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ZANARDI IL FUTURO
from PINK BASKET N.29
by Pink Basket
PRIMO PIANO - DI SIMONE FULCINITI
FIGLIA D’ARTE, HA DISPUTATO UNA STAGIONE STREPITOSA NELLE FILE DEL BRIXIABRESCIA. LA PRIMA IN SERIE A2, COMINCIATA A SOLI 15 ANNI. MANI RAPIDE, SOLIDITÀMENTALE E DESIDERIO COSTANTE DI MIGLIORAMENTO LE SUE ARMI VINCENTI
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Carlotta Zanardi, nata il 13 marzo del 2005, ha appena compiuto 16 anni. Un’età in cui le ragazzine trascorrono il tempo sui social, in giro con gli amici, e scelgono con cura l’abito da mettere per l’uscita serale. Lei invece vive su un altro pianeta, quello della pallacanestro. Nella sua prima stagione in serie A2, con la maglia del Brixia Brescia, allenata dal padre Stefano, ha letteralmente sbaragliato il campo, trascinando a suon di punti e giocate straordinarie la propria squadra al secondo posto nella classifica generale di regular season. Cifre mostruose, considerando l’età. Una volta ne ha messi 35, un’altra ha piazzato una tripla doppia. Un vero portento della natura, con l’animo gentile ed una forte carica di simpatia.
Carlotta, quali sono stati i tuoi inizi?
«I miei genitori hanno sempre vissuto di basket; mia madre Laura Marcolini ha giocato fino a pochi anni fa (anche in A1, ndr), mio padre ha cominciato ad allenare molto giovane. E quindi possiamo dire che sono nata con la palla a spicchi in mano. Avevo poche settimane ed ero già in palestra, appena possibile ho cominciato i corsi di minibasket nel Brixia. Poi le prime partite tra maschi e femmine, e la trafila delle giovanili, la serie B e quest’anno la A2».
Ricordi il debutto assoluto?
«La prima partita, non l’ho mai giocata. Non ero andata a scuola per qualche motivo, e i miei non mi permisero di giocare. La seconda, invece, la ricordo bene, avevo gran voglia di scendere in campo. Eravamo solo tre femmine ma ci facevamo rispettare, e abbiamo vinto».
L’inizio della grande avventura…
«Il primo anno nel settore femminile, con le Under 13 sono arrivata alla finale regionale, vincendola. E abbiamo vinto lo scudetto nel Join the Game 3x3”. Il successivo, con le Under 14 abbiamo avuto una stagione sfortunata e ci siamo fermate al primo turno play off. Poi un secondo posto alle finali nazionali con l’Under 16, a Chianciano Terme. L’anno scorso tutto bloccato e adesso ci aspettano le finali di Coppa Italia, e la seconda fase del campionato con l’Under 18 Elite».
Quando hai capito di avere la stoffa giusta per fare il salto tra le senior?
«Nella mia società anche se non giochi in prima squadra ti puoi allenare col gruppo senior. Visto che il mio ruolo è playmaker mi confrontavo con la playmaker titolare e mi rendevo conto di essere all’altezza della situazione, ero tranquilla; ho pensato che probabilmente sarei potuta stare in campo in un campionato senior e così è andata».
Una roboante serie B e poi è arrivata l’A2…
«Ad inizio anno sapevo che sarebbe stata dura, ma il coach, mio padre, mi ha detto di stare serena. “Se ti facciamo giocare significa che per noi sei pronta”. Le prime partite sono state necessarie per capire. Ma essendo abituata a lavorare con le più grandi è andata bene. Dalla terza partita ho iniziato a migliorare, aggiungendo sempre qualcosa al gioco».
Prima esperienza e una partita da tripla doppia…
«Ma non è stata la prestazione migliore dell’anno. Inoltre lo score personale l’ho scoperto a fine gara, dai tanti messaggi che mi sono arrivati. Con tutto il rispetto, Bolzano non era una squadra di massimo livello. In altre circostanze invece ho fatto meglio, dove vincere era importante».
Quali è stata allora la migliore partita che hai disputato?
«Quella contro Cus Cagliari: non per i 35 punti realizzati, ma perché ho fatto ogni scelta tranquilla, sciolta, dando il mio contributo, aiutando a vincere una partita difficile. Oppure la penultima contro Faenza, dove non ho iniziato bene, ma ho fatto cose buone e canestri importanti verso la fine. Lì abbiamo ottenuto il secondo posto matematico. Dentro di me sapevo che era una gara importante».
E la più difficile?
«Contro Livorno: venivo da un piccolo infortunio, non ero in forma, sono subentrata dopo e ho fatto fatica. Ma si deve provare a dare tutto quello che si ha, anche quando non si è al top. Male anche in una partita a Cagliari: io so di esserci sempre di testa, non vedo l’ora che arrivi il week end. Ma in quella occasione mi misi in difficoltà da sola, proprio di testa, troppi pensieri, difficile».
Tu e Matilde Villa siete universalmente riconosciute come le rivelazioni della stagione, quali sono i rapporti tra voi?
«Io e Matilde ci conosciamo da anni: ricordo la prima volta nel 2017 in un torneo con la selezione della Lombardia. Di lì ci siamo trovate qualche volta, anche in nazionale. Abbiamo un bel rapporto, ci sentiamo e in caso di belle prestazioni siamo le prime a farci i complimenti. Magari qualcuno può pensare ad una rivalità accesa. Forse in campo. Fuori siamo super amiche».
Altre giovani interessanti, su cui puntare?
«Vedendo le partite delle nazionale, direi Giulia Natali; e Alessandra Orsili, che sembra sia molto simpatica e particolare. Non le conosco di persona, ma mi sono sempre piaciute. Natali è determinata, sa fare le cose. E aggiungo Ilaria Panzera».
