) Sì, sei proprio tu, Signore, la fonte della gioia pura. Sei Tu, Dio di Misericordia, che rispondi alla nostra sete di pienezza con il Tuo Amore infinito. “Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a Te, o Dio. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente” (Sal. 42). Grazie mio Signore per avere acceso in me il desiderio di ascoltare questa sete, una sete che hai piantato come seme perché io un giorno dessi ascolto alla tua voce

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che mi chiamava. E’ una chiamata che inizia con la chiamata alla vita; poi una chiamata a far crescere questa vita innestata nella Chiesa attraverso i sacramenti; e, ancora, una chiamata a rispondere con la mia vita personale attraverso il matrimonio con Giovanni, il mio amatissimo sposo che oggi è qui con me quale immenso dono del Signore e con il quale vado incontro al nostro Dio attraverso un legame speciale nel Piccolo Gruppo di Cristo. Che meraviglia! Tu Signore hai preparato tutto questo! Io non ho fatto nulla se non allungare le braccia come un bambino, aprire le mani e ricevere. Sì, da Te ricevo, ricevo e ancora ricevo! Tu ti doni in continuazione, non ti stanchi mai. D’altro canto è la Tua natura, tu sei il Sovrabbondante, Colui che ama e che dona a dismisura. Grazie mio Tutto perché mi sorprendi sempre con la Tua Grazia, la Tua Luce, le Tue indicazioni sul cammino da compiere, le Tue consolazioni, il Tuo perdono costante. Allora mi viene da dire solo una cosa: non so, Signore, quanti giorni mi rimangano da vivere qui in questo mondo. Tanti o pochi non importa. Quello che conta è che i giorni che trascorro siano pieni di senso, ciò che conta è che abbiano il gusto sapido della Tua Presenza, quello che importa è che siano espressione della Tua Carità da donare al mondo. Ciò che conta è che insieme ai fratelli e alle sorelle che mi metti accanto io possa giungere nella Tua dimora splendente del Tuo Amore. Sì, voglio essere una sposa degna del suo Sposo e questa consacrazione definitiva a Te nel Piccolo Gruppo mi aiuta ad esserlo. Ho indossato per sempre i gioielli della povertà, della castità e dell’obbedienza perché desidero risplendere della bellezza che Tu stesso mi doni. Rinuncio al mio ego per essere povera e avere te che sei l’unica ricchezza. Rinuncio alla mia volontà per essere ubbidiente e risplendente nell’Amore che tutto accoglie. Rinuncio al mio

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giudizio per essere casta e avere il cuore puro come piace a Te. Quanto è soave e dolce appartenerti! Quanto è liberante! Quanto la mia umanità gode perché finalmente è se stessa! E quanto è dolce e soave appartenere a Te nel Piccolo Gruppo di Cristo! Il PGC è Cristo che vive! Il PGC sei Tu mio Signore! Fratelli e sorelle, la comunità è il mistero di Dio che si fa prossimo a ciascuno di noi. Il PGC è il cuore pulsante di Dio nella storia che incessantemente irrora, disseta, rinnova, ricrea e dona vita. E’ in questa comunità che Dio, il nostro amato Signore, ha pensato di comunicarsi a me, a noi. E’ attraverso questa comunità che il nostro Dio si fa dono. E’ un mistero che non capisco, ma è così! Abbiamo fede in ciò! Obbedendo alla regola della nostra comunità noi accogliamo Gesù e impariamo ad amarlo e a portarlo agli altri! Il nostro prossimo lo amiamo quando accogliamo il dono che il Signore fa di se stesso in questa piccola porzione di Chiesa. Straordinario! E allora permettetemi di dirvi che siete meravigliosi. Vorrei abbracciarvi uno ad uno e dirvi che vi voglio bene e se non vi sentite voluti bene per una miriade di sacrosante ragioni, vi chiedo perdono. E voglio che sappiate che per me siete preziosi quanto lo sono mio marito e le mie adorate figlie! Perché voi della comunità siete la mia famiglia spirituale e so per certo che se sono qui ora è perché tutti voi, con la vostra vita donata, avete concorso affinchè io ricevessi questa grazia di stabilirmi per sempre nell’Amore di Dio Padre. Le vostre offerte, le vostre sofferenze, le vostre gioie, tutto ciò che avete vissuto e vivete , hanno fatto sì che io giungessi fin qui. Perché il Signore è nel Piccolo Gruppo e vive in tutti noi, dentro il nostro cuore e nelle nostre case! Quanto la comunità mi ha aiutata a capire cosa vuol dire essre offerta gradita a Dio per il bene di tutti! Lo ha fatto con la testimonianaza e con STUPIRCI DELL’AMORE

la preghiera. Direi che se c’è una cosa in cui la comunità è maestra, essa è quella di far giungere al cuore della persona la vita stessa di Dio attraverso la dimensione della preghiera. Se Dio è con noi è perché è dentro di noi con il Suo Spirito che in ogni istante prega il Padre. Dobbiamo solo essere docili per sprigionarne la potenza. Pregare assieme a Lui, pregare per condurre tutti a Lui, pregare per santificarci insieme e godere della Sua Presenza mentre camminiamo verso l’incontro definitivo e glorioso. Il nostro Dio a cui dono tutto ciò che sono e che ho è un Dio di comunione, è un Dio che si fa tutto in tutti e chiede a me, come a ciscuno di noi, di fare lo stesso. Lui vuole che mettiamo in circolazione il Suo Amore, vuole che il mondo colga che Lui è vivo e lo fa con noi. Quale chiamata più grande? Fratelli e sorelle, il mio impegno è di continuare il cammino senza stancarmi, cercando di spendermi totalmente dentro la Chiesa per amore della Chiesa stessa e dell’umanità. Possa il Signore, attraverso il vostro sostegno e la vostra preghiera, accogliere questo mio desiderio. Grazie infine a tutti, in particolare al nostro fondatore, Ireos, che ha accolto l’ispirazione e la volontà divina di dare vita a questa comunità. Grazie ai responsabili generali e locali che mi hanno accolta (Mauro, Giancarlo, Alberto – a cui va il mio ringraziamento particolare per l’accompagnamento e la preparazione di questo ultimo anno insieme a Valentina e a Giovanni); grazie alle mie responsabili personali (Letizia ed Alessandra) che hanno sempre vigilato sul mio cammino come angeli custodi e tutt’ora lo fanno. Ma è un grazie che si estende e va veramente a tutti perché sono fermamente convinta che il Signore si è servito e continuerà a servirsi di ciascuno di voi per condurmi a Lui. E grazie Giò perché cammini con me, perché santamente ti fai carico del mio andare verso Gesù. E a Betty


