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sommario
IN ESCLUSIVA
Anno XI - N°9 - Settembre 2015 Direttore responsabile Antonio De Cesare Direttore editoriale Maurizio De Cesare Hanno collaborato a questo numero: Nicola Capuzzo - Bruno Castaldo Aniello Cuomo - Giovanni Grande Piero Lazzeri - Patrizia Lupi Mariano Maresca - Stefano Meroggi Italo Merciati - Sandro Minardo Andrea Moizo - Michele Pappalardo Riccardo Russo - Alessandro Talini Franco Tanel - Enrico Vergani Amministrazione e abbonamenti Paola Martino amministrazione@portoediporto.it abbonamenti@portoediporto.it Costo abbonamento Italia € 110, estero € 220 CCP n. 81627671 - AM editori srl Via Diaz, 54 - 80055 Portici (Napoli) Pubblicità e marketing marketing@portoediporto.it Listini e specifiche tecniche www.portoediporto.it Progetto e realizzazione grafica AM editori srl Stampa Morconia Print Morcone (BN) Il magazine Porto&diporto è proprietà di AM editori srl info@ameditori.it redazione@portoediporto.it www.portoediporto.it Autorizzazione Tribunale di Napoli n. 17 del 15 febbraio 2006 Periodico associato all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana E’vietata la riproduzione totale e/o parziale di testi, fotografie e di qualsiasi altro contenuto o allegato. Tutti i diritti sono riservati.
InterventI di: Bruno Castaldo, Aniello Cuomo, Mariano Maresca, Piero Lazzeri, Carlo Silva ------Interviste a: Giancarlo Acciaro, Simona Coppola, Pierfrancesco Cassandra, Zeno D’Agostino, Orazio De Nigris, Stefano De Paolis, Francesco di Cesare, Gian Enzo Duci, Riccardo Fuochi, Agostino Gallozzi, Francesco F. Lauro, Enrico Marinelli, Eugenio Massolo, Ignazio Messina, Pasqualino Monti, Andrea Morandi, Francesco Napp, Mario Panelli, Michele Pappalardo, Rosario Varriale
PORT&SHIPPINGTECH 4 - Genova per una settimana capitale dello shipping 6 - Decisa accelerazione ai processi di riforma 8 - Duci presenta la II edizione della Genoa Shipping Week 10 - Suez, nuove opportunità per la logistica italiana 12 - Coinvolgere i giovani in tutta la catena logistica 14 - Portare l’economia marittima italiana sotto i riflettori 16 - Propeller Milano ruolo attivo sull’asse Genova-Lombardia 18 - Alta qualità di assistenza anche in alto mare 22 - L’Accademia della Marina Mercantile festeggia 10 anni 24 - Scelte non più rinviabili per la portualità italiana 26 - Salerno Container Terminal, si rafforza il trend positivo 28 - Sardegna, perplessità su accorpamento scali 30 - Una palestra per i giovani di YoungShip Italia 32 - Cresce una nuova necessità di sicurezza nei commerci 34 - Sicurezza in mare formazione dei marittimi SHIPPING 36 - F.lli Morandi: professionalità e
passione per il mare INFRASTRUTTURE 38 - D’Agostino: tracciare nuova rotta per il porto di Trieste ECONOMIA 40 - Hong Kong, porta sulla Cina per il Made in Italy ITALIAN CRUISE DAY 42 - Quinta edizione del Forum della crocieristica italiana 44 - Civitavecchia, le ragioni di un successo italiano 46 - Trieste Terminal Passeggeri al centro la qualità dei servizi 48 - Crescita costante delle crociere a Salerno SHIPPING&LAW 50 - Shipping & Law mette Napoli al centro del Mediterraneo 52 - Suonano le campane per i relitti in mare? 56 - La Corte di Giustizia UE sulle concessioni demaniali NAUTICA 59 - Nasce Nautica Italiana affiliata ad Altagamma AZIENDE 60 - Il settore dei buoni pasti in costante crescita EUROPA 63 - Sud Italia, “dopo” vent’anni di solitudine …
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Genova per una settimana capitale dello shipping D
al 14 al 20 settembre Genova si trasformerà nella capitale dello shipping mondiale. Saranno sette giorni di iniziative culturali, conferenze e incontri organizzati da Assagenti e ClickutilityTeam. Arriveranno oltre 5000 addetti ai lavori che animeranno i vari momenti della manifestazione, a conferma del suo prestigio e del suo valore nel panorama degli eventi di settore, senza dimenticare l’indotto importante per la città. Carlo Silva, Presidente di ClickUtilityTeam Srl che insieme ad Assagenti organizza questa manifestazione nata dalla fusione di due importanti eventi, Port&ShippingTech e Shipbrokers and Shipagents Dinner, ha presentato a PORTO&diporto questo evento internazionale. Quali sono le novità di questa seconda edizione? La principale è di sicuro la Med Security Summit, la Conferenza Internazionale sulla sicurezza portuale e marittima, che mercoledì 16 e giovedì 17 settembre riunirà molteplici esperti in un confronto sulle problematiche legate al trasporto e alla sicurezza marittima nel Mediterraneo. Un opportunità unica di incontro per i rappresentanti del mondo dello shipping e della community che opera nel settore della sicurezza marittima. I partecipanti saranno chiamati infatti a parlare di convergenza tra sicurezza, assicurazione e legalità; di terrorismo marittimo; del ruolo della tecnologia; della sicurezza nei porti e nei terminal; e, soprattutto, saranno stimolati a promuovere le best practice, a condividere e divulgare il proprio know-how. In Italia mancava un appuntamento su questi temi e sono soddisfatto di aver accolto questa sfida assieme a Mark Lowe di Maritime Security Review, co-organizzatore della Conference. All’interno di questa manifestazione spicca il Forum Port&Shipping Tech, vero? Port&ShippingTech, il forum internazionale dedicato allo sviluppo del sistema logistico-portuale, rimane la main conference della manifestazione. Dopo sette edizioni è un evento congressuale consolidato che conferma la propria leadership nel panorama delle manife-
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stazioni internazionali dedicate alla logistica, allo shipping e, in generale, allo sviluppo del sistema logistico-portuale. Quali saranno le materie di discussione in questa edizione? L’evento si svolgerà a Palazzo San
Giorgio e sarà intitolato “Innovazione e cooperazione per lo sviluppo del cluster marittimo del Mediterraneo”. Il paese ospite di questa edizione della GSW, nella sezione Nuovi Mercati, sarà, tra l’altro, il Marocco, per sottolineare gli
investimenti che il loro governo sta effettuando nei porti e nella logistica e, al tempo stesso, valorizzare la forte presenza di armatori italiani in questo paese. Ai tradizionali temi – Green Shipping e Smart Port - dallo scorso anno abbiamo affiancato anche un approfondimento sulla Safety con una sessione dedicata alla prevenzione nel settore dello shipping e della logistica portuale. I risultati dei lavori di tutte queste sessioni assieme a quella della Security saranno poi presentati il 18 settembre, all’interno della Conferenza Istituzionale di chiusura della Genoa Shipping Week. Quali sono i rapporti con il territorio e le istituzioni locali?
Il Comune di Genova ha seguito con interesse lo sviluppo della manifestazione, dimostrandosi sempre disponibile nei nostri confronti. Hanno tra l’altro deciso di organizzare in concomitanza della GSW i Rolli Days, ovvero l’apertura straordinaria dei Palazzi dei Rolli, Patrimonio dell’Umanità Unesco. Un fiore all’occhiello della città di cui potranno beneficiare anche i nostri ospiti. Stessa disponibilità ed entusiasmo da parte dell’Autorità Portuale di Genova. Non a caso Palazzo San Giorgio sarà il fulcro della manifestazione. Sono numerosi i partner coinvolti in questa seconda edizione, vero? Novità di questa edizione è la presenza del Corpo delle Capitanerie di Carlo Silva Porto – Guarda Costiera in qualità di Istituzione ospite. In questa occasione infatti festeggerà anche il proprio 150° anniversario partecipando attivamente ai principali eventi della settimana. Con estremo piacere posso aggiungere che alcune collaborazioni si sono consolidate tra un’edizione e l’altra e anche grazie alla Naples Shipping Week, manifestazione gemella che anima il capoluogo partenopeo ad anni alterni. Mi riferisco in particolare a quella con The International Propeller Clubs e le sue due sedi di Genova e Napoli con cui organizzeremo, rispettivamente, la serata istituzionale dedicata al Marocco e la P&ST Special night, una serata di networking dedicata ai partecipanti delle due conference. Sul fronte dei convegni, Inail ha riconfermato il suo interesse nella manifestazione e anche Confitarma e Assoporti hanno partecipato attivamente alla stesura dei contenuti delle sessioni di questa edizione. Fino ad ora abbiamo parlato degli appuntamenti per gli operatori di settore. Per i genovesi e i turisti avete in programma degli appuntamenti? Certamente! Lo stesso Forum P&ST, per quanto di settore è a ingresso libero. A partire dal flashmob di apertura in piazza De Ferrari ai fuochi d’artificio in chiusura del Dinner pensati proprio per i genovesi. Ci saranno presentazioni di libri, la premiazione del concorso fotografico #shootyourport che ha visto la partecipazione di molti concittadini e l’invio di oltre 2000 foto, la Genoa Shipping Run, la mezza maratona aperta a tutti e, come già detto, i Roli Days e “Palazzi in luce”, un itinerario da Piazza Fontane Marose a Strada nuova fino a Piazza della Meridiana in cui si apriranno le grandi finestre dei palazzi e le luci accese illumineranno i piani nobili e le vedute interne. Red.Mar.
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Decisa accelerazione ai processi di riforma L
a salsedine ci ha insegnato sin da bambini, a tutti noi che sul mare e di mare siamo nati e vissuti, che le incrostazioni, la sedimentazione, la ruggine sono la norma. Ma se dagli arenili o dalle carene questa legge non scritta si trasferisce alle istituzioni, ai centri decisionali della politica, allora sono guai seri. E il settore portuale italiano questi guai li ha sperimentati, subiti e sofferti per troppi anni per non rivendicare oggi serie, ferme e concretamente pragmatiche misure di riforma che mirino essenzialmente a un risultato: porre il paese e la filiera portuale che del paese è il front-line, in condizione di rispondere in modo coerente alla domanda del mercato. Traguardando quella efficienza e quella produttività che sono rimaste per decenni soffocate sotto il giogo di una pressione burocratica sempre più anacronistica. Gli agenti marittimi da sempre sono al tempo stesso testimoni privilegiati (perché privilegiato è il loro punto di osservazione sui mercati internazionali) e protagonisti di uno sforzo costante di cambiamento e anche di adattamento della professione alle esigenze di una economia globale in costante e spe-
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cialmente rapidissima evoluzione. E’ per questi motivi che è normale per noi, e lo abbiamo dimostrato in tutte le sedi, esporci professionalmente e personalmente allo scopo di garantire ai nostri porti e all’intero cluster portuale (inteso nella sua globalità) le condizioni operative che si meritano. Lo abbiamo detto e ridetto più volte: stiamo attraversando nel settore dello shipping una rivoluzione epocale, che non fa perno solo sul sin troppo evidente fenomeno del gigantismo navale, ma che sembra preannunciare cambiamenti radicali anche nella struttura dell’offerta portuale e dell’organizzazione del mercato logistico. Il numero delle navi giganti in servizio continua a crescere. Msc ha recentemente lanciato la sua prima 19.000 di portata, ma è ormai chiaro che i grandi carriers non si pongono più limiti dimensionali ed è quindi prevedibile un’ulteriore crescita nel size delle grandi navi container, come passeggeri, ro-ro come bulkers. Ci siamo interrogati e continuiamo a interrogarci a fondo anche sulle conseguenze di questa crescita dimensionale che vede crescere nel mondo portuale un forte malessere. Da un lato, si torna a parlare di porti offshore (il dibattito si è
riacceso lungo la eastcoast americana, ma anche in Cina si inizia a pensare a “mega-ports” per mega navi), come se si presagisse una trasformazione globale nella geografia dei traffici. Dall’altro è crescente il numero dei porti e dei terminal (tradizionali) che pur essendosi dotati di gru super post panamax, si interrogano con crescete apprensione sulla possibilità di far quadrare i conti, ovvero di ammortizzare con revenues sempre più tirate investimenti che per volume e capitale di rischio non hanno precedenti storici. E infine gli interrogativi si incentrano su sistemi logistici nazionali e continentali progettati e costruiti per un altro mondo, forse addirittura per un altro pianeta che rischia di essere spazzato via. Come Federagenti ha sottolineato con forza nel corso della sua assemblea annuale di La Spezia, è quasi impossibile formulare previsioni attendibili. E di certo ciò contribuisce ad aumentare l’incertezza in un mercato che è caratterizzato anche da crescenti concentrazioni e quindi da un rischio di perdita di competitività dei sistemi portuali e logistici nazionali, sempre più pressati da grandi multinazionali del mare attorno alle quali si sta concentrando il potere
sui traffici internazionali. Un esempio? Il gruppo MollerMaersk ha visto la sua flotta di navi portacontainer aumentare, in un solo anno, la sua capacità di ben 318.000 teu; ha trasportato volumi containerizzati pari a 2,2 milioni di container da 40’ (feu), con una diminuzione del -1,6% rispetto allo stesso periodo del 2014. Il nolo medio per teu è stato pari a 2.493 dollari (-5,1%) e il costo medio per il fuel è stato pari a 358 dollari/tonnellata (-38,4%). Maersk Line ha concluso il primo trimestre del 2015 con ricavi per 6,25 miliardi di dollari (-3,2%), un EBITDA di 1,20 miliardi di dollari (+39,4%), un EBIT di 736 milioni di dollari (+46,3%) e un utile netto di 714 milioni di dollari (+57,3%) al quale ha contribuito in modo determinante il calo nei prezzi del petrolio. E parlando di incertezza come non pensare al “nostro” Mediterraneo, diventato più mare di migranti e di paura, che mare di traffici. Con conseguenze sugli altrettanto fragili equilibri fra domanda e offerta e su quelli fra sponda Nord e sponda Sud. Federagenti ha affrontato sempre in prima linea anche le tematiche di sviluppo non solo delle sue classiche tipologie commerciali, ma anche quelle relative, ad esempio, al mercato delle crociere e a quello dei mega yacht.
Sulle crociere gli agenti marittimi si sono impegnati in una seria riflessione sul caso Venezia: sulle grandi navi in laguna abbiamo anche di recente reiterato al governo la richiesta di decidere e decidere subito. Dopo la recente sentenza del Tar Veneto che rende percorribile solo la soluzione del nuovo canale Tresse Est - Vittorio Emanuele, gli agenti marittimi denunciano lo “stallo istituzionale” che sta di fatto privando il porto e la città di una delle più importanti risorse economiche. Uno stallo che caratterizza anche altre grandi scelte del sistema paese e che, in una situazione di incertezza globale, produce danni inenarrabili. Nel caso specifico la cancellazione di Venezia e dell’Adriatico dai circuiti crocieristici più importanti ed esclusivi è ormai una certezza; paradossalmente l’esclusione delle navi più grandi, e quindi meno moderne, sta facendo di Venezia un approdo privilegiato di mezzi spesso datati e sicuramente di minore appeal per una clientela sempre più esigente. Sui mega yacht possiamo con orgoglio registrare una vittoria che consideriamo anche nostra: la ripresa massiccia delle presenze in Costa Smeralda e in Sardegna frutto anche della battaglia condotta da Federagenti, affermando,
con il primo Salone del lusso possibile, la capacità di generare ricchezza insita nel mercato del lusso nautico. E anche su questo fronte non molleremo la presa. Siamo oggi più che mai convinti che il cluster marittimo, per la sua strategicità, possa e debba avere un ruolo fondamentale nella ripresa del paese. In Italia, a fine 2014, erano 181 mila le imprese operanti nell’economia del mare, pari al 3% del totale imprenditoriale italiano. Imprese in cui trovano spazio anche i giovani e le donne, visto che una su 10 è guidata da under 35 e ben due su 10 da imprenditrici (dati Registro Imprese). Sono attività economiche la cui produzione nel suo complesso è arrivata nel 2014 a quasi 45 miliardi di euro di valore aggiunto prodotto, pari al 3% del totale dell’ economia nazionale, coinvolgendo quasi 800 mila occupati. Ma tutto sarebbe e sarà inutile se da parte delle istituzioni non verrà impressa una brusca e decisa accelerazione ai processi di riforma, in primis quella portuale e quella di snellimento burocratico, che sembrano purtroppo essere sempre svincolati dai tempi dell’economia globale. Michele Pappalardo Presidente Federagenti
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p&st / porto&diporto
Duci presenta la II edizione della Genoa Shipping Week G
enova torna a essere per una settimana la capitale internazionale dello shipping con la seconda edizione della Genoa Shiping Week e la tredicesima edizione (o per meglio dire l’edizione 12+1 come impone la scaramanzia marinara) del Shipbrokers and Shipagents Dinner. L’organizzazione dell’evento è curata da Assagenti, l’associazione degli agenti marittimi e broker genovesi, in collaborazione con Click Utility che anche quest’anno ha messo in piedi un ricco palinsesto congressuale all’interno del Port&ShippingTech. Il presidente di Assagenti, Gian Enzo Duci, tiene a sottolineare la positiva alternanza con Napoli, l’altra capitale italiana del mare, che dopo la Genoa Shipping Week del 2013 ha organizzato un’altra riuscitissima settimana di eventi. Si tratta ormai di una staffetta fra le due città sottolinea Duci, spiegando che quest anno a Genova è attesa una folta delegazione di operatori facenti parte della comunità napoletana, così come l anno scorso era avvenuto con i genovesi che avevano preso parte alla Naples Shipping Week . Il momento culmine di questo gemellaggio sarà la Port&ShippingTech Special Night che si terrà presso il locale Eataly e vedrà all opera Enzo Coccia e Roberto Panizza che proporranno rispettivamente la pizza napoletana e il classico pesto genovese accompagnato da una vasta scelta di piatti liguri e di buon vino. Uno dei temi principali attorno al quale ruoterà la settimana è il tema di “Genova porto di Milano” e proprio questo sarà il motivo conduttore del convegno
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Gian Enzo Duci inaugurale che si terrà nel capoluogo lombardo. “Il nostro porto, e più in generale la città di Genova, deve essere complementare a Milano” prosegue il presidente di Assagenti. “Ci vogliono in primis comunicazioni più rapide fra le due città, come avviene ad esempi fra Parigi e Le Havre, la città portuale che è stata definita nello stesso spazio urbano della capitale francese. Tutte le grandi città del mondo hanno il mare (Londra, Atene, Shanghai, New York e Hong Kong) e per Milano lo sbocco al mare è Genova”. Duci vuole che allo scalo vengano riconosciuto i grandi miglioramenti fatti in termini infrastrutturali e operativi nella gestione dei traffici di merci che vengono imbarcati e sbarcati sotto la Lanterna. Un messaggio rivolto anche alla Svizzera e più in generale al Centro Europa tanto che il convegno d’apertura della shipping week genovese del 2017 nelle intenzioni dovrebbe valicare il confine verso Nord.
