Ricordo, passione, conforto
Laureata e nipote del fondatore
Matilde Olgiati, un secolo di vita come l’Università
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ANNO 52 - 5-6/2021
PRESENZA
Le tre parole di Francesco per i 60 anni di Medicina
Un talento da far fruttare Un secolo di storia non è solo motivo d’orgoglio, è una responsabilità verso le nuove generazioni
Presenza
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PRESENZA
In questo numero
Rivista bimestrale realizzata dal Servizio Stampa dell’Università Cattolica, in collaborazione con il Master in Giornalismo, con la partecipazione del Servizio Pubbliche relazioni dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori © 2019 – Università Cattolica del Sacro Cuore
Sommario
DIRETTORE Franco Anelli RESPONSABILE Nicola Cerbino COMITATO REDAZIONALE Luca Aprea, Katia Biondi, Sabrina Cliti, Graziana Gabbianelli, Emanuela Gazzotti, Fausto Maconi, Federica Mancinelli, Michele Nardi, Antonella Olivari, Agostino Picicco
HANNO SCRITTO Francesco Berlucchi, Giovanni Gazzaneo, Velania La Mendola, Bianca Martinelli, Giada Meloni
REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE Università Cattolica del Sacro Cuore L.argo Gemelli, 1 – 20123 – MILANO tel. 0272342216 – fax 0272342700 e-mail: presenza@unicatt.it www.unicatt.it
REDAZIONE ROMANA L.argo Francesco Vito – 00168 – ROMA tel. 0630154295
Le parole del Papa per i 60 anni di Medicina e chirurgia Francesco ha celebrato la messa nel campus della sede di Roma per l’anniversario della Facoltà
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Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 94 del 5 marzo 1969
IMPAGINAZIONE Studio Editoriale EDUCatt
Matilde Olgiati, un secolo di vita come la Cattolica
FOTO ARCHIVIO Università Cattolica, Getty Image
STAMPA
La nipote di uno dei fondatori dell’Ateneo ricorda uno zio speciale e i propri anni in Università nel pieno della guerra
Tiber spa – Brescia
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In prima e quarta di copertina Questo periodico è associato all’USPI Unione stampa periodica italiana Il numero è stato chiuso in redazione il 10 dicembre 2021
Le due facce della moneta da dieci euro emessa dalla Zecca vaticana per celebrare i cento anni dell’Università Cattolica. Credits: Andrea Aschedamini
Università Cattolica del Sacro Cuore
Un secolo di futuro. Le sfide per le nuove generazioni Da Floridi a Sachs, da Tolentino a Wolf, l’Università riflette sul cambio d’epoca per interpretare le grandi trasformazioni
PRESENZA
In questo numero
12 1921, un anno vissuto sull’orlo del futuro Al Teatro Dal Verme Paolo Colombo e Chiara Continisio raccontano il periodo in cui partì l’avventura del nostro Ateneo
18 Cent’anni nero su bianco Novità editoriali del Centenario Tra le pubblicazioni, il volume della Storia dell’Università Cattolica sul magistero della Chiesa. da Benedetto XV a Francesco
20 L’inaugurazione del campus di Mompiano L’Ateneo rinnova la scommessa su Brescia Hanno preso il via ufficialmente le lezioni nella nuova sede Un polo che consolida la vocazione universitaria della città
26 Comunicare, le news della sede di Roma Laurea honoris causa al professor Emanuele La facoltà di Medicina e chirurgia ha conferito il titolo al presidente onorario della Fondazione Roma
40 Spiritualità. Le parole di Francesco, dono e compito per il cammino del nostro Ateneo L’assistente ecclesiastico generale monsignor Claudio Giuliodori rilancia, in chiave di impegno, le parole per i 60 anni di Medicina
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Editoriale
Il bello deve ancora venire
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uesto numero di Presenza celebra il primo centenario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. L’Ateneo nacque il 7 dicembre 1921, in tempi burrascosi per il Paese e difficili per il cattolicesimo, sfidato da scientismi e laicismi. Fu fondato con grande fede (quella fede nel trascendente che si sposa sempre con la fiducia nella buona volontà delle donne e degli uomini), con realismo e immaginazione e con una determinazione che altri avrebbero potuto chiamare incoscienza. La storia dei primi cento anni ha dato ragione a padre Gemelli, Armida Barelli (presto Beata), al conte Toniolo e agli altri fondatori, ma anche ai primi cento studenti che a quell’avventura vollero partecipare da subito. Da allora l’università ha affrontato tempi difficili e crisi, insieme all’Italia e alla società via via sempre più globale: la guerra mondiale ha segnato persone, famiglie e anche i nostri edifici, come testimoniano le immagini dell’Aula Magna bombardata. La contestazione degli anni Sessanta ha lanciato la sfida a un ripensamento dei modelli di sviluppo, ponendo fra slogan e occupazioni alcune domande le cui risposte sono state cercate anche nelle nostre aule; la caduta del Muro ha rimesso in discussione vecchie divisioni e consolidati stereotipi geopolitici, trovandoci pronti e reinterpretare le nuove sfide senza nostalgie o luoghi comuni. Infine, oggi, la pandemia ci ha sorpreso, ferito, ma anche costretto a resistere e progettare di nuovo, in tempi rapidissimi, la nostra didattica e l’intera vita della nostra comunità. Il nostro centesimo anno è stato dunque vissuto proprio durante una stagione dif-
ficile, che, come ci ha spiegato Papa Francesco, smaschera le nostre false sicurezze, ma ci dà anche l’opportunità di guardare a un altro futuro, lontano dai binari delle consuetudini. E dunque non solo non abbiamo rinunciato ai nostri progetti per il centenario, ma abbiamo raddoppiato gli sforzi organizzando cicli di conferenze, realizzando spettacoli, curando pubblicazioni, inaugurando nuovi spazi. L’Italia, l’Europa e la Chiesa ci sono stati vicini: dall’inaugurazione dell’anno accademico 2020-2021 con il Presidente Sergio Mattarella alla straordinaria celebrazione eucaristica presieduta da Papa Francesco a Roma, fino alla presenza della Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen per l’inaugurazione dell’anno accademico 2021-2022, tanti segni ci hanno fatto sentire quanto la testimonianza avviata dai fondatori e dai primi professori e studenti abbia continuato a farsi strada attraverso le generazioni. È tempo di celebrare, ma anche di ripartire. Durante quest’anno speciale abbiamo scelto come motto da affiancare al nostro logo lo slogan “Cent’anni di storia davanti a noi”: progettiamo dunque insieme – docenti, personale, sacerdoti, studenti e alumni – il secolo che si apre e i prossimi passi del nostro cammino con una certezza: domani, come ieri e come oggi, occorrerà testimoniare che è possibile guidare la scienza e la tecnologia verso una dimensione sempre più umana, che la memoria del passato della tradizione può confrontarsi e arricchire il desiderio e la necessità di cambiamento, che il sapere e la fede non abitano pianeti diversi, ma si coniugano nella bellezza dell’avventura umana.
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L’abbraccio del campus di Roma a Papa Francesco per i 60 anni di Medicina
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Visita del Papa
di Federica Mancinelli
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icordo, passione e conforto. Sono le tre parole scelte da Papa Francesco nell’omelia pronunciata venerdì 5 novembre a Roma in occasione della Santa Messa celebrata per il sessantesimo anniversario d’inaugurazione della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Ad assistere alla celebrazione oltre 2mila tra docenti, studenti, amministrativi, medici e operatori sanitari della sede di Roma della Cattolica e della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs, nonché alcuni degenti dell’ospedale, riuniti nel piazzale antistante la facoltà di Medicina e chirurgia, istituita il 5 novembre 1961, a completamento del progetto di padre Agostino Gemelli di dar vita a un’università che ponesse la persona umana al centro di ogni attività di ricerca e di formazione. Nel suo saluto di benvenuto al Papa l’assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo, il vescovo monsignorr Claudio Giuliodorii – che ha concelebrato insieme al segretario della Cei monsignor Stefano Russo, al
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segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica monsignor Angelo Vincenzo Zani e al vescovo emerito di Piacenza Bobbio monsignor Gianni Ambrosio – ha espresso al Santo Padre la più profonda gratitudine. «Ogni passo, in questi 60 anni di straordinaria crescita, è stato accompagnato dalla premura e dall’incoraggiamento dei pontefici a partire dall’augurio formulato da San Giovanni XXIII il giorno dell’inaugurazione», ha detto monsignor Claudio Giuliodori all’inizio della celebrazione ricordando i giorni di ricovero del Santo Padre presso il Policlinico Gemelli. «Abbiamo ancora bisogno di essere confortati e orientati nella realizzazione dell’affascinante missione di formare testimoni dell’amore misericordioso di Dio: medici, personale sanitario e amministrativo» che sappiano «prendersi cura» con le più «alte competenze scientifiche» e con «autentica compassione dei più bisognosi». Un tema che ritorna anche nel ringraziamento finale del rettore Franco Anelli. «Santo Padre, in questi tempi difficili siamo
costantemente confortati e incoraggiati dal Suo Magistero, dai Suoi gesti e dalle parole che ci hanno accompagnato nei momenti più dolorosi per dirci di guardare al male che ci sfidava come a un’occasione per apprendere e riflettere, crescere e migliorare». Nel corso di questi sessant’anni, che ricorrono nell’anno del Centenario dell’Ateneo, ha aggiunto il Rettore, «la Facoltà di Medicina e Chirurgia ha fatto grandi progressi nell’attività didattica e di ricerca, mantenendo una missione chiara e immutata: unire, come Ella ci insegna, il linguaggio della mente, del cuore e delle mani, e porli tutti al servizio del malato, nel quale si riflette l’immagine dell’umanità». Dopo la celebrazione, il Santo Padre ha incontrato alcuni ospiti della Villetta della Misericordia, il primo centro di accoglienza a Roma per persone senza fissa dimora in un’area universitaria e ospedaliera, inaugurata il 16 giugno 2016 e realizzata per iniziativa della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs, dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori, dell’Ateneo e della Comunità di Sant’Egidio. L’Università Cattolica, infine, per i 60 anni di Medicina e chirurgia ha donato farmaci di prima necessità per strutture sanitarie di Libano, Siria e Sudan attraverso l’Elemosiniere della Santa Sede cardinale Konrad Krajewski. Al Santo Padre, che prima di far rientro in Vaticano ha benedetto l’opera del maestro Roberto Joppolo “Fratellanza Universale” che sarà posizionata all’ingresso del Policlinico Gemelli, l’Ateneo ha donato anche un’opera bronzea del maestro Federico Severino che rappresenta il Sacro Cuore e che richiama il patrono e l’identità dell’Ateneo.
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Visita del Papa
Le tre parole: ricordo, passione, conforto di Papa Francesco *
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entre commemoriamo con gratitudine il dono di questa sede dell’Università Cattolica, vorrei condividere qualche pensiero a proposito del suo nome. Essa è intitolata al Sacro Cuore di Gesù, a cui è dedicato questo giorno, primo venerdì del mese. Contemplando il Cuore di Cristo, possiamo lasciarci guidare da tre parole: ricordo, passione e conforto. Ricordo. Ri-cordare significa “ritornare al cuore, ritornare con il cuore”. Ri-cordare. A che cosa ci fa ritornare il Cuore di Gesù? A quanto ha fatto per noi: il Cuore di Cristo ci mostra Gesù che si offre: è il compendio della sua misericordia. Guardandolo – come fa Giovanni nel Vangelo (19,31-37) –, viene naturale fare memoria della sua bontà, che è gratuita, non si compra né si vende, e incondizionata, non dipende dalle nostre opere, è sovrana. E commuove. Nella fretta di oggi, tra mille corse e continui affanni, stiamo perdendo la capacità di commuoverci e di provare compassione, perché stiamo smarrendo questo ritorno al cuore, cioè il ricordo, la memoria, il ritorno al cuore. Senza memoria si perdono le radici e senza radici non si cresce. Ci fa bene alimentare la memoria di chi ci ha amato, ci ha curato, risollevato. Io vorrei rinnovare oggi il mio “grazie” per le cure e l’affetto che ho ricevuto qui. Credo che in questo tempo di pandemia ci faccia bene fare memoria anche dei periodi più
sofferti: non per intristirci, ma per non dimenticare, e per orientarci nelle scelte alla luce di un passato molto recente. Io mi domando: come funziona la nostra memoria? Semplificando, potremmo dire che noi ricordiamo qualcuno o qualcosa quando ci tocca il cuore, quando ci lega a un particolare affetto o a una mancanza di affetto. Ebbene, il Cuore di Gesù guarisce la nostra memoria perché la riporta all’affetto fondante. La radica sulla base più solida. Ci ricorda che, qualunque cosa ci capiti nella vita, siamo amati. Sì, siamo esseri amati, figli che il Padre ama sempre e comunque, fratelli per i quali il Cuore di Cristo palpita. Ogni volta che scrutiamo quel Cuore ci scopriamo «radicati e fondati nella carità», come ha detto l’Apostolo Paolo nella prima Lettura di oggi (Eff 3,17). Coltiviamo questa memoria, che si raffor-
za quando stiamo a tu per tu con il Signore, soprattutto quando ci lasciamo guardare e amare da Lui nell’adorazione. Ma possiamo coltivare anche tra di noi l’arte del ricordo, facendo tesoro dei volti che incontriamo. Penso alle giornate faticose in ospedale, in università, al lavoro. Rischiamo che tutto passi senza lasciare traccia o che restino addosso solo tanta fatica e stanchezza. Ci fa bene, alla sera, passare in rassegna i volti che abbiamo incontrato, i sorrisi ricevuti, le parole buone. Sono ricordi di amore e aiutano la nostra memoria a ritrovare sé stessa: che la nostra memoria ritrovi sé stessa. Quanto sono importanti questi ricordi negli ospedali! Possono dare il senso alla giornata di un ammalato. Una parola fraterna, un sorriso, una carezza sul viso: sono ricordi che risanano dentro, fanno bene al cuore. Non dimentichiamo la terapia del ricordo: fa tanto bene! Passionee è la seconda parola. Passione. La prima è la memoria, ricordare; la seconda è passione. Il Cuore di Cristo non è una pia devozione per sentire un po’ di calore dentro, non è un’immaginetta tenera che suscita affetto, no, non è questo. È un cuore appassionato – basta leggere il Vangelo –, un cuore ferito d’amore, squarciato per noi sulla croce. Abbiamo sentito come il Vangelo ne parla: «Una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua» (Gvv 19,34). Trafitto, dona; morto, ci dà vita. Il Sacro Cuore è l’icona della passione: ci mostra la tenerezza viscerale di Dio, la sua passione amorosa per noi, e al contempo, sormon-
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tato dalla croce e circondato di spine, fa vedere quanta sofferenza sia costata la nostra salvezza. Nella tenerezza e nel dolore, quel Cuore svela insomma qual è la passione di Dio. Qual è? L’uomo, noi. E qual è lo stile di Dio? Vicinanza, compassione e tenerezza. Questo è lo stile di Dio: vicinanza, compassione e tenerezza. Che cosa suggerisce questo? Che, se vogliamo amare davvero Dio, dobbiamo appassionarci dell’uomo, di ogni uomo, soprattutto di quello che vive la condizione in cui il Cuore di Gesù si è manifestato, cioè il dolore, l’abbandono, lo scarto; soprattutto in questa cultura dello scarto che noi viviamo oggi. Quando serviamo chi soffre consoliamo e rallegriamo il Cuore di Cristo. Un passaggio del Vangelo colpisce. L’evangelista Giovanni, proprio nel momento in cui racconta del costato trafitto, da cui escono sangue e acqua, dà testimonianza perché noi crediamo (cfr v. 35). San Giovanni scrive cioè che in quel momento avviene la testimonianza. Perché il Cuore squarciato di Dio è eloquente. Parla senza parole, perché è misericordia allo stato puro, amore che viene ferito e dona la vita. È Dio, con la vicinanza, la compassione e la tenerezza. Quante parole diciamo su Dio senza far trasparire amore! Ma l’amore parla da sé, non parla di sé. Chiediamo la grazia di appassionarci all’uo-
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mo che soffre, di appassionarci al servizio, perché la Chiesa, prima di avere parole da dire, custodisca un cuore che pulsa d’amore. Prima di parlare, che impari a custodire il cuore nell’amore. La terza parola è conforto. La prima era ricordo, la seconda passione, la terza è conforto. Essa indica una forza che non viene da noi, ma da chi sta con noi: da lì viene la forza. Gesù, il Dio-con-noi, ci dà questa forza, il suo Cuore dà coraggio nelle avversità. Tante incertezze ci spaventano: in questo tempo di pandemia ci siamo scoperti più piccoli, più fragili. Nonostante tanti meravigliosi progressi, lo si vede anche in campo medi-
co: quante malattie rare e ignote! Quando trovo, nelle udienze, persone – soprattutto bambini, bambine – e domando: “È ammalato?” – [rispondono] “Una malattia rara”. Quante ce ne sono, oggi! Quanta fatica a stare dietro alle patologie, alle strutture di cura, a una sanità che sia davvero come dev’essere, per tutti. Potremmo scoraggiarci. Per questo abbiamo bisogno di conforto – la terza parola –. Il Cuore di Gesù batte per noi ritmando sempre quelle parole: “Coraggio, coraggio, non avere paura, io sono qui!”. Coraggio sorella, coraggio fratello, non abbatterti, il Signore tuo Dio è più grande dei tuoi mali, ti prende per mano e ti accarezza, ti è vicino, è compassionevole, è tenero. Egli è il tuo conforto. Se guardiamo la realtà a partire dalla grandezza del suo Cuore, la prospettiva cambia, cambia la nostra conoscenza della vita perché, come ci ha ricordato San Paolo, conosciamo «l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza» (Ef ( f 3,19). Incoraggiamoci con questa certezza, con il conforto di Dio. E chiediamo al Sacro Cuore la grazia di essere capaci a nostra volta di consolare. È una grazia che va chiesta, mentre ci impegniamo con coraggio ad aprirci, aiutarci, portare gli uni i pesi degli altri. Vale anche per il futuro della sanità, in particolare della sanità “cattolica”: condividere, sostenersi, andare avanti insieme. Gesù apra i cuori di chi si prende cura dei malati alla collaborazione e alla coesione. Al tuo Cuore, Signore, affidiamo la vocazione alla cura: facci sentire cara ogni persona che si avvicina a noi nel bisogno. Amen. * Omelia pronunciata nel corso della celebrazione eucaristica
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Speciale centenario
Un anno per fare memoria con lo sguardo rivolto a un secolo di futuro di Paolo Ferrari
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inaugurazione dell’anno accademico 2021-2022 del 19 dicembre, alla presenza della Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, è un momento centrale tra gli eventi del centenario della fondazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Un anno che ha dovuto fare i conti con le limitazioni imposte dall’emergenza pandemica, che non ha impedito di ripercorrere una storia lunga e intensa con lo sguardo, però, rivolto al futuro. A dare il via alle celebrazioni, l’inaugurazione dell’anno accademico 20202021, che si è tenuta lo scorso 13 aprile nell’Aula Magna di Milano con l’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, seguita il 25 maggio dalla visita del Capo dello Stato al campus di Santa Monica di Cremona, di cui abbiamo parlato nel numero 3-4 di “Presenza”. Con il diradarsi delle restrizioni legate alla situazione pandemica si sono dispiegate una serie di iniziative, alcune delle quali non si concluderanno a dicembre ma proseguiranno anche il prossimo anno. Di molte parliamo nelle pagine di questo numero di “Presenza”. Altre hanno trovato spazio su “Secondo tempo”. Dagli eventi con patrocinio del Centenario (tra cui il Seminario Dantesco permanente, il progetto Genesi, le iniziative legate al Festival del Cinema di Venezia e alla Movie Week di Milano, fino al ciclo AserIcontra) alle collaborazioni (le emissioni numismatiche e filateliche della Santa Sede, di cui parliamo qui a lato; il Progetto “Ponti ad Amman”, insieme a Cei e Patriarcato latino di Gerusalemme; l’i-
niziativa “100 volti per 100 storie”, con Istituto Toniolo, Community Alumni e Associazione Amici dell’Università Cattolica; la call for ideas in partnership con il Sole 24 Ore). La volontà di non confinare il centenario solo alla rievocazione di una storia gloriosa ma di aprirlo alla costruzione dei prossimi cento anni si esprime, in particolare, nel percorso “Un secolo di futuro: l’Università tra le generazioni”, un ciclo di conferenze dove studiosi di fama internazionale offrono chiavi di lettura per interpretare le grandi trasformazioni imposte dalla tecnologia e per affrontare le sfide future che attendono le nuove generazioni. Tra loro, Luciano Floridi, Jeffrey Sachs, Maryanne Wolf, f José Tolentino de Mendonça e, tra la fine dell’anno e il 2022, Pierangelo Sequeri, Antonio Spadaro, Gianfranco Ravasi e Michael Sandel.
«La domanda di fondo che abbiamo posto a tutti i relatori è: come condividere con i giovani di oggi il valore di un sapere orientato alla ricerca della verità e del bene, che tenga conto criticamente delle radicali trasformazioni tecnologiche e delle nuove sfide globali?» spiega Fausto Colombo, delegato alle attività di comunicazione e promozione dell’immagine in Cattolica. L’idea è «promuovere e avviare una riflessione sul cambio d’epoca in corso, cui con insistenza ci richiama Papa Francesco, alla luce non soltanto delle nuove scoperte scientifiche e tecnologiche, ma anche delle contraddizioni e delle attese nel campo dell’eguaglianza, della giustizia, dell’ambiente e di un’economia a misura della persona». Tutte sfide che l’Ateneo, alle prese con il suo secondo secolo di vita, non può eludere.
Università Cattolica del Sacro Cuore
La moneta e il francobollo del Vaticano Due emissioni straordinarie per l’Ateneo di Agostino Picicco
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a Santa Sede ha partecipato alle celebrazioni per il Centenario della Fondazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore con due preziose iniziative: un’emissione numismatica straordinaria e una speciale emissione filatelica.
dell’antico Monastero di Sant’Ambrogio progettato dal Bramante, acquisito dall’Ateneo nel 1927 e divenuto nel 1932 la sede centrale dell’Universi- tà. Completano il disegno un libro,
La moneta L’emissione straordinaria di una moneta in argento da 10 euro è il modo scelto dalla Zecca del Vaticano per celebrare i cento anni dell’Università Cattolica. Con una tiratura di 3.300 esemplari, misura 34 millimetri di diametro e ha un peso di 22 grammi. Lo stemma dell’ateneo è riprodotto dall’artista Gabriella Titotto ed è rappresentativo dell’identità dell’istituzione accademica: il Sacro Cuore di Gesù campeggia sopra la figura dell’Alma Mater, affiancata da due studenti. La frase in latino: “Universitas Catholica Sacri Cordis Jesu Mediolani”, insieme alle cifre numeriche degli anni “1921-2021”, completano l’immagine commemorativa di quella che, dalla sua fondazione, è diventata una tra le più grandi università d’Europa, sempre fedele alla sua identità cattolica.