esprimo la mia felicità per averti qui con noi a condividere tutto questo. Lasciati condurre dal Signore dove vorrà portarti e accogli sempre la Sua volontà. Ti condurrà in luoghi sempre più belli di quelli che troveresti da sola ascoltando le tue inclinazioni, per quanto buone possano essere. Lui è sempre immensamente più grande. Spalancagli il cuore e non avere paura di nulla! Chiudo con un invito che ho trovato nel libro del Siracide. E’ il mio augurio: “Come incenso spargete il suo profumo, fate sbocciare fiori come il giglio, alzate la voce e cantate insieme, benedite il Signore per tutte le Sue opere”. Donatella Zurlo

venite e vedrete Cari tutti, come sempre è difficile aggiungere qualcosa alle parole che abbiamo ascoltato in questa liturgia, perciò cerchero’ di condividere cio’ che il Signore ha suscitato in me in questo tempo. Ultimamente ci siamo spesso ritrovati a dire che c’è bisogno di ritrovare l’entusiasmo e in queste settimane mi sono chiesta perché a volte sia così difficile. O addirittura a chiedermi: “come si fa a trovare entusiasmo?” Mi sono detta: l’entusiasmo non si trova, è l’effetto di una grande scoperta. Ieri sera ci è stato detto ‘cosa cercate?’ E anche ‘venite e vedrete’: un giorno della nostra vita qualcuno ci ha detto ‘Vieni e vedi’. Vi esorto fratelli a ricordare quando e come è accaduto. Vi guardo, e conoscendo le nostre storie so che qualcuno è venuto a vedere un incontro, qualcuno è venuto a una preghiera, qualcuno agli esercizi spirituali, a una festa, a una chiacchierata con una persona più saggia e avanti nel cammino…siamo venuti, e cosa abbiamo visto? Abbiamo visto qualcosa che ci ha fatto restare, abbiamo gustato qualcosa che ci ha fatto

rimanere. E’ importante ricordare, fare memoria, perchè nel nostro cammino ci sono momenti belli ma anche faticosi e in quei momenti dobbiamo avere presente cio’ che ci ha fatto restare con Lui. Oggi cosa vediamo? Cosa ci fa restare? Quando ero aspirante vedevo una comunità luminosa, vedevo la santità data da Dio a ciascun fratello. Anche oggi è così, ma il mio sguardo è diverso; ci siamo conosciuti nelle nostre fragilità, nella nostra umanità, debolezza e proprio in questo ho scoperto le meraviglie che opera il Signore. La verità della sua presenza. I miei figli cantano spesso una canzone di Jovanotti che dice: “il più grande spettacolo dopo il Big Bang siamo noi”, la trovo proprio vera. Il più grande spettacolo dopo la creazione siamo noi. Questa chiesa di Montefiolo ha una struttura che mi mette sempre un po’ in difficoltà: costringe a girarci per guardare l’altare o il tabernacolo; però mette di fronte a noi l’altro fratello e ci possiamo guardare con facilità. L’icona dice “Potrai vedere cosa ho fatto io per te e con te”: guardiamo il fratello che ci sta di fronte con lo sguardo di Dio e scopriamo meraviglie! Ecco il dono grande di questa comunità, venite e vedrete: l’immagine di Dio è comunione. Allora ritrovo il senso di tante cose che facciamo: il colloquio col responsabile che ci fa vedere con gli occhi di Dio la nostra vita, i momenti di preghiera e permettetemi oggi vorrei sottolineare i nuclei. Sono un momento privilegiato, che spesso trascuriamo: luogo dove fare comunione, dove posso mostrare le opere di Dio con facilità, semplicemente mostrando e condividendo la mia vita e vedendo quella degli altri; con la serenità di chi sa che puo’ aprire il cuore perche’ puo’ contare sullo sguardo attento e discreto del fratello che fa comunione con lui. E l’adorazione, momento così intenso ma a volte così difficile per le nostre stanchezze...il nostro responSTUPIRCI DELL’AMORE

sabile Giancarlo ci richiamava a fare “un colpo d’ala” per tornare a volare in alto e a me viene in mente don Nava che una volta mi disse “se vuoi volare in alto segui Gesù, che celebra la sua prima eucarestia “al piano di sopra” (Lc22,12)”. Venite, vedrete, e troverete. Troviamo Lui e lasciamoci meravigliare. Così potremo mostrare qualcosa da cercare a chi sta accanto a noi e non cerca più, perchè pensa che non ci sia nulla da trovare. Sempre più spesso mi trovo con persone così. Ma se riusciamo a scorgere le meraviglie di Dio in quel fratello o mostrargli le nostre: poveri, casti, obbedienti, FELICI…potremo stare nei nostri posti di lavoro, sempre più poveri di senso di giustizia, di etica, e portare qualcosa, una meraviglia. Potremo stare nelle nostre famiglie con le fatiche e le difficoltà di questo tempo e portare qualcosa. “Lavora e prega fai opere di bene senza pretendere nessuna ricompensa”. Quanto belle e quanto difficili queste parole. Tutti pretendiamo ricompensa, nel lavoro se facciamo bene, nella vita di preghiera, in ogni nostro impegno: cerchiamo un grazie, un riconoscimento o almeno una soddisfazione. Le icone, Dio comunione, sono immagini molto belle ma non tanto facili umanamente. Perciò fratelli aiutiamoci, guardiamoci, scorgiamo la presenza di Dio che costruisce la città sul monte. Concludo guardando Andrea Fazio che oggi entra in questa piccola comunità: è l’essenza dell’entusiasmo! Perciò fratelli diciamo il nostro ‘eccomi’ pieni di stupore, meravigliati di quanto Dio ci ama. Elisabetta De Angelis

abbandonati a dio Con umiltà riconosciamo che siamo povera argilla plasmata dalle Sue mani. Lasciamoci andare ad un abbandono fiducioso nelle mani del Pa-

