La macchina fotografica
www.vanzo.com - via montefeltro 33 - rimini - italy -+39.339.1362971 - robin@vanzo.com
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La luce Luce artificiale Vs Luce naturale
La luce naturale è la piu’ completa dal p.to di vista dello spettro elettromagnetico
Le varie luci
esposizione LUCE La luce è una forma di energia che irraggia dalle sorgenti luminose e da esse si propaga in tutte le direzioni alla velocità di 300.000 km/s. Le superfici colpite dai raggi luminosi si comportano in modi diversi, a seconda che li riflettano o li assorbano in maggiore o minore misura. Nella pratica, tutti i corpi assorbono la luce, a causa della rugosità della superficie.
Riflessione e diffusione I corpi perfettamente levigati (come gli specchi) riflettono la luce secondo le leggi della riflessione geometrica, dove l'angolo del raggio riflesso è uguale a quello del raggio incidente.
obiettivo
In una lente convergente i raggi provenienti da un soggetto molto lontano (infinito) convergono in un punto. La distanza tra il centro della lente e il piano focale (piano su cui si forma l'immagine nitida del soggetto) è la lunghezza focale (o, piÚ semplicemente, focale) di quella lente.
Nella realtà , ogni obiettivo fotografico è formato da un certo numero di lenti e non da una sola; tuttavia le considerazioni svolte in questa sede possono essere considerate valide anche per gli obiettivi reali, che pertanto schematizzeremo in una sola lente.
La lunghezza focale determina la grandezza dell'immagine sulla pellicola (rapporto di riproduzione). Questo fattore determina due conseguenze importanti. La prima è che a parità di distanza soggetto/obiettivo, un obiettivo di focale lunga produce un'immagine piÚ grande rispetto a un obiettivo di focale corta.
RAPPORTO DI RIPRODUZIONE A parità di distanza di ripresa, un obiettivo di focale più lunga produce un'immagine più grande.
RAPPORTO DI RIPRODUZIONE Per ottenere la medesima grandezza dell'immagine, con un obiettivo a lunga focale bisogna allontanarsi dal soggetto.
La lunghezza focale di un obiettivo è incisa sulla sua montatura. Per lunghezza focale standard (o lunghezza focale normale) si intende quella all'incirca uguale alla diagonale del fotogramma impiegato, o di poco superiore. Ad esempio, nel formato 24x36 mm (diagonale = 43 mm) viene considerato normale un obiettivo di 50 mm di lunghezza focale. Fino ad ora si è parlato di obiettivi a focale fissa; piÚ avanti vedremo che esistono anche obiettivi a focale variabile.
Per un certo formato di fotogramma, la lunghezza focale di un obiettivo determina il suo angolo di campo. Ăˆ importante notare che l'angolo di campo di un obiettivo non dipende soltanto dalla sua focale, ma anche dalla grandezza del fotogramma che esso deve coprire. Fissiamo pertanto la nostra attenzione su uno dei formati piĂš diffusi, ossia il 24x36 mm (dimensioni del fotogramma), detto anche 35 mm (dalla larghezza della pellicola perforata); in tale formato l'obiettivo normale ha una lunghezza focale di 50 mm e ricopre la diagonale del fotogramma. Da semplici considerazioni geometriche si ricava che l'angolo di campo, in questo caso, è circa di 46°.
ANGOLO DI CAMPO All'aumentare della lunghezza focale diminuisce l'angolo di campo. In figura i valori validi per il formato 24x36.
luminosità la luminosità di un obiettivo, ossia la sua capacità massima di trasmettere la luce: un obiettivo è tanto più luminoso quanta più luce fa arrivare alla pellicola. La luminosità di un obiettivo dipende da due fattori: il diametro della lente frontale e la lunghezza focale . In particolare, si definisce luminosità il rapporto tra la lunghezza focale e il diametro dell'obiettivo:
LUMINOSITÀ = lunghezza focale : diametro
esempio 3.2x 5.4-17.3 mm 1:2.8-5.1 18-55 mm 1-.3.5-5.6 6.3-18.9mm 1:3.1-5.9 4.9-19.6 mm 1:2.6-5.8
La luminosità è chiamata anche apertura relativa e viene comunemente indicata con la lettera "f" seguita dalla barra "/" e dal numero che risulta dalla divisione suddetta. Ad esempio, l'espressione f/3 indica che il rapporto tra lunghezza focale e diametro è uguale a 3 (vedere figura). Altri modi meno diffusi per indicare la luminosità sono f.3 oppure 1:3.