Il francobollo La lunga storia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore racchiusa nel piccolo formato di un francobollo del valore di 1,10 euro. Quattro colori: sullo sfondo blu a destra è rappresentata l’immagine del Sacro Cuore di Gesù ispirata al dipinto collocato al centro della Cappella dell’Università che, nel 1924, padre Agostino Gemelli commissionò all’artista Lodovico Pogliaghi. Una riproduzione dell’opera viene donata a tutti gli studenti il giorno del conseguimento della laurea. Sulla sinistra invece la facciata
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che rappresenta il sapere illuminato dalla fede, e la pergamena, simbolo del grado accademico conseguito. Al francobollo, pensato per questo centenario, si accompagna un annullo postale che riproduce – in forma stilizzata – la facciata del Monastero di Sant’Ambrogio di Milano. Completano l’annullo le scritte “CENTENARIO DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL S. CUORE”, “POSTE VATICANE – 08.09.2021” e “DIE EMISSIONIS”.
La collaborazione con la Santa Sede «Il fatto che la Santa Sede abbia avuto l’attenzione verso di noi di concorrere alle celebrazioni del centenario con un’emissione numismatica e con
un’emissione filatelica è per noi molto significativo», spiega il rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Franco Anelli. «È un gesto di attenzione e partecipazione». D’altronde la collaborazione con la Chiesa universale rientra tra le missioni dell’Università. «Il nostro Ateneo ha il compito di mettersi a disposizione della Santa Sede come luogo di riflessione, studio e di elaborazione del pensiero collaborando con dicasteri, istituzioni, pontificie accademie per indagare il reale. Cerchiamo così di compiere un servizio del quale si avverte un grandissimo bisogno e che la costituzione apostolica Ex Corde Ecclesiae – firmata da Giovanni Paolo II nel 1990 – demanda alle università cattoliche».
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Speciale centenario
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Speciale centenario
Matilde Olgiati, un secolo di vita come l’Università di Velania La Mendola
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ella vita ci sono fortunate coincidenze che aggiungono valore a storie già preziose. È il caso di Matilde Olgiati, nipote di monsignor Francesco Olgiati, fondatore del nostro Ateneo, che quest’anno compie 100 anni. Un secolo di vita che condivide con l’Università Cattolica, dove si è laureata in Lettere classiche nel 1943. Matilde, che a lungo ha fatto l’insegnante, è nata a Busto Arsizio, come suo zio; fu proprio lui a insistere in famiglia perché frequentasse l’università, in particolare lettere classiche. La sua figura compare piccola e forte nel collegamento video che prontamente figli e nipoti (anche loro laureati nel nostro Ateneo) hanno organizzato per l’intervista. I ricordi sono nitidi e accendono ancora l’entusiasmo negli occhi di chi “ha visto tanto”, come quando le chiedo com’è stato frequentare la nostra Università: «Difficile riassumere tutto in poche parole, posso dirle che sono stati anni che mi hanno cambiato la vita. Se non avessi frequentato l’università non sarei stata un’insegnante, non avrei incontrato mio marito, sarei stata qualcun altro. E invece sono felice di aver studiato, di aver avuto uno zio che ha insistito perché lo facessi e di aver frequentato l’Università Cattolica in particolare. Vi si respirava un’aria di pace, di armonia, di ordine, che in quegli anni di guerra non era affatto scontata». Gli anni della guerra Già perché purtroppo le bombe della Seconda guerra mondiale non risparmiarono Milano e tanto meno l’area in cui sorge l’università. Cosa ricorda dei bombardamenti del ’43? «Io ero a Busto quando accadde ma il giorno dopo, con i miei genitori, andammo a Milano. Un
viaggio faticosissimo, travagliato; ricordo la città ferita, scioccata. Non passai dall’Università in quell’occasione ma ricordo che, proprio per il pericolo delle bombe, gli ultimi esami li avevo sostenuti insieme ai colleghi a Castelnuovo Fogliani. Il rettore Gemelli – il “magnifico terrore”, come lo chiamavamo – aveva fatto concentrare gli esami in poche settimane e quindi ci fermammo lì con i docenti». La sua aria pacata e i suoi modi gentili e asciutti si inteneriscono mentre ripensa a quella “fuga” fuori porta, nel piccolo eden della principesca villa donata dalla duchessa Clelia Sforza d’Aragona alla Santa Sede e poi da papa Pio XI all’Università Cattolica per farne sede universitaria per le religiose. Castelnuovo in quei giorni difficili fu utilizzata come rifugio per gli studenti prossimi alla laurea, come ci racconta: «La sera si chiacchierava in giardino. Furono giorni belli pur nell’atmosfera cupa della guerra». E aggiunge con un sorriso birichino: «Ricordo che feci arrabbiare Lazzati perché in
una discussione feci intendere che consideravo minori e trascurabili alcuni autori della letteratura cristiana antica. D’improvviso si impossessò della scena come in un palcoscenico spiegando nel dettaglio perché ero in errore! Continuai a non essere d’accordo ma era un piacere ascoltarlo. Erano tutti professori appassionati. Sono stava davvero fortunata». Ogni professore è impresso nella memoria, ritratto con pennellate di stima e ammirazione. «Aristide Calderini, per esempio, era geniale; credo ci avrebbe portati tutti in Grecia se avesse potuto. Feci la tesi con lui, si intitolava Il Senato Romano in Tacito; bastava mettergli un testo antico davanti e gli brillavano gli occhi, poteva parlarne per ore. Ricordo poi Mario Apollonio, che mi firmava l’autorizzazione per accedere ai libri dell’Index librorum prohibitorum in biblioteca. Le sue lezioni erano seguitissime, con una platea di signore eleganti che venivano in università non da studentesse ma da uditrici; per questo c’era sempre un’aria chic ed elegante nei suoi corsi». Olgiati, uno zio affettuoso e discreto Nella carrellata di ricordi uno spazio speciale occupa però lo zio, monsignor Olgiati, autore di numerosi volumi noti in tutto il mondo (a lui e a Tolkien C.S. Lewis dedicò un libro nel 1947), cuore della redazione della rivista Vita e Pensiero, fondatore dell’editrice e dell’Università, compagno fedele di padre Gemelli fin dalle origini del progetto culturale. Il ricordo che condivide con noi è però intimo e inedito, perché non riguarda il suo profilo pubblico. Ed è il primo che conserva dello zio: «Da bambina, mi si presentò dicendo “gnao!” Per me da allora fu sempre zio Gnao. Università Cattolica del Sacro Cuore
Qui sopra, Matilde Olgiati in una scatto realizzato in occasione delle riprese dello spot della Giornata Universitaria del centenario, di cui è stata protagonista. Nell’altra pagina la fotografia del libretto universitario negli anni della guerra
Amava i gatti anche se non ne ha mai tenuti in casa, se non in varie riproduzioni artistiche, ritratti, statuette, gliene regalavamo molti». In effetti Gnao era lo pseudonimo con il quale firmava gli scritti per i più piccoli, così come don Micio. «Era uno zio affettuoso», continua, «e molto discreto. Aveva una figura signorile, lo sguardo limpido e penetrante, un’intelligenza acutissima e costruttiva». La cura di Gemelli, l’accondiscendenza di Necchi Matilde non ha ricordi personali legati a padre Gemelli, ma ci tiene a confidarmi un episodio: «Le biografie raccontano che quando si incontrarono gli salvò la vita; in effetti era cagionevole di salute e Gemelli, da medico, seppe individuare la giusta cura, senza dubbio. In famiglia però non attribuiamo la sua guarigione solo a quel felice incontro, ma pensiamo che ci fu un vero e proprio miracolo, perché guarì dopo il passaggio della processione del Corpus Domini a Busto». C’è poi un episodio, sempre legato alla sua infanzia, che riguarda un’altra grande figura legata alla storia dell’Ateneo: «Ho Università Cattolica del Sacro Cuore
un ricordo molto dolce del dottor Ludovico Necchi. Ero piccolina, 5 anni credo, ed eravamo andati a trovare zio Gnao con la mamma. Abitava nel palazzo che c’è alle spalle del Duomo. All’epoca da lì passavano i tram e io li guardavo appoggiata sul davanzale della finestra mangiando delle palline di zucchero (quanto mi piacevano!). Arrivò Necchi, elegante, e mia madre si lamentò con lui: “Vede quante ne mangia?” ma lui mi guardò e sorridendo disse: “Le fanno bene signora, non si preoccupi”. Da allora continuo ad esserne golosa, con disdoro della famiglia che ogni tanto mi rimprovera, ma se me lo concesse Necchi...». L’Apostolo della gioventù Tra i chiostri Matilde non fu mai la nipote di zio Gnao però. In Università non andava a trovarlo e non frequentava le sue lezioni: «Mi sarei sentita in imbarazzo. Come le dicevo era molto discreto, non mi fece mai pressioni sugli studi o altro, era una presenza di grande conforto spirituale. Fu una guida per me e per mio marito dopo, che era stato partigiano ed era attivo nell’Azione Cattolica: erano molto
legati. Ricordo bene che andavamo spesso a trovarlo a casa, nell’arcivescovado, stando attenti ad arrivare dopo le 17.30». Perché? le domando incuriosita da questo dettaglio: «Perché prima era solito accogliere gli studenti che affollavano casa sua, teneva molto a quegli appuntamenti. Dava consigli, si facevano discussioni di filosofia, era molto amato dai giovani che percepivano la fiducia che riponeva in loro. Lo chiamavano, a ragione, Apostolo della gioventù». Mi mostra i libri che conserva di Olgiati, tra i quali una storia dell’Università Cattolica: «Conservo molti suoi volumi – come i Sillabari del cristianesimo e altre opere pubblicate da Vita e Pensiero – ma lui non ne parlava mai direttamente. Dalla sua perpetua sapevo che era solito scrivere di notte, che ogni libro che finiva era per lui la fine di un calvario per quanto di sé stesso metteva in ogni riga». Il 21 maggio 1962 Olgiati si spense e Matilde ricorda il giorno del suo funerale: «Ci fu un’accorata omelia del cardinale Montini in Duomo, che era parato a lutto: “Preghiamo perché non vada per noi disperso il tesoro dei suoi esempi. Ci sia fortuna l’averlo conosciuto, ci sia impegno l’averlo ascoltato, ci sia conforto l’averlo avuto amico, guida, maestro”. Per me, zio. Dopo il funerale la bara venne portata in Università, nella cappella, che non era però ancora pronta ad accoglierlo definitivamente, venne quindi accompagnata nel nostro paese dove ci fu un altro funerale. È stato per qualche tempo nella tomba di famiglia prima di tornare nell’altra sua casa, l’Università Cattolica, accanto agli amici Necchi, Gemelli e Armida Barelli». «Amiamo la nostra università» La trattengo per un’ultima domanda, anche se si lamenta perché mi dice che ha già parlato troppo; le riconosco che è schiva come suo zio, ma devo chiederglielo: vuole lasciare un messaggio agli studenti di oggi e a quelli di domani? «Bisogna amare la nostra Università, sentirsi legati. Ancora oggi quando la sento nominare da qualcuno o ne leggo sui giornali provo un interesse particolare. Non la si può frequentare come un ambiente qualsiasi. È un luogo speciale, che arricchisce, non solo nella formazione; vi aiuterà nella vita e la renderà migliore».
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Speciale centenario
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Speciale centenario – Un secolo di futuro
Un percorso che proseguirà anche il prossimo anno
Immersi nel digitale come le mangrovie Il nuovo habitat secondo Luciano Floridi di Katia Biondi
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a sfida non è l’innovazione tecnologica ma la governance del digitale». È una delle indicazioni che Luciano Floridi suggerisce per comprendere gli «effetti dirompenti» della rivoluzione digitale. È lui che ha aperto il 30 settembre, parlando di “Tempi digitali. Per la costruzione di un futuro responsabile”, il ciclo di Conferenze “Un secolo di futuro: l’università tra le generazioni”, promosso dall’Università Cattolica nell’ambito delle celebrazioni per i cento anni della sua fondazione. Per raccontare la rivoluzione digitale Floridi, docente a Oxford di Filosofia ed Etica dell’informazione, ricorre a sei elementi: il nuovo habitat nel quale passiamo sempre più tempo, la cosiddetta “infosfera”; le nuove forme di capacità
La lezione del filosofo di Oxford, uno dei più acuti interpreti delle implicazioni dell’intelligenza artificiale, ha aperto il ciclo di incontri “Un secolo di futuro” di azione; la nostra nuova identità; le sfide che tutto questo provoca; la governance; il progetto umano. Per capire meglio quello che sta succedendo intorno a noi secondo Floridi c’è un solo strumento, il «digitale» che, nelle sue varie forme, «taglia e incolla quello che noi abbiamo ereditato dai secoli precedenti». Ora, «questo “cut and paste” altro non è se non la capacità del digitale di scollare cose e “concetti sulle cose” ereditati dal passato e incollare cose che noi pensavamo fossero completamente distaccate ed ereditate come tali dal passato». Esempi concreti di questo scollamento? Presenza e localizzazione, territorialità e legge, con la conseguenza che quest’ultima non si
applica più all’interno dei confini di uno Stato ma sui “data subject”. Ciò indica che «siamo sempre più onlife», ossia viviamo esperienze in cui «offl ine e online sono mescolati». Ecco perché alla domanda: «Digitale o analogico?», l’unica risposta può essere solo «Ventunesimo secolo». Per spiegare meglio tutto questo Floridi utilizza un paragone: «Il nostro mondo è una sorta di “società delle mangrovie”. Le mangrovie nascono dove le acque dolci del fi ume s’incontrano con quelle salate del mare – si chiama acqua salmastra per una buona ragione –. Allora chiedere dove nascono le mangrovie, che è la nostra società, significa non avere capito dove siamo». Una fase in cui «siamo sempre più dipendenti dalle tecnologie». Questo è il «nuovo habitat» in cui stiamo operando e nel quale ci sono «nuove forme di capacità di azione», come l’intelligenza artificiale. E anche se va di moda l’idea per cui l’intelligenza artificiale è un «matrimonio tra ingegneria e biologia», dal punto di vista del filosofo abbiamo di fronte «un divorzio tra la capacità di risolvere un problema con successo in vista di un fine e la necessità di essere intelligenti nel farlo». Il miracolo è che siamo riusciti a ingegnerizzare cose che risolvono problemi a intelligenza “zero”. Come siamo arrivati a farlo? Tramite costi abbattuti, una maggiore computazione, una quantità mostruosa di dati. Basti pensare che il 99% di tutti i dati mai prodotti dall’umanità li abbiamo prodotti noi contemporanei. Ma quanto costa questa automazione? Qualcuno pensa che possa portare alla fine del lavoro. Ma è un errore. Piuttosto è la «fine di alcuni business model»,
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la «fine dell’identità tra impiego e lavoro», la «fine della propria identità con il mio lavoro». È in atto, quindi, una trasformazione rapida delle capacità lavorative senza dimenticare però che c’è una fetta di generazione di transizione che, pagandone le conseguenze, richiede un intervento sociale. Il risultato? Un «ripensamento della nostra identità» che, sia in termini di privacy sia in termini di eccezionalità e di autonomia, è stata messa in crisi dalla rivoluzione digitale. «Ciò vuol dire che non siamo quegli agenti economici, informati, razionali di una certa tradizione novecentesca, ma siamo malleabili, fragili. A me piace pensare l’umanità come
un “beautiful glitch”, un bell’errore di natura che non inficia il sistema». Quale allora il nostro posto nel mondo? In questo «nuovo habitat» in cui la nostra identità è «fragile», «modificabile», la grande sfida è gestire la complessità. E in questo, suggerisce Floridi, il «digitale ci può aiutare». Ma ci vuole anche una «governance», se non vogliamo perdere la nostra autonomia. Di qui la necessità di un «progetto umano» che sia adatto all’epoca che viviamo, quella dell’iperstoria e dell’infosfera. Attenzione però, avverte Floridi, non abbiamo bisogno di un «metaprogetto», quello ereditato dalla seconda metà del Novecento che punta a garantire la «progettualità in-
dividuale». Bensì di un progetto umano fondato su tre “c”: coordinamento, collaborazione, cooperazione, in grado di scrivere la nostra storia. «Quello che serve è il “We the people”, l’incipit della costituzione americana» ovvero un «progetto umano che trasformi il capitalismo come l’abbiamo conosciuto in un capitalismo della cura». «L’elemento che fa la differenza è avere fiducia nella nostra capacità di stare insieme». In questo senso la politica – spesso ed erroneamente paragonata al gioco del calcio – può aiutare se intesa come coordinamento di varie forze. «La collaborazione fa sì che la società possa funzionare».
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Speciale centenario – Un secolo di futuro
Jeffrey Sachs, il “profeta” della sostenibilità: «Un’etica globale per un mondo interconnesso»
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l nostro non è un mondo buono dal punto di vista economico. Siamo più ricchi di quanto eravamo cento anni fa ma non siamo affatto più buoni». Bisogna cambiare rotta e la strada è molto semplice per Jeffrey D. Sachs, che il 21 ottobre è stato il secondo ospite del ciclo di conferenze “Un secolo di futuro: l’Università tra le generazioni”, con una lecture su “Ecologic Transition and Social Inclusion: Towards a New Economic Paradigm”. Economista di fama internazionale, Sachs è tra i massimi esperti di sviluppo sostenibile e insegna alla Columbia University dove dirige il Center for Sustainable Development e responsabile della Commissione Covid-19 per la rivista scientifica “Lancet”. «È un anacronismo essere guidati dalla ricchezza» perché questa porta «maledizione» e non fornisce una «soluzione». Siamo una «democrazia del denaro» basata sull’«etica dell’accumulo» e le nostre attività economiche minacciano la «sopravvivenza» dell’umanità. Un recente rapporto Fao lo dimostra. «Tre miliardi di persone non possono mangiare in modo sano. Ma questo non è una breaking news perché al sistema non interessa». E «non importa dire che 100 milioni di persone non hanno accesso alla sanità e numerosi bambini cresceranno senza istruzione». La denuncia è netta: «Negli ultimi quarant’anni le nostre società, insieme alla distruzione dell’ambiente, sono diventate ingiuste». Basti pensare che la ricchezza del mondo intero è concentrata nelle mani di tremila persone che progettano «voli nello spazio» anziché preoccuparsi di ridurre la forbice
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delle disuguaglianze economiche. Eppure, secondo Sachs, una nuova economia dello sviluppo sostenibile è possibile. «Sono convinto che potremmo fare tutto questo a bassi costi investendo una minima percentuale del Pil che dovrebbe essere riorientato verso un obiettivo comune». Il vero «enigma» è che non si sta facendo nulla per porre fine a questo «comportamento distruttivo». La ragione, a detta di Sachs, è da ricercare nella separazione del pensiero economico dalle «tradizioni profonde della saggezza antica». In altre parole, sono andati perduti due concetti fondamentali: quello teorizzato da Aristotele di un’economia orientata al bene comune, cioè quell’idea di polis che i greci chiamavano “eudemonia”. L’altro corpus teorico fondamentale è l’insegnamento delle Scritture bibliche secondo cui ognuno in quanto figlio di Dio ha una dignità. Se
mettiamo insieme questi due concetti – una società politica orientata verso il benessere comune e l’attenzione ai poveri – abbiamo il «presupposto per un nuovo paradigma economico». Va ripristinata, dunque, l’idea fondamentale che la nostra vita comunitaria deve rivedere la giustizia e rispettare le eguaglianze tra gli esseri umani, unico modo pratico per ridirigere l’utilizzo delle risorse sul pianeta. Una nuova economia che altro non è se non quella indicata da papa Francesco nelle encicliche “Laudato si”’ e “Fratelli tutti”. «L’economia di Francesco darà un grande contributo all’etica di cui abbiamo bisogno per il XXI secolo», che «non è solo lo sviluppo sostenibile ma deve essere un’etica globale in un mondo interconnesso». Dunque, «questa è la nostra sfida: dobbiamo individuare le basi in cui i Paesi del mondo possano trovare il loro concetto di bene».
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Speciale centenario – Un secolo di futuro
La lezione del cardinale, poeta e scrittore portoghese
L’elogio del cammino di José Tolentino Cinque piste per imparare l’arte di vivere di Katia Biondi
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a pratica del cammino per immergersi nel flusso profondo della vita, per recuperare lo stupore di fronte alla bellezza che abita ogni luogo, per interrogarsi su ciò che siamo. Perché con «l’andare a piedi assumiamo una condizione di vita più frugale, ci riscopriamo capaci di contemplazione e guariti dalla cecità delle immagini che ci assediano». Insomma, «una semplice passeggiata ci restituisce la pace». È un vero e proprio elogio al cammino quello che regala il cardinale José Tolentino Mendonça nell’incontro dal titolo “Insegnare è camminare. La Parola in uscita e l’ospitalità della cultura”, che nel finale si è trasformato in un dialogo con don Luigi Verdi, fondatore della Fraternità di Romena. Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, scrittore, poeta, tra le voci più autorevoli della cultura portoghese, il cardinale è stato ospite il 18 novembre scorso del ciclo di conferenze “Un secolo di futuro: l’Università tra le generazioni”.
Ma perché l’«arte del fare cammino» ha da dirci così tanto su «cosa significa insegnare»? Tolentino lo ha spiegato affidandosi a due storie di vita. La prima è quella dell’ingegnere statunitense Matt Green che ha percorso a piedi le vie dei cinque distretti della città di New York. La lezione da apprendere da questo «pellegrino» è il modo in cui ha percorso le strade, «sensibile ai dettagli del paesaggio», «disponibile all’incontro» e «alla sorpresa». Solo così possiamo vedere che «dentro la realtà c’è più bontà pulsante di quanto non supponiamo» e che «il cammino può diventare una vera scuola per lo sguardo, insegnando a superare gli ostacoli a cui troppo facilmente ci rassegniamo». La seconda storia è legata al libro del geografo ed esploratore Franco Michieli “La vocazione di perdersi. Piccolo saggio su come le vie trovano i viandanti”, che suggerisce di abbandonare bussole e tecnologie per guidare i nostri passi e utilizzare i nostri sensi. Secondo Tolentino vale la pena richiamare tre dei suoi principi essenziali: i momenti in cui non si conosce la via
sono i più interessanti; quando ci relazioniamo con l’ignoto questo si rivela; non sono i viandanti che vanno incontro alle strade ma le strade che non cessano di andare sempre e di nuovo incontro ai viandanti. Due storie che esprimono al meglio il vasto insegnamento del camminare. Una capacità di insegnare che il cardinale Tolentino ha descritto attraverso cinque semplici aspetti. Il primo è l’«importanza della conoscenza», intesa come «l’incontro radicale con se stessi» e lo «sconosciuto che ci abita». Un concetto bene espresso dalla poetessa Emily Dickinson: “Esplora te stesso! | Dentro te stesso troverai | il Continente Inesplorato”. Il secondo è «recuperare la sensibilità alla vita». Ci troviamo a essere «iper-moderni», «multifunzionali ma sempre dipendenti da qualcosa». Talvolta, vorremmo che «la vita avesse meno spigoli», «fosse più lineare». Tuttavia, il «contrasto è un dono», un’«opportunità che siamo chiamati a cogliere prestando vigile attenzione a ciò che ci viene detto». Quella stessa vigilanza di cui parla Gesù nel Vangelo. Il terzo è «attivare l’arte inaugurale dello stupore», che ci obbliga a una «rivisitazione di quanto sappiamo di noi stessi», a «ricominciare come un rinascere». La vita infatti è «un flusso, un accadere sempre aperto, un interminabile atto di nascita». Il quarto è «accettare il rischio». Credere è rischiare di credere, amare è rischiare di amare. «L’ora della maturità giunge solo quando un essere umano avverte un desiderio forte di assumersi tutti i rischi del proprio essere». Il quinto e ultimo è «farci diventare complici del miracolo che Dio continuamente fa accadere». Perché «la rovina fatale dell’essere umano si produce quando rinunciamo a collegare la nostra vita a una porzione di eternità. È allora che i miracoli diventano impossibili e noi moriamo».