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dre che ci vuole bene in una maniera esagerata e che utilizza anche i nostri errori a fin di bene. Anche le conseguenze del male, la sofferenza, il Cristo se ne è fatto carico ed ha vinto la sofferenza e la morte con la resurrezione. L’esperienza della croce che inevitabilmente attraversiamo finchè siamo su questa terra non ci deve far dimenticare all’orizzonte la gioia della resurrezione. Il Signore ha un progetto di gioia e di serenità su ognuno di noi. Il Signore vuole il nostro bene sia su questa terra che in Cielo quando la nostra gioia potrà essere completa. Bisogna coltivare la gioia; innanzitutto lodare e ringraziare il Signore per il bene, i doni che riceviamo. Il Signore ci riserva il bene, poi c’è anche il peccato, il male (non siamo ingenui), ma innanzitutto il bene. Signore donami la gioia! La gioia è un miracolo che fa il Signore, è dono di grazia. Dona la pace, Signore, a chi confida in te! Dopo 10, 20, 30, 40 e più anni di ritiri, adorazioni, esercizi ... eremi mi chiedi ancora “mi ami tu”? Ci hai donato la fede non come privilegio ma affinchè la portiamo agli altri, a partire da chi ci sta più vicino e ad ogni prossimo che incontriamo. Facci degli appassionati.... “ti darò un cuore di carne, popolo mio!” Il brano del libro dei Proverbi citato da Giancarlo nella relazione in preparazione alla salita all’eremo esordisce con “Figlio mio ...”; sì, quest’oggi (e non solo oggi) ci dice il Padre: “figlio mio, figlia mia ...” Cosa dire, come rispondere? Papà, babbo aiutami tu! Papà, babbo scusami per i miei limiti, ho sbagliato! Papà, babbo grazie! Papà, babbo ... figlio mio! Umberto Poletto

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lettera del responsabile generale del pgc

La consacrazione

STUPIRCI DELL’AMORE


La Vita consacrata nella Chiesa sta vivendo un tempo di esigenti e profonde trasformazioni.

patico verso tutto il nostro prossimo, che nasce solo dopo aver contemplato il Suo santo volto.

Credo che lo Spirito Santo stia illuminando noi e la nostra spiritualità affinché impariamo a distinguere nelle presenti situazioni l’identità evangelica della nostra vita trascorsa nella famiglia e nella società per il Regno, ma nella Chiesa. In questa stagione della vita consacrata, il Signore ci sta chiedendo dei passaggi, il primo fra tutti quello di diventare “minorità” che conta unicamente sulla ricchezza straordinaria della resurrezione di Cristo e dell’insondabile mistero della sua Pasqua.

Il Vangelo, come all’inizio del nostro costituirci in piccolo gruppo, deve tornare ad essere per ciascuno di noi una proposta da vivere nella radicalità, nella generosità della “sequela Christi” vissuta sempre e solo con passione e costanza. Solo così potremo tentare di essere donne e uomini della misericordia e della tenerezza che guardano al “mondo” e lo abbracciano, credendo nelle sue risorse migliori. Solo così potremo tentare di essere donne e uomini della sapienza che edificano la propria vita spirituale come un graduale processo di docilità allo Spirito Santo e come disponibilità ad assoggettarsi con favore ai cambiamenti di cammino che lo Spirito richiede.

A noi donne e uomini consacrati è richiesta una lettura amorosa “dei segni dei tempi” nel segno della carità oblativa, propria degli Istituti secolari, a cui guardiamo come ambita meta per il nostro riconoscimento, quando Dio vorrà, che si consuma sulle strade di questo mondo, tra la gente comune, ma con il cuore dei discepoli di Gesù. Sospinti dal magistero petrino di Papa Francesco, siamo sempre più chiamati ad una vita “samaritana” e compassionevole, ad un servizio umile della magistralità di Cristo, nel segno della secolarità, intesa come capacità di custodire e di accogliere la tenerezza del Padre e di trasmetterla nei luoghi della nostra ferialità. Dobbiamo tornare ad essere, nonostante l’età avanzata e gli acciacchi della salute che per alcuni di noi si fanno sentire, testimoni dello stupore, cioè donne e uomini che sanno ancora meravigliarsi della “buona notizia” del Vangelo di Gesù e che sanno gioire con la profondità del cuore, nell’intuire per grazia su quali sentieri sia opportuno incamminarsi per divenire come Lui ci vuole. Dobbiamo coltivare uno sguardo em-

Dobbiamo saper tracciare sentieri nuovi di fede nelle ambiguità e nelle incertezze delle culture contemporanee. Dobbiamo coltivare una nostalgia attiva del futuro del nostro carisma, perché il presente non basta più e soprattutto, perché spegne la creatività dello Spirito Santo. Dobbiamo diventare interlocutori ed interpreti dei gemiti degli uomini del nostro tempo, che ondeggiano tra catastrofismo ed euforia, perché non fondano la loro speranza su Colui che non delude.

risplendere il volto della sua Sposa e quello della nostra piccola comunità di esigenti e profonde trasformazioni. Credo che lo Spirito Santo stia illuminando noi e la nostra spiritualità affinché impariamo a distinguere nelle presenti situazioni l’identità evangelica della nostra vita trascorsa nella famiglia e nella società per il Regno, ma nella Chiesa. In questa stagione della vita consacrata, il Signore ci sta chiedendo dei passaggi, il primo fra tutti quello di diventare “minorità” che conta unicamente sulla ricchezza straordinaria della resurrezione di Cristo e dell’insondabile mistero della sua Pasqua. A noi donne e uomini consacrati è richiesta una lettura amorosa “dei segni dei tempi” nel segno della carità oblativa, propria degli Istituti secolari, a cui guardiamo come ambita meta per il nostro riconoscimento, quando Dio vorrà, che si consuma sulle strade di questo mondo, tra la gente comune, ma con il cuore dei discepoli di Gesù. Sospinti dal magistero petrino di Papa Francesco, siamo sempre più chiamati ad una vita “samaritana” e compassionevole, ad un servizio umile della magistralità di Cristo, nel segno della secolarità, intesa come capacità di custodire e di accogliere la tenerezza del Padre e di trasmetterla nei luoghi della nostra ferialità.

Dobbiamo avere il coraggio di ricominciare sempre per saper dare risposte umili, piene di quel pizzico di lievito che ci proviene dall’essere piccola porzione della Chiesa di Cristo. Lasciamo che il Signore accenda la nostra anima e ci faccia abitare la vita risorta di Gesù. Viviamo la nostra missione santificatrice in questo prossimo anno 2015 che la Chiesa dedica alla vita consacrata, per far STUPIRCI DELL’AMORE