Il paese ospite d’onore all’edizione di quest’anno sarà invece il Marocco, una nazione che da anni si dimostra particolarmente aperta alla cooperazione con l’Italia, sia sotto il profilo dei traffici marittimi che degli scambi commerciali, culturali e turistici. Saranno presenti a Genova il Ministro dei trasporti marocchino insieme a un’ampia delegazione istituzionale e di aziende del porto di Tanger Med con il quale lavorano diverse società di shipping italiane fra cui Grandi Navi Veloci. E proprio l’amministratore delegato di GNV, Roberto Martinoli, porterà a Genova in occasione della settimana del mare il consiglio direttivo dell’European Short Sea Network da lui presieduto. Infine il Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera, che quest’anno ha festeggiato anche il proprio 150° anniversario, è l’istituzione ospite di questa seconda edizione della Genoa Shipping Week. Una presenza forte quella delle Capitanerie, che avrà un proprio stand presso Palazzo San Giorgio, sede dell’Autorità Portuale e fulcro della manifestazione. “Capillarità sul territorio, professionalità, generosità, produttività, sicurezza, sono questi alcuni degli elementi che rendono il corpo unico, indispensabile, insostituibile per la vita produttiva del paese” ha sottolineato l’Ammiraglio Felicio Angrisano, Comandante Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto. “È profonda la gratitudine per gli organizzatori della Genoa Shipping Week, consacrazione della conferma della centralità del Corpo nel panorama dell’economia dei porti e del mare”. Nicola Capuzzo
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Suez, nuove opportunità per la logistica italiana I
l raddoppio del Canale di Suez ha suscitato tra gli operatori del comparto logistico un grande clamore sia per le tempistiche record di realizzazione dell’opera (dodici mesi contro i tre anni inizialmente previsti), rese possibili grazie all’impiego su turni h24 di 41 mila lavoratori, sia per la nuova capacità del canale, in grado oggi di operare ben 97 navi giorno incluse le mega-portacontainer di ultima generazione della classe tripla E. Un’opera infrastrutturale quindi che, per sua natura, è destinata ad avere un impatto importante sui flussi logistici delle merci e, più in particolare, sui traffici del Mediterraneo, grazie a una minore tempistica di percorrenza del canale e a un considerevole aumento dei transiti. L’attenzione degli operatori, però, non dovrebbe limitarsi alla monumentale iniziativa infrastrutturale del governo egiziano per il raddoppio del Canale di Suez, bensì allargarsi, più in generale, al Master Plan che lo stesso governo egiziano ha presentato nello scorso mese di marzo. Un piano che prevede complessivamente investimenti per 220 miliardi di euro e su cui l’Egitto punta per aumentare il proprio PIL del 3035% entro il 2050. Lungo il percorso del nuovo canale sono state infatti identificate tre aree (Port Said, Ismailia e Ain Sokhna) intorno alle quali si svilupperà un progetto industriale che si estenderà per 460 km quadrati e che prevede, tra l’altro, lo sviluppo di 6 nuovi terminal contenitori in grado di aumentare di 20 milioni di teu la capacità recettiva dell’area. Intorno alle aree di Port Said, che diventerà il più importante porto di transhipment del Mediterraneo, e della città portuale di Ain Sokhna verranno sviluppate non solo aree industriali e
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zone franche, per facilitare l’insediamento di aziende estere nel territorio, ma anche due enormi aree di 4.000 ettari l’una per le coltivazioni agroalimentari e la food industry. Il Master Plan egiziano prevede anche l’insediamento nella valle di Ain Sokhna di una Silicon Valley Egiziana, il tutto interconnesso da una imponente rete di infrastrutture terrestri, incluse anche nuove ferrovie e aree di stoccaggio. Appare evidente, quindi, che con i suoi 8,5 miliardi di euro di investimenti il raddoppio del Canale di Suez, seppur importante, è solamente il tassello iniziale di un progetto molto più ampio e ambizioso che intende generare intorno a tale area geografica una zona ad alta intensità industriale e a componente logistica avanzata che si propone di servire un mercato interno di oltre 90 milioni di abitanti ma che, potenzialmente, può affacciarsi al mercato ben più imponente di Africa, India e Media Oriente, proponendosi inoltre di sovvertire scelte logistiche e di traspor-
to con riflessi in tutto il Mediterraneo. E’ difficile poter dire, oggi, quali potranno essere gli scenari che si andranno a comporre da qui ai prossimi 15 anni e quanto il nostro Paese, e con esso il suo sistema logistico e portuale, potrà beneficiarne, anche se è indubbio che l’ampliamento del Canale e, in generale, la più ampia pianificazione del Governo Egiziano, rappresentino un’opportunità imperdibile per economie mature come quelle europee e, quindi, anche per il nostro Paese. Se i principali Supply Chain Top 25 dovessero porre quest’area al centro delle proprie scelte logistiche, allo sviluppo economico e produttivo dell’area seguirebbe anche un’importante rivoluzione delle attuali geometrie logistiche, con tutti i benefici che una situazione del genere comporterebbe. Nei prossimi anni occorrerà seguire con attenzione le scelte degli operatori e del mondo produttivo per capire se avremmo molto più vicino a noi non solo un’area ad avanzata capacità logistica, ma anche un vero e proprio nuovo mercato di primario interesse per gli operatori dello shipping. Il nostro sistema logistico e portuale dovrà farsi trovare pronto proseguendo nel percorso di riforme fino ad ora solamente abbozzato. Riduzione della burocrazia, ulteriore velocizzazione delle tempistiche di sdoganamento e banchine al lavoro h24 devono essere tra i punti principali del nostro piano di recupero competitività su scala internazionale. Solo così potremo sfruttare pienamente l’invidiabile posizione del nostro Paese quale piattaforma naturale protesa al centro del Mediterraneo. Piero Lazzeri Presidente Fedespedi
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Coinvolgere i giovani in tutta la catena logistica A
nche quest’anno Genova ospiterà per la seconda volta la “Genoa Shipping Week”, importante manifestazione centrata sul mondo dei trasporti, i suoi cambiamenti e le sue evoluzioni. Infatti, io che vivo in questo mondo da quasi ottant’anni, ho potuto vivere in prima persona tutti i passaggi, direi quasi dalla nave a vela ad oggi. Gli otto miliardi di abitanti del pianeta prentendono, con diritto, servizi, prodotti ed assistenza in tutto il mondo ed il trasporto marittimo continua ad essere il più adatto a far fronte a questi continui aumenti di richiesta. Navi sempre più grandi e Compagnie ADV Tirrenia Definitiva ADV Porto e Diporto.pdf 1 26/05/2015 15:37:18 di Navigazione sempre più articolate, specialmente per le prime cinque del
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mondo che ormai controllano più della metà del traffico. Alla settimana di Genova saranno presenti rappresentanti di tute le attività inerenti il nostro mondo e mi auguro sapranno farsi sentire e sapranno difendere “ciascuno la propria professionalità”. Le grandi Compagnie tendono ormai ad offrire un servizio completo (mare, terra, dogana, assicurazioni etc.) rischiando di svilire le singole attività di cui Genova è sempre stata fiera, non ultimo il secondo gruppo armatoriale mondiale ha comprato in questi giorni una delle più grandi Società di Spedizioni Italiane. Mi rivolgo quindi ai giovani perché continuino ad interessarsi al nostro
mondo dello Shipping, non limitandosi però ad un settore ma ampliando il loro panorama su tutta la catena, dal costruttore all’utilizzatore, poiché più si accresceranno le Compagnie, più necessiteranno al loro interno di gente che sappiano i particolari nei vari comparti, particolari vitali per soppravvivere. L’informatica non è la soluzione ma solo un aiuto! Il Propeller di Genova da molti anni ormai è diventato un faro nella nostra città per approfondire, discutere, presentare qualsiasi problema o nuova tecnologia. Mariano Maresca Presidente The International Propeller Club Port of Genoa
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Portare l’economia marittima italiana sotto i riflettori D
al pesto alla pizza. L’asse marittimo tra Napoli e Genova si consolida anche a tavola. Con il simbolo della cucina partenopea in trasferta sotto la Lanterna e protagonista, nell’ambito della Genoa Shipping Week, di una “special night” (giovedì, 17 settembre) riservata ai partecipanti di Port&ShippingTech. “Abbiamo voluto replicare l’esperienza dell’edizione scorsa, quando i colleghi genovesi portarono a Napoli il maestro del pesto - spiega Umberto Masucci, presidente dell’International Propeller Club - A Genova, come Propeller di Napoli, contraccambiamo con il maestro della pizza, Enzo Coccia, universalmente riconosciuto per il suo impegno nel trasformare questo piatto in una autentica eccellenza gastronomica. L’autentica pizza napoletana e il pesto alla genovese di Rober-
Mohamed Najib Boulif to Panizza rappresenteranno idealmente il gemellaggio tra le due capitali marittime del Tirreno”. Una comunanza di interessi che anche attraverso la valorizzazione, a tutti i livelli, di cultura, tradizioni e vocazioni guarda al Mediterraneo come fonte di opportunità per il futuro. In che direzione guarda la GSW? “Dopo la Turchia, Paese ospite dell’edizione scorsa, è il turno del Marocco. Una partecipazione che ha visto un forte impegno da parte del Propeller. Proprio durante una missione conoscitiva condotta nel mag-
Umberto Masucci gio passato nel paese nordafricano abbiamo consegnato al Segretario di Stato l’invito per la manifestazione. La risposta è stata più che soddisfacente, con la partecipazione ai lavori dell’ambasciatore del regno in Italia, Hassan Abouyoub, e del ministro con delega alle Infrastrutture, Trasporti e Logistica Mohamed Najib Boulif. Perché il Marocco? È un Paese molto interessante dal punto di vista della portualità e della logistica. Ha investito molto in questi settori e investirà ulteriormente in futuro. A testimoniarlo il successo di Tanger Med e la forte presenza di armatori italiani, conferma della vivacità degli scambi commerciali con la sponda Sud. Certo, la concorrenza nel transhipment con Gioia Tauro si fa sentire ma il confronto con una realtà così dinamica potrebbe rappresentare anche uno stimolo. In che senso? Non si tratta solo di costo del lavoro, che pure incide. Se confrontiamo dotazioni infrastrutturali, produttività e spazi a disposizione Gioia Tauro non è lontana in termini di competitività. La differenza sta nel fatto che Tanger Med è inserito in un sistema logistico che arriva fino a Casablanca, favorendo l’insediamento di attività industriali. È su questo punto, sulla capacità di attrarre i traffici, abbattendo burocrazie e lungaggini che il sistema italiano deve lavorare. D’altro canto se lo shipping nazionale ottiene risultati lusinghieri quando opera all’estero mentre sembra incepparsi in Italia è chiaro che bisogna intervenire sul gap infrastrutturale e or-
ganizzativo che ci divide dall’Europa. Soprattutto nel Sud Italia. Manifestazioni come la Shipping Week possono aiutare? Alla base di un evento del genere c’è la necessità, più volte sottolineata, di portare l’importanza dell’economia marittima sotto i riflettori. L’attenzione per il settore non è certo proporzionale all’importanza del suo peso sul Pil nazionale (2,6%). Da qui bisogno di portare avanti iniziative, incontri, dibattiti, specie in un momento in cui si attendono decisioni importanti da parte della politica. Come procede questo gemellaggio marittimo
Enzo Coccia Genova-Napoli? La collaborazione è vissuta bene tra i due cluster. Paradossalmente riescono a integrarsi proprio a causa delle differenze di fondo. A Genova c’è una certa prevalenza nell’ambito dei servizi, a Napoli nello shipping. Questo permette un buon equilibrio che si riflette nell’accordo di sei anni siglato tra Clickutility, Assagenti e Propeller di Napoli per l’alternarsi della sede della manifestazione tra le due città. Da parte nostra siamo già impegnati per la realizzazione delle prossima edizione, in programma dal 28 giugno al 2 luglio 2016. Giovanni Grande
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Melzo
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Propeller Milano ruolo attivo sull’asse Genova-Lombardia I
l mese di settembre sarà ricco di impegni per il mondo dello shipping e della logistica ed il Propeller di Milano sarà fra i protagonisti delle diverse iniziative che mobiliteranno i principali attori di questo settore durante la Genoa Shipping Week organizzata da Clickutility e Assagenti. Si inizia il 14 settembre in Assolombarda, con il convegno organizzato “Milano riscopre il suo porto - Perchè Genova è la scelta più conveniente per le aziende lombarde”. Il Presidente del Propeller Milano, Riccardo Fuochi terrà un intervento a ribadire che le infrastrutture e l’offerta logistica devono essere strettamente connesse alle necessità del mondo della produzione. Il tema è caro al Propeller meneghino da sempre, tant’è che già nel 2013 e nel 2014, il Club ha organizzato due momenti di incontro sull’argomento. Nello specifico se l’Italia vuole che il suo principale porto italiano possa giocare un ruolo da protagonista occorre attivare immediatamente azioni precise per portare a standard europeo l’infrastruttura ferroviaria di collegamento fra Genova e Novara e fra Genova e Milano affinché il porto di Genova possa proporre all’armamento l’utilizzo dell’inoltro ferroviario per almeno il 40 % e possa finalmente aspirare a catturare traffici aventi origine/destino a Nord delle Alpi. Se si provvederà a programmare gli
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Riccardo Fuochi interventi e si utilizzeranno gli impianti di Melzo, Mortara, Novara come hub di interconnessione per i traffici prodotti dal porto di Genova e destinati alla pianura padana ed al rilancio a Nord delle Alpi, non solo il porto della Superba potrà aspirare a concretizzare i progetti di sviluppo, ma potrà diventare il motore di incrementi di manodopera nelle aree di riferimento nell’ottica di diverse migliaia di individui. Il Presidente Fuochi sarà poi moderatore dell’evento “SMART PORT & LOGISTICS Corridoi logistici da e verso l ‘Europa un vola-
no per lo sviluppo del sistema marittimo e portuale” che si terrà a Genova giovedì 17 Settembre. Anche questo è un tema strategico per il mondo dello shipping e della logistica e sul quale Fuochi si è espresso in modo chiaro sostenendo come egli sia in piena sintonia con Assologistica che sostiene la validità e l’efficacia dei Corridoi. Sono le merci che definiscono le rotte e quindi è importante rendere sempre più competitive le nostre infrastrutture, gli snodi logistici e sburocratizzare il processo doganale il più possibile. Solo una maggior efficienza può attirare più traffici e quindi meno contenitori vuoti sulle banchine. Da imprenditore e spedizioniere, Riccardo Fuochi, che è anche Vice Presidente Fedespedi non è d’accordo con i colleghi che lamentano possibili danni e ritiene che l’approccio al problema debba essere moderno e in un ottica di mercato ed è favorevole a tutte le tecnologie che possono aiutare a superare i troppi vincoli burocratici che avvantaggiano solo i Paesi competitors. Questi i due principali momenti della Genoa Shipping Week in cui il Propeller Milano avrà un ruolo attivo, in vista poi del grande momento di ottobre che vedrà il sodalizio milanese organizzatore della XIV Convention Nazionale Propeller che si terrà a Milano dal 23 al 25 Ottobre. Stefania Vergani
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Alta qualità di assistenza anche in alto mare W
artsila, il colosso finlandese specializzato nella costruzione di sistemi di propulsione e generazione di energia per il settore marino e le centrali elettriche è presente da molti anni in Italia dove a Trieste è attivo uno stabilimento che è il più grande impianto per la costruzione di motori marini d’Europa. Wartsila Italia Spa, a Trieste produce non solo motori ad uso navale, diesel o “dual fuel” diesel/gas naturale, ma anche motori per generatori di centrali elettriche e per gruppi elettrogeni. Lungo la penisola si sviluppa anche una articolata rete di service. Ed è proprio del fondamentale servizio di assistenza ai clienti, in particolare quelli del settore marino, che parliamo con Pierfrancesco Cassandra, General Manager, Field Service SUIT con base a Trieste. “Prima di affrontare nel dettaglio le attività della nostra Rete Services, vo-
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glio ricordare che oltre al settore marino, operiamo anche nel settore degli impianti per la produzione di energia. Abbiamo ben undici centrali sotto contratto in Italia tra le quali anche quella di ENI Power a Bolgiano oltre alla principale stazione per la produzione di energia a Malta. Possiamo dire che nel settore marino proponiamo delle soluzioni integrate che coinvolgono sia i sistemi propulsivi che quelli generativi a bordo delle navi, partendo dalle eliche per arrivare ai riduttori, ai motori e ai gruppi elettrogeni a bordo nave. Seguiamo anche gli apparati per il controllo delle emissioni come il NOR (NOx Reducer), i catalizzatori per la riduzione degli Ossidi di Zolfo e i serbatoi criogenici per le navi alimentate a LNG, un carburante più “pulito” che sta rapidamente prendendo piede anche nel settore marino, nonostante nel Mediterraneo ci sia ancora una certa carenza di impianti dedicati”.
Pierfrancesco Cassandra Le attività di Services sono svolte anche grazie ad una rete di basi operative dislocate in varie regioni italiane. “Cerchiamo di essere quotidianamente
mondo. Ad oggi tra il personale tecnico per le trasferte e quello che invece opera nelle officine contiamo su circa 130 professionisti altamente specializzati”. Tecnici che, se necessario, raggiungono le navi bisognose di assistenza anche in navigazione, con elicotteri o rimorchiatori. I servizi di assistenza sono svolti sia per le navi cargo che per quelle passeggeri, da crociera e per i traghetti. In generale le attività riguardano motori con potenza installata superiore ai 2 Megawatt, fino a diverse decine di Megawatt. Si va quindi dai grandi motoscafi a tutti le tipologie di navi, ma anche ai motori e ai generatori installati su piattaforme offshore. Oggi la manutenzione si avvale di tutte le più moderne tecnologie disponibili ed è sempre più orientata verso la “on condition maintenance”. Enrico Marinelli responsabile della Base Operativa di Genova spiega: “Oggi è importante perseguire la massima efficienza durante tutto il ciclo di vita dei dispositivi installati: un uso più lungo e privo di inconvenienti contribuisce ad una massimizzazione dei profitti, che è l’obiettivo di ogni modello di business. Il nostro ruolo punta a ottimizzare le prestazioni e l’efficienza ambientale. Lo facciamo anche con il CBM (Condition Based Maintenance) che è parte del più ampio concetto
vicini ai nostri clienti non solo in Italia visto che la nostra area di competenza comprende anche i Paesi dell’area balcanica affacciati sull’Adriatico e Malta - spiega Cassandra - per cui abbiamo basi operative qui a Trieste, a Genova, Napoli. A queste tre basi si aggiunge Taranto che assieme a dei piccoli spazi operativi a La Spezia e Augusta si occupa delle navi della Marina Militare Italiana, con la quale abbiamo dei contratti per la gestione manutentiva delle principali navi, quelle che in queste settimane partecipano all’operazione Triton di soccorso dei migranti nel Mediterraneo tra Sicilia e Libia. Le attività si svolgono per una gran parte nelle nostre basi operative, ma naturalmente andiamo a bordo in qualunque porto d’Italia e del Mediterraneo dove una nave abbia bisogno del nostro intervento. La competenza dei tecnici italiani è molto apprezzata, per cui capita che siamo richiesti anche in altre aree del
Enrico Marinelli di Dynamic Maintenance Planning di Wartsila. CBM è un sistema di monitoraggio a distanza dell’impianto, sia esso a bordo di una nave che in una centrale di produzione di energia, che ci permette di introdurre sistemi di dynamic maintenance. Un nostro team di esperti, in base ai dati rilevati a distanza dai sensori installati sull’impianto, decidono se anticipare o posticipare una manutenzione programmata. Ultimamente abbiamo aggiunto anche il sistema di Digitalization, che consiste
nella registrazione e trasmissione dei dati e delle immagini delle operazioni effettuate, grazie alle riprese di una telecamera posta sul caschetto di protezione. Queste informazioni sono analizzate da un nostro team di esperti che a distanza supportano il nostro tecnico nelle attività da svolgere”. È interessante sottolineare l’estrema flessibilità nella modalità di intervento dei tecnici specializzati di Wartsila Services. Anche grazie ai “tools” che permettono di monitorare in tempo reale i
Rosario Varriale macchinari, è possibile decidere dove fare manutenzione: può essere in navigazione o nei centri di manutenzione. Rosario Varriale, manager responsabile del Centro di Manutenzione di Napoli racconta: “Ad esempio si può fare manutenzione in navigazione per i gruppi elettrogeni che sono sempre più di uno, perché tutte le infrastrutture vitali delle navi sono ridondanti, od operare anche sulle navi con più di due motori. Se ne mette fuori esercizio uno, e si opera sull altro: oppure lo possiamo fare in sosta, come avviene per le navi qui in porto. E’ il caso dei traghetti con la Sicilia che arrivano la mattina e ripartono la sera. La finestra temporale disponibile è limitata, appena sei ore, perchè il traghetto deve partire in orario e non possiamo certo far ritardare l’imbarco dei veicoli e dei passeggeri. Allora l’armatore ha deciso, in accordo con noi, di svolgere la manutenzione su una “linea cilindri” del motore alla volta. Si smonta un pistone, un cilindro, una testata, i pezzi vengono portati in officina, ispezionati, ricondizionati, che vuol dire praticamente riportarli a nuovo e poi rimontati”. Prestazioni quasi da un “pit stop” di gran premio automobilistico se pensiamo alle dimensioni e alla complessità dei macchinari interessati. Oltre alle operazioni di manutenzione standard, il cosiddetto overhauling, la base operativa di Genova dispone an-
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che di un reparto di reconditioning dove le parti usurate sono revisionate, riparate e riportate a nuovo. In particolare il reparto cromatura pistoni è considerato a livello europeo un eccellenza nel campo. Sempre a Genova il reparto Propulsion si occupa della riparazione dei truster delle navi. Napoli, anche per via degli spazi disponibili minori rispetto a Genova concentra la propria attività soprattutto nell’overhauling. “Non dobbiamo dimenticare due categorie di tecnici che non operano in officina ma a bordo - conclude Pierfrancesco Cassandra - che sono molto apprezzate a livello mondiale. Mi riferisco ai tecnici che operano nello Special Service Reconditioning, e intervengono sugli alberi motore che sono la parte più delicata della nave. Sono parti che possono soffrire per piccoli danneggiamenti o graffiature che ne compromettono il perfetto funzionamento. Parlo di alberi che hanno un regime di rotazione di 560 giri al minuto e contrappesi da 640 kg. I nostri tecnici riescono a ripararli a bordo: un intervento di questo genere permette all’armatore un risparmio anche di 150-200 mila euro. L’altra eccellenza è quella dei tecnici specializzati nella resinatura. Siamo gli unici in Italia abilitati con un apposito patentino ad installare i prodotti ITV
