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COVID E INFORTUNI
from Pink Basket N.36
by Pink Basket
FOCUS di Eduardo Lubrano
IL CAMPIONATO 2021/22 È STATO CARATTERIZZATO DA TANTI RINVII A CAUSA DEL COVID E DAI RELATIVI RECUPERI. UNA STAGIONE SEGNATA PERÒ ANCHE DAI TANTI INFORTUNI SERI. ESISTE UNA CORRELAZIONE TRA QUELLO CHE HA PROVOCATO IL COVID E QUESTI INFORTUNI? IL NOSTRO APPROFONDIMENTO
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Ci sono stagioni che nascono con un marchio ben preciso. Quella che si avvia alla fine verrà certamente ricordata per l’enorme quantità di partite rinviate a causa dei contagi da Covid che hanno falcidiato le 14 squadre della serie A1. E dei relativi infortuni che hanno tolto dal palcoscenico alcune attrici. Per dare un’idea: dal 19 gennaio al 31 marzo solo le gare da recuperare sono state 30. Da sommare alle 56 delle giornate di campionato, più – relativamente a Schio e Venezia – quelle di Euroleague ed Eurocup poi per le veneziane. Un carico di lavoro che specie nel mese di marzo ha costretto alcune squadre a giocare a ritmi serrati, senza l’organico al completo, cambiando del tutto il modo di allenarsi e la preparazione atletica. Da luglio poi a marzo ci sono stati ben 16 infortuni diversi: 10 crociati, 2 caviglie, 1 menisco, 1 infiammazione al ginocchio, due di cui non abbiamo saputo la natura perché società ed atleta hanno scelto diversamente. Di più: da gennaio a marzo sono stati 6 gli infortuni alle ginocchia ed uno ad una caviglia. Tutti molto seri, nella maggior parte dei casi hanno costretto chi li ha subiti a saltare la stagione o a giocarne spiccioli, con tutta la fatica del rientro in campo dopo mesi e mesi. Ed allora? La domanda che ci siamo posti e che abbiamo posto ad alcuni esperti del settore è questa: esiste una correlazione tra quello che ha provocato il Covid e questi infortuni? Noi di Pink Basket già l’anno scorso ci eravamo fatti questa domanda, avendo a cuore davvero la salute delle giocatrici, ma era caduta nel vuoto.
Facciamo chiarezza. Il Covid ha provocato in quasi tutte le squadre un ribaltamento della metodologia di allenamento e da parte dei preparatori atletici un adattamento continuo ad una situazione che è cambiata di giorno in giorno. Perché le atlete costrette anche a brevi periodi di inattività hanno perso il ritmo degli allenamenti - a questo livello - per una settimana o dieci giorni e questo ha comportato un loro parziale reinserimento nel gruppo a discapito del lavoro globale della squadra. Ma non basta. Lavorare per una settimana in attesa della gara del sabato o della domenica e poi avere la notizia all’ultimo momento che non si sarebbe giocato, ha comportato continui stop and go che anche a livello psicologico non hanno fatto bene alle atlete. “Il lavoro psicologico è stato uno dei più importanti in questo periodo – dice Maurizio Tripodi, responsabile preparazione atletica e personal trainer che lavora presso Sistemha, un centro di attività fisica e movimento a Saronno in provincia di Varese – perché molti atleti ed atlete sono ancora alle prese con gli effetti del primo lunghissimo e devastante lockdown del 2020”.
Nel luglio del 2020 Tripodi ha scritto un articolo nel quale tra le altre cose ha riportato le conclusioni di uno studio pubblicato sul giornale scientifico “Science and Medicine in Football” a firma di Franco Impellizzeri (University of Technology Sydney), Martino Franchi (Università di Padova), Fabio Sarto (Università di Padova), Tim Meyer (Saarland University) e Aaron J. Coutts (University of Technology Sydney) che ci spiega il perché di questo innalzamento degli infortuni nel periodo post lockdown.
In quello studio, fatto sul calcio, ci sono tre affermazioni che con le dovute cautele e con i dovuti paragoni, si possono accostare a quanto accaduto alla nostra serie A1: “Una riduzione della quantità e della qualità dell’allenamento fa decrescere i parametri fisiologici fondamentali per la performance; non avere a disposizione il tempo necessario per ricondizionare gli atleti può portare a un aumento del rischio di infortuni; le Federazioni Sportive devono avere la consapevolezza che la decisione di quando e come riavviare le attività competitive determina delle conseguenze a livello di salute e di rischio infortuni”. Abbiamo già detto che lo studio si riferisce al calcio, ma fa riflettere se si pensa alle varie Bashaara Graves, Cinzia Arioli, Francesca Russo, Sydney Wiese e Sara Crudo che nei primi due mesi e mezzo di questo 2022 hanno visto saltare le loro ginocchia (a cui si aggiunge il recentissimo infortunio di Lucas). O a Nina Premasunac che ha dovuto farsi operare alla caviglia. Crediamo però che nelle tre affermazioni riportate qui sopra, ci siano delle “piccole” e magari banali verità, che racchiudono un mondo. Se non ti alleni e giochi soltanto (tre partite a settimana!), soprattutto quando non sei abituato a questo ritmo – cioè 12 squadre tranne Venezia e Schio – il rischio di infortuni sale esponenzialmente.