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IN COMUNITà

riflessioni in attesa del santo natale : “l’amore di dio orienta la nostra vita” Fratelli e sorelle a me molto cari (vi chiedo scusa se lo ripeto sempre, ma è una realtà vera per la mia vita e mi piace ogni volta riaffermarla!) ragionando sulla richiesta che mi è stata fatta di scrivere sull’imminente festività natalizia mi tornava in mente il santuario del “Campo dei Pastori” verso Bet Shaur dove si ricorda l’apparizione notturna dell’angelo ai pastori: “Andate... Troverete un bambino avvolto in fasce...!”. Sembra di entrare in una villa, abbastanza ben curata, con una ridente fontana. Sì, mi vengono in mente i pastori che ascoltarono il canto degli angeli che annunziavano la nascita di Gesù. Gli angeli a Betlemme e dintorni sono spiriti celesti di casa, per le loro ripetute presenze ed interventi sulla gente e sulla Santa Famiglia, ad indicare l’amore di Dio che orienta la storia e la custodisce con gli spiriti celesti. Gli angeli annunciano ai pastori non un astro che viene e scompare, ma il vero astro divino che rimane ad illuminare ogni cosa, il mondo e la storia, per sempre!! La fede dei semplici si fa obbedienza pronta e, come viene attestato dalle splendide pitture del santuario, i pastori si recano guidati dalla stella che splendeva al luogo indicato e trovano, deposto in una mangiatoia, il Re dei Re, il Signore dei Signori, Iddio Bambino. La gioia è grande, offrono quello che discretamente avevano portato con se, testimoniando che dietro l’invito vi è la certezza dell’incontro, e ritornano come dice il Vangelo con la gioia del cuore ai loro poderi avendo accolto, nel cuore, nella presenza e nella povertà di una mangiatoia, il Messia atteso. I primi pellegrini si ritrovano dinanzi la semplicità di una famiglia ‘normale’ che nasconde la novità di Dio che dice al mondo intero che il

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Testimoni del mistero di Don Pierpaolo Felicolo

Suo farsi carne diviene luogo della Sua manifestazione. I pastori si fanno accoglienza di un bambino indifeso che annunzia l’Amore grande di Dio per ciascuno di noi. Abbiamo bisogno di occhi sempre nuovi e colmi di stupore, per poter anche noi accogliere il Signore Iddio con discrezione e gioia grande. Noi in umiltà e semplicità dobbiamo gioire della nascita del Salvatore, anzi partecipare della gioia stessa di Dio e ricordarci che la gioia di questa nascita ci appartiene e bisogna farla conoscere a tutti. Gli angeli, infatti, investono di questa missione i pastori. Il loro incontro con il Bambino si fa attestazione e annunzio che è tutto vero. Anche noi come i pastori dobbiamo conservare lo stupore dell’incontro, come Maria dobbiamo custodire tutte queste cose nel nostro cuore. Il meditare nel cuore ci ricorda che la Parola di Dio necessita di meditazione silenziosa. Betlemme dunque ci invita ad ascoltare, a meditare, a gioire. Il “Campo dei Pastori” ci fa pellegrini e ci indica il cammino verso il Signore Gesù. Il Signore ci chiede di accoglierlo e di annunziarlo, di gioire della Sua presenza che cambia la nostra vita e di donare questa stessa presenza al cuore di ogni uomo. Il grido-canto degli angeli risuoni nella nostra vita come è risuonato nella STUPIRCI DELL’AMORE

vita dei pastori: “Pace agli uomini che Dio ama”. Il Signore ci ama tutti, e dona la pace a tutti, a noi il saperla accettare, costruire, custodire, donare. Dobbiamo crescere in umanità per saper accogliere il messaggio del “Campo dei Pastori”, dobbiamo crescere nell’Amore Divino per amare il Divino e gli uomini immagine stessa di Dio sulla terra; dobbiamo imparare a stupirci e a custodire nel cuore, affinché qualsiasi esperienza della vita ci serva per approfondire l’unica cosa necessaria: l’operato di Dio in noi. Allora, oggi e sempre, siamo e saremo chiamati a rinnovare l’amore per Dio anche attraverso gesti verso moglie, marito, figli, nipoti colleghi, confratelli, ecc.! Siamo chiamati, anche come Comunità, ad essere testimoni gli uni verso gli altri, come i pastori, soprattutto nell’essere luce nella notte, segno di speranza di fronte alle difficoltà di fede e di vita. In questo tempo di Avvento facciamo nostra l’implorazione che si eleva dal cuore della Chiesa: “Vieni, Signore, a visitarci con la Tua pace, la Tua presenza ci riempirà di gioia!”. Sì, Signore, vieni a trasformare i nostri cuori, perché nel mondo si diffondano la giustizia e la pace. Che il Signore doni a ciascuno di noi sempre la gioia d’incontrarlo ogni giorno!


IN COMUNITà

un aiuto per la nostra preghiera e per il nostro dialogo con il Signore Quando domandi perdono per te, allora è proprio quello il momento di ricordarti che devi concederlo agli altri. Così l’opera sarà una commendatizia alla tua preghiera. Anche l’Apostolo insegna che si deve pregare senza ira e senza contese perché la preghiera non venga turbata e falsata. Insegna anche che si deve pregare in ogni luogo (cfr. 1Tim 2,8), laddove il Salvatore dice: « Entra nella tua camera » (Mt 6.6). Intendi non una camera delimitata da pareti dove venga chiusa la tua persona, ma la cella che è dentro di te dove sono racchiusi i tuoi pensieri, dove risiedono i tuoi sentimenti. Questa camera della tua preghiera è con te dappertutto, è segreta dovunque ti rechi, e in essa non c’è altro giudice se non Dio solo.

Pregare... e pregare di Mauro Panzeri Vi propongo una meditazione di Sant’Ambrogio sulla preghiera. Un testo bello e prezioso che aiuta la verifica della nostra preghiera e invita a non chiudere il nostro dialogo con il Signore sul nostro mondo e le nostre esigenze ma ci chiama ad aprire la nostra preghiera all’altro, alla relazione e su questa strada agli altri, alla comunità, a tutto il Piccolo Gruppo ed a tutto il corpo della Chiesa. «Offri a Dio un sacrificio di lode e sciogli all’Altissimo i tuoi voti» (Sal 49,14). Chi promette a Dio e mantiene quello che gli ha promesso, lo loda. Perciò viene privilegiato sugli altri quel samaritano il quale mondato dalla lebbra per comando del Signore insieme agli altri nove , ritorna da Cri-

sto da solo, magnifica Dio e lo ringrazia. Di esso Gesù affermò: « Non si è trovato chi tornasse a rendere gloria a Dio all’infuori di questo straniero? E gli disse: alzati e va, la tua fede ti ha salvato! » (Lc 17,18-19). Il Signore Gesù ti ha fatto conoscere in modo divino la bontà del Padre che sa concedere cose buone, perché anche tu chieda a lui, che è buono, ciò che è buono. Ha raccomandato di pregare intensamente e frequentemente, non perché la nostra preghiera si prolunghi fino al tedio, ma piuttosto ritorni a scadenze brevi e regolari. Infatti la preghiera troppo prolissa spesso diventa meccanica e d’altra parte l’eccessivo distanziamento porta alla negligenza. STUPIRCI DELL’AMORE