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Parla la studiosa americana autrice di due bestseller di Vita e Pensiero
Contro il sovraccarico di informazioni ritroviamo la capacità di lettura profonda di Katia Biondi
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eggere ogni mattina, insieme alla consueta tazza di caffè, di tè o al cappuccino, un libro di letteratura, di poesia, di filosofia». Un’abitudine quotidiana fondamentale per arginare l’«impatto» della tecnologia sul processo cognitivo e «preservare la conoscenza» umana. È il suggerimento, semplice ma prezioso di Maryanne Wolf, f docente della University of California di Los Angeles (UCLA), membro della Pontificia Accademia delle Scienze e attenta studiosa della lettura, contro il «sovraccarico di informazioni» che sta cambiando la nostra stessa «capacità di leggere». Con la drastica conseguenza di compromettere l’empatia, la comprensione, l’analisi critica. Il costo, insomma, che noi tutti stiamo pagando alla digitalizzazione in cambio di altri benefici ricevuti nel campo della ricerca scientifica, della conoscenza, della sanità. Una riflessione da tempo al centro delle sue attività di ricerca, come testimoniano i due bestseller pubblicati da Vita e Pensiero: “Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge” (2009) e “Lettore, vieni a casa. Il cervello che legge in un mondo digitale” (2018), che sono stati alla base della lecture “Information, Knowledge, Wisdom. Their Transmission and Transformation in the Digital Age”, per il ciclo “Un secolo di futuro: l’Università tra le generazioni”, pronunciata nell’Aula Magna dell’Università Cattolica il 25 ottobre scorso. Più informazioni non implicano necessariamente più conoscenza, perché ciò che conta «non è tanto quello che si legge ma comee si legge». Purtroppo, «il mezzo e lo scopo della nostra lettura stanno cambiando» a causa del digitale. «Il cervello che legge» è la nostra piattaforma per raggiungere la «saggezza», quella che Wolf definisce anche «principio proustiano»,
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Speciale centenario – Un secolo di futuro
Secondo Maryanne Wolf, docente alla University of California di Los Angeles, di fronte alle trasformazioni della conoscenza non conta cosa ma come si legge
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perché consente di arrivare alla sapienza attraverso l’autore che si legge. Tuttavia, un cervello che elabora, che produce insights, ha bisogno di tempo, di un’alta qualità di attenzione. Che cosa succede, invece, con le nuove tecnologie? Nella transizione da una cultura letteraria a una cultura digitale, l’uomo da pensante si sta trasformando in un soggetto che va alla ricerca. Siamo passati dal «Cogito, ergo sum» cartesiano al «Quero, ergo sum». Solo che «nel mio mondo cercare significa mettere a disposizione informazioni che vengono da una piattaforma esterna. Questo ha fatto sì che quando leggiamo siamo simili a “skimmer”, saltiamo da un punto all’altro senza più essere in grado di comprendere il senso profondo di un contenuto e la bellezza del suo linguaggio». Nessuno meglio di Italo Calvino ha saputo esprimere la preoccupazione per questa disattenzione nei confronti delle parole parlando di «un’epidemia pestilenziale» che ha colpito l’umanità nell’«uso della parola», una «peste del linguaggio»
che si manifesta come perdita di forza conoscitiva. Il rimedio? Wolf propone tre prospettive. La prima, per «il cervello che legge», è conservare. «Non sono contraria alla tecnologia» ma questa può essere un utile supporto «per insegnare la capacità di lettura profonda» avverte. «Il digitale può servire a questo ed è fondamentale che gli insegnanti lo comprendano». Perché, citando Martha Nussbaum, sarebbe “catastrofico per una nazione avere persone tecnicamente competenti che hanno perso la capacità di pensare criticamente, di esaminare se stessi e di rispettare l’umanità e la diversità degli altri”. La seconda prospettiva è «insegnare come leggere». Con un obiettivo: l’«aspirazione alla verità». Infine, la terza e ultima prospettiva riguarda la «ricerca spirituale». Io «leggo per ampliare la comprensione di un universo con impronte divine. Lo scopo della lettura non è padroneggiare la conoscenza ma far sì che lo spirito divino padroneggi noi. La saggezza è dove amore e conoscenza si ricongiungono».
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Speciale centenario
La necessità di progettare: parlano alcuni esperti dell’Ateneo
Dad e smartworking oltre l’emergenza Come cambiano didattica e lavoro di Paolo Ferrari
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a crescita esponenziale degli acquisti senza uscire di casa, la diffusione a macchia d’olio del lavoro da remoto e il ricorso totalizzante alla Dad hanno fatto crescere una «seduzione non priva di minacce». Come ha scritto su VP Plus il professor Luca Pesenti, docente di Sociologia alla facoltà di Scienze politiche, i mesi del lockdown hanno fatto emergere la sensazione che, insieme alle difficoltà dell’emergenza, ci fossimo messi tutti un po’ a sedere. Come se sii stesse facendo largo una sorta di “società della comodità”. Quali i volti “minacciosi” di quella seduzione? La complicazione della relazione educativa trasformata in trasferimento funzionalistico e la domiciliarizzazione del lavoro, a scapito della dimensione relazionale e a vantaggio di quella solo produttiva. Rischi che si sono certamente corsi. Anche se, come fa notare Ivana Pais, docente di
Tra le grandi trasformazioni della conoscenza, analizzate da Maryanne Wolf, figurano anche quelle legate all’apprendimento e ai nuovi modi di lavorare Sociologia economica alla facoltà di Economia, «non dovrebbe più servire ripetere che nei mesi scorsi abbiamo ragionato di lavoro in remoto e di didattica a distanza forzatii e non dobbiamo parametrare le nostre riflessioni relative al futuro sulla base di quello che è successo nel corso dell’emergenza». Il lockdown, d’altra parte, ci ha fatto misurare con una certa dose di scomodità. Il professor Pier Cesare Rivoltella, docente di Didattica generale alla facoltà di Scienze della formazione, ha rilevato in quei mesi «una contrazione e un addensamento dei tempi del lavoro, come dei tempi dell’apprendimento». In entrambi si registrano normalmente tempi morti, spazi dell’informale nei quali si allenta la tensione, si fa la chiacchiera, si costruisco-
no una serie di rapporti che alleggeriscono la tensione e che rendono la giornata sostenibile. Secondo il professor Rivoltella «tutto questo nel lavoro e nella didattica a distanza finisce per compattarsi e produrre ulteriore accelerazione in un tempo già accelerato, in cui è l’alienazione più che la comodità a venire in primo piano». Nel caso della Dad, poi, oltre alla contrazione dei tempi c’è stata «la scarsa stima da parte dei docenti del fatto che i contenuti a distanza sono più densi così da aumentare il carico cognitivo per gli studenti e richiedere loro un’attenzione supplementare che implica uno sforzo ulteriore». A ciò si aggiunge quella che il professore americano Jeremy Bailenson ha chiamato la “Zoom fatigue”, la fatica degli scher-
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Il lavoro smart «Nel prefigurare scenari futuri, fuori dell’emergenza, un lavoro in remoto non è necessariamente un lavoro a domicilio» spiega Ivana Pais. Rispetto ai tempi non vuol dire stare tutta la vita fuori dalla sede aziendale ma significa «gestire i tempi in Università Cattolica del Sacro Cuore
funzione delle esigenze dell’azienda e del lavoratore». L’opzione preferita dai lavoratori, secondo uno studio condotto dalla sociologa, è quella di due giorni alla settimana, non una soluzione esclusiva, dunque, ma parziale. «Dal punto di vista dei tempi chiedono attenzione alla modulazione e anche alla flessibilità di scelta nei limiti delle esigenze dell’azienda. Dal punto di vista degli spazi lavorare fuori dalla sede aziendale non vuol dire lavorare solo a domicilio, perché lo spazio domestico non è pensato strettamente come luogo di lavoro e le soluzioni in campo sono diverse: la condivisione di sedi aziendali più vicine a casa, l’opzione dei coworking, per fare alcuni esempi. E le aziende, soprattutto a Milano, si stanno attivando per sostenere questa possibilità». E poi, secondo il professor Faioli, «l’approccio non deve essere quello di diffondere paura e scetticismo ma di alimentare libertà, fiducia, responsabilità e autonomia, avendo il coraggio di dire che il male non è nell’oggetto». Di fronte, poi, a chi, come Google, ha velocizzato il rientro sul posto di lavoro ritenendo che solo la presenza fisica possa scatenare i processi creativi, per la professoressa Pais è importante «sostituire le occasioni di incontro casuali (quelli alla macchina del caffè) con momenti intenzionali, che non perdano l’informalità». La didattica a distanza Anche la didattica a distanza, che ha subito un’enorme spinta a causa della crisi pandemica, deve imparare la lezione per andare oltre la fase emergenziale. «Al di là delle retoriche sulla relazione e sulla presenza, il rischio vero da aggirare di una “didattica domiciliata” è quello dell’autoapprendimento» dice il professor Rivoltella. «Il sistema blended deve essere complementare, non sostitutivo: altrimenti sarebbe un’altra cosa non rispetto all’università presenziale o fisica ma a un’università costruita nell’interazione culturale che produce costruzione di significati attraverso la negoziazione e il feedback, che è il vero assente nella didattica a distanza». Le tecnologie ci permettono grandi potenzialità: invitare un professore d’oltre oceano a tenere una lezione o permettere a uno studente di costruirsi un percorso con alcuni insegnamenti adottati dalle mi-
La società comoda e i suoi rischi VP PLIUS
mi. «Abbiamo vissuto l’intera giornata in primo piano con estranei nella stessa inquadratura, con una distanza intima che, se in presenza è tra i 40-50 centimetri, a distanza è a 13-14 cm dal nostro naso». Si tratta di «un lavoro costante che consuma tanta energia psichica. È come se fossimo tutto il giorno allo specchio, con il rischio di un eccesso di autovalutazione e di sintomi depressivi. C’è tutto fuorché comodità». «La società comoda assomiglia un po’ alla “città a domicilio”» afferma la professoressa Pais che, in un lavoro condotto con il designer dei servizi Ezio Manzini, ha distinto proprio tra “la città a domicilio” e “la città delle prossimità”. «È a domicilio ma non è comoda». In più, come spiega il giuslavorista Michele Faioli, della facoltà di Economia, «le società occidentali, per quanto spinte nel tempo verso tecnologie sempre più avanzate, si sono trovate del tutto impreparate a un fenomeno come quello che abbiamo vissuto nei mesi scorsi, sia da un punto di vista delle infrastrutture sia da quello dell’approccio organizzativo. Forse abbiamo imparato che non possiamo più farci cogliere di sorpresa e che serve una società capace di immaginare il futuro e di costruire risposte a vari scenari». Insomma, a una grande crisi potrebbe corrispondere una grande lezione. La pandemia ha fornito l’occasione per ripensare al modo in cui si studiava e al modo in cui si lavorava, fa notare Chiara Mussida, docente di Economia del lavoro alla facoltà di Economia e Giurisprudenza. «L’essere costretti a riconsiderare come si fa didattica potrà rivelarsi un’opportunità. Lo smart working, dal canto suo, è stato un’occasione per rendere l’organizzazione del lavoro meno rigida e l’adozione di una forma ibrida tra presenza e distanza permette di evitare di correre il rischio di sovrapporre del tutto i tempi di vita e i tempi di lavoro». Ma solo a certe condizioni.
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opo la pandemia: la ‘società comoda’ e i suoi rischi è il titolo dell’articolo del professor Luca Pesenti, docente di Sociologia alla facoltà di Scienze politiche, comparso su VP Plus, il quindicinale di Vita e Pensiero, proprio mentre stavamo tornando a una certa normalità grazie alla diffusione dei vaccini. Il sociologo, constatando che la pandemia ci ha reso ancora più sedentari, confinati nelle nostre case dove ormai in molti lavorano e studiano, notava come ci siano molti lati oscuri, dalla difficoltà ad assumere rischi alla scomparsa dei riti. Una società comoda, insomma, condannata in realtà a consumare. Attorno alla provocazione del professor Pesenti abbiamo chiesto ad altri quattro docenti dell’Ateneo di continuare la riflessione. Quattro esperti che, da angolazioni diverse, si occupano di formazione a distanza e di nuove forme di lavoro. Per capire come cambia la nostra società e in che direzione ci stiamo incamminando. Ma soprattutto per non subire le trasformazioni.
gliori università del mondo. E tutto questo senza muoversi da casa. Molte idee sono nate anche nell’ambito dei corsi di formazione e dei master, facilitando la partecipazione di persone che non avrebbero potuto farlo a causa della distanza. E anche nell’offerta formativa dei corsi di laurea potrebbero affacciarsi nuove idee. Ciò che conta, secondo il professor Rivoltella, è che ci sia sempre «una regia, per evitare di creare semplici processi di autoapprendimento» e scongiurare che «oltre al corpo manchi soprattutto il feedback, sia nell’esperienza del docente che in quella dello studente. Per fare questo occorre progettare la didattica e non ridurla alle variabili micro-organizzative».
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Correva l’anno 1921 A teatro un anno vissuto sull’orlo del futuro di Michele Nardi
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Al Dal Verme di Milano gli storici dell’Ateneo Paolo Colombo e Chiara Continisio ricostruiscono l’atmosfera del periodo in cui prese corpo l’avventura dei fondatori on è tra gli anni più citati nei dell’Università Cattolica. Dall’orlo del baratro a un glorioso secolo di storia
libri di storia. Ma il 1921 è un anno importante, almeno per l’Università Cattolica del Sacro Cuore, perché segna l’inizio della sua esperienza centenaria. Come si viveva in quel periodo a ridosso del ventennio fascista? Gli storici dell’Università Cattolica Paolo Colombo e Chiara Continisio fanno rivivere lo spirito del tempo con l’evento teatrale “1921. Sull’orlo del futuro”. Una narrazione storica che ha avuto la sua “prima” il 18 novembre al Teatro Dal Verme di Milano nell’ambito delle iniziative promosse dall’Ateneo in occasione del suo primo Centenario. Paolo Colombo, su immagini e suoni di Stefano Tumiati e con l’aiuto di romanzi,
filmati, musiche, restituisce l’atmosfera, il clima e la temperie di quell’inizio di un decennio altrove definito “ruggente” e che prelude ad altri, drammatici, cambiamenti. Che cosa può aver voluto dire vivere in quell’anno schiacciato tra la fine della Prima Guerra Mondiale e l’imminente salita al potere di Mussolini che avvia il ventennio di dittatura fascista? Come si divertivano allora gli italiani? Per quali squadre tifavano? Che canzoni cantavano? Che regali facevano a Natale? Per cosa si emozionavano? Come si sarà sentito chi stava con un piede sull’«orlo di un futuro» che si sarebbe trasformato per larga parte, di lì a un niente, in un baratro di oppressione, di guerra, di morte?
Un anno per lo più trascurato dalle ricostruzioni storiche entra così in piena luce e si staglia nei suoi dettagli di vita profondamente umana. È proprio da quella umanità, d’altra parte, che nel 1921 prende avvio l’avventura dei fondatori dell’Università Cattolica, destinata a superare quel baratro che si trova di fronte appena nata e ad arrivare fino a oggi: 100 anni dopo. Non è la prima volta che Paolo Colombo e Chiara Continisio raccontano la storia sperimentando formule innovative. Da alcuni anni hanno creato un format di historytellingg che si chiama “Storia e Narrazione”. A metà tra performance teatrale e lezione in aula è un modo per raccontare la Storia con la “S” maiuscola non solo attraverso date, fatti, nomi dei grandi personaggi ma anche con le storie, quelle con la “s” minuscola, degli uomini e delle donne che la storia l’hanno solo vista passare. E ancora con la musica, le immagini, le storie private, i diari, le memorie, i romanzi, le poesie e, perché no, le emozioni. Un format che ha raccolto grandi consensi da riempire aule universitarie e teatri di tutta l’Italia, raccontando Olivetti, Ceausescu, lo sfruttamento coloniale del Congo, la distruzione nazista di Varsavia, il rapimento Moro, la strage di Piazza Fontana, il processo a Luigi XVI e il referendum del 2 giugno del 1946, la caduta del Muro di Berlino, e poi Giovanni Falcone ed Ernst Shackleton. E, recentemente, il podcast in otto puntate prodotto dal Sole 24 Ore in collaborazione con l’Università Cattolica su JFK, vita e miti del presidente americano. Perché la «Storia non è per nulla noiosa, se sai come raccontarla». Università Cattolica del Sacro Cuore
La Storia che esce dai libri e prende vita di Michele Nardi
Nelle voci di studenti e docenti le emozioni e le riflessioni generate dal racconto messo in scena al Teatro Dal Verme sul contesto storico e culturale del 1921
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stato molto interessante vedere come le persone vivevano nel 1921 attraverso episodi di vita quotidiana come i regali di Natale, le partite di calcio, gli sfottò tra amici e andare oltre quello che troviamo nei libri: trattati, guerre e grandi eventi». Francesco studia Scienze politiche e sociali in Università Cattolica e ha appena assistito a “1921, sull’Orlo del Futuro”, lo spettacolo ideato dai professori Paolo Colombo e Chiara Continisio, in scena al Teatro Dal Verme di Milano. Il suo giudizio sullo spettacolo coglie il filo rosso della narrazione: una immersione tra audio, video e immagini che entra nelle vite degli italiani di cento anni fa per poter comprendere il contesto storico-culturale in cui è nata la Cattolica ma anche un anno sospeso tra due grandi eventi della Storia come la fine della Prima Guerra Mondiale e l’avvento del Fascismo. «Mi ha colpito il passaggio sul Milite Ignoto» racconta Sergio, studente di Economia «e il contrasto tra come la gente allora accolse il treno che accompagnava la bara da Aquileia a Roma: in silenzio, inginocchiandosi. Oggi lo avremmo accolto con un applauso. Lo spettacolo racconta bene la differenza tra la cultura del silenzio di quell’epoca contrapposta alla cultura del rumore di oggi». Uno dei pilastri della rappresentazione teatrale è il gioco tra la musica del ’21 e brani più recenti per dare al pubblico la sensazio-
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ne di un continuo richiamo tra cento anni fa e i nostri giorni. Lo conferma Massimo Scaglioni, docente di Cinema, fotografia e televisione in Cattolica: «Questo viaggio è stato reso possibile dall’immaginario del 1921, quindi attraverso cinema, articoli di giornale e musica ma anche grazie all’immaginario sull 1921, che ci riporta avanti nel tempo, per esempio attraverso le note di “Caruso”, la canzone di Lucio Dalla dedicata al celebre cantante lirico scomparso proprio quell’anno». Anche il confronto tra il programma di Benito Mussolini, che nel 1922 avrebbe preso il potere, e il progetto dei fondatori dell’Ateneo è rimasto impresso: «Il Fascismo era pieno di parole come violenza e ambigui-
tà mentre lo sguardo che ha animato fin dall’inizio la nostra università era mosso da fiducia e proiettato verso l’oltre e l’altrove» rileva Annalisa, studentessa di Lettere e filosofia. «Mi è piaciuto il punto in cui viene descritta la figura di Armida Barelli» è il commento di Elisa, studentessa di Giurisprudenza. «La Cattolica è nata grazie anche a una donna impavida e tenace. Secondo me è un modello da seguire». Il 1921 era l’anno giusto per nascere anche secondo Luca Gino Castellin, docente di Storia delle Dottrine Politiche: «Uso il termine greco kaìros, cioè momento opportuno. Di fronte alla violenza che stava montando nella società e di fronte alle difficoltà dell’uscita dalla Prima guerra mondiale e dall’influenza spagnola arriva l’intuizione di alcuni che, a seguito di una appartenenza, danno il via a una esperienza che dura ancora oggi. Ecco l’elemento che spiega il momento fondativo dell’Ateneo». La parte conclusiva dello spettacolo è il momento preferito di Riccardo, studente di Lettere e filosofia: «Tucidide diceva che la Storia è un patrimonio per l’eternità. Questo ci ricorda che dobbiamo guardare al passato in modo consapevole per poi volgere lo sguardo al futuro e non stare sull’orlo del baratro ma camminare con i piedi ben piantati per terra».
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In un volume tutto il magistero sull’Ateneo da Benedetto XV a Papa Francesco di Velania La Mendola
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a storia della “Cattolica” è un luminoso esempio di quanto sia efficace e fruttuosa l’alleanza tra la fede e la scienza, la teologia e i saperi, la dimensione spirituale e la razionalità. Attraverso i testi raccolti in questo volume si può apprezzare un Magistero variegato, che si è espresso non tanto quale garante dottrinale della fede, quanto piuttosto come fermento per la ricerca della verità e per la promozione del dialogo con tutti e in ogni campo del sapere, al fine di contribuire a uno sviluppo pieno e integrale dell’umanità». È Papa Francesco a presentare con queste parole, nella prefazione, il terzo volume della collana “Storia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore”, pubblicata da Vita e Pensiero. L’opera è stata presentata al pontefice il 24 novembre scorso in Aula Paolo VI, a margine dell’Udienza generale, dall’assistente ecclesiastico generale monsignor Claudio Giuliodori e dal rettore Franco Anelli (nella foto sotto).
