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Una rete per l’educazione contro il pensiero breve

di Vincenzo Buonomo*1

Realizzare i modi per “costruire insieme un futuro di pace”, è uno dei punti concreti dell’itinerario tracciato da Papa Francesco nel Patto educativo globale, perché il cammino pedagogico operi nel ricostruire scenari di convivenza capaci di armonizzare le iniziative e le pratiche che parlano di pace attraverso il disarmo, la sicurezza, la transizione post-conflitto. E allo stesso modo si impegni nella ricerca di quanto ostacola la pace, delle cause proprie, marcate dal sottosviluppo, dalla crisi ecologica, dalla mancata tutela dei diritti fondamentali.

Da questa indicazione l’Università Lateranense ha tracciato una strategia per “fare rete”, per coordinare, cioè, attività future orientate a unire centri e istituzioni accademiche pronte a condividere il valore del Patto e trasformarlo in altrettante proposte di formazione e di ricerca. Costruire una rete che si ritrova nel fare dell’educazione uno strumento per garantire continuità alle visioni culturali, alle prospettive di pensiero e alla trasmissione dei valori. Anche per rispondere a quel pensiero breve, immaginato in pochi e sintetici caratteri, che sembra raccogliere più seguaci del pensiero debole del post-moderno.

Sul versante propriamente accademico questo significa l’elaborazione di percorsi formativi integrati per lo studio delle teorie e degli strumenti d’intervento capaci di concorrere all’affermarsi di una cultura della pace che è la risultante della convergenza di mezzi, elementi, metodi, nozioni e percorsi per prevenire e risolvere conflitti. Per chi guarda la realtà attraverso i canali della vita internazionale, spiccano la funzione delle istituzioni di promozione e formazione alla pace, come pure la descrizione di segni sempre più concreti di dialogo che si conferma strumento per superare i confronti più difficili, per arginare e superare conflitti anche atavici. La convinzione è che le situazioni concrete non consentono di ignorare le diversità fatte di persone con le loro visioni, principi, vincoli, linguaggi, norme, interpretazioni. E questo è possibile solo se si pone la pace a conclusione di un cammino rispettoso della dignità umana e delle situazioni che da essa sgorgano, con pazienza, non spezzando mai quel filo, anche sottile, costruito e con il quale anche la diversità diventa la strada per guardare al futuro, avendo coscienza del passato. Senza fermarsi, ma piuttosto avviando processi e rispondendo alle sfide.

Come è tipico della dimensione universitaria, alla prospettiva didattico-formativa si affiancano i percorsi di ricerca, dell’analisi scientifica e dell’interazione. In questa linea si colloca la già avviata collaborazione con la United Nations University for Peace, quale organismo specializzato dell’Onu per la formazione di personale a servizio delle missioni di pace e delle attività di prevenzione e soluzione dei conflitti, con la sua rete di istituzioni accademiche cooperanti e la definizione dei primi progetti di studio e ricerca.

Alla luce del Patto, si tratta di prospettare non solo soluzioni di ordine tecnico, diplomatico, giuridico o istituzionale, ma di concorrere a definire un metodo della pace, come categoria risolutiva dellee dinamiche di conflitto che caratterizzano la contemporanea fase delle relazioni internazionali e della vita della famiglia umana. Viene incontro lo strumento del dialogo come valore capace di trasformarsi in solidarietà, reciprocità, comunità, comunione di obiettivi. Nel contesto della pace significa recuperare quella reciprocità organica che è propria della comunità a tutti i livelli (famiglia, nazione, gruppo religioso), superando però due pericoli di fondo: la spinta a non riconoscere l’autonomia dei singoli che viene diluita nella dimensione del gruppo e la chiusura verso l’esterno a cui è facile legare le forme più diverse di individualismo, come espressione di singoli e di gruppi.

Rettore della Pontificia Università Lateranense in Roma

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