Philadelphia Resin, specifici per la coibentazione degli assi che collegano le eliche a tutta la parte propulsiva. Sono tre tecnici altamente specializzati e richiestissimi per le loro competenze. Infine ricordo che abbiamo un importante training center a Trieste, dove viene formato il personale Wartsila di tutto il mondo e del quale possono usufruire anche i nostri clienti, ad esempio quando viene fornito un motore nuovo del quale ancora non conoscono a fondo
le caratteristiche”. Grazie a queste eccellenze Wartsila Services è impegnata mediamente in quattro interventi al giorno, 365 giorni l’anno. Una attività fondamentale per tutti i servizi di navigazione, ma poco visibile se non dagli addetti ai lavori, nella quale ancora una volta emergono la capacità tecnologica e le competenze italiane nel campo della meccanica. Franco Tanel
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L’Accademia della Marina Mercantile festeggia 10 anni I
n questi giorni festeggerà i primi dieci anni di attività, ma fra i suoi “pari” è l’indiscussa decana. Stiamo parlando dell’Accademia della Marina Mercantile, fondata a Genova nell’autunno 2005: “L’Accademia è stata il primo istituto tecnico superiore nato in Italia, a testimonianza della lungimiranza di un settore che nel nostro paese è sempre stato avanti: solo una decina di anni fa, infatti, si è cominciato in Italia a pensare a come creare, in modo strutturale, figure dalla formazione tecnica elevata, parauniversitaria, che potessero rispondere alle esigenze di un’economia caratterizzata da un sempre crescente livello di complicazione tecnologica e specializzazione operativa” racconta a Porto&diporto il presidente dell’ente genovese Eugenio Massolo. Il settore dello shipping fu fra i primi a muoversi: “L’input arrivò dalla Provincia di Genova, ma subito furono coinvolti i principali soggetti istituzionali del mondo armatoriale, interessati alla creazione di un organo di formazione nuovo per l’Italia, dotato, pur rilasciando titoli riconosciuti dal nostro Ministero dell’Istruzione, di una propria autonomia e di una forte inclinazione al mondo dell’impresa, sul modello tedesco delle Alte Scuole dei Mestieri” prosegue Massolo. Ancora oggi, infatti, la Fondazione – la trasformazione da società consortile risale al 2011, quando furono istituiti per
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legge gli istituti tecnici superiori, sancendo che dovessero far appunto capo a delle fondazioni – annovera fra i suoi soci la Città Metropolitana di Genova, Assagenti e Confindustria Genova, l’Ateneo e l’Autorità Portuale locali, il CFLI (Consorzio Formazione Logistica Intermodale), il Collegio Provinciale Geometri e Geometri Laureati della Provincia di Genova, l’Istituto Nautico San Giorgio, il Consorzio Formazione Polcevera ma anche soggetti a carattere nazionale come Confitarma, Federpesca, Fincantieri, Fit-Cisl, RINA Training Factory, UCINA. In 10 anni, peraltro, il mondo dell’armamento è piuttosto mutato, non solo in Italia, a seguito della crisi economica del 2008. Ma ciò, come evidenziano le parole del presidente dell’Accademia, non ha che rimarcato il ruolo di una formazione specializzata: “Senz’altro in questi ultimi anni è diventato più difficile trovare imbarchi per i nostri iscritti, ma la domanda di formazione è rimasta inalterata e dal 2005 continuiamo a svolgere 5 o 6 corsi l’anno per un totale di 100-120 allievi. E non dimentichiamo che quello offerto dall’Accademia è un percorso molto selettivo, a numero chiuso e modellato sulle richieste espresse dall’armamento”. I risultati ex post registrati fra gli allievi di macchina e di coperta passati dall’Accademia sono per Massolo eloquenti: “In questi 10 anni non siamo
mai scesi sotto il 90% come tasso di occupazione fra chi ha seguito i nostri corsi, che, stando alle classificazioni ministeriali, sono fra i più efficienti. Il che ha un valore economico importante per la stessa Fondazione dal momento che i finanziamenti ministeriali (parte delle entrate degli Istituti Tecnici Superiori, le altre sono costituite da contributi regionali e, nel caso della formazione marittima, dal cosiddetto Fondo Nazionale Marittimi, alimentato attraverso la tonnage tax) sono proporzionali ai risultati occupazionali ottenuti. Ormai, inoltre, a 10 anni dall’apertura molti dei nostri iscritti sono diventati comandanti o direttori di macchina. E non solo in seno a compagnie italiane - continua Massolo - Se infatti la richiesta di allievi arriva quasi esclusivamente da società tricolori, l’alta specializzazione e l’esperienza via via maturata portano poi questi ragazzi ad essere ambiti a livello internazionale”. In Italia, addirittura, ci sono due compagnie che imbarcano esclusivamente allievi che abbiano frequentato l’Accademia: “Si tratta di Grandi Navi Veloci e di Costa Crociere, che, anche dopo aver spostato l’ufficio recruitment ad Amburgo, continua a rivolgersi al nostro istituto. Però tutte le maggiori compagnie italiane si rivolgono a noi e anche nel settore mercantile c’è chi imbarca quasi in esclusiva, penso ad esempio alla genovese Messina”. L’italianità del-
In primo piano Eugenio Massolo e Daniela Fara lo sbocco professionale offerto dall’Accademia (ma i corsi sono aperti a tutti i cittadini comunitari) non è casuale ed anzi fa in un certo senso parte della missione con cui è nata, volendo offrire all’armamento battente bandiera tricolore una forza lavoro altamente formata. Però non è certo concepita come un limite vincolante ed anzi in tal senso il recente raggiungimento di un’intesa fra associazioni datoriali e sindacati sul nuovo protocollo per l’imbarco degli allievi – sottoscritto a latere del nuovo Contratto Nazionale di categoria, firmato in estate – può avere secondo Massolo risvolti interessanti in termini occupazionali. “Imbarcare allievi italiani finora è stato molto costo. Il protocollo muta questa situazione, perché abbassa lo stipendio che l’armatore paga all’allievo, rendendo così più facile l’imbarco. Ma ciò non deve essere visto come un decremento delle condizioni lavorative per chi sceglie questo mestiere, perché l’accordo a cui si è arrivati non si riduce a questo, ma è decisamente innovativo e coerente con le leggi europee e cambia alla radice l’approccio alla formazione in ambito marittimo. Insomma, un diplomato del nautico può sempre scegliere di imbarcare subito, ma ora è chiaro che la strada maestra per divenire ufficiali passa per un percorso certificato ISO 9001, nel cui ambito si fa l’imbarco da allievo”. Non è tutto: “Il protocollo sottrae l’allievo alla norma-
zione prevista dal contratto di lavoro e ne fa un tirocinante a tutti gli effetti, con obblighi di formazione più stringenti per chi imbarca, che però è incentivato da una spesa minore. Per contro l’allievo ha la garanzia di una formazione di qualità, mirata ad un obiettivo preciso (diventare ufficiale), e della sua gratuità, che, per quanto riguarda i corsi dell’Accademia, vale anche per la residenza a Genova”. Il primo decennale, quindi, sarà festeggiato dal presidente dell’Accademia all’insegna della fiducia
nel futuro delle professioni marittime, “purché – conclude Massolo – maturi definitivamente, sia fra gli armatori che fra i lavoratori, la consapevolezza che questo mestiere si è fatto così complicato che per competere a livello internazionale, sia come compagnie che come marittimi, non sono più sufficienti i percorsi tradizionali. Per una professionalità di livello internazionale occorrono una robusta formazione e un altrettanto valido addestramento”. Andrea Moizo
L’Istituto Tecnico Superiore per la mobilità sostenibile “Accademia Italiana della Marina Mercantile” nasce nel 2005 su iniziativa della Provincia di Genova e dei principali soggetti del cluster marittimo nazionale con lo scopo di offrire alta formazione e training alle figure apicali del trasporto marittimo (in particolare gli Ufficiali) e per promuovere la ricerca e l’innovazione formativa nel settore. L’Accademia riceve finanziamenti, per la formazione degli Allievi Ufficiali, in larga parte provenienti dal Fondo Nazionale Marittimi - risorse derivate dai contributi provenienti dalle Società e Compagnie di Navigazione in base alla normativa “tonnagetax” - dal MIUR e dalla Regione Liguria, tutte realtà con cui opera in stretta sinergia. Nel 2008 è stata avviata la Sezione Internazionale dell’Accademia attraverso IMSSEA (International Maritime, Safety, Security & Enviroment Academy), mediante un agreement tra il Ministero degli Affari Esteri e l’IMO di Londra. Nel gennaio del 2011 è stata riconosciuta come Fondazione a partecipazione mista, a maggioranza pubblica, con la denominazione di: “Fondazione Istituto tecnico superiore per la mobilità sostenibile – Settori trasporti marittimi e pesca”. Dal 2013 è stato attivato il corso per “Geometri del Mare” che conduce a un diploma di Tecnico Superiore di Quinto Livello per l’innovazione e la qualità della casa e dell’edilizia in territorio costiero in grado di gestire le tematiche legate all’ambiente costiero, marino e fluviale, nel rispetto dell’ambiente e della sostenibilità degli interventi.
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Scelte non più rinviabili per la portualità italiana E
fficienza e competitività. Ovvero il fronte del porto visto dal lato mare. Ignazio Messina, Amministratore Delegato dell’omonima compagnia di navigazione genovese, è poco interessato ai modelli teorici. “Dal punto di vista armatoriale, il successo di uno scalo sta nella capacità di rispondere in tempi rapidi alle mutevoli esigenze operative. Non esistono formule magiche: piuttosto emerge la necessità da parte dell’intero sistema di compiere scelte non più rinviabili”. Un’impostazione pragmatica circa il futuro della portualità italiana che alla recente assemblea di Assoporti si è tradotta in una forte critica all’attuale organizzazione del servizio di rimorchio. Contro una normativa che fissa le tariffe a livello nazionale, Messina ha infatti denunciato un’incidenza sui costi complessivi di movimentazione tale da “mettere fuori mercato alcuni porti”, auspicando un sistema di servizi tecnico-nautici in cui Ap e Autorità Marittime possano godere di maggiore autonomia. Quale governance per la portualità italiana? I requisiti indispensabili per un armatore sono efficienza, competitività e tariffe concorrenziali. In presenza di questi elementi il modello di governance diventa secondario. In generale, non credo esista una formula vincente da applicare. Nel caso italiano, con la fine della spinta innovativa della legge 84/94, è necessario innanzitutto scegliere pochi porti su cui concentrare gli investimenti in modo selettivo. Sia perché non tutti gli scali possono inseguire il fenomeno del gigantismo navale, sia perché non si può prescindere dalla specializzazione dei traffici. Ci sono porti, nel settore strategico dell’ap-
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Ignazio Messina provvigionamento energetico, in cui le rinfuse liquide rappresentano la principale entrata per le Ap. Anche su queste banchine va garantita una corretta economicità degli approdi e un’infrastrutturazione adeguata alle caratteristiche delle unità impiegate. Le anticipazioni emerse sulla riforma portuale la soddisfano? Trovo utile la diminuzione del numero della Autorità portuali. Da questo punto di visto ho una visione ancora più radicale. Anziché partire dai 24 enti oggi esistenti per accorparli mi sarei chiesto: quante Ap, in realtà, servono per creare le economie di scala indispensabili per attrarre i traffici? È chiaro che anche solo basandosi sugli scali “core” individuati in ambito Ue non si risolvono tutti i problemi. Anche se non più sedi di Ap le banchine dei porti rimangono e vanno ottimizzate in una visione coerente. In questo senso centralizzare la programmazione è un altro segnale positivo ma le rinnovate competenze
del MIT devono essere supportate con una maggiore professionalizzazione del personale ministeriale che la spending review potrebbe ostacolare. Faccio riferimento alla mia esperienza in seno al Comitato portuale di Genova: la pianta organica dell’ente è bloccata rispetto alle nuove esigenze che richiedono maggiori risorse a disposizione. Nessuna critica? Manca a mio avviso la dovuta attenzione alla questione lavoro. Per intenderci, gli art. 16 e 17 della 84/94 sono ancora rispondenti alle esigenze del sistema? Nel corso di questi anni c’è stata un’applicazione “diversificata” delle norme a seconda della realtà specifica. Credo che si debba capitalizzare questa esperienza premiando le eccellenze. Ad ogni modo andrebbe tutelata la concorrenza poiché la rincorsa a chi è “più bravo” permette la crescita generale. Nel caso dell’automazione sulle banchine, ad esempio, quale approccio va seguito? La difesa dei livelli sociali può andare a discapito della competitività dell’offerta? La sua compagnia tornerà a fare scalo a Napoli? Nel breve periodo è da escludere. Napoli, come altri porti, rappresenta in negativo un caso di scuola: si è bloccato il meccanismo. Allo stesso tempo a Salerno, scalo che parte da una posizione infrastrutturale peggiore, abbiamo trovato le condizioni favorevoli alla nostra attività: un terminalista dinamico e competitivo e un’Ap in grado di rispettare le tempistiche delle opere promesse. Insomma, ci siamo sentiti clienti soddisfatti e non partner di un percorso con sempre più ostacoli, nella parte di chi deve contribuire a risolvere i problemi. Giovanni Grande
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Salerno Container Terminal si rafforza il trend positivo A
gostino Gallozzi, presidente del Gruppo Gallozzi e della Salerno Container Terminal, ha illustrato a PORTO&diporto il trend positivo che sta caratterizzando il porto di Salerno ed in particolare il settore contenitori. “In pratica abbiamo ripreso a correre dal 2013, le statistiche ci dicono che da quell’anno in poi la ripresa dei traffici è stata palese; nel 2012 abbiamo ancora sofferto di lavori in corso quando è stata fatta la prima trance dei dragaggi, ma è anche l’anno in cui di fatto avevamo il lato levante del Trapezio chiuso per lavori, quindi tra dragaggi e metà terminal chiuso è stato di fatto l’anno più difficile. Alla fine del 2012 si completa la prima parte del dragaggio e viene riconsegnata la banchina di levante con un pescaggio che ha consentito nel 2013 di avere 12 metri di pescaggio nave; il che significa in realtà, di essere in corso con altre strutture similari e così il 2013 ha visto entrare nel porto di Salerno navi dalla capacità di 4500/5000 teus. E questa è stata una prima svolta importante perchè poi di fatto in quell’anno abbiamo avuto una crescita del 31% e poi nel 2014 abbiamo avuto un’ulteriore crescita del 26%. Sono stati due anni molto importanti perché l’accesso della nostra struttura a navi da 5000 teus ci ha portati in una fascia, non più quella fino a 3000 contenitori, ormai navi feeder, ma in una fascia alta dove ci sono sia servizi mediterranei ma anche servizi transoceanici tipo ad esempio quello sul Canada o Stati Uniti. Allora come sono cambiati i traffici a Salerno? Possiamo dire che con questo primo step siamo entrati in un range di navi, come detto prima anche da 5000/5500 teus che è una dimensione ovviamente non da navi che effettuano servizio diretto sul Far East, ma una tipologia che ci ha consentito questo tipo di crescita con servizi tipo Hapag Lloyd, tipo Messina, servizi importanti, regional, quindi con scali diretti che si sono aggiunti ai tanti servizi mediterranei o feeder generando un mix di attività che premiano di fatto il porto e consentono alle nostre industrie di poter esportare in qualunque paese del mondo. In realtà il valore aggiunto di un porto non è quanto
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A gostino Gallozzi è grande, quanta merce movimento, che in effetti ciò è una conseguenza, ma quanti collegamenti internazionali riesco a mettere a disposizione ad un’area territoriale vocata all’esportazione. E poiché l’economia italiana ha ripreso proprio dalle esportazioni e Salerno è tradizionalmente un porto export-oriented, siamo nel cuore della produzione agro alimentare, queste combinazioni hanno favorito la crescita che è continuata anche nel 2015. Ma i lavori proseguono? Il 2015 ci vede nuovamente con più del 50% del Molo Trapezio fermo per lavori in corso, perché mentre nel 2012 fu bloccato soltanto un lato, quello levante, questa volta abbiamo bloccata la testata e il lato ponente, peggio del 2012 quindi. Malgrado ciò riusciamo a servire i nostri armatori, crescendo di un ulteriore 10% rispetto allo stesso periodo del 2014 grazie alla nostra capacità di essere sul mercato e di essere comunque efficienti dal punto di vista operativo. Il mix di queste condizioni fatto di più ampie aree internazionali collegate, attraverso un’offerta di servizi quanto più ampio possibili, una impostazione molto export-oriented, una possibilità di servire navi medio grandi che vanno su determinate destinazioni direttamente, tutto ciò crea il presupposto per rendere un sistema portuale attrattivo rispetto all’esigenza di esportazione del nostro territorio. Perché sono così importanti le esportazioni? Quando si parla di contrazione dei
traffici di alcuni porti si dovrebbe partire dall’analisi se il porto e orientato alle esportazioni o alle importazioni: l’export è l’affermazione del nostro Made in Italy nel mondo, l’import invece è legato all’andamento dei consumi interni e nel momento in cui si registra una forte contrazione di questi ultimi i traffici in entrata ne soffrono terribilmente: in questo caso non si può parlare di un porto capace o no di gestire i traffici, ma semplicemente in questi ultimi anni è andato bene l’export, è andato male l’import. Ma la capacità di sviluppo delle strutture portuali? La portualità e i traffici marittimi non possono prescindere dall’andamento dell’economia di un Paese e i piani in cui si immagina che i traffici portuali possano crescere in maniere esponenziale non tengono conto della capacità di esportare di più o di consumare di più. Nello specifico del nostro Paese è difficile immaginare un discorso generale come se tutto il paese avesse le stesse caratteristiche o le stesse capacità: abbiamo i porti di transhipment la cui operatività trascende dall’economia del territorio, e quindi la scelta della clientela sarà orientata sui costi, che ci vedranno in difficoltà nei confronti degli altri Hub mediterranei, mentre tra i porti tradizionali il Sud Italia non esprime grandi volumi di traffico sia import che export e Napoli e Salerno avranno insieme circa un milione di teus pari al 10% del totale nazionale. Quale è il rapporto porto città a Salerno? Partiamo dal fatto che Salerno ha la stesse caratteristica di molti porti italiani, quella di essere al centro della città, l’Italia è il Paese delle città, dei comuni, dei porti; la litania ricorrente è in Italia ci sono troppi porti, perdiamo per questo nei confronti del Nord Europa dove ci sono pochissimi porti ma grandissimi: ebbene io credo che è impossibile paragonare la portualità italiana a quella di qualsiasi altro paese europeo. Ad esempio la Germania ha un limitato fronte mare ma un vastissimo entroterra, esattamente il nostro contrario, poi, per estremizzare, se una persona nel porto di Amburgo si mette in punta di piedi, vede Monaco di Baviera, per dire che tra le due città esiste una pia-
nura che va dal Mare del Nord fino a quasi l’estremità meridionale della Germania, mentre i Italia se facciamo la stessa cosa vediamo subito montagne a ridosso del nostro sguardo. Questo per dire che confrontare il sistema portuale italiano con quello Nord europeo è un esercizio fuorviante, abbiamo montagne al centro lungo tutto l’asse della penisola e abbiamo una corona di montagne sulla testa, quindi i porti sono necessari punti di comunicazione per tutte le aree nazionali che altrimenti avrebbero enormi difficoltà nella comunicazione con le altre parti del Paese. Il lato negativo di questa situazione è che la crescita dei traffici genera colli di bottiglia e un impatto sul centro città non gestibile rendendo indispensabile dividere il traffico cittadino da quello, pesante, del porto. Salerno avendo a
ridosso le montagne deve togliere il disagio alla città del suo traffico, ma lasciare alla stessa città la ricchezza generata dalle attività portuali. L’uovo di Colombo la soluzione salernitana? Oggi l’afflusso e il deflusso al porto avviene su un viadotto con una corsia a scendere e una a salire di traffico promiscuo cittadino leggero e portuale pesante: domani il traffico del porto commerciale userà una galleria con due corsie a salire e una galleria con due corsie a scendere, rendendo agevole l’accesso ad aree retro portuali sulle quali sarà possibile delocalizzare attività che non trovano spazi in porto. Così facendo possiamo considerare il porto come un portale, non sarà sempre costretto a cementificare a mare per trovare nuovi spazi, ma potrà rivol-
gersi all’immediato retroterra dove gli spazi costano meno della realizzazione a mare e possono sviluppare in poco tempo la capacità attrattiva del porto. Cosa ne pensa delle zone franche? Sinceramente non sono un fautore di questo strumento che vede molto fredda anche la Comunità Europea; penserei a qualcosa di particolare, ad esempio ai cantieri navali, che ormai hanno perso un importante segmento di mercato a favore del Far East, grazie ai loro costi molto bassi, e allora perché non fare una zona franca nei cantieri di Castellammare di Stabia che consentirebbe un forte abbattimento del costo della nave, ritornando così su un mercato che ci ha visto storicamente primeggiare. Maurizio De Cesare
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Sardegna, perplessità su accorpamento scali R
egole certe e durature. “Perché vivere nel dubbio non aiuta a programmare in modo serio”. In procinto di partecipare alla Genoa Shipping Week, Giancarlo Acciaro, Past President degli Agenti Marittimi della Sardegna, si sofferma su alcuni punti cruciali riguardante il futuro dell’isola e del settore marittimo in generale. A partire dalla stretta attualità, con lo sbarco nel porto di Cagliari, nei primi giorni di settembre, di un numero sempre maggiore di immigrati. Cosa pensa di questa operazione? Dal punto di vista logistico credo sia stato fatto un lavoro ottimo. C’è stato un buon coordinamento tra Autorità portuale, istituzioni locali, armatori coinvolti. A dimostrazione di un sistema che, con il giusto grado di programmazione, è riuscito a rispondere in modo efficiente ad una emergenza che non può vederci indifferenti. Ciò che convince di meno sono alcune scelte nella distribuzione su un territorio che a sua volta sta vivendo una drammatica situazione economica. A cosa si riferisce, in particolare? I migranti sono suddivisi in modo proporzionale in diversi siti e strutture delle province. Ora, per le piccole aziende più in difficoltà, come nel caso di alcuni agro-turismi coinvolti nel programma di ospitalità, la soluzione dei rimborsi può rappresentare una boccata d’ossigeno. Ma non si può dimenticare la vocazione turistica generale di tutta l’isola. Senza contare che le mete finali di queste persone sono tutte continentali. Già in un caso il loro trasferimento a Porto Torres ha comportato un fortissimo ritardo nella partenza di un traghetto: una situazione da non sottovalutare per un territorio che dipende fortissimamente dai trasporti marittimi.
