Il nuovo Istituto Archeologico Germanico di Roma

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nuovo Istituto Archeologico Germanico di Roma UN INTERVENTO DI RECUPERO DEL MODERNO

Il nuovo Istituto Archeologico Germanico di Roma

UN INTERVENTO DI RECUPERO DEL MODERNO

EDITORE E PROGETTO EDITORIALE PPAN Comunicazione e networking www.ppan.it INSULA via Ostiense 177/c – 00154 Roma www.insulainrete.it © 2022 PPAN TUTTI I DIRITTI RISERVATI
FOTO A PAG. 28,29,35,36,40,41,43 © PAOLO FUSCO
Chi siamo 6 La storia della sede 14 L’iter del progetto 24 La riqualificazione dell’Istituto 30 Indice
6 7 160 GARE 80 CONCORSI DI PROGETTAZIONE 20 ANNI DI ATTIVITÀ 30 OPERE REALIZZATE 135 INCARICHI Chi siamo

Insula e il suo rapporto con Roma

Design italiano per la cultura tedesca nella Capitale

Il legame tra Insula e la Capitale si consolida venti anni fa, quando, nel 2002, gli architetti Eugenio Cipollone e Paolo Orsini insieme all’ingegnere Roberto Lorenzotti hanno fondato la società di ingegneria chiamandola “Insula”, ispirandosi all’elemento fondativo della città di Roma e scegliendo come logo l’Isola Tiberina stilizzata. Mentre lavoravano alla riqualificazione urbana dell’area basilicale di San Paolo fuori le mura, in occasione del Giubileo del 2000, i tre soci avevano “scovato” una vecchia struttura nel cuore del quartiere storico di Ostiense. Era un laboratorio di falegnameria, che fu poi trasformato in un open space suddiviso in un grande spazio di lavoro, una biblioteca adibita anche a sala riunioni, un archivio e una sala per plastici. Questo luogo è rimasto la sede di Insula e la forte connessione con la città parte proprio dalle radici profonde che il team ha instaurato con questo quartiere: un’area urbana che negli ultimi 20 anni è stata protagonista di una profonda

trasformazione, passando da zona industriale “periferica”, dominata dalla presenza della storica Basilica, a polo vivace e brulicante di attività, grazie anche all’apertura delle nuove sedi dell’Università di Roma Tre, alla presenza di musei come la Centrale Montemartini, alle trasformazioni delle grandi aree monofunzionali come gli ex Mercati generali e il Gazometro. Oggi il quartiere Ostiense propone una ricca offerta culturale e ricreativa con locali, bar e ristoranti che danno vita ad una combinazione di formazione e produttività creativa che anima le vie e le strade nell’intero arco della giornata.

I progetti dello studio Insula a Roma spaziano su diverse scale di intervento dalla dimensione urbana, con attenzione allo spazio pubblico anche in contesti archeologici alla progettazione degli interni per importanti complessi immobiliari, sia a destinazione residenziale che per uffici e attività ricettive.

Committenza internazionale e stile italiano per un luogo della formazione e della cultura dove il patrimonio immobiliare esistente viene valorizzato con la ricerca dell’eccellenza nel progetto architettonico per dare una casa al centro dedicato agli studi archeologici. Questo è il Deutsches Archaeologisches Institut (DAI), oggi.

NEL 2013, LA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA, RAPPRESENTATA DAL MINISTERO FEDERALE PER I TRASPORTI, L’EDILIZIA E LO SVILUPPO URBANISTICO, HA BANDITO LA GARA EUROPEA DI PROGETTAZIONE, CHE È STATA VINTA NEL 2014 DALLO STUDIO INSULA ARCHITETTURA E INGEGNERIA SRL IN ASSOCIAZIONE CON WENZEL+WENZEL, BOLLINGER+GROHMANN E IGP.

«Ci siamo aggiudicati questa gara molto prestigiosa e nei successivi otto anni, fra attività progettuali e cantiere, ci siamo relazionati costantemente con le autorità di Berlino e con il ministero preposto, per dare forma alle aspettative della committenza. Un motivo di orgoglio poter lavorare su questo progetto» racconta l’architetto Eugenio Cipollone.

Sulla base delle esperienze precedenti e del know-how conseguito negli anni, Insula ha individuato le linee guida strategiche per l’efficace gestione di una commessa con committenza internazionale. Il team di progettazione, infatti, aveva già svolto per le autorità di Berlino numerosi interventi nella Capitale, tra cui il restauro dell’Accademia tedesca Villa Massimo e la Cancelleria dell’ambasciata tedesca.

Grazie alle competenze specialistiche coinvolte è stato garantito un continuo raccordo tra esigenze e norme in vigore nei due paesi.

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SEDE PARCO SCHUSTER UNIVERSITÀ DEGLI STUDI ROMA TRE BASILICA SAN PAOLO FUORI LE MURA MAP-MARKER-ALT ROMA, QUARTIERE OSTIENSE

