Lavorare
al sicuro
Guida per tutti (o quasi) gli ambienti di lavoro Giuseppe e Luigi Oliverio
in collaborazione con il
Le guide di
SICURO
al
LAVORARE
di
Giuseppe e Luigi Oliverio
Guida per tutti (o quasi) gli ambienti di Lavoro
Questa guida è stata realizzata nell’ambito del progetto: “Cooperazione ricerca-impresa e generazione di nuove imprese innovative” finanziato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e gestito da CALPARK - Parco Scientifico Tecnologico della Calabria Le guide di In collaborazione con il Loc. S. stefano, 87036 Rende (Cs) tel. 0984 446897 - fax 0984 447009 http://www.calpark.it e-mail: infocalpark.it
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Copyright © 2003 Riproduzione vietata tutti i diritti riservati dalla legge sui diritti d’autore TESTI Giuseppe e Luigi Oliverio CONSULENTI CALPARK Salvatore Straface Francesco Maccaronio OTTIMIZZAZIONE Rosa Fabiano DISEGNI Massimo Barberio REALIZZAZIONE GRAFICA Cosenza STAMPA San Giovanni in Fiore EDIZIONI ISBN 88-88637-06-0
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Nota per il lettore Questa guida si prefigge lo scopo di aumentare la conoscenza e di tenere viva l’attenzione attraverso una costante riflessione sui temi della sicurezza e dell’igiene sul lavoro, convinti che informazione e formazione permanente siano indispensabili per fare prevenzione al fine di migliorare le condizioni di sicurezza e ridurre i rischi di infortunio. Da molti anni, attraverso l’emanazione di leggi e l’elaborazione di norme comportamentali, il potere legislativo e gli altri Enti preposti, si sono posti il problema di come tutelare la sicurezza sul lavoro e quindi la salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro riducendo i rischi, anche quelli intrinseci che sono propri di ogni attività. Nonostante ciò, ogni anno, ci sono migliaia di incidenti sul lavoro con più di 1000 morti e migliaia di invalidi. E’ un costo umano insostenibile, oltre che un costo sociale altissimo in termini di giornate di non lavoro e indennizzi per infortuni e malattie professionali. Ciò dimostra che quanto si fa è ancora insufficiente. Tutelare la salute e l’incolumità dei lavoratori nei luoghi di lavoro deve essere uno dei compiti primari per uno Stato moderno. La lettura dei dati succitati impone a tutti la seguente riflessione: non basta applicare “freddamente” le leggi, (che vanno applicate e rispettate), ma è necessaria la consapevolezza che lavorare in sicurezza, oltre a tutelare la vita umana, aumenta anche la ricchezza del Paese e contribuisce notevolmente alla riduzione dei costi sociali. Assicurare tali condizioni è quindi indispensabile per una sana competitività economica. Da più parti si afferma che “prevenire è meglio che curare”, bisogna aggiungere che “conoscere è gia prevenire”, quindi, bisogna aumentare l’impegno per diffondere la “cultura della prevenzione”. A tale compito tutti debbono essere interessati: lavoratori, progettisti, costruttori, preposti, dirigenti, datori di lavoro, ecc. Da studi effettuati su infortuni, in molte aziende, si riscontra che l’incidenza è maggiore tra i lavoratori con pochi anni di servizio per scarsa esperienza, e tra quelli con anzianità alta, per eccessiva fiducia nelle proprie esperienze ed abilità, che inconsapevolmente, trascurano l’adozione di alcune norme. In questa guida il lettore troverà ampi spunti per un’attenta riflessione. Si è accompagnata la descrizione dei vari temi con indicazioni di tipo pratico, con disegni esplicativi e didascalie. Tutto ciò allo scopo di rendere la fruizione più agevole e gli argomenti più comprensibili. L’augurio è che questa guida favorisca la prevenzione ed il raggiungimento di un grado maggiore di sicurezza sui posti di lavoro, renda possibile il contenimento del fenomeno infortunistico e migliori le condizioni di vita sul lavoro. Gli Autori
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GLI AMBIENTI DI LAVORO
1.1
INTRODUZIONE
A norma dell’Art. 4 del D. Lgs n. 626/94, “il datore di lavoro ....., in relazione alla natura dell’attività dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, deve valutare, nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché della sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti i gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari”. Quindi la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori è il primo e più importante passo per l’attuazione del programma di prevenzione e sicurezza. Tale valutazione dei rischi deve articolarsi secondo le seguenti fasi: a) identificazione dei rischi b) valutazione dell’esistenza ed efficacia delle misure di prevenzione e protezione c) definizione delle ulteriori misure di prevenzione e protezione da adottare d) elaborazione di un programma di attuazione delle misure di prevenzione e protezione di cui alla lettera (c), basato su un criterio di priorità temporale che sia funzione della probabilità di accadimento di un incidente o danno generico alla salute e dell’entità del danno stesso. Uno strumento generale di valutazione dei rischi professionali dovrà quindi rifarsi, almeno in prima istanza, a criteri operativi semplificati che consentano di soddisfare comunque ad alcuni requisiti, peraltro definiti in altrettante fasi dalle stesse linee guida europee: I. assicurare la maggiore sistematicità possibile al fine di garantire l’identificazione di tutti i possibili rischi presenti; volendo specificare più in dettaglio, questo include due momenti concettualmente distinti: l individuazione e caratterizzazione delle fonti potenziali di pericolo (sostanze, macchinari, agenti nocivi, etc...). Questa fase deve consentire di conoscere le evidenze oggettive di tipo tecnico ed organizzativo che possono generare rischi per i lavoratori. Il rischio si genera nel caso in cui, evidentemente, siano presenti lavoratori esposti a ciascuna fonte individuata. l individuazione e caratterizzazione dei soggetti esposti: esame di ciascun gruppo di soggetti esposti alla fonte di pericolo ed individuazione del tipo di esposizione in funzione di una molteplicità di parametri, che vanno rilevati (fattori di prevenzione e protezione dei soggetti a rischio), quali: - grado di formazione e di informazione; - tipo di organizzazione del lavoro ai fini della sicurezza; - influenza di fattori ambientali, psicologici specifici; 5
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presenza ed adeguatezza dei Dispositivi di Protezione Individuali presenza ed adeguatezza di sistemi di protezione collettivi; presenza ed adeguatezza di Piani di Emergenza, Evacuazione, Soccorso; - Sorveglianza Sanitaria II. procedere alla Valutazione dei rischi in senso stretto, per ciascuno dei rischi individuati alla fase I: ciò significa poter emettere un giudizio di gravità del rischio e quindi di conformità ed adeguatezza della situazione in essere, rispetto alle esigenze di prevenzione e protezione dai rischi; III. consentire l’individuazione delle Misure di Prevenzione e Protezione da attuare in conseguenza degli esiti della Valutazione e stabilire il Programma di Attuazione delle stesse in base ad un ordine di priorità. Infine un metodo semplificato della valutazione deve consentire di individuare ove esistano, quei rischi particolari per i quali sono necessarie valutazioni più approfondite. E’ importante osservare che la fase di Identificazione dei Rischi è sostanzialmente la stessa, qualunque approccio si voglia seguire; si tratta anzi della fase spesso più problematica perché lasciarsi sfuggire un rischio potenziale in questa fase significa non poterlo prendere in considerazione successivamente a tutto scapito della sicurezza che si può pensare di raggiungere; né esistono a tale proposito metodi rigorosi capaci di garantire la voluta esaustività. L’unico criterio possibile che viene in aiuto in questa fase è quello del maggior grado possibile di sistematicità nel passare in rassegna entrambi i seguenti aspetti: - la realtà aziendale: postazione di lavoro, aree, operazioni unitarie, condizioni operative, mansioni; - l’inventario dei rischi possibili: rischi per la salute e l’incolumità legati a tutti i potenziali fattori, noti attraverso l’esperienza e la casistica precedente sia a livello aziendale che di settore di attività. E’ bene chiarire, tuttavia, che il significato primo del riferimento legislativo è, in questo contesto, il medesimo degli altri riferimenti utilizzati, cioè quello di una preziosa sorgente di conoscenza in materia di Sicurezza ed Igiene del lavoro, da utilizzarsi in sede di identificazione dei rischi e come fonte per eventuali successivi approfondimenti. Lungi dal ritenerla esaustiva, tale Guida si pone l’obiettivo di divenire, per il datore di lavoro, preziosa sorgente di informazione in grado di permettere una corretta valutazione dei rischi, ed ancorpiù per i lavoratori, una preziosa sorgente d’formazione sui rischi associati agli ambienti di lavoro in cui sono chiamati ad operare.
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1.2
LAVORO NEGLI UFFICI
Negli uffici si possono nascondere delle insidie per la salute, ma sono sufficienti degli accorgimenti, sia di carattere strutturale che comportamentale.
Accorgimenti strutturali l
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Pavimenti: debbono essere esenti da protuberanze, cavitĂ o piani inclinati pericolosi, devono essere fissi ed antisdrucciolevoli. Finestre e porte: devono poter essere aperte, chiuse, regolate e fissate dai lavoratori in tutta sicurezza. Quando sono aperte esse devono essere posizionate in modo da non costituire un pericolo per i lavoratori.
Accorgimenti comportamentali l l l l l
Non lasciare cassetti ed ante di armadi aperti. Non lasciare sedie, attaccapanni o altri oggetti fuori posto, specie nei luoghi di transito. Non trasportare oggetti troppo voluminosi. Non salire su sedie o cassetti (usare apposite scale). Non stendere prolunghe elettriche in modo non idoneo. 7
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Non utilizzare prese multiple, quando necessita, utilizzare la cosiddetta scarpetta (lo strofinìo dovuto al peso delle prese-spine può provocare scintillìo, e a causa del surriscaldamento dovuto all’eccessivo carico, possono essere causa d’incendio). Non staccare le spine elettriche tirando per il filo. Non aprire quadri ed apparecchiature elettriche se non si è esperti.
Attrezzature
a) Osservazione generale L’utilizzazione in sé dell’attrezzatura non deve essere fonte di rischio per i lavoratori. b) Schermo I caratteri sullo schermo debbono avere una buona definizione e una forma chiara, una grandezza sufficiente e vi deve essere uno spazio adeguato tra i caratteri e le linee. L’immagine sullo schermo deve essere stabile, esente da sfarfallamento o da altre forme di instabilità. La brillanza e/o il contrasto tra i caratteri e lo sfondo dello schermo debbono essere facilmente regolabili da parte dell’utilizzatore del 8
videoterminale e facilmente adattabili alle condizioni ambientali. Lo schermo deve essere orientabile ed inclinabile liberamente e facilmente per adeguarsi alle esigenze dell’utilizzatore. E’ possibile utilizzare un sostegno separato per lo schermo o un piano regolabile. Lo schermo non deve avere riflessi e riverberi che possano causare molestia all’utilizzatore. c) Tastiera La tastiera deve essere inclinabile e dissociata dallo schermo per consentire al lavoratore una posizione confortevole e tale da non provocare l’affaticamento delle braccia e delle mani. Lo spazio davanti alla tastiera deve essere sufficiente onde consentire un appoggio per le mani e le braccia dell’utilizzatore. La tastiera deve avere una superficie opaca onde evitare i riflessi. La disposizione della tastiera e le caratteristiche dei tasti debbono tendere ad agevolare l’uso della tastiera stessa. I simboli dei tasti debbono presentare sufficiente contrasto ed essere leggibili dalla normale posizione di lavoro. d) Piano di lavoro Il piano di lavoro deve avere una superficie poco riflettente, essere di dimensioni sufficienti e permettere una disposizione flessibile dello schermo, della tastiera, dei documenti e del materiale accessorio. Il supporto per i documenti deve essere stabile e regolabile e deve essere collocato in modo tale da ridurre al massimo i movimenti fastidiosi della testa e degli occhi. E’ necessario uno spazio sufficiente che permetta ai lavoratori una posizione comoda. e) Sedile di lavoro Il sedile di lavoro deve essere stabile, permettere all’utilizzatore una certa libertà di movimento ed una posizione comoda. I sedili debbono avere altezza regolabile. 9
Il loro schienale deve essere regolabile in altezza e in inclinazione. Un poggiapiedi deve essere messo a disposizione di coloro che lo desiderino.
Ambiente
a) Spazio Il posto di lavoro deve essere ben dimensionato e allestito in modo che vi sia spazio sufficiente per permettere cambiamenti di posizione e di movimenti operativi. b) Illuminazione L’illuminazione generale ovvero l’illuminazione specifica (lampade di lavoro), deve garantire un’illuminazione sufficiente e un contrasto appropriato tra lo schermo e l’ambiente, tenuto conto delle caratteristiche del lavoro e delle esigenze visive dell’utilizzatore. Fastidiosi abbagliamenti e riflessi sullo schermo o su altre attrezzature debbono essere evitati strutturando l’arredamento del locale e del posto di lavoro in 10
c)
d)
e) f)
g)
funzione dell’ubicazione delle fonti di luce artificiale e delle loro caratteristiche tecniche. Riflessi e abbagliamenti I posti di lavoro devono essere sistemati in modo che le fonti luminose, quali le finestre e le altre aperture, le pareti trasparenti o traslucide, nonché le attrezzature e le pareti di colore chiaro, non producano riflessi sullo schermo. Le finestre debbono essere munite di un opportuno dispositivo di copertura regolabile per attenuare la luce diurna che illumina il posto di lavoro. Rumore Il rumore emesso dalle attrezzature appartenenti al/ai posto/i di lavoro deve essere preso in considerazione al momento della sistemazione del posto di lavoro, in particolare al fine di non perturbare l’attenzione la comunicazione verbale. Calore Le attrezzature al/ai posto/i di lavoro non debbono produrre un eccesso di calore che possa essere fonte di disturbo per i lavoratori. Radiazioni Tutte le radiazioni, eccezion fatta per la parte visibile dello spettro elettromagnetico, debbono essere ridotte a livelli trascurabili dal punto di vista della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori. Umidità Si deve fare in modo di ottenere e mantenere un’umidità soddisfacente.
Lavoro ai VDT (videoterminali) La normativa legislativa inerente il lavoro ai VDT è contemplata nel Titolo VI del Decreto Lgs 626/94, e Allegato VII dove si evincono le prescrizioni minime. E’ importante tener nella giusta considerazione: l la postura, per evitare danni osteoarticolari; l l’adeguata illuminazione con assenza di riflessi, la staticità dell’immagine, per evitare danni alla vista. Altri aspetti importanti sono: l il tempo continuativo che si opera al VDT; l la partecipazione attiva o passiva alle realizzazioni stesse. 11
Un ambiente è adeguato per il lavoro al VDT quando: • le finestre sono schermate con “veneziane” (fig. 1); • le postazioni VDT distano almeno 1 m. dalle finestre (fig. 2); • gli shermi sono posti a 90° rispetto alle finestre (finestra sul fianco) (fig. 3);
Titolo VI - Uso di attrezzature munite di videoterminali Art. 50 - Campo di applicazione 1. Le norme del presente Titolo si applicano alle attività lavorative che comportano l’uso di attrezzature munite di videoterminali. 2. Le norme del presente Titolo non si applicano ai lavoratori addetti: a) ai posti di guida di veicoli o macchine; b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto; c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all’utilizzazione da parte del pubblico; d) ai sistemi denominati «portatili» ove non siano oggetto di utilizzazione prolungata in un posto di lavoro; e) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario all’uso diretto di tale attrezzatura; f) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato. Art. 51 - Definizioni 1. Ai fini del presente titolo si intende per: a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato; b) posto di lavoro: l’insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con tastiera, ovvero altro sistema di immissione dati, ovvero software per l’interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse comprendenti l’unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, 12
nonché l’ambiente di lavoro immediatamente circostante; c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un’attrezzatura munita di videoterminale in modo sistematico ed abituale per almeno quattro ore consecutive giornaliere, dedotte le interruzioni di cui all’art. 54, e per tutta la settimana lavorativa. Art. 52 - Obblighi del datore di lavoro 1. Il datore di lavoro, all’atto della valutazione del rischio di cui all’art. 4, comma 1, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo: a) ai rischi per la vista e per gli occhi; b) ai problemi legati alla postura ed all’affaticamento fisico o mentale; c) alle condizioni ergonomiche e d’igiene ambientale. 2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma, ovvero della combinazione dell’incidenza dei rischi riscontrati. Art. 53 - Organizzazione del lavoro 1. Il datore di lavoro assegna le mansioni e i compiti lavorativi comportanti l’uso dei videoterminali anche secondo una distribuzione del lavoro che consente di evitare il più possibile la ripetitività e la monotonia delle operazioni. Art. 54 - Svolgimento quotidiano del lavoro 1. Il lavoratore, qualora svolga la sua attività per almeno quattro ore consecutive, ha diritto ad una interruzione della sua attività mediante pause, ovvero cambiamento di attività. 2. Le modalità di tali interruzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva anche aziendale. 3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante l’interruzione di cui al comma 1, il lavoratore comunque ha diritto ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale. 4. Le modalità e la durata delle interruzioni possono essere stabilite temporaneamente a livello individuale, ove il medico competente ne evidenzi la necessità. 5. E’ comunque esclusa la cumulabilità delle interruzioni all’inizio ed al termine dell’orario di lavoro. 6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa della risposta da parte del sistema elettronico, che sono considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non possa abbandonare il posto di lavoro. 7. La pausa è considerata a tutti gli e ffetti parte integrante dell’orario di lavoro e, come tale, non è riassorbibile all’interno di accordi che prevedono la riduzione dell’orario complessivo di lavoro. Art. 55 - Sorveglianza sanitaria 1. I lavoratori, prima di essere addetti alle attività di cui al presente Titolo, 13
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sono sottoposti ad una visita medica per evidenziare eventuali malformazioni strutturali e ad un esame degli occhi e della vista effettuati dal medico competente. Qualora l’esito della visita medica ne evidenzi la necessità, il lavoratore è sottoposto ad esami specialistici. In base alle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i lavoratori vengono classificati in: a) idonei, con o senza prescrizioni; b) non idonei. I lavoratori classificati come idonei con prescrizioni ed i lavoratori che abbiano compiuto il quarantacinquesimo anno di età sono sottoposti a visita di controllo con periodicità almeno biennale. Il lavoratore è sottoposto a controllo oftalmologico a sua richiesta, ogni qualvolta sospetta una sopravvenuta alterazione della funzione visiva, confermata dal medico competente. La spesa relativa alla dotazione di dispositivi speciali di correzione in funzione dell’attività svolta è a carico del datore di lavoro.
Art. 56 - Informazione e formazione 1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda: a) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all’analisi dello stesso di cui all’art. 52; b) le modalità di svolgimento dell’attività; c) la protezione degli occhi e della vista. 2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1. 3. Il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, di concerto con il Ministro della Sanità, stabilisce, con decreto, una guida d’uso dei videoterminali. Art. 57 - Consultazione e partecipazione 1. Il datore di lavoro informa preventivamente i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza dei cambiamenti tecnologici che comportano mutamenti nell’organizzazione del lavoro, in riferimento alle attività di cui al presente titolo. Art. 58 - Adeguamento alle norme 1. I posti di lavoro utilizzati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto devono essere conformi alle prescrizioni dell’Allegato VII. 2. I posti di lavoro utilizzati anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto devono essere adeguati a quanto prescritto al comma 1 entro il 1° gennaio 1997. Art. 59 - Caratteristiche tecniche 1. Con decreto dei Ministri del Lavoro e della Previdenza Sociale, della Sanità 14
e dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, sentita la Commissione Consultiva Permanente, sono disposti, anche in recepimento di direttive comunitarie, gli adattamenti di carattere tecnico all’Allegato VII in funzione del progresso tecnico, dell’evoluzione delle normative e specifiche internazionali oppure delle conoscenze nel settore delle attrezzature dotate di videoterminali. Allegato VII Osservazione preliminare Gli obblighi previsti dal presente Allegato si applicano al fine di realizzare gli obiettivi del Titolo VI e qualora gli elementi esistano sul posto di lavoro e non contrastino con le esigenze o caratteristiche intrinseche della mansione.
Interfaccia elaboratore/uomo All’atto dell’elaborazione, della scelta, dell’acquisto del software, o allorché questo viene modificato, come anche nel definire le mansioni che implicano l’utilizzazione di unità videoterminali, il datore di lavoro terrà conto dei seguenti fattori: a) il software deve essere adeguato alle mansioni da svolgere;
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b) il software deve essere di facile uso e, se del caso, adattabile a livello di conoscenza e di esperienza dell’utilizzatore; nessun dispositivo o controllo quantitativo o qualitativo può essere utilizzato all’insaputa dei lavoratori; c) i sistemi debbono fornire ai lavoratori delle indicazioni sul loro svolgimento; d) i sistemi debbono fornire l’informazione di un formato e a un ritmo adeguato agli operatori; e) i principi dell’ergonomia debbono essere applicati in particolare all’elaborazione.
I possibili effetti sulla salute A seguito di numerosi studi sono stati evidenziati i probabili effetti dell’uso del VDT. Essi sono: fatica, stress, disturbi muscolo-scheletrici. La prevenzione è possibile con una adeguata applicazione dei principi ergonomici, (l’applicazione di quanto all’Allegato VIII è un valido aiuto) e con adeguati comportamenti da parte degli utilizzatori.
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Alcuni consigli per evitare disturbi visivi l
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Illuminare correttamente il posto di lavoro, possibilmente con luce naturale, mediante la regolazione di tende o veneziane, ovvero con luce artificiale adeguata. Evitare lampade che provocano sfarfallìo o riflessi; posizionare il video in modo da avere le finestre né di fronte né di spalle; orientare lo schermo in modo da fare meno sforzi nel leggere ed eliminare i riflessi; assumere una postura corretta, in modo da avere una distanza occhi-schermo all’incirca di 50-70 cm; ogni tanto distogliere lo sguardo dal video guardando lontano, possibilmente all’esterno, per ridurre l’affaticamento visivo; durante le pause o i cambiamenti di attività evitare quelle che richiedono impegno visivo intenso; mantenere puliti la tastiera e la superficie del video; utilizzare, se prescritti, i mezzi di correzione (occhiali).
Alcuni consigli per evitare disturbi muscolo-scheletrici l
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Assumere una corretta postura di fronte al video, tenendo ben poggiati i piedi al pavimento o alla pedana e la schiena poggiata allo schienale della sedia nel tratto lombare, regolando allo scopo l’altezza della sedia e l’inclinazione dello schienale; posizionare il video, in modo che il margine superiore dello schermo sia pari o al di sopra l’altezza degli occhi, per favorire una naturale posizione del collo; posizionare la tastiera di fronte allo schermo per evitare frequenti spostamenti del capo e del collo; Lordosi poggiare gli avambracci sulla scrivania Cervicale o sui braccioli della sedia per alleggerire la tensione dei muscoli del collo e delle Cifosi spalle; Dorsale evitare irrigidimenti delle dita e del Vertebra polso durante le fasi di digitazione e utilizzo del mouse ed evitare posizioni Disco Lordosi fisse per tempi prolungati. Lombale
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1.3
LAVORI IN LABORATORI E OFFICINE
Gli utensili elettrici portatili e mobili Gli utensili elettrici portatili e le apparecchiature mobili devono essere alimentate a bassa tensione. In particolare, per i lavori all’aperto non possono essere usati utensili a tensione superiore a 220 volt verso terra; se i lavori si svolgono in luoghi bagnati o molto umidi e a contatto o all’interno di grandi masse metalliche, non si possono usare utensili elettrici portatili con tensione superiore a 50 volt verso terra. Gli utensili elettrici portatili alimentati con tensione superiore a 25 V se alternata, a 50 se continua, devono avere l’involucro metallico collegato a terra. L’obbligo non esiste per utensili alimentati con corrente alternata di tensione pari o inferiore a 24 V. Gli utensili elettrici portatili devono avere un isolamento supplementare di sicurezza (si riconosce la sua esistenza anche dalla presenza di un simbolo sull’utensile: un quadrato più grande con all’interno uno più piccolo, che significa doppio isolamento). La presenza del doppio isolamento esclude il collegamento all’impianto di messa a terra. Gli utensili elettrici portatili devono avere un interruttore incorporato, che consenta di metterli in moto e di spegnerli in modo semplice, rapido e sicuro.
Lampade elettriche portatili Le lampade elettriche portatili devono avere l’impugnatura fatta di materiale isolante e che non assorba l’umidità; non avere parti in tensione (o che possano andare in tensione), che non siano ben protette e isolate, avere la protezione della lampadina, avere un perfetto isolamento delle parti in tensione rispetto alle parti metalliche eventualmente fissate all’impugnatura. Qualora si usino in luoghi molto bagnati o umidi, o a contatto di (od entro a) grosse masse metalliche, devono essere alimentate a tensione inferiore a 25 volt verso terra ed avere un involucro di vetro. Quando si lavora in quota (su scale o in luoghi sopraelevati) gli utensili (elettrici e non) devono essere tenuti dentro apposite guaine o comunque devono essere ben 18
assicurati in modo da evitarne la possibile caduta. Anche gli utensili portatili, come tutte le macchine, impianti, attrezzature, ecc., devono essere idonei, robusti e resistenti, e devono essere ben conservati e mantenuti in stato di perfetta efficienza; occorre quindi una loro regolare e accurata manutenzione.
Gli utensili pneumatici Al contrario che per gli utensili elettrici, non esistono precise norme legislative per la prevenzione dei danni da utensili pneumatici. Pertanto si riportano di seguito le norme di buona tecnica redatte dall’Ente Nazionale Prevenzione Infortuni (ENPI) nel 1966 oltre a quelle più generali del DPR 547/55 e DPR 303/56. Per proteggere l’operatore dalla proiezione e dal rimbalzo della polvere e in particolare delle particelle più grandi, è conveniente munire l’attrezzo di uno schermo, che può essere a forma conica o di calotta sferica: esso deve avere ampiezza sufficiente per proteggere l’addetto, ma non troppo grande da impedirgli la visuale. Allo scopo di evitare che la polvere si disperda troppo nel locale, nel punto di applicazione dello schermo possono essere praticati dei fori di comunicazione col condotto dell’aria compressa, dai quali escano getti secondari di aria che deflettano le particelle e la polvere allontanandole dalla persona e confinandole entro un angolo di dispersione abbastanza ristretto. Allo stesso scopo possono essere usati ugelli speciali, che alla loro base lascino passare all’esterno un velo di aria a forma conica: se sono ben regolati in relazione alla pressione, con tali ugelli non sono richiesti altri schermi, mentre il campo di operazione resta completamente visibile. L’organo di comando della valvola di deflusso (grilletto, pulsante, ecc.) incorporato nell’attrezzo, deve esser tale da non poter essere azionato accidentalmente; è opportuno perciò che sia provvisto di dispositivo di fermo o di dispositivo analogo. Ad esempio, alcuni attrezzi soffiatori presentano sul pulsante una specie di riparo che lo protegge. I tubi flessibili che presentano forature o lacerazioni devono essere subito sostituiti: le riparazioni con nastro adesivo non resistono in genere alla pressione interna del tubo e possono dar luogo agli inconvenienti e ai pericoli derivanti dalla fuga dell’aria. I passaggi in vicinanza dei luoghi ove si usano gli attrezzi pneumatici devono essere protetti con adeguati schermi pieni, ove siano esposti al getto di aria compressa. Non si deve per nessun motivo dirigere il getto dell’aria contro se stessi ed altre persone. Neppure a breve distanza da esse. È vietato servirsi dell’aria compressa 19
per pulire gli indumenti mentre sono indossati; per questa operazione è meglio servirsi di un aspirapolvere. È vietato servirsi del getto di aria compressa per liberare da vapori, gas o polveri, ecc., i recipienti che hanno contenuti sostanze infiammabili, dato il rischio di esplosione dovuto alla elettricità statica. La soffiatura deve essere parimenti evitata quando siano presenti polveri di natura infiammabile o esplosiva, come zucchero, amido, alluminio, magnesio e leghe di questi ultimi metalli, ecc., a meno che si sia provveduto ad umidificare l’aria ambiente portandola ad una umidità relativa di almeno il 70%. La polverizzazione o pulizia soffiata deve, essere assolutamente vietata quando si tratta di esplosivi. Occorre altresì proteggere gli occhi con occhiali chiusi lateralmente e, in certi casi, indossare una protezione antipolvere per le vie respiratorie.
Le scale portatili Le scale portatili devono essere di idonea robustezza e fatte con materiale adatto alle condizioni di impiego delle stesse; devono, ovviamente, avere dimensioni adatte per l’uso che ne deve essere fatto. Se sono di legno i pioli devono essere fissati ai montanti (cioè dove si appoggia a terra); inoltre devono avere ganci di trattenuta o appoggi con caratteristiche antisdrucciolevoli, dove è necessario per assicurarne la stabilità.
In alternativa a queste soluzioni, possono essere fornite alle estremità superiori di dispositivi di trattenuta, anche scorrevoli su guide. Se l’uso della scala (per altezza o per altri motivi) può comportare sbandamenti o oscillazioni pericolose, essa deve essere assicurata in modo adeguato, o tenuta ferma, alla base, da un altro lavoratore. 20
Se si usano scale ad elementi innestati (che non possono in genere essere più alte di 15 metri e, se più lunghe di 8 metri, devono essere dotate di “rompitratta”) occorre che nessun lavoratore si trovi sulle scale quando se ne effettua lo spostamento laterale e che una persona da terra vigili costantemente sulla scala stessa. Le scale doppie non possono superare l’altezza di 5 metri e devono avere una robusta catena (o altro dispositivo di sicurezza) che impedisca l’apertura della scala oltre il limite di sicurezza. Norme particolari, che non si ritiene qui necessario approfondire, riguardano le scale aeree ad inclinazione variabile, i ponti sviluppabili su carro, i ponti sospesi, ecc. Questi tipi di attrezzature devono essere sottoposte a verifiche annuali per accertarne l’efficienza e la sicurezza.