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Giancarlo Acciaro Può abbozzare un primo bilancio della stagione estiva? La situazione di crisi nell’Africa del Nord ha aiutato moltissimo un certo recupero delle presenze turistiche. Sia per quanto riguarda il settore passeggeri, sia per quello crocieristico. Su questo punto, però, andrebbe fatta una sottolineatura. Per sua natura le crociere rappresentano un fantastico biglietto da visita per l’attrattività del territorio ma producono poca ricchezza a causa dei tempi ristretti delle soste. Per quanto concerne le attività mercantili c’è da registrare una situazione sempre più drammatica. Con un sistema industriale praticamente collassato, con i processi di riconversione al turismo ancora al palo, è chiaro che la crisi dell’economia sarda si rifletta sulla vivacità delle banchine. In questa situazione cosa chiede alla riforma portuale? Personalmente mi lascia perplesso
la scelta dell’accorpamento degli scali isolani. In presenza di territori non omogenei le nuove Autorità portuali potrebbero correre il rischio di aumentare i livelli di burocrazia, peggiorando la situazione che si vorrebbe sanare. Piuttosto bisognerebbe puntare alla massima chiarezza e trasparenza nei processi amministrativi. La questione del rinnovo delle concessioni emersa nel porto di Genova ne è un esempio. Allo stesso tempo si pensi all’organizzazione del lavoro sulle banchine dove, soprattutto nelle realtà portuali mediopiccole, i diversi profili individuati dagli articoli 16 e 18 possono distorcere la concorrenza tra aziende. Come porvi rimedio? E’ necessario puntare su regole certe e durature. Sono le condizioni che rendono possibile programmare e perseguire l’eccellenza nei servizi. Ognuno, dall’imprenditore agli organi di controllo, devono assumersi le proprie responsabilità. Ma occorre farlo in fretta. Mentre ci balocchiamo tra le diverse versioni della riforma, altrove nel Mediterraneo i porti concorrenti, da Malta al Marocco, si stanno rafforzando. Il discorso vale anche per la situazione della Sardegna? A maggior ragione. Si considerino, ad esempio, le due principali esigenze del nostro settore turistico: ricettività e allungamento della stagione. Da oltre venti anni le parti politiche si stanno scontrando sui nuovi Piani Regolatori secondo modalità che poco hanno a che vedere con la concretezza dei problemi da affrontare. La mancanza di certezze normative rende sempre più difficile programmare seriamente. E questo significa offrire servizi meno efficienti alla potenziale clientela. A tutto vantaggio della concorrenza. Giovanni Grande
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p&st / porto&diporto
Una palestra per i giovani di YoungShip Italia L’
importante appuntamento annuale del cluster marittimo nato dalla fusione di due eventi internazionali, Port&Shipping Tech e Shipbrokers and Shipagents Dinner, riunirà nel capoluogo ligure per la Genoa Shipping Week, esperti, operatori e rappresentanti delle istituzioni, che potranno confrontarsi sui temi più scottanti dell’economia marittima. Lo scorso anno l’evento ha registrato la presenza di oltre 5 mila ospiti provenienti da 40 nazioni per partecipare ai 20 eventi a calendario. All’appuntamento non potevano quindi mancare i giovani di YoungShip Italia, l’associazione under 40 dei professionisti del mare. “Siamo orgogliosi di partecipare anche quest’anno alla manifestazione organizzata da Assagenti e da Click Utility – dichiara la Presidente di YoungShip Italia Simona Coppola - Si tratta di un evento grazie al quale i nostri associati potranno approfondire argomenti importanti per il mondo marittimo, confrontandosi con diverse realtà nazionali ed internazionali, scambiare idee e progetti sfruttando ogni occasione di crescita e di networking che l’evento è in grado di offrire.” Sono infatti molte le iniziative culturali, le conferenze e gli incontri che si
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svolgeranno nei vari luoghi della città. A partire da Palazzo San Giorgio che sarà il fulcro della manifestazione e che, assieme alle strutture congressuali dell’Acquario di Genova, ospiterà conferenze e incontri. “I trasporti marittimi sono da sempre volano di progresso e innovazione – continua Simona Coppola - e i giovani professionisti del mare devono stare al passo con il nuovo che avanza. Ogni giorno i nostri associati devono cimentarsi su argomenti in continua evoluzione come le nuove tecnologie, i nuovi mercati intesi come aree di sviluppo per cluster marittimo e logistico nazionale, i progetti all’avanguardia per l’ottimizzazione della logistica portuale, la riduzione dell’impatto ambientale del trasporto marittimo e dei porti, lo sviluppo delle città portuali, le infrastrutture, gli strumenti finanziari, le nuove frontiere delle crociere e la promozione turistica delle città portuali e della costa, la security e la safety. Tutti argomenti che troviamo nel nutrito programma della manifestazione, trattati dai maggiori esperti dei diversi settori.” Per fare un esempio, i giovani che vorranno dedicarsi alle professioni del mare potranno seguire le sessioni dedicate alle Autostrade del mare, ai traf-
fici nel Mediterraneo, alla safety, alla sicurezza, un tema che sarà analizzato durante il Med Security Summit, la Conferenza Internazionale sulla sicurezza portuale e marittima. Per non dimenticare la formazione, sia scolastica che professionale, che verrà trattata in occasione delle celebrazioni del decennale della Fondazione dell’Accademia Italiana della Marina Mercantile. “Come associazione abbiamo deciso di partecipare all’evento che si terrà da Eataly nel cuore del porto antico della città il prossimo 17 settembre a partire dalle ore 19,30 – conclude Simona Coppola - portando un contributo musicale alla serata perché i giovani devono farsi “sentire” ed a gran voce. Partendo dal Genoa Shipping Week programmeremo i prossimi eventi. Continueranno i nostri appuntamenti nei porti italiani, affronteremo temi di interesse in tema di trasporto marittimo e non soffermandoci sull’analisi delle realtà dei porti che andremo di volta in volta a visitare sempre con l’intento di comprendere quali sono le potenzialità da sfruttare, quali le criticità da superare e soprattutto le occasioni per i giovani che vogliano dedicarsi all’economia del mare”. Alessandro Talini
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p&st / porto&diporto
Cresce una nuova necessità di sicurezza nei commerci C
on il ritiro della Marina Militare dalla scena dell’antipirateria, il ruolo delle compagnie di sicurezza marittima diventa fondamentale. La difesa delle imbarcazioni diviene presupposto dei privati dunque, anche se le navi da guerra della Nato continuano ad aggirarsi nelle acque ad alto rischio. Negli ultimi tempi, l’allarme è aumentato ai massimi livelli. Solo sul territorio europeo si vive in un continuo stato di minaccia, dettato principalmente dal pericolo dei fondamentalisti islamici. Senza parlare poi del conflitto ucraino che, sempre in sordina, continua a gravare sullo scenario internazionale. Se sulla terraferma la tensione diventa palpabile, le linee immaginarie di confine tra noi ed aree di crisi come Libia, Egitto o Tunisia diventano inavvicinabili. Non è un caso che i servizi di informazione e sicurezza britannici abbiano lanciato l’allarme Isis proprio in riferimento al Mar Mediterraneo. Secondo gli 007 inglesi, infatti, dalle coste del Maghreb potrebbero partire le imbarcazioni dell’Isis. L’obiettivo principale, secondo il rapporto, sarebbero le imbarcazioni di lusso. Nelle altre High Risk Area, in particolare nell’Oceano Indiano e nel Golfo di Guinea, lo scenario è ancora peggiore. Innanzitutto, bisogna considerare che l’affermarsi dello Stato Islamico ha
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stravolto lo scenario delle organizzazioni terroristiche in tutto il globo. Questo perché, a differenza di Al Qaeda, non si tratta più di un’organizzazione chiusa ed elitaria, ma di un grande gruppo terroristico con aspirazioni da Stato-Nazione. In effetti, stando a quanto hanno fatto negli ultimi mesi, è impossibile negare che ci stiano riuscendo. L’Isis oggi può contare su una vasta rete di sostegno, che va dalle coste occidentali dell’Africa fino ad arrivare ai gruppi jihadisti in Estremo Oriente. Non solo legami idealistici, ma anche importanti partnership commerciali. Ovviamente, le organizzazioni di cui si parla sono a loro volta, nella maggior parte dei casi, bande criminali, che ricoprono i campi più disparati. Dal traffico di armi e droga alla pirateria, fino ad arrivare alla tratta di esseri umani. In questo scenario si pone G7 International, società associata a Univ e quindi a Federsicurezza. Nata come agenzia di sicurezza marittima per assicurare il libero commercio nei mari più pericolosi del mondo, si conferma come una delle più importanti nello scenario italiano. Ex militari super-addestrati, equipaggiamento di ultima generazione, regole d’ingaggio non derogabili e disciplina ferrea. Tutto questo ispira e porta avanti il lavoro della società italiana. Forte di un cospicuo gruppo di operatori, provenienti dai corpi d’élite
dell’Esercito e della Marina Militare, G7 è preparata a servire in qualunque tipo di ambiente. Sicuramente, se si dovesse viaggiare in Iraq o in Congo, ci si sentirebbe molto più al sicuro con uno di questi uomini al fianco. Se si deve assicurare la protezione di una struttura, è preferibile essere assistiti da professionisti che abbiano una certa familiarità con piani di evacuazione, risk assessment ed ambienti ostili. G7 sembra proporsi come azienda di sicurezza a tutto campo. Tra i campi di cui si occupa, anche quello dell’addestramento e della formazione. Grazie ad accordi in via di perfezionamento con il Ministero della Difesa, l’agenzia si è offerta di formare il personale, dal punto di vista sia pratico che teorico, alla cosiddetta “sicurezza sussidiaria”. Si prevedono, infatti, corsi per Maritime Security Operator, agente per la sicurezza portuale, aeroportuale e ferroviaria. E questo solo sul territorio italiano. Il modo di concepire la sicurezza sta piano piano cambiando. Molti paesi hanno già capito che le compagnie di sicurezza private possono portare a vantaggi non indifferenti. E anche l’Italia, un passo alla volta, sta tentando di seguire l’esempio dei propri alleati. Speriamo solo non ci voglia troppo tempo. RedMar
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p&st / porto&diporto
Sicurezza in mare formazione dei marittimi
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a sicurezza in mare, tema a cui non a caso è dedicata una ampia sessione della settimana dello shipping genovese data la sua enorme importanza, non può che partire dal fattore umano e dagli uomini di mare. Il personale navigante e la sua formazione sono un tassello fondamentale della sicurezza della nave e del trasporto marittimo. I naviganti devono avere il sale nel sangue, come usano dire molti di loro, ma oltre alla passione, una buona formazione fa un buon marittimo. La competenza dei marittimi è l’elemento più critico nel sicuro ed efficace funzionamento delle navi ed ha un impatto diretto sulla sicurezza sia della vita in mare che dell’ambiente marino. Disciplina organica dei modelli di addestramento è riportata nella Convenzione Internazionale sugli standard di addestramento, abilitazione e tenuta della guardia per i marittimi, nota anche come Convenzione STCW ’78 o semplicemente STCW (Standards of Training, Certification and Watchkeeping for Seafarers), Convenzione Internazionale adottata il 7 luglio 1978 dall’IMO (Organizzazione Marittima Internazionale) che, dopo essere stata modifica una prima volta nel 1995, ha
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subito una ampia gamma di revisioni nel 2010 dalla Conferenza di Manila. I corsi di addestramento per i marittimi sono disciplinati da ciascun Paese membro dell’IMO sulla base dei Model Courses elaborati dalla stessa Organizzazione Marittima Internazionale. Entrata in vigore in Italia con legge n. 739 del 21 novembre 1985 la Convenzione è stata più volte reinterpretata e aggiornata attraverso strumenti legislativi interni. E’ di recentissima pubblicazione, e per questo merita un breve commento in questa sede, il D. Lgs. 71/2015 pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso giugno (GU Serie Generale n.133 del 11-6-2015) in “Attuazione della Direttiva 2012/35/UE, che modifica la Direttiva 2008/106/CE, concernente i requisiti minimi di formazione della gente di mare richiamando i dettami della Convenzione di Manila”. Il decreto in parola, atto dovuto e, per la verità, arrivato con un po’ di ritardo rispetto alle attese, è rivoltoai lavoratori marittimi italiani, ai lavoratori marittimi di Stati membri dell’Unione Europea ed a quelli di Paesi terzi titolari di un certificato rilasciato da uno Stato Membro dell’Unione Europea, che prestano servizio a bordo di navi battenti bandiera
italiana adibite alla navigazione marittima. Ai sensi della normativa in parola si intende per “lavoratore marittimo” ogni persona che svolge, a qualsiasi titolo, servizio o attività lavorativa a bordo di una nave che ha ricevuto una formazione ed é in possesso di un certificato di competenza o di un certificato di addestramento o di una prova documentale (art. 2lett. e). Ai sensi dell’articolo 3 del Decreto, il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto è l’ente competente in materia di personale marittimo e delle relative qualifiche professionali, regolamentazione dei corsi di addestramento e certificazione degli enti di formazione e di addestramento del personale marittimo, gestione del sistema informativo della gente di mare. Sono esclusi dalla normativa i marittimi: delle navi militari o destinate al trasporto truppe o altre navi di proprietà o gestite dagli Stati che siano utilizzate esclusivamente per servizi governativi non commerciali; navi da pesca; unità da diporto non adibite a traffico commerciale; imbarcazioni di legno di costruzione rudimentale.
Relativamente all’addestramento dei marittimi, esso viene disciplinato ai sensi dell’articolo 123, primo comma, del codice della navigazione ed è oggetto di appositi corsi, il cui svolgimento può essere affidato a istituti, enti e società ritenuti idonei ed autorizzati con provvedimenti dell’Autorità competente di cui all’articolo 3, comma 2. In caso di affidamento a istituti, enti e società le qualifiche e l’esperienza degli insegnanti e degli esaminatori saranno disciplinati ai sensi dell’articolo 10, comma 1 che prevede che le Autorità competenti vigilino affinché l’esperienza di istruttori ed esaminatori, sia conforme a quanto previsto alla sezione A-I/8 del codice STCW. Le suddette Autorità competenti regolamenteranno, con uno o più decreti, in conformità con requisiti e le opzioni previste dalla Convenzione STCW: i programmi, le procedure e le commissioni d’esame per l’ottenimento del certificato di competenza, del certificato di addestramento e delle prove documentali; i programmi, le procedure e le commissioni d’esame per l’addestramento dei lavoratori marittimi che richieda appositi corsi; i programmi, comprensivi anche della materia sulla sicurezza del lavoro, e le modalità di svolgimento dei corsi, che includono i metodi di insegnamento, le procedure ed il materiale scolastico occorrente per conseguire i livelli di competenza prescritti secondo quanto previsto dall’annesso alla Convenzione STCW e delle corrispondenti sezioni del codice STCW; la composizione quantitativa e qualitativa del corpo istruttori ; la composizione quantitativa e qualitativa delle commissioni innanzi alle quali l’allievo sosterrà l’esame oralepratico alla fine del corso. Il decreto specifica poi le caratteristiche dei Certificati di competenza, certificati di addestramento e convalide (art. 6) e richiede fra i Requisiti della formazione (art.7) che quest’ultima sia impartita in forma adeguata alle conoscenze teoriche ed alle abilità pratiche richieste nell’allegato I, anche per quanto concerne l’uso dei dispositivi di salvataggio atti a contrastare gli incendi. Nei confronti dei marittimi che hanno iniziato un servizio di navigazione riconosciuto, un programma di istruzione e formazione riconosciuto o un corso di formazione riconosciuto prima del 1° luglio 2013, le Autorità competenti possono continuare a rilasciare o prorogare fino al 1° gennaio 2017, certificati di competenza e convalide. In ogni caso, qualora la normativa non venga rispettata ed entro il 1 gennaio 2017 la formazione e la certificazione
dei marittimi non sia adeguata a quella prevista dalla normativa europea come attuata da quella nazionale, sono previste delle sanzioni di non poco conto. La Compagnia di Navigazione o il Comandante della nave che ammette a far parte dell’equipaggio un lavoratore marittimo che non abbia ottenuto i certificati prescritti è soggetto, infatti, alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 70.000 per ciascun lavoratore marittimo. Una sanzione amministrativa pari alla metà degli importi su indicati è prevista in caso di violazione dell’obbligo di regolare tenuta dei certificati. Qualora inoltre il comandante o l’armatore consentano l’esercizio di una funzione per la quale è richiesto il certificato ad un lavoratore marittimo privo dello stesso ovvero privo della dispensa di cui all’articolo 17, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.500 a euro 40.000 per ciascun lavoratore marittimo. Ulteriori sanzioni sono previste all’articolo 23. Come emerge chiaramente dalla lettura del Decreto ivi commentato esso è solo il primo tassello di quanto neces-
sario affinché i dettami della Direttiva UE 2012/35/UE vengano implementati nel territorio nazionale mancando i decreti applicativi che parrebbe il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasportisarà nelle condizioni di emanare entro la fine del corrente anno. Solo dopo questo necessario passaggio, che potrebbe anche comportare delle modifiche a quanto previsto nel decreto n. 71 del 2015, lo Stato Italiano potrà adeguarsi realmente ai dettami della Convenzione di Manila così come emendata nel 2010. Qualora i decreti attuativi venissero pubblicati entro la fine dell’anno, il 2016 fungerebbe da anno di transizione per adeguarsi alla normativa europea in tema di formazione della gente di mare, e ci si auspica possa essere un periodo sufficiente a permettere l’organizzazione dei corsi di addestramento e l’espletamento dei medesimi nonché l’ottenimento delle certificazioni richiamate nel decreto onde evitare di incorrere nelle ammende che saranno previste improrogabilmente dal 1 gennaio 2017. Studio Legale Garbarino Vergani
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shipping / porto&diporto
F.lli Morandi: professionalità e passione per il mare
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a società F.lli Morandi nasce ad Ancona nei primi anni del secolo scorso quando Gustavo Morandi, assieme ai suoi fratelli, diede avvio all’attività di agenzia marittima e di spedizioniere. L’impresa in pochi anni divenne agenzia di riferimento nel mondo armatoriale, riuscendo ad affermarsi su scala internazionale. Nel secondo dopo guerra, l’agenzia ha continuato a crescere con Corrado Morandi ma è grazie al forte spirito imprenditoriale di Renato Morandi (padre degli attuali responsabili dell’azienda Andrea e Chiara), che il gruppo rafforza la propria posizione di mercato, rappresentando prestigiose compagnie di navigazione sia nei passeggeri (come la Superfast Ferries) che nel cargo (in primis MSC - Mediterranean Shipping Company, primo vettore container nel porto di Ancona). Nel 2013 l’impresa ha festeggiato i primi 100 anni di attività e, nonostante ciò, guarda ancora al futuro con determinazione e con la stessa passione che ha contraddistinto i fondatori. Oggi,
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come detto, l’azienda è guidata dai figli di Renato, Chiara e Andrea, ed è proprio quest’ultimo che offre una panoramica dettagliata sulla dimensione del gruppo: “In questo periodo – spiega Andrea Morandi - l’azienda conta oltre 60 dipendenti e il gruppo è diversificato in tutti i servizi connessi ai traffici marittimi sia di passeggeri sia di merci. Pertanto i nostri collaboratori sono specializzati nelle diverse professioni chiave”. Il gruppo F.lli Morandi è formato da cinque aziende di proprietà (Morandi & C., Maugeri Trasporti, Maritransport, ASE e Webtours) e ha una partecipazione nell’agenzia marittima Le Navi Ancona (joint venture con Le Navi Spa). Lo staff è composto da circa 60 collaboratori, un head office da 700 mq, magazzini coperti per 3.000 mq, area depositi di 5.000 mq, sette camion, una gru mobile, tre reachstacker per la movimentazione dei container, sei tugmaster e mezzi vari per le merci in magazzino. Il fatturato 2014 è stato di 11 milioni di euro, realizzati attraverso una gamma di servizi che vedono Morandi,
con i suoi vari brand, impegnato come agente marittimo, spedizioniere, broker doganale, operatore di terminal, gestore di trasporto intermodale e agenzia di viaggi/tour operator. Le attività della F.lli Morandi sono concentrate prevalentemente nelle Marche e più nello specifico nel porto di Ancona che Andrea Morandi descrive così: “Il porto di Ancona, in posizione strategica al centro dell’Adriatico, è uno scalo flessibile e ‘veloce’ per quanto riguarda l’entrata e l’uscita delle navi; tuttavia sconta una cronica distanza dai collegamenti stradali. Infatti l’ingresso autostradale più utilizzato dai camion, quello di Ancona Nord, si trova a circa 16 km dalle banchine, e costringe i mezzi pesanti ad attraversare tutta la città, con le prevedibili conseguenze in termini di tempi, inquinamento e condizioni del manto stradale. Da qui l’esigenza di migliorare la viabilità con la realizzazione di un nuovo casello, quello di Ancona Ovest, che colleghi direttamente la A14 con il porto e per cui tutti gli operatori spingono da anni. È
un’opera indispensabile per lo sviluppo dello scalo: ora siamo il primo porto per passeggeri e merci imbarcate sui traghetti, pensate che solo per la Grecia imbarchiamo 120 mila unità tra camion e trailer”. Di positivo, invece, c’è il clima nel capoluogo dorico che si avverte cambiato, grazie anche a una buona sintonia fra Comune, Autorità Portuale e Regione Marche. “Il terreno è fertile – prosegue Morandi - per favorire un maggior confronto con chi il lavoro lo fa davvero perché quando si parla di porto bisogna coinvolgere gli operatori per capire fino in fondo le loro esigenze e dunque quelle degli armatori che rappresentano. Bisogna farlo sempre in modo sistematico, evitando di ragionare per silos e per urgenze. L’economia portuale resta l’attività principale per Ancona e ha bisogno di una visione unitaria e concreta, senza perdere altro tempo. Bisogna dunque accelerare e lavorare su progetti il più possibile integrati, che favoriscano in via prioritaria il rinnovo e completamento delle infra-
strutture, lo sviluppo dell’intermodalità, il recupero del waterfront alla città con lo spostamento dei traghetti fuori dal porto storico”. Il numero uno della F.lli Morandi presenta anche un caso operativo concreto: “La nuova banchina 26 di 300 metri è finalmente disponibile con il completamento del dragaggio a -10,5 metri ma uno sviluppo significativo dei traffici sarà possibile con il successivo dragaggio a -14 e con l’ulteriore avanzamento della banchina a 1000 metri lineari”. Uscendo dalla realtà locale dorica e volgendo lo sguardo al più ampio panorama portuale nazionale, il giovane amministratore delegato della F.lli Morandi mette in evidenzia il fatto che all’interno del bacino del Mediterraneo transita il 19% del traffico mondiale di merci, una quota in continua crescita. Tra il 2000 e il 2013 i transiti di navi dal Canale di Suez sono più che raddoppiati, con una crescita media di circa l’8% all’anno e continueranno a crescere con il recente raddoppio del canale. “Crisi economica e tensioni politiche – prosegue Andrea Morandi - in molti dei paesi dell’area Med non hanno comunque intaccato la centralità di tale area per il commercio mondiale. Tuttavia i traffici si stanno ridistribuendo e in particolare l’accresciuta competitività dei porti del Sud Mediterraneo costituisce una sfida per l’efficienza del nostro sistema della portualità. I porti hub della sponda Sud (con particolare riferimento a Tanger Med) guadagnano costantemente quote di mercato a discapito dei porti europei e italiani. Dunque è fondamentale che il progetto di riforma dei porti
