Così piccola e fragile. Prendersi cura della democrazia
La democrazia non è un pasto gratis Non c’è dubbio che, rispetto all’incertezza, esiste una spinta verso società più semplici dove affidare ad altri il peso di decidere. È faticosa la libertà ma è proprio ciò che ci rende umani di Vittorio Emanuele Parsi1
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l passaggio da un ordine liberale a un ordine neoliberale, da un ordine internazionale a un ordine globale avviene quando si assiste al distacco tra interessi dei grandi operatori nel mercato globale e interessi dei cittadini delle democrazie. Nasce qui il paradosso per cui la globalizzazione, intesa come un modo per accrescere l’interconnessione tra le società aperte e favorirne la diffusione, ha finito, invece, con il mettere in difficoltà proprio le società aperte e le loro istituzioni: la democrazia rappresentativa e il mercato regolato. È il peccato originale che ha spaccato il giunto tra la concorrenza nel mercato finanziario internazionale e la regolazione dei suoi attori, e la domanda politica interna. Nell’ordine liberale, i regolatori del mercato finanziario internazionale erano infatti i governi e banche centrali che rispondevano ai governi. E i governi erano anche politicamente responsabili di fronte alle proprie cittadinanze. Ciò implicava una serie conseguenze: in primo luogo la natura diversa tra attori (principalmente gruppi bancari e finanziari privati) e regolatori (tendenzialmente politici e alti burocrati pubblici), che avevano formazione e priorità parzialmente differenti, un antidoto efficace all’omologazione del pensiero e al fenomeno delle “porte girevoli”. In secondo luogo, proprio per la responsabilità politica dei regolatori verso le proprie cittadinanze, le scelte adottate per la regolazione del mercato finanziario internazionale dovevano essere compatibili con le decisioni di politica interna volte a indirizzare e mantenere un determinato assetto dell’equilibrio sociale ed economico interno. Se questo nodo non viene risolto ci troveremo di volta in volta a gestire delle crisi, senza mai affrontarne la causa strutturale. Non si tratta di tornare a un’ipotetica società del dopoguerra, agli accordi di Bretton Woods, ma di capire la vera ragione del successo di meccanismo regolatorio liberale per intuire come riproporlo in tempi completamente cambiati.
Non c’è solo l’ambiente fisico, ma anche quello politico e sociale Abbiamo capito da relativamente poco tempo che evitare che i processi produttivi danneggino irreparabilmente l’ambiente comporta un costo che va contabilizzato nel prezzo finale di un prodotto. Ma non basta solo un’ecologia ambientale, serve anche un’ecologia politica, che contempli cioè la contabilizzazione del costo della democrazia. Nell’ambiente internazionale vivono anche le democrazie ma non solo le democrazie. Non sono la specie politica più diffusa, ma è la nostra specie politica, quella alla quale vogliamo continuare ad appartenere. C’è un costo della libertà e della democrazia che va accettato come abbiamo fatto per la transizione ecologica. Questa Docente di Relazioni internazionali, facoltà di Scienze politiche e sociali, direttore dell’Alta scuola in Economia e Relazioni internazionali (Aseri).
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