Movimentazione manuale dei carichi I riferimenti legislativi sulla Movimentazione dei carichi sono contemplati nel TitoloV del D. Lgs 626/94 negli artt. di seguito riportati, e nell’Allegato VI (elementi di riferimento). Adottando adeguate precauzioni con semplici accorgimenti si riducono i rischi a carico della colonna vertebrale prevenendo le lesioni dorso-lombari. Titolo V Movimentazione manuale dei carichi Art. 47 - Campo di applicazione 1. Le norme del presente Titolo si applicano alle attività che comportano la movimentazione manuale dei carichi con i rischi, tra l’altro, di lesioni dorsolombari per i lavoratori durante il lavoro. 2. Si intendono per: a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano, tra l’altro, rischi di lesioni dorso-lombari; b) lesioni dorso-lombari: lesioni a carico delle strutture osteomiotendinee e nerveoascolari a livello dorso-lombare. 21
Art. 48 - Obblighi dei datori di lavoro 1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie o ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori. 2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati o fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, in base all’Allegato VI. 3. Nel caso in cui la necessità di una movimentazione manuale di un carico ad opera del lavoratore non può essere evitata, il datore di lavoro organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione sia quanto più possibile sicura e sana. 4. Nei casi di cui al comma 3 il datore di lavoro: a) valuta, se possibile, preliminarmente, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione e tiene conto in particolare delle caratteristiche del carico, in base all’Allegato VI; b) adotta le misure atte ad evitare o ridurre tra l’altro i rischi di lesioni dorso-lombari, tenendo conto in particolare dei fattori individuali di rischio, delle caratteristiche dell’ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività comporta, il base all’Allegato VI; c) sottopone alla sorveglianza sanitaria di cui all’art. 16 gli addetti alle attività di cui al presente titolo. Art. 49 - Informazione e formazione 1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda: a) il peso di un carico; b) il centro di gravità o il lato più pesante nel caso in cui il contenuto di un imballaggio abbia una collocazione eccentrica; c) la movimentazione corretta dei carichi e i rischi che i lavoratori corrono se queste attività non vengono eseguite in maniera corretta, tenuto conto degli elementi di cui all’Allegato VI. 2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata, in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1. Allegato VI del D. Lgs. 626 (Elementi di riferimento) 1. Caratteristica del carico. La movimentazione manuale di un carico può costituire un rischio tra l’altro dorso-lombare nei casi seguenti: l il carico è troppo pesante (Kg. 30); l è ingombrante o difficile da afferrare; l è in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi; 22
è collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato ad una certa distanza dal tronco o con una torsione o inclinazione del tronco; l può, a motivo della struttura esterna e/o della consistenza, comportare lesione per il lavoratore, in particolare in caso di urto. 2. Sforzo fisico richiesto Lo sforzo fisico può presentare un rischio tra l’altro dorso-lombare nei seguenti casi: l è eccessivo; l può essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco; l può comportare un movimento brusco del carico; l è compiuto con il corpo in posizione instabile. 3. Caratteristiche dell’ambiente di lavoro. Le caratteristiche dell’ambiente di lavoro possono aumentare le possibilità di rischio tra l’altro dorso-lombari nei seguenti casi: l lo spazio libero, in particolare verticale, è insufficiente per lo svolgimento dell’attività rischiesta; l il pavimento è ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o di scivolamento per le scarpe calzate dal lavoratore; l il posto o l’ambiente di lavoro non consentono al lavoratore la movimentazione manuale di carichi a un’altezza di sicurezza o in buona posizione; l il pavimento o il piano di lavoro presenta dislivelli che implicano la manipolazione del carico a livelli diversi; l il pavimento o il punto di appoggio sono instabili; l la temperatura, l’umidità o la circolazione dell’aria sono inadeguate. 4. Esigenze connesse all’attività. L’attività può comportare un rischio tra l’altro dorso-lombare se comporta una o più delle seguenti esigenze: l sforzi fisici che sollecitano in particolare la colonna vertebrale, troppo frequenti o troppo prolungati; l periodo di riposo fisiologico o di recupero insufficiente; l distanze troppo grandi di l
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l
sollevamento, di abbassamento o di trasporto; un ritmo imposto da un processo che non può essere modulato dal lavoratore.
Fattori individuali di rischio Il lavoratore può correre un rischio nei seguenti casi: l inidoneità fisica a svolgere il compito in questione; l indumenti, calzature o altri effetti personali inadeguati portati dal lavoratore; l insufficienza o inadeguatezza delle conoscenze o della formazione.
Le posizioni da evitare per prevenire danni alla schiena
Se si deve sollevare da terra Non tenere le gambe dritte. Portare l’oggetto vicino al corpo e piegare le ginocchia: tenere un piede più avanti dell’altro per avere più equilibrio.
Se si devono spostare oggetti Avvicinare l’oggetto al corpo. Evitare di ruotare solo il tronco, ma girare tutto il corpo, usando le gambe.
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Se si deve porre in alto un oggetto Evitare di inarcare troppo la schiena. Non lanciare il carico. Usare uno sgabello o una scaletta. La legge stabilisce per il peso da sollevare i seguenti valori limite: l KG 30 per i maschi adulti; l KG 20 per le femmine adulte e per i maschi adolescenti; l KG 15 per le femmine adolescenti. Comunque, bisogna sempre rispettare alcune regole comportamentali. Inoltre
Non sollevare bruscamente. Se il carico è pesante o se si sente di non farcela al primo tentativo, rinunciare a sollevarlo da solo e farsi aiutare da un’altra persona. Quando si trasportano degli oggetti Evitare di portare un grosso peso con una mano. E’ meglio suddividerlo in due pesi con le due mani. Per trasportare dei carichi, usare dei contenitori non ingombranti.
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Se si deve lavorare a lungo in piedi Non stare con la schiena curva. Alzare il piano di lavoro in modo che i gomiti siano ad angolo retto. Appoggiare alternativamente un piede su un rialzo.
Se si deve stare seduti a lungo Evitare di stare seduti con la schiena piegata e ingobbata. Evitare di usare un tavolo senza spazio per le gambe: la schiena rimarrebbe piegata e ingobbata. Quando si guida l’automobile Non inclinare troppo lo schienale. Cercare di appoggiare bene tutta la schiena e il collo.
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I mezzi di protezione personale La legislazione relativa all’igiene e sicurezza sul lavoro (sia quella generale che quella speciale) prevede l’obbligo per gli imprenditori di adottare tutti i provvedimenti consentiti dalla tecnica per rendere “sicuri” gli ambienti di lavoro sia sotto l’aspetto dell’igiene che dell’antinfortunistica. Quando però i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro è obbligatorio l’uso dei dispositivi di protezione individuale. In questi casi, il datore di lavoro ha i seguenti obblighi: 1. mettere a disposizione (di sua iniziativa, cioè senza che il lavoratore lo richieda) i necessari mezzi di protezione personale, che devono essere: a) essere idonei rispetto al rischio, e quindi garantire una protezione efficace; b) essere idonei rispetto alla fruibilità, e quindi non arrecare disagi eccessivi ai lavoratori; c) debbono inoltre, quando possono diventare veicoli di contagio (inserti auricolari, maschere respiratorie, guanti non monouso, ecc.), essere individuali (cioè ogni lavoratore deve avere il suo, che usa solo lui, contrassegnato con il suo nome o sigla di riconoscimento); 2. mantenere i mezzi di protezione personale in buono stato di conservazione, provvedendo alla periodica sostituzione degli stessi ove necessario, oppure alla loro manutenzione, pulizia, rigenerazione, ecc. a seconda dei casi (si fa presente a questo proposito che le tute di lavoro, ove abbiano la funzione di mezzo di protezione e non di semplice divisa, rientrano nella fattispecie di cui sopra, e quindi debbano essere lavate a cura del datore di lavoro); 3. assicurare una formazione adeguata ai lavoratori, mediante momenti di informazione ed addestramento approfonditi e ripetuti nel tempo, sui rischi cui sono esposti e sulle modalità per proteggersi dagli stessi, ivi compresa quella rappresentata dall’uso dei mezzi di protezione personale: in tal modo i lavoratori potranno essere più motivati ad adottare comportamenti di autotutela; 4. verificare che i lavoratori usino i mezzi di protezione messi a loro disposizione nelle situazioni in cui il loro uso è necessario (la legge dice che “i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti” debbono “disporre ed esigere” l’uso dei mezzi di protezione da parte dei lavoratori); I lavoratori hanno i seguenti obblighi: 1. sottoporsi al programma di formazione ed addestramento predisposto dal datore di lavoro; 2. usare i mezzi di protezione messi a loro disposizione; 3. segnalare ai dirigenti e preposti le deficienze dei mezzi suddetti, in modo che gli stessi possano provvedere al renderli idonei (quindi il fatto che un lavoratore consideri il mezzo fornito non efficace o particolarmente scomodo 27
non può costituire una giustificazione a non usarlo). I dispositivi di protezione personale di nuovo acquisto devono essere conformi alla direttiva 89/686/CEE recepita in Italia con D. Lgs 4 dicembre 1992, n. 475. La conformità a tale direttiva dei dispositivi di protezione individuali è assicurata dal marchio di conformità CE.
I principali mezzi di protezione personale Di seguito si riporta una descrizione sommaria dei principali mezzi di protezione; a titolo esemplificativo si allega una tabella riportante le lavorazioni più diffuse e i relativi mezzi di protezione individuale da utilizzare. 1. Abbigliamento e indumenti di protezione L’abbigliamento e gli indumenti di protezione devono essere idonei alle condizioni ambientali ed alle attività che si svolgono (ad esempio le maniche devono essere tali da potersi allacciare strettamente al polso per evitare di rimanere impigliati negli organi in movimento; i grembiuli devono essere impermeabili ai liquidi; chi è esposto al freddo e all’umidità deve essere dotato di indumenti isolanti, ecc.). 2. Protezione del capo Il copricapo (elmetto) deve soddisfare a specifiche condizioni in relazione alla natura del rischio esistente (antiurto, anticaduta, dielettrico, ignifugo, ecc.). 3. Protezione degli occhi Negli ambienti di lavoro nei quali esiste un costante pericolo di offesa agli occhi, tutto il personale (compreso i visitatori) devono essere muniti di occhiali o visiera protettiva. Ove si svolgono lavori di saldatura o di fusione devono essere impiegati vetri che non lascino passare le radiazioni ultraviolette (cosiddetti “vetri attinici”). 4. Protezione delle mani La scelta dei guanti deve essere appropriata al tipo di attività svolta; ad esempio nelle operazioni di fusione devono essere realizzati 28
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in tela ignifuga, nelle lavorazioni con oli emulsionanti devono essere impermeabili, ecc. Protezione dei piedi Per addetti alle operazioni di carico e scarico di materiali pesanti e nei casi in cui sussista il pericolo di caduta di oggetti che possono recare offesa ai piedi, devono essere previste calzature con puntale o copripiede metallico o comunque rinforzato; nei lavori, che espongono a folgorazioni, le scarpe devono essere dielettriche (cioè isolanti). Ai fini antinfortunistici devono comunque essere dotate di suole antisdrucciolevoli. Protezione dell’apparato uditivo La protezione dell’apparato uditivo è basata sull’impiego di mezzi atti a ridurre l’intensità dell’onda sonora che raggiunge l’orecchio. I mezzi individuali sono rappresentati dai tappi di lanapiuma o di altro materiale, filtri acustici, cuffie e caschi. Protezione delle vie respiratorie Vengono impiegati i seguenti mezzi protettivi: l maschere a filtro per polveri, nebbie, fumi, gas; l maschere a presa d’aria dall’esterno; l autorespiratori. Lo scopo delle maschere respiratorie è di trattenere mediante filtri fisici o chimici i corpi estranei (polveri, gas, vapori) presenti nell’aria, così da impedirne l’introduzione nelle vie respiratorie. Cinture di sicurezza Vengono utilizzate tutte le volte che ci sia pericolo di caduta dall’alto o che ci sia pericolo nei lavori entro cunicoli o tubazioni o in presenza di gas e vapori nocivi. Devono essere del tipo con bretelle, collegate a fune di trattenuta di lunghezza tale da non consentire una caduta maggiore di 1,5 metri.
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Lavorazioni o ambienti di lavoro
Mezzi di protezione personale
Lavorazioni alle macchine utensili
Guanti di cuoio (P.V.C. se in presenza di liquidi refrigeranti); grembiuli, occhiali; retine per capelli.
Molatura, sbavatura, troncatura
Grembiuli, guanti (cuoio, tela); visiere; scarpe corazzate (con puntale rinforzato); copricapo di tela.
Maneggio lamiere e altri materiali taglienti
Grembiuli, guanti e manicotti di cuoio; occhiali, visiere; scarpe corazzate.
Lavori di manovalanza, Grembiuli, guanti, manicotti (cuoio, tela); elmetti, scarpe corazzate; per imbracatura dei carichi lavori all’aperto: cappelline, copricapi, cappotti, impermeabili. Montaggi, smontaggi, carpenteria e manutenzione varia
Guanti, grembiuli (cuoio, tela, gomma); elmetti, cinture di sicurezza con bretelle; occhiali, visiere; scarpe corazzate; maschere antipolvere, respiratori; borse porta-utensili.
Lavori su impianti elettrici in genere
Guanti dielettrici, scarpe isolanti.
Saldatura elettrica ed ossiacetilenica
Grembiuli, guanti (materiale termoisolante, cuoio); occhiali, visiere e maschere da saldatore con vetri inattinici; copricapi di tela, elmetti; manicotti, gambali, uose (cuoio, tela ignifugata, materiale termoisolante); scarpe corazzate e a rapido sfilamento.
Sabbiatura e pallinatura
Guanti, grembiuli (gomma, cuoio, tela); scarpe corazzate; occhiali, visiere; manicotti (cuoio, tela); maschere antipolvere con aria insufflata; tute complete.
Fusione e fucinatura
Elmetti, copricapi; occhiali o visiere ininfiammabili; tappi o cuffie; guanti, grembiuli, manicotti, giubbe e pantaloni, grembiuli corazzati, gambali, uose (cuoio, tela ignifugata, materiale termoisolante); scarpe corazzate e a rapido sfilamento.
Lavorazioni con produzione di polvere
Maschere antipolvere; occhiali, visiere; copricapi; guanti, grembiuli (cuoio, tela); tute chiuse ai polsi, al collo e alle caviglie.
Verniciatura antirombo, Grembiuli e guanti (cuoio, tela, gomma); respiratori, occhiali, visiere; alla cellulosa, sintetica copricapi di tela; manicotti (cuoio, tela). Bagni di decapaggio, galvanici
Grembiuli, gambali e guanti di gomma e di materiale antiacido; scarpe impermeabili; occhiali, visiere.
Lavorazione con nafta, petrolio e simili
Guanti e grembiuli di materiale impermeabile; crema barriera; in casi particolari, stivali.
Impiego di acidi, tossici, veleni
Guanti, grembiuli, manicotti (gomma, P.V.C.); copricapi di tela; stivali di gomma; gambali (cuoio, gomma); occhiali, visiere; maschere antigas; tuta antincendio.
Sala prova motori
Grembiuli, guanti (cuoio, tela, P.V.C.); tappi o cuffie.
Lavori nelle costruzioni Cinture di sicurezza con bretelle; guanti (cuoio, tela); scarpe di tela; per lavori in fogne, cunicoli, camini, pozzi e simili; stivali, impermeabili, maschere antigas; autorespiratori; elmetti. Tutte le lavorazioni rumorose
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Tappi o cuffie.
1.4
LAVORI SU STRADE
Durante l’esecuzione dei lavori su strada oltre a tutelare, come in ogni altra attività, la propria e l’altrui incolumità bisogna tener conto dell’aspetto educativo. Ogni cittadino, utente della strada, osserva, giudica, acquisisce ulteriori nozioni sul comportamento in merito all’osservanza del codice stradale e su come si lavora in sicurezza. E’ di grande importanza “avvisare” chi circola sulle strade dei pericoli imprevisti ed inaspettati. L’automobilista adeguatamente avvisato contribuisce ad evitare incidenti, salvaguardando soprattutto i lavoratori che operano nei cantieri stradali. Oltre alla legislazione generale sulla prevenzione degli infortuni e dell’igiene sul lavoro, le norme di maggiore riferimento sono: l il Codice della Strada; l il D. Lgs 494/96 “Direttiva Cantieri”. I lavoratori che operano nei cantieri stradali sono soggetti a diversi rischi richiamati in vari Decreti Legislativi, ed in particolare, nel Decreto Lgs 626/94 e al Decreto Lgs 277/91. Un’attenzione particolare va riposta nell’uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuali e collettivi. Uno dei rischi inquinanti più rilevante può essere considerato il rumore, oltre ovviamente agli inquinanti del traffico. 31
Un’ulteriore attenzione va posta al rischio elettrico, sia per i lavori nelle vicinanze di linee elettriche, sia per alcuni tipi di attrezzature che si utilizzano. Bisogna ricordarsi che il bagnato aumenta il rischio di contatto elettrico.
La segnaletica per i cantieri stradali Nella figura seguente sono riportati i segnali e i mezzi di delimitazione e segnalazione dei lavori su strada.
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Per i casi particolari non contemplati nella tabella si rimanda a quanto disposto in dettaglio dal Regolamento del Codice della Strada. Tutti i segnali devono essere regolamentari per colori e dimensioni, nonché in ottime condizioni di manutenzione e posti in modo visibile. I segnali deformati, scoloriti, avariati o invisibili di notte possono equivalere a “mancanza di segnali” con tutte le conseguenze inerenti alla sicurezza e alla responsabilità.
Apertura botole in centro abitato con occupazione totale del marciapiede Se con l’apertura e le protezioni si vengono ad occupare oltre i 2/3 del marciapiede, o, comunque, lo spazio riservato ai pedoni non ne consente l’agevole passaggio (circa 60 cm), occorre posare a monte e a valle dell’apertura un segnale con l’indicazione “Pedoni sul marciapiede opposto”. Il segnale deve essere posato possibilmente in corrispondenza del primo passaggio pedonale a monte dell’apertura o, in mancanza, in posizione tale da costituire valido avviso per i pedoni. Se con le protezioni si viene ad interessare anche la carreggiata occorre posare anche il segnale “Direzione obbligatoria” a 45°.
N.B.: le transenne estensibili non sono valide se apposte sulla carreggiata.
Apertura botole in centro abitato con occupazione parziale del marciapiede Per segnalare il pericolo derivato dall’apertura di una botola sul marciapiede occorre sistemare, alternativamente: 33
transenne estensibili circondanti tutta l’apertura; l parapetto fisso con quattro montanti e un corrente ogni lato. La sistemazione esposta in figura è valida quando l’ingombro complessivo (botola + transenna) non superi i 2/3 della larghezza del marciapiede e comunque vengano lasciati almeno 60 cm di spazio per il transito dei pedoni. l
Scavo sulla banchina di strada extra urbana Lo scavo effettuato sul ciglio o banchina di una strada extra urbana che non interessi la carreggiata, neanche con le protezioni, non richiede segnalazioni stradali. Qualora però la carreggiata venga occupata con delle protezioni, da eseguire sul lato strada a mezzo di barriere, occorre: l presegnalare l’ingombro con il segnale “Lavori” nella sola direzione di marcia; l collocare prima dell’ingombro il segnale “Direzione obbligatoria a 45°; l posare a valle del segnale, di cui al punto precedente, coni segnaletici di delimitazione disposti a 70 – 100 cm uno dall’altro, parallelamente al ciglio o banchina.
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Scavo sulla carreggiata in abitato Per la segnalazione di uno scavo in abitato, quando lo spazio utile per la circolazione è uguale o superiore a 5 mt si deve provvedere a: l presegnalare l’ingombro con segnali di “Direzione obbligatoria a 45°” posti in allineamento obliquo; l delimitare le testate dello scavo e il lato strada con barriere disposte in modo continuo; l delimitare il lato marciapiede con transenne estensibili disposte in modo continuo. Il materiale di scavo va depositato unicamente sul lato marciapiede. Su autostrade o strade a scorrimento veloce va collocato anche il segnale “Lavori” a distanza opportuna.
Scavo sulla carreggiata fuori abitato Quando lo spazio utile per la circolazione, tenuto conto anche dell’ingombro delle protezioni, è uguale o superiore a 5 mt si deve procedere nel seguente modo: l collocare a monte e a valle dell’ingombro il segnale “Lavori”. Il segnale a valle va posto sul ciglio stradale della corsia opposta al cantiere; l presegnalare l’ingombro con segnali di “Direzione obbligatoria a 45°”, posti ad alcuni metri l’uno dall’altro, in allineamento obliquo; l delimitare le testate dello scavo e il lato strada con barriere disposte in modo continuo. Il materiale di scavo va depositato unicamente sul ciglio strada lato campagna. Per detto lato la terra riposta si considera una sufficiente 35
delimitazione. Dovrà essere valutata di volta in volta con l’Ente proprietario della strada, l’opportunità di collocare prima del segnale “Lavori” segnali di “Limite di velocità” con valori a scalare.
Scavo sulla carreggiata in abitato con spostamento provvisorio della mezzeria Quando lo spazio utile per la circolazione, tenuto conto anche dell’ingombro delle protezioni, è superiore a 5 mt e l’Ente proprietario della strada richieda lo spostamento provvisorio della mezzeria della strada stessa, vale interamente quanto esemplificato e le considerazioni fatte per “Scavo sulla carreggiata in abitato”. La nuova mezzeria sarà costituita da coni segnaletici posti ad intervalli di 4 mt circa.
Scavo sulla carreggiata fuori abitato con spostamento provvisorio della mezzeria Quando lo spazio utile per la circolazione, tenuto conto anche dell’ingombro delle protezioni, è superiore a 5 mt e l’Ente proprietario della strada richieda lo spostamento provvisorio della mezzeria della strada stessa, vale interamente quanto esemplificato e le considerazioni fatte per “Scavo sulla carreggiata fuori abitato”.
Scavo sulla carreggiata fuori abitato in prossimità di curve o dossi L’esecuzione di lavori su strada in prossimità di curve o dossi può essere fonte di pericolo grave sia per coloro che operano, sia per i terzi che transitano sulla strada stessa. E’ perciò indispensabile porre la massima cura nel presegnalamento dell’ingombro; in figura è stata esemplificata una delle situazioni più ricorrenti. 36
E’ necessaria, inoltre, una accurata valutazione di ogni singolo caso tenendo in debito conto le caratteristiche della strada e del traffico. Dovrà infine essere considerata l’opportunità di una ripetizione della segnaletica di presegnalamento oltre la curva o il dosso onde evitare incidenti, specie durante periodi di scarsa visibilità.
Scavo sulla carreggiata in abitato con riduzione della carreggiata stessa a meno di 5 mt Se con lo scavo e le protezioni lo spazio utile per la circolazione si riduce a meno di 5 mt, ma comunque è uguale o superiore a 2,60 mt, la circolazione può svolgersi unicamente a senso unico alternato. Quando la strada libera residua ha una larghezza minore di 2,60 mt occorre interrompere il traffico.
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Le segnalazioni devono essere poste nel seguente modo: a) sul lato del cantiere l collocare il segnale “Dare precedenza nei sensi unici alternati”; l presegnalare l’ingombro con segnali di “Direzione obbligatoria” a 45° posti in allineamento obliquo; l delimitare le testate dello scavo ed il lato strada con barriere disposte in modo continuo; l delimitare il lato marciapiede con transenne estensibili disposte in modo continuo. b) Sul lato opposto del cantiere l Collocare il segnale “Diritto di precedenza nei sensi unici alternati”. Il materiale di scavo va depositato unicamente sul lato marciapiede. Su autostrade o strade a scorrimento veloce va collocato anche il segnale “Lavori”, a distanza opportuna.
Scavo sulla carreggiata fuori abitato con riduzione della carreggiata stessa a meno di 5 mt
Se con lo scavo e le protezioni lo spazio utile per la circolazione si riduce a meno di 5 mt, ma comunque è uguale o superiore a 2,60 mt, la circolazione può svolgersi unicamente a senso unico alternato. Quando la strada libera residua ha una larghezza minore di 2,60 mt occorre interrompere il traffico. Le segnalazioni devono essere poste nel seguente modo: a) sul lato del cantiere: l concordare di volta in volta con l’Ente proprietario della strada la posa (se necessario), prima del segnale “Lavori”, di segnali di “Limite di velocità” con valori a scalare; l collocare, a valle del precedente, il segnale “Dare precedenza nei sensi unici alternati”; l presegnalare l’ingombro con segnali di “Direzione obbligatoria” a 45° posti in allineamento obliquo, ad alcuni metri l’uno dall’altro; l delimitare le testate dello scavo ed il lato strada con barriere disposte in modo continuo. Il materiale di scavo va depositato unicamente sul ciglio strada lato campagna. 38
Su tale lato la terra riportata si considera sufficiente delimitazione. b) Sul lato opposto del cantiere: l per i limiti di velocità, vale quanto citato in precedenza; l collocare il segnale “Lavori”; l collocare, a valle del precedente, il segnale “Diritto di precedenza nei sensi unici alternati”. Per strade di particolare importanza potrà essere richiesta dall’Ente proprietario della strada la posa di semafori a luci maggiorate, azionati da un operatore e integrati da preavviso di semaforo posto almeno 150 mt prima del semaforo stesso.
Visibilità notturna dei cantieri e degli ingombri stradali Di notte, o in particolari condizioni di scarsa visibilità, occorre rendere visibili a sufficiente distanza gli operai sulla strada, i lavori, gli scavi, i depositi, le barriere, i segnali, gli automezzi fermi sulla carreggiata, ecc.. Le barriere e i coni segnaletici debbono avere sia le strisce rosse che quelle bianche rifrangenti. E’ opportuno, inoltre, che le barriere, disposte lungo la corrente del traffico, dispongano di un catadiottro o di altro dispositivo rifrangente sul cavalletto, per renderle maggiormente visibili. I segnali debbono essere sempre totalmente rifrangenti. E’ consigliabile che gli automezzi abbiano riportata sulla parte posteriore del cassone una fascia a strisce rifrangenti. Il Codice della Strada prescrive che le testate dei cantieri debbano essere illuminate da lanterne a luce rossa fissa. Considerato che di notte o in condizioni di scarsa visibilità, le luci in questione risultano insufficienti per garantire la visibilità a sufficiente distanza dall’ingombro stradale, si consiglia di integrare dette luci con luci lampeggianti gialle. Per rendere maggiormente visibili gli operatori che lavorano sulla strada è opportuno che essi indossino, in condizioni di scarsa visibilità (nebbia, crepuscolo, sera, notte, alba), indumenti rifrangenti tipo bretelle o simili. 39
1.5
SEGNALETICA DI SICUREZZA
D. Lgs. 14 agosto 1996, n. 493 Attuazione della Direttiva CEE 92/58 concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro (G.U. 23-9-1996, n. 233, s.o.) Art. 1 - Campo di applicazione e definizioni 1. Il presente decreto stabilisce le prescrizioni per la segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro nei settori di attività privati o pubblici di cui all’articolo 1, comma 1, del Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626, modificato dal Decreto Legislativo 19 marzo 1996, n. 242, in seguito complessivamente indicati come Decreto Legislativo n. 626 del 1994. 2. Ai fini del presente decreto si intende per: a) segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro, in seguito indicata come segnaletica di sicurezza, una segnaletica che, riferita ad un oggetto, ad una attività o ad una situazione determinata, fornisce una indicazione o una prescrizione concernente la sicurezza o la salute sul luogo di lavoro, e che utilizza, a seconda dei casi, un cartello, un colore, un segnale luminoso o acustico, una comunicazione verbale o un segnale gestuale; b) segnale di divieto, un segnale che vieta un comportamento che potrebbe far correre o causare un pericolo; c) segnale di avvertimento, un segnale che avverte di un rischio o pericolo; d) segnale di prescrizione, un segnale che prescrive un determinato comportamento; e) segnale di salvataggio odi soccorso, un segnale che fornisce indicazioni relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso o di salvataggio; f) segnale di informazione, un segnale che fornisce indicazioni diverse da quelle specificate alle lettere; g) cartello, un segnale che, mediante combinazione di una forma geometrica, di colori e di un simbolo o pittogramma, fornisce una indicazione determinata, la cui visibilità è garantita da una illuminazione di intensità sufficiente; h) cartello supplementare, un cartello impiegato assieme ad un cartello del tipo indicato alla lettera g) e che fornisce indicazioni complementari; i) colore di sicurezza, un colore al quale è assegnato un significato determinato; j) simbolo o pittogramma, un’immagine che rappresenta una situazione o che prescrive un determinato comportamento, impiegata su un cartello o su una superficie luminosa; k) segnale luminoso, un segnale emesso da un dispositivo costituito da materiale trasparente o semitrasparente, che è illuminato dall’interno o dal retro in modo da apparire esso stesso come una superficie luminosa; 40
1) segnale acustico, un segnale sonoro in codice emesso e diffuso da un apposito dispositivo, senza impiego di voce umana o di sintesi vocale; m) comunicazione verbale, un messaggio verbale predeterminato, con impiego di voce umana o di sintesi vocale; n) segnale gestuale, un movimento o posizione delle braccia o delle mani in forma convenzionale per guidare persone che effettuano manovre implicanti un rischio o un pericolo attuale per i lavoratori. 3. Le disposizioni del presente decreto non si applicano alla segnaletica impiegata per regolare il traffico stradale, ferroviario, fluviale, marittimo ed aereo. 4. Per i termini non espressamente definiti, valgono le definizioni di cui al Decreto Legislativo n. 626 del 1994, le cui disposizioni si applicano integralmente, fatte salve le disposizioni specifiche contenute nel presente decreto legislativo. Art. 2 - Obblighi del datore di lavoro 1. Quando, anche a seguito della valutazione effettuata in conformità all’ articolo 4, comma l, del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, risultano rischi che non possono essere evitati o sufficientemente limitati con misure, metodi o sistemi di organizzazione del lavoro, o con mezzi tecnici di protezione collettiva, il datore di lavoro fa ricorso alla segnaletica di sicurezza, secondo le prescrizioni degli allegati al presente decreto, allo scopo di: a) avvertire di un rischio o di un pericolo le persone esposte; b) vietare comportamenti che potrebbero causare pericolo; c) prescrivere determinati comportamenti necessari ai fini della sicurezza; d) fornire indicazioni relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso odi salvataggio; e) fornire altre indicazioni in materia di prevenzione e sicurezza. 2. Qualora sia necessario fornire mediante la segnaletica di sicurezza indicazioni relative a situazioni di rischio non considerate negli allegati al presente decreto, il datore di lavoro, anche in riferimento alla normativa nazionale di buona tecnica, adotta le misure necessarie, secondo le particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica. 3. Il datore di lavoro, per regolare il traffico all’interno dell’impresa o dell’unità produttiva, fa ricorso, se del caso, alla segnaletica prevista dalla legislazione vigente relativa al traffico stradale, ferroviario, fluviale, marittimo o aereo, fatto salvo quanto previsto nell’Allegato V. Art.3 - Requisiti della segnaletica 1. La segnaletica di sicurezza impiegata per la prima volta a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto deve essere conforme alle prescrizioni riportate negli allegati. 2. La segnaletica di sicurezza già impiegata sui luoghi di lavoro alla data di cui al comma 1 deve essere resa conforme alle prescrizioni riportate negli allegati entro 6 mesi da tale data. 41
Art. 4 - Informazione e formazione 1. 11 datore di lavoro provvede affinché: a) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sia informato di tutte le misure adottate e da adottare riguardo alla segnaletica di sicurezza impiegata all’interno dell’impresa ovvero dell’unità produttiva; b) i lavoratori siano informati di tutte le misure adottate riguardo alla segnaletica di sicurezza impiegata all’interno dell’impresa ovvero dell’unità produttiva. 2. Il datore di lavoro provvede affinché il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed i lavoratori ricevano una formazione adeguata, in particolare sottoforma di istruzioni precise, che deve avere per oggetto specialmente il significato della segnaletica di sicurezza, soprattutto quando questa implica l’uso di gesti o di parole, nonché i comportamenti generici e specifici da seguire. Art. 5 - Adeguamento degli allegati 1 Con Decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale si provvede agli adeguamenti di natura tecnica degli allegati al presente decreto adottati in sede comunitaria, sentita eventualmente la Commissione consultiva di cui all’articolo 393 del Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, come sostituito dall’articolo 26 del Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e modificato dall’articolo 13 del Decreto Legislativo 19 marzo 1996, n. 242. Art. 6 - Modifica della normativa vigente 1. L’articolo 355 del Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente: “Art. 355. ( indicazioni per i recipienti). - I recipienti nei quali sono conservati prodotti o materie pericolosi o nocivi devono, allo scopo di rendere nota la natura e la pericolosità del loro contenuto, portare le indicazioni e i contrassegni prescritti per ciascuno di essi dalla normativa che li disciplina.”. Art.7 - Abrogazioni 1. È abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 524. 2. E soppressa la tabella A allegata al Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547. Art. 8 - Sanzioni 1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti: a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la violazione degli articoli 2, 3 e 4, comma 2; b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da lire un milione a 42
lire cinque milioni per la violazione dell’articolo 4, comma 1. 2. Il preposto è punito: a) con l’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni per la violazione degli articoli 2 e 3; b) con l’arresto sino ad un mese o con l’ammenda da lire trecentomila a lire un milione per la violazione dell’articolo 4, comma 1. Allegato I Prescrizioni generali per la segnaletica di sicurezza 1. Considerazioni preliminari 1.1. La segnaletica di sicurezza deve essere conforme ai requisiti specifici che figurano negli Allegati da II a IX. 1.2. Il presente allegato stabilisce tali requisiti, descrive le diverse utilizzazioni delle segnaletiche di sicurezza ed enuncia norme generali sull’intercambiabilità o complementarità di tali segnaletiche. 1.3. Le segnaletiche di sicurezza devono essere utilizzate solo per trasmettere il messaggio o l’informazione precisati all’articolo 1, comma 2. 2. Modi di segnalazione 2.1. Segnalazione permanente. 2.1.1. La segnaletica che si riferisce ad un divieto, un avvertimento o un obbligo ed altresì quella che serve ad indicare l’ubicazione e ad identificare i mezzi di salvataggio o di pronto soccorso deve essere di tipo permanente e costituita da cartelli. La segnaletica destinata ad indicare l’ubicazione e ad identificare i materiali e le attrezzature antincendio deve essere di tipo permanente e costituita da cartelli o da un colore di sicurezza. 2.1.2. La segnaletica su contenitori e tubazioni deve essere del tipo previsto nell’Allegato III. 2.1.3. La segnaletica per i rischi di urto contro ostacoli e di caduta delle persone deve essere di tipo permanente e costituita da un colore di sicurezza o da cartelli. 2.1.4. La segnaletica delle vie di circolazione deve essere di tipo permanente e costituita da un colore di sicurezza. 2.2. Segnalazione occasionale. 2.2.1. La segnaletica di pericoli, la chiamata di persone per un’azione specifica e lo sgombero urgente delle persone devono essere fatti in modo occasionale e, tenuto conto del principio dell’intercambiabilità e complementarità previsto al paragrafo 3, per mezzo di segnali luminosi, acustici o di comunicazioni verbali. 2.2.2. La guida delle persone che effettuano manovre implicanti un rischio o un pericolo deve essere fatta in modo occasionale per mezzo di segnali gestuali o comunicazioni verbali. 43
3. Intercambiabilità e complementarità della segnaletica 3.1. A parità di efficacia e a condizione che si provveda ad una azione specifica di informazione e formazione al riguardo, è ammessa libertà di scelta fra: - un colore di sicurezza o un cartello, per segnalare un rischio di inciampo o caduta con dislivello; - segnali luminosi, segnali acustici o comunicazione verbale; - segnali gestuali o comunicazione verbale. 3.2. Determinate modalità di segnalazione possono essere utilizzate assieme, nelle combinazioni specificate di seguito: - segnali luminosi e segnali acustici; - segnali luminosi e comunicazione verbale; - segnali gestuali e comunicazione verbale. 4. Colori di sicurezza Colore
Rosso
Significato o scopo Segnali di divieto Pericolo - Allarme Materiali e attrezzature antincendio
Identificazione e ubicazione
Giallo Gialloarancio
Segnali di avvertimento
Attenzione, cautela, vVerifica
Azzurro
Segnali di prescrizione
Verde
Comportamento o azione specifica - obbligo di portare un mezzo di sicurezza personale Segnali di salvataggio odi Porte, uscite, percorsi, materiali, soccorso postazioni, locali Situazioni di sicurezza
4.1
Indicazioni e precisazioni Atteggiamenti pericolosi Alt, arresto, dispositivi di interruzione d’emergenza. sgombero
Ritorno alla normalità
Le indicazioni della tabella che segue si applicano a tutte le segnalazioni per le quali è previsto l’uso di un colore di sicurezza.