ci aiuti a vincere tale sfida, anche se finora non entusiasma, soprattutto per quanto riguarda Ancona”. Nel mirino dell’imprenditore marchigiano c’è soprattutto il rischio che l’Autorità portuale dorica venga inglobata da qualche altro ente vicino: “L’ipotesi di un accorpamento del porto dorico con realtà come Venezia, Trieste e Ravenna non credo sia per nulla favorevole, si tratta di quattro realtà troppo diverse tra loro, anche distanti geograficamente: ognuno di questi porti rischia di perdere la propria specificità e punti di forza. Inoltre l’autonomia dell’Autorità portuale di Ancona serve per dare allo scalo un volto nuovo in tempi ragionevolmente rapidi e certi”. La priorità individuate per il rilancio del porto sono principalmente tre: “Occorre ridar vita alla zona della fiera della pesca, da anni in disuso, con la costruzione della nuova stazione marittima parallelamente a uno spostamento progressivo dei traghetti verso la nuova darsena e dunque fuori dal porto storico. Occorre poi ricucire la relazione a volte tormentata tra porto e città: quello del nuovo waterfront di Ancona è un tormentone che va avanti da trent’anni ma il recupero del porto storico e la vicinanza dello scalo al centro cittadino potrebbero davvero essere un fattore di sviluppo sia per noi operatori portuali che per la città, anche in termini turistici. Infine serve sviluppare l’intermodalità per cui lo scalo ferroviario va rivisto in funzione delle esigenze operative (rapidità di accesso, binari adeguati e ampi spazi di deposito)”. Nicola Capuzzo
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infrastrutture / porto&diporto
D’Agostino: tracciare nuova rotta per il porto di Trieste A
lla guida dell’Autorità Portuale nel ruolo di Commissario Straordinario dal 24 febbraio di quest’anno, incarico prorogato di altri sei mesi proprio nelle scorse settimane e che potrebbe poi trasformarsi in presidenza, Zeno D’Agostino traccia una nuova rotta per lo scalo triestino. Gli obiettivi sono rafforzare il ruolo di porto a livello internazionale con un occhio di riguardo al Centro- Est Europa, e, allo stesso tempo, una più profonda integrazione col sistema logistico regionale. Il tutto partendo da azioni concrete, apparentemente minori rispetto ai grandi progetti infrastrutturali, ma fondamentali per ottimizzare una catena logistica complessa, della quale il porto è un anello strategico, ma la cui efficienza è condizionata da molte variabili, dai collegamenti a terra fino alla chiarezza del quadro amministrativo e regolatorio. Ma il Commissario vuole anche fare il punto dei traguardi ottenuti fino ad oggi dal porto giuliano. “Quando sono arrivato qui a Trieste mi sono subito reso conto che lo “stato dell’arte” è molto buono – spiega D’Agostino - e che forse l’attività del
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Debora Serracchiani, Ulrike Andres (Presidente SIOT) e Zeno D’Agostino al tavolo della firma di rinnovo della concessione demaniale Porto a livello nazionale è poco conosciuta nelle sue eccellenze. Siamo il primo porto italiano per tonnellate complessive movimentate, 57 milioni. Prevengo subito l’obiezione: ma di questi 57 milioni 42 sono petrolio greggio e poche altre rinfuse liquide. Quasi che
essere il primo porto petrolifero del Mediterraneo sia qualcosa di secondario: io dico invece che questo risultato importantissimo è frutto della visione strategica sviluppata ancora negli anni ‘60 da SIOT e dall’Autorità Portuale grazie alla quale oggi il 100% del greggio de-
stinato alla Baviera, il 40% di quello di tutta la Germania, il 100% di quello per l’Austria e il 40% di quello per la Repubblica Ceca passano di qui e non dai porti del Nord Europa”. L’ altra tipologia di traffico specifica di Trieste è il ro-ro. “Grazie alle attività di Samer e di EMT del Gruppo Parisi le relazioni con la Turchia marciano a pieno ritmo con una crescita in questi primi mesi del 2015 del 40%. Sono circa 25.000 al mese le UTI, nella quasi totalità semirimorchi non accompagnati, che transitano dal nostro porto da e per Austria, Germania e Lussemburgo - sottolinea D’Agostino che precisa - Il 70% di questi semirimorchi viaggia su ferrovia e direi anche che quando parliamo dei volumi di merci movimentate dal porto di Trieste queste 297.000 UTI/anno del traffico ro-ro andrebbero aggiunte agli oltre 500.000 TEU del traffico contenitori. Cambia appunto, il contenitore, ma sempre di merci non accompagnate e inoltrate con soluzioni intermodali si tratta”. Intermodale vuol dire ferrovia e la questione ferroviaria è una delle partite più delicate da mettere a punto per migliorare l’efficienza del Porto. D’Agostino ha già preso alcune importanti decisioni. “Premesso che quest’anno il Porto movimenterà quasi 5000 convogli, e che alcuni terminalisti come ad esempio Parisi, inoltrano già il 75% dei container via ferrovia, siamo l’unico porto italiano ad avere regolari relazioni intermodali verso l’estero. Alcune di queste relazioni erano dei “company train”: abbiamo lavorato in modo che già da oggi questi treni sono diventati “aperti” e possono trasportare anche container di terzi con un vantaggio per tutti. Detto questo i problemi, soprattutto a livello di infrastruttura e di manovra, ci sono. Anche qui siamo interve-
nuti ottenendo un primo risultato, iniziando a eliminare la doppia manovra, in porto e nella stazione RFI di Campo Marzio. Dal primo agosto RFI ha lasciato ad Adriafer (l’impresa ferroviaria portuale ndr) uno dei tre turni di manovra a Campo Marzio. Entro ottobre Adriafer prenderà in carico anche gli altri due. Avremo benefici in termini di capacità, tempi e di costi con un taglio che noi stimiamo attorno al 35%”. Intanto è comunque partita la procedura di privatizzazione di Adriafer attualmente al 100% di AP con un invito per una manifestazione di interesse al quale hanno risposto tre soggetti: Serfer del Gruppo FSI, InRail l’impresa ferroviaria privata che già opera in Regione, e un ATI composta da Rail Traction Company, Rail Cargo Austria, Ferrovia Udine - Cividale e i terminalisti del Molo VII e VI, cioè Tmt, Parisi e Samer. “Stiamo intervenendo anche sul piano del ferro: l’Autorità Portuale sta investendo 2,5 milioni di euro per la manutenzione straordinaria dei binari all’interno del sedime portuale, ma soprattutto il CIPE ha assegnato prima di Ferragosto a RFI 22 milioni di euro, che si aggiungono ai 28 già stanziati per ammodernare l’impianto di Campo Marzio. Tra le altre cose i binari saranno portati a 750 metri e automatizzati tutti gli scambi”. Sul fronte infrastrutture, con il via libera al progetto del Ministero dell’Ambiente, atteso per i primi di settembre, partiranno davvero i lavori della Piattaforma Logistica aggiudicata al raggruppamento di imprese composto da Parisi, Interporto Bologna, Icop Costruzioni e Cosmo Ambiente, un investimento da oltre 130 milioni di euro. “Ma soprattutto abbiamo l’approvazione definitiva del nuovo Piano Regolatore Portuale - sottolinea D’Agostino - il primo in Italia ottenuto con una procedura di VIA e VAS integrata. Ma a parte questo, avere il via libera al Prp è un fattore competitivo molto importante. Vuol dire poter dare certezze
sulle procedure ai privati, soprattutto i gruppi stranieri, che vogliono investire nel Porto. Per quanto riguarda le opere previste, sicuramente le prime saranno l’ampliamento del Molo VII, soprattutto adesso che Bruxelles ha archiviato la procedura di pre-infrazione che riguardava, ricordo sia il terminalista Tmt, che Siot e Teseco, e il nuovo terminal ro-ro alle Noghere. Poi arriveranno il “tombamento” tra il Molo V e il Molo VI e il prolungamento del Molo Bersaglieri alla Marittima”. Il nuovo Prp conferma anche i piani per il recupero del Porto Vecchio. Lo scorso 9 luglio è stato firmato l’accordo per la sdemanializzazione delle aree del Porto Vecchio che passano al patrimonio del Comune ed è stata definito il nuovo confine con quelle che rimangono al demanio marittimo. Il prossimo passo è lo spostamento del Punto Franco del Porto Vecchio operazione sulla quale D’Agostino rivela alcune ipotesi interessanti: “E’ una area di 500 mila mq. che sto pensando di spostare non in un altra zona del Porto, ma di trasferire fuori dall’ambito portuale. Potrebbe essere a Fernetti o a Prosecco, o nell’area delle Noghere vicino a Muggia. Dobbiamo ancora decidere, l’idea è quella di favorire così l’insediamento nel Punto Franco anche di attività manifatturiere e industriali. Ma comunque lo faremo entro ottobre”. Un passo che va anche nella direzione di una maggiore integrazione con le altre infrastrutture logistiche della Regione. “Si tratta di creare delle connessioni funzionali ad esempio con Cervignano o Pordenone - ragiona D’Agostino - ad esempio i treni che proseguono per Austria e Germania potrebbero fare uno stop anche lì. Un ‘altra idea è quella di utilizzare queste aree come retroporto con dei treni shuttle che le colleghino alle banchine. Non c’è dubbio che bisognerà lavorare per una maggiore sinergia con queste strutture”. Franco Tanel
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economia / porto&diporto
a recente ratifica dell’accordo tra Italia e Hong Kong per l’eliminazione delle doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali può rappresentare un importante incentivo per l’ingresso delle imprese italiane nei mercati asiatici. Le previsioni di un consistente aumento degli scambi commerciali tra i due Paesi, con l’ex possedimento britannico come ulteriore trampolino di lancio verso la Cina, aprono interessanti finestre di opportunità per il made in Italy. Ma il contesto amministrativo friendly non è condizione sufficiente. Specie nel caso di aziende medio-piccole. Per conquistare una delle aree economiche più effervescenti del pianeta servono determinazione, progettualità e una conoscenza approfondita del contesto e delle sue regole. PORTO&diporto ne parla con Stefano De Paoli, Invest Promotion Executive per l’Italia di InvestHK, l’agenzia della Regione Amministrativa Speciale di
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Hong Kong per il supporto alle imprese. Quali servizi offre InvestHK? Siamo un’agenzia governativa, no profit, fondata nel 2000, la cui sede italiana è a Milano. Il nostro compito è affiancare gli imprenditori interessa-
ti a sviluppare i loro progetti ad Hong Kong. Forniamo sostegno a tutti i tipi di imprese, con una gamma di servizi personalizzati che coprono ogni fase di sviluppo del business: dalle informazioni sugli aspetti imprenditoriali all’assistenza nelle fasi insediamento e avvio delle attività, fino alla consulenza nei processi di espansione. Perché investire a Hong Kong? E’ la capitale del business asiatico, in una posizione strategica che ne fa
la porta di accesso alla Cina. Le condizioni imprenditoriali sono ottimali: infrastrutture di prima qualità, ridotta imposizione fiscale, burocrazia ridotta all’osso. C’è liberta assoluta di circolazione di merci e capitali. Ma quello che conta di più è il suo carattere ibrido. Hong Kong non è solo una città cinese che gode di uno statuto speciale. Il modello di vita è quello tipicamente occidentale, la lingua ufficiale è l’inglese e i modelli di business condivisi agevolano la possibilità di accesso e di confronto con mercati poco conosciuti. Questo ovviamente ne fa anche un posto in cui la competizione è molto dura. Quali sono i settori d’interesse per l’Italia? L’eccellenza del made in Italy: moda, lusso, prodotti di qualità. Ma anche la logistica e i trasporti. Dove c’è merce da trasportare nasce l’esigenza di servizi efficienti. E se nel mercato cinese strade e magazzini abbondano, manca
Hong Kong, porta sulla Cina per il Made in Italy
il know how, l’investimento tecnologico. È qui che si aprono spazi enormi per le imprese italiane: non bisogna limitarsi alle sole rappresentanze commerciali ma puntare su un’offerta strutturata. Negli ultimi anni si è registrato anche un certo interesse per il food and bavarage. Un fenomeno che ha registrato un aumento delle aziende che offrono prodotti italiani. E che ha evidenziato certe deficienze tipiche della struttura imprenditoriale italiana. Cioè? Aziende per lo più a conduzione familiare e con scarsa propensione ad espandersi all’estero. Se Starbuck, con un prodotto tipicamente italiano come il caffè, monopolizza il mercato è lampante la necessità di dover trovare nuovi modelli organizzativi, improntati a un maggior rischio imprenditoriale. A Hong Kong, spesso, il food and beverage italiano poggia su investimenti stranieri. E laddove potremmo raggiungere posizioni di leadership, come nelle produzioni vinicole, siamo surclassati dalla concorrenza che riesce a “fare
sistema”. Le maggiori potenzialità di sviluppo? Per il mercato interno soprattutto il settore meccanico e robotico. La Cina, in particolar modo, ha bisogno di tecnologia. Si riesce a produrre macchinari a costi competitivi, certo. Ma il livello qualitativo ne risente. Non è un caso che Hong Kong punti decisamente a favorire l’insediamento di aziende specializzate in Information Technology. Con il Science Park e il Cyber Park, rispettivamente dedicati allo sviluppo di hardware e software, sono stati insediati due incubatori per start up che mettono a disposizione, a prezzi concorrenziali, infrastrutture, attrezzature e laboratori di grande qualità. Una scelta lungimirante che stringe ulteriormente i legami con Shenzhen, la capitale cinese dell’hardware. Come è cambiata Hong Kong negli ultimi anni? La fine del protettorato inglese ha favorito maggiormente la penetrazione commerciale di altri Paesi. Per il resto Hong Kong ha confermato il suo essere punto strategico da e verso la Cina. Quando Pechino ha deciso l’apertura agli investimenti stranieri, ad esempio, vi sono stati trasferiti subito i servizi di call center e di banche dati. A dimostrazione di una integrazione naturale tra i due territori che sta trasformando gradualmente le strutture dell’area metropolitana. Si pensi solo al flusso enorme (45 milioni ogni anno) di turisti cinesi interessati allo shopping che plasmano in modo massiccio la composizione della domanda. I negozi che prima
Stefano De Paoli vendevano tecnologia occidentale oggi sono stati sostituiti da quelli che offrono prodotti cosmetici, a causa del giro di vite imposto in materia dal governo cinese. Un fenomeno che ci riporta ad una delle difficoltà maggiore dell’imprenditoria italiana. Quale? In un contesto in continua evoluzione la capacità di programmazione diventa un elemento imprescindibile. Ed è una virtù che in molti casi manca. Non basta più solo il coraggio di misurarsi in un contesto competitivo, l’attrazione di una fiscalità moderata o la partecipazione a una fiera di tre giorni. Le opportunità di business ci sono tutte ma bisogna conoscere a fondo le regole del gioco. I servizi di InvestHK servono proprio a questo. Giovanni Grande
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge n.96/2015 è stato ratificato l’accordo contro le doppie imposizioni tra Italia e Hong Kong del 14 gennaio 2013, sulla base del Modello di Convenzione fiscale dell’OCSE. L’intesa, per quanto riguarda Hong Kong, si applica all’imposta sugli utili, all’imposta sui salari e all’imposta sulla proprietà; per l’Italia trova applicazione con riferimento all’IRPEF, all’IRES e all’IRAP. Tra le disposizioni la risoluzione delle situazioni di “dual residence” delle persone fisiche e delle persone giuridiche. La nuova disciplina si inserisce in una serie di 32 accordi analoghi firmati a livello internazionale e punta a favorire Hong Kong quale giurisdizione di riferimento per gli investimenti italiani in Asia al fine dell’insediamento delle società (holding e subholding). Tra le sue conseguenze la possibile rimozione del Paese dalla “black list” italiana. Con un sistema di tassazione su base territoriale le persone fisiche e giuridiche, residenti e non residenti in Hong Kong, sono soggette ad imposizione solo per la parte dei redditi che vi sono stati prodotti. Non sono previste ritenute sui dividendi e gli interessi corrisposti da società residenti ad imprese non residenti. Le royalties corrisposte ad imprese estere (non correlate) sono soggette ad una ritenuta del 4,95%, che sale al 16,50% in caso di pagamento tra soggetti correlati. non sono previste imposizioni sui capital gains.
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icd / porto&diporto
Quinta edizione del Forum della crocieristica italiana S
i svolgerà a Civitavecchia venerdì 2 e sabato 3 ottobre p.v., presso gli spazi della locale Autorità Portuale, la quinta edizione di Italian Cruise Day, il forum di riferimento per l’industria crocieristica italiana ideato e organizzato da Risposte Turismo quest’anno in partnership con Porti di Roma e del Lazio. Come sempre un primo giorno di incontri e dibattiti seguito dalla mattinata dedicata al career day. Come per le precedenti edizioni tenutesi a Venezia (2011), Genova (2012), Livorno (2013) e Napoli (2014), anche quest’anno sono attesi oltre 300 operatori in rappresentanza delle principali compagnie armatoriali, delle realtà portuali, dei tour operator, degli agenti di viaggio, e, più in generale, dei diversi soggetti coinvolti nella filiera dell’industria crocieristica nazionale. Ad aprire il forum, quest’anno, unitamente ai saluti di benvenuto da parte delle Autoritá Locali, saranno due interventi tecnici di grande interesse, cui seguirá la presentazione dei dati principali di Italian Cruise Watch, il rapporto annuale di ricerca sul settore crocieristico in Italia curato da Risposte Turismo, contenente i dati più aggiornati sul traffico crocieristico negli scali nazionali tra cui, in particolare, le previsioni di chiusura 2015 e le prime stime per il 2016. Molto atteso un keynote speech a cura di CLIA, l’associazione internazionale delle compagnie di crociere che sostiene Italian Cruise Day, cui seguirá la prima sessione dedicata allo stato dell’arte e alle prospettive della crocieristica in Italia, a cui parteciperanno esponenti di vertice delle compagnie di crociera più attive in Italia e dei principali terminal passeggeri. Nel pomeriggio i lavori riprenderanno
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Francesco di Cesare con la seconda sessione che metterà al centro le reali potenzialità di crescita della domanda italiana, chiedendo ai relatori di esprimersi sul possibile raggiungimento di una quota pari a 2 milioni di clienti, provando a capire se si tratta di obiettivo conseguibile o meno. La terza sessione che chiuderà il programma di questa edizione sposterà il focus sull’offerta. Italian Cruise Day 2015 sará anche l’occasione di ascoltare i responsabili di alcuni dei terminal aderenti all’iniziativa la Casa dei Porti Crocieristici Italiani in conferenze stampa ad hoc dedicate a presentare ai giornalisti e agli operatori i risultati ottenuti, gli investimenti effettuati e i progetti in essere. L’edizione 2015 di Italian Cruise Day vedrà anche la consegna del Premio di Laurea ICD (1.000 euro) e del Premio di Laurea Assoporti (500 euro), riconoscimenti conferiti, rispettivamente, all’autore della miglior tesi di laurea dedicata alla produzione e/o al turismo crocieristico e alla portualità crocieristica. Nella mattinata di sabato 3 ottobre,
Italian Cruise Day si concluderà con Carriere@ICD, l’unico career day in Italia dedicato ai giovani desiderosi di intraprendere un percorso professionale nel comparto crocieristico. Saranno 50 i giovani selezionati dalla segreteria organizzativa dell’evento tra tutti coloro che hanno inviato la propria candidatura entro lo scorso 15 luglio che potranno incontrare i referenti risorse umane di alcune aziende del comparto per una serie di colloqui one to one. Il career day si inserisce all’interno di Spazio Giovani, l’insieme di iniziative e di attività che Risposte Turismo ha scelto di dedicare anche quest’anno a giovani e studenti di cui fanno parte anche i citati Premio di Laurea ICD e Premio Assoporti. “Italian Cruise Day - ha dichiarato Francesco di Cesare, Presidente di Risposte Turismo - giunge alla quinta edizione e sbarca a Civitavecchia confermandosi come l’appuntamento da non mancare per chi opera o ha l’obiettivo di operare nel comparto in Italia. Lo scenario sta cambiando, anzi è già cambiato: ci troviamo a passare da una fase espansiva ad una nuova in cui è necessario lavorare e non dare più nulla per scontato”. “La formula di ICD – ha proseguito di Cesare - si caratterizza da sempre per un attivo coinvolgimento di tutti i delegati partecipanti e dunque la possibilità non solo di ascoltare ma di confrontarsi sulle ultime tendenze, le dinamiche, i processi produttivi e le prospettive future dell’industria crocieristica in Italia, un settore che negli ultimi anni ha dato un importante contributo all’economia nazionale. Appuntamento dunque a Civitavecchia il 2 ottobre per ragionare assieme su come garantire solidità al comparto nel nostro Paese”. RedMar
infrastrutture / porto&diporto
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icd / porto&diporto
Civitavecchia, le ragioni di un successo italiano C
ivitavecchia da ultima fermata prima della Sardegna è diventata il primo porto nel Mediterraneo ed il quinto nel mondo per le navi da crociera, con 2,1 milioni di passeggeri in transito nel 2014 e punte di 45mila passeggeri al giorno. E, secondo le stime, crescerà ancora di più: nel 2015 quasi 840mila crocieristi sono transitati nel primo semestre con un incremento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e 1144 navi di cui 303 da crociera; a fine anno saranno 2 milioni 350mila, +10% solo nel settore crocieristico. Non meno importanti le autostrade del mare: a Civitavecchia operano quattro grandi compagnie (Tirrenia, Grimaldi, Moby e GNV) che offrono più di un collegamento giornaliero per la Sardegna, Palermo, Barcellona e Tunisi. Anche in questo caso le stime sono positive: nel 2014 circa 1,5 milioni i passeggeri transitati nello scalo laziale, nel 2015 si arriverà a 2 milioni grazie alle politiche di riduzione dei prezzi. Il vecchio porto farà la sua parte: circoscritto dalle mura di Papa Urbano VIII e dagli antichi mercati di Traiano, è diventato uno dei Marina Yachting più affascianti al mondo. Anche per questo Civitavecchia è il porto di riferimento per il turismo in Europa, dove lo sfidante principale rima-
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Pasqualino Monti ne Barcellona, con cui Civitavecchia si contende, da anni, la leadership nel numero dei crocieristi nel Mediterraneo. Il porto laziale è sempre più un hub internazionale scelto da quasi quattro turisti su dieci come base di partenza e/o arrivo. Nel 2014 sono passati per Civitavecchia circa 2,2 milioni di crocieristi, il 90% dei quali è sceso per un’escursione a Roma o dintorni, almeno per una notte. In media, ogni nave che attracca genera, sul territorio, una
ricaduta di 268mila euro ed una spesa media a persona di 78 euro; a Roma, un soggiorno di almeno tre notti e una spesa media che va dai 129 ai 178 euro. Insomma, gli enormi benefici del turismo crocieristico si ripercuotono soprattutto sull’indotto e, infatti, nel 2014 il fatturato del porto, solo in questo settore, è stato di 51,3 milioni mentre sul territorio ha superato i 400 milioni. Per il Commissario Straordinario dell’Autorità Portuale Pasqualino Monti, la sfida è sui servizi di accoglienza. A ottobre i principali armatori del settore (Costa, Msc e Royal Caribbean), avvieranno la realizzazione del nuovo terminal crociere con un investimento di 20 milioni di euro entro il 2016. «Il porto non è più una speranza – dice Monti – ma una realtà. A giugno 2016, poi, sarà ultimata la nuova darsena e inizieranno i lavori per il terminal container, ma anche per le nuove banchine ed i parcheggi». Nel frattempo è aumentata l’attività commerciale: «Il porto è in gran fermento – spiega Monti – arrivano senza sosta Jeep e 500X dalla FCA di Melfi per imbarcarsi per Halifax e Baltimora; sono circa76mila le auto che, nel primo semestre del 2015, sono partite alla volta degli Stati Uniti sulle navi della Grimaldi». Italo Merciati
PORTO DI NAPOLI CUORE MEDITERRANEO AMANTE DEL TURISMO.