Oltre 70 le sedi internazionali tra accademie e istituti stranieri a Roma

Arte, cultura e spiritualità tedesca nella Città Eterna

La Città Eterna può vantare un tesoro poco conosciuto dagli stessi romani: oltre 70 istituti di cultura e accademie straniere hanno aperto negli anni una sede a Roma, sulla scia del grand tour, spesso con prestigiose e imponenti residenze circondate da parchi e giardini. Luoghi in cui viene raccontata e rappresentata quotidianamente la cultura, storica e contemporanea, di popoli vicini e lontani, attraverso spazi ed eventi (biblioteche, conferenze, convegni e incontri tra studiosi esteri e locali, concerti, rappresentazioni teatrali, proiezioni di film, mostre). Una rete articolata e in alcuni ambiti, come ad esempio quello dell’archeologia, molto coesa; particolarmente interessante è l’Unione internazionale degli istituti di archeologia, storia e storia dell’arte in Roma, di cui fanno parte cinque istituti culturali germanici fra cui il DAI . Questo patrimonio culturale è

stato reso noto ad un pubblico più vasto sin dal 2010 dall’assessorato alla Cultura di Roma Capitale attraverso la creazione di un’apposita piattaforma che ha creato un sistema virtuoso tra il Comune e le istituzioni culturali straniere presenti nel suo territorio. Il progetto è stato poi portato avanti dal Campidoglio stesso e da alcune fra le più importanti università pubbliche e private della città, aprendo così nuove possibilità di conoscenza e di approfondimento ad un numero sempre più vasto di studiosi, ricercatori, amanti delle arti e delle scienze, ma anche a semplici curiosi. Gli istituti e le accademie in genere erogano borse di studio – molto conosciute le attività delle accademie germanica, francese, americana e spagnola, fra le tante – e sono quindi luoghi in cui i borsisti portano avanti i loro progetti che hanno come tema la città di Roma declinata in base agli ambiti disciplinari di provenienza, dalla storia, all’arte, al design.

Le relazioni culturali fra l’Urbe e la Germania sono molto forti e si sostanziano con un’estesa rete di istituzioni tedesche che si stabiliscono in città a partire dal XIX secolo, quando Roma consolida il suo ruolo di centro internazionale della cultura umanistica. Punto nodale della civiltà occidentale e luogo centrale della memoria e della cultura, la Capitale ha sempre esercitato una fortissima attrazione per quanti si occupano di archeologia, di scienze storiche e di storia dell’arte. La presenza di un gran numero di artisti, che a partire dalla metà dell’800 si spostano in riva al Tevere, favorisce la fondazione di accademie nazionali.

La passione per la Caput mundi, sostenuta dalle teorie artistiche di Johann Joachim Winckelmann e dall’interesse per le arti antiche, è il motivo che attrae molti artisti e studiosi tedeschi, che desiderano provare le esperienze descritte da Johann Wolfgang von Goethe nel suo “Viaggio in Italia”.

Oggi la Città Eterna ospita numerosi istituti culturali gestiti dalla Germania, che pubblicano riviste scientifiche e collane di studi e svolgono una intensa attività di promozione culturale e di scambio fra i paesi.

Accanto al DAI in assoluto la più antica istituzione scientifica della Germania all’estero sin dal 1829, sono attivi la Casa di Goethe l’unico museo tedesco all’estero, dedicato a all’artista di Francoforte e al suo viaggio nella Penisola compiuto dal 1786 al 1788, realizzato nell’abitazione di via del Corso dove soggiornò durante la sua permanenza nella città; l’ Istituto storico germanico (DHI) fondato nel 1888 con lo scopo di condurre ricerche interdisciplinari e trasversali sulla storia italiana e la storia della musica, nonché su quella dei rapporti italotedeschi dall’alto medioevo ad oggi, la Biblioteca Hertziana che dal 1913 si occupa di storia dell’arte ed è considerata uno dei più

importanti istituti di ricerca al mondo per la materia e l’architettura; l’Accademia tedesca Villa Massimo, nata nel 1910, che ospita artisti attivi nel campo dell’arte figurativa, della letteratura, della musica e dell’architettura, elargendo borse di studio e organizzando attività culturali.

Non molto distante dal DAI c’è poi il Goethe institut , che ha lo scopo esplicito di diffondere la lingua e la cultura tedesca all’estero e sostenere la cooperazione culturale con il nostro paese.

La Scuola germanica della Capitale è riconosciuta sia dallo stato italiano che da quello tedesco e abilita allo studio universitario in Italia ed in Germania.

Punto di riferimento per la comunità tedesca a Roma, il DAI è legato alla Chiesa evangelica luterana che ha la sua sede proprio in via Sicilia a due passi dall’Istituto, facilmente riconoscibile nel contesto edificato (con mix di strutture per l’ospitalità, uffici e residenze) grazie al suo campanile. La comunità evangelica luterana di Roma è nata nel 1817 grazie all’operato dell’allora segretario della legazione prussiana presso la Santa Sede, Christian Bunsen, che, dopo essere diventato ambasciatore di Prussia, ospitò a Palazzo Caffarelli proprio il nascente Istituto di Corrispondenza Archeologica.

AL CENTRO: JOHANN WOLFGANG VON GOETHE
A DESTRA: CHIESA EVANGELICA LUTERANA, VIA SICILIA, ROMA
VILLA BORGHESE GOETHE INSTITUT BIBLIOTECA HERTZIANA
DAI
MAP-MARKER-ALT ROMA, QUARTIERE LUDOVISI

Ricostruzione e democrazia, eccellenze che insegnano

sorprendente e meraviglioso constatare l’eccezionalità e la ricchezza dell’Istituto archeologico germanico nel cuore della nostra città». Con queste parole l’assessore alla Cultura di Roma Capitale, Miguel Gotor, ha commentato l’impegno importante che ha visto protagonista il governo tedesco e professionisti dello studio Insula per il recupero di uno degli edifici più importanti per gli studiosi di archeologia di tutto il mondo.

«Questa progettualità guarda al futuro e si fonda su un forte rapporto negli ambiti della storia e dell’archeologia, tra Roma e l’Italia con la Germania, che nel 1960 decise di realizzare qui questo edificio. Il tutto all’insegna della ricostruzione, della democrazia e dei rapporti tra il nostro paese e la Repubblica federale all’interno dell’Europa».