Ti si insegna ancora che si deve pregare in maniera tutta speciale per il popolo, cioè, per tutto il corpo, per tutte le membra della tua madre: sta in questo il segno della carità vicendevole. Se, infatti, preghi per te, pregherai soltanto per il tuo interesse. E se i singoli pregano soltanto per se stessi, la grazia è solo in proporzione alla preghiera di ognuno, secondo la sua maggiore o minore dignità. Se invece i singoli pregano per tutti, tutti pregano per i singoli e il vantaggio è maggiore. Dunque per concludere, se preghi soltanto per te, pregherai per te, ma da solo, come abbiamo detto. Se invece preghi per tutti, tutti pregheranno per te. Perché nella totalità ci sei anche tu. La ricompensa è maggiore perché le preghiera dei singoli messe insieme ottengono a ognuno quanto chiede tutto intero il popolo. In questo non vi è alcuna presunzione, ma maggiore umiltà e frutto più abbondante».

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L’ANGOLO DEI LIBRI

una lettura per tutti i gusti. ALCUNE RECENSIONI DA NON PERDERE di Vilma Cazzulani e Donatella Zurlo

L’autore, don Marco, è lo stesso che ci ha predicato gli Esercizi spirituali sull’Esperienza dei cercatori di Dio, lo scorso agosto a Capiago. Ora, in questa lectio divina sul Vangelo di Marco, siamo invitati a ripercorrere il cammino spirituale che Gesù ha fatto insieme agli apostoli per prepararli alla missione. Le incomprensioni e gli errori dei Dodici sono i nostri, ma con Gesù il cammino è tracciato e la nostra vita ne guadagna. In cammino con Gesù. L’itinerario dei Dodici nel Vangelo di Marco / Marco Bove / 2012 / Le Ancore / € 9,43

Consulente al Pontificio Consiglio della Cultura, l’autrice del libro segue le iniziative politiche, culturali ed etiche della governance mondiale dal 1994. Leggendolo mi sono unita al “grazie” del Card. Sarah (che scrive la prefazione) per la lucidità, il rigore e la precisione con cui viene trattata la tematica dell’ideologia gender, dalle sue origini in Occidente fino alle normative mondiali. Secondo tale ideologia, l’identità maschile o femminile non sarebbe insita nella natura ma da attribuire unicamente alla cultura. Il libro mette in luce la gravità di una teoria che ha come scopo la decostruzione dell’ordine sociale e mette in pericolo il futuro dell’umanità. Il Gender, una questione politica e culturale / Marguerite A.Peeters / 2014 / San Paolo / € 17,50

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Nell’agosto 2013, pochi mesi dopo l’elezione a Papa, il gesuita Jorge Mario Bergoglio è stato intervistato dal confratello padre Antonio Spadaro. Il 19 settembre uno stralcio dell’intervista, durata sei ore, è stato diffuso (e anche noi l’abbiamo letto) su “La Civiltà Cattolica”. Ve la suggeriamo un anno dopo nella versione integrale perché spiega il “pensiero in movimento” di Francesco, la sua formazione, la spiritualità, il suo rapporto con l’arte e la preghiera. Il libro chiarisce tutti i temi toccati durante la conversazione e contiene aneddoti, e rimandi su ciò che Bergoglio ha detto e scritto da gesuita, da sacerdote e da pontefice. Padre Spadaro, che ha condiviso la stessa formazione del Papa, riesce a illuminare il significato delle parole di Francesco e a illustrare il panorama culturale e umano che le ha ispirate.

Benedetto XVI lo ha definito un infaticabile apostolo della Carità, ma chi gli stava a fianco dice di Don Oreste Benzi che, da un viaggio all’altro, sempre a fianco degli ultimi e dei più poveri, era immerso in una preghiera continua. Morto nel 2007, è conosciuto come il fondatore delle Comunità Giovanni XXIII, presenti nel mondo in ventisette Paesi. Questo libro raccoglie alcune sue riflessioni tratte dalle registrazioni degli incontri da lui tenuti presso la casa di preghiera di Serravalle nel 1991, incontri che avevano lo scopo di immergersi nella preghiera, nell’adorazione e nell’ascolto della Parola di Dio. Troviamo semplici indicazioni sulla preghiera nella prova, sulla preghiera d’ascolto, sulla preghiera di domanda, sulla preghiera di Gesù e sulla preghiera in Maria. Signore, io e Te, sempre insieme!

La mia porta è sempre aperta. Una conversazione con Antonio Spadaro / Di Francesco (Jorge Mario Bergoglio), Antonio Spadaro / 2013 / Rizzoli / € 10,20

L’esperienza della preghiera / Don Oreste Benzi /ristampa 2013 / Sempre Comunicazioni / € 8,00 (E’ uscito il libro Contemplativi nel mondo. Col cuore di Dio)

In occasione della Beatificazione di Paolo VI, avvenuta il 19 ottobre scorso, sono usciti dalle edizioni San Paolo a modico prezzo più libri sulla personalità e l’operato di Papa Montini. Arcivescovo di Milano, creato Cardinale da Papa Roncalli, G.B. Montini viene eletto nel Conclave del giugno 1963 perché porti a termine il Concilio Vaticano II, in tempi di grandi cambiamenti nella società e nella Chiesa. Il libro Paolo VI, il santo della modernità (di Domenico Agasso jr e Andrea

Tornielli) ripercorre i passi di questo grande Pontefice che a prezzo di sofferenze riuscì a mantenere unita la Chiesa e ad annunciare il Vangelo fino agli estremi confini della terra. Un secondo libro, Paolo VI, la storia, l’eredità, la santità, (di Giselda Adornato), propone gli appunti personali del Pontefice e le testimonianze di chi l’ha conosciuto per rileggerne la vita a partire dalla sua interiorità. Infine per capirne il pensiero ecco il testo L’annuncio del Vangelo che contiene le sue tre Esortazioni apostoliche: Evangelii Nuntiandi, Gaudete in Domino, Evangelica Testificatio.