5. L’efficacia della segnaletica non deve essere compromessa da: 5.1. presenza di altra segnaletica odi altra fonte emittente dello stesso tipo che turbino la visibilità o l’udibilità; ciò comporta, in particolare, la necessità di: 5.1.1. evitare di disporre un numero eccessivo di cartelli troppo vicini gli uni agli altri; 5.1.2. non utilizzare contemporaneamente due segnali luminosi che possano confondersi; 44
5.1.3.
non utilizzare un segnale luminoso nelle vicinanze di un’altra emissione luminosa poco distinta; 5.1.4. non utilizzare contemporaneamente due segnali sonori; 5.1.5. non utilizzare un segnale sonoro se il rumore di fondo è troppo intenso; 5.2. cattiva progettazione, numero insufficiente, ubicazione irrazionale, cattivo stato o cattivo funzionamento dei mezzi o dei dispositivi di segnalazione. 6. I mezzi e i dispositivi segnaletici devono, a seconda dei casi: essere regolarmente puliti, sottoposti a manutenzione, controllati e riparati e, se necessario, sostituiti, affinché conservino le loro proprietà intrinseche o di funzionamento. 7. Il numero e l’ubicazione dei mezzi o dei dispositivi segnaletici da sistemare è in funzione dell’entità dei rischi, dei pericoli o delle dimensioni dell’area da coprire. 8. Per i segnali il cui funzionamento richiede una fonte di energia, deve essere garantita un’alimentazione di emergenza nell’eventualità di un’interruzione ditale energia, tranne nel caso in cui il rischio venga meno con l’interruzione stessa. 9. Un segnale luminoso o sonoro indica, col suo avviamento, l’inizio di un’azione che sì richiede di effettuare; esso deve avere una durata pari a quella richiesta dall’azione. I segnali luminosi o acustici devono essere reinseriti immediatamente dopo ogni utilizzazione. 10. Le segnalazioni luminose ed acustiche devono essere sottoposte ad una verifica del buon funzionamento e dell’efficacia reale prima di essere messe in servizio e, in seguito, con periodicità sufficiente. 11. Qualora i lavoratori interessati presentino limitazioni delle capacità uditi ve o visive, eventualmente a causa dell’uso di mezzi di protezione personale, devono essere adottate adeguate misure supplementari o sostitutive. 12. Le zone, i locali o gli spazi utilizzati per il deposito di quantitativi notevoli di sostanze o preparati pericolosi devono essere segnalati con un cartello di avvertimento appropriato, conformemente all’Allegato II, punto 3.2, o indicati conformemente all’Allegato III, punto 1, tranne nel caso in cui l’etichettatura dei diversi imballaggi o recipienti stessi sia sufficiente a tale scopo.
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Allegato II Prescrizioni generali per i cartelli segnaletici I. Caratteristiche intrinseche 1.1. Forma e colori dei cartelli da impiegare sono definiti al punto 3, in funzione del loro oggetto specifico (cartelli di divieto, di avvertimento, di prescrizione, di salvataggio e per le attrezzature antincendio). 1.2. I pittogrammi devono essere il più possibile semplici, con omissione dei particolari di difficile comprensione. 1.3. I pittogrammi utilizzati potranno differire leggermente dalle figure riportate al punto 3 o presentare rispetto ad esse un maggior numero di particolari, purché il significato sia equivalente e non sia reso equivoco da alcuno degli adattamenti o delle modifiche apportati. 1.4. I cartelli devono essere costituiti di materiale il più possibile resistente agli urti, alle intemperie ed alle aggressioni dei fattori ambientali. 1.5. Le dimensioni e le proprietà colorimetriche e fotometriche dei cartelli devono essere tali da garantirne una buona visibilità e comprensione. 1.5.1. Per le dimensioni si raccomanda di osservare la seguente formula: A> L2/2000, ove A rappresenta la superficie del cartello espressa in m2 ed L è la distanza, misurata in metri, alla quale il cartello deve essere ancora riconoscibile. La formula è applicabile fino ad una distanza di circa 50 metri. 1.5.2. Per le caratteristiche cromatiche e fotometriche dei materiali si rinvia alla normativa di buona tecnica dell’UNI. 2. Condizioni d’impiego 2.1. I cartelli vanno sistemati tenendo conto di eventuali ostacoli, ad un’altezza e in una posizione appropriata rispetto all’angolo di visuale, all’ingresso alla zona interessata in caso di rischio generico ovvero nelle immediate adiacenze di un rischio specifico o dell’oggetto che s’intende segnalare e in un posto bene illuminato e facilmente accessibile e visibile. Ferme restando le disposizioni del Decreto 46
Legislativo 626/1994, in caso di cattiva illuminazione naturale sarà opportuno utilizzare colori fosforescenti, materiali riflettenti o illuminazione artificiale. 2.2. Il cartello va rimosso quando non sussiste piÚ la situazione che ne giustificava la presenza. 3. Cartelli da utilizzare a) Cartelli di divieto. Caratteristiche intrinseche: l forma rotonda; l pittogramma nero su fondo bianco; bordo e banda (verso il basso da sinistra a destra lungo il simbolo), con un inclinazione di 45° rossi (il rosso deve coprire almeno il 35% della superficie del cartello).
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b) Cartelli di avvertimento. Caratteristiche intrinseche: l forma triangolare; l pittogramma nero su fondo giallo; bordo nero (il giallo deve coprire almeno il 50% della superficie del cartello.
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c) Cartelli di prescrizione. Caratteristiche intrinseche: l forma rotonda; l pittogramma bianco su fondo azzurro (l’azzurro deve coprire almeno il 50% della superficie del cartello).
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4. Cartelli di salvataggio Caratteristiche intrinseche: l forma quadrata o rettangolare; l pittogramma bianco su fondo verde (il verde deve coprire almeno il 50% della superficie del cartello).
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5. Cartelli per le attrezzature antincendio Caratteristiche intrinseche: l forma quadrata o rettangolare; l pittogramma bianco su fondo rosso (il rosso deve coprire almeno il 50% della superficie del cartello).
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Allegato III Prescrizioni per la segnaletica dei contenitori e delle tubazioni 1. I recipienti utilizzati sui luoghi di lavoro e contenenti sostanze o preparati pericolosi di cui alla Legge 29 maggio 1974, n. 256, e al Decreto Ministeriale 28 gennaio 1992 e successive modifiche ed integrazioni, i recipienti utilizzati per il magazzinaggio di tali sostanze o preparati pericolosi nonché le tubazioni visibili che servono a contenere o a trasportare dette sostanze o preparati pericolosi, vanno muniti dell ‘etichettatura (pittogramma o simbolo sul colore di fondo) prevista dalle disposizioni citate. Il primo comma non si applica ai recipienti utilizzati sui luoghi di lavoro per una breve durata né a quelli il cui contenuto cambia frequentemente, a condizione che si prendano provvedimenti alternativi idonei, in particolare azioni di informazione o di formazione, che garantiscano un livello identico di protezione. L’etichettatura di cui al primo comma può essere: - sostituita da cartelli di avvertimento previsti all’Allegato II che riportino lo stesso pittogramma o simbolo; - completata da ulteriori informazioni, quali il nome o la formula della sostanza o del preparato pericoloso, e da dettagli sui rischi connessi; - completata o sostituita, per quanto riguarda il trasporto di recipienti sul luogo di lavoro, da cartelli utilizzati a livello comunitario per il trasporto di sostanze o preparati pericolosi. 2. La segnaletica di cui sopra deve essere applicata come segue: - sul lato visibile o sui lati visibili; - in forma rigida, autoadesiva o verniciata. 3. All’etichettatura di cui al punto 1 che precede si applicano, se del caso, i criteri in materia di caratteristiche intrinseche previsti all’Allegato II, punto 1.4 e le condizioni di impiego all’ Allegato II, punto 2, riguardanti i cartelli di segnalazione. 4. L’etichettatura utilizzata sulle tubazioni deve essere applicata, fatti salvi i punti 1, 2 e 3, in modo visibile vicino ai punti che presentano maggiore pericolo, quali valvole e punti di raccordo, e deve comparire ripetute volte. 5. Le aree, i locali o i settori utilizzati per il deposito di sostanze o preparati pericolosi in quantità ingenti devono essere segnalati con un cartello di avvertimento appropriato scelto tra quelli elencati nell’Allegato II, punto 3.2 o essere identificati conformemente all’Allegato III, punto 1, a meno che l’etichettatura dei vari imballaggi o recipienti sia sufficiente a tale scopo, in funzione dell’Allegato II, punto 1.5 relativo alle dimensioni. Il deposito di un certo quantitativo di sostanze o preparati pericolosi può essere indicato con il cartello di avvertimento “pericolo generico”. I cartelli o l’etichettatura di cui sopra vanno applicati, secondo il caso, nei pressi dell’area di magazzinaggio o sulla porta di accesso al locale di magazzinaggio. 52
Allegato IV Prescrizioni per la segnaletica destinata ad identificare e ad indicare l ‘ubicazione delle attrezzature antincendio 1. Premessa 1. Il presente allegato si applica alle attrezzature destinate in via esclusiva alla lotta antincendio. 2. Le attrezzature antincendio devono essere identificate mediante apposita colorazione ed un cartello indicante la loro ubicazione o mediante colorazione delle posizioni in cui sono sistemate o degli accessi a tali posizioni. 3. Il colore d’identificazione di queste attrezzature è il rosso. La superficie in rosso dovrà avere ampiezza sufficiente per consentire un’agevole identificazione. 4. I cartelli descritti all ‘Allegato II, punto 3.5 devono essere utilizzati per indicare l’ubicazione delle attrezzature in questione. Allegato V Prescrizioni per la segnalazione di ostacoli e di punti di pericolo e per la segnalazione delle vie di circolazione 1. Segnalazione di ostacoli e di punti di pericolo 1.1 Per segnalare i rischi di urto contro ostacoli, di cadute di oggetti e di caduta da parte delle persone entro il perimetro delle aree edificate dell’impresa cui i lavoratori hanno accesso nel corso del lavoro, si usa il giallo alternato al nero ovvero il rosso alternato al bianco. 1.2. Le dimensioni della segnalazione andranno commisurate alle dimensioni dell’ostacolo o del punto pericoloso che s’intende segnalare. 1.3. Le sbarre gialle e nere, ovvero rosse e bianche, dovranno avere un’inclinazione di circa 45° e dimensioni più o meno uguali fra loro. Esempio
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2. Segnalazione delle vie di circolazione 2.1. Qualora l’uso e l’attrezzatura dei locali lo rendano necessario per la tutela dei lavoratori, le vie di circolazione dei veicoli devono essere chiaramente segnalate con strisce continue di colore ben visibile, preferibilmente bianco o giallo, in rapporto al colore del pavimento. 2.2. L’ubicazione delle strisce dovrà tenere conto delle distanze di sicurezza necessarie tra i veicoli che possono circolare e tutto ciò che può trovarsi nelle loro vicinanze nonché tra i pedoni e i veicoli. 2.3. Le vie permanenti situate all’esterno nelle zone edificate vanno parimenti segnalate, nella misura in cui ciò si renda necessario, a meno che non siano provviste di barriere o di una pavimentazione appropriate. AllegatoVI Prescrizioni per i segnali luminosi 1. Proprietà intrinseche 1.1. La luce emessa da un segnale deve produrre un contrasto luminoso adeguato al suo ambiente, in rapporto alle condizioni d’impiego previste, senza provocare abbagliamento per intensità eccessiva o cattiva visibilità per intensità insufficiente. 1.2. La superficie luminosa emettitrice del segnale può essere di colore uniforme o recare un simbolo su un fondo determinato. 1.3. Il colore uniforme deve corrispondere alla tabella dei significati dei colori riportata all’Allegato I, punto 4. 1.4. Quando il segnale reca un simbolo, quest’ultimo dovrà rispettare, per analogia, le regole ad esso applicabili, riportate all’Allegato II. 2. Regole particolari d’impiego 2.1. Se un dispositivo può emettere un segnale continuo ed uno intermittente, il segnale intermittente sarà impiegato per indicare, rispetto a quello continuo, un livello più elevato di pericolo o una maggiore urgenza dell’intervento o dell’azione richiesta od imposta. La durata di ciascun lampo e la frequenza dei lampeggiamenti di un segnale luminoso andranno calcolate in modo: - da garantire una buona percezione del messaggio; - da evitare confusioni sia con differenti segnali luminosi che con un segnale luminoso continuo. 2.2. Se al posto o ad integrazione di un segnale acustico si utilizza un segnale luminoso intermittente, il codice del segnale dovrà essere identico. 2.3. Un dispositivo destinato ad emettere un segnale luminoso utilizzabile in caso di pericolo grave andrà munito di comandi speciali o di lampada ausiliaria.
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Allegato VII Prescrizioni per i segnali acustici 1. Proprietà intrinseche 1.1. Un segnale acustico deve: - avere un livello sonoro nettamente superiore al rumore di fondo, in modo da essere udibile, senza tuttavia essere eccessivo o doloroso; - essere facilmente riconoscibile in rapporto particolarmente alla durata degli impulsi ed alla separazione fra impulsi e serie di impulsi, e distinguersi nettamente, da una parte, da un altro segnale acustico e, dall’altra, dai rumori di fondo. 1.2. Nei casi in cui un dispositivo può emettere un segnale acustico con frequenza costante e variabile, la frequenza variabile andrà impiegata per segnalare, in rapporto alla frequenza costante, un livello più elevato di pericolo o una maggiore urgenza dell’intervento o dell’azione sollecitata o prescritta. 2. Codice da usarsi Il suono di un segnale di sgombero deve essere continuo. Allegato VIII Prescrizioni per la comunicazione verbale 1. Proprietà intrinseche 1.1 La comunicazione verbale s’instaura fra un parlante o un emettitore e uno o più ascoltatori, in forma di testi brevi, di frasi, di gruppi di parole odi parole isolate, eventualmente in codice. 1.2. I messaggi verbali devono essere il più possibile brevi, semplici e chiari; la capacità verbale del parlante e le facoltà uditive di chi ascolta devono essere sufficienti per garantire una comunicazione verbale sicura. 1.3. La comunicazione verbale può essere diretta (impiego della voce umana) o indiretta (voce umana o sintesi vocale diffusa da un mezzo appropriato). 2. Regole particolari d’impiego 2.1. Le persone interessate devono conoscere bene il linguaggio utilizzato per essere in grado di pronunciare e comprendere correttamente il messaggio verbale e adottare, in funzione di esso, un comportamento adeguato nel campo della sicurezza e della salute. 2.2 Se la comunicazione verbale è impiegata in sostituzione o ad integrazione dei segnali gestuali, si dovrà far uso di parole chiave, come: l via per indicare che si è assunta la direzione dell’operazione; l alt per interrompere o terminare un movimento; l ferma per arrestare le operazioni; l solleva per far salire un carico; l abbassa per far scendere un carico; 55
l l l
avanti ,indietro a destra a sinistra.........( se necessario questi ordini andranno coordinati coi codici gestuali corrispondenti); attenzione per ordinare un alt a un arresto d’urgenza; presto per accelerare un movimento per motivi di sicurezza.
Allegato IX Prescrizioni per i segnali gestuali 1 - Proprietà Un segnale gestuale deve essere preciso, semplice, ampio, facile da eseguire e da comprendere e nettamente distinto da un altro segnale gestuale. L’impiego contemporaneo delle due braccia deve farsi in modo simmetrico e per un singolo segnale gestuale. I gesti impiegati, nel rispetto delle caratteristiche sopra indicate, potranno variare leggermente o essere più particolareggiati rispetto alle figurazioni riportate al punto 3, purché il significato e la comprensione siano per lo meno equivalenti. 2 - Regole particolari d’impiego 1 La persona che emette i segnali, detta “segnalatore”, impartisce, per mezzo di segnali gestuali, le istruzioni di manovra al destinatario dei segnali, detto “operatore”. 2 Il segnalatore deve essere in condizioni di seguire con gli occhi la totalità delle manovre, senza essere esposto a rischi a causa di esse. 3 Il segnalatore deve rivolgere la propria attenzione esclusivamente al coniando delle manovre e alla sicurezza dei lavoratori che si trovano nelle vicinanze. 4 Se non sono soddisfatte le condizioni di cui al punto 2.2, occorrerà prevedere uno o più segnalatori ausiliari. 5 Quando l’operatore non può eseguire con le dovute garanzie di sicurezza gli ordini ricevuti, deve sospendere la manovra in corso e chiedere nuove istruzioni. 6 Accessori della segnalazione gestuale. 7 Il segnalatore deve essere individuato agevolmente dall’operatore. 8 Il segnalatore deve indossare o impugnare uno o più elementi di riconoscimento adatti, come giubbotto, casco, manicotti, bracciali, palette. 9 Gli elementi di riconoscimento sono di colore vivo, preferibilmente unico, e riservato esclusivamente al segnalatore. 3 - Gesti convenzionali da utilizzare Premessa La serie dei gesti convenzionali che si riporta di seguito non pregiudica la possibilità di impiego di altri sistemi di codici applicabili a livello comunitario, in particolare in certi settori nei quali si usino le stesse manovre.
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A. Gesti generali Significato
Descrizione
INIZIO Attenzione, Presa di comando
Le sue braccia sono aperte in senso orizzontale, le palme delle mani rivolte in avanti
ALT Interruzione, Fine del movimento
Il braccio destro è teso verso l’alto, con le palme della mano destra rivolta in avanti
FINE delle opersazioni
Le mani sono giunte all’altezza del petto
Figura
B. Movimenti verticali Significato
Descrizione
SOLLEVARE
Il braccio destro, teso verso l’alto, con la palma della mano destra rivolta in avanti, descrive lentamente un cerchio
ABBASSARE
Il braccio destro, teso verso il basso, con la palma della mano destra rivolta verso il corpo, descrive lentamente un cerchio
DISTANZA VERTICALE
Le mani indicano la distanza
Figura
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C. Movimenti orizzontali Significato
AVANZARE
Entrambe le braccia sono ripiegate, le palme delle mani rivolte all’indietro; gli avambracci compiono movimenti lenti in direzione del corpo
RETROCEDERE
Entrambe le braccia sono ripiegate, le palme delle mani rivolte in avanti; gli avambracci compiono movimenti lenti che s’allontanano dal corpo
A DESTRA rispetto segnalatore
Il braccio destro, teso più o meno lungo l’orizzontale, con la palma al della mano destra rivolta verso il basso, compie piccoli movimenti lenti nella direzione
A SINISTRA rispetto segnalatore
Il braccio sinistro, teso più o meno in orizzontale, con la al palma della mano sinistra rivolta verso il basso, compie piccoli movimenti lenti nella direzione
DISTANZA ORIZZONTALE
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Descrizione
Le mani indicano la distanza
Figura
D. Pericolo Significato
Descrizione
PERICOLO Alt o arresto di emergenza
Entrambe le braccia tese verso l’alto; le palme delle mani rivolte in avanti
MOVIMENTO RAPIDO
I gesti convenzionali utilizzati per indicare i movimenti sono effettuati con maggiore rapiditĂ
MOVIMENTO LENTO
I gesti convenzionali utilizzati per indicare i movimenti sono effettuati molto lentamente
Figura
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1.6 IN CASO DI INCENDIO Emergenze Si possono determinare occasioni che necessita abbandonare l’edificio dove sono ubicati gli uffici di lavoro. In tali occasioni è necessario attenersi scrupolosamente ad alcuni accorgimenti pratici. La calma e la celerità delle operazioni insieme alla conoscenza dei percorsi di emergenza (vie di fuga, uscite di sicurezza, posti sicuri, luoghi di raduno) sono fattori importanti per la salvaguardia della incolumità. In sintesi è necessario: l mantenere la calma, sospendere le attività in corso, avendo cura di fermare o spegnere le apparecchiature; l non usare gli ascensori, se possibile bloccarne l’uso; l raggiungere il luogo di raduno seguendo il percorso della via di fuga più breve; l non correre, gridare o spingere; l non tornare indietro per nessun motivo, s’intralcerebbe la fuga agli altri; l attendere sul luogo di raduno, se ciò non comporta ancora rischio, per consentire agli addetti della gestione delle emergenze, di individuare eventuali persone mancanti e che quindi potrebbero avere bisogno d’aiuto. Una delle cause più note che necessitano l’evacuazione degli edifici è determinata sicuramente dall’incendio.
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Dal D. Lgs 626/94 si riporta: Capo III Prevenzione incendi, evacuazione dei lavoratori, pronto soccorso Art. 12 - Disposizioni generali 1. Ai fini degli adempimenti di cui all’art. 4, comma 5, lettera q), il datore di lavoro: a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di pronto soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell’emergenza; b) designa preventivamente i lavoratori incaricati di attuare le misure di cui all’articolo 4, comma 5, lettera a); c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo grave ed immediato circa le misure predisposte ed i comportamenti da adottare; d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e dà istruzioni affichè i lavoratori possano, in caso di pericolo grave ed immediato che non può essere evitato, cessare la loro attività, ovvero mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro; e) prende i provvedimenti necessari affinchè qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza ovvero per quella di altre persone e nella impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili. 2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di lavoro tiene conto delle dimensioni dell’azienda, ovvero dei rischi specifici dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva. 3. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione. Essi devono essere formati, essere in numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni, ovvero dei rischi specifici dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva. 4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato. Art. 13 - Prevenzione incendi 1. Fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, i Ministri dell’Interno, del Lavoro e della Previdenza Sociale, in relazione al tipo di attività, al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono definiti: a) i criteri diretti ad individuare: 1) misure intese ad evitare l’insorgere di un incendio e a limitare le conseguenze qualora esso si verifichi; 61
2) misure precauzionali di esercizio; 3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio; 4) criteri per la gestione delle emergenze; b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio di cui all’art. 12 compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione. 2. Per il settore minerario il decreto di cui al comma 1 è adottato dai Ministri dell’Interno, del Lavoro e della Previdenza Sociale e dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato. Gli incendi possono avere origine sia da atti di imprudenza o negligenza quali il cattivo uso di macchinari, la cattiva manutenzione, l’inosservanza delle norme tecniche, che per cause esterne (fulminazione, propagazione di incendi esterni). Affinché la combustione possa originarsi si debbono verificare, in contemporanea, le tre condizioni del triangolo, cioè: presenza di ossigeno (comburente), di combustibile e della sorgente di calore (energia o innesco). Tra le cause che possono fornire un lato del triangolo (energiainnesco-calore) vi sono: l fiamme libere; l eventi atmosferici (fulminazioni); l mozziconi di sigarette; l braci; l taglio di metalli o molatura con attrezzi che producono scintille; l saldatura; l corto-circuiti o sovraccarichi elettrici; l ecc. 62
Classificazione dei fuochi I fuochi vengono classificati in base alla sostanza combustibile che li genera. La classificazione adottata è quella relativa alla norma “EN 2”, approvata dal Comitato Europeo di Normalizzazione (CEN). Detta norma, in vigore anche in Italia, suddivide i fuochi nelle seguenti “classi di fuoco”:
Classe
Natura del fuoco
A
Fuochi di materie solide legno, carbone, carta, ecc. la cui combustione produce braci.
B
Fuochi di liquidi o di solidi che si possono liquefare petrolio, olio combustibile, benzina, alcool, ecc.
C
Fuochi di gas metano, propano, g.p.l., idrogeno, ecc.
D
Fuochi di metalli alluminio, magnesio, sodio, potassio, calcio, ecc.
Azioni e sostanze estinguenti Per interrompere la reazione di combustione, cioè per ottenere l’estinzione dell’incendio, bisogna eliminare almeno uno dei tre fattori indispensabili alla sua esistenza che sono: l il combustibile; l il comburente; l una temperatura superiore a quella di accensione del combustibile. In caso di incendio si dovrà pertanto intervenire cercando di attuare una delle seguenti condizioni: 63
Classificazione fuochi
Sostanze estinguenti
Fuochi di classe A
Acqua Anidride carbonica Polveri
Fuochi di classe B e C
Idrocarburi alogenati Anidride carbonica Polveri
Fuochi di classe D
Polveri
Azione di separazione Consiste nell’allontanamento del combustibile non ancora interessato dalla combustione da quello già incendiato. Per ottenere questa separazione si possono impiegare ripari o barriere non infiammabili o forti getti d’acqua, oppure, quando possibile, si può rimuovere con mezzi meccanici il combustibile non ancora incendiato.
Azione di soffocamento Consiste nell’eliminazione del contatto diretto fra combustibile e comburente. Ciò si ottiene impiegando mezzi incombustibili oppure materiali inerti o bagnati.
Azione di raffreddamento Si ottiene con la riduzione della temperatura del combustibile al di sotto del valore di accensione.
Azione di inibizione chimica Si ottiene mediante l’intervento con speciali sostanze atte a bloccare chimicamente la reazione di combustione. Questa particolare proprietà inibitoria, non ancora ben conosciuta, è caratteristica degli idrocarburi 64
alogenati, noti anche come Halon (es. Halon 1301). Se si opera contemporaneamente con tutte e tre le azioni, separazione, soffocamento, raffreddamento, si ha una maggiore efficacia. Nella tabella seguente sono evidenziate la principali azioni estinguenti esercitate sul fuoco dalle sostanze antincendio normalmente impiegate, che verranno successivamente esaminate.
Sostanze estinguenti
Acqua
Tipo di azione esercitata sul fuoco
Separazione *
Soffocamento
Raffreddamento
x
x
x
x
x
Schiuma Anidride carbonica
x
x
Polvere
x
x
Idrocarburi alogeni Sabbia **
x
Inibizione
x
x
x
x
(*)
Azione proporzionale alla forza con la quale la sostanza estinguente viene lanciata contro il combustibile. (**) Per le caratteristiche possedute da tale sostanza, generalmente impiegata nei locali o attività che presentino rischio di versamenti accidentali di combustibili liquidi (autorimesse, locali gruppi elettrogeni, ecc.), non si ritiene opportuno individuare le specifiche modalità di impiego e le relative limitazioni d’uso.
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Mezzi di estinzione mobili Gli estintori sono mezzi di pronto intervento utilizzati per la tempestiva estinzione dei principi d’incendio. Essi rivestono un ruolo importante nella lotta contro il fuoco e sono pertanto molto diffusi. Sono costituiti da un robusto recipiente metallico contenente la sostanza estinguente che viene lanciata contro il fuoco, attraverso un dispositivo di erogazione, dalla spinta esercitata da un gas propellente in pressione (nel caso di estintori ad anidride carbonica la spinta è data dalla pressione del gas stesso). I mezzi di estinzione mobili, in funzione della loro mole, si distinguono in estintori portatili ed estintori non portatili (carrellati). I primi sono concepiti per essere portati e utilizzati a mano (hanno, pronti all’uso, una massa non superiore a 20 kg).
Regole fondamentali per l’uso degli estintori Per un efficace intervento con estintori portatili occorre: l agire con progressione iniziando lo spegnimento dal focolaio più vicino sino a raggiungere quello principale, dirigendo il getto alla base delle fiamme ed avvicinandosi il più possibile senza pericoli per la persona; l erogare con precisione, evitando gli sprechi; l non erogare contro vento né contro le persone; l non erogare sostanza conduttrici della corrente elettrica su impianti ed apparecchiature in tensione.