«In questi anni c’è stato un importante sforzo anche da un punto di vista economico da parte del governo di Berlino per una ristrutturazione partita da esigenze di adeguamento antisismico che lo avevano portato alla chiusura per quasi dieci anni».

«Tra pochi mesi questo edificio tornerà ad essere un regalo per tutti, romani, italiani, tedeschi che potranno godere di questo splendido edificio, con uno spirito che è quello di un’Europa bella e democratica» ha concluso l’assessore.

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PRESS TOUR NEL CANTIERE DEL DAI, 8 FEBBRAIO 2022
È
LAVORI NEL CANTIERE DEL DAI

La storia della sede

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Dal Campidoglio a via Sardegna

Istituto archeologico germanico di Roma è nato dall’evoluzione dell’Istituto di corrispondenza archeologica fondato nel 1829 sul Campidoglio, nella Villa Caffarelli sede dell’allora ambasciata di Prussia. Nel 1836, ancora in quella zona, fu inaugurato il primo edificio nella cosiddetta Casa Tarpea, di cui oggi rimane visibile solo il frontone che si trova accanto all’ex ospedale teutonico. Fin dalle origini l’intento era quello di creare un luogo di scambio per gli studiosi di archeologia, che potevano anche essere ospitati nei suoi alloggi. Nel 1859 le autorità prussiane iniziarono a finanziare il centro che, potendo contare su una crescente collezione di volumi, avvertì l’esigenza di una nuova sede più capiente e funzionale. Il trasferimento avvenne nel 1877 sempre nella zona adiacente al Campidoglio dove rimase fino al 1915 con l’entrata in guerra dell’Italia nella Prima guerra mondiale.

Nel 1924 Il Deutsches archaeologisches institut (DAI) si trasferì nella canonica accanto alla chiesa luterana di via Sardegna dove rimase per quasi 40 anni, finché nel 1962 la Repubblica federale di Germania realizzò il nuovo edificio, il primo all’estero dalla fine del Secondo confitto mondiale.

Il DAI è rimasto nella sua sede fino all’8 settembre del 2009, ultimo giorno di apertura al pubblico, quando ricominciarono gli spostamenti in diverse sedi provvisorie fino ad arrivare nell’adiacente via Sicilia.

La sua storia e quella dei suoi innumerevoli spostamenti stanno volgendo finalmente al termine: la nuova sede verrà infatti riconsegnata prima dell’estate, e riaprirà al pubblico entro il 2022.

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FONDAZIONE DELL’ISTITUTO DI CORRISPONDENZA ARCHEOLOGICA SUL CAMPIDOGLIO INAUGURAZIONE DEL PRIMO EDIFICIO NELLA COSIDDETTA CASA TARPEA LE AUTORITÀ PRUSSIANE INIZIANO A FINANZIARE COSTANTEMENTE L’ISTITUTO
TRASFERIMENTO NELLA ZONA ADIACENTE AL CAMPIDOGLIO FINO ALLO SCOPPIO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE NEL 1915
L’ 1924 1962 2006 2022
TRASFERIMENTO DEL DAI NELLO STABILE DI VIA SARDEGNA ACCANTO ALLA CHIESA LUTERANA
LA REPUBBLICA FEDERALE TEDESCA REALIZZA LA NUOVA SEDE, LA PRIMA ALL’ESTERO DALLA FINE DEL SECONDO CONFLITTO MONDIALE, GRAZIE AI LAVORI REALIZZATI DALL’IMPRESA PASQUALUCCI
RICONSEGNATA LA NUOVA SEDE CHE RIAPRIRÀ AL PUBBLICO ENTRO LA FINE DELL’ANNO
ULTIMO ANNO DI APERTURA AL PUBBLICO. DIVERSE SEDI PROVVISORIE FINO AD ARRIVARE IN VIA SICILIA CHE TUTT’OGGI OSPITA LA SEDE

L’Istituto archeologico più antico e più ricco di storia

Fin dalle origini l’idea dei fondatori è stata quella di creare una comunità archeologica europea Un concetto che ha preceduto quello dell’Unione europea dal punto di vista politico. All’inizio si chiamava “Istituto di corrispondenza archeologica” ed era nato per dar vita ad una rete di studiosi e corrispondenti in tutto il Mediterraneo in un periodo in cui nessuno parlava dell’Europa come se ne parla oggi. I promotori puntavano a riunire tutte le informazioni sui nuovi scavi e sull’archeologia in un periodo, la prima metà dell’Ottocento, in cui questa non era stata ancora definita come disciplina. Da questo punto di vista l’Istituto germanico di Roma è stato un precursore e ha ricoperto un ruolo decisivo anche per la storia della materia stessa.

Il sogno avveniristico di questi pionieri era di collegare a livello continentale e internazionale tutti i ricercatori operanti nel campo archeologico e di mettere gli studiosi in contatto tra loro, offrendo l’opportunità di spostarsi da un Paese all’altro e di avere ospitalità per continuare a portare avanti i loro progetti. Un canale ancora oggi attivissimo grazie a premi, borse di studio e ospitalità in foresterie presenti nella maggior parte degli istituti sparsi nel mondo. Il DAI è strutturato come una grande rete di centri culturali in ambito archeologico, la maggior parte dei quali situati nei Paesi del Mediterraneo, con dipartimenti ad Istanbul, Il Cairo, Atene, Madrid, ma anche a Teheran, Baghdad, Damasco, Sanaa fino a Ulan Bator e Pechino. La sede di Roma rimane quella più antica e, con la sua straordinaria biblioteca con oltre 240mila volumi, la più grande.