STUPIRCI DELL’AMORE


Il primo libro, uscito tre anni fa da Vallecchi editore, ha creato scandalo in Europa, soprattutto in Spagna, e in molti ne hanno chiesto il ritiro dalle librerie. Definito “retrogrado e integralista”, sul Corriere della Sera è stato fatto l’invito di non comperarlo. Su Facebook l’autrice, ex-giornalista di rai3, madre di 4 figli, sposata da 17 anni, viene bombardata di offese . Perché? Perché è essenzialmente una cristiana cattolica e parla del matrimonio da credente; perché i titoli dei suoi libri li prende a prestito dalla lettera di San Paolo agli Efesini (il secondo libro, uscito da Sonzogno, si intitola “Sposala e muori per lei”e parla di sottomissione, obbedienza e croce). Vocaboli scandalosi, soprattutto nella cultura contemporanea che vorrebbe bandire certi termini o tenerli relegati in un vocabolario ritenuto oscurantista. “Ciò che più turba l’uomo moderno è l’idea di un impegno eterno…Per i miei contemporanei è inconcepibile rinunciare alla propria autodeterminazione. Credono di essere guariti, di non aver più bisogno di nulla e di nessuno. Invece noi cristiani sappiamo che c’è un mistero dentro di noi, una parte di male da cui solo l’obbedienza può salvarci”. Costanza ritiene che l’amore vero sia a forma di croce. «È così. L’Occidente, tutto farfalle nello stomaco, non riesce a capirlo. L’amore vero è preterintenzionale. S’impara dopo vent’anni di matrimonio, dopo che hai visto i difetti dell’altro e ciononostante l’affetto resta, anzi aumenta. Richiede un’amputazione, che però non è una fregatura: è per il nostro bene». Un libro da leggere, soprattutto dalle donne che possono ritrovare, attraverso un linguaggio pieno di ironia, delle tracce per recuperare un’identità che forse hanno smarrito. Sposati e sii sottomessa / Costanza Miriano / 2011 / Vallecchi / € 12,50

Gli eventi prodigiosi che dal maggio 1944 ad oggi continuano a verificarsi a Ghiaie di Bonate (Bergamo) offrono materia di riflessione. Guarigioni inspiegabili ed eventi solari mozzafiato, meravigliose conversioni e il fiorire di vocazioni religiose ci interrogano sul perché il grandioso Messaggio per la tutela della vita e della famiglia, che la Madonna consegnò alla piccola Adelaide Roncalli, non abbia ancora trovato il giusto spazio in seno alla Chiesa. Questo libro, che raccoglie molte documentazioni a favore della soprannaturalità di quelle apparizioni lontane nel tempo ma vicinissime per l’attualità dei contenuti, vorrebbe collaborare affinché presto l’autorità ecclesiastica decida di riesaminare un “affare” che, in base a comprovate testimonianze, rappresenta una grande ricchezza per l’umanità intera. Il tutto senza dimenticare l’accorato appello di Maria nella 13ª apparizione: “Prega per il Papa e digli che faccia presto, perché voglio essere premurosa per tutti in questo luogo!”. Un giorno sono arrivata a Ghiaie / Lucia Amour / 2014 / San Paolo / € 14,00 “Tutto cominciò a Nazaret, un pugno di capanne impastate d’argilla secca: “Lo chiamerai Imbarazzo”. Un giorno si fece carne e scompigliò la storia. Imbarazzandola nel bailamme di periferia”. Una frase presa fra tante dalla quale si coglie immediatamente lo stile di questo testo che lascia a bocca aperta. Linguaggio poetico, stile di sorpresa, profondità di intuizioni sull’incarnazione di Gesù. L’autore, cappellano di un carcere, ha un sito – www.sullastradadiemmaus.it- che è da tenere d’occhio. Soprattutto per i giovani. L’imbarazzo di Dio / Marco Pozza / 2014 / San Paolo / € 10,00 STUPIRCI DELL’AMORE

Di fronte a certe storie si rimane edificate, commosse e grate poiché ci fanno percepire in modo inequivocabile l’esistenza di un Dio tra noi che si fa strada attraverso uomini e donne normali, ma straordinari nella fede. Il libro racconta la storia di Chiara, ragazza meravigliosa, innamorata della vita e del Dio che la dona con infinite sfumature. Chiara muore a 28 anni per un carcinoma alla lingua, scoperto al quinto mese della terza gravidanza. Rimanda le cure per salvaguardare suo figlio che nascerà dopo altri due bambini saliti al Cielo subito dopo la nascita. Il suo “Eccomi” è sempre espresso con gioia e grazie alla sua grande fede Chiara ci testimonia che seguire Cristo nella sofferenza ci apre alla luce. Bellissima testimonianza di una donna che ha fatto della propria vita un capolavoro attraverso l’offerta di sé. Siamo nati e non moriremo mai più, storia di Chiara Corbella Petrillo / Cristiana Paccini, Simone Troisi / 2013 / Porziuncola / € 12,00 PREGHIERA PER LA FAMIGLIA Padre, dona a tutte le famiglie la presenza di sposi forti e saggi, che siano sorgente di una famiglia libera e unita. Padre, dona ai genitori di avere una casa dove vivere in pace con la loro famiglia. Padre, dona ai figli di essere segno di fiducia e di speranza e ai giovani il coraggio dell’impegno stabile e fedele. Padre, dona a tutti di poter guadagnare il pane con le loro mani, di gustare la serenità dello spirito e di tener viva la fiaccola della fede anche nel tempo dell’oscurità. Padre, dona a noi tutti di veder fiorire una Chiesa sempre più fedele e credibile, una città giusta e umana, un mondo che ami la verità, la giustizia e la misericordia.

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LA BUSSOLA

IN CAMMINO con una nuova rubrica per RIscoprire i luoghi sacri tra fede e arte

Roma: Sant’Antonio dei Portoghesi di Andrea Giustiniani Nel pieno del centro storico della capitale, se arrivaste in passeggiata dai luoghi istituzionali, sede dei fasti, tuttora un po’ appannati, della politica, come Palazzo Chigi e Montecitorio, dopo aver attraversato quelli sempre aulici del Pantheon, ed essendosi lasciati illuminare un pochino davanti all’incandescente bagliore caravaggesco di S. Luigi dei Francesi (bagliore, non Baglione, per carità, il pittore acerrimo nemico dell’inquieto maestro lombardo, e contiguo, con mediocri opere, nella stessa chiesa), potreste desiderare ristoro ed ulteriori emozioni verso Piazza del Popolo e Villa Borghese. Imboccando quindi verso quella direzione una lunga strada dritta, Via della Scrofa, dopo qualche centinaio di metri vi troverete di fronte due fontane di acqua freschissima che si guardano agli angoli opposti di un incrocio. Scegliendo quella di sinistra, dopo esservi dissetati, vi potrebbe capitare di scorgere, lungo la traversa a sinistra di Via della Scrofa, la facciata di una chiesa insieme imponente e leggera incastonata nell’antico caseggiato che si distende in direzione del Tevere. Incuriositi, procediamo ad una piccola esplorazione del grazioso edificio. Intanto va detto che, per questa chie-