Avere la rosa incompleta per gli allenamenti, per diverse settimane qualche squadra si è allenata con 4 senior e molte giovanissime, ha voluto dire un carico di lavoro superiore per le 4 grandi mentre aspettavano che le “contagiate” si negativizzassero e ricominciassero la preparazione. Con i preparatori costretti ai salti mortali per cercare di recuperare una “programmazione lineare” come dice sempre Tripodi. Infine la questione delle date. Il campionato è iniziato quasi regolarmente. Ma tranne le infortunate estive, Martina Spinelli e Sara Ronchi, da ottobre in avanti è stato un calvario: Giulia Ianezic, Francesca Pan, Ruth Hebard, Myisha Hines-Allen, Chiara Consolini. Più Charlie Collier e Samantha Ostarello delle quali però non si conosce la natura dell’infortunio, quindi le riportiamo solo per dovere di cronaca ma non possono entrare in nessun ragionamento. Fino alla decima giornata è andato tutto bene, salvo il fatto che nel fine settimana del 30 ottobre non si è potuto giocare Sassari-Ragusa per il maltempo che ha devastato la città siciliana, impedendo alla squadra di partire per la Sardegna. Dunque fino al 12 dicembre tutto bene. Poi non si è capito più nulla. E si è arrivati a quella “scorpacciata” di partite di 71 giorni che se all’inizio poteva essere un’opportunità per dare visibilità al movimento – ovviamente opportunità persa – poi si è trasformata in una rincorsa dapprima ad avere almeno cinque/sei giocatrici da mettere in campo, poi anche a cercare qualche escamotage per rinviare ulteriormente alcune gare nonostante ci fosse stato un accordo per giocare con 6 giocatrici disponibili tra le società. Infine ad una ripresa degli infortuni in serie che hanno davvero inciso sul campionato.
Un altro esperto che abbiamo sentito, Daniele Procario - un osteopata che lavora a Roma e che di basket ne sa qualcosa (ed è anche l’osteopata ufficiale del Frosinone calcio) - ci offre un altro quadro della situazione: “Gli stop and go, il dover interrompere e riprendere gli allenamenti non ha soltanto un riflesso sul tono/ trofismo muscolare. Lo stress psico-fisico che hanno vissuto le atlete incide profondamente sul muscolo diaframma e quindi sul sistema lombo / viscero / pelvico creando una serie di alterazioni propriocettive e posturali. Considero il ginocchio una articolazione neurologica strettamente dipendente da catene discendenti. Il continuo interrompere ha costantemente alterato la capacità propriocettiva e gestionale del gesto tecnico con conseguente aumento della possibilità di infortunio”.
Insomma gli infortuni non vanno valutati solo alla luce di una questione muscolare e questo i preparatori, gli osteopati, gli allenatori lo sanno bene, ma anche alla luce della situazione emotiva e fisica in generale di un’atleta. A parte gli allenatori, i preparatori atletici ed i medici societari, ne è stato tenuto conto da chi ha deciso l’affollamento del calendario di questi mesi? In una intervista al sottoscritto per il sito pianetabasket. com, il presidente della Lega Basket Femminile, Massimo Protani, aveva adombrato l’ipotesi che le Final Eight di Coppa Italia (altre 3 partite per chi è arrivato in finale) si sarebbero potute spostare in un’altra data, magari prima dell’inizio della prossima stagione. Macchè: un bel fine settimana lungo dal 24 al 27 marzo. E con due recuperi messi in campo sabato 26 e domenica 27, ovviamente di squadre non coinvolte nelle F8, almeno questo. Quindi la risposta è no, nessuno dei dirigenti ha tenuto conto che, come dice quell’affermazione dello studio citato all’inizio di questo articolo: “Le Federazioni Sportive devono avere la consapevolezza che la decisione di quando e come riavviare le attività competitive determina delle conseguenze a livello di salute e di rischio infortuni”. Ed anche se è un dolore scriverlo ed annotarlo, c’è quasi da dire meno male che la Nazionale maggiore non dovrà giocare i Mondiali questa estate. Ma le Nazionali giovanili hanno i rispettivi campionati europei. In che condizioni arriveranno ai raduni quelle che hanno giocato così tanto? Perché come sappiamo abbiamo un buon numero di Under 20 che giocano minuti importanti in A1...
Ora però bisogna rispondere alla domanda principale: il Covid, i suoi effetti, gli stop and go, le troppe partite cui le società sono state costrette in un tempo brevissimo hanno una relazione diretta con gli infortuni di cui abbiamo parlato? Non c’è un’evidenza scientifica, nessuno ha avuto il tempo ancora di fare degli studi che sono complessi e che dovrebbero comprendere prima di tutto un’anamnesi individuale di tutte le giocatrici coinvolte. Ma il sospetto è forte. Non solo in chi scrive.