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LAVORI NEL CANTIERE DEL DAI NEGLI ANNI
‘60

Un patrimonio librario inestimabile

240mila

L’occhio attento del direttore della biblioteca Thomas Fröhlich non si allontana, mentre mostra il libro più antico in suo possesso: si tratta di una breve guida della Città Eterna dal titolo “Mirabilia Romae”, un incunabolo pubblicato tra il 1473 e il 1482

Le “Mirabilia” non sono un pezzo unico: ci sono anche il voluminoso tomo di Carlo Fontana del 1725 sull’Anfiteatro Flavio che descrive Roma nel 1719, e un volume su Selinunte del 1910 redatto dai francesi Jean Hulot e Gustave Fougères. Questi e molti altri sono i saggi che compongono oggi un patrimonio prezioso che grazie anche alla generosità di professori che facevano parte dell’Istituto di corrispondenza archeologica e da docenti stranieri si è via via arricchito.

Nel biennio 1834 - 1836 l’inventario contava 4mila titoli, ma dal 1859 in poi lo Stato prussiano stabilì un budget fisso di finanziamento per

l’acquisto di copie rare, il che permise alla raccolta di crescere. La più grande biblioteca archeologica d’Europa annovera copie originali di Giambattista Piranesi e opere di Winckelmann.

Alla raccolta si unisce un fondo Platneriano dell’ordine di 6mila volumi di storia delle città: negli anni l’Istituto ha visto crescere i suoi numeri grazie alla generosità di diversi esperti, e in particolare dello studioso e libraio Parthey che ha regalato alla biblioteca una collezione di circa 5mila libri di filologia classica, con edizioni del Seicento e del Settecento. Il fulcro della biblioteca riguarda i Paesi del Mediterraneo e comprende testi di varie discipline afferenti alle scienze dell’antichità, come la filologia classica, la storia antica, l’archeologia delle province romane, quella del vicino oriente e l’egittologia. Attualmente oltre ai 240mila volumi, il DAI è dotato anche di un’importante fototeca con 300mila immagini e 200mila negativi che testimoniano tanti anni di attività degli studiosi.

20
LIBRI
5mila
TOMI DI FILOLOGIA CLASSICA BIBLIOTECA DEL DAI
6mila
VOLUMI DI STORIA DELLE CITTÀ

Winckelmann è il fondatore spirituale dell’Istituto

Il professor Ortwin Dally, direttore dell’Istituto, racconta com’è fatto l’edificio nei suoi luoghi essenziali: archivio, biblioteca e fototeca. Tre aree che sono il cuore per chi fa ricerca archeologica in Europa. Non senza un pizzico di orgoglio ricorda che quella romana è la più ricca e completa, non solo tra DAI ma anche tra i centri culturali della Capitale.

Altro motivo di vanto per Dally sono i testi di Johann Joachim Winckelmann: pur non trattandosi di una collezione completa sono comunque libri di uno studioso il cui approccio metodologico ha definito la storia dell’arte, e non a caso puntualizza: «Si può dire che Winckelmann fu il fondatore spirituale dell’Istituto. Qui sono conservati tutti gli scritti sulle scoperte archeologiche dell’Europa, i trasferimenti dei marmi di Elgin dal Partenone al British Museum di Londra. I nuovi scavi di Etruria a Vulsci o quelli in Puglia e Campania».

Per quanto riguarda il ruolo del centro capitolino all’interno della rete culturale il direttore sottolinea come: «La collaborazione con gli altri complessi presenti a Roma sia forte e continua, importante anche il rapporto con le tre Università presenti. Questa città è un luogo essenziale ed è anche la Capitale culturale d’Europa cui siamo collegati sotto il tetto dell’Unione. Studiosi e archeologi da tutto il mondo e, soprattutto, da tantissime università europee passano per il nostro Istituto, abbiamo una media di circa 120 visitatori al giorno. Il DAI è stata una casa fondamentale per gli studi archeologici perché ha facilitato lo scambio, il dialogo, il confronto tra informazioni e conoscenze. Ha rafforzato la disciplina».

Dally ha infine sottolineato il ruolo del centro e della sua connessione con la chiesa luterana e la comunità evangelica, uno dei motivi per cui negli ultimi anni si è optato per rimanere nel quartiere, spostandosi solo di pochi metri.

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ANTON RAPHAEL MENGS, JOHANN JOACHIM WINCKELMANN (1755 CIRCA); OLIO SU TELA, METROPOLITAN MUSEUM OF ART, NEW YORK FOYER DELLA SALA CONFERENZE FACCIATA DEL DAI SU VIA SARDEGNA

L’iter del progetto

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Un viaggio lungo dieci anni

Nel 2009, a seguito di verifiche relative alla sicurezza antisismica , sono state rilevate nell’edificio di via Sardegna diverse criticità che hanno portato alla decisione di effettuare un radicale intervento di adeguamento sismico.

La riqualificazione e ristrutturazione completa dell’intero edificio, sia a livello impiantistico che architettonico, prende le mosse quindi dalla necessità di operare sulle strutture portanti e dalle mutate esigenze funzionali dell’Istituto.

È stato un percorso lungo, con un iter burocratico e progettuale durato più di dieci anni, e una fase di cantiere più concentrata. La responsabile del procedimento per conto dell’Ufficio federale per l’Edilizia e l’assetto territoriale (BBR), Annette Landgraf, ha sottolineato come il progetto abbia mantenuto intatta l’impostazione funzionale dell’edificio, così come da esigenze prioritarie espresse dalla committenza: l’ingresso, la sala conferenze, la biblioteca sono state rinnovate, ma la loro collocazione non è stata cambiata rispetto alla precedente configurazione.