AUTORITĂ€ PORTUALE DI NAPOLI
Il Porto di Napoli viene indicato nello Speciale Crociere 2015 al terzo posto in Italia nel settore del turismo crocieristico, proseguendo la sua forte ascesa per numero di crocieristi, attracchi e approdi. Servizi avanzati, strutture innovative, efficiente organizzazione, lo rendono il cuore pulsante del turismo Mediterraneo.
www.porto.napoli.it
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icd / porto&diporto
Trieste Terminal Passeggeri al centro la qualità dei servizi
T
rieste Terminal Passeggeri S.p.A. è una realtà in continua crescita che sta consolidando la propria presenza sulla scacchiera dei porti crocieristi italiani. Il terminal triestino è diventato nel corso degli ultimi anni una vera e propria destinazione che viene scelta per la qualità dei servizi prestati e per le innumerevoli opportunità di visite turistiche che Trieste offre agli ospiti delle navi da crociera.
L’Amministratore Delegato della Società giuliana, Franco Napp, conferma che Trieste sta attraendo sempre di più l’interesse da parte degli armatori delle navi da crociera. Comparando i dati del periodo gennaio – luglio 2014 e con quelli del 2015, risalta il fatto che gli ospiti delle navi da crociera sono quasi quintuplicati nel giro di un anno. Durante la stagione 2105, oltre alla presenza di Costa Crociere, per la qua-
le il terminal funge da home port per la Costa Mediterranea, hanno più volte fatto scalo a Trieste anche la Cunard, la Thomson e la Sea Cloud ed una volta, peraltro in più giorni di overnight, la The World. Il terminal a partire da quest’anno, a seguito dell’approvazione del nuovo piano di security, ha potuto offrire ai propri clienti la possibilità di scalare Trieste in turn around con due navi contemporaneamente presenti all’ormeggio. La prima storica doppia toccata si è svolta con grande successo il 18 luglio 2015 quando la Costa Mediterranea e la Queen Victoria, hanno impreziosito con la loro presenza le banchine della Trieste Terminal Passeggeri S.p.A. Il terminal crociere è cresciuto anche in fatto di infrastrutture. Il nuovo dolphin, realizzato nella primavera 2015 dall’Autorità Portuale di Trieste in tempi record, consente ora alle navi lunghe 300 metri di ormeggiarsi in assoluta sicurezza. Altri importanti investimenti miglioreranno ulteriormente l’accoglienza delle grandi navi da crociera e consentiranno di incrementare ulteriormente l’arrivo dei crocieristi a Trieste. Degno di menzione in tal senso è il fatto che si sta concludendo l’iter amministrativo che permetterà alla Società di realizzare il già progettato nuovo finger. Le prenotazioni per il 2016 oltre alle conferme di Costa Crociere, Cunard, Thomson e Sea Cloud, vedranno presenti sulle banchine della Trieste Terminal Passeggeri anche Carnival, con la toccata inaugurale della Carnival Vista, P&O, Regent, Oceania, Saga e Star Clipper. La Trieste Terminal Passeggeri in un’ottica di continua crescita ha recentemente scelto di aderire alla Cruise Lines International Association (CLIA) al fine di poter svolgere la propria attività di lobby unitamente ai vertici delle compagni di navigazione leader mondiali nel settore della crocieristica. La presenza in CLIA, peraltro come Diamond partner, ha inoltre consentito alla Società di poter partecipare ai più grossi eventi mondiali della crocieristica facendo ancor di più conoscere la destinazione Trieste. Stefano M;eroggi
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icd / porto&diporto
Crescita costante delle crociere a Salerno
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razio De Nigris è una molla sotto carica. Tra telefonate a ritmo sostenuto, disposizioni ai collaboratori e ricognizioni sulle banchine il CEO di Salerno Stazione Marittima SpA sovrintende l’ennesimo sbarco di turisti nel nuovo Polo crocieristico della città campana. Ligio alla massima di Mark Twain secondo cui “Il miglioramento continuo è meglio della perfezione in ritardo”, cura puntigliosamente tutti i dettagli delle operazioni. Siamo ai primi di settembre e la stagione crocieristica salernitana è ancora lontana dal chiudersi. In una breve pausa ne tracciamo un primo, provvisorio bilancio. Qual è lo stato di salute delle crociere a Salerno? Direi ottimo. Per la prima volta nello scalo si registreranno ben 120 toccate con 400-500 imbarchi settimanali per MSC e un altro centinaio per l’arrivo, ogni 11 giorni, di Costa Crociere. Lo stesso numero di passeggeri dovrebbe registrare un discreto incremento rispetto all’anno scorso a causa dell’arrivo di unità più grandi come MSC Armonia, ogni venerdì fino a ottobre, e Costa Neo Riviera e Neo Romantica. A questo vanno poi aggiunti tutti gli scali di altre compagnie che si protrarranno fino al 31 dicembre con una serie di crociere speciali per le festività natalizie e di fine anno. La stagione, è questa la novità maggiore, si è allungata. Negli scorsi anni chiudeva i battenti nei primi giorni di novembre. Questo significa più turisti in città? C’è stato un aumento delle presenze straniere in special modo nel periodo ferragostano. Ovviamente nel periodo invernale, complice le condizioni meteo favorevoli, tipiche dell’area, e manifestazioni di grande successo come
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Orazio De Nigris “Luci d’artista”, ci aspettiamo un certo numero di turisti in giro per le strade cittadine. Perché? Fino a poco tempo fa il traffico crocieristico e quello commerciale dividevano gli stessi spazi. Da quest’anno l’uso esclusivo della nuova banchina dedicata permette ai crocieristi di raggiungere a piedi, in tempi brevissimi, il centro storico. Il non dover attendere più tempi lunghi per scendere a terra permette una maggiore fruibilità della città, con un forte giovamento anche da parte del commercio. Non a caso siamo stati più volte contattati per mettere a punto una serie di iniziative promozionali per le attività che si svolgono sul territorio. Un’esigenza che in parte abbiamo già coperto con l’uso della tecnologia. In che modo? Salerno Stazione Marittima ha lanciato un’app, disponibile per tutte le piattaforme, che fornisce tutte le informazioni con relativa geolocalizzazione
dei servizi disponibili in città. Oltre una serie di itinerari storici, culturali, commerciali, sincronizzati con il tempo di sosta della nave in porto. E per un maggior coinvolgimento del territorio interno? Ci stiamo muovendo anche in quella direzione. Si tratta in sostanza di allungare i tempi di sosta per rendere possibili escursioni in siti di grande interesse come ad esempio Paestum. Di questo stiamo discutendo con MSC cui abbiamo proposto, per cominciare, un posticipo di due ore delle partenze. Una decisione che se da un lato inciderebbe sui costi operativi, con il maggior consumo di carburante per raggiungere la tappa successiva, dall’altro arricchirebbe ulteriormente l’esperienza offerta alla clientela. Manca solo la ciliegina della Stazione Marittima? Stando alle ultime notizie l’opera dovrebbe essere completata in ottobre. Poi ci sarà da attendere la gara di aggiudicazione della concessione cui abbiamo intenzione di partecipare con una compagine imprenditoriale forte e professionale. L’obiettivo è quello di poter garantire standard di qualità elevati e prezzi per passeggero competitivi. Da questo punto di vista l’entrata in funzione della Stazione concepita da Zaha Hadid diventa strategica, il completamento necessario di un Polo in grado di offrire a compagnie e passeggeri tutto ciò di quanto lo stato dell’arte ha bisogno. D’altro canto, per lavorare in questo settore bisogna implementare sempre di più i propri servizi. Come diceva Henry Ford, “Avere un’idea, è un’ottima cosa. Ma è ancora meglio sapere come portarla avanti”. Giovanni Grande
aziende / porto&diporto
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s&law / porto&diporto
Shipping & Law mette Napoli al centro del Mediterraneo
di portare le giornate di lavoro a due, dopo il “potenziamento” pienamente riuscito con il workshop pre-conferenza dell’edizione 2014. Quest’anno nella prima sessione si parlerà del settore bancario. Quanto al resto, siamo ancora al lavoro per offrire una succes-
L’
incontro con l’avvocato Francesco Saverio Lauro avviene mentre la sesta edizione di “Shipping and Law in the recent and current markets” (15-16 Ottobre, Napoli) sta concretamente nascendo. Unico rappresentante della famiglia a
Francesco Saverio Lauro non seguire la vocazione armatoriale, il marittimista che ha guidato per primo l’Autorità portuale di Napoli segue personalmente lo sviluppo della sua creatura. Nello “studio – boutique” – la definizione è sua e sottolinea la natura da artigianato di pregio con cui identifica l’attività professionale – cura in tempo reale i contatti con i relatori, le tematiche da affrontare, le novità da proporre nella meticolosa costruzione del programma. Facendo leva su uno schema consolidato “la qualità delle presenze, innanzitutto” che ha permesso a S&L di crescere anno dopo anno, riunendo a Napoli il meglio del cluster marittimo nazionale e internazionale. “Quando è iniziata questa avventura non potevo immaginare in quale direzione si sarebbe sviluppata – spiega - Si tratta di uno sforzo non indifferente: in fondo organizzare eventi non è il nostro lavoro. Tuttavia siamo stati costantemente premiati dai risultati, riuscendo a restituire il lato positivo di una città alle prese con una delle sue fasi storiche più difficili”. Un obiettivo perseguito a cominciare dalla preferenza per location suggestive, capaci di far emergere “la storia, la cultura, la tradizione di una delle capitali del Mediterraneo”.
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Villa Pignatelli, Santa Chiara, Donnaregina. Quale scelta per il 2016? Stiamo completando le ultime formalità per ottenere un gioiello del seicento napoletano ed europeo. La chiesa ottagonale del Pio Monte della Misericordia, la stessa che custodisce le “Sette Opere di Misericordia” del Caravaggio: un capolavoro assoluto dell’arte pittorica commissionato per la fondazione filantropica nata più di quattro secoli su iniziativa dei rampolli di sette famiglie aristocratiche partenopee. Il palazzo, inoltre, offre una importante raccolta di opere realizzate, tra gli altri, da Ribera, Giordano, Pitloo, Stanzione. Senza dimenticare “La Liberazione di Pietro” di Battistello Caracciolo, da annoverarsi tra i vertici del naturalismo napoletano. Inoltre, sarà organizzata per i nostri ospiti una visita alle varie collezioni del Museo Civico “Gaetano Filangieri”, insediato nel quattrocentesco Palazzo Como e attualmente chiuso al pubblico. Ci saranno novità nel programma? Insieme agli apprezzamenti sono venute anche le critiche che abbiamo accolto con spirito costruttivo. L’anno scorso, in particolare, è stato lamentato un calendario troppo fitto, con eccessivi sforamenti nei tempi assegnati per gli interventi. Da qui la decisione
Emanuele Grimaldi sione di temi, lungo l’intero arco della manifestazione, non eccessivamente sbilanciata sul versante propriamente commerciale o giuridico. Quali saranno gli argomenti affrontati? Uno spazio importante sarà dedicato all’emergenza umanitaria legata alle grandi migrazioni dalla costa meridionale del Mediterraneo verso l’Europa. Un tema di strettissima attualità che influenzerà gli scenari geopolitici dell’area nei prossimi anni. Come da tradizione, saranno analizzati le principali questioni legate al settore marittimo: l’ampliamento del Canale di Suez, i trend del mercato dei noli e delle costruzioni marittime, l’innovazione tecnologica, l’evoluzione del quadro normativo in materia di sicurezza e di inquinamento. Ampio spazio anche alle tematiche finanziarie e assicurative, alla ristrutturazione del debito delle imprese marittime, alle più recenti decisioni arbitrali e giurisprudenziali. Segnalo, tra le altre iniziative in programma, la presentazione di un paper dedicato al rapporto tra intermediazione e arbitrato e un’interessante approfondimento sul diritto commerciale italiano, con i passi avanti compiuti nell’ambito della legge fallimentare.
Chi parteciperà alle discussioni? Posso limitarmi in questo momento ai soli nomi confermati: Emanuele Grimaldi, presidente di Confitarma, Thomas Rehder, presidente dell’ECSA (European Community Shipowners’ Associations), i due vicepresidenti dell’ICS (International Chamber of Shipping), John Lyras, già presidente degli armatori greci ed europei, ed Esben Poulsson, presidente degli armatori di Singapore. E poi: Efthimios Mitropoulos, già segretario generale dell’IMO (International Maritime Organization), il giurista svedese Mans Jacobsson, già direttore dell’Oil Pollution Limitation Fund, Ugo Salerno, amministratore delegato di RINA (Registro Italiano Navale). Menzione speciale per l’alto giudice britannico sir Bernard Eder, le cui sentenze, a testimonianza di un sistema giuridico differente da quello italiano, costituiscono importanti precedenti della Common law commerciale e marittima e l’Underwriter del nuovo sindacato 1884 dei Lloyd’s, Robert Dorey, alle prese con le novità offerte in tema di coperture e relative estensioni. Ma non mancheranno altre importanti personalità anche istituzionali. Tra queste, dovrebbero confermare la loro partecipazione il commissario europeo per i Trasporti Violeta Bulc e il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio. Qual è lo stato di salute del settore?
Il modo in cui lo shipping sta reagendo alla crisi sarà di sicuro al centro del dibattito. Attualmente ci sono settori, come il cisterniero e il ro-ro che sembrano usciti definitivamente dalla fase più critica. Discorso simile per i container su cui, però, peseranno le conseguenze delle perturbazioni economiche in Cina, ancora tutte da decifrare. Essenziale, credo, sarà il ricorso alle tecnologie, elemento già al centro del dibattito per le conseguenze economiche e ambientali. L’uso degli scrubbers da parte di grandi compagnie come Grimaldi e Carnival sembrano confermare una tendenza precisa. Anche con costi del petrolio bassi, alla lunga saranno premiati gli armatori che hanno investito di più. Sotto il profilo della concorrenza, il vantaggio competitivo farà prevalere le realtà più grandi, con effetti positivi in termini di sicurezza, puntualità dei servizi, rispetto dell’ambiente. E il rapporto con la finanza? Non sono un esperto del campo ma mi sembra chiaro che il sistema bancario dovrà supportare lo shipping nel suo processo di rinnovamento. Evitando, da parte di tutti, certe polemiche circa l’eccessiva finanziarizzazione del settore. La verità è che nel successo o meno di certe realtà, e faccio riferimento soprattutto al modello italiano, dove il cambio generazionale si traduce spesso in una frammentazione della proprietà, conta innanzitutto la cultura aziendale, la capacità di mantenere un adeguato
dimensionamento senza ricorrere solo ed esclusivamente al credito. Riforma portuale. Cosa pensa dell’accorpamento tra Napoli e Salerno? Quando proposi qualcosa del genere, molti anni fa, furono alzate le barricate. Prendo atto della scelta. Ad ogni modo, sulla scorta dell’esperienza, sono arrivato alla conclusione che è difficile tenere insieme le diverse esigenze territoriali. Esiste un rapporto indissolubile tra porti e città ed è su quello che si deve agire. Per Napoli, ad esempio, sarebbe interessante poter contare su uno strumento come la Zona Economica Speciale in grado di valorizzare l’intera gamma di attività che possono insistere sullo scalo. Non solo le infrastrutture, dunque, ma anche il waterfront, la balneabilità del Golfo, il recupero del Molo S. Vincenzo. Fare leva sulla dinamicità dimostrata dal nostro settore, sulla sua apertura al mondo, per tentare un recupero della città, oltre le divisioni e la miopia del presente. Progetto ambizioso. O lo facciamo adesso o non lo facciamo più. Bisogna uscire dalla palude combattendo prima di tutto l’incultura. E recuperando la visione di una città che fa da ponte con il Mediterraneo. È per questo che vorrei fosse insediata proprio a Napoli l’Agenzia per la Migrazione. Giovanni Grande
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Suonano le campane per i relitti in mare?
I
l 14 aprile 2015 è entrata in vigore la Nairobi International Convention on the removal of the wrecks, 2007 sottoscritta da numerosi Stati costieri e, tra gli altri, da Germania, Danimarca, Nigeria, Iran, Marocco e Gran Bretagna. Con questa Convenzione la Comunità Internazionale dimostra di voler affrontare e risolvere il problema dei wrecks sotto il profilo della tutela internazionale dell’ambiente marino inteso in senso lato. L’area di applicazione è la ZEE – Zona Economica Esclusiva che gli Stati membri, in virtù della Convenzione di Montego Bay del 1982, possono estendere fino a 200 miglia marine dalla linea di base che delimita le acque territoriali.