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Regole particolari per l’uso degli estintori
Quando è possibile l’impiego contemporaneo di 2 o più estintori, gli operatori devono agire parallelamente o fino a formare un angolo massimo di 90°. Nel caso di erogazione su liquido infiammato in recipiente aperto operare in modo da evitare spandimenti del liquido, facendo rimbalzare l’estinguente sul lato interno del recipiente opposto a quello di erogazione. Nel caso di erogazione su parti in tensione, a prescindere dalla scelta della sostanza estinguente che non deve risultare conduttrice, l’operatore deve mantenersi a distanza di sicurezza dalle parti in tensione stesse. Quando l’incendio è di vaste proporzioni occorre attenersi scrupolosamente alle norme antincendio ed ai “piani di sfollamanto” (nei casi previsti), predisposti. 67
Prevenzione incendi: evacuazione Fin dal primo giorno di lavoro è necessario familiarizzare con il piano di emergenza predisposto. In particolare: l localizzare le vie di fuga e le uscite di sicurezza; l osservare la posizione dei pulsanti di emergenza, estintori e cassette di Primo Soccorso; l porre in evidenza i numeri telefonici di emergenza; l leggere e rispettare quanto riportato nella cartellonistica esposta; l ordinare il proprio luogo di lavoro in modo tale che non possa rappresentare fonte di rischio. Se si vede un incendio e non si può intervenire per spegnerlo con sicuro successo eseguire nell’ordine indicato le seguenti operazioni: l dare immediatamente l’allarme e allontanare evetuali persone presenti in luoghi pericolosi; l mettere fuori tensione i macchinari e le apparecchiature installate nella zona interessata dall’incendio e nelle sue immediate vicinanze; l fermare gli eventuali impianti di ventilazione e di condizionamento interessati dall’incendio;
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l l l
l
allestire e impiegare gli impianti fissi non automatici ed i mezzi mobili (idranti, estintori, ecc.), verificando l’efficacia di intervento degli impianti automatici di spegnimento (sprinkler, halon); circoscrivere quanto possibile l’incendio, allontanando il materiale infiammabile che potrebbe venir raggiunto dal fuoco; richiedere, in caso d’incendio grave, l’intervento dei Vigili del Fuoco; ad incendio domato, controllare attentamente che non esistano focolai occulti e non smobilitare finchè non sia raggiunta la certezza dell’impossibilità di ripresa dell’incendio; la ripresa del servizio dovrà attuarsi solo dopo aver verificato ed accertato l’efficienza delle strutture o degli impianti ed aver convenientemente ventilato i locali.
Casi particolari Si tenga anche presente che, il fumo, impedendo di respirare, può essere più pericoloso delle fiamme; la combustione di alcune sostanze (come la plastica e la gommapiuma), libera gas tossici. Se si rimane intrappolati in un edificio che brucia, allora bisogna cercare di raggiungere una stanza con finestre e, mentre si chiama aiuto dalla finestra, chiudere la porta mettendo una coperta o un asciugamano nella fessura tra pavimento e porta per non fare entrare fumo. Se si deve attraversare un luogo pieno di fumo, occorre tenersi molto bassi camminando carponi o strisciando a terra, perchè quì l’aria è più pulita.
Se i vestiti di una persona hanno preso fuoco è necessario: l evitare che la persona corra per evitare che i movimenti d’aria ravvivino le fiamme; 69
l l
distenderla a terra; bagnarla con acqua o altro liquido non infiammabile per spegnere il fuoco.
Quando l’acqua non è disponibile, si deve arrotolare strettamente intorno alla persona un tappeto o comunque un tessuto pesante non sintetico, per soffocare le fiamme togliendo ossigeno. Non bisogna: l provare a togliere i vestiti bruciati, poichè possono essere attaccati alla pelle; l rivoltare la persona sul pavimento, perchè ciò può causare ustioni. Se hanno preso fuoco i nostri vestiti e non vi sono soccorritori, avvolgiamoci da soli strettamente in un tappeto o in altri tessuti pesanti e stendiamoci a terra.
70
2.
PREVENZIONE, INFORMAZIONE E PREVENZIONE
2.1
L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
La normativa italiana sull’igiene e sicurezza del lavoro prescrive che, tra le altre misure generali di tutela che il datore di lavoro deve porre in atto, deve essere perseguito il “rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e di produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo”. Evidentemente, in seguito all’entrata in vigore del D. Lgs 626/94, assumono particolare rilievo alcuni fattori assolutamente trascurati dalla precedente legislazione, quali i ritmi di lavoro, i tempi di lavoro (anche per il problema, oggi molto diffuso, dell’utilizzo dei videoterminali), i turni, l’eventuale riduzione del rischio riducendo i tempi di esposizione, gli orari di lavoro, le posizioni di lavoro, la fatica muscolare, nervosa o visiva, ecc. Per quello che riguarda i videoterminali si rimanda al paragrafo specifico. 1. Posizioni di lavoro I lavoratori, ove ciò non contrasti con le possibilità tecniche di eseguire il lavoro, devono avere la possibilità di lavorare da seduti, con sedie idonee (il ché può significare, dove ciò non sia espressivamente impedito dalla tipologia del lavoro o dall’ambiente, l’adozione di sedie o sedili ergonomici, tali cioè da ridurre la fatica posturale e i danni che ne possono derivare). Anche nel caso di lavori che si debbano svolgere in piedi, ma che consentano periodi, anche brevi, di riposo, il lavoratore deve avere a disposizione idonei sedili, o sedie, o panche. 2. Operazioni di carico e scarico Il datore di lavoro deve adottare tutti gli accorgimenti idonei ad evitare la movimentazione manuale dei carichi. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro deve adottare le misure organizzative necessarie, ricorrere ai mezzi appropriati o fornire ai lavoratori stessi i mezzi adeguati allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi. Inoltre i posti di lavoro devono essere organizzati in modo che detta movimentazione sia quanto più possibile sicura e sana. 3. Alcune garanzie particolari sono poi riservate ad alcune categorie specifiche di lavoratori: le donne in stato di gravidanza, i minorenni, gli invalidi (quelli “ufficiali”, certificati come tali). 71
2.2
L’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE PER LA SICUREZZA
L’entrata in vigore del D. Lgs 626/94, che ha recepito la direttiva CEE 391/89 ed altre direttive “figlie”, ha comportato un radicale mutamento dei criteri organizzativi della sicurezza e dell’igiene del lavoro. Infatti con questo atto normativo si è passati da un sistema di implementazione della sicurezza di tipo puntuale e/o settoriale ad un sistema organizzativo globale che, attraverso la valutazione e la programmazione della prevenzione e della protezione dai rischi, deve permettere di realizzare le migliori condizioni tecnicamente attuabili in materia di sicurezza ed igiene del lavoro. Poter raggiungere gli obbiettivi di sicurezza e salute sul lavoro previsti dal D. Lgs 626/94 è necessario che ciascuna azienda, in relazione alla propria struttura e capacità organizzativa, sia in primo luogo dotata di una organizzazione aziendale per la sicurezza ed in secondo luogo effettui uno sforzo di programmazione delle attività che in maniera organica permettano di affrontare e risolvere le varie problematiche connesse con il nuovo impianto normativo. Gli elementi cardine per la programmazione della sicurezza in azienda sono dunque: a) la definizione di una politica aziendale per la sicurezza e l’igiene del lavoro; b) la istituzione di una organizzazione per la sicurezza che definisca chiaramente compiti e limiti operativi di ciascun “attore della sicurezza ed igiene del lavoro”; c) la definizione e l’attuazione a livello di unità produttiva di un programma di sicurezza ed igiene del lavoro.
Politica aziendale per la sicurezza e l’igiene del lavoro La volontà aziendale in materia di igiene e sicurezza del lavoro deve essere chiaramente espressa e deve essere nota a tutti. Operativamente quanto sopra enunciato può essere realizzato predisponendo a cura della dirigenza un documento programmatico denominato: “Linee guida per l’attuazione della politica aziendale per la sicurezza e l’igiene del lavoro”. Le linee guida devono: a) definire le misure generali di tutela e gli obiettivi di sicurezza ed igiene del lavoro da perseguire; b) definire l’organizzazione aziendale per la sicurezza, sancire la istituzione del Servizio di Prevenzione e Protezione ed individuare tutte le figure che possono influenzare il livello di rischio connesso con le attività lavorative (Attori della Sicurezza) e stabilire 72
le linee di interazione gerarchica (Organigrammi della Sicurezza); c) attribuire compiti, responsabilità e limiti operativi agli “Attori della Sicurezza” per il perseguimento degli scopi di cui al punto (a); d) definire un “Programma per la sicurezza e l’igiene del lavoro” che definisca a livello di unità produttiva i criteri, le modalità operative ed i sistemi organizzativi idonei per ottenere in maniera organica e sistematica gli scopi di cui al punto (a), servendosi della organizzazione aziendale di cui al punto (b); e) illustrare in dettaglio le varie azioni previste dal “Programma per la sicurezza” che ciascuna unità produttiva deve predisporre ed attuare.
Struttura organizzativa Allo scopo di attuare le volontà espresse nel documento della politica aziendale per la sicurezza, si devono individuare i livelli di responsabilità e le strutture incaricate della elaborazione e della implementazione del programma per la sicurezza e l’igiene del lavoro. Gli attori della sicurezza, ovvero le figure e le strutture aziendali ed i soggetti coinvolti nel processo organizzativo della sicurezza aziendale sono: 1. il datore di lavoro ed i dirigenti; 2. i preposti; 3. i lavoratori; 4. il Servizio di Prevenzione e Protezione ed il relativo Responsabile; 5. il medico competente; 6. il rappresentante per la sicurezza dei lavoratori; 7. le ditte esterne; 8. i progettisti, i fornitori e gli installatori. La maggiore responsabilità per la effettiva attuazione di una idonea politica aziendale per la sicurezza e l’igiene del lavoro spetta al datore di lavoro ed ai dirigenti. È tuttavia indispensabile che ciascuna figura o struttura operativa, che per funzione specifica o per condotta comportamentale può influenzare il livello di rischio sul luogo di lavoro, svolga con diligenza i compiti attribuitigli in base alla struttura organizzativa e si attenga scrupolosamente alle indicazioni comportamentali fornitegli dal datore di lavoro o dai dirigenti. Per quanto riguarda gli elementi di dettaglio per gli obblighi a carico di ciascuno degli attori della sicurezza, i criteri di attribuzione dei compiti ed i limiti operativi, è possibile fare direttamente riferimento ai contenuti del D. Lgs 626/94. 73
Il programma di sicurezza ed igiene del lavoro Il principale strumento per l’attuazione della politica di sicurezza aziendale è il “Programma di Sicurezza ed Igiene del Lavoro” che il datore di lavoro e/o la dirigenza di ciascuna unità produttiva ha la responsabilità di predisporre ed attuare. L’attuazione del programma si deve articolare secondo lo schema seguente: A) Azione prioritaria 1. valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori ed elaborazione del documento della Sicurezza. B) Azioni conseguenti 1. attuazione delle misure di prevenzione e protezione individuate in base ai risultati della valutazione di cui al punto (a). Le misure di prevenzione e protezione possono essere suddivise in: a) misure tecniche finalizzate alla eliminazione dei rischi o, se ciò non è possibile, alla riduzione a livelli accettabili dei fattori di rischio; b) misure organizzative e gestionali mirate alla programmazione della prevenzione dei rischi nei luoghi di lavoro (procedure operative, procedure di sicurezza, documenti informativi per ditte esterne, registrazione di dati rilevanti ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, ecc.); 2. predisposizione ed attuazione del programma di controllo sanitario dei lavoratori; 3. predisposizione e pianificazione delle misure di emergenza; 4. pianificazione della manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine e impianti; 5. predisposizione ed attuazione di un programma di informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro. La trattazione completa dei punti del programma operativo sopra elencati esula dagli scopi di questo manuale, per cui ci si limiterà a dare ulteriori chiarimenti soltanto in merito alla valutazione dei rischi.
Valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori A norma dell’Art. 4 del D. Lgs n. 626/94, “il datore di lavoro…, in relazione alla natura dell’attività dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, deve valutare, nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché della sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti i gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari. Quindi la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori è il primo e il più importante passo per l’attuazione del programma di prevenzione e sicurezza. 74
La valutazione dei rischi deve articolarsi secondo le seguenti fasi: a) identificazione dei rischi; b) valutazione dell’esistenza ed efficacia delle misure di prevenzione e protezione; c) definizioni delle ulteriori misure di prevenzione e protezione da adottare; d) elaborazione di un programma di attuazione delle misure di prevenzione e protezione di cui alla lettera (c), basato su un criterio di priorità temporale che sia funzione della probabilità di accadimento di un incidente o danno generico alla salute e dell’entità del danno stesso. Al termine della valutazione sopra descritta deve essere redatto un documento da conservare presso l’unità lavorativa, contenente: 1. una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa e che documenta le fasi (a) e (b) sopra descritte; 2. la individuazione delle ulteriori misure di prevenzione e protezione da attuare e dei dispositivi di protezione individuale da utilizzare in conseguenza della valutazione di cui al punto 1., e che documenta la fase (c) sopra descritta: 3. il programma di attuazione delle misure di cui al punto 2. idonee a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, e che documenta la fase (d) sopra descritta. L’impianto metodologico della valutazione deve essere tale da permettere un’esame sistematico ed organico di tutti i fattori di rischio ipotizzabili per ciascuna area operativa. La valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute e la elaborazione del relativo documento di valutazione deve essere effettuata dal datore di lavoro in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente, nei casi in cui sia obbligatoria la sorveglianza sanitaria, previa consultazione del rappresentante della sicurezza. La valutazione ed il relativo documento devono essere rielaborati in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori. I titolari delle aziende familiari e delle aziende che occupano fino a dieci addetti sono esonerati dall’obbligo di redazione e custodia del documento della sicurezza, ma sono comunque tenuti ad autocertificare per iscritto l’avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e l’assolvimento degli adempimenti agli obblighi ad essa collegati. L’esonero non vale per le aziende del tipo di quelle indicate nella nota (1) dell’Allegato I al D. Lgs 626/94, e per quelle che per mezzo di successivi decreti ministeriali saranno classificate come soggette a particolari fattori di rischio. 75
2.3
L’INFORMAZIONE E LA FORMAZIONE
“I lavoratori mediante le loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica”. Questo disposto della legge 300/70 presuppone il diritto dei lavoratori ad accedere a tutte le informazioni presenti in azienda relative all’igiene e sicurezza del lavoro (ivi compreso consultare il registro infortuni e prendere visione di tutte le autorizzazioni e certificazioni di cui l’azienda deve essere in possesso per legge) e a richiedere al datore di lavoro di procurarsi quelle informazioni di cui non fosse eventualmente in possesso (es. schede tossicologiche relative alle sostanze presenti nel ciclo produttivo). Il D. Lgs 626/94 ha ripreso ed ampliato tali concetti, attribuendo alla “informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori, ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro” il significato di misura generale di tutela.
I doveri della dirigenza aziendale Il datore di lavoro ha il preciso dovere di informare i lavoratori su: a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all’attività dell’impresa in generale; b) le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate; c) i rischi specifici cui sono esposti in relazione all’attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia; d) i pericoli connessi all’uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica; e) le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio e l’evacuazione dei lavoratori; f) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente; g) i nominativi dei lavoratori designati per gli interventi di pronto soccorso e di emergenza. Il termine “informare” assume il significato di “rendere consapevoli”, e quindi il datore di lavoro non può limitarsi solo ad esporre alcune norme o alcuni cartelli di divieto, ma fornire una informazione il più possibile approfondita e ripetuta nel tempo, giovandosi anche di presidi 76
didattici efficaci (filmati, diapositive, video tapes, opuscoli) ed effettuando l’opportuna verifica che i lavoratori abbiano recepito le informazioni trasmesse e siano in grado di utilizzarle correttamente. Per ottemperare a questo obbligo, l’azienda può giovarsi di propri consulenti (es. struttura sanitaria che effettua gli accertamenti sanitari periodici, oppure tecnici messi a disposizione dalle associazioni imprenditoriali) o di propri tecnici (es. Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione) o anche del SISL dell’USL, che ha fra i suoi compiti anche quello dell’informazione. Per l’azienda sussiste inoltre l’obbligo di garantire a ciascun lavoratore “una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni”. La formazione deve avvenire in occasione: a) dell’assunzione; b) del trasferimento o cambiamento di mansioni; c) dell’introduzione di nuove attrezzature di lavoro e di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi. Le attività di formazione ed informazione devono essere ripetute periodicamente secondo un programma concordato con il Rappresentante per la Sicurezza ed in relazione all’evoluzione dei rischi, ovvero all’insorgenza di nuovi rischi. È dunque evidente la funzione di “misura generale di tutela” attribuita dall’art. 3 del D. Lgs 626/94 alla informazione e alla formazione programmata dei lavoratori. Infatti attraverso l’informazione il lavoratore diventa consapevole dei rischi cui è esposto e viene a conoscenza delle misure idonee a ridurne le potenziali conseguenze; mentre mediante la formazione egli acquisisce la capacità 77
di espletare in sicurezza i compiti affidati e di porre in essere tutti i comportamenti necessari a garantire un posto di lavoro salubre sicuro per sé e per gli altri.
I doveri dei lavoratori Anche i lavoratori hanno doveri riguardo all’informazione: debbono segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o ai preposti, le deficienze dei dispositivi e dei mezzi di sicurezza e di protezione predisposti o forniti dal datore di lavoro, nonché le altre eventuali condizioni di pericolo di cui venissero a conoscenza.
La segnaletica di sicurezza Una particolare modalità di informazione è quella rappresentata dalla segnaletica di sicurezza (v. scheda relativa).
L’etichettatura Tutti i recipienti presenti sul luogo di lavoro, che contengono sostanze chimiche, devono essere etichettati a norme di legge. Non devono essere presenti bottiglie o barattoli o fustini anonimi, privi delle necessarie indicazioni e diciture. Le sostanze ed i preparati pericolosi debbono riportare sull’imballaggio ovvero su etichette appostevi: l nome della sostanza o del preparato; l nome e indirizzo della ditta produttrice o distributrice; l simboli e indicazioni dei pericoli insiti nell’utilizzazione; l frasi o simboli di rischio (R) riguardanti l’utilizzazione, l consigli o simboli di prudenza (S) riguardanti l’utilizzazione.
La scheda di sicurezza Il produttore di un preparato pericoloso per la normativa di classificazione, etichettatura ed imballaggio della CEE, oltre ad avere l’obbligo di etichettare correttamente le confezioni e gli imballaggi, deve fornire all’acquirente una scheda di sicurezza della sostanza o del preparato. La scheda di sicurezza deve essere organizzata nei 16 punti elencati nella Tabella 1. 78
Tabella 1: Le voci della scheda di sicurezza 1.
Identificazione del preparato e della società produttrice
2.
Composizione/informazione sugli ingredienti
3.
Identificazione dei pericoli
4.
Misure di primo soccorso
5.
Misure antincendio
6.
Misure in caso di fuoriuscita accidentale
7.
Manipolazione e stoccaggio
8.
Controllo dell’esposizione/protezione individuale
9.
Proprietà fisiche e chimiche
10.
Stabilità e reattività
11.
Informazioni tossicologiche
12.
Informazioni ecologiche
13.
Considerazioni sullo smaltimento
14.
Informazioni sul trasporto
15.
Informazioni sulla regolamentazione
16.
Altre informazioni
L’informazione sull’esito degli accertamenti sanitari periodici L’obbligo riguarda il medico competente, mentre al datore di lavoro compete l’obbligo più generale di favorire e organizzare questa informazione, a livello collettivo, nell’ambito del “dovere di informazione” di cui si parlava più sopra. Questo tipo di informazione prevede infatti 2 momenti: - uno attuato dal medico nel momento in cui esegue la visita o consegna l’esito di esami laboratoristici o strumentali al singolo lavoratore: è lo stesso codice deontologico che prevede che il medico informi il lavoratore dell’esito degli accertamenti effettuati su di lui e gli dia gli opportuni consigli; - uno attuato a livello collettivo al termine di una tornata di accertamenti sanitari periodici, in cui il medico espone ai lavoratori in termini epidemiologici, rapportando i danni riscontrati ai rischi presenti in ambiente di lavoro, l’esito degli accertamenti stessi.
79
2.4
LE VISITE MEDICHE PREVENTIVE E PERIODICHE
I lavoratori addetti a lavorazioni a rischio (vedi oltre) e nei casi esplicitamente previsti dalla normativa vigente (es: addetti ai videoterminali, lavoratori esposti ad agenti cancerogeni e biologici, ecc.) devono essere sottoposti a visita medica sia prima di essere addetti a quelle lavorazioni, per accertare che siano idonei al lavoro cui sono destinati, sia successivamente, con frequenza regolare (trimestrale, semestrale, annuale, a seconda del tipo di lavorazione e di rischio). Le visite devono essere eseguite da un medico “competente” (cioè o specialista in medicina del lavoro o di discipline affini, o comunque specificamente esperto in medicina del lavoro), e devono essere integrate, se ciò risulta necessario in base agli esiti della valutazione dei rischi effettuata ai sensi dell’art. 4 del D. Lgs 626/94, da accertamenti supplementari (ad esempio esame audiometrico per gli esposti a rumore; esami del sangue e/o delle urine per esposti a determinati agenti chimici come cromo, piombo, solventi, ecc.; esame radiologico del torace per esposti a determinate polveri, come ad esempio polveri di fonderia, fumi di saldatura, ecc.; visita specialistica otorinolaringologica per gli esposti a cormo e a polveri di legno, ecc., e così via). Le visite e gli esami sono a carico del datore di lavoro, e così pure il tempo che il lavoratore impiega per eseguirli va inteso all’interno dell’orario di lavoro. La scelta del medico o delle strutture in cui effettuare le visite è di pertinenza dell’azienda (ma può essere, ovviamente, oggetto di contrattazione e accordo). Le visite devono avvenire in locali idonei e puliti, dotati delle necessarie attrezzature (lettino medico, innanzitutto). Il medico competente deve rispettare il segreto professionale: all’azienda deve essere comunicato solo se il lavoratore è idoneo o no, e l’eventuale malattia professionale riscontrata ai fini della denuncia INAIL. Tutti gli altri dati sanitari, sono riservati, e la documentazione deve essere conservata in luogo chiuso a chiave e accessibile solo al medico o ai suoi eventuali collaboratori (ASV o infermieri), ugualmente tenuti al segreto professionale. Ai lavoratori deve essere fornita, oltre ad un’esauriente spiegazione verbale di 80
quanto riscontrato, copia della documentazione sanitaria (inclusi i referti degli esami, ecc.) che li riguarda. Devono altresì essere informati, ovviamente, della comparsa di una eventuale malattia professionale e dei provvedimenti che vengono assunti, nonché della possibilità di inoltrare denuncia all’INAIL (che deve essere inoltrata dalla azienda previa notifica del medico – anche il medico competente – che redige “il primo certificato”). Il “primo certificato” deve essere firmato anche dal lavoratore, per la parte di sua competenza (dati anagrafici, lavori precedenti, ecc.). Non è lecito che l’azienda dica al lavoratore di fare le visite periodiche dal suo medico curante o di farsi richiedere dallo stesso gli eventuali esami specialistici, in quanto gli oneri economici relativi (come detto più sopra) sono a carico della azienda e non possono essere impropriamente scaricati sul Servizio Sanitario Nazionale. Le visite mediche preventive e periodiche sono non solo un diritto, ma anche un dovere per il lavoratore, che è quindi tenuto a sottoporsi regolarmente alle stesse. È ovvio che devono essere rigorosamente rispettati dalla azienda e dal medico di fabbrica i requisiti fino ad ora indicati. Le visite mediche devono essere effettuate non solo ai lavoratori che eseguano le lavorazioni a rischio, ma anche a quelli che, pur non eseguendole, si trovino nello stesso ambiente e siano esposti agli stessi rischi (ad esempio se in un reparto di 10 persone ce ne sono 5 che effettuano una lavorazione rumorosa e 5 che, pur non effettuandola, sono sottoposti anch’essi al rischio rumore, tutti e 10 dovranno eseguire la visita periodica e l’esame audiometrico). In genere il protocollo da seguire per le visite periodiche (frequenza della visita, esami integrativi da eseguire, ecc.) è inserito nel verbale di prescrizione che l’azienda riceve al termine dell’intervento del SISL: se non c’è significa che quello adottato è corretto. In ogni caso, se i lavoratori o il consiglio di fabbrica hanno dei dubbi sul problema (ad esempio per certe lavorazioni sono necessarie le visite periodiche? il protocollo che viene seguito è corretto?), possono rivolgersi al SISL per i necessari chiarimenti. 81
Le lavorazioni che comportano l’obbligo delle visite periodiche Le principali lavorazioni che comportano la necessità delle visite periodiche sono quelle di seguito indicate nelle tabelle 1, 2, e 3. Va precisato che nelle tabelle non sono contemplati i casi in cui il controllo sanitario è richiesto da specifiche norme di legge, alle quali si deve fare riferimento (esempio Titolo V, VI, VII ed VIII del D. Lgs 626/94). Nella tabella 1 sono presi in esame i principali singoli rischi in ordine alfabetico, indicando la periodicità della visita e gli accertamenti integrativi che potrebbero essere opportuni (ovviamente da valutarsi caso per caso). Nella tabella 2 sono prese in esame 4 lavorazioni molto diffuse in diversi comparti produttivi. Nella tabella 3 infine sono elencati i principali rischi e le lavorazioni in cui si possono riscontrare, in alcuni tra i più importanti settori produttivi (metalmeccanico, legno, tipolitografico, chimico, pellettiero - calzaturiero). Per molte categorie di lavoratori, infine, è obbligatoria la vaccinazione antitetanica (lavoratori del legno, metalmeccanici, edili, cantonieri, stradini e spazzini, conciatori, agricoltori, ecc.). TABELLA N. 1 Rischio
82
Periodicità visita medica
Principali accertamenti sanitari integrativi
Acetone e derivati alogenati Acido acetico
Semestrale
Spirometria: annuale Es. di laboratorio (emocromo, es. urine, prove funz. epatica e renale): annuali Ev. es. neurologico
Acido cianidrico e composti
Trimestrale
Spirometria annuale Ev. prove funz. tiroidea
Acido nitrico e gas nitrosi
Trimestrale o semestrale a seconda delle lavorazioni
Spirometria: annuale Ev. visita odontoiatrica
Acidi e basi forti (Cloro e composti, Fluoro e composti, Acido solforico)
Trimestrale o semestrale a seconda delle sostanze utilizzate
Spirometria: annuale Ev. visita O.R.L. Ev. indicatori di esposizione (es. per il fluoro, fluoro urinario)
Amianto
Annuale
Spirometria: annuale Visita O.R.L.:annuale RX Torace (con tecnica ILO-BIT): annuale o es. sostitutivi-v.D.M. 21/1/87 (G.U. n. 35 del 12/2/87)
Alcoli
Semestrale
Spirometria: annuale Es. laboratorio (emocromo, es. urina, prove funz. epatica e renale): annuali Ev. es. neurologico e tests psicometrici
Rischio
PeriodicitĂ visita medica
Principali accertamenti sanitari integrativi
Aldeide formica e Acido formico
Semestrale
Spirometria: annuale Acido formico urinario:semestrale Visita O.R.L. (rinoscopia) annuale Ev. tests allergologici
Anidride solforosa
Trim/sem a seconda delle lavorazioni
Spirometria: annuale
Antimonio
Semestrale
Spirometria: annuale E.C.G.: annuale
Arsenico
Trimestrale
Spirometria: annuale E.C.G.: annuale Visita O.R.L.: annuale Es. laboratorio (prove funz. epatica): annuale
Bario
Annuale
Spirometria: annuale RX Torace: triennale
Berillio
Trim/sem a seconda delle lavorazioni
Spirometria: annuale RX Torace: triennale Es. laboratorio (prove funz. epatica): annuale
Cadmio
Semestrale
Spirometria: annuale Es. laboratorio (esame urine): annuale
Cromo
Trimestrale
Spirometria: annuale Visita O.R.L. (rino-laringoscopia): annuale Esame urine + cromuria: semestrale RX Torace: triennale Ev. es. citodiagnostici
Derivati alogenati Trimestrale degli idrocarburi alifatici (tricoetilene, per cloro-etilene, ecc.)
ECG: annuale Spirometria: annuale Es. di laboratorio (es. urine, emocromo, prove funz. epatica, ecc.): annuali Ev. es. neurologico e tests psicometrici Per il tricloroetilene: TCE e TCA urinario semestrale, per il tetracloroetilene (percloro): TCA urinario semestrale
Derivati aminici degli idrocarburi benzenici e dei fenoli (amine aromatiche
Per le amine aromatiche: emocromo con formula prove funz. epatica e renale metaemoglobinemia Es. citologico sedimento urinario Dosaggio amine aromatiche nelle urine con periodicitĂ variabile a seconda della classe della amina aromatica Per i solventi organici vedi voci specifiche
Trimestrale
Etere di petrolio e Semestrale benzina (incluso n-esano)
Spirometria: annuale Es. di laboratorio (emocromo con piastrine, es. urine, prove funz. epatica e renale): annuali Ev. es. neurologico e tests psicometrici Per il n-esano: 2-5 esanedione urinario: annuale
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Rischio
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PeriodicitĂ visita medica
Principali accertamenti sanitari integrativi
Eteri (ossido di etilene, diossano, etere etilico)
Semestrale
Spirometria: annuale Es. di lab. (emocromo, es. urine, prove funz. epatica e renale): annuali
Esteri, acetati
Semestrale
Spirometria: annuale Es. di lab. (emocromo, es. urine, prove funz. epatica e renale): annuali
Ferro (ossido)
Annuale
Spirometria: annuale RX Torace: triennale
Fosforo e composti inorganici
Trimestrale
Spirometria: annuale Es. lab. (es. urine e prova funz. epatica): annuale
Composti organici
Trimestrale
Dosaggio colinesterasi: semestrale (o all’inizio e alla fine della stagionerei trattamenti) Es. funz. epatica: annuali Es. neurologico: annuali
Idrocarburi benzenici (benzolo, toluolo, xilolo ed omologhi)
Trimestrale
Spirometria: annuale Es. di lab. (emocromo con piastrine, es. urine, prove funz. epatica e renale): annuali Ev. es. neurologico e tests psicometrici Per il toluolo: acido ippurico urinario: semestrale Per lo xilolo: acido metil-ippurico urinario: semestrale Per lo stirolo: acido mondelico e fenilgliossilico urinario: semestrale
Isocianati
Trimestrale
Spirometria: annuale Ev. tests allergologici cutanei e respiratori
Manganese
Semestrale
Spirometria: annuale Es. di laboratorio (emocromo, test di funz. epatica e renale): annuali Es. neurologico e tests psicometrici biennali
Mercurio
Trim/sem a seconda delle lavorazioni
Prove funz. renale: annuali Ev. es. neurologico Ev. tests psicometrici Determinazione del mercurio urinario: trim/sem. come la visita
Nichel
Semestrale
Spirometria: annuale Visita O.R.L. con rinoscopia: annuale Dosaggio Nichel nelle urine: semestrale RX Torace: triennale
Nitrili (acrilonitrile)
Trimestrale
Spirometria: annuale Es. laboratorio (prove funz. epatica): annuali Ev. es. citodiagnostici
Oli minerali
Semestrale
Se inalazione: spirometria annuale Ev. visita O.R.L. Se contatto: ev. visita dermatologica
Rischio
Periodicità visita medica
Principali accertamenti sanitari integrativi
Onde Annuale elettromagnetiche
Visita oculistica: biennale
Ossido di carbonio
Semestrale
E.C.G.: annuale Es. emocromocitometrico e carbossemoglobina: semestrale
Piombo
Trim/sem a seconda del tipo di lavorazione
Piombemia, AlaU, ZPP: trimestrali (o semestrali) Es. laboratorio (emocromo con formula, es. urine): semestrali Ev. es. neurologico
Polveri di legno
Annuale
Spirometria: annuale Visita O.R.L. con rinoscopia: annuale
Radiazioni ultraviolette e infrarosse
Semestrale Visita oculistica (esame cristallino e fondo oculare): o immediata biennale quando l’operaio Ev. visita dermatologica denuncia patologie sospette
Radio, Raggi X e sostanze radioattive
Vedi D.P.R. 185 del 13-2-64
Vedi D.P.R. 185/64
Rumore
Annuale
Es. audiometrico (via aerea +via ossea) Triennale: per esposti a Leq 80-85 DbA Biennale: per esposti a Leq 85-90 DbA Annuale: per esposti a Leq > 90 DbA o per soggetti che presentino già in danno uditivo
Silice
Annuale
Spirometria: annuale RX Torace (con tecnica e lettura ILO-BIT): annuale
Vibrazioni e scuotimenti
Annuale
Fotopletismografia e oscillografia (o tests analoghi): biennali
N.B. Quando un lavoratore è esposto a più rischi, prevale la periodicità della visita più ravvicinata. Per quanto attiene gli esami integrativi, essi devono essere definiti caso per caso, a seconda della situazione specifica di rischio.