«Solitamente – racconta la Landgraf – quando lavoriamo all’estero privilegiamo progettisti e imprese tedesche, ma qui in Italia ci siamo affidati ad un pool di progettisti e imprese locali, e la scelta si è rivelata vincente. È stato fondamentale avere dei partner che conoscessero leggi e norme del paese nel quale stavamo operando. Per non parlare degli ulteriori rallentamenti che avremmo potuto avere in questi ultimi anni di pandemia».

L’impresa Pasqualucci e il doppio legame con il DAI

La storia dell’impresa Pasqualucci, nata nel 1945 a Marghera, vicino Venezia, e arrivata a Roma nel 1956 si intreccia fin da subito con quella dell’Istituto archeologico germanico. Dopo solo due anni dall’arrivo nella Capitale il nonno dell’attuale proprietario cominciò i lavori di costruzione del primo edificio che ospitava il DAI, intervento che si concluse nel 1960. Oggi, 60 anni dopo, la stessa impresa è al lavoro per il medesimo edificio, sempre per conto dello stato tedesco. Corsi e ricorsi della storia.

Le tappe e le risorse

Till Bermbach , responsabile della gestione dei progetti edilizi in Europa per il BBR, ha seguito le sorti dell’Istituto fin dalla metà degli anni ‘90, un tempo in cui le risorse e gli investimenti sono stati misurati. Si è partiti con una somma minima, che avrebbe permesso solo interventi di manutenzione ordinaria, concentrati quasi esclusivamente sulle misure antincendio e nell’acquisto di nuovi testi.

All’inizio degli anni 2000 il ministero decise di approntare un progetto orientato principalmente al rinnovo della biblioteca e della facciata principale. La somma stanziata era di circa cinque milioni di euro, ma durante le prime fasi di cantiere ci si rese conto che le opere strutturali esistenti non erano conformi alle norme vigenti e che non si poteva evitare un intervento radicale. A quel punto si è deciso di procedere con un progetto integrato di adeguamento strutturale, efficientamento impiantistico ed energetico e di valorizzazione architettonica. Lo stanziamento è cresciuto fino a 20 milioni di euro, e per la normativa sull’appalto pubblico i servizi di progettazione sono stati rimessi a bando e riappaltati.

Ecco allora che nel 2013 è stata bandita la nuova gara, vinta da Insula architettura e ingegneria insieme a Wenzel+Wenzel e Bollinger+Grohmann. «Tempi così lunghi per un progetto all’estero sono la norma soprattutto per le sedi di ambasciata e Goethe institut nel mondo» spiega Bermbach. «Normalmente però – puntualizza –una volta deciso lo stanziamento economico, si va veloci. In questo caso l’allungamento dei tempi registrato dal 2013 ad oggi è dovuto all’estrema complessità del progetto, alla modalità di esecuzione delle opere strutturali da portare a termine e dalla complessità delle funzioni da integrare. Insomma, la natura stessa dell’edificio ci ha condizionato. Senza trascurare l’importanza di realizzare interventi di questo tipo nel cuore di una città ricca di storia come Roma».

Hanno influito sulla tempistica fattori come le importanti dimensioni dell’immobile, il ricco patrimonio da allocare e il ruolo attivo del ministero, che approva ogni singolo intervento. «Ai progettisti è stato affidato il compito di mettere insieme tutti questi requisiti e farli diventare coerenti con un solo programma, quello del DAI» conclude Bermbach.

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B A NDO CHIUSUR A ISTITUTO 2013 2009
PROGETT O CANTIER E 2014–2018 2019–2022 CANTIERE NEGLI ANNI ‘60
28 29 LAVORI NEL CANTIERE DEL
DAI

La riqualificazione dell’Istituto

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Com’era

La sede attuale del DAI in via Sardegna è stata realizzata nel 1962 dall’impresa Pasqualucci. Il progetto era firmato dall’architetto Karl Georg Siegler e dall’ingegner Enzo Giannini per la parte strutturale, che si avvalsero della consulenza dell’architetto Annibale Vitellozzi, autore di importanti opere romane quali, ad esempio, il fabbricato di testa della Stazione Termini e il Palazzetto dello Sport.

Il DAI è il primo edificio costruito dalla neonata Repubblica federale di Germania al di fuori dei propri confini nazionali, dopo la Seconda guerra mondiale. Le caratteristiche architettoniche dell’edificio raccontano il periodo storico, quando forte era l’esigenza di realizzare uno stabile altamente rappresentativo che fosse al contempo estremamente sobrio e razionale, evitando qualsiasi forma di retorica monumentale.

Due rettangoli accostati definiscono la pianta dell’edificio. Originariamente il palazzo sorgeva su due terreni di proprietà differenti, ed era caratterizzato da due sistemi strutturali distinti, separati da un giunto: il primo, tradizionale, a gabbia di cemento armato; il secondo, più innovativo, costituito da un’unica fila di pilastri centrali che sorreggono una trave principale su cui si innestano solai nervati a pignatte e travetti in cemento armato sorretti sulle due facciate da sottili pilastri. La differenza tra i due sistemi, evidenziata nella facciata posteriore dallo scarto volumetrico, è del tutto dissimulata nella facciata principale rivolta verso via Sardegna che risulta unitaria e scandita dal passo regolare dei pilastri rivestiti in marmo.

L’intero edificio è caratterizzato da un basamento scuro rivestito in marmo serizzo antigorio grigio a spacco, sormontato da un volume chiaro rivestito di travertino romano e marmo di Carrara. Lungo complessivamente 52 metri e largo 18, il fabbricato si sviluppa su cinque livelli fuori terra, a cui si aggiungono un attico e due piani interrati per complessivi 6mila metri quadrati di superficie.