Due sono i principi fondamentali. Il proprietario (registered owner) di una nave che batte la bandiera di uno Stato membro ed ha una stazza lorda di almeno 300 tonnellate, è responsabile per i costi di localizzazione, segnalazione e rimozione del relitto, fatta eccezione per i casi in cui sia data la prova della sua innocenza. E’ anche tenuto a sottoscrivere una compulsory insurance or other financial security, per importo pari ai limiti di responsabilità previsti dalle norme nazionali o internazionali, a garanzia dei costi di localizzazione, segnalazione e rimozione sostenuti dallo Stato in danno del proprietario del relitto. La richiesta di risarcimento e la relativa azione possono essere proposte
direttamente nei confronti dell’assicuratore ma nessuna disposizione della presente Convenzione pregiudica il diritto dell’armatore registrato (nonché del suo assicuratore) di limitare la propria responsabilità sotto qualsiasi regime nazionale o internazionale, come la Convenzione sulla Responsabilità per i Crediti Marittimi del 1975, come modificata. L’art. 1(5) della Convenzione chiarisce che gli obblighi scattano se il relitto costituisce un Rischio per la navigazione e/o per l’ambiente marino e/o per gli interessi collegati di uno Stato rivierasco. Lo Stato membro ha la facoltà di estendere l’applicazione della Convenzione ai relitti presenti nel mare territo-
riale. Per questi relitti trovano conferma gli obblighi del proprietario in merito alla localizzazione, segnalazione e misure per la rimozione mentre non trovano applicazione le norme relative alla responsabilità del proprietario ed alla assicurazione obbligatoria. Con riferimento alla compulsary insurance, l’autorità competente dello Stato di registrazione della nave deve rilasciare un certificato attestante la conformità della assicurazione alla Convenzione. Questa assicurazione è generalmente fornita dai P&I Clubs e documentata da un certificato tipo Blu Card. Non avendo l’Italia ancora ratificato la Convenzione, la certificazione è attualmente fornita dalle autorità competenti di altri Stati membri. E’ ritenuto da alcuni che non ha senso ratificare la Convenzione Nairobi fin quando non sarà ratificata la cosiddetta Convenzione Madre e, cioè, la Convenzione sulla limitazione della responsabilità per i crediti marittimi. Da altri viene osservato che la Convenzione Nairobi non è applicabile in Italia in assenza di una Zona Economica Esclusiva. E’ davvero inspiegabile il silenzio calato sulla ratifica della Convenzione sulla Limitazione della Responsabilità Civile per i Crediti Marittimi. La vicenda è alquanto paradossale e merita qualche commento. In data 19 novembre 1976 è stata approvata a Londra la Convenzione sulla limitazione di responsabilità per crediti marittimi. Sotto il profilo sog-
gettivo, il beneficio della limitazione è riconosciuto non solo all’armatore ma anche al proprietario, al noleggiatore ed all’assicuratore della responsabilità. Sotto il profilo oggettivo, la usuale lista dei crediti soggetti alla limitazione subisce una riduzione in quanto non trovano conferma i crediti per il compenso di soccorso, il contributo di avaria comune e per i danni da inquinamento. Sono previsti limiti diversi per le varie categorie di crediti e la somma limite è calcolata in base alle tonnellate di stazza lorda della nave. Il fondo è costituito presso l’autorità competente dello Stato membro nel quale è stata promossa l’azione relativa ai crediti soggetti a limitazione. Infine, le norme relative alla costituzione ed alla ripartizione di un fondo di limitazione e tutte le norme di procedura ad esso connesse verranno regolate dalla legislazione dello Stato membro in cui il fondo viene costituito. L’Italia per trenta anni ha ignorato la Convenzione di Londra sull’assunto che i limiti siano iniqui nonostante l’adeguamento intervenuto con il Protocollo di modifica del 1996 e, soltanto con la legge 211/2009, il Parlamento ha approvato l’adesione al Protocollo con delega al Governo per la sua attuazione. In particolare, si prevede che, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi diretti alla attuazione della Convenzione del 1976, come modificata dal Protocollo, e che la delega
dovrà, tra l’altro, prevedere specifiche norme processuali, volte a disciplinare la costituzione del fondo e la procedura di limitazione, e disporre l’abrogazione espressa delle norme contrarie ed incompatibili. Sennonché, i decreti legislativi non sono mai stati emanati con la conseguenza che non si è potuto procedere al deposito dello strumento di ratifica. Non vi è dubbio quindi che l’Italia, nonostante l’autorizzazione alla adesione, a tutt’oggi non ha ratificato la Convenzione del 1976 come modificata dal Protocollo del 1996. Ma non finisce qui. Il nostro legislatore, con il decreto legislativo 111/2012 relativo alla attuazione della direttiva comunitaria recante norme sull’assicurazione degli armatori per i crediti marittimi, ha cancellato la normativa codicistica relativa alla limitazione della responsabilità dell’armatore. Più precisamente, modificando l’art. 275 cod. nav., riconosce il beneficio della limitazione soltanto all’armatore di una nave di stazza lorda inferiore alle 300 tonnellate. Ciò sull’erroneo presupposto dell’intervenuta ratifica della Convenzione Madre nonché della emanazione dei decreti attuativi destinati alla disciplina della costituzione del fondo e della procedura di limitazione. Ed ecco gli effetti devastanti dello stato confusionale del legislatore: l’armatore di nave italiana, avente una stazza superiore alle 300 tonnellate, non ha più il beneficio della limitazio-
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ne, mentre l’armatore di nave straniera, che abbia necessità di limitare la sua responsabilità in Italia, ignora quale sia la normativa che disciplina la costituzione del fondo e la procedura di limitazione. La situazione é paradossale ma non può giustificare il rifiuto alla ratifica della Convenzione Nairobi. La necessità e l’urgenza della sua ratifica dovrebbero invece ulteriormente motivare la ratifica della Convenzione Madre ricorrendo, presumibilmente, ad una nuova legge di adesione con relative norme di delega per la sua attuazione. Si è anche detto che la Convenzione Nairobi non sarebbe applicabile perché l’Italia non ha istituito la Zona Economica Esclusiva. Procediamo con ordine. L’ambito di applicazione della Convenzione Nairobi è costituito dalla Zona Economica Esclusiva che gli Stati costieri, in virtù della Convenzione di Montego Bay del 1982, possono istituire ed estendere fino a 200 miglia marine dalla linea di base che delimita le acque territoriali. Se il relitto è nella Zona Economica Esclusiva, sappiamo che scattano per il proprietario gli obblighi relativi alla localizzazione, segnalazione e rimozione, nonché la sua responsabilità in merito ai costi dello Stato per gli interventi in danno, ed altresì l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore. Allo Stato membro è però data la facoltà di estendere l’applicazione della Convenzione ai relitti situati nel mare territoriale. Per questi relitti trovano conferma gli obblighi del proprietario in merito alla localizzazione, segnalazione e misure per la rimozione del relitto mentre non trovano applicazione le norme relative alla responsabilità del proprietario ed all’assicurazione obbligatoria. Questo limite, se ho ben capito, è stato chiesto ed ottenuto dall’International Group of P&I Clubs. Non essendo possibile istituire nel Mediterraneo una Zona Economica Esclusiva di 200 miglia in quanto in nessuna zona la costa di uno Stato dista 400 o più miglia dalla costa opposta di altro Stato, alcuni Stati mediterranei hanno adottato misure parzialmente attuative della Zona Economica Esclusiva: Algeria, Spagna e Libia hanno istituito una zona riservata per la pesca, la Francia ha istituito una zona di protezione ecologica e la Croazia ha istituito una zona di protezione ecologica e della pesca. L’Italia si è attivata per ultima. Con la legge 61/2006 e con il relativo Regolamento approvato con DPR 209/2011, sono state istituite le Zone di Protezione Ecologica i cui limiti, in attesa di accordi di limitazione
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con la Francia e la Spagna, sono quelli della linea mediana. E’ indubbio che le Zone di Protezione Ecologica sono state istituite in conformità alla Convenzione di Montego Bay. In sede di discussione ed approvazione del disegno di legge, il relatore Mulas ha tenuto a precisare: Il testo licenziato dalla Camera, con le modifiche che le Commissioni III e VIII hanno apportato al testo originario in ordine alla necessità di renderlo maggiormente conforme al diritto internazionale e alle previsioni della Convenzione di Montego Bay, prevede, all’articolo 1, l’autorizzazione all’istituzione di zone di protezione ecologica.... Il provvedimento in esame, dunque, é teso a realizzare una parziale attuazione della istituzione prevista dalla Convenzione di Montego Bay e vuole anche corrispondere ad atti legislativi adottati da diversi Stati rivieraschi che hanno istituito di recente zone di particolare interesse a scopo di tutela ambientale. Resta quindi confermato che la Convenzione Nairobi, pur essendo la sua area di applicazione identificata nella Zona Economica Esclusiva, trova applicazione anche nelle Zone di Protezione Ecologica. Sono del parere che la Convenzione Nairobi possa essere utilizzata anche per prevenire un Rischio che non sia quello per la navigazione o per l’ambiente marino. E, ciò, a mio avviso, è un ulteriore valido motivo per la sua immediata ratifica. Il Regolamento 2011, attuativo delle Zone di Protezione Ecologica, prevede che in queste Zone si applicano le norme dell’ordinamento italiano, il diritto dell’Unione Europea e le Convenzioni internazionali in materia di: - prevenzione e repressione di tutti i tipi di inquinamento marino causato da navi anche di bandiera straniera. - protezione degli ecosistemi marini. - protezione del patrimonio culturale rinvenuto nei fondali. Essendo possibile l’applicazione di una o più normative internazionali nelle Zone di Protezione Ecologica, vado ora a verificare se in tali Zone può trovare applicazione la Convenzione Nairobi per la protezione degli ecosistemi marini e per quella del patrimonio culturale. Se la rimozione del relitto è voluta per la protezione dell’ambiente marino, non vedo alcun argomento ostativo alla applicazione della Convenzione Nairobi per la protezione degli ecosistemi marini nelle Zone di Protezione Ecologica. La verifica è più complessa con riferimento alla protezione del patrimonio
culturale rinvenuto nei fondali delle Zone di Protezione Ecologica. L’applicazione potrebbe giustificarsi sul presupposto che, identificando la Convenzione gli interessi collegati dello Stato con gli interessi economici della zona interessata, questi interessi economici siano parte sostanziale del patrimonio culturale rinvenuto nei fondali e protetto dalla legge 61/2006 proprio con il richiamo alle relative convenzioni. Questa conclusione è ragionevole ma non ancora convincente. E’ necessario identificare meglio il patrimonio culturale. A mio avviso, il riferimento al patrimonio culturale non è casuale. Qualcuno ha giustamente osservato che è il punto di approdo terminologico di un lungo e laborioso cammino di carattere giuridico-legislativo: in estrema sintesi, il patrimonio culturale è un complesso di beni e, in quanto tale, acquisisce nel tempo un rilevante valore economico in ragione del valore culturale, storico ed artistico dei suoi beni. E’ questo valore che nel tempo assurge a valore economico del patrimonio culturale. L’Italia, con la legge 157/2009, ha ratificato la Convenzione UNESCO 2001 sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, dando atto che trattasi di un tassello fondamentale nell’ambito legislativo italiano per quanto riguarda la implementazione della preservazione e della valorizzazione del patrimonio culturale italiano. Nel preambolo della Convenzione viene sottolineato come il patrimonio culturale subacqueo costituisca una parte integrante del patrimonio culturale dell’umanità e sia meritevole di tutela in virtù della sua importanza storico-culturale. Nel patrimonio culturale rientra tutto ciò che abbia carattere culturale, storico o archeologico e che sia sommerso da oltre cento anni. Abbiamo quindi un primo tassello: la Convenzione UNESCO trova applicazione nelle Zone di Protezione Ecologica. Torniamo alla Convenzione Nairobi. Questa identifica come interessi collegati dello Stato gli interessi economici della Zona. Confermo che non mi convince una equivalenza tra il mero valore dei beni archeologici e storici e gli interessi economici. Se invece il confronto è tra interessi economici e patrimonio culturale, come definito dalla Convenzione UNESCO, l’equivalenza la vedo. Il patrimonio culturale, infatti, ha un rilevante valore economico in virtù del valore culturale ed artistico dei suoi beni storici ed archeologici. Abbiamo quindi anche il secondo tassello. Ebbene, se la Convenzione UNE-
SCO trova applicazione nelle Zone di Protezione Ecologica, istituite anche per la protezione del patrimonio culturale subacqueo, e se la Convenzione UNESCO é destinata proprio alla preservazione del patrimonio culturale, rappresentato dai beni archeologici e storici, l’incastro dei due tasselli porta all’applicazione della Convenzione Nairobi ogni qualvolta un relitto rappresenti un Rischio per la preservazione del patrimonio archeologico e storico protetto dalla Convenzione UNESCO e sommerso in una Zona di Protezione Ecologica protetta dalla legge 61/2006. Se queste premesse sono esatte, è possibile attivare, anche per la tutela del patrimonio archeologico e storico, gli obblighi di localizzazione, segnalazione e rimozione del relitto previsti dalla Convenzione Nairobi del 2007, nonché avvalersi della normativa prevista da questa Convenzione in tema di responsabilità del proprietario del relitto, relativamente ai costi sostenuti per la localizzazione, segnalazione e rimozione, e di assicurazione obbligatoria con relativa azione diretta nei confronti dell’assicuratore.
Nel mare territoriale, avendo la Convenzione Nairobi applicazione limitata, la protezione del patrimonio archeologico e storico non può avvalersi della responsabilità del proprietario e della assicurazione obbligatoria. A questo proposito, il compromesso voluto dallo International Group of P&I Clubs, a mio avviso, può causare conflitti con gli Stati costieri i quali hanno introdotto nella loro normativa interna una disciplina sulla rimozione dei relitti la quale è in linea con i principi della Convenzione Nairobi, ma prevede anche la responsabilità del proprietario e l’assicurazione obbligatoria per i relitti situati nel mare territoriale. E’ il caso della Croazia la quale, con legge del 2003, ha istituito la Protected Ecological and Fishery Zone e, con una successiva del 2009, ha imposto l’assicurazione obbligatoria per la rimozione dei relitti a tutte le navi straniere che transitano nel mare territoriale e nella Protected Zone e ne vieta lo scalo nei porti croati se prive della assicurazione obbligatoria. Allo stato, il proprietario della nave italiana se vuole toccare un porto cro-
ato deve avere l’assicurazione obbligatoria e, in quanto proprietario del relitto, soggiace agli obblighi relativi alla localizzazione, segnalazione e rimozione. Ebbene, se l’Italia decide di non aderire alla Convenzione di Nairobi o di non estenderne l’applicazione al mare territoriale, fermi gli obblighi imposti dalla Croazia alla nostra nave, non potremo neppure avvalerci della responsabilità del proprietario della nave croata per i costi sostenuti dallo Stato italiano a seguito della localizzazione, segnalazione e rimozione del relitto situato nel nostro mare territoriale. La conclusione è una sola: è necessario ed urgente approvare la ratifica della Convenzione di Nairobi del 2007 ed attivare la procedura per la estensione della sua applicazione al mare territoriale. Con l’occasione, va ricordato a chi di dovere che è altrettanto necessario ed urgente perfezionare la cosiddetta Convenzione Madre e, cioè, la Convenzione sulla Limitazione della Responsabilità Civile per i Crediti Marittimi. Avv. Bruno Castaldo
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La Corte di Giustizia UE sulle concessioni demaniali
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a dubbia compatibilità con la normativa comunitaria dell’art. 1, comma 18, del decreto legge n. 194 del 2009, che prevede la proroga automatica, fino al 2020, delle concessioni demaniali marittime, oggetto della questione pregiudiziale sollevata davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea dal T.a.r Lombardia, con la decisione del 26 settembre 2014, n. 2401, è stata di recente ribadita dalla sesta sezione del Consiglio di Stato che il giorno prima di ferragosto di quest’anno ha depositato la sentenza n. 3936, con la quale, “nella sua veste di giudice di ultima istanza” ha solleva-
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to innanzi alla medesima Corte la stessa questione pregiudiziale, ritenendo di non poter “non tener conto dei consistenti ed argomentati dubbi di compatibilità comunitaria” già manifestati dalla citata decisione del T.a.r. Lombardia. I richiamati provvedimenti giurisdizionali riaprono una questione che sembrava chiusa e che impone al legislatore italiano l’obbligo di adempiere alle disposizioni comunitarie, in special modo per quanto attiene alle norme in materia di rilascio e rinnovo delle concessioni demaniali marittime nel caso di più domande di concessione, delle quali si tenterà di seguito una ricostru-
zione storica Le disposizioni in materia, nella formulazione originaria dell’art. 37 del codice della navigazione prevedevano che: “Nel caso di più domande di concessione, è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che, a giudizio dell’amministrazione, risponda ad un più rilevante interesse pubblico. Quando non ricorrano ragioni di preferenza, per le concessioni di durata superiori al quadriennio o che importino impianti di difficile sgombero, si
procede a pubblica gara o a licitazione privata. Nello stesso caso per le concessioni di durata non superiore al quadriennio e che non importino impianti difficile sgombero, la preferenza è data al precedente concessionario e, in mancanza si procede a licitazione privata” Successivamente i commi 2 e 3 del medesimo articolo furono sostituiti dall’art. 02 del decreto legge 5 ottobre 1993, n. 494, come convertito dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494. Il nuovo testo, nella parte riguardante il rinnovo delle concessioni già rilasciate, riconosceva, sic et simpliciter,
la preferenza del precedente concessionario rispetto alle nuove istanze: “E’ altresì data preferenza alle precedenti concessioni, già rilasciate, in sede di rinnovo rispetto alle nuove istanze.” Dalla nuova formulazione letterale della disposizione si rilevava, in controtendenza con le norme comunitarie, un rafforzamento del diritto di insistenza che prescindeva da qualsiasi comparazione, contrariamente a quanto previsto dal precedente testo normativo che riconosceva al precedente concessionario un diritto di preferenza soltanto a parità di condizioni rispetto agli altri aspiranti. Sebbene il dato letterale della norma facesse propendere per un’applicazione del diritto di insistenza più incisiva, la giurisprudenza amministrativa, con riferimento alla normativa comunitaria si è orientata verso un’interpretazione dell’art. 37 cod.nav. tesa a comprimere il diritto di insistenza e privilegiare l’esperimento della gara in sede di concessione dell’utilizzo di beni demaniali; interpretazione derivante dall’esigenza di interpretare le norme conformemente ai principi comunitari, in materia di libera circolazione dei servizi, di “par condicio”, d’imparzialità e di trasparenza, essendo pacifico che tali principi si applicano anche a materie diverse dagli appalti, essendo sufficiente che si tratti di attività suscettibili di apprezzamento in termini economici; principi applicabili anche alle concessioni di beni pubblici, fungendo da parametro di interpretazione e limitazione del diritto di insistenza di cui all’art. 37c.nav., atteso che la sottoposizione ai principi di evidenza trova il suo presupposto sufficiente nella circostanza che con la concessione di area demaniale marittima si fornisce un’occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato, tale da imporre una procedura competitiva ispirata ai ricordati principi di trasparenza e non di discriminazione (Tar Toscana, III, 3777/2008; Cons. Stato, V, n. 2825/2007; VI, n. 168/2005). Alla luce del contenuto dell’art. 10 della legge 16 marzo 2001, n.88, che ha modificato il secondo comma dell’art.01 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n.494, le considerazioni sin qui svolte in merito al contenuto ed all’applicazione dell’art. 37 del codice della navigazione parrebbero, però, prive di rilievo per le concessioni turistico-ricreative previste dal primo comma del medesimo articolo. Il nuovo testo del comma 2 dell’art.01 richiamato prevede infatti che: “Le concessioni di cui al comma 1, indipendentemente dalla natura o dal tipo degli impianti previsti per lo svolgi-
mento delle attività, hanno durata di sei anni. Alla scadenza si rinnovano automaticamente per altri sei anni e così successivamente ad ogni scadenza, fatto salvo il secondo comma dell’articolo 42 del codice della navigazione”. Orbene, come è evidente dalla formulazione dell’articolo di legge, è preclusa ogni possibilità ad eventuali altri aspiranti concessionari di accedere ad una qualsiasi procedura concorsuale o comparativa per il rilascio della concessione. Tale evidente situazione di incompatibilità è stata ritenuta insanabile a seguito dell’emanazione della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno n. 06/123/CE del 12 dicembre 2006, la c.d. Direttiva servizi o Bolkestein (dal nome del Commissario europeo per il mercato interno, Frits Bolkenstein) diretta a istituire un quadro giuridico generale volto a garantire la libera circolazione dei servizi nel mercato unico, eliminando ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri. Pertanto, la Commissione Europea, con una lettera di costituzione in mora notificata il 2 febbraio 2009, ha aperto nei confronti dello Stato Italiano la procedura d’infrazione n. 2008/4908 in ragione del mancato adeguamento della legislazione nazionale all’art. 12, comma 2, della direttiva n. 2006/123/ CE, in base al quale è vietata qualsiasi forma di automatismo che, alla scadenza del rapporto concessorio, possa favorire il precedente concessionario. La Commissione ha ritenuto che il dettato dell’art. 37 del codice della navigazione italiano fosse in contrasto con l’art. 43 del Trattato CE (ora art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’unione Europea, TFUE) poiché, prevedendo un diritto di preferenza a favore del concessionario uscente nell’ambito della procedura di attribuzione delle concessioni del demanio pubblico marittimo (cosiddetto diritto di insistenza), configurava una restrizione alla libertà di stabilimento e comportava in particolare discriminazioni in base al luogo di stabilimento dell’operatore economico, rendendo estremamente difficile, se non impossibile, l’accesso di qualsiasi altro concorrente alle concessioni in scadenza. A seguito di tali rilievi, il legislatore italiano è intervenuto con l’art. 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009, che ha disposto la soppressione del secondo periodo del secondo comma dell’art. 37 cod. nav., nella parte in cui accordava una preferenza al concessionario in scadenza In sede di conversione del decreto legge n. 194 del 2009, da parte della
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legge n. 25 del 2010, è stata disposta la proroga fino al 31 dicembre 2015 delle concessioni in scadenza e si è aggiunto un rinvio indiretto (e non previsto nel testo originario del decreto legge) all’articolo 01, comma 2, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400 (Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, che produceva l’effetto di consentire il rinnovo automatico delle concessioni, di sei anni in sei anni: “fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 03, comma 4-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494.” La Commissione europea, con una lettera datata 5 maggio 2010, di messa in mora complementare nell’ambito della medesima procedura di infrazione 2008/4908, ha ritenuto che tale rinvio, che stabiliva il rinnovo automatico, di sei anni in sei anni, delle concessioni in scadenza, privasse, nella sostanza, di ogni effetto l’adeguamento ai principi comunitari effettuato con il decreto-legge n. 194 del 2009 e fosse contrario, sia all’articolo 12 della direttiva 2006/123/CE, sia all’articolo 49 del TFUE, che vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento. In seguito a questi ulteriori rilievi, l’articolo 11, comma 1, lettera a), della legge 15 dicembre 2011, n. 217 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee - legge comu-