Il volume rappresenta «la prima raccolta degli interventi magisteriali sull’Università Cattolica, che abbraccia tutto l’arco temporale del primo secolo di vita dell’Ateneo» spiega monsignor Giuliodori, che ha curato l’opera. Un magistero prevalentemente pastorale «che esprime e manifesta la cura che i
pontefici e l’episcopato italiano hanno manifestato nei confronti dell’Università Cattolica» e ««documenta in modo inequivocabile il particolare legame dell’Ateneo con la Santa Sede e la Chiesa italiana» aggiunge il curatore. «Questa singolare attenzione e la straordinaria ricchezza degli insegnamenti magisteriali rivolti all’istituzione accademica fondata da padre Agostino Gemelli, costituiscono un unicum di particolare rilevanza anche nel quadro delle università cattoliche, assai numerose nel mondo». L’opera è suddivisa in due tomi: il primo dedicato al Magistero dei pontefici seguendo lo sviluppo cronologico da Benedetto XV a Francesco, mentre il secondo è dedicato alle Giornate universitarie, che costituiscono una fonte non secondaria se si vuole comprendere la natura e i contesti di alcuni interventi. La raccolta, nella sua interezza, «non rappresenta solamente una testimonianza storica» fa notare il rettore Franco Anelli nella presentazione «ma è a tutti gli effetti un insieme di coordinate imprescindibili per delineare il futuro dell’Ateneo dei cattolici italiani». Un invito che sembra fare eco alle parole di Francesco, che chiede alla nostra, come alle altre università cattoliche, di «passare da uno studio “asettico”, che rischia l’astrazione e l’estraneazione, a un sapere che sappia misurarsi costantemente con la realtà avendo sempre a cuore la verità, il bene comune e la carità». Parafrasando quanto scriveva alla Pontificia Universidad Católica Argentina: «Non accontentatevi di una [cultura] da tavolino. Il vostro luogo di riflessione siano le frontiere. E non cadete nella tentazione di verniciarle, di profumarle, di aggiustarle un po’ e di addomesticarle. Anche i buoni [professori e studenti], come i buoni pastori, odorano di popolo e di strada e, con la loro riflessione, versano olio e vino sulle ferite degli uomini». Università Cattolica del Sacro Cuore
Un tesoro di storia, di arte e di fede La Cattolica tra i “Luoghi dell’infinito” di Giovanni Gazzaneo
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La rivista ha dedicato, a novembre, una monografia a “Universitas, dalle origini alla Cattolica” sulla nascita delle università e i cento anni del nostro Ateneo. Tra le firme, Franco Anelli, Franco Cardini, Gianfranco Ravasi, Maria Bocci, Claudio Giuliodori
censi. L’incarico della riedificazione del monastero viene affidato a Donato Bramante. Il suo è un progetto “perfetto”, come osserverà cinque secoli dopo un altro grande architetto, Giovanni Muzio, intervenuto per adattare il monastero alle esigenze dell’università. Primo edificio rinascimentale, come testimonia una lapide fatta apporre nel 1498 da Ludovico, è il refettorio (ora l’Aula Magna più bella d’Italia). Era il cuore dell’abbazia, al
centro di quattro chiostri (due sopravvivono: il chiostro dorico e quello ionico). Pilastri e lesene disegnavano lo spazio del refettorio: i medaglioni dei dodici apostoli accompagnavano lo sguardo dei monaci verso le Nozze di Cana, il grandioso dipinto di Callisto Piazza da Lodi (1545) che domina la sala. Sopra il refettorio, nella Sala dello Zodiaco (oggi aula Pio XI) viene realizzata la grande biblioteca. Nel 1624 si costruisce l’atrio d’onore e lo scalone monumentale. L’abbazia continua nei secoli a essere centro di preghiera contemplativa e, insieme, di vita culturale: sede, tra l’altro, di una scuola di paleografia e diplomatica. Un passato glorioso che Napoleone, il 10 aprile 1797, tenta di cancellare con l’occupazione dell’abbazia da parte delle milizie cisalpine e la destinazione a magazzino prima e a ospedale militare poi. Ma la Provvidenza, attraverso la fede e il genio degli uomini di buona volontà, non si arrende ai buchi neri della storia. E un nuovo tesoro nasce grazie all’opera di padre Agostino Gemelli: un tesoro di menti e di cuori che animano, grazie alla Cattolica, la speranza e la cultura in un Belpaese e in una Europa che vede il pensiero cristiano sempre più marginale.
Il viaggio di Avvenire tra le dodici facoltà INCHIESTA
area che vede nascere l’Università Cattolica del Sacro Cuore è un crocevia della storia tra civiltà romana e civiltà cristiana. Qui si trovano i resti più significativi di quella che è stata capitale dell’impero e, con Ambrogio, centro della cristianità d’Occidente. Custode di un tesoro di storia, di arte, di fede, l’Università sorge – come testimoniano i resti archeologici, dal III secolo a. C., nel Giardino di Santa Caterina d’Alessandria – sull’area cimiteriale romana che accolse in seguito i martiri cristiani. Con l’acclamazione nel 374 di Ambrogio, magistrato imperiale, a vescovo di Milano, il luogo della pietà e della memoria si trasforma nel cuore pulsante della comunità cristiana. Nel 386 viene dedicata ai martiri Gervasio e Protasio la grande basilica costruita da Ambrogio. E forse proprio nei pressi del Giardino di Santa Caterina, nel 387 Agostino, all’età di 33 anni, si converte. Nel 789 l’arcivescovo Pietro chiama una comunità religiosa a ridare vita e splendore alla basilica di Ambrogio, devastata dalle invasioni unne e longobarde. I benedettini rinnovano l’edificio con la preghiera, il lavoro, l’arte e la liturgia. Edificano il campanile dei monaci che si affianca a quello dei canonici. Solo successivamente pensano al loro cenobio, di cui restano poche tracce. Sopravvive una cripta, forse una cappella, costruita sotto il refettorio di quello che sarà il monastero cistercense. Nell’abbazia viene siglata la “Pace di Ambrogio”, nel 1258, che mette fine alle lotte intestine in città. Ma il privilegiare l’attività civile e culturale rispetto alla sfera spirituale porterà il monastero al decadimento. La rinascita è possibile grazie ad Ascanio Sforza, cardinale e commendatario dal 1489 dell’abbazia di Sant’Ambrogio. È lui, fratello di Ludovico il Moro, ad affidare le sorti del monastero ai cister-
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cominciata da Lettere e Filosofia l’inchiesta dedicata all’Università Cattolica del Sacro Cuore nel centenario della sua fondazione dal quotidiano Avvenire. Un viaggio all’interno delle 12 facoltà dell’Ateneo che si è concluso con Scienze matematiche, fisiche e naturali. «Unica per capillarità sul territorio grazie ai campus di Milano, Roma, Brescia, Piacenza e Cremona» ha scritto il quotidiano iniziando il colloquio con presidi, professori e protagonisti della vita accademica «la Cattolica si conferma ancora oggi un laboratorio insostituibile per il dialogo fra discipline differenti, per la ricerca in ambito umanistico e scientifico, per la spinta progettuale che tante volte, in passato, ha sostenuto la crescita del Paese». Gli articoli dell’inchiesta sono disponibili online al link unicatt.it/un-secolo-di-futuro.
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Cent’anni di vita letti attraverso “Archivio” di Paolo Ferrari
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archivio è diventato un dispositivo culturale e politico da interrogare, nonché uno spazio del sapere che rivela la natura della società che l’ha prodotto e fornisce gli strumenti per affrontare il domani: un contenuto documentario che è un oggetto di seduzione su cui possiamo esercitare fantasia e creatività». Le parole con cui la rivista internazionale ““Archivio” apre il numero speciale dedicato al patrimonio archivistico dell’Università Cattolica, a un secolo dalla sua fondazione, si inseriscono perfettamente nello stile con cui l’Ateneo ha deciso di celebrare questo anniversario: con lo sguardo rivolto al futuro. Distribuito in tre continenti, in più di 150 fra librerie, bookshop museali, gallerie, concept store di 18 paesi diversi, Archivio è il primo e l’unico magazine al mondo costruito interamente con materiali archivistici. Il numero speciale, intitolato 19212021. Gli ultimi cento anni attraverso gli archivi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, si basa sulla scoperta della «dimensione culturale dell’archivio». Quelli depositati presso le università vengono considerati degli «indicatori ideali per determinare la qualità di un’istituzione in termini di eredità culturale, che è una delle componenti più rilevanti nell’ambito dell’evoluzione dei nuovi modelli di comunicazione». Nella rivista tante belle, storiche immagini che “parlano” di cent’anni di vita attraverso persone, documenti, scritte sulle statue e sui muri, volantini studenteschi, striscioni e manifestazioni, riviste, libri, fondi, ritratti, lettere, disegni, vignette, bozzetti, opere d’arte. Tra i testi due articoli di Maria Bocci e Mario Gatti sull’archivio generale e gli archivi culturali dell’Ateneo; il pezzo di Marta Sironi su Lidia Bortolon, laureata in Cattolica nel 1949, collaboratrice per dieci anni di padre Gemelli a Vita e Pensiero e poi storica firma di “Grazia”; la riflessione di Giuseppe Lupo su memorie e macchine; due chicche, una di Lidia Menapace su “La goliardia è morta” (1968), l’altra di Giovanni
Scheiwiller sul Manzù; un simpatico articolo sulla moda tratto da Fiamma viva. Ri-
vista della gioventù femminile, diretta da Armida Barelli e Maria Sticco; la prefazione di Agostino Gemelli al volume di Vita e Pensiero Carlo Marx, curato da Francesco Olgiati; per finire con uno scritto del cardinale José Tolentino de Mendonça sulle relazioni tra Biblioteca Vaticana, Archivio Apostolico e Università Cattolica. Ad apertura ideale del numero l’abbraccio, letterale, che Giovanni Paolo II rivolge agli studenti della Cattolica assiepati nel chiostro bramantesco il 22 maggio 1983. Tra loro, a ricordare quell’evento, un giovanissimo Michele Faldi, studente di Lettere e oggi direttore d’area dell’Ateneo. Insomma, un numero tutto da sfogliare per rinfrescare la memoria e far esplodere la creatività necessaria a scrivere le pagine del nuovo secolo dell’Ateneo.
Il Bilancio di Missione per l’anno del Centemario
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li anniversari sono sempre l’occasione per fare un bilancio. Per riannodare i fili di ciò che sta alle nostre spalle e vedere se la storia che si è dipanata è stata fedele alle premesse su cui si era fondata. Cent’anni di futuro. Il Bilancio di Missione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore nel suo primo secolo di vita rappresenta la sfida di fare il punto su questa lunga vicenda senza limitarsi a un lavoro di pura rievocazione. Il documento, infatti, ha una forte esposizione verso la contemporaneità, per tenere aperto lo sguardo sui prossimi sviluppi dell’Ateneo. Il volume, nei dodici capitoli di cui è composto, traccia il profilo di una Università che, dai primi corsi e dalle prime matricole del 1921, è diventata uno dei maggiori e più importanti Atenei cattolici in Europa, con più di 300 mila laureati e diplomati dalla fondazione, 12 facoltà, cinque campus sul territorio nazionale e circa 42mila studenti. Più che di ricostruzione storica, il Bilancio per l’anno del centenario descrive l’evoluzione di una grande impresa nata con una missione molto chiara, coniugata via via nel modo più aderente a ogni singolo passaggio storico, con la cura di non perdere di vista la capacità di leggere, interpretare e discernere il proprio tempo e restare sempre “nel cuore della realtà”. Cent’anni di futuro si apre con “un secolo di numeri”, quelli relativi al primo anno accademico, in rapporto ad alcuni anni successivi, fino ai dati complessivi dalla
fondazione al 2021. La chiusura, dopo un capitolo dedicato a come l’Università ha affrontato l’emergenza pandemica, sia in chiave sanitaria sia in chiave formativa, è affidata al discorso inaugurale del rettore per l’anno accademico 20202021 e all’omelia di Papa Francesco per i 60 anni della facoltà di Medicina e chirurgia. In mezzo, la missione, la storia, le persone, i campus, le facoltà, la formazione oltre la laurea, la ricerca e il rapporto con la società e la Chiesa. Il Bilancio di missione è accompagnato da un lavoro di ricerca fotografica nell’Archivio generale per la storia dell’Università Cattolica, che racconta i cento anni di storia a partire dagli scatti in bianco e nero, insieme a una “fotografia del quotidiano”, fermata anche nelle immagini che corredano il volume e testimoniano la vita dell’Ateneo all’inizio del suo secondo secolo di vita. Andrea Musso, architetto genovese, acquerellista e grafico, e storico collaboratore della casa editrice Vita e Pensiero, ha progettato la grafica del volume e l’ha impreziosito con gli acquerelli e le piccole illustrazioni che definiscono i dodici capitoli.
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Potenziamento umano e intelligenza artificiale tra benefici, rischi e regole
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di Katia Biondi
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ornisce «ausili formidabili» alle nostre vite, soprattutto in ambito medico, farmacologico e delle scienze cognitive. Ma l’Intelligenza artificiale (IA), con il potenziamento umano che è capace di innescare, non è priva di rischi. Servono «regole chiare», a partire da quelle sulla privacy. Ne è convinto il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, intervenuto al dibattito “Post-umano, sovrumano o semplicemente umano?”, che si è tenuto a Milano il 13 settembre scorso nella Sala Colonne del Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci. L’incontro, promosso nell’anno del suo centenario dall’Università Cattolica con la Consulta scientifica del Cortile dei Gentili, l’organismo del Pontificio Consiglio della Cultura, è stato anticipato da un workshop a porte chiuse in largo Gemelli nel corso del quale esponenti della Consulta e una quarantina di docenti dell’Ateneo si sono confrontati, con uno sguardo multidisciplinare, sulle sfide poste dalla tecnologia e dall’IA. È la tappa di un percorso che il Cortile dei Gentili sta portando avanti con l’Università Cattolica, impegnata su questo fronte con numerosi progetti di ricerca e tramite il Laboratorio Humane Technology Lab (HTLAB). Dopo le parole del presidente del Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Lorenzo Ornaghi, del rettore Franco Anelli, del presidente della Consulta scientifica del Cortile dei Gentili e vice-presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato e il videomessaggio del presidente del Cortile cardinale Gianfranco Ravasi, a capire quali sono gli scenari futuri che ci attendono sono stati alcuni studiosi sollecitati
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dalle domande di Luciano Fontana, direttore del Corriere della sera, media partner dell’iniziativa. Per Paolo Benanti, docente di Teologia morale alla Pontificia Università Gregoriana, «l’idea che abbiamo di futuro è inscindibile dal modo in cui tecnologizziamo la realtà» e la macchina sapiente può essere tale solo se in «rapporto simbiotico» con l’essere umano. Secondo Laura Palazzani, vicepresidente vicaria del Comitato Nazionale per la Bioetica, la corsa verso il potenziamento rischia di diventare la non accettazione della natura umana. L’uomo, invece, può migliorarsi senza usare «tecniche di potenziamento» ma semplicemente migliorando le potenzialità che sono scritte nella natura umana, evitando così di cedere al “ricatto della perfezione”.
Per Silvano Petrosino, docente di Filosofia teoretica all’Università Cattolica, il problema non è essere a favore o contro la tecnica, piuttosto cogliere il fatto che più la tecnica diventa potente più tende a far dimenticare all’uomo quello che è stato il compito posto dal creatore, “coltivare e custodire” facendolo coincidere con “manipolare e dominare”. Di fronte a tutto questo non basta sapere ma è necessario volere. Un ruolo importante, allora, possono giocarlo le regole. Lo ha ribadito Antonella Sciarrone Alibrandi, prorettore dell’Ateneo, richiamando l’attenzione sul fatto che la questione è affrontata sotto due prospettive: «la prima, è quella della tecnologia oggetto di regolazione; la seconda, è quella dell’utilizzo della tecnologia per la produzione di regole che vengono applicate in sede di giustizia». Una posizione condivisa dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. «Il rapporto tra macchina intelligente ed essere umano va ancora chiarito e costruito completamente. Diamoci tempo, culturalmente, socialmente, giuridicamente ed eticamente, di abituarci alla coesistenza con queste tecnologie». Senza temere per il primato dell’uomo. «Temo di più chi possiede il dato e chi fa il programma» aggiunge Cingolani, che evidenzia i numerosi campi in cui la trasformazione digitale può avere effetti benefici e immediati, primo fra tutti quello ecologico: «L’abbattimento dell’impronta idrica e lo smart grid, dove saranno investiti circa 4 miliardi, sono esempi pratici e significativi di come l’Intelligenza Artificiale può contribuire a migliorare l’esistenza umana».
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La sfida dell’educazione, una bussola per cooperare nel mondo globale di Bianca Martinelli
L’appello di Papa Francesco per un Patto educativo globale non è caduto nel vuoto. Il punto della situazione sulle iniziative dell’Ateneo e negli altri Paesi del mondo
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diretto dal professor Domenico Simeone. Un organismo che intende favorire la collaborazione tra università, centri di ricerca e organismi internazionali per «promuovere studi, ricerche, attività formative e pubblicazioni sull’educazione e la cooperazione internazionale, sviluppando nuovi strumenti di analisi e di indagine che consentano la fondazione di una pedagogia della cooperazione internazionale basata sull’etica della responsabilità e sul principio di solidarietà, alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa». Secondo il direttore dell’Osservatorio, «la cooperazione internazionale riveste un ruolo di primo piano per la promozione
della solidarietà tra i popoli e per rispondere alle sfide complesse in un mondo sempre più interconnesso. Tuttavia, è necessario ripensare i principi che sono alla base della cooperazione internazionale, al fine di attuare un cambiamento di paradigma nel modo in cui si manifestano gli equilibri e i rapporti tra i diversi attori coinvolti». Accanto agli sforzi per il raggiungimento di questi ambiziosi obiettivi, «si fa sempre più presente l’urgenza di ridefinire non soltanto i livelli di istruzione o il tasso di scolarizzazione di ogni specifico Paese, ma soprattutto il modello di sviluppo che attraverso l’educazione si intende promuovere».
A Brescia per riflettere di cooperazione internazionale GIORNATA DI STUDI
entiquattro milioni di studenti nel mondo rischiano di lasciare la scuola. Un crescendo allarmante, considerato che già nel 2018 le stime dell’Unesco parlavano di 258 milioni di bambini, adolescenti e giovani di tutto il mondo completamente esclusi dall’istruzione. Dati che hanno portato Papa Francesco a definirla “una catastrofe educativa”. Secondo il preside della facoltà di Scienze della formazione e titolare della cattedra Unesco sull’Educazione per lo sviluppo integrale dell’uomo e per lo sviluppo solidale dei popoli Domenico Simeone, «il nostro mondo in rapido cambiamento deve affrontare sfide importanti e costanti – dall’accelerazione tecnologica al cambiamento climatico, ai conflitti, alle migrazioni, a fenomeni di intolleranza e odio – che potrebbero ampliare ulteriormente le disuguaglianze e che avranno un impatto molto rilevante nei decenni a venire». Per questo “mai come ora – aveva detto il Pontefice il 12 settembre 2019, invitando a stringere un Patto Educativo Globale – c’è bisogno di unire gli sforzi in un’ampia alleanza educativa per formare persone mature, capaci di superare frammentazioni e contrapposizioni e ricostruire il tessuto di relazioni per un’umanità più fraterna”. Un appello che non è caduto nel vuoto. Come spiega il segretario della Congregazione per l’Educazione cattolica della Santa Sede, monsignor Angelo Vincenzo Zani, «ad oggi sono attivi patti educativi locali in circa 20 Paesi del mondo, soprattutto in Sudamerica, con azioni che stanno coinvolgendo migliaia di persone. Da evento mondiale il patto educativo globale, causa lockdown, è partito così dal basso». In questa prospettiva l’Università Cattolica del Sacro Cuore è uno dei cinque atenei cattolici in prima fila a livello mondiale ad attivarsi su questa frontiera anche attraverso l’istituzione dell’Osservatorio per l’Educazione e la cooperazione internazionale,
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na giornata di studi per analizzare “Le sfide educative e la cooperazione internazionale”. Se ne è parlato, nell’ambito degli eventi del centenario, lo scorso 14 ottobre con l’introduzione del rettore Franco Anelli, del segretario della Congregazione per l’Educazione cattolica della Santa Sede monsignor Angelo Vincenzo Zani, del preside della facoltà di Scienze della formazione Domenico Simeone, del vescovo di Brescia monsignor Pierantonio Tremolada e del coordinatore per le strategie di sviluppo della sede bresciana Mario Taccolini. Dopo le relazioni del professor Riccardo Redaelli, del preside della facoltà di Scienze politiche e sociali Guido Merzoni, del ceo di E4Impact Foundation Mario Molteni, e del delegato rettorale all’internazionalizzazione Pier Sandro Cocconcelli, sono intervenuti alcuni ospiti internazionali. Il convegno si è concluso con la tavola rotonda “Nuove prospettive per la cooperazione internazionale”, coordinata dal prorettore Antonella Sciarrone Alibrandi, cui sono intervenuti mons. Guy-Réal Thivierge della Fondazione Gravissimum Educationis e i professori dell’Ateneo Giuseppe Bertoni, Wael Farouq e Rita Locatelli.
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Progetto Genesi, una mostra lunga quanto l’Italia dalla parte dei diritti umani di Emanuela Gazzotti
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rentadue opere unite da un unico fil rouge: i diritti umani, raccontati attraverso l’arte contemporanea. È lo scopo di “Progetto Genesi. Arte e diritti umani”. L’iniziativa, promossa da Associazione Genesi, ha tra i suoi promotori insieme all’Università Cattolica, il Ministero della Cultura, Fai, la Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco e Rai per il Sociale. «Il progetto è nato nel 2020 per promuovere la difesa dei diritti umani attraverso la valorizzazione delle diversità culturali» spiega Letizia Moratti, fondatrice di Associazione Genesi. «A determinare la svolta decisiva è stata l’opera di un artista iraniano, Morteza Ahmadvand, che a Venezia durante la Biennale esponeva una sfera e tre video rappresentativi dei simboli delle tre grandi religioni monoteiste che, trasformandosi anch’essi in sfere, offrono un invito al dialogo nel rispetto delle identità». Il progetto dura un anno esatto ed è costruito con un approccio multidisciplinare che unisce arte contemporanea, un ciclo di 12 incontri con esperti di rilievo internazionale su temi legati ai diritti umani ospitato in Cattolica e una serie di iniziative educative nelle scuole. «Il ruolo del nostro Ateneo si esplica soprattutto sul piano formativo e della riflessione con la partecipazione dei nostri docenti al ciclo di conversazioni “Sfide per il futuro”, che accompagnano la mostra sui diritti umani» afferma il rettore Franco Anelli. L’esposizione itinerante, composta dalle 32 opere della Collezione Genesi, ha debuttato a Varese a Villa Panza, bene Fai, dal 21 settembre all’8 dicembre 2021. Sarà poi esposta ad Assisi, Matera e Agrigento, città sedi di beni Fai e luoghi di grande rilevanza storico artistica in un percorso simbolico che da Nord corre verso Sud, per abbracciare idealmente i migranti che giungono sulle coste della Sicilia. Come spiega la curatrice Ilaria Bernardi, «il progetto è nato multidisciplinare perché vuole far fiorire Università Cattolica del Sacro Cuore
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L’esposizione itinerante di arte contemoranea unisce idealmente tutto il Paese ed è accompagnata da un ciclo di incontri in largo Gemelli sullo stesso tema un’educazione permanente sul tema dei diritti umani. Deve quindi parlare anche ai non appassionati di arte che non frequentano i musei ma che possono essere intercettati in altri luoghi di cultura». Il messaggio che unisce le opere è la difesa dei diritti umani. La mostra individua all’interno della Collezione Genesi sei principali sezioni tematiche nelle quali questo messaggio viene declinato. La memoria di un popolo: le tradizioni e la storia di ogni comunità come memoria collettiva da preservare in quanto elemento identitario fondamentale; Un’identità multiculturale: identità molteplici e l’importanza del dialogo, dell’interscambio e del rispetto reciproco tra culture; Le vittime del Potere: le violenze perpetrate o tollerate, in alcune aree del mondo, dagli stessi governi sui propri cittadini, vittime
di costrizioni, censure, genocidi, guerre, sfruttamento; Il colore della pelle: i pregiudizi e le ingiustizie che colpiscono le persone sulla base del colore della pelle negli Stati Uniti; La condizione femminile: il ruolo della donna all’interno di contesti, privati o pubblici, in cui la supremazia maschile è ancora presente; La tutela dell’ambiente: i danni causati dalle attività umane all’ecosistema e l’urgenza di preservare l’equilibrio tra umano e natura mediante uno sviluppo sostenibile. La mostra – fa notare il vicepresidente esecutivo del Fai Marco Magnifico – con i suoi contenuti sociali politici e civili ribadisce con evidenza il fondamentale ruolo sociale della creazione artistica, la sua funzione educativa e formativa di una coscienza comune che stimola conoscenza e partecipazione in un popolo civile».