Le funzioni dell’Istituto archeologico germanico:

• una biblioteca a libera consultazione con tre sale lettura;

• due piani di magazzini e depositi di libri;

• una fototeca molto ricca di immagini e di negativi;

• una sala conferenze da 150 posti;

• una sala con il fondo Platneriano utilizzabile anche come sala conferenze da 50 posti;

• uno spazio espositivo per mostre temporanee;

• 35 uffici per complessivi 50 addetti;

• una foresteria in grado di accogliere fino ad un massimo di otto ospiti;

• un alloggio per il custode;

• un garage interrato;

• un giardino interno;

• un soggiorno comune con terrazza.

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LAVORI
NEL
CANTIERE DEL DAI NEGLI ANNI
‘60 IN ALTO: FACCIATA
TRA VIA SARDEGNA E VIA TOSCANA
AL CENTRO: SALA
LETTURA
IN BASSO: SALA
PLATNERIANA

Come sarà

identità storica del manufatto e la conservazione delle caratteristiche di spazialità e funzionalità dei suoi ambienti più rappresentativi – come la grande sala conferenze a doppia altezza o la sala di lettura della biblioteca articolata su due livelli con il grande ballatoio centrale – definiscono il valore dell’impostazione progettuale.

Ilavori di adeguamento strutturale hanno comportato la necessità di consolidare i telai senza smontare la facciata principale, restaurata.

La soluzione del problema si è basata su una combinazione di scelte, volte al più attento recupero dell’efficienza delle strutture esistenti:

• eliminazione del giunto tra due sistemi strutturali dell’edificio;

• sostituzione dei due principali corpi scala esistenti;

• realizzazione di strutture verticali supplementari nelle zone che necessitavano di maggiore irrigidimento;

• cerchiatura di pilastri e travi esistenti;

• consolidamento di tutti i travetti dei solai nervati;

• inserimento, ove necessarie, di travi a spessore nello spazio tra i travetti.

Altro fattore di grande complessità è stata l’integrazione architettonica della dotazione di impianti, anche a causa della ridotta altezza interpiano che caratterizza l’edificio. Per assicurare un’adeguata sovrabbondanza di spazi per l’impiantistica, si è deciso di:

• realizzare quattro nuovi cavedi verticali per la distribuzione degli impianti;

• dedicare metà della superficie dell’attico a locali tecnici per alloggiare il gruppo frigo, le due unità di trattamento aria e la centrale idrica.

Il comfort ambientale è stato garantito da:

• un sistema misto di pavimentazioni radianti integrate con fan-coil per compensare picchi di temperatura, consentendo regolazioni individuali e garantendo il comfort ambientale;

• un impianto di trattamento e ricambio d’aria è stato progettato e realizzato nelle due sale conferenze, nelle tre sale lettura, nella fototeca e nello spazio mostre.

La dotazione impiantistica per la sicurezza antincendio ha richiesto la realizzazione di:

• un sistema di rilevazione incendi misto ottico e ad aspirazione;

• un impianto di spegnimento a gas inerti per i locali di stoccaggio dei libri;

• un impianto di spegnimento a water-mist per le sale lettura delle biblioteche.

Infine, altro tema delicato, quello organizzativo. «Non indifferente la questione logistica – racconta l’architetto Cipollone – considerando che in questa zona di Roma le aree dedicabili al cantiere sono inesistenti: l’impresa Pasqualucci ha dovuto introdurre soluzioni inedite inserendo ad esempio le due gru all’interno dei cavedi degli ascensori. Non solo, è stata affittata una parte del giardino della chiesa luterana adiacente per lo stoccaggio dei materiali».

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L’
LAVORI NEL CANTIERE DEL DAI PIANTA E SEZIONE LONGITUDINALE DEL PROGETTO

Le richieste della committenza, l’approccio del team di progettazione

Riqualificare la sede del DAI è stato un impegno affascinante. «Quando abbiamo vinto la gara –racconta l’architetto Cipollone, partner di Insula – la consapevolezza della delicatezza e dell’importanza del progetto ci sono parsi sin dall’inizio una sfida entusiasmante: la commessa era in Italia, ma si trattava di un’opera pubblica finanziata dalle autorità tedesche. Il concept a base di gara, frutto dei tanti compromessi tecnici susseguitisi dal 2006 fino a quel momento, non ci convinceva completamente: il progetto appariva, per certi versi, irrealizzabile, ma rimetterlo in discussione avrebbe potuto comportare ritardi non graditi alla committenza».

La complessità dell’opera è determinata dalla molteplicità dei vincoli di progetto: gli infissi in alluminio bronzo, ad esempio, erano stati appena sostituiti, così come era stato interamente rifatto il rivestimento della facciata principale. Un primo passo è stato quindi quello di trovare il consenso della committenza al fine di riuscire ad eseguire tutti gli adeguamenti necessari senza compromettere il lavoro fatto sin ad allora.

«L’edificio era considerato un modello di efficienza fino ai lavori svolti durante i primi anni di questo secolo. Poi, nel corso dello svolgimento di indagini puntuali sui massetti, per un cambio di pavimentazione, si è scoperto invece che la struttura in cemento armato degli anni ‘60, era stata realizzata in modo sperimentale, senza armature a taglio, pertanto molto lontana dal rispettare le recenti normative antisismiche. Inoltre, la Germania – racconta Cipollone – aveva appena promulgato un decreto per tutelare la sicurezza dei

lavoratori e degli ospiti nelle sedi di istituzioni all’estero in zone sismiche, che stabiliva che gli edifici dovessero rispettare un certo margine di sicurezza; in alternativa, dovevano essere abbandonati per essere adeguati o ceduti. Le autorità di Berlino, messe al corrente della situazione, decisero di intervenire stanziando fondi integrativi in considerazione del fatto che almeno per i successivi 20 anni non sarebbero stati richiesti nuovi lavori».