Purtroppo per Brescia, i play off non sono andati benissimo. Cosa è successo?
«L’inesperienza ha pesato; e il fatto che, probabilmente, tutti si aspettavano molto, visto il campionato disputato. Ad un certo di punto della stagione dopo la striscia vincente ci chiedevamo come avessimo fatto. Poi le difficoltà del viaggio: io ho paura dell’aereo e la prima partita fuori ha condizionato, anche molte mie compagne. Nonostante tutto potevamo farcela, siamo arrivate punto a punto, c’è mancata la spinta finale, Ci dispiace, è il modo peggiore per uscire dai play off 2-0 al primo turno. Un giorno doloroso che non macchia una stagione incredibile. Erano i primi play off per tutte. Ci riproveremo, cercando di fare di più».
Quali sono gli obiettivi futuri?
«Prossimo step salire di categoria, ma non l’anno prossimo; penso infatti di restare a Brescia. Non voglio fare in fretta ad alzare l’asticella. Voglio essere pronta fisicamente e mentalmente. Ho bisogno di restare ancora qui. Quando sarà, si vedrà».

Scuola, basket, come fai ad organizzarti?
«Non so come sia una vita differente; comunque ho appena finito il secondo anno di superiori, anche se pochissimo in presenza, e sono sempre riuscita a rispettare gli impegni. Certo ci sono sacrifici, ma non me ne sono mai né pentita né lamentata».
Cosa pensano i compagni di questa tua vita “speciale”?
«Purtroppo non sono riuscita a legare tanto con loro, come farebbe uno studente normale. Ho saltato parecchi giorni per lo sport e non posso uscire con gli amici. Non condividiamo la stessa passione per la pallacanestro. È sempre stato così e va bene. Magari avrò nuove occasioni nei prossimi tre anni».
La tua routine giornaliera?
«La mattina vado a scuola. Poi pranzo, e allenamento metà pomeriggio. Prima e dopo studio, e poi nulla. Non ho tempo per fare altro».
L’avversaria più forte che hai incontrato?
«Mi viene in mente Simona Ballardini di Faenza, con molti anni di basket alle spalle. Nel mio ruolo Packovski della Cestistica Spezzina: alta qualità, grande passatrice e realizzatrice. Mi rivedo un po’ in lei».
E la nazionale?
«La Nazionale, è un grande obiettivo. Negli ultimi anni ho fatto poco o nulla. Il primo anno mi sono infortunata, quindi solo un raduno di due settimane. Mi hanno aiutato molto, coccolata. L’anno dopo il Trofeo dell’Amicizia e il campionato europeo Under 16: una grande esperienza in Macedonia, affascinante. La prima volta che andavo all’estero e lo facevo come giocatrice di una nazionale, con coach Giovanni Lucchesi. Un gran bel ricordo, e spero di tornarci il prima possibile».
I punti di forza e le cose da migliorare di Carlotta Zanardi?
«Punto di forza, il tiro anche se devo riuscire a mantenere sempre la stessa tecnica, costanza nel movimento. Posso far meglio in difesa. Sto cercando di potenziare il fisico. Sono alta, ma magrolina, devo imparare a scontrarmi con le grosse taglie. Bene il cambio di velocità. Che alleno da sempre. Nel momento decisivo mi aiuta tanto. Mi piace passare la palla, un assist mi fa felice come un canestro. Devo esser più precisa, variare le tipologie, con passaggi complicati da leggere per le difese».
Libro o film?
«Non leggo molto, ma guardo film e qualche serie. Mi emoziono facilmente, mi faccio prendere dalle storie».
Qualche titolo?
«“La Casa di Carta”, non vedo l’ora che escano i nuovi episodi. Poi “the Hundred”, e l’italiana Summertimes. E con l’attore preferito Will Smith il film Focus, che mi è rimasto nel cuore».
Cosa diresti ad una bambina che approccia alla pallacanestro?
«Le consiglierei di essere se stessa: se inizi a fare uno sport perché lo fa una tua amica, non va bene se non ti senti. Ma quando hai preso una tua decisione mettici sempre il cento per cento, perché in questo modo in futuro, con la testa giusta, qualcosa riesci a fare, sarai orgogliosa e capirai che i sacrifici son valsi la pena».

Sei attiva sui social?
«Ho Instagram da poco (ccarlottazanardi), i miei non volevano, per paura che potesse creare dipendenza. Non lo uso molto. Accetto i complimenti, ringrazio, ma resto sulla mia strada. Lo uso per divertimento, non sono ossessionata come tanti».
Il tuo idolo sportivo?
«Lebron James. Mi piace la mentalità e le gran bella persona che è fuori dal parquet. Fa molto, aiuta con i soldi. Quando ha vinto la finale di conference l’anno passato non ha esultato dichiarando “il lavoro non è ancora finito”. La sua mentalità. Ho anche il libro di Kobe, Mamba mentality, super».
Hai un soprannome?
«Charly».
Portafortuna?
«No, nessuna scaramanzia».
Che musica ascolti?
«Musica degli anni 2000, una playlist con pezzi tipo “Low” Flo Rida, Lady Gaga “Poker Face”».
Carlotta, per concludere, la domanda scontata, ma necessaria. Cosa farai da grande?
«Non lo so. Da piccola pensavo di fare solo la giocatrice, arrivare ad altissimi livelli per potermi mantenere anche nel dopo carriera. Ora sono cosciente che capita solo a poche elette. Quindi non mi fermo: studio scienze applicate, che mi hanno consigliato, una solida base per tutto. Università sì, certo. Dopo il Liceo è necessaria, ovunque vada a giocare. Ma non so ancora di che tipo. Difficilissimo rispondere a questa domanda al momento attuale».