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Brescia, il campus è realtà di Bianca Martinelli
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n luogo dove tante vicende personali hanno inizio» lo definisce il rettore Franco Anelli, che cita un verso dei Quattro quartetti di T.S. Eliot: “Casa è da dove si comincia”. Il nuovo campus della sede bresciana dell’Università Cattolica a Mompiano dal 27 settembre scorso ospita i 2.500 studenti delle facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali, Scienze della formazione, Psicologia, Scienze politiche e sociali e i corsi dell’Istituto superiore di scienze religiose. «È da qui, da queste aule, da questi laboratori, da questi spazi di incontro, che si comincia» spiega il rettore. «L’augurio, di cuore, è agli studenti e alle matricole che si affacciano all’esperienza universitaria dopo due anni di vita scolastica, ma anche personale e familiare, turbata dalle anomalie di un tempo difficile, che in questo campus possano cominciare a costruire il loro futuro e che le loro aspettative, che sono anche le nostre, quelle di tutta la società, trovino piena e giusta soddisfazione». Un progetto fortemente voluto, che va nella direzione del radicamento dell’Uni-
versità Cattolica sul territorio bresciano, potenziando l’offerta formativa delle sei facoltà attive a Brescia e ampliando il dialogo e la collaborazione con le istituzioni locali. La nuova sede, che affianca quella storica di via Trieste, è infatti il maggior investimento mai fatto dall’Università Cattolica a Brescia (25 milioni di euro). Perché, secondo il professor Anelli, «questa città rappresenta un laboratorio di grande interesse, alla luce di quel processo che il politologo Parag Khanna definisce «connettografia», sintesi di connettività e geografia. Scrive Khanna: “Stiamo andando verso un’era nella quale le città
saranno più importanti degli Stati e le supplyy chains saranno fonti di potere più importanti di quelle militari. La competitive connectivityy sarà la corsa agli armamenti del 21° secolo”». Una volontà di ampliare gli orizzonti anche secondo monsignor Angelo Vincenzo Zani, segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica: «Oggi emerge spontaneo il legame tra il progetto qui realizzato, il centenario dell’Università Cattolica e le sfide che premono sul ruolo di una istituzione accademica come questa, da parte di una società in profonda trasformazione. È un invito a ripercorrere la nostra storia per proiettarla nel futuro». Uno sguardo al domani che passa anche attraverso la risposta a sfide di carattere culturale, tecnologico, etico, socio-economico e politico. «Questo nuovo campus ci farà crescere come comunità e consoliderà la vocazione universitaria della città» è il pensiero del sindaco Emilio Del Bono. «È con investimenti di questo tipo – un polo bellissimo e a misura di studente, coerente dal punto di vista della rigenerazione di un patrimonio edilizio esistente – che vinceremo la sfida del futuro. Brescia, che ha molteplici vocazioni economiche, ha bisogno però di uomini e donne adeguatamente istruiti. Anche nell’alta formazione». Una formazione che è fatta non solo di sapere ma anche di sapienza, suggerisce il vescovo di Brescia monsignor Pierantonio Tremolada, che ha presieduto la messa concelebrata da monsignor Angelo Vincenzo Zani e dall’assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica monsignorr Claudio Giuliodori. E alla sapienza è dedicata la cappella del nuovo campus, la Domus Sapientiae, decorata con le opere del maestro Federico Severino. Come ricorda il vescovo Giuliodori, curatore del progetto teologico-liturgico, «i fondatori dell’Università Cattolica hanno voluto che al centro dell’Ateneo ci fosse sempre la cappella, il luogo dove ricondurre tutto al principio di ogni scienza e sapienza». Università Cattolica del Sacro Cuore
A Cremona gli studenti in dialogo con Qu Dongyu
Fao e Università Cattolica insieme per un’alimentazione sostenibile di Sabrina Cliti
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n dialogo sui quattro pilastri della sostenibilità con il direttore generale della Fao Qu Dongyu per gli studenti della facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali e di Economia del campus Santa Monica di Cremona. Una giornata, quella organizzata lo scorso 4 novembre dall’Università Cattolica con Fao, ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale e Comune di Cremona, inserita nel programma dell’iniziativa #InsiemepergliSDG, la campagna promossa dallo stesso ministero in occasione delle celebrazioni italiane della Giornata Mondiale dell’Alimentazione. A seguire la lectio magistralis del direttore Fao, che da remoto ha parlato della sostenibilità dei sistemi alimentari dopo la crisi causata dalla pandemia, tanti universitari provenienti da tutto il mondo rappresentati da Francesca Pisaneschi, al tavolo con il vicedirettore Fao Maurizio Martina, l’ambasciatore Giorgio Marrapodi, direttore generale per la Cooperazione allo sviluppo del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, il sindaco di Cremona Gianluca Galimberti, il preside della facoltà Marco Trevisan e il professor Lorenzo Morelli, direttore del Dipartimento di Scienze e Tecnologie alimentari per una filiera agro-alimentare sostenibile (Distas). Nella lectio del direttore Qu Dongyu i quattro obiettivi strategici di miglioramento della Fao nell’ambito dell’Agenda 2030: produzione migliore e mirata, migliore alimentazione, migliore ambiente e migliore vita. Macroaree interconnesse, che hanno bisogno di politiche internazionali coordinate. «I sistemi agroalimentari correnti non stanno funzionando. Troppo spesso creano circoli viziosi dannosi». È necessario, secondo Qu, «che i governi adottino politiche di stimolo che imbriglino il potere dell’innovazione, della tecnologia e dei big data. In questo quadro il Covid è stato
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Gli interventi del direttore generale Fao e del vicedirettore Maurizio Martina confermano il rilievo scientifico del polo di Piacenza-Cremona sui temi della nutrizione
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un segnale di allarme sulla fragilità della sicurezza alimentare, ma si è rivelato anche un’opportunità di rivalutare il modo in cui affrontiamo le restanti cause della fame e costruiamo resilienza contro le minacce, per meglio ricostruire». Temi su cui l’attività di ricerca e formazione della facoltà di Scienze agrarie alimentari e ambientali «sono allineate con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile proposti dall’Onu, soprattutto quelle relative alla riduzione della fame e all’aumento della
sostenibilità delle attività agricole con conseguente incremento della qualità della nutrizione degli abitanti del pianeta» fa notare il preside di Scienze agrarie, alimentari e ambientali Marco Trevisan. Ne è convinto anche l’ambasciatore Giorgio Marrapodi: «Il contributo dell’accademia all’attuazione dell’Agenda 2030 è fondamentale e abbiamo iniziato a esplorare nuove direttrici di cooperazione tra la Cooperazione italiana e il sistema Cremona, compresa la sua università». Nelle parole del vicedirettore Fao Maurizio Martina, la sorpresa per la bellezza del campus di Santa Monica: «Un luogo straordinario, sia per il contesto architettonico che per i contenuti. Dal dialogo con i docenti e il preside è emersa la fotografia di un mix di offerta formativa e di ricerca sui temi agricoli, alimentare e ambientali molto rilevante e anche particolarità che non esistono altrove. È evidente che la tecnologia e l’innovazione, se ben applicate, possono aiutarci a produrre meglio, consumando meno. E quindi più riusciamo a diffonderle, meglio sarà per i destini del mondo».
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I trent’anni di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative
La missione di formare persone capaci di creare valore economico e sociale di Katia Biondi
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ltre 7mila laureati in trent’anni e più di 700 nuove matricole per l’anno accademico in corso. Nel pieno del Centenario dell’Università Cattolica, celebra l’anniversario della sua fondazione la facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative. Un luogo costante di incontro, confronto, dialogo, come testimoniano fondatori e alumni, che hanno raccolto l’invito della preside Elena Beccalli a ripercorrere l’8 settembre i trent’anni di storia attraverso il racconto di ricordi, esperienze, aneddoti. Secondo il rettore Franco Anelli, «una facoltà che, nata da una scelta audace, è costantemente cresciuta per quantità e soprattutto qualità dell’offerta didattica, dando risposta al bisogno di elevata formazione specialistica, contribuendo alla diffusione della cultura finanziaria del nostro Paese e accreditandosi come autorevole interlocutore delle istituzioni e degli operatori economici». Dall’anno del decreto rettorale di istituzione, datato 10 maggio 1990, la facoltà «è cresciuta, si è rafforzata e si è costantemente innovata coltivando i valori fondamentali e ricalcando l’impronta dei suoi fondatori». I numeri parlano da soli: oltre 1.600 studenti iscritti ai corsi di laurea triennali e magistrali della facoltà e un’offerta formativa articolata in una laurea triennale e in cinque corsi di laurea magistrale, di cui ben quattro erogati in lingua inglese, tra cui Banking and Finance, la prima laurea magistrale dell’Ateneo totalmente in inglese. Ai fondatori raccontare gli albori di una facoltà nata in un’epoca in cui, afferma Mario Cattaneo, il «mondo finanziario in Italia era molto ridotto» e dove «l’unica gloria era aumentare il numero degli sportelli bancari». Eppure, nulla impedì a un gruppo di docenti di riunirsi in una sorta di «start up ideologica» per studiare
Le celebrazioni per l’anniversario della facoltà sono state l’occasione per rilanciare la scelta audace dei fondatori e continuare a offrire una formazione di alta qualità
e dare vita in Cattolica a nuovi percorsi formativi che «affiancassero e non sostituissero la facoltà di Economia». D’altronde, spiega Francesco Cesarini, proprio «in quegli anni si stava verificando sotto i nostri occhi un cambiamento della finanza, con un’accentuazione finanziaria eccessiva delle decisioni economiche, che necessitava di una tempestiva risposta anche da parte delle università». E la scelta di Milano fu strategica. Un progetto lungimirante che «ha preso formalmente vita il 10 di luglio del 1990 alla presenza dell’allora rettore Adriano Bausolaa con tre percorsi di laurea: bancario, finanziario e assicurativo», ha ricordato Benito Vittorio Frosini. E all’inizio la richiesta di iscrizioni è stata così alta che su 1.080 domande arrivate ne abbiamo dovute accettare solo 250». Ed è stata l’innovazione del percorso formativo («fondamentale per la mia carriera professionale») a spingere Barbara Casu, professore di Finance alla Bayes Business School di Londra a iscriversi alla neonata
facoltà, di cui è stata tra i primi laureati nel 1994. Come Federico Sella, ceo Banca Patrimoni Sella & C, che alla facoltà deve la sua passione per la tecnica bancaria. Tra i banchi di largo Gemelli è nata l’idea imprenditoriale di Tommaso Migliore, laureatosi sei anni fa e attualmente ceo di Mdotm, società leader in Europa nelle strategie di investimento con Intelligenza Artificiale. Testimonianze che confermano quella che da trent’anni, per dirla con le parole della preside Beccalli, è la missione della facoltà: «Formare professionisti capaci e rigorosi, ma anche uomini e donne integri e responsabili» nell’ottica di non limitarsi alla «massimizzazione del profitto» bensì di contribuire a «creare valore economico e sociale nel tempo». La cerimonia si è conclusa con la premiazione degli studenti vincitori del Challenge “Finance Lab for Future”” e il Concerto dei solisti, ensemble strumentale e coro dello Studium Musicale d’Ateneo, diretto dal maestro d’orchestra Beatrice Venezi.
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Un riconoscimento speciale anche ai corsi delle professioni sanitarie
Il Premio Gemelli per i migliori laureati quest’anno assegnato a 13 nuovi alumni di Agostino Picicco
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na grande festa, finalmente in presenza, per premiare il merito dei migliori laureati 2020. Nel pieno delle iniziative promosse per il Centenario della fondazione dell’Università Cattolica, l’Aula Magna ha accolto il 23 novembre la cerimonia di conferimento della sessantunesima edizione del “Premio Agostino Gemelli”, promossa da Alumni UCSC, la community che raccoglie i laureati dell’Ateneo, e dall’Associazione Ludovico Necchi. «In questo giorno l’Ateneo esprime l’orgoglio e l’invito, valido per tutti i nostri laureati, a mantenere un rapporto forte e vivo con l’Università, perché la Cattolica c’è» ha detto la prorettrice dell’Ateneo Antonella Sciarrone Alibrandi, presidente Alumni Cattolica, che ha presieduto la premiazione insieme all’assistente spirituale nazionale della Necchi fra Renato Del Bono. Alcuni laureati dell’Ateneo, moderati dall’alumnus e giornalista del Sole 24 Ore Mauro Meazza, hanno raccontato gli anni trascorsi in Cattolica. Vivere con passione la vita, la professione, le amicizie: questa la base comune delle esperienze di studio di Erika Rastelli, componente del Consiglio centrale Giovani imprenditori di Confindustria, Alessandro Neto, consigliere del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Bianca Sartirana, Managing Director & Executive Producer di Save the Cut. Come ha sottolineato la professoressa Sciarrone Alibrandi, mentre partiva il video degli Alumni “100 volti per 100 storie”, «si possono fare cose belle stando insieme». Quest’anno sono stati tredici, anziché dodici, i laureati selezionati: «Abbiamo scelto di attribuire il Premio Gemelli anche a una studentessa dei corsi delle professioni sanitarie della facoltà di Medicina e chirurgia, per riconoscere il ruolo in
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prima linea che il personale sanitario ha avuto nella gestione della pandemia» ha spiegato la presidente di Alumni. A ricevere il premio sono stati: Federica Tagliabue (Laurea in Giurisprudenza, Milano); Marco Busetto (Scienze politiche e sociali, Milano); Fabio Obertelli (Economia, Milano); Chiara Borgonovo (Lettere e filosofia, Milano); Chiara Battaglia (Scienze della formazione, Brescia); Laura La Placa (Scienze agrarie, alimentari e ambientali, Piacenza); Salvatore Raia (Medicina e chirurgia, Roma); Erica Grange (Medicina e chirurgia, laurea in Scienze riabilitative delle professioni sanitarie, Roma); Francesca Abbiati (Scienze matematiche, fisiche e naturali, Brescia); Stefano Cotticelli (Scienze bancarie, finanziarie e assicurative, Milano); Simone Binda (Scienze linguistiche e letterature straniere, Milano); Chiara Busi (Economia e Giurisprudenza, Piacenza); Martina Casati (Psicologia, Milano). Tutti i premiati hanno ricevuto una medaglia d’argento nominale ed entreranno a far parte a pieno titolo di Alumni
Cattolica – Associazione Necchi e anche della community degli Alumni Premium, potendo così giovarsi di una serie di agevolazioni e opportunità di crescita che l’Ateneo sta progettando per i suoi laureati (l’iniziativa si inserisce nel Progetto Alumni UCSC). È stata Chiara Borgonovo ad aggiudicarsi il premio “Vita e Pensiero” per la miglior tesi di laurea: il suo elaborato “Lo sguardo Kitsch. Verso una rilettura del fenomeno nell’arte e nella cultura visuale recenti” sarà presto in ebook open access. Con lei sul palco anche la vincitrice dello scorso anno Eleonora Carraro. Nella stessa cerimonia conferito anche il Premio di laurea “Francesco Realmonte” a Maria Laura De Rosa e Giuseppe Calarco, rivolto ai laureati del corso di laurea magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza che hanno discusso una tesi nell’ambito del Diritto civile e commerciale. Un premio alla memoria del professore scomparso nel 2008, uno fra i primi vincitori del Premio Gemelli, assegnato dall’omonima associazione a lui intitolata.
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Mostra del Centro pastorale nelle sedi Una “linea” tra passato, presente e futuro di Emanuela Gazzotti
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n pennello simbolico messo nelle mani degli artisti che tracciano la propria linea per la nuova edizione degli “Itinerari di arte e spiritualità”. L’iniziativa del Centro pastorale dell’Università Cattolica, giunta alla sua diciassettesima edizione, è dedicata quest’anno a Nulla dies sine linea. Un tema che ci aiuta «a tratteggiare il percorso di decodifica della realtà nell’anno del centenario dell’Ateneo» spiega l’assistente ecclesiastico generale monsignor Claudio Giuliodori. «La linea è, però, anche quella che andremo a disegnare per il futuro con l’aiuto dell’arte il cui sguardo è capace di leggere in profondità la realtà». Nel catalogo della mostra, scrivono gli studenti che l’hanno curata sotto la supervisione dei professori Elena Di Raddo, Cecilia De Carli e Bianca Trevisan, le parole di Plinio nella sua Naturalis Historia “Nessun
giorno senza tracciare una linea” «rappresentano quei valori che sentiamo nostri come comunità universitaria, una comunità che in occasione del centenario abbiamo voluto raggiungere in ogni sua sede». Nell’esposizione di quella milanese un omaggio al fondatore è il quadro di Marco Grasso Luce, ritratto di padre Agostino Gemelli che si gioca tra il bianco e nero del volto del francescano che coniugava fede e ragione e lo sfondo colorato di blu e rosso a simboleggiare l’alba come punto d’inizio del giorno e dell’Ateneo. Sullo Scalone d’Onore, anche il ritratto dello scrittore Giovanni Testori (Barbara Nahmad), che si è laureato in Lettere nel 1946 in Cattolica. “Il tempo è un gentiluomo che svela sempre la verità” è il messaggio che emerge dal Calendario Door di Letizia Cariello che concelebra il “secolo di storia davanti a noi” dell’Ateneo. Anche le altre opere dislocate in largo Gemelli rappresentano parte del mondo
dell’arte contemporanea in tutte le sue forme. Sono i lavori di Alice Schivardi (Coccinelle); William Xerra (Reflections of love); Armida Gandini ((Madri, Padri spirituali); Caterina Morigi (Sectilia. Corpo di Venere); Ivan Tresoldi (Pagina bianca); Gabriella Benedini ((Arpa del Pittore); Francesca Ferreri (Curva infinita). E, ancora, l’opera digitale Dark Collection di Luca Pozzi, la video performance Vice Versa di Filippo Berta, il neon con la scritta Nulla dies sine linea di Matteo Attruia, e la scultura Change to stay the samee di Giuseppe Buffoli. A Cremonaa l’opera dell’artista Gabriella Benedini, Le Vele, si inserisce nel nuovo campus di Santa Monica, «un grande contenitore di senso che, grazie all’intelligenza e alla generosità, è diventato un contenitore di conoscenza». A Roma Neburose. Giuramento di Ippocrate di Bruna Esposito, che ha trascritto sui camici dei medici, a penna biro a mano, il testo del giuramento («un inno magnifico al bene»), e li ha avvolti ciascuno in una intricata rete bianca. A Brescia, l’installazione site-specific Madri, Padri di Armida Gandini. Un’opera composta da diciotto carte di cotone applicate alla vetrata della sede di via Trieste, dove, partendo da ritratti fotografici di volti di padri e madri spirituali, l’artista ha sovrapposto i propri occhi e le proprie mani. Vivee è l’opera allestita nella piazzetta di Economia della sede di Piacenza, una stampa su carta e intervento di collage di William Xerra composta da due ovali, uno dei quali è uno specchio in cui possiamo rifletterci e nell’altro campeggia la scritta Vive, che si apre alla memoria e al mistero. Ogni artista è stato seguito personalmente da uno o più degli studenti-curatori: Davide Amata, Arianna Sobilia Blancato, Giulia Corsaro, Maria Rita Dedè, Elena De Panfilis, Monica Di Matteo, Leonardo Dolce, Francesca Fimeroni, Maria Vittoria Mondini, Anita Papa, Filippo Rachelli, Marco Tariello, Letizia Tremolada. Università Cattolica del Sacro Cuore
Tra ricerca e iniziative a Dubai, il network è operativo
Sacru, una vera università senza muri Nonostante la pandemia la rete lavora
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di Antonella Olivari
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icerca e tolleranza: sono due delle parole chiave cui si ispira la Strategic Alliance of Catholic Research Universities (Sacru), il network internazionale che riunisce otto università cattoliche, nato in risposta all’invito di Papa Francesco di creare un patto educativo mondiale. Obiettivi impegnativi su cui si è messa al lavoro la rete, di cui l’Università Cattolica è sede del Segretariato e il professor Pier Sandro Cocconcelli segretario generale. Negli stessi giorni di Cop26, dall’8 all’11 novembre, l’evento “A sustainable future: research delivering impact for the 21st century”, dedicato alle ricerche dei Research students che operano nei diversi ambiti della sostenibilità, ha selezionato 26 dottorandi provenienti dalle otto università cattoliche che aderiscono all’alleanza: Catholic University of Australia, Boston College, Pontificia Università Cattolica del Cile, Pontificia Università Cattolica di Rio, Università Sophia, Università Cattolica del Portogallo, l’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’Università Ramón Llull. Otto i dottorandi del nostro Ateneo impegnati nella ricerca relativa alle tematiche green. Gianpaolo Sabino, al terzo anno del dottorato in Education, lavora a un’approfondita analisi scientifica e culturale della Laudato si’, l’enciclica sull’ambiente scritta da Papa Francesco nel 2015, in vista dell’elaborazione di un modello educativo. Ludovica Carini, dottoranda in Sociologia, si occupa di “Slow-fashion and inclusion” focalizzandosi su casi Giorgio Armani e WAM, un collettivo di designer di discendenza africana. Spostandosi sul dottorato Agro-Food System, Chiara Misci dedica attenzione al modo in cui migliorare i raccolti africani in considerazione dell’aumento della po-
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polazione dell’Africa Subsahariana. Francesca Bandini prende in esame il trattamento dei rifiuti solidi urbani su scala di laboratorio. Viviana Belloso Daza analizza il nesso causale tra l’aumento delle malattie di origine alimentare e i cambiamenti climatici. Federica Costantino, dottoranda dell’International Ph.D. in Science, sta studiando la combinazione tra nanotecnologia e luce. Alessia Argiolas, dottoranda all’ultimo anno di Management & Innovation analizza il linguaggio usato dalle multinazionali per verificare se gli obiettivi di Sviluppo sostenibile (SDGs) siano presenti nella loro comunicazione. Infine, Alessandro Iuffmann Ghezzi, dottorando Agrisystem, si occupa dell’aumento dell’e-commerce durante la pandemia di Covid-19 e delle possibili conseguenze ambientali a esso collegate. Fedele alla sua missione, durante la Settimana Tematica della Tolleranza di Expo Dubai 2020, l’Università Cattolica ha organizzato il 18 novembre “The Sacru Alliance: an innovative model of uni-
versity cooperation inspired by human brotherhood”. «Sacru è una vera e propria “University without walls”, perché le barriere fisiche imposte dal Covid-19 non hanno inficiato l’avvio di proficue relazioni accademiche e umane» afferma il professor Pier Sandro Cocconcelli. «All’evento al Padiglione Italia abbiamo cercato di trasmettere questo messaggio e di dimostrare concretamente il ruolo inclusivo giocato dalle università cattoliche nell’ampliare le collaborazioni con le reti di ricerca emiratine». Il 6 marzo 2022, appuntamento ancora a Dubai con “More Women Leadership for a Better World: Care as a Driver for Our Common Home”. In linea con il quinto obiettivo dell’Agenda 2030, il progetto internazionale congiunto tra Sacru e Fondazione Centesimus Annus Pro Pontefice vuole identificare le aree in cui il vantaggio comparativo delle donne è empiricamente dimostrato, per proporre un processo rigenerativo capace di abbattere le barriere che ostacolano la loro presenza in posizioni di potere.