Considerando la caratura internazionale e istituzionale della committenza, il progetto ha proposto un equilibrato intervento tra razionalismo e contemporaneità testimoniato anche dal bilancio tracciato dagli stessi progettisti.

«Rispetto all’edificio originario molte cose sembrano rimaste apparentemente inalterate – il commento dell’architetto Cipollone quasi a consuntivo – come, ad esempio, la sala conferenza a doppia altezza e la biblioteca che hanno mantenuto la stessa ubicazione.

Ci era stato chiesto di chiudere le doppie altezze per incrementare la superficie utile. Si è rivelata una scelta vincente quella di conservarle, garantendo che la capienza per il numero di volumi richiesta fosse rispettata, pur con 400 metri quadrati di superficie in meno rispetto a quanto previsto dal programma funzionale. Nonostante il lavoro delicato e meticoloso per avere, come da specifica richiesta del committente, delle aree da utilizzare anche come luoghi di conversazione e confronto di idee tra studiosi, sono stati ottimizzati tutti gli spazi di distribuzione e di servizio. Il risultato è che le sale che ospitano i libri in libera consultazione, nonostante tutto, sono state addirittura ampliate».

IL FOYER D’INGRESSO

L’ambiente di ingresso all’Istituto concilia esigenze e funzioni apparentemente incompatibili tra loro: un’area informativa, di accoglienza e di rappresentanza, uno spazio di attesa, la distribuzione agli uffici di piano, uno spazio espositivo e una nuova scala di sicurezza supplementare per la sala conferenze al piano superiore. Lo spazio espositivo è stato realizzato facendo scomparire nelle pareti le porte di accesso agli uffici rendendo così le pareti neutre. Un sintetico elemento architettonico, una sorta di “nastro” ligneo che lega il pavimento ed il soffitto, attraversa longitudinalmente tutto lo spazio di accesso ed accoglie il banco della reception integrando tutta l’impiantistica. Una nuova scala elicoidale a pianta rettangolare, un vero e proprio elemento scultoreo, si staglia davanti a una vetrata a doppia altezza costituendo l’elemento caratterizzante dell’atrio e un invito per il pubblico ad entrare nell’Istituto.

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LAVORI NEL CANTIERE DEL DAI

SALA CONFERENZE

La sala conferenze, con le sue grandi finestre a tutta altezza, è l’unico ambiente la cui presenza è evidenziata anche all’esterno dell’edificio. Si tratta di un ambiente lungo 20 metri, largo 9 e alto 6, dove le esigenze di prevenzione incendi hanno imposto la chiusura di un ballatoio superiore e il ridimensionamento del lato corto dell’ambiente, accentuandone le proporzioni in lunghezza.

Per attenuare questo effetto e riequilibrare lo spazio si è lavorato su tre diversi fronti: al centro, lo spazio della rappresentazione, con la platea in marmo fior di bosco grigio e una riproposizione del tema del nastro ligneo del foyer che raccorda il palco per gli oratori, la parete per le proiezioni, il controsoffitto acustico con gli impianti integrati per ridiscendere lungo la parete di fondo. Sul fronte esterno, la parete finestrata declina in un gioco di rivestimenti in legno la scansione strutturale dei pilastri della facciata, alternando paraste in boiserie di rovere e campi centrali in listelli verticali.

Sul fronte interno, la parete è articolata in una complessa sequenza di pilastri rivestiti in pietra da spacco e oro disposte su due ordini, separati da una grande trabeazione orizzontale in marmo serpentino. L’alternanza di piani verticali rivestiti in boiserie di rovere liscia o a listelli crea gli spazi per alloggiare la collezione di busti delle personalità che hanno contribuito a fondare la disciplina della ricerca archeologica, evocando la presenza di spettatori in quella che un tempo era la galleria.

LA BIBLIOTECA

La biblioteca a libera consultazione è articolata su quattro livelli, ma sono le due sale da 600 metri quadrati – poste rispettivamente al terzo e quarto piano – a conferire all’edificio un carattere unico e a rendere l’Istituto il luogo ideale dove concentrarsi sullo studio e sulle ricerche. Gli ambienti sono interamente occupati da scaffalature di libri, sovrapposte grazie agli scorci offerti dalla doppia altezza dello spazio. Nella zona centrale, sovrastata dal ballatoio perimetrale, sono concentrati i grandi tavoli di lettura. Tutti i soffitti sono realizzati con lamelle in materiale fonoassorbente che svolgono la duplice funzione di garantire il massimo confort acustico e di occultare tutte le complesse reti di distribuzione impiantistica di cui gli ambienti sono dotati.

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Sotto la lente della committenza

«Questo cantiere si distingue da tutti gli altri che abbiamo eseguito finora nel mondo. Il più simile è forse quello dell’ambasciata tedesca a Parigi, per l’analogia dal punto di vista del recupero», così si è espressa Caroline Bartel , responsabile del procedimento per conto dell’ufficio federale per l’edilizia e l’assetto territoriale. E la collega Annette Landgraf ha precisato che in Italia «ci sono grandi professionisti nel campo della ristrutturazione degli edifici storici che fanno sì che questi interventi vengano eseguiti al meglio, soprattutto quando realizzati da aziende e imprese in tandem. Con grande attenzione alla cura del dettaglio, tipicamente italiana».