Si noti che il numero che esprime la luminosità diminuisce al crescere della quantità di luce trasmessa; in altre parole, un obiettivo f/2 è più luminoso di un obiettivo f/4. Ciò è dovuto al fatto che il diametro dell'obiettivo compare al denominatore della frazione vista sopra: a parità di focale, se la lente frontale è più grande si ottiene come rapporto un numero più piccolo.
diaframma
In fotografia ed in ottica, un diaframma è un'apertura solitamente circolare o poligonale, incorporata nel barilotto dell'obiettivo, che ha il compito di controlare la quantità di luce che raggiunge la pellicola (in una fotocamera convenzionale) o i sensori (in una fotocamera digitale) nell'unità di tempo (intensità di luce). Ogni obiettivo (tranne quelli estremamente economici) possiedono un dispositivo meccanico che limita le dimensioni di questo fascio luminoso: si tratta del diaframma. La presenza del diaframma è necessaria per diversi motivi, che vedremo in dettaglio più avanti: profondità di campo, esposizione, resa ottica.
Il centro del diaframma coincide con l'asse ottico della lente. La maggior parte delle fotocamere dispone di un diaframma di ampiezza regolabile (simile, per funzione, all'iride dell'occhio) contenuto nella lente; la regolazione del diaframma si chiama apertura. Insieme al tempo di esposizione l'apertura del diaframma determina la quantitĂ di luce che viene fatta transitare attraverso l'obiettivo, che va quindi a impressionare la pellicola o i sensori.
Sulla ghiera o nel mirino ad ogni apertura di diaframma corrisponde un numero di apertura relativa, espresso come valori "f/", ossia col criterio già visto per la luminosità. In altre parole, il diaframma effettivamente impostato viene contraddistinto da un valore f/ corrispondente al rapporto tra lunghezza focale e il diametro lasciato aperto dalle lamelle a iride. Così, un diaframma f/4 indica che il foro del diaframma è compreso 4 volte nella lunghezza focale (foro piccolo), mentre f/2 indica che vi è compreso solo 2 volte (foro grande). Scala dei diaframmi
1
1.4
2
2.8
4
5.6
8
11
16
22
32
Il diaframma 1.4 (o 1,4 se si preferisce) fa passare la metà della luce rispetto al diaframma 1; il diaframma 2 fa passare la metà del diaframma 1.4 e cosÏ via. Si noti che 1.4 è la radice quadrata di 2 (proporzione tra lunghezze ed aree) e che i numeri sono alternativamente il doppio dei precedenti (arrotondando il doppio di 5.6 a 11).
Profondità di campo Quando si mette a fuoco un punto, la sua immagine sulla pellicola diventa un circoletto più o meno grande, a seconda della precisione della focheggiatura e della qualità dell'obiettivo. Fino a che il diametro del circoletto (più propriamente detto circolo di confusione o cerchio di diffusione) rimane entro certi limiti, il punto può essere considerato a fuoco.
profondità di fuoco, che esprime la possibilità di spostare il piano della pellicola avanti o indietro rispetto al piano di messa a fuoco ottimale, senza che il soggetto risulti sfocato. Il diametro accettabile del circolo di confusione non è una quantità fissa, ma dipende dalla grandezza della riproduzione finale della fotografia (stampa o proiezione di diapositiva) e dalla distanza da cui viene osservata; più si ingrandisce, più si sfocano i particolari; più si guarda da vicino una foto, più si vedono i difetti di messa a fuoco.