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Tra gli Scholars e l’Ateneo il legame dura nel tempo
di Graziana Gabbianelli
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on l’assemblea dello scorso luglio l’Associazione degli Scholars dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ha celebrato il suo primo anniversario di attività. L’Associazione si è costituita infatti il 14 luglio 2020, fondandosi sul profondo senso di appartenenza che rappresenta un punto di forza della realtà e dell’immagine dell’Ateneo e sulla scia dell’avvicinarsi del Centenario dell’Università (1921-2021). Un traguardo importante quello del Centenario che ha richiamato alla memoria il gran numero di docenti che si sono succeduti nel corso di un secolo. Professori noti sia per le loro competenze e i loro insegnamenti, sia per il prezioso contributo offerto, in ambiti differenti, al bene della società. Determinante per la nascita dell’Associazione è stato il sostegno del rettore Franco Anelli, che ne è presidente onorario, e l’impegno del professore Edoardo Teodoro Brioschi che ricopre, invece, il ruolo di presidente ed è coadiuvato dagli organi associativi. Provenienti da otto Facoltà, diciotto sono stati i Soci fondatori dell’Associazione degli Scholars che raccoglie, come recita lo Statuto associativo, “coloro che hanno terminato l’attività di docenza accademica e, riuniti dalla condivisa passione per la ricerca, intendono farsi comunità operosa e contribuire al perseguimento delle finalità dell’Università Cattolica del Sacro Cuore”. La definizione fa diretto riferimento al metodo di lavoro dell’Asso-
ciazione che agisce come una comunità di ricercatori, carattere sottolineato dal motto “Operosa sodalitas” che affianca la denominazione associativa. Attualmente l’Associazione conta una trentina di soci e ogni suo progetto è volto anzitutto al perseguimento delle finalità dell’Università, secondo indicazioni e modalità proprie dell’Ateneo, accanto ad altre iniziative a favore dei soci. In particolare, le iniziative dell’Associazione degli Scholars mirano al consolidamento dei rapporti con gli Alumni dell’Ateneo: fondamentale risulta infatti la possibilità degli Scholars di coinvolgere direttamente i molti loro laureati che hanno seguito negli anni di insegnamento. Collaborando con la Community Alumni della Cattolica sono stati realizzati incontri con Alumni che ricoprono ruoli scientifici e professionali di rilievo. Di grande interesse sono inoltre i cicli di incontri sia in presenza che da remoto – anche in collaborazione con altre realtà del nostro Ateneo di volta in volta individuate – proposte nel mese di novembre che hanno visto protagonisti gli stessi Scholars, impegnati in interessanti approfondimenti delle loro discipline di riferimento. A inaugurare il ciclo di incontri il professor Alessandro Ghisalbertii sul tema “Metamorfosi, una chiave di lettura del pensiero filosofico e teologico di Dante”. L’evento rientra nell’ambito delle celebrazioni dantesche per il 700° anniversario della morte del sommo Poeta e in connessione con l’uscita del volume “Metamorfosi dell’antico in Dante. Dal primo motore al primo
Testimonianze sul futuro
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Associazione degli Scholars dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ha deciso di celebrare il Centenario di fondazione dell’Ateneo con la realizzazione di un volume che – proprio a cominciare dal titolo “Testimonianze sul futuro” – si lega direttamente al claim “Un secolo di storia davanti a noi”, che ha contraddistinto le celebrazioni per i 100 anni dell’Università Cattolica. Il volume, curato dal professor Antonio Ballarin Denti, si articolerà in otto contributi da parte di illustri docenti della Cattolica che approfondiranno le principali sfide – di carattere culturale, etico, sociale ed economico – che il nuovo secolo pone agli studiosi e agli scienziati che operano e fanno ricerca in università. Ogni singolo contributo, presentato sotto forma di intervista, sarà di fatto un interessante confronto tra uno Scholar e un illustre studioso che nell’Ateneo del Sacro Cuore si è formato o ha insegnato o ha svolto attività di ricerca. Un volume che intende offrire interessanti approfondimenti e, al tempo stesso, spunti di riflessione per possibili nuovi filoni di ricerca rispetto a problematiche e opportunità del futuro più prossimo.
Contatti Associazione degli Scholars dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Sede presso Università Cattolica Largo Gemelli, 1 – 20123 Milano Tel. 02 72343097 associazione.scholars@unicatt.it
amore”, scritto dal professor Ghisalberti per Vita e Pensiero. L’Associazione degli Scholars sta inoltre portando avanti il progetto speciale di un volume per il Centenario dell’Università Cattolica (vedi box) e di una collana di pubblicazioni, a cadenza annuale, collegata a convegni dedicati a temi di carattere e interesse generale. Molteplici sono comunque le attività messe in campo dall’Associazione, che ha in programma anche l’organizzazione di “visite guidate” da parte degli stessi Scholars alle altre sedi padane dell’Ateneo. Apre il tour il campus di Cremona, seguito da Brescia e Piacenza dove sarà festeggiato il professor Giovanni Galizzi, decano dell’Associazione. Università Cattolica del Sacro Cuore
La ristorazione dopo la pandemia La sfida di EDUCatt nel campus di Brescia di Giada Meloni
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on l’inaugurazione del nuovo campus di Mompiano (Brescia) ha riaperto anche, in una veste tutta nuova, “Panorama”, rristorante situato a pochi passi dalla sede storica di via Trieste, inaugurato il 1° dicembre alla presenza del Sindaco della città Emilio Del Bono. Grazie alla sinergia tra EDUCatt, Università Cattolica e la realtà Cooperativa Acli Bresciane “G. Agazzi”, che da più di trent’anni opera nel settore della ristorazione collettiva, è stato possibile mettere mano a un ambizioso progetto di rinnovo dell’intero concept. La nuova sede di via della Garzetta 48 si aggiunge a quella storica del centro città e si estende su una superficie pari a 20.500 mq;
La ristorazione si fa express NUOVE OFFERTE
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a ristorazione in EDUCatt studia nuove possibilità per agevolare la distribuzione dei pasti ed evitare assembramenti nelle ore di punta: cresce così EDUCatt Express, un’offerta di ristorazione rapida, declinata con varianti e personalizzazioni nelle varie sedi. Alla già esistente Express Running, una formula dedicata specificamente ai collegiali che non avessero la possibilità di consumare il pasto in mensa, si aggiunge adesso la formula Express Asporto, che permette di ritirare un pasto completo preparato dal servizio mensa, senza prenotazione, da consumare al di fuori delle strutture di ricezione: la formula d’asporto è già attiva a Roma al duepunti kitchen, a Piacenza presso la Sala Acero e a Milano al Container.9. A completare l’offerta, EDUCatt propone l’ulteriore formula Express Take-Away, un’offerta con menu ad hoc, packaging sostenibile e un sistema di prenotazione specifico: attiva a Roma, grazie alla collaborazione con Elior, è in fase di sperimentazione interna sulle altre sedi.
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Con il recente ingresso nella sede di Mompiano e la riapertura di “Panorama” in via Tosio 1, la Fondazione inizia il nuovo anno accademico attuando una serie di interventi e progetti per il lancio e la riqualificazione dell’offerta ristorativa sul territorio bresciano negli ultimi anni la struttura è andata incontro a importanti lavori di riqualificazione e ampliamento che hanno portato alla nascita del campus negli spazi dell’ex seminario vescovile di Mompiano, acquisito dall’Università nel 2007. La sede, che ospita aule per la didattica, laboratori, biblioteche e spazi esterni nel verde, ha al suo interno anche una mensa e un bar gestiti dall’Ente per il Diritto allo Studio. La mensa, al cui interno si trova anche un bar caffetteria, può ospitare circa 200 fra studenti, docenti e personale tecnico amministrativo ed è entrata in funzione il 13 settembre scorso; oltre alla mensa, è stato ultimato anche un bar situato all’ingresso della sede, che ha iniziato il servizio alla riapertura dopo l’interruzione estiva. La Fondazione, da sempre attenta alla soddisfazione dei suoi stakeholder, ha somministrato nel mese di ottobre una survey alla platea che frequenta i servizi ristorativi della nuova sede: grazie al team di Life (Lightening Innovations for Empowerment), il progetto di ascolto dei bisogni della comunità universitaria, sono stati erogati dei questionari allo scopo di migliorare il ventaglio di proposte in essere e sondare il terreno circa
il gradimento dell’offerta, che risulta essere molto apprezzata tra il pubblico bresciano. Il nuovo campus di Mompiano completa l’offerta principale erogata nella storica sede di via Trieste. EDUCatt, presente sul territorio con i servizi al pubblico negli uffici di via Tosio 1, per il 2021 ha messo in opera il completo rinnovo degli ambienti e dell’offerta di “Panorama“, mensa principale della sede, che ha riaperto al pubblico, con un ripensamento globale dell’ambiente e dell’offerta, che comprende un re-branding e un ventaglio di servizi innovativi a disposizione degli studenti e del pubblico universitario. Lo spazio è stato ripensato come un’area polifunzionale in cui accanto al tradizionale servizio cucina – arricchito da una proposta giovane e attenta alle novità in ambito food, senza pregiudicare la qualità e la tradizione – vengono erogati anche servizi extra come il servizio stampa e zone adibite ad aule studio. La terrazza da cui ammirare Brescia e i suoi tetti è pronta a tornare in funzione e ospitare studenti, docenti e addetti ai lavori: un corner fresco e attento ai dettagli, un nuovo punto di ritrovo del gusto e dei servizi, un nuovo scorcio sul panoramaa cittadino.
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Sul parquet dell’Aula Magna tiro da cento per la Federazione italiana pallacanestro di Francesco Berlucchi
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è un filo conduttore che unisce il parquet dei grandi palazzetti che hanno fatto la storia del basket italiano e quello dell’Aula Magna nella sede milanese della Cattolica. Basta chiudere gli occhi per qualche secondo e immaginare il tonfo della palla a spicchi farsi sempre più forte. Palleggio, passaggio, scatto, cambio di direzione, altro passaggio, elevazione, tiro. Un tiro da cento, quanti sono gli anni che la Federazione italiana pallacanestro ha compiuto lo scorso 2 novembre. Un anniversario importante, che la Fip ha scelto di festeggiare all’Università Cattolica, proprio nel Centenario dell’Ateneo. Da questa coincidenza è nata l’idea di inaugurare la quinta edizione del master Comunicare lo Sportt insieme ai vertici della Fip in una lezione aperta a tutti dal titolo La comunicazione fa canestro, un tiro da 100. Allora meglio riaprirli, quegli occhi. Perché nell’Aula Magna c’è il gotha della pallacanestro italiana. «Cento anni sono tanti» racconta Gianni Petrucci, presidente della Fip, e numero uno del Coni dal 1999 al 2013. «Ho voluto essere qui per festeggiare insieme agli
studenti due grandi bellezze del nostro Paese: lo studio e lo sport. Lo sport rappresenta una parte importante del Pil, ma è ancora più rilevante per il benessere dei cittadini. Il basket fa bene alla salute e al cervello, non a caso è nato nelle università. Amo gli atleti che vogliono studiare e migliorarsi sempre. Il futuro dipende da noi, da quello che riusciamo a insegnare». Accanto a Petrucci, durante l’incontro promosso da Cattolicaper a r lo Sport e moderato dalla giornalista Alessandra Ortenzi, c’è una leggenda della pallacanestro: Dino Meneghin, presidente onorario di quella Federazione che ha guidato dal 2008 al 2013, prima di Petrucci. La lezione entra nel vivo: comunicazione, sponsorizzazioni, partnership. «La moda
ha seguito il basket e viceversa» spiega Meneghin. «Ai miei tempi si scendeva in campo con le sneakers che i ragazzi di oggi usano per andare in discoteca. Le scarpe, se vogliamo fare solo un esempio, hanno avuto un’evoluzione pazzesca. Tecniche nuove che consentono prestazioni migliori, e poi diventano moda». A fare gli onori di casa, Piermarco Aroldi, direttore scientifico del master, insieme a Paola Abbiezzi, direttore didattico. «Anche la Cattolica festeggia quest’anno il Centenario della fondazione» ricorda il professor Aroldi. «Vorrei vedere in questa circostanza qualcosa di più di una semplice coincidenza. Mi sembra piuttosto la testimonianza di una analoga capacità di leggere i segni dei tempi. Di quei tempi, ma anche di rispondere ai bisogni delle persone di allora come di oggi. Ciascuno con i propri carismi, ma sempre attenti ai bisogni dei più giovani e capaci di accompagnarli fedelmente lungo cento anni di storia». Secondo la professoressa Abbiezzi «lo sport non solo si relaziona con la comunicazione ma è comunicazione, perché ogni gesto sportivo comunica valori e crea una comunità. Nel nostro master vogliamo partire dallo sport praticato, per intercettare le caratteristiche che il mondo dello sport richiede ai professionisti della comunicazione». E proprio ai professionisti della comunicazione di oggi e di domani parla Patrizia Musso, direttore di BrandForum, direttore didattico del master in Account & Sales Management e docente del master Comunicare lo Sport. «Abbiamo visto quanto sia importante che un brand si racconti attraverso una forma, per esempio attraverso un logo. C’è una tensione di narrazione e una valorizzazione della propria identità che dev’essere stabile e contestualmente mutevole nel tempo. C’è un interesse a cavalcare la contemporaneità, ma anche la necessità di ricordare la memoria. La complessità della gestione del brand è una delle sfide più rilevanti, anche per il mondo dello sport». Università Cattolica del Sacro Cuore
Dal canottaggio alla canoa, le fatiche olimpioniche di Valentina e Cesare di Francesco Berlucchi
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l grande fi ume scorre lento. I colpi delle remate sono regolari, e scandiscono i secondi in un paesaggio che, al contrario, sembrerebbe senza tempo. Le barche scivolano veloci sull’acqua e scompaiono sotto il ponte di ferro di Cremona. La cancellata blu della Canottieri Bissolati si affaccia sul Po e lo guarda dall’alto. All’improvviso si apre e il leggero fischio del meccanismo automatico è l’unico suono che ingombra il silenzio. Ad aspettare gli studenti del master Sport e intervento psicosociale dell’Alta Scuola di Psicologia c’è Valentina Rodini, partita quindici anni fa proprio dalla Bissolati e tornata da Tokyo con la medaglia d’oro nel doppio pesi leggeri con Federica Cesarini. Il percorso che l’ha portata fino alle Olimpiadi è lei stessa a raccontarcelo: «È stato difficile, ci sono stati molti momenti di sconforto e questi sono i retroscena che nessuno vuole sentire. Perché nessuno vuole sentir parlare degli attacchi di panico o dello psicologo. Vengono oscurati dal risultato. In fondo, noi atleti facciamo una scommessa con noi stessi: scommettiamo sulla nostra vita. Tutte le rinunce e le scelte, le facciamo per vedere se bastano per arrivare là. Ma io non parto da questo presupposto, voglio dare il cento per cento giorno per giorno, senza guardare il risultato. Concentrandomi solo sulla maggiore velocità che posso raggiungere sulla barca». Valentina ha 26 anni, 14 dei quali trascorsi ad allenarsi sulle rive del Po per arrivare a sognare quella medaglia d’oro che ora porta al collo. Con lei c’è Gigi Arrigoni, responsabile degli allenatori della Canottieri Bissolati. Gigi è colui che ha saputo coltivare il talento della giovane cremonese. E che oggi l’allena anche in Nazionale. A lui chiediamo una fotografia delle Olimpiadi di Tokyo, quella che gli è rimasta nella mente perché è impossibile dimenticare. «Gli ultimi cento metri della Università Cattolica del Sacro Cuore
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Lei, medaglia d’oro a Tokyo; lui, tre Olimpiadi e per molti anni docente in Cattolica. La loro testimonianza per gli studenti del master in Sport e intervento psicosociale finale sono stati una favola» sorride. «Non è una foto, è un poster, un maxischermo. È stata la gara perfetta. Si sentivano di poter vincere, e hanno vinto». Dal canottaggio alla canoa, perché c’è ancora tempo ed è ora di incontrare Cesare Beltrami: tre Olimpiadi e 14 titoli italiani da atleta, poi responsabile tecnico del settore canoa fino alle Olimpiadi di Montreal e per molti anni docente all’Università Cattolica. «Ho incominciato a fare canoa nel 1958, proprio qui» racconta. «Allora non c’era la vasca voga per allenarsi. Ti mettevano in barca, ci si rovesciava e si faceva il bagno nel Po fino a che si acquisiva l’equilibrio. L’aspetto che lega la formazione universitaria a quella sportiva sta nel riuscire a cogliere ciò che l’esperienza dà. Molto spesso la formazione viene vista come un insieme di sole conoscenze. Ma quando giochiamo a calcio, a pallacanestro o remiamo su un’imbarcazione, l’aspetto emotivo e cognitivo è molto importante. Per questo è fondamentale valorizzare ogni
aspetto legato alla persona nel suo insieme, come accade in Cattolica. Mettere la persona al centro, l’atleta al centro, non significa soltanto curare la muscolazione o le abilità motorie essenziali. È importante costruire una macchina perfetta, ma soprattutto un pilota capace di guidarla». E poi via, lungo il Po, fino alla Canottieri Baldesio, la più antica di Cremona. Qui gli studenti prendono parte a una lezione di tennis in carrozzina. Chiara D’Angelo, coordinatrice didattica del master, spiega che «incontrare chi vive e gestisce lo sport, gli dà forma nella quotidianità della propria vita lavorativa, è un’importante occasione per i nostri studenti per sviluppare quelle competenze psicosociali da mettere al servizio del mondo dello sport e generare cultura». Una nuova opportunità di inclusione sociale, mentre il Po continua a scorrere lento e un gruppo di giovani canottieri torna a scandire il tempo sull’acqua. Sognando, un giorno, le Olimpiadi.
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Di Vita e Pensiero
Voci dalle periferie per una nuova Milano di Velania La Mendola
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n un periodo di grande difficoltà come il nostro sono tante le sfide che dovremo affrontare in futuro: ripartire dalle città – e in particolare dalle periferie – può essere un primo passo per rispondere ai bisogni, anche dei più fragili. Ne è profondamente convinta Marisa Musaio (nella foto), docente di Pedagogia generale e sociale, che ha recentemente curato il libro Ripartire dalla città. Prossimità educativa e rigenerazione delle periferie (Vita e Pensiero), nel quale scrive: «La periferia si delinea come il “centro” di un rinnovato umanesimo sociale, economico, culturale, associativo».
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Perché la periferia può diventare il punto di rinascita delle nostre città? Vedo la città sempre più restituita dall’umanità che incontriamo nelle periferie e, viceversa, dal distacco, dall’indifferenza che incontriamo nei luoghi del cosiddetto “centro”. In realtà la contrapposizione che siamo soliti vedere tra città e periferia è oggi capovolta: non è sempre vero, infatti, che ad attrarre sia la città perché ricca, anche la periferia attrae per il suo bisogno di relazioni, di guardarsi negli occhi, di ritrovarsi.
Tra i vari progetti di rigenerazione promossi in città, c’è una esperienza che l’ha particolarmente colpita? Sono tutte importanti, ma se devo scegliere dico che tra le iniziative che mi stanno più a cuore ci sono quelle che intercettano la condizione delle donne con storie particolari e difficili: in loro ho visto il riflesso di una rinnovata e forte identità femminile. Come pedagogisti la nostra finalità è quella di accrescere le potenzialità che una persona ha già dentro di sé per aiutarsi; vedere una donna, che ha magari affrontato una guerra, un viaggio interminabile, che si ricostruisce una vita e si fa carico di essere a sua volta un modello educativo per sé, per i propri figli, per la società, vuol dire raggiungere l’obiettivo, oltre che assistere a un atto “eroico”. Una parte del volume ha come obiettivo quello di delineare le coordinate di una “pedagogia della città”. Cosa si intende con questo termine? Significa guardare agli infiniti spazi che ci sono nella città e alla loro traduzione umana: abbiamo bisogno di recuperare i “non luoghi”, spazi che non hanno ancora una finalità, per farli diventare dei luoghi educativi, antropologici. C’è poi il senso di comunità che nasce intorno ai bisogni dei più fragili e in particolare degli anziani: per esempio nelle periferie si riesce a trovare una risposta ai bisogni di solitudine degli anziani con l’iniziativa dei condomini solidali. Per concludere, quale futuro vede – o spera – per la città di Milano in particolare? Sicuramente prevedo un superamento del distacco centro/periferia: auspico delle periferie come luoghi non di disagio, ma di vicinanza e di iniziative educative, e un centro più curioso e partecipe verso quello che succede ai bordi della città.