85
TABELLA N. 2 Lavorazione
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Legislazione
Periodicità visita medica Trimestrale
Principali accertamenti sanitari integrativi
Saldatura
DPR 303/56 Tabella annessa p. 19, 25, 45 e 50. Per particolari tipi di saldatura vedi voci specifiche (es. manganese, nichel, cromo, piombo). Inoltre vedi gas nitrosi, CO, radiazioni U.V. e I.R.
Smerigliatura
DPR 303/56 Tabella Annuale annessa p. 48 e 49 D.M. 18-4-73 DPR 482/75 p. 47 e 48
Spirometria: annuale Audiometria: biennale RX Torace: con periodicità da definirsi in base ai materiali usati. Fotopletismo – grafia – oscillografia biennali
Verniciatura
Se presenti idrocarburi Trimestrale aromatici DPR 303/56 Tabella annessa p. 33 Vedi anche altri solventi e metalli vari (se presenti nei pigmenti)
Spirometria: annuale Prove di funz. epatica: (Gamma GT, transaminasi, fosfatasi alcalina): annuale Prove di funz. renale (creatininemia): annuale
Stampaggio plastica
In assenza di una normativa specifica è da tenere presente che per degradazione termica possono liberarsi prodotti tossici quali formaldeide, benzene, stirene, ecc.(vedi singoli riferimenti legislativi)
Spirometria: annuale Prove di funz. epatica (gamma GT, transaminasi, fosfatasi, alcalina): annuale Prove di funz. renale (creatininemia): annuale Se sono noti alcuni prodotti specifici che si liberano durante la lavorazione potranno essere impostati controlli specifici. La periodicità verrà definita caso per caso.
Annuale
Spirometria: annuale Vis. Oculistica: biennale RX Torace: triennale Specifici accertamenti se vi è presenza di particolari metalli
TABELLA N. 3 SETTORE METALMECCANICO Principali rischi
Principali lavorazioni
Raggi x e sostanze radioattive
Lavorazioni che implicano l’uso di raggi X e sostanze radioattive
Radiazioni ultraviolette e infrarosse
Saldatura ad arco o su pezzi o impianti che emanano calore radiante. Applicazioni industriali dei raggi UV
Oli minerali
Operazioni che espongono abitualmente al contatto con fluidi lubrorefrigeranti (tornitura, brocciatura, rettifica, dentatura, ecc.)
Vibrazioni e scuotimenti
Impiego di utensili ad aria compressa o ad esse flessibile (smerigliatura, sbavatura, ecc.)
Rumore
Taglio lamiere, pressatura, smerigliatura, sabbiatura, pallinatura, ecc.
Ferro (ossido)
Possibile esposizione in addetti alla lavorazione del ferro
Onde elettromagnetiche
Tratt. Termico dei metalli mediante induzione elettromagnetica, forni ad induzione nelle fonderie
Silice
Tutte le lavorazioni delle fonderie in terra Sbavatura o smerigliatura di getti di fonderia Sabbiatura se fatta con sabbie
Cadmio
Cadmiatura; in certi casi durante la saldatura
Cromo
Cromatura. L’esposizione si può inoltre verificare durante la saldatura e verniciatura di acciai speciali; smerigliatura e lavorazioni affini di acciai speciali
Manganese
Saldatura con elettrodi al manganese
Nichel
Nichelatura. Può essere presente nei fumi di saldatura
Piombo
Verniciatura, asportazione di vernici piombifere, saldature con leghe piombifere, dissaldatura. Fonderie di piombo
Cloro e composti
Decapaggio dei metalli con HCI
Acido cianidrico e composti
Operazioni di galvanoplastica, operazioni di cementazione
Acido nitrico e gas nitrosi
Saldatura occiacetilenica e ad arco
Acido solforico
Decapaggio metalli e produzione di batterie al piombo
Ossido di carbonio
Condotta termica di forni, fucine, saldatura autogena, taglio metalli con fiamma ossidrica o ossiacetilenica, prova motori a combustione interna o a scoppio
Etere di petrolio e benzina (incluso n-esano)
Impiego di solventi a base di benzina (verniciatura, sgrassaggio, lavaggio)
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Principali rischi
Principali lavorazioni
Derivati alogenati degli idrocarburi alifatici (tricloroetilene, ecc.)
Impiego di solventi contenenti derivati alogenati degli idrocarburi alifatici
Acetone e derivati alogenati
Impiego di solventi contenenti acetone
Alcooli
Impiego di solventi contenenti alcooli
Esteri (acetati)
Impiego di solventi contenenti esteri
Eteri
Impiego di soventi contenenti esteri
SETTORE LEGNO Principali rischi
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Principali lavorazioni
Aldeide formica
Fabbricazione dei compensati di legno. Incollaggio con colle del tipo ureaformaldeide
Etere di petrolio e benzina (incluso n-esano)
Impiego di solventi a base di benzina o n-esano
Idrocarburi benzenici
Impiego di solventi contenenti benzolo e omologhi (toluolo, xilolo)
Deriv. alogenati idrocarburi alifatici
Impiego di solventi a base di derivati alogenati degli idrocarburi alifatici
Derivati aminici degli idrocarburi benzenici (anilina)
Impiego di derivati aminici degli idrocarburi BENZENICI. Per analogia: qualsiasi uso dell’anilina
Acetone e derivati
Impiego di solventi contenenti acetone
Alcooli
Impiego di solventi contenenti alcooli
Esteri (acetati)
Impiego di solventi contenenti esteri
Vibrazioni
Utilizzo di strumenti vibranti (es. cartatrici, levigatrici, ecc.)
Rumore
Impiego di macchine per la lavorazione del legno (es. seghe, toupies, scorniciatrici, squadratrici, ecc.)
Polveri di legno
Tutte le lavorazioni del legno
Isocianati
Verniciatura, lucidatura
SETTORE TIPO-LITOGRAFICO Principali rischi
Principali lavorazioni
Antimonio
Può essere presente nelle aziende che usano linotypes o composizione a mano (lega Sn-Pb-St)
Piombo
Composizione tipografica (a mano, linotype, stereotipia). Cromolitografia (se eseguita con colori o polveri piombifere)
Etere di petrolio (n-esano)
Puliture macchine per litostampa con solventi a base di benzina o n-esano. Uso di inchiostri contenenti tali sostanze
Idrocarburi benzenici (toluolo, xilolo, omologhi)
Impiego solventi contenenti idrocarburi benzenici; rotocalcografia
Derivati alogenati idrocarburi alifatici
Impiego solventi che li contengono
Acetone e derivati alogenati
Impiego solventi contenenti acetone
Alcooli
Impiego solventi contenenti alcooli
Eteri
Impiego solventi contenenti eteri
Radiazioni ultraviolette
Applicazioni industriali dei raggi U.V. (uso di lampade a raggi UV per la fotoincisione)
Rumore
Operazioni di tipostampa, litostampa, rotocalcografia; macchine reparti legatoria
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SETTORE CHIMICO Principali rischi
Principali lavorazioni
Rumore
Macchine stampaggio plastica, estrusori, presse, forni, ecc.
Piombo
Fabbricazione e preparazione di colori, vernici, mastici; produzione gomma e lavorazione gomma piombifera; comunque esteso a tutte le lavorazioni che espongono all’azione di Pb e composti
Cromo
Tutte le lavorazioni che espongono all’azione del cromo, leghe e composti
Solventi organici - etere di petrolio e benzina (n-esano) - idrocarburi benzenici - deriv. alogenati idrocarburi - alifatici - acetone e deriv. - alcooli - esteri - eteri
Preparazione e impiego di solventi organici
Acidi o basi forti (cloro e comp., fluoro e comp., ac. cianidrico e comp., ac. solforico)
Produzione e impiego
Amine aromatiche
Produzione e impiego
SETTORE PELLETTERIA-CALZATURE Principali rischi
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Principali lavorazioni
Etere di petrolio e benzine (incluso n-esano)
Impiego solventi a base di benzina (mastici, colle)
Idrocarburi benzenici
Impiego di solventi contenenti benzolo ed omologhi (mastici, colle)
Derivati alogenati idrocarburi alifatici
Impiego di solventi contenenti derivati alogenati degli idrocarburi alifatici (mastice, colle)
Acetone e derivati
Impiego di solventi contenenti acetone (mastici, colle)
Alcooli
Impiego di solventi contenenti alcooli (mastici, colle)
Amine aromatiche
Impiego di coloranti a base di amine aromatiche
Vibrazioni
Impiego di utensili ad aria compressa o ad asse flessibile (fresatura, spianatura, ecc.)
Rumore
Uso di macchine rumorose (fresatura, spianatura, applicazione tacchi, ecc.)
2.5
PARTICOLARI TUTELE PREVISTE DALLA LEGGE PER ALCUNE CATEGORIE DI LAVORATORI
Le lavoratrici madri È vietato durante la gravidanza, e fino a 7 mesi dopo il parto, adibire le lavoratrici al trasporto e sollevamento di pesi, nonché a lavori pericolosi, faticosi e insalubri (quelli per cui vige l’obbligo delle visite mediche periodiche, quelli a rischio di silicosi, asbestosi, radiazioni ionizzanti, quelli su scale e impalcature, quelli che comportano l’obbligo di stare in piedi per più di metà dell’orario, che costringono a posizioni particolarmente affaticanti, con macchine che causano scuotimenti o vibrazioni, con rischio elevato di malattie infettive o di traumi, ecc.). Le lavoratrici che fossero addette a questi tipi di lavoro hanno diritto al cambio di mansione (la richiesta va avanzata all’Ispettorato del Lavoro) e, se non esiste nell’azienda un luogo o una mansione non a rischio, hanno diritto alla astensione anticipata dal lavoro (mantenendo, in ogni caso, trattamento economico e qualifica professionale della mansione originale). Spostamento di mansione o astensione anticipata dal lavoro possono essere richiesti anche se la gravidanza è a rischio, indipendentemente dalla pericolosità del lavoro o mansione che la donna svolge (la richiesta va sempre indirizzata all’Ispettorato del Lavoro). Sul luogo di lavoro devono esserci idonei spazi o locali ove le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità di riposarsi in posizione distesa e in condizioni appropriate.
I minorenni I minorenni, di età inferiore ai 16 anni, non possono essere adibiti a lavori che impongano trasporto e sollevamento di pesi eccessivi, a lavori notturni, a lavori che li espongano a contatto con motori o macchine in moto, a lavori pericolosi, faticosi e insalubri. Devono essere sottoposti a visita medica, a cura del Servizio di Igiene Pubblica, prima di essere avviati al lavoro (per accertarne l’idoneità) e successivamente almeno una volta all’anno (fino ai 18 anni). 91
Gli invalidi Gli invalidi devono essere adibiti a mansioni che siano compatibili con il loro stato di salute (in base alla certificazione rilasciata dal Servizio di Igiene Pubblica). Qualora l’invalido venga adibito ad una mansione non compatibile (es. un lavoro molto faticoso per un cardiopatico, un lavoro che obbliga a stare fermo in piedi per una persona che soffre di disturbi alle gambe o alla schiena, ecc.) egli può chiedere che gli venga assegnata un’altra mansione. Se non viene accontentato, può rivolgersi alla USL e chiedere di essere sottoposto a visita di un apposito collegio medico, che deve stabilire se il lavoro che gli è stato assegnato è o no compatibile con le sue condizioni. In caso il giudizio del collegio medico sia favorevole all’invalido, il datore di lavoro deve spostarlo (a meno che in azienda non esistano altre mansioni compatibili, nel qual caso l’invalido può essere rinviato al collocamento). Se però il datore di lavoro si rifiuta di spostarlo, non c’è altra possibilità per l’invalido che adire alle vie legali.
92
3
NOZIONI DI PRONTO SOCCORSO
La conoscenza, da parte di tutti i lavoratori, dei principali elementi di pronto soccorso è indispensabile, poiché in caso d’infortunio sono i primi ad in tervenire, in aiuto ai propri colleghi. La tempestività e l’efficacia del primo intervento sono essenziali, nell’attesa che arrivino gli operatori della sanità.
Precauzioni ed azioni generiche in caso d’infortunio: l
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è importante, per non aggravare la situazione, non farsi prender dal panico, quindi restare calmi ed evitare ogni inutile allarmismo sul luogo dell’incidente; cercare di capire immediatamente di cosa si tratta ed agire di conseguenza, con prontezza e decisione; non muovere l’infortunato, a meno che non sia indispensabile per sottrarlo ad ulteriori pericoli; se l’infortunato respira, ma presenta un’importante emorragia cercare di arrestare l’emorragia, se non respira praticare la rianimazione; chiamare l’ambulanza, indicando la località o il luogo dell’incidente, il numero degli infortunati, se i feriti sono coscienti, inoltre è importante segnalare se vi sono infortunati rimasti incastrati; in presenza di fratture provvedere all’immobilizzazione provvisoria degli arti traumatizzati; in presenza di ferite o lesioni provvedere alla medicazione sterile; se necessario, in attesa dei soccorsi, proteggere l’infortunato e restargli vicino dandogli conforto e sorvegliandolo; è importante non somministrare alcolici e non prendere iniziative di cui non si ha conoscenza.
Cosa fare nei casi di ferite
Lesione della pelle e dei tessuti sottostanti: l prima di tutto lavarsi accuratamente le mani; l pulire la zona intorno alla ferita utilizzando garza sterile, acqua corrente e sapone, procedendo sempre dalla ferita verso l’esterno; l lavare più volte la ferita con acqua e sapone, utilizzando garza sterile, rinnovandola spesso; l disinfettare utilizzando un comune disinfettante; 93
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coprire la ferita con garza sterile, fissandola con un cerotto o una benda; se la ferita è di una certa importanza, dopo la prima medicazione, ricorrere alle cure di un medico o dell’ospedale.
Cosa fare nei casi di emorragie
Rotture di arterie e/o vene con fuoriuscita di sangue all’esterno o all’interno del corpo: a) Emorragie esterne: l ricercare l’origine dell’emorragia; l effettuare un’immediata compressione manuale direttamente sulla ferita, (solo in caso di emorragia di arti) comprimere con le dita o con il pugno l’arteria contro l’osso sottostante, in prossimità della radice dell’arto; l applicare un tampone di garza, nel frattempo preparato da altri, fissandolo con fasciatura compressiva; l se possibile tenere sollevato verso l’alto l’arto interessato; l il laccio o una benda elastica di larghezza di 3-4 cm, vanno utilizzati solo in presenza di casi gravi, avendo l’accortezza di non tenerlo per più di 10 minuti consecutivi; 94
A. Temporale
A. Mandibolare A. Carotide A. Succlavia
A. Omerale
A. Femorale
95
trasportare l’infortunato, con urgenza, in ospedale mantenendolo in posizione orizzontale. Nelle figure sono illustrati i punti di compressione delle principali arterie, in funzione della localizzazione dell’emorragia. b) Emorragie interne: esse si possono solo sospettare in base alle circostanze dell’incidente (caduta dall’alto, schiacciamento, urto violento, ecc.) ed in presenza di sintomi di shock. l Trasportare immediatamente l’infortunato all’ospedale, mantenendolo in posizione orizzontale, con gli arti inferiori sollevati e ben coperto; l non somministrare bevande di nessun genere. l
Cosa fare nei casi di contusioni
Lesioni causate da urti o cadute, che non interrompono la continuità della pelle La cute rimane intatta, ma si rompono i vasi sanguigni sottostanti lasciando fuoriuscire il sangue che si distribuisce in mezzo ai tessuti, formando l’ecchimosi se il sangue fuoriuscito è poco, mentre se la quantità di sangue è abbondante l’ematoma. l Fare subito delle applicazioni fredde e fasciare la parte contusa; l esercitare una leggera compressione per arrestare l’emorragia interna; l tenere l’infortunato in posizione sdraiata, immobile e con la testa leggermente sollevata; l valutare se attendere sul posto i soccorsi o trasportarlo in ospedale. 96
Cosa fare nei casi di contusioni alle ossa ed alle articolazioni Le lesioni alle ossa e alle articolazioni si possono divedere in: a) distorsione - è uno stiramento dei legamenti dell’articolazione con o senza lacerazione; b) lussazione - è lo spostamento di un capo osseo rispetto alla sede naturale; c) frattura - è la rottura delle ossa con o senza spostamento, si parla di frattura esposta, se l’osso sporge all’esterno. Poiché non è facilmente distinguere le une dalle altre si consiglia sempre la massima cautela. Lesioni al cranio Il trauma cranico presenta quasi sempre particolare rilevanza. Possono esserci perdita di conoscenza, ferite al cuoio capelluto, emorragia con fuoriuscita di liquido ematico dal naso o dalle orecchie. l Trasportare l’infortunato all’ospedale; l mantenere l’infortunato in posizione laterale; l proteggerlo dal freddo. Lesioni al torace Il trauma toracico può provocare forti compressioni alla gabbia toracica, lesioni ossee e lesioni interne; quasi sempre è accompagnato da dolori localizzati, accentuati dalla respirazione. l Trasportare l’infortunato in ospedale; l mantenerlo nella posizione meno dolorosa possibile, spesso semiseduta; l controllare la respirazione e lo stato di coscienza. Lesioni agli arti l Chiamare l’ambulanza; l proteggere l’infortunato dal freddo; l non spostarlo.
97
Se si ci trovasse in condizioni particolari per le quali non è possibile aspettare i soccorsi: l immobilizzare l’arto utilizzando stecche, legni o altro materiale di fortuna, ricoprendo con cotone, indumenti, asciugamani; l provvedere al trasporto dell’infortunato presso l’ospedale curando con molta attenzione movimenti cui è sottoposto. Lesioni alla colonna vertebrale o al bacino Poiché in questi casi, spostamenti anche minimi dell’infortunato, possono risultare dannosi si consiglia di chiamare immediatamente i soccorsi senza effettuare manovre e operazioni che possono peggiorare la situazione, coprendolo e dandogli conforto. Se il luogo è irraggiungibile dai mezzi di soccorso e siano presenti almeno tre/quattro persone, procedere come di seguito:
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preparare una barella, anche con mezzi di fortuna; un soccorritore afferra la testa del contuso con una mano sotto il mento e l’altra sotto la nuca, tirando la testa lungo l’asse del corpo; un altro afferra le caviglie e le tira in senso opposto;
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l’altro o gli altri due collocano le mani sotto le cosce, il bacino, i reni e le scapole; contemporaneamente, (sarebbe meglio se uno desse il via) tutti i soccorritori sollevano l’infortunato, cercando di spostare in blocco testa, collo e tronco, mantenendolo in trazione, per posizionarlo sulla barella; trasportarlo lentamente sino al ciglio strada e attendere l’arrivo dell’ambulanza o trasportarlo con mezzo idoneo all’ospedale.
Cosa fare in caso di infortuni da scossa elettrica l l l
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Distendere l’infortunato; controllare la respirazione e il battito cardiaco; se l’infortunato è svenuto e respira disporlo di fianco o almeno porre la testa in posizione di sicurezza; praticare la rianimazione, vedi istruzioni nelle pagine seguenti; coprire le eventuali ustioni con garze sterili o con altro materiale asettico; trasportare l’infortunato all’ospedale o al posto di cura senza affaticarlo.
Cosa fare in caso d’ustioni Esse a seconda della loro intensità possono essere così classificate: 1° grado - arrossamento e gonfiore della cute; 2° grado - arrossamento con vescicole contenenti siero; 3° grado - distruzione delle cute e dei tessuti sottostanti. Ustioni provocate da fonti di calore e da elettricità a) Per ustioni lievi (1° e 2° grado con estensione inferiore al 5%): l versare abbondante acqua fredda sulla parte ustionata, fino all’attenuazione 99
del dolore; applicare sull’ustione garza sterile ed eventualmente pomata antiustione; fasciare, o fissare con cerotto, senza comprimere; ricorrere, se necessario, al controllo medico; non rompere o bucare le eventuali bolle. b) Per ustioni gravi (1° e 2° grado molto estese e 3° grado): l non spogliare l’infortunato; l non toccare la parte ustionata; l non asportare le sostanze combuste; l non somministrare tranquillanti o antidolorifici; l non applicare polveri, pomate, oli, medicamenti in genere; l non somministrare bevande alcoliche; l in caso d’infortunio elettrico, individuare le eventuali ustioni causate dalla corrente in uscita; l avvolgere l’infortunato in un telo pulito, meglio se asettico oppure ricoprire le parti ustionate con garza sterile; l se l’infortunato è cosciente, non vomita e non presenta ustioni al viso, dare da bere a piccoli sorsi una soluzione di acqua e sale (far disciogliere in un litro di acqua un cucchiaio di sale da cucina); l controllare la respirazione e il battito cardiaco, in caso di arresto della respirazione precedere come descritto in seguito (vedi Rianimazione); l trasportare l’infortunato al più vicino ospedale, meglio se provvisto di centro specializzato per la cura delle ustioni. l l l l
Ustioni provocate da agenti chimici a) Ustioni alla pelle: l indossare guanti protettivi, possibilmente di materiale plastico o lattice per proteggere le proprie mani dall’agente chimico; l togliere gli indumenti impregnati dalla sostanza chimica, se non attaccati alla pelle, tagliandoli se necessario; l lavare a lungo con acqua corrente; l se necessario trasportare l’infortunato all’ospedale. b) Lesioni agli occhi: l lavare abbondantemente con acqua; l trasportare l’infortunato all’ospedale.
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Cosa fare in caso di malore e svenimento Perdita completa dei sensi, l’infortunato non reagisce: l accertarsi che l’infortunato respiri, in caso contrario, proseguire con la rianimazione (vedi parte specifica); l distendere l’infortunato in posizione supina con la testa reclinata all’indietro; l allentare eventuali indumenti stretti come colletto, cintura, cravatta, etc.; l tenere sollevate le gambe per favorire la circolazione del sangue; l se in luogo chiuso, aprire le finestre; l rinfrescare i polsi, il collo, la fronte; l non somministrare bevande alcoliche, anche dopo la ripresa di conoscenza, in ogni caso nessun tipo di bevanda deve essere somministrata mentre è privo di sensi;
Cosa fare nei casi di shock Improvvisa caduta della pressione del sangue I motivi che possono generare lo stato di shock possono essere emorragie, ustioni esterne, lesioni traumatiche gravi. Il colpito da shock può presentare sintomi di pallore estremo del viso, polso debole e molto frequente, respiro superficiale e molto affrettato, sudore freddo, indebolimento progressivo dello stato di coscienza. Rimuovere, per quanto è possibile le cause che hanno ingenerato lo shock. A) Se la causa è la perdita di sangue: l fermare l’emorragia; l sdraiare il ferito a testa bassa, collo disteso e membra inferiori un po’ sollevate. B) Se la causa non è emorragica: l sistemare il soggetto in posizione 101
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laterale di sicurezza; controllare ed eventualmente aiutare la respirazione allentando lacci, cinture, cravatte,ecc; coprire e tranquillizzare.
In ogni caso, attivarsi con urgenza per il trasporto al pronto soccorso più vicino. Cose da evitare: l somministrare bevande.
Cosa fare nei casi di punture di insetti l
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Asportare l’aculeo servendosi della punta di uno spillo, precedentemente sterilizzato alla fiamma, o di pinzette, tenendo presente che se si tenta di esportare l’aculeo con le dita, lo stesso viene spremuto ed altro veleno può ancora penetrare nei tessuti; applicare sulla sede della puntura un batuffolo di cotone inumidito di soluzione di ammoniaca; fare impacchi freddi con panni bagnati e ghiaccio.
Tenere presente che le punture degli insetti diventano pericolose quando sono in gran numero e quando interessano gli occhi e il cavo orale.
Cosa fare in caso di morsi di cani e gatti l
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Lavare subito la ferita con acqua corrente e sapone risciacquando poi accuratamente; asciugare e coprire la ferita con garza sterile; consultare subito un medico che potrà curare la ferita e stabilire quali precauzioni sono necessarie per impedire che sorgano la rabbia, il tetano o altre malattie infettive.
Cosa fare in caso di morsi di vipere l l l l
Non incidere la ferita; non succhiare il veleno; non applicare il laccio emostatico; trasportare l’infortunato al più vicino pronto soccorso per le cure del caso CARATTERI DISTINTIVI TRA LE VIPERE E I COLUBRIDI Vipere (velenose)
Colubridi (innoqui) Denti
due zanne anteriori superiori molto lunghe
denti tutti uguali
Pupilla ellittica e verticale
più o meno frammentate
più serie opposte fra il labbro superiore e l’occhio
subtriangolare o subrettangolare ben distinta dal corpo
rotonda
Squame del capo
Scaglie sopralabili
Testa
grandi, regolari, un solo frontale fra le orbitali
una serie; due nel colubro sardo
non ben distinta dal corpo
Placca anale intera
divisa in due Coda
corta, bruscamente ristretta
lunga Ferita
due punti più grossi
molti punti circa tutti uguali 103
(somministrazione del siero antiofidico, siero profilassi, antitetanica, ecc.). In Italia gli unici serpenti velenosi sono le vipere. Il periodo di attività dei viperini è compreso tra la primavera e l’autunno, cioè dopo il risveglio dal letargo autunnale. Le vipere, contrariamente a quanto si crede, non hanno un temperamento aggressivo, ma aggrediscono l’uomo solo se vengono molestate. Il morso della vipera è chiaramente distinguibile dagli altri rettili ed è rappresentato da due forellini, distanti tra loro circa un centimetro, prodotti da due denti veleniferi spesso non seguiti da quelli dei denti più piccoli. Le vipere hanno testa piatta, triangolare, più larga del collo, con il muso troncato e ricoperto di placchette piccole ed irregolari, la pupilla è ellittica e verticale, le squame che ricoprono il capo sono carenate, la lunghezza complessiva delle vipere può andare da 50 a 100 cm a seconda della specie, il corpo è tozzo e spesso a coda breve non sempre sormontato da una riga romboide nera. Il veleno viene assorbito, dal corpo umano, attraverso i vasi linfatici e in misura modesta dai vasi venosi.
Cosa fare in caso di inalazione di fumi tossici A seguito di combustione di sostanze plastiche o di altra natura e di solventi: l allontanare l’infortunato dal luogo inquinato e se possibile, farlo respirare all’aria aperta; l trasportare l’infortunato al più vicino ospedale per le cure del caso.
Cosa fare in caso di colpo di calore e di sole L’infortunato può presentare i seguenti sintomi: mal di testa, nausea, occhi infiammati, colorito del volto molto intenso, pelle arrossata, secca, bruciante, temperatura corporea molto elevata, respiro affannoso, polso rapido e forte, confusione mentale ed in qualche caso perdita di conoscenza. In tali casi: l raffreddare l’infortunato il più presto possibile; 104
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spogliarlo per favorire la traspirazione; avvolgerlo in panni bagnati con acqua fresca; verificare il respiro, in assenza del quale praticare la respirazione boccabocca; portare il colpito in un ambiente piÚ freddo e ventilato, oppure convogliarli aria con un giornale o un ventilatore; se è cosciente dargli da bere, moderatamente, acqua fresca possibilmente salata; trasportarlo con urgenza all’ospedale; non somministrare bevande stimolanti; non usare ghiaccio o acqua troppo fredda.
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Cosa fare in caso di congelamento Il congelamento colpisce principalmente il naso, le orecchie, le mani, i piedi, il mento, ecc. Le parti colpite possono presentare formicolio, arrossamento, pallore, colorito rosso-bluastro, mollezza al tatto, durezza e totale insensibilità, intorpidimento e senso di gelo, rigidezza e fragilità: l cercare un posto riparato dove collocare l’infortunato; l allentare o togliere quanto può essere causa di rallentamento della circolazione sanguigna (scarpe strette, lacci, cinture, guanti, orologi, anelli, ecc.); l riscaldare lentamente la zona colpita mediante il contatto con una parte calda del corpo dell’infortunato o del soccorritore; l ricoprire la zona con indumenti di lana asciutti, avendo cura di fasciare in modo molto largo; l somministrare liquidi caldi (te, caffè, ecc); l liberarlo dagli indumenti eventualmente bagnati e coprirlo; l trasportare, appena possibile, il colpito all’ospedale, utilizzando un’ambulanza o quanto meno una vettura convenientemente riscaldata; l non frizionare la pelle colpita con neve, indumenti, mani, liquidi o pomate; l non immergere la parte colpita in acqua calda; l non avvicinare o mettere la parte colpita a contatto con stufe, borse di acqua calda, ecc; l non somministrare alcolici; l non far camminare se i piedi sono stati colpiti da congelamento. 106
Rianimazione (respirazione artificiale e massaggio cardiaco) La rianimazione deve essere praticata con la massima urgenza tenendo presente che lo scopo è di fornire sufficiente sangue ossigenato al cervello, che se resta privo di ossigeno per oltre 3-4 minuti produce gravi alterazioni irreversibili le quali, oltre a diminuire sensibilmente le probabilità di recupero dell’infortunato, possono determinare, in caso di sopravvivenza, gravi menomazioni. Per rendersi conto delle condizioni dell’infortunato e quindi comportarsi di conseguenza, occorre ricercare 4 sintomi fondamentali facilmente riconoscibili anche da persone inesperte e cioè: l lo stato di incoscienza; l l’immobilità del torace, che indica l’arresto respiratorio; l la mancanza delle pulsazioni arteriose ai lati del collo; l la dilatazione delle pupille, che rivelano l’arresto del cuore e della circolazione sanguigna. a) Cosa fare in caso di arresto respiratorio Quando sono presenti i primi due sintomi sopradescritti, la tecnica della rianimazione è la seguente: l ripristino del passaggio dell’aria; l applicare una mano sotto la nuca; l premere con l’altra mano sulla fronte determinando un atteggiamento di estensione posteriore della testa. Con queste manovre si garantisce l’apertura delle vie aeree superiori, eliminando così l’eventuale ostacolo, a questo livello, rappresentato dalla base della lingua e dall’abbassamento della mandibola. Nei casi in cui questa ostruzione costituisca l’unico motivo dell’arresto respiratorio, con queste prime manovre l’infortunato può spontaneamente riprendere a respirare. Se invece il torace resta immobile, bisogna praticare la 107
respirazione artificiale bocca a bocca: l adagiare la persona sulla schiena, possibilmente su una superficie rigida; l porsi al lato dell’infortunato, stringergli il naso, mantenendo il capo all’indietro e con l’altra mano completare l’operazione sul mento, aprendo la bocca; l inspirare e porre le labbra intorno alla bocca della vittima e soffiare con decisione per due secondi, sollevare la testa per permettere la fuoriuscita dell’aria dalla bocca dell’infortunato; l ripetere la manovra 10/12 volte al minuto. Se non è possibile introdurre aria attraverso la bocca, adottare la variazione bocca-naso: mantenendo la testa dell’infortunato nella posizione di estensione posteriore con la mano applicata sulla fronte, spingere con l’altra mano in alto la mandibola per tenere completamente chiusa la bocca e insufflare aria applicando la bocca sulle narici dell’infortunato. b) Cosa fare in caso di arresto cardiaco Se oltre ai sintomi di incoscienza e di immobilità del torace compaiono anche assenza di pulsazioni (rilevabile mediante lieve pressione esercitata sul collo, lateralmente al pomo d’Adamo, con le dita indice e medio unite insieme) e dilatazione delle pupille (che si osserva sollevando con un dito la palpebra superiore degli occhi), alla respirazione artificiale occorre associare il massaggio cardiaco esterno. Per un’efficace rianimazione è necessario che il massaggio cardiaco sia abbinato alla respirazione artificiale; un massaggio cardiaco isolato, senza contemporanea respirazione, è inutile. I passi da seguire sono i seguenti: l distendere l’infortunato supino sul pavimento, sul terreno, o comunque su una superficie piana e rigida (non sul letto); l inginocchiarsi al suo fianco; 108
eseguire compressioni ritmiche sulla metà inferiore dello sterno; l applicare in tale zona, la parte più sporgente del palmo di una mano; l appoggiare l’altra mano sul dorso della prima; l le dita delle mani devono essere sollevate verso l’alto per evitare qualsiasi involontaria pressione sulle costole; l esercitare compressione a braccia estese, con una forza sufficiente a determinare un abbassamento dello sterno di circa 4 cm; l allentare la pressione senza togliere le mani. Il ritmo delle compressioni deve essere di circa una al secondo. Se vi è un solo soccorritore egli farà 2-3 respirazioni bocca a bocca consecutive alternate a 15 compressioni toraciche. Nel caso di due soccorritori, uno effettuerà la respirazione bocca a bocca, l’altro le compressioni. Il rapporto delle manovre di rianimazione sarà di 1 respirazione bocca a bocca, ogni 5 compressioni e la respirazione dovrà essere fatta nell’intervallo tra una compressione e l’altra. La rianimazione può essere sospesa per qualche attimo (ogni 3-5 minuti) per controllare, con la palpazione delle arterie ai lati del collo e ispezionando le pupille, se il paziente presenta segni di ripresa. In caso contrario va continuata per lunghi tempi anche durante il trasporto in ospedale, finché non subentri il personale sanitario. l
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EVOLUZIONE LEGISLATIVA
Nel corso degli anni il legislatore si è posto il problema di tutelare la salute dei cittadini, non solo in generale, ma anche sui luoghi di lavoro. Per fare ciò la salute non si può prescindere dalla tutela dell’incolumità psico-fisica sul lavoro e quindi della sicurezza.
