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I media sono le strade e le piazze dell’educazione
di Maria Grazia Fanchi*1
Educare alla comunicazione e all’uso dei media non è mai stato più difficile. La crescita esponenziale degli strumenti di comunicazione, la rapidità con cui evolvono e, insieme, la rilevanza che essi rivestono nelle nostre vite e nell’esperienza quotidiana di ciascuno di noi rendono la formazione alla comunicazione un compito complesso e insieme ineludibile.
Educare alla comunicazione e ai media, significa in particolare oggi raccogliere quattro sfide.
La prima è quella di una formazione che sappia mettere in dialogo saperi diversi e guardare a tale differenza come a un’opportunità per comprendere “in modo più largo e più profondo la realtà”: psicologia e sociologia; lo studio dei linguaggi e la comprensione degli orizzonti legislativi, economici e politici in cui i media operano; arte ed estetica e insieme ingegneria, informatica e data sciences ciascuna disciplina con le proprie peculiarità, i propri punti di forza e i propri limiti, attraverso un confronto e uno scambio fra comunità scientifiche, che riproponga in piccolo quell’alleanza di conoscenze che il Papa ci invita a sottoscrivere con il Global Compact on Education.
La seconda sfida è quella della formazione permanente. L’accelerazione del progresso tecnologico, il naturale avvicendarsi dei contenuti mediali, il cambiamento dei rapporti fra media e soggetti sociali rendono indispensabile l’aggiornamento continuo delle conoscenze. L’educazione ai media rappresenta un impegno costante, non solo per chi si sta preparando a operare come professionista nel mondo della comunicazione, ma anche per chi usa i media, perché essi siano, come possono essere, risorse per la crescita della persona e delle comunità e non pericoli, strumenti di manipolazione o di coercizione.
La terza sfida è quella di combinare pensiero e pratica. Spesso si ritiene che una buona formazione nell’ambito della comunicazione sia quella che assicura le competenze più aggiornate, che insegna a usare gli strumenti di ultima generazione per creare, diffondere o valutare l’impatto dei contenuti mediali. Tutto questo è senz’altro necessario ma non può andare disgiunto dalla costruzione di un retroterra di saperi ampio, che tragga alimento dal nostro patrimonio culturale e di valori e che lo accresca, che fissi le coordinate teoretiche ed etiche del nostro agire, consentendoci di governare e non solo di assecondare i processi comunicativi, orientandoli al bene, alla pace e alla giustizia.
Infine la formazione ai media deve essere inclusiva. Includere significa saper spingere lo sguardo oltre i confini del Primo Mondo e guardare ai Paesi Terzi, non come mercati da conquistare, ma come realtà con cui confrontarsi, in una prospettiva di autentica convergenza che riconosca il meglio che ciascuno può dare. Nell’ambito delle industrie mediali e creative il contributo all’innovazione, al miglioramento dell’informazione, al rinnovamento dei linguaggi e delle estetiche che questo dialogo, e nuovamente, questa alleanza possono dare è da tempo evidente.
Docente di Cinema, fotografia e televisione alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica, dirige l’Alta Scuola in Media Comunicazione e Spettacolo
Ma la sfida dell’inclusione ha anche un secondo e non meno importante fronte che si esprime nella necessità di coinvolgere tutti i soggetti: indipendentemente dalla loro età (gli anziani devono avere le stesse opportunità di accesso e di comprensione dei media dei più giovani); indipendentemente dal sesso (le donne devono poter accedere ai percorsi di alta formazione che preparano alle professionali apicali nell’ambito delle industrie culturali e mediali al pari degli uomini); indipendentemente dal livello culturale (la formazione ai media deve diventare una materia che si insegna nelle scuole primarie e secondarie non solo in università); indipendentemente dal censo (tutti devono avere accesso ai media digitali ed essere messi nelle condizioni di usarli come strumenti per esercitare la propria cittadinanza attiva, con responsabilità).
Il villaggio comune evocato da Papa Francesco nel suo discorso di lancio del Global Compact on Education deve poter trovare nei media la propria infrastruttura: i media possono e devono essere le sue strade e le sue piazze, i luoghi in cui ci si incontra, ci si confronta, si scambiano saperi e conoscenze. Formare alla comunicazione non è mai stato più difficile, si scriveva. Formare alla comunicazione non è mai stato più importante.