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sa, l’essere inserita nelle case non è realtà casuale: infatti fu edificata alla fine del quattrocento, su munifica donazione di un cardinale portoghese, nel sito dove già nel secolo precedente avevano sede due case francescane dedicate all’assistenza dei pellegrini di quella nazione. Ecco così spiegata la dedicazione: Sant’Antonio dei portoghesi. Una chiesa a “corredo” delle povere abitazioni destinate ai pellegrini. Non sarà un ambiente ricco, ma neanche povero: anche i poveri gradiscono la bellezza. Già dalla pianta, elegantemente suddivisa con un ritmo ternario, prima la navata, poi la piccola cupola con le cappelle laterali principali, infine la parte presbiteriale, noteremo un proliferare di angoli stondati e di aggetti che ci fanno immaginare un ambiente ricco di rifrazioni e colori; e l’impressione è confermata varcando la soglia dello slanciato portale di ingresso: i riflessi dei marmi policromi che rivestono le parti focali della navata e delle cappelle si fondono con gli stucchi biancoverdi-dorati di pilastri, volte e pareti e con il riverbero delle parti lignee lucidate o dorate, come la cantoria con l’organo. È quel tipo di chiesa che spesso si ritiene troppo “barocca” e alla quale si contrappone la sempliciSTUPIRCI DELL’AMORE

tà “spirituale” delle pievi romaniche. Io personalmente, nato e cresciuto a Roma, in tale ambienti mi sono sempre sentito perfettamente a mio agio: anzi potrei dire che quel moltiplicarsi di rifrazioni cromatiche, abbondanti forse, ma disposte secondo un preciso disegno che guida il nostro sguardo verso l’altare, non mi è mai sembrato pura e semplice esibizione di sfarzo. Chi ha voluto usare quel linguaggio architettonico, elaborato già alla fine dell’impero romano (ma che troviamo espresso anche nelle scritture, basti pensare a certi passi dei profeti o all’Apocalisse), voleva fargli pronunciare un discorso cristiano, renderlo capace di esprimere la multiforme e sfaccettata natura della luce divina. Pertanto, entrare in una di quelle chiese è come immergersi in una sorta di caleidoscopio ordinato, che può orientare ed accompagnare a meraviglia la nostra preghiera. Ma cominciamo la nostra visita avanzando verso il presbiterio. Ai lati della navata si aprono delle cappelle, “abitabili” ma non troppo profonde. Nella prima cappella a sinistra, alla

I santi Sebastiano, Antonio Abate e Vincenzo di Saragozza, di Marcello Venusti, 1590


nostra sinistra troviamo una graziosa pala con S. Sebastiano, S. Antonio Abate e S. Vincenzo da Saragozza, di Marcello Venusti, uno dei pochi “discepoli” di Michelangelo che rimase fedele fino alla fine al maestro, immenso genio dal carattere impossibile. Un riflesso di questo discepolato lo possiamo vedere nel S. Sebastiano, con la sua elegante torsione ed il braccio destro levato in alto in contrapposto con il ginocchio sinistro piegato; ma forse questa eleganza è qui un po’ leziosa ed io preferisco gli altri due santi, più severi nella loro posa, ma resi comunicativi dai gesti delle mani, disegnate con efficacia. Sull’altare della cappella vi è la mia opera preferita in questa chiesa, un acquisto recente, ma ambientatosi a meraviglia, una tavola di Antoniazzo Romano collocata qui negli anni trenta del secolo scorso: è una Madonna col Bambino tra S.Francesco e S.Antonio. Quando osservo questo tipo di opere del tardo quattrocento non posso fare a meno di pensare che quella non fu certo un’epoca di pace, a nessun livello: problemi politici, sociali, controversie religiose, scandali... Eppure osservando quelle figure, nel loro rotondo ed armonioso posizionarsi in uno spazio delicatamente definito tra il pavimento in elegante prospettiva e lo sfondo dorato, quando incrocio lo sguardo diretto e sereno di quelle sacre immagini, mi sembra che rappresentarli così realizzi l’espressione di un anelito profondo alla pace, forse più interiore che esteriore, un “desiderio di pace a fondo oro”, che si esprime mirabilmente nella ricerca di una simmetria classicamente romana (ben meritato questo soprannome dal pittore, il cui vero nome era Antonio Aquili), simmetria non fredda ma in certo modo “affettuosa” per il senso di umanità che traspare dalle figure. Ma inoltriamoci ora nel presbiterio, a cui quattro massicci pilastri angolari danno una forma di rettangolo stondato (forse Steve Jobs non ha inventa-

Pianta della chiesa di S.Agostino dei Portoghesi to proprio tutto...) ed il cui spazio si apre ampio ed avvolgente tra le cappelle laterali e l’altar maggiore. Sulla sinistra osserveremo una elegante, anch’essa ellittica, consolle di organo. Lo strumento è alle nostre spalle sulla cantoria sopra alla porta di ingresso, racchiuso in un maestoso intaglio dorato barocco. L’esterno è antico ma il cuore dello strumento è nuovo, essendo stato oggetto di un completo rifacimento su progetto del grande organista francese Jean Guillou. Non mancate di ascoltarne le sue calde e “speziate” sonorità; nella chiesa ha luogo un ricco programma di concerti e celebrazioni accompagnate dalla musica. Tornando verso l’uscita troveremo nelle cappelle di destra degli interessanti monumenti funebri. Nella seconda cappella a destra, sul cui altare spicca un “appariscente” Battesimo di Cristo, ai lati, tra due edicole marmoree, vi sono le statue a mezzo busto di due coniugi, il marito, il ricco mercante Giovan Battista Cimini a sinistra; la moglie Caterina Raimondi a destra, entrambe opere dello scultore tardo seicentesco Andrea Fucigna (scultore certo lontanissimo dalle vette di Bernini, presente con opere consimili in chiese distanti pochi centinaia di metri da questa). I defunSTUPIRCI DELL’AMORE