La profondità di campo dipende da numerosi fattori: dalla lunghezza focale, dal diaframma, dalla distanza del soggetto dalla fotocamera, dall'ingrandimento del fotogramma, dalla distanza di osservazione della riproduzione del fotogramma stesso. In particolare va detto che la profondità di campo aumenta: •usando un obiettivo a corta focale; •impostando diaframmi più chiusi; •allontanandosi dal soggetto. Si noti che la profondità di campo è uno degli elementi che concorrono a determinare la nitidezza dell'immagine finale.
IPERFOCALE la profonditĂ di campo, ossia la zona che risulta a fuoco in modo accettabile sul fotogramma, si estende sia davanti che dietro il piano di messa a fuoco; l'entitĂ di questa estensione cresce col diminuire della lunghezza focale, col diminuire del foro d'apertura del diaframma e con l'aumentare del circolo di confusione accettabile.
IPERFOCALE L'indicatore grigio a sinistra evidenzia la posizione del piano di messa a fuoco (nell'ordine di successione: infinito, intermedio, primissimo piano, iperfocale). Il fotogramma con l'indicatore grigio piĂš ampio corrisponde alla focheggiatura sulla distanza iperfocale.
Ne deriva che l'operazione di mettere a fuoco sull'infinito e di chiudere molto il diaframma non ha, spesso, molto senso, perché sarebbe come voler estendere la profondità di campo oltre l'infinito. In altre parole, se si è alla ricerca della massima nitidezza in tutto il fotogramma, conviene mettere a fuoco su un piano intermedio tra la fotocamera e l'infinito.
In base a calcoli di ottica geometrica, dopo aver fissato il diametro del circolo di confusione accettabile, la lunghezza focale e il diaframma che si intendono impiegare, si ottiene la cosiddetta distanza iperfocale, ossia la distanza di messa a fuoco che garantisce l'estensione della nitidezza fino all'infinito; verso l'operatore la zona da considerare a fuoco è pari alla metà della distanza iperfocale.
SCELTA DEL PUNTO DI MESSA A FUOCO Non esistono regole precise per la messa a fuoco; tutto dipende dal tipo di fotografia che si vuole realizzare e dalle condizioni in cui ci si trova ad operare. Per prima cosa bisogna avere ben chiaro il concetto di profondità di campo, la cui estensione, per un certo obiettivo, dipende dal diaframma utilizzato. Tuttavia non si può impostare a piacere il diaframma, perchÊ la sua apertura va di pari passo coi tempi di otturazione necessari a realizzare un'esposizione corretta della pellicola.
PUNTO DI MESSA A FUOCO Dai papaveri in primissimo piano fino all'infinito è tutto a fuoco, grazie all'utilizzo di un obiettivo grandangolare, di un diaframma molto chiuso e della messa a fuoco sulla distanza iperfocale.
PUNTO DI MESSA A FUOCO L'isolamento intenzionale del passero è stato ottenuto utilizzando un teleobiettivo e un diaframma abbastanza aperto, in modo da ridurre al minimo indispensabile la profondità di campo.
Diaframma e profonditĂ di campo
Non è detto che si riesca sempre a intervenire sulla profondità di campo nella maniera ottimale; ad esempio, se la luce ambientale è scarsa e se la pellicola impiegata non è molto sensibile, non si può impostare un diaframma troppo chiuso, perché ad esso corrisponderebbe un tempo di otturazione troppo lungo per eseguire la fotografia a mano libera senza il pericolo di mosso. In casi simili a questo si può intervenire, almeno in linea teorica, in svariati modi: aumentare l'illuminazione ambientale (magari scegliendo un'ora della giornata più adatta), ricorrere al flash o al treppiede, impiegare una pellicola più sensibile, montare un obiettivo a focale più corta, allontanarsi dal soggetto.
OBIETTIVO NORMALE A sinistra un obiettivo normale 50mm Leica; a destra il suo schema ottico.
OBIETTIVO GRANDANGOLARE Obiettivo grandangolare Leica Summicron 35 mm. A destra compare lo schema ottico.
TELEOBIETTIVO A sinistra un teleobiettivo 135 mm Leica; a destra il suo schema ottico.
TELEOBIETTIVO Moderno teleobiettivo con lenti speciali, motore integrato a ultrasioni per l'autofocus e gruppo di stabilizzazione contro le vibrazioni.
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