Costituzione della Repubblica ItalianaCostituzione della Repubblica Italiana
Art. 32 La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizioni di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Art. 41 L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
Codice Civile
Art. 2050 - Responsabilità per l’esercizio di attività pericolose Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno. Art. 2060 - Del lavoro Il lavoro è tutelato in tutte le sue forme organizzative ed esecutive, intellettuali, tecniche e manuali. Art. 2087 - Tutela delle condizioni di lavoro L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
Queste le più importanti norme costituzionali, e quindi, nessun’altra legge può essere in contrasto. A queste si aggiungono altre leggi più specifiche, che entrano nel merito dell’organizzazione vera e propria del lavoro, per prevenire gli infortuni e garantire condizioni di sicurezza e d’igiene. Si riconosce, inoltre, il diritto ai lavoratori, anche attraverso sue rappresentanze, di conoscere e controllare l’applicazione delle norme in materia.
Legge 300 del 20 maggio 1970 Statuto dei Diritti dei Lavoratori
Art. 9 - Tutela della salute e dell’integrità fisica I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica. 111
A partire dagli anni ‘50 sono stati emanati alcuni DPR, ancora in vigore, seppure con integrazioni e modifiche. Il DPR 547 e il DPR 303 sono di carattere generale e quindi riguardano tutti, altri, invece, sono specifici per alcuni tipi di attività.
DPR 547 del 27 aprile 1955
Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
DPR 303 del 19 marzo 1956
Norme generali per l’igiene del lavoro.
DPR 164 del 7 gennaio 1956
Norme generali per la prevenzione sul lavoro nelle costruzioni.
DPR 320 del 20 marzo 1956
Norme per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro sotterraneo.
DPR 323DPR 323
Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro negli impianti telefonici.
D. Lgs 277 del 15 agosto 1991
Attuazione delle direttive CEE, nn. 80/1107, 82/605, 83/477, 86/ 188 e 88/642 in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro. Nel 1994 con il recepimento della Direttiva Europea 391/89 (Direttiva madre) e di altre sette direttive figlie nasce il Decreto Lgs 626 con il quale si da un ruolo da protagonista a tutti gli “attori della sicurezza”, riconoscendo anche al lavoratore non più un ruolo passivo, divenendo anch’egli un SOGGETTO della sicurezza.
D. Lgs 626 del 19 settembre 1994
Attuazione delle Direttive CEE nn. 89/391, 89/654, 89/655, 89/656, 90/269, 90/ 270, 90/394 e 90/679 riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro. Ed ancora:
D. Lgs 494 del 14 agosto 1996
Attuazione della Direttiva CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili.
D.M. 64 del 10 marzo 1998
Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro. 112
APPENDICE DECRETO LEGISLATIVO 626/94 Struttura generale del Decreto Legislativo 626/94 dove sono state recepite la Direttiva CEE 381/89 (direttiva generale) e altre direttive particolare Titolo II Luoghi di lavoro
Titolo III Uso delle attrezzature di lavoro
Titolo IV Uso dei DPI
Titolo V Movimentaz. manuale dei cariche
Titolo I (Direttiva Generale) Titolo VI Uso di attrezzature munite di VDT Titolo VII Protezione da agenti cancerogeni Titolo VIII Protezione da agenti biologici Titolo IX Sanzioni Titolo X Disposizioni transitorie e finali
Capo I
Disposizioni generali
Capo II
Servizio di prevenzione e protezione
Capo III
Prevenzione incendi evacuazione lavoratori pronto soccorso
Capo IV
Sorveglianza sanitaria
Capo V
Consultazione e partecipazione dei lavoratori
Capo VI
Informazione e formazione dei lavoratori
Capo VII
Disposizioni concernenti la pubblica amministrazione
Capo VIII
Statistiche infortuni e malattie professionsali 113
Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salut dei lavoratori sul luogo di lavoro. Titolo I Capo I DISPOSIZIONI GENERALI
1. 2.
Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia e dei servizi di protezione civile, nonché nell’ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle università, degli istituti di istruzione universitaria, degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, delle rappresentanze diplomatiche e consolari e dei mezzi di trasporto aerei e marittimi, le norme del presente decreto sono applicate tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato, individuate con decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e della funzione pubblica.
3.
Nei riguardi dei lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, nonché dei lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato, le norme del presente decreto si applicano nei casi espressamente previsti. Le disposizioni di cui al presente decreto, si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e relative norme di attuazione.
4.
1.
114
Art. 1 Campo di applicazione Il presente decreto legislativo prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori di attività privati o pubblici.
4-bis.
Il datore di lavoro che esercita le attività di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 e, nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti e i preposti che dirigono o sovraintendono le stesse attività, sono tenuti all’osservanza delle disposizioni del presente decreto.
4-ter.
Nell’ambito degli adempimenti previsti dal presente decreto, il datore di lavoro non può delegare quelli previsti dall’art. 4, commi 1, 2, 4, lettera a), e 11, primo periodo.
Art. 2 Definizioni Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intendono per: a) lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari, con rapporto di lavoro subordinato anche speciale. Sono equiparati i soci lavoratori di cooperative o di società, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società e degli enti stessi, e gli utenti dei servizi di orientamento o di formazione scolastica, universitaria e professionale avviati presso datori di lavoro per agevolare o per perfezionare le loro scelte professionali. Sono altresì equiparati gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari e i partecipanti a corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici;
b) datore di lavoro: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’organizzazione dell’impresa, ha la responsabilità dell’impresa stessa ovvero dell’unità produttiva, quale definita ai sensi della lettera i), in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest’ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale; c) servizio di prevenzione e protezione dai rischi: insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali nell’azienda, ovvero unità produttiva; d) medico competente: medico in possesso di uno dei seguenti titoli: 1) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene dal lavoro o in clinica del lavoro ed altre specializzazioni individuate, ove necessario, con decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica; 2) docenza o libera docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro; 3) autorizzazione di cui all’art. 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277; e) responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona designata dal datore di lavoro in possesso di attitudini e capacità adeguate; f) rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona, ovvero persone, eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e sicurezza durante il lavoro, di seguito denominato rappresentante per la sicurezza; g) prevenzione: il complesso delle disposizioni o misure adottate o previste in tutte le fasi dell’attività lavorativa per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno; h) agente: l’agente chimico, fisico o biologico, presente durante il lavoro e potenzialmente dannoso per la salute. i) unità produttiva: stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni o servizi, dotata di autonomia finanziaria e tecnico funzionale.
1.
Art. 3 Misure generali di tutela Le misure generali per la protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori sono: a) valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza; b) eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non è possibile, loro riduzione al minimo; c) riduzione dei rischi alla fonte; d) programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che integra in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive ed organizzative dell’azienda nonché l’influenza dei fattori dell’ambiente di lavoro; e) sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso; f) rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo; g) priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale; h) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio; i) utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici, sui luoghi di lavoro; l) controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi specifici; m) allontanamento del lavoratore dall’esposizione a rischio, per motivi sanitari inerenti la sua persona; n) misure igieniche; o) misure di protezione collettiva ed individuale; p) misure di emergenza da attuare in caso di pronto soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave ed immediato; q) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza; r) regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei 115
fabbricanti; s) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro; t) istruzioni adeguate ai lavoratori. 2.
1.
2.
3.
116
Le misure relative alla sicurezza, all’igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori. Art. 4 Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell’attività dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, valuta, nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari. All’esito della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro elabora un documento contenente: a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa; b) l’individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi di protezione individuale, conseguente alla valutazione di cui alla lettera a); c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza. Il documento è custodito presso l’azienda ovvero unità produttiva.
4.
Il datore di lavoro: a) designa gli addetti al servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all’azienda secondo le regole di cui all’articolo 8; b) designa gli addetti al servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all’azienda secondo le regole di cui all’articolo 8; c) nomina, nei casi previsti dall’art. 16, il medico competente.
5.
Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori, e in particolare: a) designa preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza; b) aggiorna le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione e della protezione; c) nell’affidare i compiti ai lavoratori tiene conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza; d) fornisce ai lavoratori i necessari ed idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione; e) prende le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico; f) richiede l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi individuali messi a loro disposizione; g) richiede l’osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti dal presente decreto, informandolo sui processi e sui rischi connessi all’attività produttiva; h) adotta le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dà istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
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n) o)
p) q)
informa il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave ed immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione; si astiene, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato; permette ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante per la sicurezza, l’applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute e consente al rappresentante per la sicurezza di accedere alle informazioni ed alla documentazione aziendale di cui all’art. 19, comma 1, lettera e); prende appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possono causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno; tiene un registro nel quale sono annotati cronologicamente gli infortuni sul lavoro che comportano un’assenza dal lavoro di almeno un giorno. Nel registro sono annotati il nome, il cognome, la qualifica professionale dell’infortunato, le cause e le circostanze dell’infortunio, nonché la data di abbandono e di ripresa del lavoro. Il registro è redatto conformemente al modello approvato con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente, di cui all’art. 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e successive modifiche, ed è conservato sul luogo di lavoro, a disposizione dell’organo di vigilanza. Fino all’emanazione di tale decreto il registro è redatto in conformità di modelli già disciplinati dalle leggi vigenti; consulta il rappresentante per la sicurezza nei casi previsti dall’art. 19, comma 1, lettere b), c) e d); adotta le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell’evacuazione dei lavoratori, nonché per il caso di pericolo grave ed immediato. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell’attività, alle dimensioni dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, e al numero delle persone presenti.
6.
Il datore di lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1 ed elabora il documento di cui al comma 2 in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente nei casi in cui sia obbligatoria la sorveglianza sanitaria, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
7.
La valutazione di cui al comma 1 ed il documento di cui al comma 2 sono rielaborati in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori.
8.
Il datore di lavoro custodisce, presso l’azienda ovvero l’unità produttiva, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, con salvaguardia del segreto professionale, e ne consegna copia al lavoratore stesso al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, ovvero quando lo stesso ne fa richiesta.
9.
Per le piccole e medie aziende, con uno o più decreti da emanarsi entro il 31 marzo 1996 da parte dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell’industria, del commercio e dell’artigianato e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro, in relazione alla natura dei rischi e alle dimensioni dell’azienda, sono definite procedure standardizzate per gli adempimenti documentali di cui al presente articolo. Tali disposizioni non si applicano alle attività industriali di cui all’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive modifiche, soggette all’obbligo di dichiarazione o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso, alle centrali termoelettriche, agli impianti e laboratori nucleari, alle aziende estrattive ed altre attività minerarie, alle aziende per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, e alle strutture di ricovero e cura si pubbliche che private.
10.
Per le medesime aziende di cui al comma 9, primo periodo, con uno o più decreti dei Ministri del Lavoro e della previdenza sociale, dell’industria, del commercio e dell’artigianato e della sanità, 117
sentita la commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro, possono essere altresì definiti: a) i casi relativi a ipotesi di scarsa pericolosità, nei quali è possibile lo svolgimento diretto dei compiti di prevenzione e protezione in aziende ovvero unità produttive che impiegano un numero di addetti superiore a quello indicato nell’allegato I; b) i casi in cui è possibile la riduzione a una sola volta nell’anno della visita di cui all’art. 17, lettera h), degli ambienti di lavoro da parte del medico competente, ferma restando l’obbligatorietà di visite ulteriori, allorché si modificano le situazioni di rischio. 11.
Fatta eccezione per le aziende indicate nella nota dell’allegato 1, il datore di lavoro delle aziende familiari, nonché delle aziende che occupano fino a dieci addetti non è soggetto agli obblighi di cui ai commi 2 e 3, ma è tenuto comunque ad autocertificare per iscritto l’avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e l’adempimento degli obblighi ad essa collegati. L’autocertificazione deve essere inviata al rappresentante per la sicurezza. Sono in ogni caso soggette agli obblighi di cui ai commi 2 e 3 le aziende familiari nonché le aziende che occupano fino a dieci addetti, soggette a particolari fattori di rischio, individuate nell’ambito di specifici settori produttivi con uno o più decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità, dell’industria, del commercio e dell’artigianato, delle risorse agricole alimentari e forestali e dell’interno, per quanto di rispettiva competenza.
12.
Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell’amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tal caso gli obblighi previsti dal presente decreto, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all’amministrazione competente o al soggetto che ne ha l’obbligo giuridico.
1.
2.
118
Art. 5 Obblighi dei lavoratori Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro. In particolare i lavoratori: a) osservano le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale; b) utilizzano correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre attrezzature di lavoro, nonché i dispositivi di sicurezza; c) utilizzano in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione; d) segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dispositivi di cui alle lettere b) e c), nonché le altre eventuali condizioni di pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza; e) non rimuovono o modificano senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo; f) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori; g) si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro confronti; h) contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento di tutti
gli obblighi imposti dall’autorità competente o comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro.
1.
Art. 6 Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e degli installatori I progettisti dei luoghi o posti di lavoro e degli impianti rispettano i principi generali di prevenzione in materia di sicurezza e di salute al momento delle scelte progettuali e tecniche e scelgono macchine nonché dispositivi di protezione rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza previsti nella disposizioni legislative e regolamentari vigenti.
2.
Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di macchine, di attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di sicurezza. Chiunque concede in locazione finanziaria beni assoggettati a forme di certificazione o di omologazione obbligatoria è tenuto a che gli stessi siano accompagnati dalle previste certificazioni o dagli altri documenti previsti dalla legge.
3.
Gli installatori e montatori di impianti, macchine o altri mezzi tecnici devono attenersi alle norme di sicurezza e di igiene del lavoro, nonché alle istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti dei macchinari e degli altri mezzi tecnici per la parte di loro competenza.
1.
Art. 7 Contratto di appalto o contratto d’opera Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi: a) verifica, anche attraverso l’iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato, l’idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o contratto d’opera; b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.
2.
Nell’ipotesi di cui al comma 1 i datori di lavoro: a) cooperano all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto; b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi a cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva.
3.
Il datore di lavoro committente promuove la collaborazione ed il coordinamento di cui al comma 2. Tale obbligo non si estende ai rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi. Capo II SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
1. 2.
Art. 8 Servizio di prevenzione e protezione Salvo quanto previsto dall’art. 10, il datore di lavoro organizza all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, il servizio di prevenzione e protezione, o incarica persone o servizi esterni all’azienda, secondo le regole di cui al presente articolo. Il datore di lavoro designa all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, una o più persone da lui dipendenti per l’espletamento dei compiti di cui all’articolo 9, tra cui il responsabile del servizio in possesso di attitudini e capacità adeguate, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza. 119
3.
I dipendenti di cui al comma 2 devono essere in numero sufficiente, possedere le capacità necessarie e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa dell’attività svolta nell’espletamento del proprio incarico.
4.
Salvo quanto previsto dal comma 2, il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne all’azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie per integrare l’azione di prevenzione e protezione.
5.
L’organizzazione del servizio di prevenzione e protezione all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi: a) nelle aziende industriali di cui all’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175; b) nelle centrali termoelettriche; c) negli impianti e laboratori nucleari; d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni; e) nelle aziende industriali con oltre duecento dipendenti; f) nelle industrie estrattive con oltre cinquanta lavoratori dipendenti; g) nella strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
6.
Salvo quanto previsto dal comma 5, se le capacità dei dipendenti all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva sono insufficienti, il datore di lavoro può far ricorso a persone o servizi esterni all’azienda, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
7.
Il servizio esterno deve essere adeguato alle caratteristiche dell’azienda, ovvero unità produttiva, a favore della quale è chiamato a prestare la propria opera, anche con riferimento al numero degli operatori.
8.
Il responsabile del servizio esterno deve possedere attitudini e capacità adeguate.
9.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con decreto di concerto con i Ministri della sanità e dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, può individuare specifici requisiti, modalità e procedure, per la certificazione dei servizi, nonché il numero minimo degli operatori di cui ai commi 3 e 7.
10.
Qualora il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni egli non è per questo liberato dalla propria responsabilità in materia.
11.
Il datore di lavoro comunica all’ispettorato del lavoro e alle unità sanitarie locali territorialmente competenti il nominativo della persona designata come responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno ovvero esterno all’azienda. Tale comunicazione è corredata da una dichiarazione nella quale si attesti con riferimento alle persone designate: a) i compiti svolti in materia di prevenzione e protezione; b) il periodo nel quale tali compiti sono stati svolti; c) il curriculum professionale.
1.
120
Art. 9 Compiti del servizio di prevenzione e protezione Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede: a all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale; b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive e i sistemi di cui all’art. 4, comma 2, lettera b) e i sistemi di controllo di tali misure;
c) d) e) f)
ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali; a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori; a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e di sicurezza di cui all’art. 11; a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all’art. 21.
2.
Il datore di lavoro fornisce ai servizi di prevenzione e protezione informazioni in merito a: a) la natura dei rischi; b) l’organizzazione del lavoro, la programmazione e l’attuazione delle misure preventive e protettive; c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi; d) i dati del registro degli infortuni e delle malattie professionali; e) le prescrizioni degli organi di vigilanza.
3.
I componenti del servizio di prevenzione e protezione e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell’esercizio delle funzioni di cui al presente decreto. Il servizio di prevenzione e protezione è utilizzato dal datore di lavoro.
4.
1.
2.
1.
2.
Art. 10 Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi Il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dai rischi nonchè di prevenzione incendi e di evacuazione, nei casi previsti nell’allegato I, dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai commi successivi. Esso può avvalersi della facoltà di cui all’art. 8, comma 4. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare apposito corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, promosso anche dalle associazioni dei datori di lavoro e trasmettere all’organo di vigilanza competente per territorio: a) una dichiarazione attestante la capacità di svolgimento dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi; b) una dichiarazione attestante gli adempimenti di cui all’art. 4, commi 1, 2, 3 e 11; c) una relazione sull’andamento degli infortuni e delle malattie professionali della propria azienda elaborata in base ai dati degli ultimi tre anni del registro infortuni o, in mancanza dello stesso, di analoga documentazione prevista dalla legislazione vigente; d) l’attestazione di frequenza del corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro. Art. 11 Riunione periodica di prevenzione e protezione dai rischi Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano più di 15 dipendenti, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all’anno una riunione cui partecipano: a) il datore di lavoro o un suo rappresentante; b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi; c) il medico competente ove previsto; d) il rappresentante per la sicurezza. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all’esame dei partecipanti: a) il documento, di cui all’art. 4, commi 2 e 3; b) l’idoneità dei mezzi di protezione individuale; c) i programmi di informazione e formazione dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro salute. 121
3.
La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione e l’introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori.
4.
Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano fino a 15 dipendenti, nelle ipotesi di cui al comma 3, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza può chiedere la convocazione di una apposita riunione.
5.
Il datore di lavoro, anche tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, provvede alla redazione del verbale della riunione che è tenuto a disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.
Capo III PREVENZIONE INCENDI, EVACUAZIONE DEI LAVORATORI, PRONTO SOCCORSO
1.
2.
Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di lavoro tiene conto delle dimensioni dell’azienda ovvero dei rischi specifici dell’azienda ovvero dell’unità produttiva.
3.
I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione. Essi devono essere formati, essere in numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni ovvero dei rischi specifici dell’azienda ovvero dell’unità produttiva.
4.
Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato. Art. 13 Prevenzione incendi Fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, i Ministri dell’interno, del lavoro e della previdenza sociale, in relazione al tipo di attività, al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori di rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono definiti: a) i criteri diretti ad individuare: 1) misure intese ad evitare l’insorgere di un incendio e a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi; 2) misure precauzionali di esercizio; 3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio; 4) criteri per la gestione delle emergenze;
1.
122
Art. 12 Disposizioni generali Ai fini degli adempimenti di cui all’art. 4, comma 5, lettera q), il datore di lavoro: a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di pronto soccorso, salvataggio lotta antincendio e gestione dell’emergenza; b) designa preventivamente i lavoratori incaricati di attuare le misure di cui all’art. 4, comma 5, lettera a); c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo grave ed immediato circa le misure predisposte ed i comportamenti da adottare; d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e dà istruzioni affinché i lavoratori possano, in caso di pericolo grave ed immediato che non può essere evitato, cessare la loro attività, ovvero mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro; e) prende i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza ovvero per quella di altre persone e nell’impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.
b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio di cui all’art. 12, compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione. 2. Per il settore minerario il decreto di cui al comma 1 è adottato dai Ministri dell’interno, del lavoro e della previdenza sociale e dell’industria, del commercio e dell’artigianato.
1. 2.
1.
Art. 14 Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro ovvero da una zona pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e nell’impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, prende misure per evitare le conseguenze di tale pericolo, non può subire pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia commesso una grave negligenza. Art. 15 Pronto soccorso Il datore di lavoro, tenendo conto della natura dell’attività e delle dimensioni dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, sentito il medico competente ove previsto, prende i provvedimenti necessari in materia di pronto soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati.
2.
Il datore di lavoro, qualora non vi provveda direttamente, designa uno o più lavoratori incaricati dell’attuazione dei provvedimenti di cui al comma 1.
3.
Le caratteristiche minime delle attrezzature di pronto soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione sono individuati in relazione alla natura dell’attività, al numero dei lavoratori occupati e ai fattori di rischio, con decreto dei Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza sociale, della funzione pubblica e dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentita la commissione consultiva permanente e il Consiglio superiore di sanità.
4.
Fino all’emanazione del decreto di cui al comma 3 si applicano le disposizioni vigenti in materia. Capo IV SORVEGLIANZA SANITARIA
1. 2.
3.
Art. 16 Contenuto della sorveglianza sanitaria La sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti dalla normativa vigente. La sorveglianza di cui al comma 1 è effettuata dal medico competente e comprende: a) accertamenti preventivi intesi a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica; b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica. Gli accertamenti di cui al comma 2 comprendono esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente. Art. 17 Medico competente
1.
Il medico competente: a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione di cui all’art. 123
b) c) d) e)
f) g) h)
i) l) m) 2.
Il medico competente può avvalersi, per motivate ragioni, della collaborazione di medici specialisti scelti dal datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.
3.
Qualora il medico competente, a seguito degli accertamenti di cui all’art. 16, comma 2, esprima un giudizio sull’inidoneità parziale o temporanea o totale del lavoratore, ne informa per iscritto il datore di lavoro e il lavoratore.
4.
Avverso il giudizio di cui al comma 3 è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all’organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.
5.
Il medico competente svolge la propria opera in qualità di: a) dipendente da una struttura esterna pubblica o privata convenzionata con l’imprenditore per lo svolgimento dei compiti di cui al presente capo; b) libero professionista; c) dipendente del datore di lavoro.
6.
Qualora il medico competente sia dipendente del datore di lavoro, questi gli fornisce i mezzi e gli assicura le condizioni necessarie per lo svolgimento dei suoi compiti. Il dipendente di una struttura pubblica non può svolgere l’attività di medico competente, qualora esplichi attività di vigilanza.
7.
124
8, sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione dell’azienda ovvero dell’unità produttiva e delle situazioni di rischio, alla predisposizione dell’attuazione delle misure per la tutela della salute e dell’integrità psico-fisica dei lavoratori; effettua gli accertamenti sanitari di cui all’art. 16; esprime i giudizi di idoneità alla mansione specifica al lavoro, di cui all’art. 16; istituisce ed aggiorna, sotto la propria responsabilità, per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, una cartella sanitaria e di rischio da custodire presso il datore di lavoro con salvaguardia del segreto professionale; fornisce informazioni ai lavoratori sul significato degli accertamenti sanitari cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività che comporta l’esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; informa ogni lavoratore interessato dei risultati degli accertamenti sanitari di cui alla lettera B) e, a richiesta dello stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria; comunica, in occasione delle riunioni di cui all’art. 11, ai rappresentanti per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi degli accertamenti clinici e strumentali effettuati e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati; congiuntamente al responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, visita gli ambienti di lavoro almeno due volte all’anno e partecipa alla programmazione del controllo dell’esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini delle valutazioni e dei pareri di competenza; fatti salvi i controlli sanitari di cui alla lettera b), effettua le visite mediche richieste dal lavoratore qualora tale richiesta sia correlata ai rischi professionali; collabora con il datore di lavoro alla predisposizione del servizio di pronto soccorso di cui all’art. 15; collabora all’attività di formazione e informazione di cui al capo VI.
Capo V CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI
1.
Art. 18 Rappresentante per la sicurezza In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante per la sicurezza.
2.
Nelle aziende, o unità produttive, che occupano sino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto direttamente dai lavoratori al loro interno. Nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza può essere individuato per più aziende nell’ambito territoriale ovvero del comparto produttivo. Esso può essere designato o eletto dai lavoratori nell’ambito delle rappresentanze sindacali, così come definite dalla contrattazione collettiva di riferimento.
3.
Nelle aziende, ovvero unità produttive, con più di 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto o designato dai lavoratori nell’ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali rappresentanze, è eletto dai lavoratori dell’azienda al loro interno.
4.
Il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante per la sicurezza, nonchè il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l’espletamento delle funzioni, sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.
5.
In caso di mancato accordo nella contrattazione collettiva di cui al comma 4, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le parti, stabilisce con proprio decreto, da emanarsi entro tre mesi dalla comunicazione del mancato accordo, gli standards relativi alle materie di cui al comma 4. Per le amministrazioni pubbliche provvede il Ministro per la funzione pubblica sentite la organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale.
6.
7.
1.
In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 1 è il seguente: a) un rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive sino a 200 dipendenti; b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da 201 a 1000 dipendenti; c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende ovvero unità produttive. Le modalità e i contenuti specifici della formazione del rappresentante per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale di categoria con il rispetto dei contenuti minimi previsti dal decreto di cui all’art. 22, comma 7. Art. 19 Attribuzioni del rappresentante per la sicurezza Il rappresentante per la sicurezza: a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni; b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nell’azienda ovvero unità produttiva; c) è consultato sulla designazione degli addetti al servizio di prevenzione, all’attività di prevenzione incendi, al pronto soccorso, alla evacuazione dei lavoratori; d) è consultato in merito all’organizzazione della formazione di cui all’art. 22, comma 5; e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti le sostanze e i preparati pericolosi, le macchine, gli impianti, l’organizzazione e gli ambienti di lavoro, gli infortuni e le malattie professionali; f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza; g) riceve una formazione adeguata, comunque non inferiore a quella prevista dall’art. 22; h) promuove l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee 125
i) l) m) n) o)
a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori; formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti; partecipa alla riunione periodica di cui all’art. 11; fa proposte in merito all’attività di prevenzione; avverte il responsabile dell’azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività; può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro e i mezzi impiegati per attuarle non sono idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
2.
Il rappresentante per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo svolgimento dell’incarico senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi necessari per l’esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli.
3.
Le modalità per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.
4.
Il rappresentante per la sicurezza non può subire pregiudizio alcuno a causa delle svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.
5.
Il rappresentante per la sicurezza ha accesso, per l’espletamento della sua funzione, al documento di cui all’art. 4, commi 2 e 3, nonché al registro degli infortuni sul lavoro di cui all’art. 4, comma 5, lettera o).
1.
2. 3.
Art. 20 Organismi paritetici A livello territoriale sono costituiti organismi paritetici tra le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, con funzioni di orientamento e di promozione di iniziative formative nei confronti dei lavoratori. Tali organismi sono inoltre prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull’applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme vigenti. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali o partecipativi previsti da accordi interconfederali, di categoria, nazionali, territoriali o aziendali. Agli effetti dell’art. 10 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, gli organismi di cui al comma 1 sono parificati alla rappresentanza indicata nel medesimo articolo. Capo VI INFORMAZIONE E FORMAZIONE DEI LAVORATORI
1.
2.
126
Art. 21 Informazione dei lavoratori Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva un’adeguata informazione su: a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all’attività dell’impresa in generale; b) le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate; c) i rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia; d) i pericoli connessi all’uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica; e) le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio, l’evacuazione dei lavoratori; f) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il medico competente; g) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 12 e 15. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettere a), b), c), anche ai lavoratori di cui all’art. 1, comma 3.
1.
Art. 22 Formazione dei lavoratori Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore, ivi compresi i lavoratori di cui all’art. 1, comma 3, riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni.
2.
La formazione deve avvenire in occasione: a) dell’assunzione; b) del trasferimento o cambiamento di mansioni; c) dell’introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.
3.
La formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione all’evoluzione dei rischi ovvero all’insorgenza di nuovi rischi.
4.
Il rappresentante per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza, concernente la normativa in materia di sicurezza e salute e i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di rappresentanza, tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.
5.