ti si rivolgono verso l’altare, in atteggiamento orante: sembrano affidarsi alla divina misericordia, che si fa presente nell’eucarestia; tuttavia, dopo tanti secoli, anche noi ci sentiamo invitati alla preghiera, ci uniamo alla loro, forse soprattutto a quella della moglie, intensa e vera nel suo sobrio abito accollato. Si innesca una “corrispondenza di amorosi sensi” come dirà Foscolo, qualche decennio dopo. E infatti, nella cappella successiva verso l’ingresso, la prima di destra, troviamo un contemporaneo dell’inquieto poeta veneziano, artista veneto anch’esso, Antonio Canova. È l’unica stella di prima grandezza che troviamo in questa piccola chiesa, anche se non presente qui con un capolavoro dei più celebrati. Il Monumento funebre dell’ambasciatore Alessandro de Souza Holstein è un’edicola marmorea di marmo bianchissimo che spicca tra le lastre scure e dorate che la circondano. Il defunto è effigiato di profilo, mentre una leggera elegante figura simbolica, che altre volte lo scultore denominerà essere l’amicizia o la gratitudine, piange sommessamente chinandosi verso l’effigie. È interessante notare che qui l’origine iconografica è senza dubbio riferibile alle stele funerarie dell’antica Grecia, prodotte in numerosissimi esemplari e con modalità seriali dopo la guerra del Peloponneso. Ma lì il defunto era rappresentato in momenti della sua vita, con accenti in molti casi davvero struggenti. Qui l’operazione di Canova è più astratta. Tuttavia anche questa volta siamo portati ad identificarci nella figura piangente; in quel momento rappresenta anche noi che viviamo amicizia, gratitudine, amore verso i cari che ci hanno lasciato. Più che al lontano ambasciatore settecentesco è ad altri che si rivolge il nostro pensiero, ma questo, a ben pensarci, è un regalo dell’ambasciatore stesso o di chi ha voluto ricordarlo; e così il legame “di amorosi sensi” ritorna, rafforzato dalla speranza della vita

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eterna, in cui nulla andrà perduto. Insomma, carissimi, ecco cosa può succederci a passeggiare in un centro storico e ad entrare in una chiesa. Che miriade di emozioni, riflessioni, conoscenze... E potremmo, quasi casualmente, capire quanto il linguaggio elaborato dai nostri artisti del Ri-

nascimento, alcuni tra i più autentici padri della nostra nazione, fosse in grado di “inglobare” una miriade di spunti figurativi, tra i più lontani e disparati, dall’antico Egitto, al mondo classico, alla cultura orientaleggiante, al medioevo nordico; con suggestioni continue provenienti anche da altre

arti, come l’epigrafia, la calligrafia, la poesia, la poesia liturgica, la musica... creando una sorta di “opera d’arte totale” prima e meglio di Wagner. E tutto per la gioia, e talvolta per la gloria dei fedeli, ma, in fin dei conti, soprattutto, “ad maiorem Dei Gloriam”.

in RETE

chiesa e internet. storie, novità e applicazioni dal mondo della rete

App della fede : ACS PWEB : per la creazione e gestione dei siti parrocchiali italiani Con la nuova app di Aiuto alla Chiesa che soffre basta un touch per ricevere le ultime notizie sulla Chiesa che opera in ogni angolo del pianeta, e sostenere i cristiani che vivono nelle zone di persecuzione e violenza. L’app è ricca di video, foto, testimonianze, interviste e raccoglie info dettagliate sugli oltre 5500 progetti che ogni anno ACS realizza in 145 Paesi: dal sostegno ai rifugiati in Medio Oriente, al supporto alle radio diocesane in Africa oltre che la promozione delle campagne di raccolta fondi. Per essere sempre aggiornati sui progetti a favore dei cristiani in difficoltà, per vedere da vicino come la Chiesa aiuta gli ultimi e non lascia mai soli i suoi figli. E per diventare grandi protagonisti di solidarietà: nell’app c’è una sezione interamente dedicata alle donazioni e alla sottoscrizione del 5x100. Costo: l’app è gratuita ed è disponibile su iTunes e Google Play

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PWEB è la nuova piattaforma online per la creazione e gestione dei siti parrocchiali italiani. Consente ad ogni parrocchia di gestire il proprio sito web, in autonomia e con assoluta semplicità, aggregare contenuti provenienti da fonti autorevoli, integrare i propri social network.

PWEB nasce dal progetto nazionale PMAP e si integra facilmente anche con altri strumenti di gestione e comunicazione, come SIPA e SIPAConnect. Si basa su piattaforma gestita Wordpress. PWEB è anche una community aperta a tutte le Parrocchie

Chiesa e web: “Aleteia”, per i cercatori della verità

“Un network cattolico mondiale di informazione, approfondimento e condivisione di risorse, su questioni di fede, vita e società. Aleteia è un’iniziativa di evangelizzazione nel mondo digitale, lanciata nell’autunno 2011 a Roma.

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Aleteia non dipende da alcun movimento in particolare, ed è promossa dalla Fondazione per l’Evangelizzazione attraverso i Media (fem-roma. org), realtà nata con l’obiettivo di dinamizzare la presenza dei cristiani nei mezzi di comunicazione.”


Verbo di Dio, donaci di vivere con cuore aperto per riconoscere il tuo passaggio in chiunque incontriamo. Vieni, Signore Gesù!

ESPERIENZE DI VITA, LA RIVISTA è ON LINE Gli appartenenti al Piccolo Gruppo di Cristo hanno la possibilità di accedere al sito internet www.piccologruppo.it e poter leggere la rivista “Esperienze di Vita” direttamente in rete, cioé senza avere materialmente tra le mani la stessa rivista in formato cartaceo. Anche un qualunque visitatore del sito internet può farlo. Naturalmente occorre che qualcuno lo guidi a conoscere il sito e lo invogli a leggere le pagine della rivista. La rivista in formato cartaceo che ognuno di noi riceve può diventare un dono a qualche familiare, amico o conoscente che possa avere un interesse per il discorso religioso e di vita evangelica, e che magari si intende avvicinare al “Gruppo”.

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GEORGES DE LA TOUR, L’adorazione dei Pastori (c. 1644) Olio su tela, cm 107 x 131, Museo del Louvre, Parigi.

L’opera di Gorge de La Tour, fissa l’antro oscuro della grotta di Betlemme. Dallo sfondo bruno emergono le figure di Maria, Giuseppe e dei pastori avvolti nei toni caldi del marrone, nel rosso infuocato, nei giochi di luce prodotti da una tremula fiamma.I pastori e la levatrice ci stanno di fronte. Sono giunti lì di corsa, senza indugio, ma ora si sono come arrestati di fronte all’indicibile mistero che anima quel luogo, quel Bimbo. L’autore togliendo ogni segno religioso esterno, ogni altro elemento di disturbo, ambientazione, asino o bue o vistosa paglia, ci costringe a scandagliare dentro il nostro cuore e ad immedesimarci ora nell’uno e ora nell’altro dei personaggi qui descritti, ad interrogarci su come la luce di questa Presenza investe la nostra vita e la governa.


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