Aevum Antiquum
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i intitola Andare a teatro a Roma nel I sec. a.C. l’ultimo numero della rivista di filologia classica “Aevum Antiquum”, frutto delle due giornate di lavoro tenute presso l’Università Cattolica di Milano a cura del direttore della rivista Luigi Galasso ed Elisabetta Matelli, membro della direzione, che firma la presentazione del fascicolo: «I tradizionali spettacoli comici e tragici rappresentavano speciali occasioni attorno a cui si animava la vita sociale e politica dei romani». Questi aspetti sono descritti in particolare nei contributi di Giuseppe Aricò e Gianna Petrone, che si soffermano sulla ricezione degli spettacoli da parte del pubblico basandosi sulle osservazioni di uno spettatore attento come Cicerone. I contributi successivi mostrano come nelle tragedie e commedie latine, costruite sui modelli tradizionali, s’intreccino innovazione e tradizione. Sono online tutti i fascicoli della rivista: https://aevumantiquum.vitaepensiero.it/
Premi
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editrice Vita e Pensiero ha vinto il Premio “Giuseppe Toniolo 2021” di Pieve di Soligo per il lavoro culturale promosso in questi anni e la pubblicazione di volumi dedicati alla straordinaria attualità del pensiero di Giuseppe Toniolo. Alberto Spataro, cultore in Storia medievale dell’Università Cattolica di Milano, ha vinto il “Wissenschaftlichen Stauferpreise” con il libro Velud fulgor meridianus. La ‘vita’ di papa Gregorio IX (Vita e Pensiero), pubblicato nella collana “Ricerche. Storia”, serie Ordines diretta da Maria Pia Alberzoni.
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Università Cattolica del Sacro Cuore
Josep Maria Esquirol Umano, più umano. Un’antropologia della ferita infinita Vita e Pensiero, Milano 2021 – pp. 184, € 16,00 (Transizioni)
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omande all’apparenza semplici quali «come va?» o «da dove vieni?» o «come ti chiami?», se colte nel loro senso più profondo, ci conducono al centro della nostra anima, là dove – ci spiega il filosofo catalano Josep Maria Esquirol nel saggio Umano più umano – siamo toccati da quattro realtà fondamentali con cui abbiamo a che fare per tutta la nostra esistenza: la vita, la morte, il tu e il mondo. L’incontro con questi «infiniti essenziali» segna una «ferita», un’apertura inesauribile che ci costituisce nella nostra umanità. Essa va abitata intensificando e approfondendo l’umano concreto, soprattutto nelle sue dimensioni più comuni e quotidiane. Su questo sfondo Esquirol declina un’antropologia originale, nella quale risuonano con un significato denso e inatteso esperienze a tutti note come nascita, promessa, canto, silenzio, parola, gusto, angoscia, amore, stupore. Spesso tendiamo a viverle senza apprezzarne il senso e la profondità, ma il loro apparente poco è già molto.
Alessandro Ghisalberti Metamorfosi dell’antico in Dante. Dal primo motore al primo amore Una biografia Vita e Pensiero, Milano 2021 – pp. 192, € 20,00 (Temi metafisici e problemi del pensiero antico)
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a struttura della Commediaa e delle altre opere di Dante ha stimolato da sempre una serie di riflessioni sulla ricerca delle fonti di cui il poeta si è avvalso per attivare l’invenzione poetica di un mondo mai visto, ma le cui fondamenta affondano nelle tradizioni della teologia cristiana, nelle storie bibliche, nei poemi epici della classicità, nelle autorità dei filosofi antichi e medievali, in particolare nelle opere di Aristotele. In Metamorfosi dell’antico in Dante, Alessandro Ghisalberti traccia una originale chiave di lettura del cammino intellettuale che Dante ha percorso, nella continua trasposizione-trasfigurazione dei miti e delle storie narrate dai testi della classicità in figure che si dischiudono alla loro piena significazione nella successiva era cristiana, collegabile con la ben nota evoluzione di Beatrice: dalla Beatrice storica alla donna gentile, espressione dell’amor cortese; dalla donna gentile alla Sofìa, la sapienza dei filosofi; dalla filosofia alla Teologia.
Alessandro Rosina Crisi demografica. Politiche per un paese che ha smesso di crescere Vita e Pensiero, Milano 2021 – pp. 168, € 14,00 (Piccola biblioteca per un paese normale)
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Italia è uno dei paesi al mondo in cui l’inverno demografico è più accentuato: quello che distingue il nostro dagli altri paesi avanzati con natalità più elevata non è un minor numero di figli desiderati, ma politiche meno efficienti a favore delle famiglie e delle nuove generazioni. Il saggio Crisi demografica delinea uno scenario italiano reso ancora più drammatico dagli effetti della pandemia, che ha causato un’ulteriore flessione delle nascite e un aumento della povertà: se i trend attuali non verranno invertiti, si andrà incontro inevitabilmente a criticità irrimediabili e a declino irreversibile e insostenibile. Rosina propone concrete politiche sistemiche – dai servizi per l’infanzia all’assegno unico e universale per i figli, fino a incisive riforme del mondo del lavoro – per consentire alle nuove generazioni di sentirsi davvero protagoniste in un paese che cresce con loro.
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Libro EDUCatt
Roberto Cicala e Paolo Testori (a cura di)
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Nei NeiLibri libri
Dante a Novara. Edizioni e personaggi della Commedia tra Sesia e Ticino. Catalogo della mostra nel VII centenario EDUCatt, Milano 2021 | ISBN 9788893358699 | 80 pp. | 10 euro
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vento centrale del nuovo numero dei “Quaderni del laboratorio di editoria” è la mostra Dante a Novara, dove viene esposta una selezione di pezzi rari della collezione di Carlo Negroni nella biblioteca civica a lui intitolata. Da questa mostra nasce un catalogo, a cura di Roberto Cicala, Paolo Testori, il personale della Biblioteca e i giovani volontari del Centro Novarese di Studi Letterari: tra preziosi codici manoscritti miniati e volumi a caratteri mobili, tra edizioni e personaggi della Commedia, Dante a Novara vuole essere, riprendendo le parole del dirigente settore Cultura Davide Zanino e del sindaco di Novara Alessandro Canelli, «un segno duraturo e comprensibile a tutti del legame indissolubile della nostra città con il grande poeta». [V.G.]
Alberto Barzanò e Cinzia Bearzot (a cura di)
Il viaggio. Scoprire ed essere scoperti EDUCatt, Milano 2021 | ISBN 9788893358644 | 266 pp. | ebook gratuito
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torie di viaggi senza ritorno, viaggi d’intellettuali, viaggi di idee, il videogioco come viaggio e il viaggio come azione artistica: il viaggio visto da molteplici punti di vista è il tema al centro dei nuovi Atti della Summer School 2020 della Scuola di Dottorato in Studi Umanistici dell’Università Cattolica: Il viaggio. Scoprire ed essere scoperti, a cura di Alberto Barzanò e Cinzia Bearzot. Il volume raccoglie gli interventi di professori e ricercatori universitari che offrono diverse prospettive su uno dei topoi della storia dell’uomo. Dalla circumnavigazione del globo, passando per i viaggi di Calvino, Caffaro, Giorgio Stella, Arnaldo Villanova, Dante e Tolomeo I, fino a quelli nei mondi virtuali dei videogame, la raccolta propone un ventaglio ricco e composito di scritti capaci di dare un taglio curioso al tema, pur mantenendosi saldi al rigore della ricerca scientifica. https://store.streetlib.com/it/aavv/il-viaggio-scoprire-ed-essere-scoperti [M.V.]
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Un secolo di storia davanti a noi Da un secolo la nostra università ʼnĆ ÚĩĢùŅĩĢőÁ ÚĩĢ ěä ʼnƈàä àäě ÚĩĢőäġłĩŅÁĢäĩ͡ ÁłŅäĢàĩ ěÁ łŅĩłŅĆÁ łŅĩłĩʼnőÁ äàŖÚÁőĆŪÁ ä ěÁ łŅĩłŅĆÁ ŅĆÚäŅÚÁ ÁěěÁ ʼnĩÚĆäőÒ͠ ŅäàĆÁġĩ ÚĂä Á ĩúĢĆ łäŅÚĩŅʼnĩ àĆ ʼnőŖàĆ ÚĩŅŅĆʼnłĩĢàÁ ŖĢÁ łŅäÚĆʼnÁ ʼnäĢʼnĆÙĆěĆőÒ͡ ÁƆĢÚĂå úěĆ ĩÙĆäőőĆŪĆ àĆ ÚĆÁʼnÚŖĢĩ ʼnĆÁĢĩ ʼnĆĢőĩĢĆŹŹÁőĆ ÚĩĢ Ćě àĩġÁĢĆ àĆ őŖőőĆ͠ őŖàĆÁŅä ŪŖĩě àĆŅä ÁłłŅäĢàäŅä͡ ġÁ ÁĢÚĂä ÁġÁŅä͠ ŖĆ äʼnäŅÚĆőĆÁġĩ ĩúĢĆ úĆĩŅĢĩ ěÁ ÚĩġłŅäĢʼnĆĩĢä àäě ġĩĢàĩ ä àĆ ÚĂĆ ÚĆ ÚÁġġĆĢÁ ÁÚÚÁĢőĩ ä ÚĂĆŖĢńŖä ŪĆäĢä ġäʼnʼnĩ Ģäěěä ÚĩĢàĆŹĆĩĢĆ àĆ äʼnłŅĆġäŅä Ćě ġäúěĆĩ àĆ ʼnå͠ ĢÚĂä łäŅ úěĆ ÁěőŅĆ͠ Hě àĩġÁĢĆ ĢĩĢ łŖĴ äʼnʼnäŅä ÚĩĢʼnĆàäŅÁőĩ Úĩġä ŖĢ ùŖőŖŅĩ àĆʼnőÁĢőä͠ ZÁ ĢĩʼnőŅÁ ÚĩġŖĢĆőÒ ŖĢĆŪäŅʼnĆőÁŅĆÁ ʼnäĢőä ńŖäʼnőÁ ŅäʼnłĩĢʼnÁÙĆěĆőÒ Úĩġä ĢäÚäʼnʼnÁŅĆÁ ä ŖŅúäĢőä͠ ŖäʼnőÁ ñ ěÁ ĢĩʼnőŅÁ ŪĩÚÁŹĆĩĢä͠
UN SECOLO DI STORIA DAVANTI A NOI
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omunicare La laurea honoris causa al professor Emanuele Conferita da Medicina al presidente onorario della Fondazione Roma
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Altems, un think tank per il futuro del Servizio sanitario L’Institutional Health Forum promosso con la facoltà di Economia
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Due nuovi assistenti pastorali nel campus di Roma Sono don Alessandro Mantini e don Giacomo Pompei
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I passaggi di fascia dei professori della sede
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L’elenco dei nuovi ordinari, associati e ricercatori
Proteomica e metabolomica per la medicina personalizzata Il XV Congresso Annuale della Italian Proteomics Association
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La benedizione dei nuovi locali dedicati alla vita Centro di ricerca sulla Salute Procreativa di Medicina e Isi Paolo VI
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Spiritualità Le parole di Papa Francesco all’Università Cattolica, dono e compito
Comunicare – Anno 32. Nuova serie Numero 104-105-106 - Luglio - Dicembre 2021 Bimestrale di informazione interna della sede di Roma dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
HANNO COLLABORATO IN REDAZIONE
DIRETTORE Franco Anelli DIRETTORE RESPONSABILE Francesco Gemelli REDAZIONE Patrizia Del Principe (referente), Francesca Fusco
Matteo Bellati, Antonio Bomenuto, Sergio Bonincontro
SEGRETERIA E UFFICIO DI REDAZIONE Largo Francesco Vito, 1- 00168 Roma Tel. 0630155825-063015715 e-mail: redazione.comunicare@unicatt.it https://www.unicatt.it/giornalisti-e-media-comunicare
Nicola Cerbino, Federica Mancinelli
HANNO COLLABORATO AI TESTI FOTO Servizio Fotografico Università Cattolica - Roma Chiuso in redazione il 10 dicembre 2021 Autorizzazione del Tribunale di Roma n.390 del 15/6/1990
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Il sostegno alla ricerca del prof. Emanuele e la cerimonia della Laurea Honoris Causa di Patrizia Del Principe
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on la decisione di conferire la Laurea Honoris Causa in Medicina e chirurgia al professor Emmanuele Emanuele si sono voluti riconoscere anzitutto i rilevanti esiti del suo impegno, specialmente alla guida della Fondazione Roma, per stimolare la ricerca scientifica in ambito medico e sostenere gli sforzi degli operatori sanitari». Nelle parole pronunciate dal rettore Franco Anelli lo scorso 24 novembre nella sede di Roma, le ragioni del conferimento del titolo al presidente onorario della Fondazione Roma. Alla cerimonia erano presenti il cardinal Giovanni Battista Re, prefetto emerito della Congregazione per i Vescovi, monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica, Paolo Nusiner, direttore generale dell’Ateneo, Alessandro Tuzzi, vicedirettore generale, Lorenzo Cecchi, direttore della sede romana, e il professor Marco Elefanti, direttore generale della Fondazione Policlinico universitario A. Gemelli Irccs. Il rettore nel suo intervento ha ricordato che dell’attenzione e della sensibilità del professor Emanuele hanno beneficiato numerose realtà, tra le quali anche il Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” Irccs, nel quale anche di recente, grazie a tale supporto, si è potuta approntare un’ulteriore terapia intensiva e realizzare il nuovo Centro Malattie Apparato Digerente (Cemad). «L’attribuzione di questa Laurea Honoris Causa» ha concluso il professor Anelli «ci porta a riconoscere in lui, come si legge nel verbale del Consiglio di Facoltà, “un modello di generosità e rettitudine” e un «autentico esempio per le generazioni future”». Illustrando le motivazioni, il preside della facoltà di Medicina e chirurgia, Rocco Bellantone ha ricordato che «Emmanuele Francesco Maria Emanuele è una personalità della società civile particolarmen-
te impegnata nel promuovere e realizzare opere uniche nel contesto sociale e sanitario. Filantropo e mecenate nel campo della scienza, dell’arte, della cultura e della solidarietà, si è distinto per il suo eccezionale contributo al progresso scientifico in ambito biomedico, valorizzando il rispetto della dignità della persona umana. Il professor Emanuele rappresenta, anche per la competenza e la dedizione impresse nelle sue opere, un modello autentico di servizio e solidarietà sociale, offrendo ispirazione ed esempio alle generazioni future». «Non posso dirvi quanta felicità mi ha dato questa laurea che l’Università Cattolica ha deciso di conferirmi. Questo è il riconoscimento più gratificante e ambito in tutta la mia vita, conseguente al mio impegno professionale, accademico e sociale» ha detto il professor Emanuele visibilmente commosso nel suo discorso di ringraziamento alla facoltà. «Nel corso della mia vita, avendo quasi raggiunto 85 anni, ho ottenuto cinque titoli di laurea, ma nessuno è comparabile a quello
odierno, non soltanto per l’importanza della realtà che me lo conferisce, ma perché provengo da una famiglia di medici e l’aspettativa dei miei genitori era proprio quella che diventassi un medico». «La mia famiglia – ha continuato – mi ha trasmesso una visione umanitaria e sociale verso i meno fortunati del tempo, una grande attenzione per chi viveva nei quartieri più abbandonati della mia città». «Animato da queste convinzioni – ha concluso – entrai quindi in contatto con le realtà dell’Università Cattolica e del Policlinico Gemelli, sostenendo importanti progetti di ricerca, di assistenza e di cura. Questo è un luogo fondamentale per me, un luogo dove mi sento a casa: è per questo che dico che questa laurea davvero per me non ha equivalenti. L’affetto e il riconoscimento che mi ha manifestato oggi l’Università Cattolica mi permettono di dire che ho ritrovato in pieno in questo luogo l’unione fra scienza, solidarietà e insegnamenti della Chiesa Cattolica che sempre hanno guidato la mia vita». Università Cattolica del Sacro Cuore
Welcome Day: gli studenti raccontano in prima persona il loro primo giorno di Patrizia Del Principe
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ggi siamo nella storia del nostro Ateneo in una giornata che per noi ha il sapore e la ricchezza di un secolo di vita. Da ora entrate a far parte di una grande famiglia: grazie per aver scelto di camminare con noi in un’avventura che costruiremo insieme». Con queste parole del vescovo monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica, si è aperta il 20 settembre l’accoglienza dei nuovi iscritti ai corsi di laurea triennale e magistrale della facoltà di Economia nel campus di Roma. Il saluto alle matricole presenti in aula e collegate da remoto è stato affidato alla preside Antonella Occhino e al direttore di sede Lorenzo Cecchi. Nelle parole di Francesco De Pace, matricola della facoltà, il racconto del Welcome Day. «Viviamo in un periodo storico molto particolare. Gli ultimi anni di scuola sono
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stati vissuti con la distanza fra i compagni e le mascherine. I ragazzi che come me escono dalle superiori si trovano ad affrontare una durissima realtà: l’università. Siamo catapultati in altre città, in altre regioni; per noi è un grande senso di rivincita. Rivincita contro un male che, purtroppo, non abbiamo scelto noi di combattere. L’accoglienza dell’Università Cattolica ci ha alleviato così quell’aria di agitazione e tensione che si crea fra i nuovi studenti. Dopo una concisa presentazione, abbiamo cominciato ad affacciarci alle materie che troveremo durante il percorso iniziale, così da capire subito come funziona all’interno il mondo universitario, più precisamente quello della facoltà di Economia. Una modalità che consente agli studenti di entrare subito nell’ottica universitaria, di fare conoscenze in breve tempo: una cosa da non sottovalutare perché ai ragazzi del “tempo del Covid” serve sul piano sociale e psicologico spez-
zare i problemi legati ad ansie sociali generate durante la forzata chiusura all’interno delle proprie case».
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L’accoglienza a Medicina Il 4 ottobre scorso è toccato alla facoltà di Medicina e chirurgia accogliere le proprie matricole. Nel racconto della nuova iscritta Mariasole Desiderii le riflessioni su quella giornata. «Il welcome day è stato il giorno di uno splendido inizio per noi nuovi studenti delle lauree triennali e a ciclo unico della facoltà di Medicina e chirurgia. Siamo stati accolti prima nel piazzale antistante l’Auditorium del Campus di Roma e successivamente in Aula Gemelli, in occasione del Welcome Day, nel giorno interamente dedicato a noi matricole. Sono state numerose le attività organizzate nel vero spirito dell’Ateneo: comunità, condivisione e ospitalità. L’intero evento è stato reso fruibile anche per coloro che non sono riusciti a essere presenti fisicamente. La giornata si è aperta con la Santa Messa, un momento liturgico molto forte e sentito dalla comunità, celebrata da don Antonio Bomenuto, assistente pastorale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. La funzione è stata accompagnata dai raggi del sole che hanno inondato i nostri volti, chissà se come simbolo del nostro nuovo cammino. A seguire, in Aula Gemelli, e in diretta presso altre aule degli Istituti Biologici, si sono svolti i saluti da parte del direttore di sede Lorenzo Cecchi, del vicepreside della facoltà Claudio Grassi e degli assistenti pastorali. Il Welcome Day non è stato solo un giorno di presentazioni, ma anche un modo per indicarci tutte le risorse che l’Università Cattolica offre, per aiutarci durante il nostro cammino universitario. Per noi, nuovi arrivati in facoltà, è stata una giornata ricca di emozioni, con l’auspicio che questo cammino intrapreso possa essere colmo di successi e soddisfazioni».
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Un think tank per rileggere il futuro del Ssn di Eugenio Di Brino e Luca Giorgio *
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ndicare le aree di intervento e di sviluppo per rafforzare il nostro Sistema sanitario e renderlo più resiliente di fronte alle sfide future, partendo dalle lesson learnedd di questi 18 mesi di emergenza sanitaria. È stato questo il motivo ispiratore dell’Institutional Health Forum m (IHF), un’iniziativa promossa e organizzata dall’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica (Altems) in collaborazione con la facoltà di Economia e con la media partnership di Fortune Italia. L’IHF, che si è svolto lo scorso 21 e 22 settembre, è stato un incontro a “porte chiuse”, i cui partecipanti sono stati invitati da Altems in relazione alla possibile interconnessione tra l’impatto della salute rispetto alla loro aree di azione. L’anno 2020 verrà ricordato nella storia dell’umanità come l’anno della pandemia che ha generato in Italia, come in molti
L’Institutional Health Forum prova a immaginare come potrà essere il Servizio sanitario nazionale ripensato dopo l’esperienza della pandemia da Covid-19 Paesi del pianeta, un’emergenza sanitaria, sociale ed economica. Altems, in collaborazione con il dipartimento di Scienze della vita e Sanità pubblica (Sezione di Igiene) della facoltà di Medicina e chirurgia, il Cerismas e il Gruppo di Organizzazione aziendale dell’Università della Magna Graecia di Catanzaro, ha settimanalmente pubblicato (monitoraggio ancora in corso) un Instant Report per analizzare in modo sistematico e comparativo i modelli di risposta adottati dalle Regioni in risposta all’emergenza Covid-19, partendo dall’analisi epidemiologica dell’evoluzione della pandemia. Ad aprire l’evento il professor Americo Cicchetti, direttore di Altems e responsabile scientifico dell’iniziativa, e una lettera augurale del ministro della Salute Roberto Speranza. L’evento, strutturato in quattro sessioni, ha visto l’avvicendarsi di numerosi interventi
da parte del mondo politico: On. Roberto Bagnasco, XII Commissione Affari Sociali, Camera dei Deputati, Sen. Paola Binetti, XII Commissione Igiene e sanità, Senato, On. Angela Ianaro, XII Commissione Affari Sociali, Camera dei Deputati, Sen. Annamaria Parente, Presidente XII Commissione Igiene e sanità, Senato, Sen. Elisa Pirro, XII Commissione Igiene e sanità, Senato, Sen. Francesco Zaffini, XII Commissione Igiene e sanità, Senato. * ricercatori Altems
Tumori, full immersion nella radioterapia del futuro con i maggiori esperti mondiali di Luca Tagliaferri *
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nnovative treatments and patients compliance” è stato il tema del 31° corso MRO (Modern Radiotherapy and precision Oncology), promosso dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dal centro di Radioterapia Oncologica “Gemelli ART” (Advanced Radiation Therapy) del dipartimento di Diagnostica per immagini, radioterapia oncologica ed ematologia del Policlinico Gemelli di Roma. Iniziato lo scorso 12 novembre, il corso è proseguito in streaming il 22 e il 23 novembre (anche in formula residenziale presso l’Aula Vito del Gemelli) e si è concluso il 26 novembre. Sono intervenuti come docenti i maggiori esperti italiani e internazionali sulla moderna radioterapia e l’oncologia di precisione.
Obiettivi del corso
Oltre cento partecipanti
L’obiettivo di questo corso è stato far conoscere le più recenti evidenze sulla moderna radioterapia, i trattamenti innovativi in combinazione con i nuovi farmaci e la gestione del paziente oncologico nel campo delle varie patologie oncologiche. Un focus particolare ha riguardato la neoplastica polmonare, prostatica, mammaria, del testa-collo e del canale anale. Nei lavori a piccoli gruppi, inoltre, sono stati affrontati argomenti strettamente legati alla ricerca nel campo della compliance alle cure con riferimento alla possibilità di utilizzo dei Big Data per lo sviluppo di modelli predittivi. Un particolare focus è stato posto sulle moderne tecnologie nel campo della radioterapia a fasci esterni e in quello della radioterapia interventistica (brachiterapia).
