Le voci dell’Università Cattolica
La forza di una pedagogia civile e popolare A fronte di democrazie stanche e della guerra, torna attuale l’impegno del maestro Mario Lodi per la pace. Promuovere gesti piccoli ma potenti, altamente democratici e civili, che insegnano all’io a diventare noi di Monica Amadini1
L’
esperienza di un maestro che, in un periodo storico come il dopoguerra, si è fatto interprete della responsabilità collettiva di costruire un’Italia diversa, a partire da tema fondamentale: quello della libertà. L’impegno di rendere la scuola un contesto educativo fondamentale, per introdurre un nuovo ordine di senso morale, ha messo Mario Lodi davanti a scelte importanti e coraggiose, senza soccombere a una tentazione allora come oggi molto diffusa: quella del non esporsi o del rinunciare, in nome di un senso di impotenza e di rassegnazione che spesso pervade ciascuno di noi dinanzi alle grandi sfide sociali. Tanti educatori e insegnanti di oggi si riconoscono nei vissuti dei maestri di allora: spaventati dalla complessità delle sfide, spesso soli nel desiderio di promuovere i valori democratici e stanchi dopo un periodo di privazioni e sofferenze. Scrive Lodi in un passaggio della lettera che il 21 settembre 2010 rivolse ai maestri e alle maestre: «Forse qualcuno di voi ha la brutta sensazione di lavorare come dopo un conflitto: in mezzo a macerie morali e culturali, a volte causate dal potente di turno – ce n’erano anche quando insegnavo io – che pensa di sistemare tutto con qualche provvedimento d’imperio. I vecchi contadini delle mie parti dicevano sempre che i potenti sono come la pioggia: se puoi, da essa, cerchi riparo; se no, te la prendi e cerchi di non ammalarti e, magari, di fare in modo che si trasformi in refrigerio e nutrimento per i tuoi fiori».
La proposta di una pedagogia popolare Il suo messaggio risuona con particolare forza quest’anno, in cui ricorre il centenario della nascita, e ci indica una strada precisa: quella del risveglio delle coscienze, in risposta a una scuola spesso meramente trasmissiva e nozionistica, oggi anche molto competitiva e performante. Una scuola che rischia di trascurare quelli che per il maestro Lodi erano due pilastri fondamentali: il rispetto per il bambino e la promozione dei valori della Costituzione. La sua proposta di reinnestare la voglia di agire (da qui l’attivismo pedagogico) si è fatta vera e propria pedagogia popolare: una pedagogia che oggi trova le sue ragioni di senso nei numerosi volti delle nuove povertà educative e nelle fragilità di bambini e famiglie. Una pedagogia attiva, in risposta a tanti bambini e ragazzi spenti, che hanno bisogno di ritrovare le ragioni per agire e impegnarsi. Una pedagogia della libertà e per la libertà, che con intima coerenza assegna il potere di cambiare il mondo alla “liberazione” del bambino: «Subito il primo giorno, devi decidere di fronte ai bambini come impostare il tuo lavoro: per asservire o per liberare. Da questa scelta dipende tutto il resto, anche la tua dimensione umana. Se scegli il metodo della liberazione senti nascere dentro di te una grande forza che è l’amore per i ragazzi, lo stesso amore che non
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Docente di Scienze dell’educazione, facoltà di Scienze della formazione, direttrice del Centro studi di pedagogia della famiglia e dell’infanzia (Cespefi).