I lavoratori incaricati dell’attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza devono deve essere adeguatamente formati.
6.
La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al comma 4 deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all’art. 20, durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori. I Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, possono stabilire i contenuti minimi della formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro di cui all’art. 10, comma 3, tenendo anche conto delle dimensioni e della tipologia delle imprese.
7.
Capo VII DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
1.
2.
3.
Art. 23 Vigilanza La vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro è svolta dalla unità sanitaria locale e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonchè, per il settore minerario, dal Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, e per le industrie estrattive di seconda categoria e le acque minerali e termali delle regioni e provincie autonome di Trento e Bolzano. Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla legislazione vigente all’ispettorato del lavoro, per attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, da individuare con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la Commissione consultiva permanente, l’attività di vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di sicurezza può essere esercitata anche dall’ispettorato del lavoro che ne informa preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza della unità sanitaria locale competente per territorio. Il decreto di cui al comma 2 deve essere emanato entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
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4.
1.
2.
1.
1.
128
Restano ferme le attribuzioni e le competenze in materia di sicurezza e salute dei lavoratori attribuite dalle disposizioni vigenti agli uffici di sanità aerea e marittima ed alle autorità marittime, portuali ed aeroportuali, per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed aeroportuale. ed ai servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e per le Forze di polizia; i predetti servizi sono competenti altresì per le aree riservate o operative e per quelle che presentano analoghe esigenze da individuarsi, anche per quel che riguarda le modalità di attuazione, con decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità. L’Amministrazione della giustizia può avvalersi dei servizi istituiti per le Forze armate e di polizia, anche mediante convenzione con i rispettivi ministeri, nonché dei servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie. Art. 24 Informazione, consulenza, assistenza Le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano, il Ministero dell’interno tramite le strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro, anche mediante i propri dipartimenti periferici, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per mezzo degli ispettorati del lavoro, il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, per il settore estrattivo, tramite gli uffici della Direzione generale delle miniere, l’Istituto italiano di medicina sociale, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e gli enti di patronato svolgono attività di informazione, consulenza ed assistenza in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, in particolare nei confronti delle imprese artigiane e delle piccole e medie imprese e delle rispettive associazioni dei datori di lavoro. L’attività di consulenza non può essere prestata dai soggetti che svolgono attività di controllo e di vigilanza. Art. 25 Coordinamento Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono individuati criteri al fine di assicurare unità ed omogeneità di comportamenti in tutto il territorio nazionale nell’applicazione delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori e di radioprotezione. Art. 26 Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro L’art. 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente: “Art. 393. (Costituzione della commissione). 1) Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è istituita una commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro. Essa è presieduta dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale o dal direttore generale della Direzione generale dei rapporti di lavoro da lui delegato, ed è composta da: a) cinque funzionari esperti designati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di cui tre ispettori del lavoro, laureati uno in ingegneria, uno in medicina e chirurgia e uno in chimica o fisica; b) il direttore e tre funzionari dell’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza del lavoro; c) un funzionario dell’Istituto superiore di sanità; d) il direttore generale competente del Ministero della sanità ed un funzionario per ciascuno dei seguenti Ministeri: industria, commercio ed artigianato; interno; difesa; trasporti; risorse agricole, alimentari e forestali; ambiente e della Presidenza del Consiglio; e) sei rappresentanti delle regioni e province autonome designati dalla Conferenza Statoregioni;
f) g) h) i)
2) 3) 4) 5) 6)
2.
un rappresentante dei seguenti organismi: Istituto nazionale assicurazioni e infortuni sul lavoro; Corpo nazionale dei vigili del fuoco; Consiglio nazionale delle ricerche; UNI; CEI; Agenzia nazionale protezione ambiente; Istituto italiano di medicina sociale; otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale; otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro, anche dell’artigianato e della piccola impresa, maggiormente rappresentative a livello nazionale; un esperto nominato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei dirigenti d’azienda maggiormente rappresentative a livello nazionale. Ai predetti componenti, per le riunioni o giornate di lavoro, non spetta il gettone di presenza di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 gennaio 1956, n. 5, e successive modificazioni. Per ogni rappresentante effettivo è designato un membro supplente. All’inizio di ogni mandato la commissione può istituire comitati speciali permanenti dei quali determina la composizione e la funzione. La commissione può chiamare a far parte dei comitati di cui al comma 3 persone particolarmente esperte, anche su designazione delle associazioni professionali, dell’università e degli enti di ricerca, in relazione alle materie trattate. Le funzioni inerenti alla segreteria della commissione sono disimpegnate da due funzionari del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. I componenti della commissione consultiva permanente ed i segretari sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione degli organismi competenti e durano in carica tre anni.”.
L’art. 394 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente: “Art. 394. (Compiti della commissione). 1. La commissione consultiva permanente ha il compito di: a) esaminare i problemi applicativi della normativa in materia di sicurezza e salute sul posto di lavoro e predisporre una relazione annuale al riguardo; b) formulare proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente e per il suo coordinamento con altre disposizioni concernenti la sicurezza e la protezione della salute dei lavoratori, nonchè per il coordinamento degli organi preposti alla vigilanza; c) esaminare le problematiche evidenziate dai comitati regionali sulle misure preventive e di controllo dei rischi adottate nei luoghi di lavoro; d) proporre linee guida applicative della normativa di sicurezza; e) esprimere parere sugli adeguamenti di natura strettamente tecnica relativi alla normativa CEE da attuare a livello nazionale; f) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall’art. 48 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277; g) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall’art. 8 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 77; h) esprimere parere sul riconoscimento della conformità alle vigenti norme per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza; i) esprimere il parere sui ricorsi avverso le disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro nell’esercizio della vigilanza, sulle attività comportanti rischi particolarmente elevati, individuate ai sensi dell’art. 43, comma 1, lettera g), n. 4, della legge 19 febbraio 1991, n. 142, secondo le modalità di cui all’art. 402; l) esprimere parere, su richiesta del Ministero del lavoro e della previdenza sociale o del Ministero della sanità o delle regioni, su qualsiasi questione relativa alla sicurezza del lavoro e alla protezione della salute dei lavoratori. 2) La relazione di cui al comma precedente, lettera a), è resa pubblica ed è trasmessa alle 129
commissioni parlamentari competenti ed ai presidenti delle regioni. 3) La commissione, per l’espletamento dei suoi compiti, può chiedere dati o promuovere indagini e, su richiesta o autorizzazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, effettuare sopralluoghi.”. 3.
1.
2.
1.
L’art. 395 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è soppresso.
Art. 27 Comitati regionali di coordinamento Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sono individuati criteri generali relativi all’individuazione di organi operanti nella materia della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro al fine di realizzare uniformità di interventi ed il necessario raccordo con la commissione consultiva permanente. Alle riunioni della Conferenza Stato-regioni, convocate per i pareri di cui al comma 1, partecipano i rappresentanti dell’ANCI, dell’UPI e dell’UNICEM. Art. 28 Adeguamenti al progresso tecnico Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità e dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentita la commissione consultiva permanente: a) è riconosciuta la conformità alle vigenti norme per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza; b) si dà attuazione alle direttive in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro della Comunità europea per le parti in cui modificano modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di altre direttive già recepite nell’ordinamento nazionale; c) si provvede all’adeguamento della normativa di natura strettamente tecnica e degli allegati al presente decreto in relazione al progresso tecnologico. Capo VIII STATISTICHE DEGLI INFORTUNI E DELLE MALATTIE PROFESSIONALI
1.
130
Art. 29 Statistiche degli infortuni e delle malattie professionali L’INAIL e l’ISPESL si forniscono reciprocamente i dati relativi agli infortuni ed alle malattie professionali anche con strumenti telematici.
2.
L’ISPESL e l’INAIL indicono una conferenza permanente di servizio per assicurare il necessario coordinamento in relazione a quanto previsto dall’art. 8, comma 3, del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, nonché per verificare l’adeguatezza dei sistemi di prevenzione ed assicurativi, e per studiare e proporre soluzioni normative e tecniche atte a ridurre il fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali.
3.
I criteri per la raccolta ed elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai danni derivanti da infortunio durante l’attività lavorativa sono individuati nelle norme UNI, riguardanti i parametri per la classificazione dei casi di infortunio, ed i criteri per il calcolo degli indici di frequenza e gravità e loro successivi aggiornamenti.
4.
Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, possono essere individuati criteri integrativi di quelli di cui al comma 3 in relazione a particolari rischi.
5.
I criteri per la raccolta e l’elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai danni derivanti dalle malattie professionali, nonché ad altre malattie e forme patologiche eziologicamente collegate al lavoro, sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, sulla base delle norme di buona tecnica. Titolo II LUOGHI DI LAVORO
1.
2.
Art. 30 Definizioni Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per luoghi di lavoro: a) i luoghi destinati a contenere i posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo nell’area della medesima azienda ovvero unità produttiva comunque accessibile per il lavoro. Le disposizioni del presente titolo non si applicano: a) ai mezzi di trasporto; b) ai cantieri temporanei o mobili; c) alle industrie estrattive; d) ai pescherecci; e) ai campi, boschi e altri terreni facenti parte di una impresa agricola o forestale, ma situati fuori dall’area edificata dell’azienda.
3.
Ferme restando le disposizioni di legge vigenti, le prescrizioni di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro sono specificate nell’allegato II.
4.
I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di eventuali lavoratori portatori di handicap.
5.
L’obbligo di cui al comma 4 vige, in particolare, per le porte, le vie di circolazione, le scale, le docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati od occupati direttamente da lavoratori portatori di handicap.
6.
La disposizione di cui al comma 4 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993, ma debbono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l’utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.
1.
Art. 31 Requisiti di sicurezza e di salute Ferme restando le disposizioni legislative e regolamentari vigenti e fatte salve le disposizioni di cui all’art. 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati anteriormente all’entrata in vigore del presente decreto devono essere adeguati alle prescrizioni di sicurezza e salute di cui al presente titolo entro il 1° gennaio 1997.
2.
Se gli adeguamenti di cui al comma 1 richiedono un provvedimento concessorio o autorizzatorio il datore di lavoro deve immediatamente iniziare il procedimento diretto al rilascio dell’atto ed ottemperare agli obblighi entro sei mesi dalla data del provvedimento stesso.
3.
Sino a che i luoghi di lavoro non vengano adeguati, il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, adotta misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
131
4.
1.
1.
132
Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adeguamenti di cui al comma 1, il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, adotta le misure alternative di cui al comma 3. Le misure, nel caso di cui al presente comma, sono autorizzate dall’organo di vigilanza competente per territorio. Art. 32 Obblighi del datore di lavoro Il datore di lavoro provvede affinché: a) le vie di circolazione interne o all’aperto che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l’utilizzazione in ogni evenienza; b) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori; c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate; d) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all’eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento. Art. 33 Adeguamenti di norme L’art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente: “Art. 13 (Vie e uscite di emergenza). 1) Ai fini del presente decreto si intende per: a) via di emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro; b) uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro; c) luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro dagli effetti determinati dall’incendio o altre situazioni di emergenza. c-bis) larghezza di una porta o luce netta di una porta; larghezza di passaggio al netto dell’ingombro dell’anta mobile in posizione di massima apertura se scorrevole, in posizione di apertura a 90 gradi se incernierata (larghezza utile di passaggio). 2) Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire di raggiungere il più rapidamente possibile un luogo sicuro. 3) In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere evacuati rapidamente e in piena sicurezza da parte dei lavoratori. 4) Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite di emergenza devono essere adeguate alle dimensioni dei luoghi di lavoro, alla loro ubicazione, alla loro destinazione d’uso, alle attrezzature in essi installate, nonché al numero massimo di persone che possono essere presenti in detti luoghi. 5) Le vie e le uscite di emergenza devono avere altezza minima di m 2,0 e larghezza minima conforme alla normativa vigente in materia antincendio. 6) Qualora le uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono essere apribili nel verso dell’esodo e, qualora siano chiuse, devono poter essere aperte facilmente ed immediatamente da parte di qualsiasi persona che abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza. 7) Le porte delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a chiave, se non in casi specificamente autorizzati dall’autorità competente. 8) Nei locali di lavoro e in quelli destinati a deposito è vietato adibire, quali porte delle uscite di emergenza, le saracinesche a rullo, le porte scorrevoli verticalmente e quelle girevoli su asse centrale. 9) Le vie e le uscite di emergenza, nonché le vie di circolazione e le porte che vi danno accesso non devono essere ostruite da oggetti in modo da poter essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti.
2.
10) Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita segnaletica, conforme alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in luoghi appropriati. 11) Le vie e le uscite di emergenza che richiedono un’illuminazione devono essere dotate di un’illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente, che entri in funzione in caso di guasto dell’impianto elettrico. 12) Gli edifici che siano costruiti o adattati interamente per le lavorazioni che presentano pericoli di esplosione o specifici rischi di incendio alle quali sono adibiti più di cinque lavoratori devono avere almeno due scale distinte di facile accesso o rispondere a quanto prescritto dalla specifica normativa antincendio. Per gli edifici già costruiti si dovrà provvedere in conformità, quando non ne esista la impossibilità accertata dall’organo di vigilanza: in quest’ultimo caso sono disposte le misure e cautele ritenute più efficienti. Le deroghe già concesse mantengono la loro validità salvo diverso provvedimento dell’organo di vigilanza. 13) Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 non si applica la disposizione contenuta nel comma 4, ma gli stessi debbono avere un numero sufficiente di vie ed uscite di emergenza.”. L’art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1995, n. 547, è sostituito dal seguente: “Art. 14. (Porte e portoni). 1) Le porte dei locali di lavoro devono, per numero, dimensioni, posizione, e materiali di realizzazione, consentire una rapida uscita delle persone ed essere agevolmente apribili dall’interno durante il lavoro. 2) Quando in un locale le lavorazioni ed i materiali comportino pericoli di esplosione e specifici rischi di incendio e siano adibiti alle attività che si svolgono nel locale stesso più di 5 lavoratori, almeno una porta ogni 5 lavoratori deve essere apribile nel verso dell’esodo ed avere larghezza minima di m 1,20. 3) Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle previste al comma 2, la larghezza minima delle porte è la seguente: a) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano fino a 25, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 0,80; b) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 26 e 50, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell’esodo; c) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 51 e 100, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza minima di m 0,80, che si aprano entrambe nel verso dell’esodo; d) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero superiore a 100, in aggiunta alle porte previste alla lettera c) il locale deve essere dotato di almeno 1 porta che si apra nel verso dell’esodo avente larghezza minima di m 1,20 per ogni 50 lavoratori normalmente ivi occupati o frazione compresa tra 10 e 50, calcolati limitatamente all’eccedenza rispetto a 100. 4) Il numero complessivo delle porte di cui al comma 3 può anche essere minore, purché la loro larghezza complessiva non risulti inferiore. 5) Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m 1,20 è applicabile una tolleranza in meno del 5% (cinque per cento). Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m. 0,80 è applicabile una tolleranza in meno del 2% (due per cento). 6) Quando in un locale di lavoro le uscite di emergenza di cui all’art. 13, comma 5, coincidono con le porte di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di cui all’art. 13, comma 5. 7) Nei locali di lavoro ed in quelli adibiti a magazzino non sono ammesse le porte scorrevoli, le saracinesche a rullo, le porte girevoli su asse centrale, quando non esistano altre porte apribili verso l’esterno del locale. 8) Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente alla circolazione dei veicoli devono esistere, a meno che il passaggio dei pedoni sia sicuro, porte per la circolazione dei pedoni che devono essere segnalate in modo visibile ed essere sgombre in permanenza. 9) Le porte e i portoni apribili nei due versi devono essere trasparenti o essere muniti di pannelli trasparenti. 133
10) Sulle porte trasparenti deve essere apposto un segno indicativo all’altezza degli occhi. 11) Se le superfici trasparenti o traslucide delle porte e dei portoni non sono costituite da materiali di sicurezza e c’è il rischio che i lavoratori possano rimanere feriti in caso di rottura di dette superfici, queste devono essere protette contro lo sfondamento. 12) Le porte scorrevoli devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di uscire dalle guide o di cadere. 13) Le porte ed i portoni che si aprono verso l’alto devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di ricadere. 14) Le porte ed i portoni ad azionamento meccanico devono funzionare senza rischi di infortuni per i lavoratori. Essi devono essere muniti di dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili e poter essere aperti anche manualmente, salvo che la loro apertura possa avvenire automaticamente in caso di mancanza di energia elettrica. 15) Le porte situate sul percorso delle vie di emergenza devono essere contrassegnate in maniera appropriata con segnaletica durevole conformemente alla normativa vigente. Esse devono poter essere aperte, in ogni momento, dall’interno senza aiuto speciale. 16) Quando i luoghi di lavoro sono occupati le porte devono poter essere aperte. 17) I luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 devono essere provvisti di porte di uscita che, per numero ed ubicazione, consentono la rapida uscita delle persone e che sono agevolmente apribili dall’interno durante il lavoro. Comunque, detti luoghi devono essere adeguati quanto meno alle disposizioni di cui ai precedenti commi 9 e 10. Per i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati prima del 27 novembre 1994 non si applicano le disposizioni dei commi 2, 3, 4, 5, e 6 concernenti la larghezza delle porte. In ogni caso la larghezza delle porte di uscita di detti luoghi di lavoro deve essere conforme a quanto previsto dalla concessione edilizia ovvero dalla licenza di abitabilità. 3.
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L’art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente: “Art. 8 (Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi). 1) Le vie di circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe di carico, devono essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di circolazione non corrano alcun rischio. 2) Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per persone ovvero merci dovrà basarsi sul numero potenziale degli utenti e sul tipo di impresa. 3) Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto, dovrà essere prevista per i pedoni una distanza di sicurezza sufficiente. 4) Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare ad una distanza sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e scale. 5) Nella misura in cui l’uso e l’attrezzatura dei locali lo esigano per garantire la protezione dei lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione deve essere evidenziato. 6) Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione della natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di cadute d’oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per impedire che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone. 7) Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone di pericolo. 8) Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile. 9) I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio non devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il transito delle persone e dei mezzi di trasporto. 10) I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che ostacolano la normale circolazione. 11) Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente eliminare dalle zone di
transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono un pericolo per i lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere, gli ostacoli devono essere adeguatamente segnalati.”. 4.
L’intestazione del titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituita dalla seguente: “Titolo II Disposizioni particolari”.
5.
Nell’art. 6, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, dopo le parole “da destinarsi al lavoro nelle aziende” è soppressa la parola “industriali”.
6.
L’art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente: “Art. 9 (Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi). 1) Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantità sufficiente. 2) Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema di controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare la salute dei lavoratori. 3) Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell’aria o di ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a correnti d’aria fastidiosa. 4) Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto all’inquinamento dell’aria respirata deve essere eliminato rapidamente.”. L’art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente: “Art. 11 (Temperatura dei locali). 1) La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all’organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori. 2) Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener conto della influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidità ed il movimento dell’aria concomitanti. 3) La temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso deve essere conforme alla destinazione specifica di questi locali. 4) Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate devono essere tali da evitare un soleggiamento eccessivo dei luoghi di lavoro, tenendo conto del tipo di attività e della natura del luogo di lavoro. 5) Quando non è conveniente modificare la temperatura di tutto l’ambiente, si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di protezione.”. L’art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente: “Art. 10 (Illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro). 1) I luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale ed essere dotati di dispositivi che consentono un’illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere di lavoratori. 2) Gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie di circolazione devono essere installati in modo che il tipo d’illuminazione previsto non rappresenta un rischio di infortunio per i lavoratori. 3) I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a rischi in caso di guasto dell’illuminazione artificiale, devono disporre di un’illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità. 4) Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione artificiale devono essere tenuti costantemente in buone condizioni di pulizia e di efficienza.”.
7.
8.
135
136
9.
L’art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente: “Art. 7 (Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali scale e marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico). 1) A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità della lavorazione, è vietato adibire a lavori continuativi i locali chiusi che non rispondono alle seguenti condizioni: a) essere ben difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti di un isolamento termico sufficiente, tenuto conto del tipo di impresa e dell’attività fisica dei lavoratori; b) avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d’aria; c) essere ben asciutti e ben difesi contro l’umidità; d) avere le superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti tali da poter essere pulite e deterse per ottenere condizioni adeguate di igiene. 2) I pavimenti dei locali devono essere esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi, devono essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli. 3) Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul pavimento sostanze putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere superficie unita ed impermeabile e pendenza sufficiente per avviare rapidamente i liquidi verso i punti di raccolta e scarico. 4) Quando il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si mantiene bagnato, esso deve essere munito in permanenza di palchetti o di graticolato, se i lavoratori non sono forniti di idonee calzature impermeabili. 5) Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le pareti dei locali di lavoro devono essere a tinta chiara. 6) La pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti completamente vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti di lavoro e delle vie di circolazione, devono essere chiaramente segnalate e costituite da materiali di sicurezza ovvero essere separate dai posti di lavoro e dalle vie di circolazione succitati, in modo tale che i lavoratori non possono entrare in contatto con le pareti, né essere feriti qualora esse vadano in frantumi. 7) Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono poter essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in tutta sicurezza. Quando sono aperti essi devono essere posizionati in modo da non costituire un pericolo per i lavoratori. 8) Le finestre e i lucernari devono essere concepiti congiuntamente con l’attrezzatura o dotati di dispositivi che consentono la loro pulitura senza rischi per i lavoratori che effettuano tale lavoro nonché per i lavoratori presenti nell’edificio ed intorno ad esso. 9) L’accesso ai tetti costituiti da materiali non sufficientemente resistenti può essere autorizzato soltanto se sono fornite attrezzature che permettono di eseguire il lavoro in tutta sicurezza. 10) Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare in piena sicurezza, devono essere muniti dei necessari dispositivi di sicurezza e devono possedere dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili. 11) Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate alle dimensioni dei carichi trasportati. 12) Le banchine di carico devono disporre di almeno un’uscita. Ove è tecnicamente possibile, le banchine di carico che superano m 25,0 di lunghezza devono disporre di un’uscita a ciascuna estremità. 13) Le rampe di carico devono offrire una sicurezza tale da evitare che i lavoratori possono cadere”.
10.
L’art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente: “Art. 14 (Locali di riposo). 1) Quando la sicurezza e la salute dei lavoratori, segnatamente a causa del tipo di attività, lo richiedono, i lavoratori devono poter disporre di un locale di riposo facilmente accessibile. 2) La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando il personale lavora in uffici o in analoghi locali di lavoro che offrono equivalenti possibilità di riposo durante la pausa. 3) I locali di riposo devono avere dimensioni sufficienti ed essere dotati di un numero di tavoli e sedili con schienale in funzione del numero dei lavoratori.
4) Nei locali di riposo si devono adottare misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo. 5) Quando il tempo di lavoro è interrotto regolarmente e frequentemente e non esistono locali di riposo, devono essere messi a disposizione del personale altri locali affinché questi possa soggiornarvi durante l’interruzione del lavoro nel caso in cui la sicurezza o la salute dei lavoratori lo esige. In detti locali è opportuno prevedere misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo. 6) L’organo di vigilanza può prescrivere che, anche nei lavori continuativi, il datore di lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare stando a sedere ogni qualvolta ciò non pregiudica la normale esecuzione del lavoro. 7) Le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità di riposarsi in posizione distesa e in condizioni appropriate.”. 11.
L’art. 40 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente: “Art. 40 (Spogliatoi e armadi per il vestiario) 1) Locali appositamente destinati a spogliatoi devono essere messi a disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare indumenti di lavoro specifici e quando per ragioni di salute o di decenza non si può loro chiedere di cambiarsi in altri locali. 2) Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e convenientemente arredati. Nelle aziende che occupano fino a cinque dipendenti lo spogliatoio può essere unico per entrambi i sessi; in tal caso i locali a ciò adibiti sono utilizzati dal personale dei due sessi, secondo opportuni turni prestabiliti e concordati nell’ambito dell’orario di lavoro. 3) I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità sufficiente, essere possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati, illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di sedili. 4) Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentono a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro. 5) Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose, con sviluppo di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze untuose od incrostanti, nonché in quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive od infettanti o comunque pericolose, gli armadi per gli indumenti da lavoro devono essere separati da quelli per gli indumenti privati. 6) Qualora non si applichi il comma 1 ciascun lavoratore deve poter disporre delle attrezzature di cui al comma 4 per poter riporre i propri indumenti.”.
12.
Gli articoli 37 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, sono sostituiti dai seguenti: “Art. 37 (Docce). 1) Docce sufficienti ed appropriate devono essere messe a disposizione dei lavoratori quando il tipo di attività o la salubrità lo esigono. 2) Devono essere previsti locali per le docce separati per uomini e donne o un’utilizzazione separata degli stessi. Le docce o i lavabi e gli spogliatoi devono comunque facilmente comunicare tra loro. 3) I locali delle docce devono avere dimensioni sufficienti per permettere a ciascun lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni appropriate di igiene. 4) Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di mezzi detergenti e per asciugarsi. Art. 39 (Gabinetti e lavabi). 1) I lavoratori devono disporre, in prossimità dei loro posti di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi e delle docce, di gabinetti e di lavabi con acqua corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per asciugarsi. 2) Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati; quando ciò sia impossibile a causa di vincoli urbanistici o architettonici e nelle aziende che occupano lavoratori di sesso diverso in numero non superiore a 10, è ammessa un’utilizzazione separata degli stessi.”. 137
13.
L’art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente: “Art. 11 (Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni). 1) I posti di lavoro e di passaggio devono essere idoneamente difesi contro la caduta o l’investimento di materiali in dipendenza dell’attività lavorativa. 2) Ove non è possibile la difesa con mezzi tecnici, devono essere adottate altre misure o cautele adeguate. 3) I posti di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti all’aperto utilizzati od occupati dai lavoratori durante le loro attività devono essere concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei veicoli può avvenire in modo sicuro. 4) Le disposizioni di cui all’art. 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, sono altresì applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell’impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell’impresa, nonchè alle banchine di carico. 5) Le disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo di cui all’art. 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, si applicano per analogia ai luoghi di lavoro esterni. 6) I luoghi di lavoro all’aperto devono essere opportunamente illuminati con luce artificiale quando la luce del giorno non è sufficiente. 7) Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all’aperto, questi devono essere strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in modo tale che i lavoratori: a) sono protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario, contro la caduta di oggetti; b) non sono esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni nocivi, quali gas, vapori, polveri; c) possono abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di pericolo o possono essere soccorsi rapidamente; d) non possono scivolare o cadere.”. 14. Le disposizioni di cui al presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Titolo III USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO
1.
1. 2.
138
Art. 34 Definizioni Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per: a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile od impianto destinato ad essere usato durante il lavoro; b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l’impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, lo smontaggio; c) zona pericolosa: qualsiasi zona all’interno ovvero in prossimità di una attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso. Art. 35 Obblighi del datore di lavoro Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere ovvero adattate a tali scopi ed idonee ai fini della sicurezza e della salute. Il datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all’uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte.
3.
All’atto della scelta delle attrezzature di lavoro il datore di lavoro prende in considerazione: a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere; b) i rischi presenti nell’ambiente di lavoro; c) i rischi derivanti dall’impiego delle attrezzature stesse.
4.
Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano: a) installate in conformità alle istruzioni del fabbricante; b) utilizzate correttamente; c) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la rispondenza ai requisiti di cui all’art. 36 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d’uso. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro si assicura che: a) l’uso dell’attrezzatura di lavoro è riservato a lavoratori all’uopo incaricati; b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, il lavoratore interessato è qualificato in maniera specifica per svolgere tali compiti.
5.
1.
Art. 36 Disposizioni concernenti le attrezzature di lavoro Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono soddisfare alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di tutela della sicurezza e salute dei lavoratori stessi ad esse applicabili.
2.
Nulla è innovato nel regime giuridico che regola le operazioni di verifica periodica delle attrezzature per le quali tale regime è obbligatoriamente previsto. In ogni caso le modalità e le procedure tecniche delle relative verifiche seguono il regime giuridico corrispondente a quello in base al quale l’attrezzatura è stata costruita e messa in servizio.
3.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri dell’industria, del commercio e dell’artigianato e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, può stabilire modalità e procedure per l’effettuazione delle verifiche di cui al comma 2. Nell’art. 52 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente comma: “Se ciò è appropriato e funzionale rispetto ai pericoli dell’attrezzatura di lavoro e del tempo di arresto normale, un’attrezzatura di lavoro deve essere munita di un dispositivo di arresto di emergenza.”.
4.
5.
Nell’art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente comma: “Qualora i mezzi di cui al secondo comma svolgano anche la funzione di allarme essi devono essere ben visibili ovvero comprensibili senza possibilità di errore.”.
6.
Nell’art. 374 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente comma: “Ove per le apparecchiature di cui al comma 2 è fornito il libretto di manutenzione occorre prevedere l’aggiornamento di questo libretto.”.
7. 8.
(Soppresso dal D. Lgs. 242/96) Le disposizioni del presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
1.
Art. 37 Informazione Il datore di lavoro provvede affinché per ogni attrezzatura di lavoro a disposizione, i lavoratori incaricati dispongano di ogni informazione e di ogni istruzione d’uso necessaria in rapporto alla sicurezza e relativa: 139
a) alle condizioni di impiego delle attrezzature anche sulla base delle conclusioni eventualmente tratte dalle esperienze acquisite nella fase di utilizzazione delle attrezzature di lavoro; b) alle situazioni anormali prevedibili. 2.
Le informazioni e le istruzioni d’uso devono risultare comprensibili ai lavoratori interessati. Art. 38 Formazione ed addestramento 1. Il datore di lavoro si assicura che: a) i lavoratori incaricati di usare le attrezzature di lavoro ricevono una formazione adeguata sull’uso delle attrezzature di lavoro; b) i lavoratori incaricati dell’uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità particolari di cui all’art. 35, comma 5, ricevono un addestramento adeguato e specifico che li metta in grado di usare tali attrezzature in modo idoneo e sicuro anche in relazione ai rischi causati ad altre persone.
1.
Art. 39 Obblighi dei lavoratori I lavoratori si sottopongono ai programmi di formazione o di addestramento eventualmente organizzati dal datore di lavoro.
2.
I lavoratori utilizzano le attrezzature di lavoro messe a loro disposizione conformemente all’informazione, alla formazione ed all’addestramento ricevuti.
3.
I lavoratori: a) hanno cura delle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione; b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa; c) segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto od inconveniente da essi rilevato nelle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione. Titolo IV USO DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
1.
2.
140
Art. 40 Definizioni Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo. Non sono dispositivi di protezione individuale: a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore; b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio; c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell’ordine pubblico; d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto stradali; e) i materiali sportivi; f) i materiali per l’autodifesa o per la dissuasione; g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.
1.
1. 2.
3.
1.
2.
Art. 41 Obbligo di uso I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro. Art. 42 Requisiti dei DPI I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre: a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio maggiore; b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro; c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore; d) poter essere adattati all’utilizzatore secondo le sue necessità. In caso di rischi multipli che richiedono l’uso simultaneo di più DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell’uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti. Art. 43 Obblighi del datore di lavoro Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI: a) effettua l’analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi; b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI; c) valuta, sulla base delle informazioni a corredo dei DPI fornite dal fabbricante e delle norme d’uso di cui all’art. 45 le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b); d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d’uso di cui all’art. 45, individua le condizioni in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto riguarda la durata dell’uso, in funzione di: a) entità del rischio; b) frequenza dell’esposizione al rischio; c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore; d) prestazioni del DPI.