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nitaria 2010), ha abrogato il già citato comma 2 dell’articolo 01 del decretolegge n. 400 del 1993. Lo stesso articolo 11 ha, inoltre, delegato il Governo ad adottare, entro quindici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime. In conseguenza di questi interventi legislativi, la procedura di infrazione è stata chiusa il 27 febbraio 2012. Successivamente, l’art. 34-duodecies del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, introdotto in sede di conversione dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ha modificato l’art. 1, comma 18, del d.l. 2009 n. 194, stabilendo che “le parole: «fino a tale data» sono sostituite dalle seguenti: «fino al 31 dicembre 2020»”. Ne deriva che con l’art. 34-duodecies del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179 il legislatore nazionale ha reiterato per altri cinque anni la proroga delle concessioni demaniali in essere, già disposta per sei anni dall’art. 1, comma 18, del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194, nella versione risultante dalla relativa legge di conversione. Pertanto la reiterazione della proroga della durata delle concessioni demaniali è stata disposta dal legislatore nazionale dopo la chiusura della procedura di infrazione, attraverso il citato art. 34-duodecies del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179. Dalla ricostruzione della normativa in
materia di rilascio e rinnovo delle concessioni demaniali il T.a.r Lombardia, con la decisione del 26 settembre 2014, n. 2401 ed Consiglio di Stato, sezione VI, con la sentenza n. 3963, in data 14 agosto 2015, alle cui motivazioni si rinvia, hanno sollevato la seguente questione pregiudiziale innanzi alla Corte di Giustizia Europea: “Se i principi della libertà di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza, di cui agli articoli 49, 56, e 106 del TFUE, nonché il canone di ragionevolezza in essi racchiuso, ostano ad una normativa nazionale che, per effetto di successivi interventi legislativi, determina la reiterata proroga del termine di scadenza di concessioni di beni del demanio marittimo, lacuale e fluviale di rilevanza economica, la cui durata viene incrementata per legge per almeno undici anni, così conservando in via esclusiva il diritto allo sfruttamento a fini economici del bene in capo al medesimo concessionario, nonostante l’intervenuta scadenza del termine di efficacia previsto dalla concessione già rilasciatagli, con conseguente preclusione per gli operatori economici interessati di ogni possibilità di ottenere l’assegnazione del bene all’esito di procedure ad evidenza pubblica”. L’estate è ormai finita e gli imprenditori balneari possono tirare, almeno per ora un sospiro di sollievo, in attesa delle decisioni della Corte. Aniello Cuomo
nautica / porto&diporto
Nasce Nautica Italiana affiliata ad Altagamma
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egni di ripresa e di effervescenza nell’importante, e strategico dal punto di vista economico, settore della nautica italiana, ancora fiore all’occhiello dell’eccellenza italiana, nonostante crisi e politica miope: sul finire dell’estate un gruppo di imprenditori del settore ha deciso di associarsi creando una nuova associazione che viene illustrata a PORTO&diporto dal suo Presidente, Lamberto Tacol. Perché nasce l’Associazione e perché affiliata ad Altagamma? La necessità di creare una nuova Associazione nasce dal desiderio di rappresentare ancora più fortemente e internazionalmente la Nautica Italiana. Per farlo era importante valorizzare la nostra nautica pariteticamente a quanto viene fatto per i settori eccellenti del nostro Made in Italy: moda, design, alimentare. Ed è da questa intuizione che è quindi nata l’idea di una affiliazione a Fondazione Altagamma che, abbiamo ritenuto, poteva creare forti sinergie con gli altri comparti eccellenti del Made in Italy proprio perché racchiude i marchi più straordinari ed eccellenti della nostra produzione. Quale sarà il “bacino” di rappresentanza di Nautica Italiana? Nautica Italiana intende dunque rappresentare e aggregare le aziende della produzione di barche e accessori, dei servizi e dei territori di eccellenza
del nostro Paese. Sotto il messaggio comune di “Industria, Servizi, Territori”, ci ha accomunato nel nostro lavoro la volontà di poter garantire rappresentatività del Made in Italy, della cultura e dello stile italiano, un forte impegno rivolto all’export del prodotto o del servizio e infine attraverso la reputazione nazionale e internazionale per la qualità del prodotto e servizio, promuovere relazioni con imprese del comparto a livello nazionale e internazionale. Sinergie Garantite anche da Altagamma? Nel nostro percorso abbiamo riscontrato in Altagamma uno Standing Istituzionale di altissimo livello, la possibilità di un sostegno concreto alle nostre attività strategiche di primo livello. La conferma di tale riscontro è qui davanti ai nostri occhi. Abbiamo avuto l’onore di poterci presentare nella casa di Fondazione Altagamma, dove siamo letteralmente avvolti dalla storia di eccellenza del Made in Italy. Una storia che affonda le sue radici in una profonda cultura di bellezza, unicità e armonia combinate con quel genio e quella capacità di visione che nei secoli hanno permesso all’Italia di generare innovazione in tutte le arti e in tutte le industrie. Parte di questa storia di eccellenza e innovazione del Made Italy viene quotidianamente scritta dagli operatori del settore nautico che, oggi, trovano nella neo nata associazione un’importante opportunità di crescita e
la possibilità di riconquistare il meritato posizionamento a livello mondiale. Quali requisiti saranno richiesti alle aziende nella nuova associazione? Le aziende associate hanno l’obbligo di coniugare i principi e le regole della Carta dei Valori, all’interno dei propri Codici Etici. Nautica Italiana sta lavorando all’individuazione di una contrattualistica che garantisce il cliente attraverso eventualmente una polizza assicurativa. Il contratto col cliente deve prevedere quei principi di etica e trasparenza dettati dalla Carta dei Valori. Obiettivo concreto della Carta dei Valori è poter esprimere in modo condiviso e omogeneo a livello associativo un messaggio di credibilità e reputazione presso i mercati internazionali. Le nostre aziende sono oggi quasi totalmente orientate all’export e pur singolarmente forti della propria capacità innovativa e progettuale, si trovano troppo spesso a dover superare un gap dettato dalla scarsa reputazione di cui soffre nel suo complesso il Sistema Paese presso la clientela internazionale e di fronte ai competitors esteri. L’adozione da parte di Nautica Italiana della Carta dei Valori costituisce uno strumento per far squadra, forti di un’immagine coerente e integrata fondamentale per vincere tale deficit di base che le imprese italiane incontrano all’estero. Riccardo Russo
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aziende / porto&diporto
Il settore dei buoni pasti in costante crescita
N
onostante la crisi che investe tutti i mercati, il settore dei buoni pasti produce un mercato stabile, in alcuni paesi con crescita a doppia cifra. Mario Panelli, Account Manager di Edenred Italia, professionista dell’area commerciale e consulenziale per i Buoni Pasto, le Card ed Fringe Benefit, spiega cosa è un Ticket Restaurant®. “Il Ticket Restaurant® è un titolo detassato che dà diritto al beneficiario ad una prestazione pari al valore facciale indicato sul buono pasto in locali convenzionati, che svolgono attività di somministrazioni di alimenti e bevande o di cessione di prodotti di gastronomia per il consumo immediato. Il Ticket Restaurant® è il buono pasto più diffuso in Italia e nel mondo, che dà il nome anche a tutto il settore. Il marchio appartiene ad Edenred, che ha introdotto questo servizio sostitutivo di mensa e di ristorazione alternativo in Italia nel 1976”. Quali sono i paesi nel Mondo con maggiore diffusione e peso specifico? I paesi più importanti sono il Brasile, l’Italia e la Francia. Gli altri principali paesi in Europa sono la Spagna,
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la Grecia, il Portogallo e la Turchia. In Inghilterra, invece, pur essendo nato il Ticket Restaurant® come “Luncheron Voucher”, attualmente predomina il fatturato del settore relativo al Welfare Sociale ed ai Flex Benefit. Il settore è in crescita, grazie alla diversificazione, allo sviluppo e alla fidelizzazione del parco clienti in tutta la zona Euro. Tuttavia, va sottolineato che, nonostante una quasi armonizzazione monetaria in molti paesi, non vi è ancora una convergenza fiscale, quindi, anche in presenza di multinazionali come la nostra, il Ticket Restaurant® è spendibile solo nel paese di emissione. In Italia chi sono i protagonisti? Sono le aziende di buoni pasto che hanno saputo investire costantemente con una buona rete commerciale, una buona copertura di locali convenzionati, con presenza di filiali sul territorio e che si sono dotati di un valido ufficio gare. Noi, in qualità di azienda leader, abbiamo investito in tutti queste quattro direzioni avvalendoci di professionisti e formando il nostro personale. Può tracciare un profilo dell’azienda? Il Gruppo Edenred opera oggi in 42 paesi con 6.000 collaboratori, 660.000
imprese ed enti clienti, 1,4 milioni di affiliati e 41 milioni di beneficiari. Solo nel 2013, Edenred ha realizzato un volume di emissioni di 17,1 miliardi di euro di cui oltre il 60% nei paesi emergenti. La posizione della Fipe sui buoni pasto? La Federazione italiana pubblici esercizi apprezza e ritiene che il buono pasto sia uno strumento che aiuta la consumazione del pasto fuori casa, ma da anni, lotta e si impegna contro gli appalti e gli affidamenti di Enti Pubblici, Grandi Stazioni appaltanti (Consip e centrali acquisti Regionali) e grandi Gruppi, per evitare le aggiudicazioni al massimo ribasso o a rilanci multipli, in quanto sostiene la normativa vigente di riferimento in particolare l’art. 285 del D.P.R. 207/2010. Tale regolamento consiglia di preferenza l’offerta economicamente più vantaggiosa che, oltre a valutare la leva prezzo, introduce l’inserimento di alcuni elementi come: la numerosità della rete degli esercizi convenzionata o da convenzionare; lo sconto o commissione incondizionato verso gli esercenti; i termini di pagamento agli esercizi convenzionati ed il progetto tecnico, nel quale le società partecipanti illustrano come intendono svolgere e differenziare il servizio ed assistere sia i clienti, gli utilizzatori che la rete. Che vantaggi offre TR alle aziende? Detassazione fiscale e libertà di scelta, potendo l’utilizzatore scegliere tra gli oltre 150.000 locali convenzionati in Italia, che accettano il nostro buono pasto. La crescente e massiccia diffusione dei buoni pasto conferma la valenza della soluzione che mette d’accordo in una modalità “win-to-win” tutti gli attori coinvolti: aziende, lavoratori e ristoratori. Le aziende che risparmiano, i lavoratori che hanno più potere di acquisto ed i ristoratori che possono contare su più clienti fidelizzati. All’azienda fa risparmiare sugli oneri previdenziali a suo carico, in quanto fino al tetto giornaliero di 5,29 euro per i buoni cartacei e di 7 euro per quelli elettronici, ne è esente. Rispetto alla mensa, questa soluzione non impone di immobilizzare spazi, né obbliga ad effettuare investimenti ed adeguamenti per strutture interne de-
dicate alla pausa pranzo. Consente la massima semplificazione amministrativa con un unico contratto, un unico interlocutore, un’unica fattura mensile o periodica in funzione dell’ordine e delle necessità. Cosa cambia con la Legge di Stabilità? La Legge di Stabilità introduce un’importante novità fiscale, dal 1 luglio 2015, infatti, è stato innalzato il valore esentasse (da 5,29 euro a 7,00 euro al giorno) dei buoni pasto elettronici, come il nostro Ticket Restaurant® Smart, con un risparmio sia per le aziende che per gli enti. Tale modifica offre un maggiore potere di acquisto ai beneficiari. I vantaggi sono una maggiore esenzione fiscale per l’azienda, maggiore
potere di acquisto per il dipendente; offrire un pratico portale web di gestione informatizzata, rendicontazione e ricarica dei buoni pasto a distanza, ideale per aziende con più sedi o con personale decentrato o non sempre in sede; minore impatto ambientale, niente stampa e distruzione dei buoni cartacei; sicurezza nella transazione e infine blocco immediato in caso di furti o smarrimenti. Inoltre il sistema scarica i buoni elettronici in base alla data di scadenza con una modalità F.i.F.o. consumando prima i più vecchi e riducendo in questo modo la gestione dei resi. Quale evoluzione avrà il mercato? Ritengo che questa novità possa far crescere il settore in Italia tra il 10% ed
il 15% in questo biennio, oltre ad essere una leva per far ripartire i consumi, in quanto aumenta il potere di acquisto e il risparmio fiscale. Ricordiamo, però, che i buoni pasto, avendo una scadenza, verranno sicuramente consumati entro quella data aiutando e sostenendo così i consumi ed il P.I.L., oltre ad un ritorno indiretto su altre entrate per lo stato come I.V.A. e tassazione del punto vendita per maggiore introiti. Si ipotizzano scenari di partnership tra operatori più piccoli o tra operatori del settore e partner del mercato finanziario e bancario. La sua azienda che programmi e progetti per il futuro? Sono molti i progetti in cantiere; molti di questi incoraggiati dal nostro attua-
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le Amministratore Delegato, Andrea Keller, da sempre propugnatore del ricorso a innovazione e tecnologia per il miglioramento del benessere e della produttività aziendale. Sotto la sua guida, Edenred ha accelerato sul versante delle smart solution, investendo in una rete capillare di P.O.S. intelligenti e innovativi, la più estesa in Italia con oltre 38.000 dispositivi, e stringendo accordi anche con partner del mondo bancario, come quello con B.N.L. Ma non solo: di recente l’azienda ha realizzato una card multi servizio con Poste Italiane denominata Poste Pay Lunch, un’innovativa piattaforma di expense management, attiva 24 h su 24 h, che consente di eliminare l’anticipo di cassa, garantire un più efficace controllo dei costi, la rendicontazione informatizzata della nota spese e la gestione automatica dei consumi di carburante nelle trasferte aziendali. Ma Edenred non è attiva solo nel campo del Welfare e della gestione delle spese aziendale, la sua gamma di servizi contempla anche il mondo dell’Incentive, una leva sempre più diffusa ed utilizzata per motivare i dipendenti e i collaboratori. Di seguito alcuni esempi: Ticket Compliments nelle versioni Top Premium (spendibili in settori Food e No Food) e Selection (spendi-
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bili in settori No Food e in Carburante); Ticket Virtuali (da spendere on-line o in particolari catene); Ticket Cultura e Compliments Box, le migliori soluzioni, efficaci e flessibili, per premiare dipendenti, collaboratori e clienti. Un sistema, quello dell’Incentive&Rewards, semplice ed innovativo che permette di contribuire al benessere in azienda, al miglioramento della qualità della vita dei lavoratori e all’aumento del loro rendimento e della partecipazione alla vita aziendale. Tra i progetti a cui tiene l’azienda, vi è FlexBenefit®, un’innovativa piattaforma applicativa web based che consente alle società di erogare pacchetti di benefit su misura dei dipendenti, beneficiando di significativi vantaggi fiscali. Ci sono altre aree in cui investe la Sua Azienda? L’azienda investe ed opera anche in Programmi Sociali Pubblici la cui divisione è attiva dal 2001. Si tratta di soluzioni che si sono evolute e sono dedicate alla Pubblica Amministrazione per il sostegno alle famiglie e ai cittadini con i prodotti quali Ticket Service®, Ticket Domi® e Domiphone®, nonché con la piattaforma CRS/CNS Voucher® che utilizza il supporto delle carte regionali/ nazionali dei servizi. Edenred realizza anche programmi su misura per spe-
cifiche esigenze di enti territoriali quali Regione Lombardia, Regione Sicilia e Regione Piemonte, oltre che per enti caritativi quali Caritas (Voucher Sorriso) e San Vincenzo. Il valore aggiunto è fornito dall’esperienza nella gestione del network, nel rispetto delle policy del progetto, e dei report utili alla rendicontazione in linea con la normativa vigente. Quale è il segreto del vostro successo? La professionalità della rete commerciale, del personale che fornisce assistenza ai clienti ed al Network , la presenza territoriale di prossimità, la capacità di consulenza e di ascolto delle esigenze, oltre alla solidità e serietà dimostrata e riconfermata di anno in anno nei rapporti commerciali con i partner e con i clienti. Una altra peculiarità è la presenza di un massiccia quota rosa in azienda, anche ai livelli dirigenziali e come Area Manager, non imposta da leggi, ma frutto di un’attenta selezione dei curriculum e della voglia di mettersi in gioco. La nostra sfida è continuare a coltivare il successo di Edenred Italia, fatto di raggiungimenti di obiettivi a breve termine e visione a medio e lungo termine. Sandro Minardo
europa / porto&diporto
Sud Italia, “dopo” vent’anni di solitudine … Pubblicato sul sito del Mit il Programma Operativo Nazionale Infrastrutture e Reti 2014-2020
A
d un anno dall’uscita del volume di Giuseppe Soriero “Sud, vent’anni di solitudine” pubblicato da Donzelli Editore, dove l’autore analizza le allarmanti condizioni del Meridione denunciate anche dai rapporti Svimez e dal «Rapporto sulle economie del Mediterraneo» dell’Istituto di studi sulle società del Mediterraneo del CNR, a cura di Eugenia Ferragina e di Paolo Malanima, il Governo pubblica sul sito del Mit il Programma Operativo Nazionale Infrastrutture e Reti 2014-2020 che dà il via alla selezione dei progetti, che saranno finanziati per dare nuova linfa all’economia delle regioni meridionali. Soriero, che è stato viceministro e tanto si è battuto per il Sud e per la sua Regione, la Calabria, con progetti eccellenti come quello, già negli anni ’90, per l’utilizzo dell’area vasta intorno al porto di Gioia Tauro, nel suo volume prende le mosse da una attenta analisi della realtà meridionale, a partire da una serrata ricostruzione dei vent’anni successivi alla conclusione dell’intervento pubblico straordinario. E lo fa lasciando ai margini dell’analisi le recriminazioni storiche o politiche che non possono da sole giustificare insufficienze, inerzie, negatività, sprechi di energie e potenzialità come lo stesso diffondersi della malavita organizzata
che non è da ritenersi effetto «naturale» della miseria meridionale: anzi, vale il contrario, la povertà è conseguenza di un sistema malato e malavitoso. Che fare, allora? Per fare uscire il Sud da questa sempre più evidente emarginazione non bastano misure «speciali» o «straordinarie», ma l’inclusione programmata e efficace delle opere e delle azioni per il Sud nel quadro delle grandi scelte e dei grandi progetti nazionali, e non solo, di crescita e di sviluppo. Il Sud può essere utile anche al Nord? – si chiede Soriero nel suo libro. “Il Mezzogiorno – spiega Soriero - è oggi una realtà fragile, in ritardo di sviluppo, bisognosa di superare la spirale dell’assistenzialismo, e contemporaneamente ricca di energie positive nel territorio e nella società civile. L’intervento pubblico straordinario verso il Sud è stato, nel passato, gelosamente tutelato come il mezzo per risvegliare l’economia, ma le premesse su cui si basava si sono dimostrate, con il tempo, fallaci. Da più parti – continua Soriero - si ritiene ancora che il Mezzogiorno-Prometeo, accompagnato per mano dallo Stato, possa finalmente liberarsi dalle catene opprimenti che lo costringono a condizioni di debolezza strutturale. È questa lettura errata a impedire un’analisi veritiera della situazione.” Come e quando questa parte dell’Ita-
Graziano Delrio lia potrà essere pienamente coinvolta nelle nuove sfide nazionali ed europee indotte dagli scenari della globalizzazione? Il Governo cerca di rispondere a questo quesito con il PON che può contare su un budget complessivo di 1.8 miliardi di euro, di cui il 75% rinveniente dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), cioè 1, 382 miliardi, e il 25% di cofinanziamento nazionale, 460 milioni circa, come stabilito dall’Accordo di partenariato. “Il Pon stabilisce che la programmazione e la gestione concertata delle progettualità dovrà avvenire secondo Aree Logistiche integrate – afferma il Mini-
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stro delle infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio – e sono cinque quelle che abbiamo identificato: Quadrante sud orientale della Sicilia, Polo logistico di Gioia Tauro, Sistema pugliese, Area Logistica campana, Quadrante occidentale della Sicilia. Tra i maggiori progetti identificati, il completamento di alcune delle progettualità ferroviarie e portuali avviate con il Programma Reti e Mobilità 2007-2013, la realizzazione di alcune tratte ferroviarie delle linee AV/AC Napoli-Bari e Palermo-Catania, la realizzazione della filiera della logistica digitale attraverso lo Sportello Unico Doganale, il Single MaritimeWindow delle Capitanerie di Porto e il completamento della Piattaforma Logistica Nazionale – UIRNet”. Il Programma operativo nazionale Infrastrutture e Reti 2014-2020, la cui gestione è in capo al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e la cui strategia si colloca nell’Obiettivo tematico 7 “Mobilità sostenibile di persone e merci” dell’Accordo di partenariato 2014-2020, è stato stipulato nell’autunno 2014 tra la Commissione europea e l’Italia ed è stato approvato in via definitiva il 29 luglio scorso dalla Commissione Europea. La finalità principale del
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Programma è la promozione di sistemi di trasporto sostenibili e l’eliminazione delle strozzature nelle principali infrastrutture di rete, attraverso il finanziamento progetti collocati in 5 regioni del Sud Italia: Campania, Calabria, Sicilia, Puglia e Basilicata, ovvero le Regioni “Obiettivo Convergenza”, quelle per le quali la politica di Coesione comunitaria punta ad investire al fine di portarle a convergere verso i parametri socio-economici della media del resto dell’Unione. “L’approvazione del Programma - dichiara il Ministro Delrio – è arrivata a seguito di un percorso di collaborazione costante con gli uffici della DG Regio della Commissione europea, e grazie agli sforzi mirati al soddisfacimento (completo o in ogni caso in corso) delle condizionalità ex ante, a cui l’erogazione dei finanziamenti è subordinata: tra gli altri, la revisione della stesura delll’Allegato Infrastrutture al Documento di Economia e Finanza, l’approvazione del Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica, la riforma del Codice degli Appalti e la finalizzazione di un Piano di Rafforzamento Amministrativo che consenta una riorganizzazione degli Uffici ministeriali dedicati all’utilizzo dei fondi comunitari e
a un importante programma di capacity building”. “In accordo con la Commissione – concludeDelrio – per quanto riguarda il Pon in conclusione, 2007 – 2013, vista la aumentata capacità di spesa e la ripresa di lavori sbloccati, abbiamo potuto infine potuto definire varie misure per poter permettere l’esecuzione dei progetti previsti”. Giuseppe Soriero, nato nel 1950, laurea in Architettura, è presidente dell’Associazione culturale IL CAMPO Idee per il futuro e docente di Storia dell’intervento pubblico nell’economia del Mezzogiorno all’Università di Catanzaro. È stato segretario regionale della Calabria e componente della Direzione nazionale del Pci; eletto deputato nelle liste dell’Ulivo, dal 1996 al 1998 sottosegretario al ministero dei Trasporti nel governo Prodi, è stato presidente del Comitato interministeriale per lo sviluppo dell’area portuale di Gioia Tauro e responsabile dei Ds per la Logistica. Nel 2007 è stato nominato consigliere a Palazzo Chigi come esperto di cooperazione culturale nel Mediterraneo. È componente del comitato di presidenza della Svimez. Patrizia Lupi
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