Il valore dell’artigianato

Nonostante la complessità dell’opera e i tempi dilatati, progettisti sono sempre supportati dalle maestranze e dagli artigiani altamente specializzati dell’impresa, sotto la guida di un capocantiere con esperienza nel campo del restauro, e sono riusciti ad esprimersi in maniera originale anche nel trattamento dei materiali preziosi già presenti nell’edificio, cimentandosi in una raffinata operazione di riciclo dei marmi danneggiati. Una grande dimostrazione del saper fare italiano.

Nella fase di strip out tutti i rivestimenti in marmo e legno recuperati nell’edificio sono stati asportati, catalogati, protetti e archiviati. Una buona parte dei marmi pregiati, originali, sono stati salvati e integrati nel nuovo progetto.

Come espressamente richiesto dalla direzione dell’Istituto, sono stati riproposti rivestimenti in marmo verde alpi e travertino romano per le pareti, e il daino reale e del fior di bosco per le pavimentazioni. I marmi danneggiati in modo irrecuperabile sono stati oggetto di un’attenta operazione di riciclo: sono stati sottoposti ad un processo di macinatura, per ricavarne, dopo attenti studi cromatici e granulometrici, il pavimento alla veneziana scuro che riveste le sale lettura delle biblioteche e quello chiaro utilizzato per gli uffici e gli spazi comuni.

I frammenti delle grandi lastre del pavimento della sala Platneriana sono stati macinati e trasformati in grandi tessere di mosaico, disposte a completare il disegno concentrico impostato sulle lastre superstiti. Altri rivestimenti sono stati salvaguardati e riposizionati, come ad esempio i blocchi in serpentino nero che costituivano le scaffalature della sala Platneriana, integralmente riposizionati in sito, e il rivestimento in listelli di marmo e tessere di mosaico d’oro dei pilastri della sala conferenze.

Grandi superfici in boiserie di rovere si accostano armoniosamente alle superfici lapidee conferendo calore agli ambienti e contribuendo a raccordare tra loro le diverse superfici.

Materiali attentamente selezionati e cromaticamente accordati con gli elementi contemporanei orchestrano una varietà di ambienti dove la tradizione modernista si fonde con la contemporaneità in una struttura di nuova concezione e tecnologicamente all’avanguardia.

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LAVORI NEL CANTIERE DEL DAI

Dati e crediti

STAZIONE APPALTANTE

Bundesrepublik Deutschland (Repubblica Federale di Germania)

rappresentata dal Bundesministerium des Innern, für Bau und Heimat (Ministero Federale dell’Interno per la Costruzione e la Comunità) questo a sua volta rappresentato dall’ Bundesamt für Bauwesen und Raumordnung - BBR (Ufficio Federale per l’Edilizia e l’Assetto Territoriale)

RESPONSABILI DEL PROCEDIMENTO

BBR - Caroline Bartel BBR - Annette Landgraf

PROGETTISTA GENERALE

Insula architettura e ingegneria s.r.l. Wenzel+Wenzel Freie Architekten PmbB Eugenio Cipollone Matias Wenzel con Stefanie Modé

PROGETTAZIONI SPECIALISTICHE

Strutture: Bollinger + Grohmann Ingegneria s.r.l. Stefano Cammareri Christoph Duppel

Impianti: IGP GmBH Thomas Schwarzer Daniel Eberle Climater srl Paolo Torelli Giampietro Ricci

Prevenzione Incendi: Alessandro Temponi

CONSULENZE

Fisica della Costruzione: Bollinger + Grohmann GmBH Katja Bärenfänger

Lighting Design: Studio Illumina Adriano Caputo con Federica Cammarota

Interior Design: Silvia Morozzi

Paesaggio: Luca Catalano

DIREZIONE DEI LAVORI

Insula Architettura e Ingegneria s.r.l. Eugenio Cipollone

DLO

Roberto Lorenzotti Nicoletta Marzetti Stefanie Modé

SICUREZZA E COORDINAMENTO

Insula Architettura e Ingegneria s.r.l. Roberto Lorenzotti Nicoletta Marzetti

GENERAL CONTRACTOR

Impresa di Costruzioni ing. Enrico Pasqualucci s.r.l.

DIREZIONE TECNICA DI CANTIERE Ing. Martin Mauro Venerito Geom. Filippo Nubileti

RESPONSABILE DEI LAVORI Bureau Veritas Nexta - Ing. Giuseppe Capilli

PROJECT MANAGER

Bureau Veritas Construction Services GmbH Ing. Christian Gerlach

HANNO LAVORATO AL PROGETTO E AL CANTIERE

Paolo Orsini, Paolo Diglio, Andrea Giuffrida, Alessandro Porcai, Monica Monosilio, Annalisa Ruocco, Mariana Melo, Giovanna Corso, Elena Crespi, Giuseppe Cosenza, Katharina Gossen, Lucas Baumann, Pietro Leone, Alessandro Costa, Davide Alfonsi

CONSISTENZA

6.074 metri quadrati; 24.978 metri cubi

QUADRO ECONOMICO

26 milioni di euro

INSULA ARCHITETTURA E INGEGNERIA S.R.L. HA SVOLTO TRA IL 2013 E IL 2022 LE SEGUENTI ATTIVITÀ

Coordinamento generale, progetto preliminare, progetto definitivo, progetto esecutivo, coordinamento delle progettazioni specialistiche (strutture, impianti, acustica ambientale, involucro edilizio, prevenzione incendi), preparazione e assistenza alla gara di appalto, direzione dei lavori, assistenza al collaudo, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, smaltimento dei rifiuti nocivi.

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RISTRUTTURAZIONE DELL’ISTITUTO ARCHEOLOGICO GERMANICO
44 PPAN EDITORE

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