3.
Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori i DPI conformi a requisiti previsti dall’art. 42 e dal decreto di cui all’art. 45, comma 2.
4.
Il datore di lavoro: a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d’igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie; b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante; c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori; d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l’uso di uno stesso DPI da parte di più persone, prende misure adeguate affinché tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori; e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge; f) rende disponibile nell’azienda ovvero unità produttiva informazioni adeguate su ogni DPI; 141
g) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno specifico addestramento circa l’uso corretto e l’utilizzo pratico dei DPI. 5.
1. 2. 3.
4. 5.
1. 2.
1.
In ogni caso l’addestramento è indispensabile: a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, appartenga alla terza categoria; b) per i dispositivi di protezione dell’udito. Art. 44 Obblighi dei lavoratori I lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell’art. 43, commi 4, lettera g), e 5. I lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente all’informazione e alla formazione ricevute e all’addestramento eventualmente organizzato. I lavoratori: a) hanno cura dei DPI messi a loro disposizione; b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa. Al termine dell’utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione. Art. 45 Criteri per l’individuazione e l’uso Il contenuto degli allegati III, IV e V costituisce elemento di riferimento per l’applicazione di quanto previsto all’art. 43, commi 1 e 4. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, tenendo conto della natura, dell’attività e dei fattori specifici di rischio, indica: a) i criteri per l’individuazione e l’uso dei DPI; b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorità delle misure di protezione collettiva, si rende necessario l’impiego dei DPI. Art. 46 Norma transitoria Fino alla data del 31 dicembre 1998 e, nel caso di dispositivi di emergenza destinati all’autosalvataggio in caso di evacuazione, fino al 31 dicembre 2004, possono essere impiegati: a) i DPI commercializzati ai sensi dell’art. 15, comma 1, del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475; b) i DPI già in uso alla data di entrata in vigore del presente decreto prodotti conformemente alle normative vigenti nazionali o di altri Paesi della Comunità europea. Titolo V MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI Art. 47 Campo di applicazione (Omissis)
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Art. 48 Obblighi dei datori di lavoro (Omissis) Art. 49 Informazione e formazione (Omissis) Titolo VI USO DI ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI Art. 50 Campo di applicazione (Omissis) Art. 51 Definizioni (Omissis) Art. 52 Obblighi del datore di lavoro (Omissis) Art. 53 Organizzazione del lavoro (Omissis) Art. 54 Svolgimento quotidiano del lavoro (Omissis) Art. 55 Sorveglianza sanitaria (Omissis) Art. 56 Informazione e formazione (Omissis) Art. 57 Consultazione e partecipazione (Omissis) Art. 58 Adeguamento alle norme (Omissis) Art. 59 Caratteristiche tecniche (Omissis)
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Titolo VII PROTEZIONE DA AGENTI CANCEROGENI Capo I DISPOSIZIONI GENERALI
1. 2.
3.
1.
Art. 60 Campo di applicazione Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni a causa della loro attività lavorativa. Le norme del presente titolo non si applicano alle attività disciplinate dal: a) decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 962; b) decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 77; c) decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, capo III. Il presente titolo non si applica ai lavoratori esposti soltanto alle radiazioni previste dal trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica. Art. 61 Definizioni Agli effetti del presente decreto si intende per agente cancerogeno: a) una sostanza alla quale, nell’allegato 1 della direttiva n. 67/548/CEE, è attribuita la menzione R 45: “Può provocare il cancro” o la menzione R 49: “Può provocare il cancro per inalazione”; b) un preparato su cui, a norma dell’art. 3, paragrafo 5, lettera j), della direttiva n. 88/379/CEE deve essere apposta l’etichetta con la menzione R 45: “Può provocare il cancro” o con la menzione R 49: “Può provocare il cancro per inalazione”; c) una sostanza, un preparato o un processo di cui all’allegato VIII nonché una sostanza od un preparato prodotti durante un processo previsto all’allegato VIII. Capo II OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO
1.
2.
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144
Art. 62 Sostituzione e riduzione Il datore di lavoro evita o riduce l’utilizzazione di un agente cancerogeno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, sempre che ciò è tecnicamente possibile, con una sostanza o un preparato o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non è o è meno nocivo alla salute e eventualmente alla sicurezza dei lavoratori. Se non è tecnicamente possibile sostituire l’agente cancerogeno il datore di lavoro provvede affinché la produzione o l’utilizzazione dell’agente cancerogeno avvenga in un sistema chiuso sempre che ciò è tecnicamente possibile. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile. Art. 63 Valutazione del rischio Fatto salvo quanto previsto all’art. 62, il datore di lavoro effettua una valutazione dell’esposizione a agenti cancerogeni, i risultati della quale sono riportati nel documento di cui all’art. 4, comma 2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni prodotti ovvero utilizzati,
della loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell’organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o informa polverulente e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o nei impedisce la fuoriuscita. 3.
Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
4.
Il documento di cui all’art. 4, commi 2 e 3, è integrato con i seguenti dati: a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni o di processi industriali di cui all’allegato VIII, con l’indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni; b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti; c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni; d) l’esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa; e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati; f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti.
5.
Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall’ultima valutazione effettuata.
6.
Il rappresentante per la sicurezza ha accesso anche ai dati di cui al comma 4, fermo restando l’obbligo di cui all’art. 9, comma 3. Art. 64 Misure tecniche, organizzative, procedurali
1.
Il datore di lavoro: a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni non superiori alle necessità delle lavorazioni e che gli agenti cancerogeni in attesa di impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette; b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali “vietato fumare”, ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto di fumare; c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è emissione di agenti cancerogeni nell’aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l’eliminazione degli agenti cancerogeni deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell’art. 4, comma 5, lettera n). L’ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione generale; d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni per verificare l’efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell’allegato VIII del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277; e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti; f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni elevate; 145
g) assicura che gli agenti cancerogeni sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza; h) assicura che la raccolta e l’immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni, avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile; i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure protettive particolari con quelle categorie di lavoratori per i quali l’esposizione a taluni agenti cancerogeni presenta rischi particolarmente elevati. Art. 65 Misure tecniche 1.
2.
1.
È vietato assumere cibi e bevande o fumare nelle zone di lavoro di cui all’art. 64, lettera b). Art. 66 Informazione e formazione Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda: a) gli agenti cancerogeni presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare; b) le precauzioni da prendere per evitare l’esposizione; c) le misure igieniche da osservare; d) la necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi individuali di protezione ed il loro corretto impiego; e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare per ridurre al minimo le conseguenze.
2.
Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3.
L’informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione e vengono ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4.
Il datore di lavoro provvede inoltre affinché gli impianti, i contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi al disposto della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modifiche ed integrazioni.
1.
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Il datore di lavoro: a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati ed adeguati; b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili; c) provvede affinché i dispositivi di protezione individuale siano custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi, prima di ogni nuova utilizzazione.
Art. 67 Esposizione non prevedibile Se si verificano eventi non prevedibili o incidenti che possono comportare un’esposizione anomala dei lavoratori, il datore di lavoro adotta quanto prima misure appropriate per identificare e rimuovere la causa dell’evento e ne informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.
2.
I lavoratori devono abbandonare immediatamente l’area interessata, cui possono accedere soltanto gli addetti agli interventi di riparazione ed ad altre operazioni necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi di protezione delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal datore di lavoro. In ogni caso l’uso dei dispositivi di protezione non può essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è limitata al minimo strettamente necessario.
3.
Il datore di lavoro comunica al più presto all’organo di vigilanza il verificarsi degli eventi di cui al comma 1 e riferisce sulle misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze.
1.
2.
Art. 68 Operazioni lavorative particolari Nel caso di determinate operazione lavorative, come quella di manutenzione, per le quali, nonostante l’adozione di tutte le misure di prevenzione tecnicamente applicabili, è prevedibile un’esposizione rilevante dei lavoratori addetti, il datore di lavoro previa consultazione del rappresentante per la sicurezza: a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree anche provvedendo, ove tecnicamente possibile, all’isolamento delle stesse ed alla loro identificazione mediante appositi contrassegni; b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione individuale che devono essere indossati dai lavoratori adibiti alle suddette operazioni. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti è in ogni caso ridotta al minimo compatibilmente con le necessità delle lavorazioni. Capo III SORVEGLIANZA SANITARIA
1.
Art. 69 Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche I lavoratori per i quali la valutazione di cui all’art. 63 ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.
2.
Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive per singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.
3.
Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l’allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell’art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l’esistenza di una anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
4.
5.
A seguito dell’informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro effettua: a) una nuova valutazione del rischio in conformità all’art. 63; b) ove tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione dell’agente in aria, per verificare l’efficacia delle misure adottate.
6.
Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all’opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività lavorativa.
147
1.
2.
Il datore di lavoro: a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro ed all’organo di vigilanza competente per territorio e comunica loro ogni 3 anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni intervenute; b) consegna, a richiesta, all’Istituto superiore di sanità copia del registro di cui al comma 1; c) comunica all’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro e all’organo di vigilanza competente per territorio la cessazione del rapporto di lavoro dei lavoratori di cui all’art. 69, con le eventuali variazioni sopravvenute dall’ultima comunicazione delle relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1. Consegna all’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro le relative cartelle sanitarie e di rischio; d) in caso di cessazione di attività dell’azienda, consegna il registro di cui al comma 1 all’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro copia dello stesso all’organo di vigilanza competente per territorio. Consegna all’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro le cartelle sanitarie e di rischio; e) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attività con esposizione al medesimo agente, richiede all’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonché copia della cartella sanitaria e di rischio; f) tramite il medico competente comunica ai lavoratori interessati le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e nella cartella sanitaria e di rischio ed al rappresentante per la sicurezza i dati collettivi anonimi contenuti nel registro di cui al comma 1.
3.
Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro fino a quaranta anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti cancerogeni.
4.
La documentazione di cui ai commi 1, 2 e 3 è custodita e trasmessa con salvaguardia del segreto professionale.
5.
I modelli e le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1 sono determinati con decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente.
6.
L’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi relativi alle risultanze dei requisiti di cui al comma 1.
1.
148
Art. 70 Registro di esposizione e cartelle sanitarie I lavoratori di cui all’art. 69 sono iscritti in un registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l’attività svolta. l’agente cancerogeno utilizzato e, ove noto, il valore dell’esposizione a tale agente. Detto registro è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi e il rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
Art. 71 Registrazione dei tumori I medici, le strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli istituti previdenziali assicurativi pubblici o privati, che refertano casi di neoplasie da loro ritenute causate da esposizione lavorativa ad agenti cancerogeni, trasmettono all’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro copia della relativa documentazione clinica ovvero anatomopatologica e quella inerente l’anamnesi lavorativa.
2.
Presso l’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro è tenuto, ai fini di analisi aggregate, un archivio nominativo dei casi di neoplasia di cui al comma 1.
3.
Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente, sono determinate le caratteristiche dei sistemi informativi che, in funzione del tipo di neoplasia accertata, ne stabiliscono la raccolta, l’acquisizione, l’elaborazione e l’archiviazione, nonché le modalità di registrazione di cui al comma 2, e le modalità di trasmissione di cui al comma 1. Il Ministero della sanità fornisce, su richiesta, alla Commissione CE, informazioni sulle utilizzazioni dei dati del registro di cui al comma 1.
4.
1.
2.
Art. 72 Adeguamenti normativi Nelle attività con uso di sostanze o preparati ai quali è attribuita dalla direttiva comunitaria la menzione R 45: “Può provocare il cancro” o la menzione R 49: “Può provocare il cancro per inalazione”, il datore di lavoro applica le norme del presente titolo. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente e la commissione tossicologica nazionale, è aggiornato periodicamente l’elenco delle sostanze e dei processi di cui all’allegato VIII in funzione del progresso tecnico, dell’evoluzione di normative e specifiche internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni. Titolo VIII PROTEZIONE DA AGENTI BIOLOGICI Capo I
1.
2.
1.
1.
Art. 73 Campo di applicazione Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici. Restano ferme le disposizioni particolari di recepimento delle norme comunitarie sull’impiego confinato di microorganismi geneticamente modificati e sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati. Il comma 1 dell’art. 7 del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, è soppresso. Art. 74 Definizioni Ai sensi del presente titolo si intende per: a) agente biologico: qualsiasi microorganismo anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni; b) microorganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico; c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule derivate da organismi pluricellulari. Art. 75 Classificazione degli agenti biologici Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda del rischio di infezione: a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti umani; 149
2.
3.
1.
L’allegato XI riporta l’elenco degli agenti biologici classificati nei gruppi 2, 3, 4. Art. 76 Comunicazione Il datore di lavoro che intende esercitare attività che comportano uso di agenti biologici dei gruppi 2 o 3, comunica all’organo di vigilanza territorialmente competente le seguenti informazioni, almeno 30 giorni prima dell’inizio dei lavori: a) il nome e l’indirizzo dell’azienda e il suo titolare; b) il documento di cui all’art. 78, comma 5.
2.
Il datore di lavoro che è stato autorizzato all’esercizio di attività che comporta l’utilizzazione di un agente biologico del gruppo 4 è tenuto alla comunicazione di cui al comma 1.
3.
Il datore di lavoro invia una nuova comunicazione ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni mutamenti che comportano una variazione significativa del rischio per la salute sul posto di lavoro, o, comunque, ogni qualvolta si intende utilizzare un nuovo agente classificato dal datore di lavoro in via provvisoria.
4.
Il rappresentante per la sicurezza ha accesso alle informazioni di cui al comma 1.
5.
Ove le attività di cui al comma 1 comportano la presenza di microorganismi geneticamente modificati appartenenti al gruppo II, come definito all’art. 4 del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, il documento di cui al comma 1, lettera b), è sostituito da copia della documentazione prevista per i singoli casi di specie dal predetto decreto.
6.
I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono tenuti alla comunicazione di cui al comma 1 anche per quanto riguarda gli agenti biologici del gruppo 4.
1. 2.
3.
150
b) agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaga nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche; c) agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l’agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche; d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure, profilattiche o terapeutiche. Nel caso in cui l’agente biologico oggetto di classificazione non può essere attribuito in modo inequivocabile ad uno fra i due gruppi sopraindicati, esso va classificato nel gruppo di rischio più elevato tra le due possibilità.
Art. 77 Autorizzazione Il datore di lavoro che intende utilizzare, nell’esercizio della propria attività, un agente biologico del gruppo 4 deve munirsi di autorizzazione del Ministero della sanità. La richiesta di autorizzazione è corredata da: a) le informazioni di cui all’art. 76, comma 1; b) l’elenco degli agenti che si intende utilizzare. L’autorizzazione è rilasciata dal Ministero della sanità sentito il parere dell’Istituto superiore di sanità. Essa ha la durata di 5 anni ed è rinnovabile. L’accertamento del venir meno di una delle condizioni previste per l’autorizzazione ne comporta la revoca.
4.
Il datore di lavoro in possesso dell’autorizzazione di cui al comma 1 informa il Ministero della sanità di ogni nuovo agente biologico del gruppo 4 utilizzato, nonché di ogni avvenuta cessazione di impiego di un agente biologico del gruppo 4.
5.
I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono esentati dagli adempimenti di cui al comma 4. Il Ministero della sanità comunica all’organo di vigilanza competente per territorio le autorizzazioni concesse e le variazioni sopravvenute nell’utilizzazione di agenti biologici del gruppo 4. Il Ministero della sanità istituisce ed aggiorna un elenco di tutti gli agenti biologici del gruppo 4 dei quali è stata comunicata l’utilizzazione sulla base delle previsioni di cui ai commi 1 e 4.
6.
Capo II OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO
1.
Art. 78 Valutazione del rischio Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all’art. 4, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell’agente biologico e delle modalità lavorative, ed in particolare: a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la salute umana quale risultante dall’allegato XI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cui all’art. 75, commi 1 e 2; b) dell’informazione sulle malattie che possono essere contratte; c) dei potenziali effetti allergici e tossici; d) della conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore, che è da porre in correlazione diretta all’attività lavorativa svolta; e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall’autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio; f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.
2.
Il datore di lavoro applica i principi di buona prassi microbiologica, ed adotta, in relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive di cui al presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
3.
Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche dell’attività lavorativa significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall’ultima valutazione effettuata.
4.
Nelle attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell’allegato IX, che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli stessi, il datore di lavoro può prescindere dall’applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 80, 81, commi 1 e 2, 82, comma 3, e 86, qualora i risultati della valutazione dimostrano che l’attuazione di tali misure non è necessaria.
5.
Il documento di cui all’art. 4, commi 2 e 3, è integrato dai seguenti dati: a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di esposizione ad agenti biologici; b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla lettera a); c) le generalità del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi; d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonchè le misure preventive e protettive applicate;
151
6.
1. 2.
e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico. Il rappresentante per la sicurezza è consultato prima dell’effettuazione della valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso anche ai dati di cui al comma 5. Art. 79 Misure tecniche, organizzative, procedurali In tutte le attività per le quali la valutazione di cui all’art. 78 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il datore di lavoro attua misure tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici. In particolare, il datore di lavoro: a) evita l’utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo di attività lavorativa lo consente; b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al rischio di agenti biologici; c) progetta adeguatamente i processi lavorativi; d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure di protezione individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti l’esposizione; e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la propagazione accidentale di un agente biologico fuori dal luogo di lavoro; f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentato nell’allegato X, e altri segnali di avvertimento appropriati; g) elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare campioni di origine umana ed animale; h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti; i) verifica la presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro al di fuori del contenimento fisico primario, se necessario o tecnicamente realizzabile; l) predispone i mezzi necessari per la raccolta, l’immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti in condizioni di sicurezza, mediante l’impiego di contenitori adeguati ed identificabili eventualmente dopo idoneo trattamento dei rifiuti stessi; m) concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto in condizioni di sicurezza di agenti biologici all’interno del luogo di lavoro.
Art. 80 Misure igieniche 1. In tutte le attività nelle quali in valutazione di cui all’art. 78 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro assicura che: a) i lavoratori dispongano dei servizi sanitari adeguati provvisti di docce con acqua calda e fredda, nonchè, se del caso, di lavaggi oculari e antisettici per la pelle; b) i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi od altri indumenti idonei, da riporre in posti separati dagli abiti civili; c) i dispositivi di protezione individuale siano controllati, disinfettati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi prima dell’utilizzazione successiva; d) gli indumenti di lavoro e protettivi che possono essere contaminati da agenti biologici vengano tolti quando il lavoratore lascia la zona di lavoro, conservati separatamente dagli altri indumenti, disinfettati, puliti e, se necessario, distrutti. 2. È vietato assumere cibi o bevande e fumare nelle aree di lavoro in cui c’è rischio di esposizione.
1.
152
Art. 81 Misure specifiche per le strutture sanitarie e veterinarie Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie, in sede di valutazione dei rischi, presta particolare attenzione alla possibile presenza di agenti biologici nell’organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi campioni e residui e al rischio che tale presenza comporta in relazione
2.
3.
1.
al tipo di attività svolta. In relazione ai risultati della valutazione, il datore di lavoro definisce e provvede a che siano applicate procedure che consentono di manipolare, decontaminare ed eliminare senza rischi per l’operatore e per la comunità, i materiali ed i rifiuti contaminati. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti od animali che sono, o potrebbero essere, contaminati da agenti biologici del gruppo 3 o del gruppo 4, le misure di contenimento da attuare per ridurre al minimo il rischio di infezione sono indicate nell’allegato XII. Art. 82 Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari Fatto salvo quanto specificatamente previsto all’allegato XI, punto 6, nei laboratori comportanti l’uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4 a fini di ricerca, didattici o diagnostici, e nei locali destinati ad animali da laboratorio deliberatamente contaminati con tali agenti, il datore di lavoro adotta idonee misure di contenimento in conformità all’allegato XII.
2.
Il datore di lavoro assicura che l’uso di agenti biologici sia eseguito: a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di contenimento, se l’agente appartiene al gruppo 2; b) in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di contenimento, se l’agente appartiene al gruppo 3; c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di contenimento, se l’agente appartiene al gruppo 4.
3.
Nei laboratori comportanti l’uso di materiali con possibile contaminazione da agenti biologici patogeni per l’uomo e nei locali destinati ad animali da esperimento, possibili portatori di tali agenti, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del secondo livello di contenimento.
4.
Nei luoghi di cui ai commi 1 e 3 in cui si fa uso di agenti biologici non ancora classificati, ma il cui uso può far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
5.
Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministero della sanità, sentito l’Istituto superiore di sanità, può individuare misure di contenimento più elevate.
1.
2.
1.
Art. 83 Misure specifiche per i processi industriali Fatto salvo quanto specificamente previsto all’allegato XI, punto 6, nei processi industriali comportanti l’uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4, il datore di lavoro adotta misure opportunamente scelte tra quelle elencate nell’allegato XIII, tenendo anche conto dei criteri di cui all’art. 82, comma 2. Nel caso di agenti biologici non ancora classificati, il cui uso può far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento. Art. 84 Misure di emergenza Se si verificano incidenti che possono provocare la dispersione nell’ambiente di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4, i lavoratori devono abbandonare immediatamente la zona interessata, cui possono accedere soltanto quelli addetti ai necessari interventi, con l’obbligo di usare gli idonei mezzi di protezione. 153
2.
Il datore di lavoro informa al più presto l’organo di vigilanza territorialmente competente, nonché i lavoratori ed il rappresentante per la sicurezza, dell’evento, delle cause che lo hanno determinato e delle misure che intende adottare, o che ha già adottato, per porre rimedio alla situazione creatasi.
3.
I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto, qualsiasi infortunio o incidente relativo all’uso di agenti biologici.
1.
Art. 85 Informazioni e formazione Nelle attività per le quali la valutazione di cui all’art. 78 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda: a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici utilizzati; b) le precauzioni da prendere per evitare l’esposizione; c) le misure igieniche da osservare; d) la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi e dei dispositivi di protezione individuale ed il loro corretto impiego; e) le procedure da seguire per la manipolazione di agenti biologici del gruppo 4; f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure da adottare per ridurne al minimo le conseguenze.
2.
Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3.
L’informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione, e ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4.
Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione ben visibile cartelli su cui sono riportate le procedure da seguire in caso di infortunio od incidente. Capo III SORVEGLIANZA SANITARIA
1. 2.
154
Art. 86 Prevenzione e controllo I lavoratori addetti alle attività per le quali la valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali: a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente; b) l’allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell’art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277. 2-bis. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l’esistenza di anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro. 2-ter. A seguito dell’informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro effettua una nuova
valutazione del rischio in conformità all’art. 78. 2-quater. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività che comporta rischio di esposizione a particolari agenti biologici individuati nell’allegato XI, nonché sui vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione e della non vaccinazione.
1.
2. 3.
Art. 87 Registri degli esposti e degli eventi accidentali I lavoratori addetti ad attività comportanti uso di agenti del gruppo 3 ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati, per ciascuno di essi, l’attività svolta, l’agente utilizzato e gli eventuali casi di esposizione individuale. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cui al comma 1 e ne cura la tenuta tramite il medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto registro. Il datore di lavoro: a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all’Istituto superiore di sanità e all’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e all’organo di vigilanza competente per territorio, comunicando ad essi, ogni tre anni e comunque ogni qualvolta questi ne fanno richiesta, le variazioni intervenute; b) comunica all’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e all’organo di vigilanza competente per territorio la cessazione del rapporto di lavoro dei lavoratori di cui al comma 1 fornendo nel contempo l’aggiornamento dei dati che li riguardano e consegna al medesimo Istituto le relative cartelle sanitarie e di rischio; c) in caso di cessazione di attività dell’azienda, consegna all’Istituto superiore di sanità e all’organo di vigilanza competente per territorio, copia del registro di cui al comma 1 ed all’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro copia del medesimo registro nonché le cartelle sanitarie e di rischio; d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno esercitato attività che comportano rischio di esposizione allo stesso agente richiede all’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonché copia della cartella sanitaria e di rischio; e) tramite il medico competente comunica ai lavoratori interessati le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e nella cartella sanitaria e di rischio, comma 5, ed al rappresentante per la sicurezza i dati collettivi anonimi contenuti nel registro di cui al comma 1.
4.
Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio di cui all’art. 86, comma 5, sono conservate dal datore di lavoro fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro fino a dieci anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti biologici. Nel caso di agenti per i quali è noto che possono provocare infezioni consistenti o latenti o che danno luogo a malattie con recrudescenza periodica per lungo tempo o che possono avere gravi sequele a lungo termine tale periodo è di quaranta anni.
5.
La documentazione di cui ai precedenti commi è custodita e trasmessa con salvaguardia del segreto professionale. I modelli e le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1 sono determinati con decreto del Ministro della sanità e del lavoro e della previdenza sociale sentita la commissione consultiva permanente.
6.
7.
L’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi relativi alle risultanze del registro di cui al comma 1. 155
1.
Art. 88 Registro dei casi di malattia e di decesso Presso l’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro è tenuto un registro dei casi di malattia ovvero di decesso dovuti all’esposizione ad agenti biologici.
2.
I medici, nonchè le strutture sanitarie, pubbliche o private, che refertano i casi di malattia, ovvero di decesso di cui al comma 1, trasmettono all’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro copia della relativa documentazione clinica.
3.
Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva, sono determinati il modello e le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1, nonché le modalità di trasmissione della documentazione di cui al comma 2.
4.
Il Ministero della sanità fornisce alla commissione CE, su richiesta, informazioni su l’utilizzazione dei dati del registro di cui al comma 1. Titolo IX SANZIONI
1.
2.
3.
Art. 89 Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti Il datore di lavoro è punito con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da lire tre milioni a otto milioni per la violazione degli articoli 4, commi 2,4, lettera a), 6, 7 e 11, primo periodo; 63, commi 1, 4 e 5; 69, comma 5, lettera a); 78, commi 3 e 5; 86, comma 2-ter. Il datore ed il dirigente sono puniti: a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la violazione degli articoli, 4, comma 5, lettere b), d), e), h), l), n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e) e 4; 15, comma 1; 22, commi da 1 a 5; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4 e 5; 38; 41; 43, commi 3, 4, lettere a), b), d) e g) e 5; 48; 49, comma 2; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 56, comma 2; 58; 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1; 66, comma 2; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1, 2 e 5, lettera b); 77, comma 1; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2 e 3; 82; 83; 85, comma 2; 86, commi 1 e 2; b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da lire un milione a lire cinque milioni per la violazione degli articoli 4, commi 4, lettere b) e c), 5, lettere c), f), g), i), m) e p); 7, commi 1 e 3; 9, comma 2; 10; 12, comma 1, lettere a), b) e c); 21; 37; 43, comma 4, lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 66, commi 1 e 4; 67, comma 3; 70, comma 1; 76, commi 1, 2 e 3; 77, comma 4; 84, comma 2; 85, commi 1 e 4; 87, commi 1 e 2. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni per la violazione dell’art. 4, comma 5, lettera o), e 8; 8, comma 11; 11; 70, commi 2 e 3; 87, commi 3 e 4. Art. 90 Contravvenzioni commesse dai preposti
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I preposti sono puniti: a) con l’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere b), d), e), h), l), n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e), e 4; 15, comma 1; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4 e 5; 41; 43, commi 3, 4, lettere a), b) e d); 48; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 58; 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1 e 2; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2 e 3; 82; 83; 86, commi 1 e 2; b) con l’arresto sino ad un mese o con l’ammenda da lire trecentomila a lire un milione per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere c), f), g), i) e m); 7, commi 1, lettera b), e 3; 9,
comma 2; 12, comma 1, lettere a) e c); 21; 37; 43, comma 4, lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 66, commi 1 e 4; 875, commi 1 e 4.
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Art. 91 Contravvenzioni commesse dai progettisti, dai fabbricanti e dagli installatori La violazione dell’art. 6, comma 2, è punita con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda da lire quindici milioni a lire sessanta milioni. La violazione dell’art. 6, commi 1 e 3, è punita con l’arresto fino ad un mese o con l’ammenda da lire seicentomila a lire due milioni. Art. 92 Contravvenzioni commesse dal medico competente Il medico competente è punito: a) con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da lire un milione a lire sei milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1, lettere b), d), h) e l); 69, comma 4; 86, comma 2-bis; b) con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da lire cinquecentomila a lire tre milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1, lettere e), f), g) ed i), nonché del comma 3 (1). Art. 93 Contravvenzioni commesse dai lavoratori I lavoratori sono puniti: a) con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da lire quattrocentomila a lire un milione e duecentomila per la violazione degli articoli 5, comma 2; 12, comma 3, primo periodo; 39; 44; 84, comma 3; b) con l’arresto fino a quindici giorni o con l’ammenda da lire duecentomila a lire seicentomila per la violazione degli articoli 67, comma 2; 84, comma 1. Art. 94 Violazioni amministrative Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 65, comma 2, e 80, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire centomila a lire trecentomila. Titolo X DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
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Art. 95 Norma transitoria In sede di prima applicazione del presente decreto e comunque non oltre il 31 dicembre 1996 il datore di lavoro che intende svolgere direttamente i compiti di prevenzione e protezione dai rischi è esonerato dalla frequenza del corso di formazione di cui al comma 2 dell’art. 10, ferma restando l’osservanza degli adempimenti previsti dal predetto art. 10, comma 2, lettere a), b) e c). Art. 96 Decorrenza degli obblighi di cui all’art. 4 È fatto obbligo di adottare le misure di cui all’art. 4 nel termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Art. 96-bis Attuazione degli obblighi Il datore di lavoro che intraprende un’attività lavorativa di cui all’art. 1, è tenuto a elaborare il documento di cui all’art. 4, comma 2, del presente decreto entro tre mesi dall’effettivo inizio dell’attività.
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Art. 97 Obblighi d’informazione Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette alla commissione: a) il testo delle disposizioni di diritto interno adottate nel settore della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro; b) ogni cinque anni, una relazione sull’attuazione pratica delle disposizioni dei titoli I, II, III e IV; c) ogni quattro anni, una relazione sull’attuazione pratica delle disposizioni dei titoli V e VI. Le relazioni di cui al comma 1 sono trasmesse anche alle commissioni parlamentari. Art. 98 Norma finale Restano in vigore, in quanto non specificatamente modificate dal presente decreto, le disposizioni vigenti in materia di prevenzione degli infortuni ed igiene del lavoro.
SOMMARIO Nota per il lettore
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GLI AMBIENTI DI LAVORO
“ “ “ “ “ “ “
5 7 18 31 40 60
2
PREVENZIONE, INFORMAZIONE E PREVENZIONE
“
71
1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6
2.1 2.2 2.3 2.4 2.5
Introduzione Lavoro negli uffici Lavori in laboratori e officine Lavori su strade Segnaletica di sicurezza In caso di incendio
L’organizzazione del lavoro ................................. “ L’organizzazione aziendale per la sicurezza......... “ L’informazione e la formazione............................ “ Le visite mediche preventive e periodiche............ “ Particolari tutele previste dalla legge per alcune categorie di lavoratori ........................................... “
5
71 72 76 80 91
3
NOZIONI DI PRONTO SOCCORSO ...“
4
EVOLUZIONE LEGISLATIVA............“ 111
APPENDICE
Decreto Legislativo 626/94............................................ “
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