«Questo corso da oltre trent’anni facilita la condivisione internazionale di evidenze scientifiche e di esperienze professionali sulle moderne sfide che la tecnologia innovativa e i trattamenti integrati promuovono nell’oncologia moderna» ha spiegato il professor Vincenzo Valentini, direttore del Gemelli ART e vicedirettore scientifico del Policlinico Gemelli. «Anche in questo periodo di pandemia latente è stato possibile utilizzare modalità di confronto e apprendimento avanzate, sia ibride o solo telematiche, che hanno consentito a più di cento giovani radioterapisti oncologi di seguire l’intenso programma del corso. Siamo molto grati ai docenti che si sono pienamente integrati in questo nuovo contesto educazionale». * Responsabile UOS di Radioterapia interventistica Gemelli ART
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I due nuovi assistenti pastorali si presentano alla famiglia universitaria
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on l’Anno Accademico 20212022 entrano a far parte della famiglia della sede di Roma dell’Università Cattolica gli assistenti pastorali don Alessandro Mantini e don Giacomo Pompei. Don Alessandro Mantini, nato a Como il 27 giugno 1971, entrato nella vita religiosa nel 2000, è stato ordinato sacerdote il 27 giugno 2009 ed è attualmente incardinato nella diocesi di Civita Castellana. Si è laureato in Ingegneria elettronica nel 1996 all’Università di Roma Tor Vergata. Nello stesso ateneo ha lavorato come ricercatore e assistente alla cattedra di “Sensori e Rivelatori” e di “Dispositivi Elettronici allo Stato Solido”, sviluppando il primo Naso elettronico integrato per applicazioni biomediche e industriali. È anche laureato in Teologia Dogmatica alla Pontificia Università Antonianum di Roma, dove attualmente insegna: alla facoltà di Teologia e di filosofia; all’Issr, i corsi di “Teologia Morale Sociale Politica” e di “Scienza contemporanea e Teologia”. Ha conseguito un master biennale di primo livello in “Scienza e Fede” all’Ateneo Regina Apostolorum in Roma nel 2015. Ha svolto incarichi pastorali nella formazione Biblico-Teologica, nella formazione spirituale e nella formazione scientifica presso diverse scuole superiori nel Lazio e a Bologna. È stato Cappellano ospedaliero all’Ospedale di Perugia S. Maria della Misericordia per tre anni e per un anno al Policlinico “A. Gemelli”. Insegna Teologia dall’anno 2021/2022 nella sede romana dell’Università Cattolica. Don Giacomo Pompei, nato a Macerata il 30 luglio 1990, è sacerdote dal 13 maggio 2017. Dopo la formazione iniziale e gli studi di teologia al Pontificio Seminario Re-
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gionale Marchigiano Pio XI di Ancona, ha conseguito la specializzazione in Diritto Canonico nella stessa facoltà della Pontificia Università Lateranense, dove ora sta svolgendo un progetto di dottorato nella medesima disciplina. Dal 2016 al 2019 è stato assistente pastorale della sede romana, accompagnando gli studenti e le studentesse delle residenze in città e del Collegio San Damiano. Ora svolge questo servizio per il collegio Ker Maria. All’Università
Cattolica collabora nei corsi di teologia, trattando delle Dichiarazioni anticipate di trattamento, l’obiezione di coscienza, bioetica e biodiritto. Nella sua diocesi di origine (Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia), è direttore dell’Ufficio Scuola e servizio Irc, collaboratore della pastorale giovanile e familiare, e assessore al tribunale ecclesiastico diocesano. In servizio nella parrocchia di San Francesco a Tolentino e nell’unità pastorale che vi attiene.
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Dal centro pastorale
Nulla Dies Sine Linea, la mostra nella sede di Roma
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l 29 ottobre è stata inaugurata l’opera Neburose – Giuramento di Ippocrate dell’artista Bruna Esposito, che l’Itinerario di Arte e Spiritualità dal titolo Nulla dies sine linea, ha proposto nella sede di Roma nel Polo Giovanni XXIII. L’iniziativa – coordinata e promossa dal Centro Pastorale di Ateneo e dal dipartimento di Storia, Archeologia e Storia dell’Arte – è stata ideata e realizzata dagli studenti. Neburose è una riflessione artistica sulla missione del medico secondo il giuramento di Ippocrate. Sette Nebulose, ogni rosa un camice medico in cotone bianco
avvolto su se stesso sul cui petalo sgorga una frase tratta dal Giuramento di Ippocrate. L’Itinerario di Arte e Spiritualità dal 2017 ogni anno dà vita a una mostra di arte contemporanea negli spazi della sede di Milano dell’Università Cattolica. In occasione del centenario l’iniziativa si è allargata, coinvolgendo anche le altre sedi, in un’esposizione collettiva che rende omaggio all’Università e ai suoi studenti passati, presenti e futuri, presentando i lavori di quindici artisti contemporanei.
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Dal Corpo docente
Passaggi di fascia dei professori
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orna l’appuntamento con i passaggi di fascia del personale docente della sede di Roma dell’Università Cattolica.
Professori di prima fascia
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Dal 1° luglio il professor Francesco Franceschi (nella foto) è stato chiamato a ricoprire l’incarico di prima fascia al Dipartimento universitario di Medicina e chirurgia traslazionale. Nato a San Benedetto del Tronto (Ap) il 21 dicembre 1966, si è Laureato in Medicina e Chirurgia con lode alla facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università degli Studi di Bologna e ha conseguito la specializzazione in Medicina Interna e il dottorato di ricerca in Fisiopatologia della nutrizione e del metabolismo alla Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Dal 2008 ha partecipato attivamente all’attività didattica del corso di laurea in Medicina e chirurgia e successivamente del corso di laurea Medicine & Surgery. È attualmente coordinatore del corso integrato di Scienze mediche della facoltà di Fisioterapia alla sede di Campobasso, docente nel Corso integrato di Emergenze Medico-Chirurgiche nel corso di laurea in Medicina e chirurgia e direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina d’Emergenza-Urgenza di questa facoltà. Dal 2008 ha avuto l’affidamento di vari insegnamenti inerenti al Settore Scientifico-disciplinare MED/09 con indirizzo in emergenza-urgenza in varie Scuole di Specializzazione e master universitari. Inoltre, svolge un’intensa attività di tutoraggio e coordinamento del lavoro di numerosi studenti interni e specializzandi ed è stato relatore o correlatore di diversi lavori di tesi di laurea, dottorato di ricerca, master e specializzazione. Il professor Franceschi è autore di oltre 250 pubblicazioni su riviste internazionali peer-reviewed con un
H-index totale pari a 40 (Scopus). Nel corso della sua carriera il professor Franceschi ha ricevuto vari premi e riconoscimenti scientifici. L’ultimo è quello della White House Medical Unit: For outstanding achievement in support of the White House Unit and the Vice President of the United States. È membro di numerose società scientifiche nazionali e internazionali.
Professori di seconda fascia Dal 1° settembre hanno assunto la qualifica di professore di seconda fascia Cesare Mancuso, presso il Dipartimento di Sicurezza e Bioetica, e Francesco Pierconti, Dipartimento di Scienze della vita e sanità pubblica. Dal 1° novembre hanno assunto la qualifica di professore di seconda fascia Francesco Doglietto presso il Dipartimento di Neuroscienze ed Emilio Sacco presso il Dipartimento di Medicina e chirurgia traslazionale.
Ricercatori universitari Dal 1° luglio hanno assunto la qualifica Francesco Cellini e Simona
Gaudino presso il Dipartimento di Scienze radiologiche ed ematologiche; Tomaso Caporossi, Dipartimento Testa-collo e organi di senso; Antonia Iazzetti, Dipartimento di Scienze biotecnologiche di base, cliniche intensivologiche e perioperatorie; Claudia Marchetti, Dipartimento di Scienze della vita e sanità pubblica; Chiara Naro, Dipartimento di Neuroscienze; Francesca Romana Ponziani e Franco Scaldaferri, Dipartimento di Medicina e chirurgia traslazionale; Lorenzo Rocchi, Elena Verrecchia e Antonio Ziranu, Dipartimento di Scienze geriatriche e ortopediche. Dal 1° agosto, Sabrina Chiloro e Giuseppe Quero presso il Dipartimento di Medicina e chirurgia traslazionale; Silvia Giovannini, Dipartimento di Scienze geriatriche e ortopediche; Edoardo Staderini, Dipartimento Testa-collo e organi di senso. Dal 1° ottobre Matteo Lucchini, presso il Dipartimento di Neuroscienze. Dal 1° novembre Flavio Di Giacinto, Luca Massimi, Matteo Spinelli, presso il Dipartimento di Neuroscienze; Valentina Giorgio e Silvia Salvi presso il Dipartimento di Scienze della vita e sanità pubblica; Stefano Settimi presso il Dipartimento Testa-collo e organi di senso.
Cessazioni Dal 1° luglio ha concluso l’attività alla sede di Roma dell’Università Cattolica Mario Fulvio Gaudino. Dal 1° agosto, Roberto Fiore e Mario Bosco. Dal 1° settembre, Italo De Vitis. Dal 1° ottobre, Federica Wolf, f Barbara Tavazzi, Celestino Pio Lombardi, Luigi Maria Larocca. Dal 1° novembre, Vincenzo Arena, Paola Cattani, Salvatore Corsello, Germano De Cosmo, Franco Glieca, Carlo Masullo, Giacinto Abele Donato Miggiano, Gian Ludovico Rapaccini, Donata Scribano.
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International Conference on Proteomics and Metabolomics for Personalised Medicine di Claudia Desiderio *
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niche intensivologiche e perioperatorie della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli Ircss, ha avuto un focus speciale sul tema della Proteomica e metabolomica per la medicina personalizzata, un tema sfidante e quanto mai attuale, che ha visto il confronto degli scienziati del mondo clinico con la comunità della proteomica. Relatori nazionali e internazionali esperti del settore hanno presieduto le diverse sessioni scientifiche e introdotto a temi chiave della medicina personalizzata e di precisione, illustrando lo stato dell’arte nonché gli avanzamenti apportati e le prospettive future della Proteomica in ambiti clinici e di ricerca nel campo della oncologia, della caratterizzazione e definizione del microbiota,
Covid-19 e Sepsi, il punto della situazione in occasione della decima edizione della Giornata mondiale
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dati mondiali di incidenza e mortalità della sepsi riportano percentuali che superano le malattie neoplastiche, il trauma, l’Hiv. Nessuno ne è immune» ha detto il professor Gabriele Sganga, direttore dell’UOC Chirurgia d’Urgenza e del Trauma della Fondazione Policlinico A. Gemelli Ircss durante il suo intervento nell’ambito del master universitario di secondo livello “Sepsi in Chirurgia”. «Per la sua natura non è sempre prevenibile, spesso ha un andamento tumultuoso e rapidissimo e assai spesso non risponde a nessun trattamento: neanche al più moderno, avanzato e aggressivo. Il Covid-19 ce l’ha insegnato e lo “tsunami” mediatico che ne è seguito è stato fin troppo terrorizzante: infettivologi, virologi, intensivisti, microbiologi hanno concordato che se il Covid si complica in una sepsi la mortalità è elevatissima» ha concluso Sganga. Il master “Sepsi in Chirurgia”, istituito nel 2007, conta fino a oggi 242 medici polispecialisti formati, provenienti da tutte le regioni d’Italia. Lo scorso 13 settembre ha celebrato la Giornata mondiale della Sepsi nell’aula Brasca del Policlinico Gemelli. Con il professor Massimo Antonelli, direttore del dipartimento di Emergenza, e Francesco Cortese, chirurgo d’urgenza del San Filippo Neri, si è tenuta una mattinata di studio e testimonianza sul concreto impatto di Covid-Sepsi nella realtà ospedaliera del Policlinico, che in poche settimane ha dovuto ristrutturarsi per far fronte alla pandemia.
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* docente del corso di laurea in Farmacia, facoltà di Medicina e chirurgia
GIORNATA NAZIONALE 2021
i è svolto a Roma quest’anno dall’8 al 10 settembre presso l’Auditorium dell’Università Cattolica, il XV Congresso Annuale della Italian Proteomics Association in partnership con la Hellenic Proteomics Society e la Serbian Proteomics Association. La Italian Proteomics Association (ItPA), che aderisce alla European Proteomics Association (EuPA) e alla Human Proteome Organization (HUPO), riunisce ricercatori di differenti istituzioni italiane, dalle Università agli Enti di Ricerca, ed è promotrice ogni anno dell’organizzazione di eventi congressuali in accordo con gli scopi dell’associazione scientifica di diffondere e promuovere la Scienza del Proteoma e favorire la comunicazione scientifica in ambito nazionale e internazionale. Quest’anno l’evento ItPA, presieduto dal professor Andrea Urbani, docente di Biochimica clinica e Biologia molecolare clinica all’Università Cattolica di Roma e direttore del dipartimento di Scienze biotecnologiche di base, cli-
di approcci funzionali allo studio della metabolomica, e toccando temi quanto più attuali, come la neuroproteomica e l’infezione da Sars-CoV-2. Illustrando inoltre nuove e affascinanti prospettive in ambito clinico, come la single-cell proteomics, l’evento ha fornito uno sguardo al presente ma anche ai potenziali sviluppi di una scienza consolidata, la Proteomica, che emerge nella sua peculiarità e affianca con complementarità le diverse scienze – omiche.
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Scienza e cultura
Università Cattolica e Fondazione Gemelli, l’impegno per le cure palliative
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ttività di ricerca, cura e formazione di alto livello su un tema sempre più cruciale, quale è quello delle cure palliative: questo l’impegno emerso dall’incontro svoltosi in aula Brasca l’11 novembre, in occasione della Giornata Nazionale 2021. Sono state molte le voci che si sono alternate nella intensa mattina di lavoro, introdotta dai saluti del direttore generale della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs Marco Elefanti, e dal direttore sanitario Andrea Cambieri. Come ha sottolineato Christian Barillaro, direttore della UOC Cure palliative e Centrale di continuità assistenziale, d’altra parte, «questo evento rappresenta il punto di partenza e allo stesso tempo la sintesi di quello che abbiamo costruito in questi anni e dell’impegno della Fondazione e dell’Università Cattolica in questo settore. Ma vuole rappresentare anche un ideale trampolino di lancio verso qualcosa di più grande, verso un vero e proprio cambio di marcia nel settore delle cure palliative».
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Notiziario
Sono tornati alla Casa del Padre
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Benedizione dei nuovi locali dedicati alla vita
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a cerimonia di benedizione e inaugurazione dei nuovi locali dedicati al Centro di ricerca e studi sulla Salute procreativa della facoltà di Medicina e chirurgia (Cerissap) e del Centro di regolazione Naturale della Fertilità (Crf) – ISI “Paolo VI”, si è svolta lo scorso 4 ottobre alla presenza del vescovo monsignor Claudio Celli, presidente emerito del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali e dell’Istituto scientifico Internazionale Paolo VI di ricerca sulla fertilità ed infertilità umana per una procreazione responsabile (Isi), che ha guidato il momento di benedizione e preghiera, del direttore della Sede di Roma dell’Università Cattolica Lorenzo Cecchi, del direttore dell’Isi Paolo VI Alfredo Pontecorvi, della direttrice del Cerissap e coordinatrice del Crf-Isi Paolo VI Maria Luisa Di Pietro e di personale e docenti della Sede. In una nota il messaggio di saluto del vescovo monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo. «I lavori di sistemazione dei locali ora sono destinati, oltre che al Centro per la Regolazione della fertilità, anche al nuovo Centro di ricerca e studi sulla Salute procreativa. Pur trattandosi di due realtà diverse, per natura, storia e finalità, è evidente che hanno numerosi aspetti in comune e possono felicemente collaborare sia per rafforzare obiettivi speculari di ricerca sia per sviluppare significative sinergie e anche economie di scala. Nello specifico, il valore aggiunto di questa contiguità fisica, ma soprattutto progettuale, si attua nella possibilità per il Centro di regolazione naturale della fertilità di avere un maggiore collegamento con la struttura accademica della sede romana – e più in generale dell’Ateneo – e di sviluppare meglio sia l’aspetto della ricerca sia quello della formazione. Il nuovo Centro dedicato alla Salute procreativa potrà trovare, a sua volta, nell’esperienza consolidata dell’Isi un patrimonio utile per sviluppare le sue ricerche e le attività di carattere accademico».
ono venuti a mancare due veri grandi maestri, stimati e apprezzati per le loro doti umane e professionali. Il 3 settembre scorso ci ha lasciati il professor Attilio Maseri. Nel 1991, dopo un periodo all’estero, è rientrato in Italia per ricoprire il ruolo di professore ordinario di Cardiologia all’Università Cattolica e di direttore dell’omonimo Istituto al Policlinico Gemelli. Lo scorso 6 novembre è scomparso il professor Giuseppe Segni. Dal 1968 ordinario di Pediatria alla Cattolica e direttore dell’omonimo Istituto e della Scuola di Specializzazione e rappresentante dei professori di ruolo dell’Ateneo nel Consiglio di amministrazione dell’Università Cattolica, è stato collocato fuori ruolo nel 2000.
Una mostra per ricordare santa Gianna Beretta Molla a cent’anni dalla nascita
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anta Gianna Beretta Molla, una vita per la vita”: è il titolo della mostra esposta, nel centenario dalla sua nascita, nel corridoio centrale del Policlinico Gemelli. L’iniziativa è stata organizzata da Ateneo Studenti, Associazione Donum Vitae, Il Dono della Vita, in collaborazione con l’Università Cattolica e la Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” Irccs. La presentazione si è svolta il 21 ottobre presso l’aula Brasca. Presenti davanti ad una platea di studenti, Antonio Lanzone, Claudio Grassi, Vincenzo Valentini, Giuseppe Noia, Paola Pellicanò, Paolo Bonini. Hanno partecipato all’incontro anche Daniele Laganà, Michele Bianchi e Giovanna Bonanni in rappresentanza degli studenti e promotori dell’iniziativa. L’esposizione ha illustrato il profilo biografico di Santa Gianna Beretta Molla, dalla nascita (Magenta, 4 ottobre 1922) alla morte, avvenuta nel dare alla luce Emanuela, l’ultima di quattro figli (Ponte Nuovo di Magenta, 28 aprile 1962), fino alla canonizzazione da parte di Giovanni Paolo II nel 2004 col titolo di “Madre di famiglia” (per la prima volta nella storia della Chiesa); fa conoscere i luoghi di vita come itinerario della sua crescita spirituale, offrendo documenti, testimonianze, oggetti che le appartennero e presentando alcune delle opere a lei dedicate nel mondo.
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Le parole del Papa: dono e compito di monsignor Claudio Giuliodori *
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iamo ancora tutti profondamente toccati dal dono che ci ha fatto Papa Francesco facendo visita al nostro Ateneo il 5 novembre scorso per ringraziare assieme il Signore in occasione dei 60 anni della Facoltà di Medicina e chirurgia (nella foto l’abbraccio con monsignor Giuliodori). È un altro grande dono che il Pontefice ci ha fatto dopo l’Angelus recitato dal Policlinico Gemelli l’11 luglio durante i giorni del suo ricovero. Durante l’omelia, nel corso della celebrazione eucaristica, ci ha offerto una ricca e toccante riflessione sviluppata, a partire dal riferimento al Sacro Cuore, attorno a tre parole: ricordo, passione e conforto. Ci ha detto che «Ri-cordare significa “ritornare all cuore, ritornare con il cuore”» e solo attraverso la memoria grata per il bene ricevuto possiamo dare senso pieno alla nostra esistenza perché «senza memoria si perdono le radici e senza radici non si cresce. Ci fa bene alimentare la memoria di chi ci ha amato, ci ha curato, risollevato». In questo modo siamo risanati nel profondo del cuore e possiamo sviluppare nel migliore dei modi la missione di risanare. Ci ha così ricordato che «una parola fraterna, un sorriso, una carezza sul viso: sono ricordi che risanano dentro, fanno bene al cuore. Non dimentichiamo la terapia del ricordo: fa tanto bene!». È importante quindi ricordare che la sede romana è il frutto del sogno lungamente cullato da padre Agostino Gemelli ed espressione della sua geniale intraprendenza educativa, culturale e scientifica. Ogni passo, in questi 60 anni di straordinaria crescita, è stato accompagnato dalla premura e dall’incoraggiamento dei pontefici a partire dall’augurio formulato da San Giovanni XXIII il giorno dell’inaugurazione: «Questa Facoltà di Medicina fiorisca, cresca e sia stimata; qui risieda quanto c’è di alto, puro e bello; qui si educhino e si formino numerosi ed eccellenti medici». Non meno significativi i numerosi incontri con San Paolo VI e i diversi
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discorsi e ricoveri di San Giovanni Paolo II. Fino ad oggi, alle parole vibranti di Papa Francesco, sempre abbiamo sentito il forte sostegno e la guida sicura del successore di Pietro. Ancora una volta, le parole del Santo Padre hanno confermato e rafforzato la necessità di non smarrire questa memoria che diventa anche consapevolezza dei doni ricevuti e dell’importante missione che ci è stata affidata: formare medici e personale sanitario testimoni dell’amore misericordioso di Dio. Non a caso la seconda parola richiamata dal Santo Padre è passione. Ci ha invitato a guardare alla passione del cuore squarciato di Gesù sulla croce per imparare ad amare perché «se vogliamo amare davvero Dio, dobbiamo appassionarci dell’uomo, di ogni uomo, soprattutto di quello che vive la condizione in cui il Cuore di Gesù si è manifestato, cioè il dolore, l’abbandono, lo scarto; soprattutto in questa cultura dello scarto che noi viviamo oggi». Il Sacro Cuore di Gesù – ha sottoli-
neato ancora il Papa – è «misericordia allo stato puro, amore che viene ferito e dona la vita». Sperimentiamo così che «l’amore parla da sé, non parla di sé» e lo si riconosce dai gesti più che dalle parole. È da questa consapevolezza che scaturisce il conforto – è la terza parola – che riceviamo e che siamo chiamati a offrire, ricordando a ogni persona sofferente che «il Signore è più grande dei tuoi mali, ti prende per mano e ti accarezza, ti è vicino, è compassionevole, è tenero. Egli è il tuo conforto». Dal Santo Padre abbiamo ricevuto una spinta straordinaria per continuare a coltivare il carisma dei fondatori e per rinnovare il nostro impegno di testimoni dell’amore di Gesù, soprattutto verso i malati e i sofferenti. Molte sono le difficoltà e grandi le sfide, soprattutto in questo tempo di pandemia, ma ci danno forza le parole del Papa: «Il Cuore di Gesù batte per noi ritmando sempre quelle parole: “Coraggio, coraggio, non avere paura, io sono qui!”». * Assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
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Spiritualità
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Il fatto che la Santa Sede abbia concorso alle celebrazioni del centenario con un’emissione numismatica e con un’emissione filatelica è un gesto di attenzione e partecipazione. D’altronde la collaborazione con la Chiesa universale rientra a tra le missioni dell’Ateneo.
»
Franco Anelli, rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore