presenza dell’UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
NAZ/350/2008 DCOO53793
numero 1 - anno XV gennaio-febbraio 2014
Ne ha fatta di strada
Daniele De Luca giovane primario a Parigi
Postcards
Esperienze di vita e lavoro in Africa
Ateneo
I viaggi della solidarietà
CERVELLI IN VIAGGIO Sono sempre più numerosi i talenti italiani che studiano e lavorano oltre confine. Le storie del successo nel mondo dei laureati che non hanno dimenticato il loro Ateneo
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Anno XCVII
B I M E S T R A L E D I C U L T U R A E D I B A T T I T O D E L L’ U N I V E R S I T À C A T T O L I C A
EDITORIALE Lorenzo Ornaghi
100 anni dopo, una rivista che genera cultura
REPRINT Agostino Gemelli
Miti, fantasie, realizzazioni della cibernetica
Norberto Bobbio
Etica della potenza ed etica del dialogo
FOCUS Antonio Spadaro
Ma non è un’eresia cercare Dio online
Pier Cesare Rivoltella Ad adolescenti e adulti il web fa male o fa bene?
SPIRITUALITÀ Bruno Maggioni
Impariamo ad ascoltare il silenzio di Gesù
L’INEDITO Seamus Heaney
Ezra Pound e la poesia del Novecento europeo
L’INTRUSO
ISSN 0042-725 X
Silvio Soldini
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Gennaio Febbraio 2014
Non solo evasione Dove va il nostro cinema?
SOMMARIO 04 - Laurea in Cattolica, un passaporto per il mondo 08 - De Luca, da studente di Medicina a giovane primario a Parigi 10 - Postcards: esperienze di vita e lavoro in Africa 12 - I viaggi, i progetti e i frutti della solidarietà
n.6/duemilatredici Rivista bimestrale realizzata dal Servizio Stampa dell’Università Cattolica, in collaborazione con il Master in Giornalismo, con la partecipazione del Servizio Pubbliche relazioni dell’Istituto “G.Toniolo” di Studi Superiori © 2001 - Università Cattolica del Sacro Cuore DIRETTORE Franco Anelli RESPONSABILE Gerardo Ferrari COORDINATORI Graziana Gabbianelli, Fausto Maconi COMITATO REDAZIONALE Katia Biondi, Nicola Cerbino, Sabrina Cliti, Paolo Ferrari, Graziana Gabbianelli, Emanuela Gazzotti, Antonella Olivari, Ernesto Preziosi HANNO SCRITTO Carla Alecci, Gabriele Archetti, Katia Biondi, Nicola Cerbino, Sabrina Cliti, Daniele Conti, Niccolò De Carolis, Luca Frachlich, Graziana Gabbianelli, Emanuela Gazzotti, Velania La Mendola, Enrico Lupino, Laura Molinari, Antonella Olivari, Andrea Prada Bianchi, Francesca Russo, Emiliana Stefanori, Maria Villano, Claudia Zanella REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE Università Cattolica del Sacro Cuore L.go Gemelli, 1 - 20123 - MILANO tel. 0272342216 - fax 0272342700 e-mail: presenza@unicatt.it www.unicatt.it REDAZIONE ROMANA L.go Francesco Vito - 00168 - ROMA tel. O630154295 Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 94 del 5 marzo 1969 PROGETTO GRAFICO Matteo Scanni IMPAGINAZIONE Studio Editoriale EDUCatt FOTO ARCHIVIO Università Cattolica, AP, Getty Image STAMPA Tiber spa - Brescia
Questo periodico è associato all’USPI Il numero è stato chiuso in redazione il 15 febbraio 2014
16 - Claude Lanzmann, cineasta della Shoah 18 - Una finestra su Gaza per formare futuri giornalisti 19 - Indagine telelavoro, ancora troppi pregiudizi 20 - Eleth, scouting d’affari per l’Italia 22 - Al Gemelli nasce il Clinical Trial Center 23 - Da Vinci, il robot che non lascia cicatrici 24 - Grafene, il materiale del futuro 25 - LibraRisk, la protezione civile in tasca 26 - Piacenza, sfida tra business plan per futuri imprenditori 27 - Ricerca Grana Padano, premiata la facoltà di Agraria 28 - Container.9, apre il nuovo spazio libri 30 - Vita&Pensiero: intervista con l’autore
primo piano
UNA LAUREA
passaporto per il mondo Un’esperienza all’estero è un plus da inserire nel curriculum e un’opportunità vincente per il futuro professionale. Lo sanno bene i laureati dell’Ateneo che sempre più numerosi varcano i confini e raccontano le loro storie, fiore all’occhiello della formazione targata Cattolica. di Niccolò De Carolis
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egli ultimi cinque anni il numero di studenti che sceglie di fare esperienze lavorative all’estero è triplicato. Ed è aumentata di pari passo l’offerta messa a disposizione dall’Università Cattolica. Nel 2008 erano stati 162 i ragazzi che avevano aderito al Work Experience Abroad (Wea). Nel 2013 il totale è salito a 454, quasi tre volte tanto. In un mercato del lavoro sempre più globalizzato, l’importanza di confrontarsi con contesti internazionali sommata alle difficoltà economiche che sta vivendo il nostro Paese ha spinto tanti studenti a guardare oltre i confini nazionali. Come sottolinea il professore Pier Sandro Cocconcelli, delegato del Rettore per il Pier Sandro coordinamento Cocconcelli
UCSC INTERNATIONAL
P
er conoscere tutte le proposte di studio e lavoro all’estero promosse dall’Università Cattolica contattare: UCSC INTERNATIONAL via Carducci 28/30 20123 Milano tel: 02 7234 5801 fax: 02 7234 5806 web: http://ucscinternational.unicatt.it @: info.outbound@unicatt.it
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dei progetti di internazionalizzazione dell’Università Cattolica, «l’Università Cattolica del Sacro Cuore da anni ha intrapreso attività per potenziare l’internazionalizzazione universitaria, un processo che ha come obiettivo l’integrazione della dimensione internazionale e interculturale nelle attività di docenza, ricerca e formazione dei giovani. In un mondo globalizzato, dove la formazione universitaria, la ricerca scientifica e il mercato del lavoro sono strettamente interconnessi, le competenze internazionali diventano uno strumento fondamentale per “...educare i giovani, alla reciproca comprensione tra i popoli e all’idea della collaborazione internazionale” come indicava, già nel 1951, Padre Agostino Gemelli. In questa linea, si sta muovendo l’Università Cattolica con l’obiettivo di fare del processo di internazionalizzazione un mezzo per la formazione professionale, la crescita e la realizzazione personale degli studenti». Per quanto riguarda l’esperienza dello stage, non esiste un tempo giusto in assoluto per farlo. La maggior parte sono laureandi o neolaureati (definizione valida fino a dodici mesi dalla laurea) ma è generalmente possibile partire in qualsiasi momento della propria carriera universitaria. La permanenza nell’azienda partner non ha una durata standard e in molti casi i ragazzi possono usufruire di una scolarship fino a 500 euro al mese, chiamata Design your Career, ricavata con i fondi messi a disposizione dall’Unione Europea, dall’Italia e, soprattutto, dall’Università Cattolica. Le destinazioni tra cui gli studenti possono scegliere sono tante, soprattutto in Europa. Ovviamente le mete pre-
ferite sono quelle anglofone, Londra su tutti, ma anche Francia e Spagna sono piuttosto ambite. Negli ultimi anni l’Università sta cercando di rafforzare il suo network Alessandro Rosina anche al di fuori dei confini comunitari, per garantire ai suoi iscritti esperienze sempre più stimolanti in contesti all’avanguardia dal punto di vista dell’innovazione. Ci riferiamo innanzitutto agli Stati Uniti, ma anche ad Hong Kong e Australia. In questi casi la Cattolica non gestisce direttamente i rapporti con le aziende ma si affida a un provider che si occupa anche di trovare alloggio e assicurazione per lo studente. Un altro dato da sottolineare è la trasversalità delle occasioni lavorative proposte. Non riguardano più esclusivamente le facoltà scientifiche o Economia, ma anche chi frequenta corsi umanistici come Psicologia e Lettere. È in aumento, per esempio, la richiesta d’insegnamento della lingua italiana agli stranieri, dalle elementari fino all’high school, soprattutto in Australia. L’esperienza di lavoro all’estero garantisce una marcia in più sia da un punto di vista universitario che da un punto di vista professionale. Sono in aumento gli studenti che, dopo la laurea o lo stage, si trasferiscono in maniera stabile all’estero su richiesta di un’azienda. In crescita anche le presenze oltre confine dei laureati targati Cattolica e ciascuna mostra come il know-how che l’Ateneo del Sacro Cuore fornisce ai suoi studenti sia apprezzato e spendibile anche lonta-
BOSTON
Fare ricerca ad Harvard grazie alla laurea in Cattolica
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Faenza, foto Pholio - iStock Editorial
uattro anni di ricerca in cardiologia presso la Harvard Medical School. Una riga del genere sul proprio curriculum farebbe la differenza per chiunque. Domenico D’Amario, trent’anni, ha avuto l’opportunità di vivere questa esperienza lavorativa grazie all’ambiente e ai professori con cui si è formato negli anni dell’università. Ha studiato Medicina all’Università Cattolica di Roma, dove ora è tornato per concludere la specialistica: «Ho trovato sempre ottimi docenti e il giusto clima competitivo tra gli studenti – racconta –. Inoltre nei miei primi anni ho avuto la possibilità di fare un Erasmus in Germania, sono stati mesi che mi hanno dato una visione più complessa e internazionale di quello che studiavo». Poi, poco prima di laurearsi, ha iniziato a intessere rapporti oltreoceano con la prestigiosa università bostoniana. «Grazie in particolare al professor Fillippo Crea, una volta conclusi i sei anni di università sono partito per gli Stati Uniti. La fortuna di lavorare in un posto come Harvard è data innanzitutto dal livello delle strumentazioni e dei mezzi che vengono messi a disposizione. In più la possibilità di confrontarsi con persone provenienti da tutto il mondo all’interno di un sistema altamente competitivo è una grande possibilità di crescita professionale». L’oggetto della ricerca e delle sperimentazioni sono le cellule cardiache, non però quelle comunemente conosciute: «Le cellule del cuore sono note per essere perenni – spiega – il che significa che mantengono lo stesso numero per tutta la durata della vita. Si è scoperto però che esiste anche una sottopopolazione di cellule staminali cardiache che possono essere utilizzate per aiutare il cuore a rispondere ad alcune patologie come l’infarto o le infezioni». Ora D’Amario è ritornato in Cattolica, dove ha deciso di voler lavorare in futuro: «Sicuramente a livello di finanziamenti non possiamo competere con le realtà americane, però qui il punto di forza è lo stretto rapporto che esiste tra l’attività di ricerca e l’attività clinica, questo permette di non perdere mai il contatto con il paziente, vero fine del nostro lavoro».
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USA
Investendo sul double degree, ha un lavoro alla Bank of America
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o deciso di studiare in Cattolica quando ho scoperto l’esistenza del programma double degree, che permette di avere doppia laurea italiana e americana». Tre anni di Economia aziendale a Piacenza e due di International management a Boston, per Alberto Michelazzi sono stati l’occasione per dare il via alla sua carriera negli Stati Uniti. Ora lavora alla Bank of America, dove è vicepresidente del dipartimento Market Risk. «Il mio cammino non è stato facile ma sicuramente ne è valsa la pena. Sono sempre stato innamorato degli USA e mentre le altre università mi offrivano solo Erasmus, la Cattolica era l’unica che mi permetteva di ottenere un titolo di studio all’estero». Una volta conseguita la laurea a Piacenza, si è spostato alla Northeastern University dove già il primo anno è riuscito a fare sei mesi di stage alla Merrill Lynch di New York (poi acquistata dalla Bank of America).Tornato a Boston ha finito gli studi, si è laureato e dopo pochi giorni è stato assunto nella banca d’investimenti della Grande Mela. Grazie alla sponsorizzazione della Bank of America un anno fa ha ottenuto la Green Card, passaggio immediatamente precedente al conseguimento della cittadinanza. Tanti successi in poco tempo sono una grande soddisfazione ma Michelazzi è ben cosciente che tutto questo è stato possibile grazie anche alla qualità dell’insegnamento ricevuto in Italia: «Per quello che ne so, la Cattolica è l’università che segue di più lo studente. Innanzitutto per la proporzione ragionevole che c’è tra professori e alunni, mentre in altri posti ci si sente come gocce nell’oceano. In secondo luogo per la disponibilità dei docenti anche al di fuori dell’orario di ricevimento con la possibilità di uno sviluppo pratico di quello che si è studiato a lezione. Infine posso dire per esperienza che la Cattolica ha metodi di studio molto simili a quelli americani dove non ci sono mesi di lezioni e poi un esame, ma dove il voto finale spesso deriva da parziali, partecipazione in aula e lavori di gruppo».
no dall’Italia. Queste esperienze di studio e lavoro all’estero sono un trend in forte crescita. Alessandro Rosina, docente di Demografia alla facoltà di Economia e direttore del Laboratorio di Statistica Applicata, parla di cifre in continuo aumento per quanto riguarda gli italiani e, tra questi, i giovani, che decidono di trasferirsi all’estero: «Le persone che lasciano il Paese ogni anno sono circa 50mila, ma bisogna considerare che i dati Istat rilevano solo coloro che attuano un trasferimento di residenza, cosa che spesso, almeno all’inizio, i giovani non fanno. È interessante notare poi come tra gli espatriati stia salendo il numero di lavoratori qualificati, cioè laureati: da poco più di uno su dieci sono diventati uno su quattro. Secondo il “Rapporto giovani” dell’Istituto Toniolo, inoltre, sono circa la metà gli studenti universitari che prendono in considerazione concreta la possibilità di cercare lavoro fuori dall’Italia». Tra i Paesi maggiormente in grado di attrarre la nostra forza lavoro ci sono naturalmente le economie più sviluppate dell’Occidente, ma non solo: «Le destinazioni principali – continua Rosina – sono Germania, Svizzera, Regno Unito, Francia e Stati Uniti. Ma rilevante è anche il flusso verso i Paesi emergenti come Brasile, Cina e Sudafrica. I talenti sono come dei semi che vengono portati dal vento nel terreno in cui possono dare i loro migliori frutti. E le opportunità più interessanti le offrono i Paesi che inve-
Boston, foto Keith Levit
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primo piano
Dublino, gli uffici di Google in Irlanda; foto MichaelJay
stono maggiormente in ricerca, come il primo gruppo, e quelli in maggiore espansione, come il secondo gruppo». Unfenomenochespessovienebollato in termini pessimistici come una “fuga di cervelli”. Ma la mobilità è un valore positivo, da favorire, perché permette un continuo interscambio culturale e professionale. Semmai il problema da considerare è un altro: «Non si tratta di frenare la “fuga” ma di favorire la “circolazione” – spiega Rosina –: significa dare la possibilità di andare e, con la stessa facilità, di poter fare il percorso inverso e tornare. Le analisi dell’Ocse
IRLANDA
Il matematico che fa andare veloce Google
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he i cervelli italiani siano ambiti dai colossi della Silicon Valley come Facebook, Apple o Google è cosa ormai certa. Un esempio è Stefano Lattarini, che dopo essersi laureato in Matematica all’Università Cattolica di Brescia è stato contattato da un recruiter del più famoso motore di ricerca del mondo. Ora lavora nella sede Google di Dublino come SRE (Site Relia-
rivelano come il nostro sia l’unico grande Paese europeo a presentare un valore negativo del tasso di scambio d’individui altamente qualificati». Come si può tornare a essere un Paese ambito dai giovani che desiderano innovare ed essere al passo con un mercato del lavoro sempre più globalizzato? Il professore di Demografia individua quattro punti da cui ripartire: «In ordine d’importanza: puntare sulla crescita economica e sulle politiche per l’occupazione, migliorare il raccordo tra istruzione e lavoro, fornire maggiori investimenti in ricerca e sviluppo e, infine, sostenere l’impren-
bility Engineering), si occupa di rendere i software utilizzati da miliardi di persone veloci e affidabili. «Tutto è partito dalle aule della Cattolica – racconta – dove ho trovato una grande disponibilità e vicinanza agli studenti da parte dei professori. In particolare Maurizio Paolini, docente di Analisi numerica, è stato fondamentale perché mi ha introdotto al mondo dell’Open Source. Si tratta di un sistema di progettare i software in modo libero e condiviso in quanto i codici non rimangono segreti, ma chi vuole può contribuire a svilupparli». Questa sua passione per la progettazione lo porta a partecipare per due anni consecutivi al Google Summer of Code dove ha l’occasione di mettere in mostra le
ditoria giovanile». Anche per Francesco Marcaletti, docente di Sociologia dell’impresa e del lavoro alla facoltà di Scienze Politiche e Sociali, Francesco una delle questioni Marcaletti centrali è alimentare e favorire il flusso migratorio verso l’Italia di lavoratori qualificati: «I Paesi occidentali più sviluppati sono quelli che sono riusciti a immettere il più elevato numero di stranieri nel proprio mercato del lavoro. L’economia di una nazione, senza questo afflusso, perde capacità propulsiva. L’esempio tipico è quello degli Stati Uniti dove la maggior parte delle start up, ma anche delle grandi aziende, sono fondate da immigrati». Una questione che solo apparentemente sembra cozzare con il fenomeno dell’alto tasso di disoccupazione. Se si guarda il futuro alla luce del rapporto tra la popolazione che sta entrando in età lavorativa (15-24) e quella che sta uscendo (55-64) la prospettiva cambia. «La proporzione oggi è 79 a 100 – spiega Marcaletti –, perché cinquant’anni fa nascevano il doppio dei bambini. La conseguenza è che adesso il mercato del lavoro è intasato, con un alto tasso di disoccupazioni tra i ventenni. Ma tra qualche anno, con l’economia che ci si augura in ripresa, i giovani torneranno a essere un bene ricercato, anche perché scarso. Al punto da mettere in dubbio la possibilità di colmare il ricambio generazionale».
proprie abilità. Così, una volta laureato, arriva la chiamata dall’azienda di Mountain View, una proposta impossibile da rifiutare. «Spostarmi in Irlanda è stato davvero semplice, Google si è mostrata estremamente disponibile e mi ha dato una mano concreta nel risolvere molti dei problemi legati al trasferimento». Secondo Lattarini le opportunità lavorative all’estero sono occasioni da prendere al volo, senza lasciarsi trattenere da campanilismo o da un eccessivo attaccamento alla terra natale, ma non bisogna andare allo sbaraglio «pensando che fuori dall’Italia sia tutto perfetto, anche se in genere è vero che molti Paesi tendono a creare opportunità piuttosto che soffocarle».
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ne ha fatta di strada
UN ITALIANO
a Parigi
Da studente di Medicina all’Università Cattolica di Roma a giovane primario nella capitale francese. Daniele De Luca racconta come è avvenuta la sua nomina ai vertici dell’ospedale Antoine Béclère. E ricorda i bellissimi anni al Policlinico Gemelli di Daniele Conti
L’
ANTOINE-BÉCLÈRE dell’Università “Paris-Sud” è una struttura prestigiosa, centro di riferimento in Francia per il trattamento delle malformazioni congenite, dove vengono assistite un grande numero di gravidanze con patologie ad alta complessità. Fiore all’occhiello di questa struttura è la Divisione di Rianimazione neonatale e pediatria, un’unità dinamica e moderna che, nonostante i soli due anni di vita, rappresenta uno dei centri di terapia intensiva neonatale più grandi d’Europa. Durante l’ultimo anno è stata avviata una lunga selezione per individuare un nuovo primario della Divisione, con qualifica di professore associato dell’Università Paris-Sud: si cercava un neonatologo che avesse una precedente esperienza in centri altamente specializzati nell’assistenza medica al neonato, che fosse in possesso di un PhD, che avesse capacità di ricerca caratterizzate da alti impact factor e H-index (parametri che quantificano la prolificità e l’impatto delle pubblicazioni degli scienziati su riviste specializzate), che conoscesse lingue straniere e, soprattutto, che fosse giovane e in grado di guardare lontano. Così, superata la prima fase della selezione, a settembre è stato scelto il professor Daniele De Luca. Classe 1977, di origini romane, la sua formazione medica si svolge tutta all’interno dell’Università Cattolica di Roma, presso il Policlinico Gemelli. Qui, dopo la laurea in Medicina, sceglie la specializzazione in Pediatria, con indirizzo in Neonatologia e terapia intensiva; nel OSPEDALE
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frattempo consegue i diplomi di perfezionamento in Emergenze pediatriche e in Pneumologia neonatale. Sempre presso l’Università Cattolica, infine, ottiene il dottorato di ricerca in Biologia molecolare clinica. Ancora oggi, nonostante il nuovo incarico nella capitale francese, è in contatto con l’Ateneo: è infatti professore a contratto presso il master universitario di secondo livello in Terapia intensiva pediatrica. Dei suoi anni di studio trascorsi in Cattolica, De Luca ha bellissimi ricordi. «Ripenso al mio periodo da studente di Medicina prima e da specializzando poi con enorme felicità e anche con un po’ di nostalgia. Sono stati momenti molto belli». Del resto, una volta conseguita la maturità, le idee sul suo futuro erano già molto chiare. «Volevo fortemente studiare medicina, diventare medico è sempre stato il mio obiettivo sin da bambino, e volevo farlo in Cattolica, perché ho sempre creduto nei valori che questa Università trasmette. Di conseguenza ero molto motivato: quando feci il test di ammissione studiai come un pazzo, ero assolutamente terrorizzato dall’idea che ci fosse anche una sola possibilità che non passassi». Con l’ambiente che incontra in Università, poi, è subito feeling. De Luca ha modo di apprezzare l’approccio molto pratico e dinamico attraverso cui gli studenti vengono avvicinati ai vari insegnamenti. «Ricordo in particolare le prime esercitazioni, i miei amici che studiavano medicina in altre Università mi guardavano stupiti quando raccontavo delle ore passate in labo-
Daniele De Luca
ratorio a studiare i bacilli della tubercolosi o a fare l’autopsia al cuore di un maiale. La nostra era una situazione decisamente più moderna e avanzata. Il periodo da specializzando, poi, è stato ancora più bello. Noi medici in Cattolica venivamo veramente formati attraverso una progressiva responsabilizzazione che ho avuto la fortuna di intraprendere in maniera attiva, “anglosassone”». Ciò è stato possibile, ricorda con gratitudine De Luca, grazie all’incontro con professori che sarebbero rimasti dei punti di riferimento anche negli anni successivi all’Università, in primo luogo Enrico Zecca e Maria Pia De Carolis, professori aggregati di neonatologia. Subito dopo la specializzazione, De Luca riceve un’offerta di lavoro presso un altro Istituto della Cattolica e – prosegue «non posso non ringraziare con affetto il professor Massimo
sotto: il gruppo di lavoro del prof. De Luca a Roma; a destra, il prof. De Luca a Parigi
Antonelli, direttore dell’Istituto di Anestesia e Rianimazione, il professor Giorgio Conti e il dottor Marco Piastra, rispettivamente primario e caporeparto della Terapia intensiva pediatrica, che mi hanno offerto immediatamente qualcosa dopo la specialità e contribuito grandemente a formare una mentalità aperta, moderna in un ottica di collaborazione multidisciplinare». «Queste persone mi hanno insegnato a non avere paura – afferma il professor DeLuca –. Può apparire bizzarro, ma quando si ha a che fare con neonati estremamente malati e a rischio di vita, non avere paura è la cosa più importante. Se si ha paura non si possono aiutare gli altri». In questo periodo, inoltre, De Luca sviluppa un grande amore per la ricerca medica. Il filone di ricerca che segue, e che ha modo di approfondire durante gli anni di dottorato, riguarda il catabolismo del surfattante. «Un parolone medico che però identifica un argomento cruciale per la neonatologia, che potrà avere importanti sviluppi relativamente al trattamento delle forme più gravi di insufficienza respiratoria nel neonato e nel bambino in generale. Questo lavoro, tra le altre cose, ha portato a delle collaborazioni con l’industria, e probabilmente in futuro arriveranno anche dei brevetti». La sua intensa attività di ricercatore, testimoniata dalla pubblicazione di numerosi articoli e premiata da prestigiosi riconoscimenti per la ricerca scientifica,
prosegue ancora oggi, nonostante il trasferimento a Parigi. La sorte ha voluto infatti che l’ospedale Antoine Béclère si trovi a un quarto d’ora di distanza dall’Istituto Pasteur, il maggior centro di ricerca al mondo proprio per quanto riguarda lo studio del catabolismo del surfattante. «È stata una coincidenza incredibile, una casualità. All’Istituto Pasteur avevano cominciato questo filone di ricerca pochi anni prima rispetto a noi in Cattolica: ci leggevamo i lavori a vicenda e nel corso degli anni ci si è conosciuti tra noi ricercatori, ma non c’è mai stata una vera e propria collaborazione. Poi il caso mi ha portato qui a Parigi e ci siamo detti: “beh, ma a questo punto proseguiamo insieme!”. Così abbiamo stipulato un protocollo e ora c’è questo proficuo lavoro in comune con l’Istituto». Anche all’interno della Divisione di Rianimazione neonatale e pediatria al Béclère il professor De Luca può proseguire la ricerca («ho un piccolo laboratorietto con tutte le strumentazioni necessarie per trattare i campioni dei bambini e raccogliere i dati»), attività cui affianca il lavoro didattico e, soprattutto, quello clinico. «Quello che dirigo è un reparto molto grande: abbiamo 28 posti di terapia intensiva neonatale e 10 di sub-intensiva. Ci occupiamo di circa 7 mila parti all’anno e abbiamo un sistema di trasporto e di emergenza neonatale che recupera da un bacino di utenza di circa 16 mila parti». Giovane, con un curriculum eccellente, trapiantato all’estero dove ricopre un incarico prestigioso in
posizione apicale: il suo caso sembra coincidere perfettamente con quello di molti “cervelli in fuga” italiani, costretti a espatriare per vedere valorizzate le proprie conoscenze e capacità. Il neo-primario, però, si riconosce solo in parte in questa definizione. «Più che altro considero questo nuovo lavoro un’occasione per fare esperienza. Probabilmente in Francia ci sono più risorse, ma anche in Italia ho avuto la possibilità di lavorare nel miglior modo possibile. Credo che nel giusto ambiente, dove c’è una mentalità aperta e dinamica, anche da noi si possa fare bene. Io questo ambiente l’ho incontrato all’Università Cattolica, in particolare nel dipartimento di Medicina di laboratorio diretto dai professori Bruno Giardina e Ettore Capoluongo, persone da cui ho ricevuto fiducia e ascolto, e che, durante gli anni del dottorato, mi hanno offerto la possibilità di sviluppare le mie idee lungo una linea di ricerca e di arrivare a dei risultati importanti, anche sul piano personale – Anche in Italia, infatti, recentemente De Luca ha conseguito l’abilitazione a professore associato di Pediatria –. Ecco, un augurio che vorrei fare a un giovane che desidera fare ricerca medica è quello di avere la fortuna di trovare, ma anche la caparbietà di cercare, delle guide come quelle che ho incontrato io durante la mia formazione. Magari saranno una minoranza, ma posso assicurare che persone che sappiano ascoltare e valorizzare i giovani talenti in Italia ci sono: non bisogna fermarsi finché non le si è trovate». PRESENZA 1, GENNAIO-FEBBRAIO 2014
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Gli studenti della Cattolica protagonisti dei programmi di studio e stage all’estero raccontano a “Presenza” la loro esperienza. Scrivete a: postcards.presenza@unicatt.it Luigi La Via* Una sfida con se stessi ornare da un viaggio è spesso il momento del ricordare: far rivivere i ricordi più belli nella mente, fondendo insieme vecchie abitudini da riassaporare e un po’ di nostalgia. Il mio ritorno dall’Uganda è stato, per certi aspetti, radicalmente diverso. Da una parte, mentre con l’aereo sorvolavo per la seconda volta l’immensa distesa sabbiosa del Sahara, tornavo con estremo piacere al mio arrivo a Kampala: la hit “Badilisha” che risuonava da ogni angolo della strada, i colori sgargianti dei mercati all’aperto, la terra rossa, l’inglese incomprensibile, gli ugandesi e il loro concetto del tempo, i bambini sempre in posa per una foto, il mio compagno di viaggio Massimo, i pazienti con un’imperitura voglia di vivere, che niente avrebbe mai abbattuto, e i medici sempre disponibili a insegnare e sempre umili nel chiedere aiuto. Ho passato in rassegna anche le numerose visite all’orfanotrofio locale, dove ho lasciato una parte del mio cuore, il team di medici italiani che
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trascorrono le vacanze lavorando al Benedict Medical Center (Bmc), l’ospedale che ci ospitava, e la missione di father John, dove pregavamo e mangiavamo insieme ad amici di tutte le età. D’altra parte, però, altri ricordi indelebili coloravano la mia mente di tinte più cupe. Le visite all’ospedale militare di Bombo e a quello pubblico
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di Mulago ci hanno portati a contatto con la realtà più cruda e drammatica della medicina di un Paese del terzo mondo. Vedere pazienti sofferenti lasciati a terra, senza speranza di sollievo, affetti dalle più terribili patologie conosciute o giovani donne costrette a partorire in stanze piccole e sporche o, ancora, bambini
rimanere senza cure, sono cose che mi hanno sconvolto ma, soprattutto, indignato. La prima reazione è stata di una rinuncia rassegnata, come presa di coscienza che non potevo far niente per cambiare la realtà a cui assistevo. In un secondo momento ho reagito, convincendomi che se posso aiutare anche minimamente quella
gente è mio preciso dovere farlo. Non posso non pensare, in questo momento, a una poesia di Konstantinos Kavafis, che, paragonando la vita a un viaggio verso Itaca, recita: In Ciclopi e Lestrigoni, no certo, né nell’irato Nettuno incapperai, se non li porti dentro, se l’anima non te li mette contro. La mia esperienza nel cuore dell’Africa è stata una sfida contro le mie paure, i miei limiti, la mia natura, ma allo stesso tempo un viaggio in una terra stupenda, sebbene ricca di contraddizioni, che sorride, canta e soprattutto balla. Dal coraggio degli ottimi medici locali, abituati a reagire a qualunque difficoltà, ho ricevuto in dono la voglia di completare gli studi per ritornare in Africa da medico. Se numerosi sono stati i Lestrigoni e i Ciclopi a sbarrarmi il cammino, è proprio grazie a questi che ho trovato la mia strada. Proprio grazie a loro ho raggiunto la mia Itaca. * 21 anni, quarto anno della laurea in Medicina, facoltà di Medicina e Chirurgia, sede di Roma.
Maria Chiara Gelosa* Alla ricerca delle somiglianze gni viaggio inizia con una partenza, e ogni partenza è preceduta da attese, preparativi, paure, speranze. Molte di queste per me sono state alimentate dal mondo che avevo attorno. Alcuni erano entusiasti dell’esperienza cha avrei fatto, sicuri che un viaggio simile avrebbe cambiato la mia vita. Altri mi trasmettevano invece timori. Fin da subito sono stata sommersa da immagini e pensieri che non erano miei: ho fatto fatica a liberarmi di questo carico e a ritrovare le motivazioni, le aspettative e le resistenze che erano veramente mie. Non è stato semplice, ma credo che sia stato fondamentale: ogni viaggio, ogni esperienza sono unici, in quanto uniche sono le persone che le intraprendono con le loro storie. E uniche saranno le storie che da queste nasceranno. Per me è iniziato tutto in maniera molto semplice, quasi casuale. Una volta aver saputo di poter partire ho cercato di pensarci il meno possibile. Fare chiarezza
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su quello che mi aveva spinto a scegliere di intraprendere questo viaggio è stato però importante, ed è stato questo il bagaglio più prezioso con il quale sono arrivata a destinazione: il desiderio di incontrare persone. E tale mio desiderio ha trovato una bellissima risposta. Non posso dire di aver compreso una nuova cultura o di aver scosso le fondamenta del mio modo di vedere il mondo: forse tre settimane sono poche o, forse, per questo bisogna essere pronti. Ho però incontrato tante persone: ragazzi, bambini, insegnanti, sisters come vengono chiamate le suore missionarie dagli abitanti del luogo e compagne di viaggio. Le ho incontrate in profondità, nella bellezza di relazioni spontanee, talvolta faticose, ma sincere. Ho incontrato anche una parte di me stessa: quella a cui piace giocare, costruire progetti e rapporti con altri, quella a volte paziente, a volte no. Aspetti della cultura dell’Etiopia e del suo popolo emergevano in tante piccole cose: nel saluto, nelle cerimonie quotidiane come il rito del caffé, nelle feste religiose, nell’ospitalità. Erano gocce che riempivano e coloravano ogni relazione, che era sempre il contenitore che dava vita e significato a ogni cosa. Mi sono commossa quando uno dei ragazzi che seguivamo dopo la scuola una volta mi ha fermata per strada, mi ha accompagnata
a casa sua, mi ha fatto conoscere la famiglia e mi ha offerto da mangiare. Un gesto semplice, naturale e bellissimo. A volte mi chiedevo cosa significasse essere bianche e venire dall’Italia nel rapporto con i ragazzi con cui stavamo. Una volta abbiamo domandato a un bambino se era contento che noi fossimo lì e per quale motivo. Ha risposto di essere contento perché portavamo caramelle e palloncini. In un altre parole, risorse. Anche alcuni insegnanti dicevano che era positivo che noi fossimo andate lì perché potevamo creare relazioni con l’Italia, portare materiale ma anche idee. Eravamo portatrici di esperienze diverse dalla loro, e dall’incontro fra diverse prospettive, consuetudini, storie poteva nascere qualcosa di nuovo. In entrambe le direzioni. Nel rapporto con i ragazzi delle scuole l’elemento più importante era che fossimo tutti lì per stare insieme: noi eravamo venute dall’Italia per stare con loro e i bambini si fermavamo dopo la scuola per stare tra loro e con noi. Se non ci fossero stati questo spirito e questa consapevolezza nessuno sarebbe riuscito a costruire nulla. E invece sento che qualcosa abbiamo realizzato. Nei pomeriggi trascorsi con i ragazzi e i bambini, tutte le nostre attività erano guidate da un filo conduttore: una fiaba, con la prospettiva di una recita finale.
Lo spettacolo conclusivo è stato bellissimo, perché tutti avevamo lavorato insieme e partecipato. Era il simbolo del breve, piccolo ma intenso percorso che avevamo fatto insieme. I primi giorni ero rimasta colpita dalla povertà del contesto, dalla convivenza con gli animali, da modi di vivere lo spazio diversi a quelli cui siamo abituati. Ma tali differenze sono scomparse in fretta, in quanto superficiali. Molte di più erano le somiglianze: con gli insegnanti, di cui ammiravo il lavoro e la dedizione agli studenti; con i bambini e i ragazzi, che piangevano quando erano tristi, si arrabbiavano se non vincevano, impazzivano per un pallone; con le suore, con cui condividevamo tanti momenti delle nostre giornate. Eravamo tutti sullo stesso piano, a volte stanchi, felici, tristi ma legati da un filo che ci permetteva di lavorare insieme, con un profondo rispetto reciproco. È stata un’esperienza che mi ha resa più ricca, mi ha aiutata ad apprendere nuove misure con cui confrontare me stessa e il mondo che mi circonda, ma che soprattutto mi ha dato tanta gioia. * 24 anni, di Monza, terzo anno del corso di laurea in Scienze del Servizio sociale, facoltà di Scienze politiche e sociali, sede di Milano.
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I VIAGGI
della solidarietà Dal 2004 il master Relazioni di aiuto in contesti di sviluppo, cooperazione nazionale e internazionale è impegnato in prima linea nell’aiuto umanitario nel mondo. Professori e studenti insieme per promuovere la resilienza in difesa dei diritti dei bambini di Enrico Lupino
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olidarietà” in campo nazionale e internazionale è la parola chiave dei molti progetti promossi dal master in Relazioni di aiuto in contesti di sviluppo, cooperazione nazionale e internazionale e dal CESI (Centro di Ateneo per la Solidarietà Internazionale) dell’Università Cattolica in collaborazione con l’Associazione Francesco Realmonte Onlus e l’Unità di Ricerca sulla Resilienza del Dipartimento di Psicologia dell’Ateneo del Sacro Cuore. Obiettivo di ogni progetto è la promozione della resilienza, ovvero la capacità di trovare risorse, forze, fiducia per superare una situazione drammatica e psicologicamente estenuante come nei casi traumatici di catastrofi naturali, quali terremoti, maremoti, guerre e separazioni forzate o in contesti di vulnerabilità cronica. A sviluppare questa idea che ha dato esiti positivi ovunque sia stata realizzata, e a coordinare tutte le iniziative è la professoressa Cristina Castelli (nella foto) direttrice del master e membro del Consiglio direttivo CESI. Proprio a partire da questa idea si è sviluppato il progetto di formazione per operatori che segue le linee guida del volume Tutori di resilienza. Guida orientativa per interventi psico-educativi tradotto ormai in varie “lingue ponte” compreso l’arabo. Attraverso questa formazione i tutori, che agiscono localmente, acquisiscono tutti gli strumenti necessari per cooperare in contesti di estrema difficoltà, fornendo assistenza a bambini e famiglie che vivono situa-
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zioni traumatiche o di grave disagio. Già avviata in Libano e a Gaza, questa esperienza, coordinata dalla dottoressa Francesca Giordano, si svolge in due settimane di lavoro: una teorica e una applicativa sulla guida. Verrà realizzata anche in Mali a primavera 2014 con l’intervento di Padre Elie Molumba e della dottoressa Francesca Serio supportata da docenti dell’Università di Bamako, e in Siria (o ancora Libano se perdurerà la guerra) grazie all’invio di studenti volontari del master. Il progetto è stato co-finanziato dal BICE, Bureau International Catholique de l’Enfance, e dall’Oeuvre d’Orient espressione della Conferenza episcopale francese, che hanno richiesto la collaborazione della Cattolica. Sarà possibile realizzare il progetto anche in Centrafrica, dove si auspica un intervento vista la situazione della popolazione locale, soprattutto cristiana, implicata in una crudele guerra civile. Dall’Africa si passa in Asia, dove da dieci anni l’équipe della professoressa Castelli opera per sostenere le popolazioni dello Sri Lanka. Nel 2004 il paese fu colpito dal violento tsunami che causò centinaia di migliaia di vittime e danni irreparabili in tutto il paese. Subito dopo il disastro sono stati avviati diversi progetti per aiutare i bambini, le famiglie spezzate, gli insegnanti e tutti gli operatori impegnati nel soccorso ai minori. Il lavoro dell’Università Cattolica si è infatti concentrato sui bambini, che hanno subito gravi lutti in seguito alla furia del mare, ma spesso le perdite hanno incluso anche la casa e la
difficoltà a reperire i beni primari. Gli interventi di resilienza sono stati avviati grazie alla presenza di tutori che, arrivati sul posto, hanno cominciato a svolgere le attività di sostegno psicologico e di accompagnamento alla ricostruzione di una normalità. Dopo dieci anni l’attività del progetto non si è fermata. Durante l’estate 2013 i bambini Tamil del nord dello Sri Lanka sono stati ospitati nell’orfanatrofio delle suore della Carità, insieme a bambini cingalesi del sud. Grazie ai fondi raccolti con il concerto di Natale dello scorso dicembre a Milano, quest’anno i bambini cingalesi potranno incontrare di nuovo chi li aveva ospitati andando, a loro volta, al nord. Considerando i difficili rapporti politici all’interno del Paese, il progetto è volto non solo al supporto psicologico dei minori, ma anche a iniziare a sanare il conflitto perenne fra i due popoli, proprio at-
traverso l’educazione dei più piccoli e la cooperazione in età scolastica. Non finisce qui il viaggio della solidarietà. Un’altra tappa è Betlemme, dove grazie al sostegno della Cattolica e di ATS Pro Terra Sancta, l’Associazione Realmonte, è stato avviato un progetto di formazione per 9 musicoterapeuti palestinesi, che si occupano di disabili ospiti presso l’Hogar Ninos de Dios e presso altre strutture presenti in Betlemme. All’Hogar grazie ai fondi beneficiari ricevuti dal Ministero Affari Esteri italiano, è stata costruita una nuova ala dell’edificio con una piscina e un laboratorio di musicoterapia destinati alla riabilitazione. Il professor Dario Benatti, collaboratore del master, è stato a dicembre sul posto per la prima missione formativa dal titolo Mi troverai nel suono e per promuovere contatti con l’Università Cattolica di Betlemme e poter così attivare ricerche in campo riabilitativo. Dall’estero rientriamo in Italia e più precisamente nella porta d’Europa, Lampedusa, dove è stato attivato un progetto di resilienza grazie anche all’aiuto degli operatori formati dal master in Relazioni d’aiuto. A dicembre 2013, in seguito agli ultimi sbarchi, l’équipe di psicologi è stata sull’isola per lavorare con i bambini sia autoctoni sia stranieri. Insieme alla professoressa Cristina Castelli c’erano Francesca Giordano, Veronica Hurtubia e Margherita Fioruzzi. Il lavoro svolto con circa venti bambini locali si è concentrato,
in particolare, sulla realizzazione dei primi silent books, libri senza parole che raccontano storie attraverso la composizione artistica di materiali di recupero. Protagonista è stata la fiaba illustrata Rosa come un topo, usata per mettere in contatto i bambini senza il tramite della lingua e per affrontare il tema della diversità. Senza una parola i ragazzi hanno avuto la possibilità di interagire utilizzando una narrazione condivisa e comune a tutti loro in quel momento. L’iniziativa ha riscosso talmente tanto successo da portare alla realizzazione di altre storie raccontate dai bambini. Fra queste, che verranno distribuite nei centri di seconda accoglienza in tutta Italia in accordo con le Caritas locali, dove ora risiedono i bambini stranieri, è stata scelta quella che diventerà la storia numero 2 della collana La Fabbrica dei racconti. Un’altra storia di solidarietà viene dalla provincia di Mantova, duramente colpita dal terremoto lo scorso anno. L’obiettivo del progetto d’intervento Earthquake heartquake è stato quello di sostenere circa 200 bambini, con i loro insegnanti e le loro famiglie, nel processo di superamento dell’esperienza traumatica del sisma e nella riappropriazione di una normale attività didattica. Ancora una tappa del viaggio della solidarietà sul filo rosso della resilienza: si chiama Punto e a capo ed è un presidio operativo in Vicolo Calusca, 10 a Milano – messo a disposizione dall’Università Cattolica all’Associazione Realmonte e all’Associazione
Presenza Studentesca Africana in U.C. – con lo scopo di sostenere nel percorso di integrazione giovani studenti stranieri e rifugiati politici. Nella cornice di Porta Ticinese ha preso forma il progetto che offre bilanci di competenze, sostegno culturale e linguistico per un adeguato inserimento nel mondo lavorativo e uno sportello di ascolto, con l’aiuto delle volontarie dell’Associazione Ines Portale, Carla Candela e Mariella Realmonte, sotto la supervisione della dottoressa Marta Rivolta. Da tutto ciò è l’integrazione a uscirne rafforzata, infatti i ragazzi hanno creato un circolo virtuoso con la comunità residente nel quartiere. «Anche le persone anziane sono ormai vicine ai rifugiati, molti di questi le riconoscono e le identificano con le figure familiari lasciate nella terra di origine» dice Francesca Serio, responsabile del progetto promosso dall’Associazione Realmonte. Per informazioni: http://centridiateneo.unicatt.it/centro_di_ateneo_per_la_solidariet_internazionale www.francescorealmonte.it
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Lombardia ed Europa, legame radicato nella storia di Daniele Conti modernizzazione hanno imposto come unica condizione di sopravvivenza del sapere l’utilità sociale, c’è ancora spazio per la cultura umanistica? Per rispondere alle provocazioni poste dall’internazionalizzazione e dalla globalizzazione è possibile rilanciare gli studi storico-letterari, che da sempre hanno contribuito a modellare i contorni della coscienza civile, o è inevitabile l’abdicazione a favore del sapere tecnico-scientifico? A questa sfida hanno provato a rispondere, insieme, l’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’Università degli Studi di Milano. I due Atenei, infatti, hanno dato vita nel 2010 a un network di collegamento che, grazie al sostegno finanziario della Fondazione Cariplo, ha permesso la realizzazione del programma di alti studi dottorali Lombardia ed Europa. Questo progetto, dispiegatosi nell’arco di un quadriennio e conclusosi quest’anno, ha avuto come scopo quello di alimentare nuove linee di studio e di formazione altamente qualificata. Fulcro dell’iniziativa il contributo che Milano e il territorio lombardo hanno fornito allo sviluppo civile e alla crescita della cultura, in un rapporto di continuo interscambio con il contesto sovraregionale italiano e con l’intero scenario europeo. Le risorse messe a disposizione da Fondazione Cariplo hanno consentito ai due enti universitari di assegnare borse di dottorato e assegni di ricerca di livello post-dottorale a studenti e giovani ricercatori interessati a sviluppare le linee tematiche del Programma. Inoltre, per favorire l’interscambio con il mondo accademico internazionale, sono state istituite borse di ricerca di entità più limitata per soggiorni di studio all’estero, per lo più mensili. I dottorandi e i ricercatori coinvolti sono stati in totale più di venti. La Cattolica, in particolare, ha erogato due borse di dottorato triennali, tre assegni di ricerca post-dottorato e otto borse per soggiorni di studio all’estero. Alcuni tra i frutti migliori di questa attività di ricerca sono stati presentati lo scorso 11 dicembre durante un seminario nella sede della Fondazione Cariplo in via Manin, a Milano. Durante l’incontro si è tracciato il bilancio conclusivo del progetto, con la partecipazione di tutte le persone a vario ti-
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N UN’ EPOCA IN CUI I PROCESSI DELLA
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tolo coinvolte nella sua realizzazione. A fare gli onori di casa Pier Mario Vello, segretario generale della Fondazione, che ha sottolineato l’importanza che Cariplo riconosce agli investimenti nella ricerca universitaria di alto livello. Hanno quindi preso la parola il professor Danilo Zardin e il professor Livio Antonielli, responsabili del progetto rispettivamente per l’Università Cattolica e l’Università Statale. «Questa collaborazione è nata da un’idea dei rettori Ornaghi e Decleva – ha spiegato Zardin –. Sono state promosse congiuntamente iniziative formative aperte ai dottorandi e ai ricercatori di entrambi gli Atenei. Si è trattato di cicli di lezioni, tavole rotonde e seminari che hanno coinvolto una vasta rete di studiosi esperti della tematica Lombardia ed Europa. In modo autonomo, poi, le Università hanno organizzato alcuni seminari affidati a visiting professor provenienti da diversi atenei europei. In Cattolica sono stati invitati sei professori stranieri da Germania, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Bulgaria». Durante il seminario si sono alternati al banco dei relatori alcuni dei borsisti che hanno aderito al programma, i quali hanno presentato un resoconto delle loro ricerche. Tra questi, Marzia Giuliani, Chiara Maria Carpentieri e Francesco Parnisari, della Cattolica. La prima ha studiato l’ascesa della famiglia degli Sfondrati tra Cinque e Seicento: «Questa piccola casata di provincia seppe lanciarsi dalle sue basi nel territorio periferico di Cremona alla conquista di una visibilità sempre più marcata sulla scena delle relazioni internazionali, in seno al mosaico dei domini spagnoli. Le sue leve di appoggio furono le carriere militari, l’esercizio dell’arte diplomatica, l’innesto nelle gerarchie della Chiesa,
fino al vertice del papato, uniti a un vivace mecenatismo nel campo dell’arte e della cultura». Per Carpentieri il tema generale delle indagini è stato invece l’evolversi dei rapporti italo-ungheresi nei secoli dal XV al XVII. «In particolare, ho sottoposto a una pionieristica indagine i fondi a stampa di tre importanti biblioteche della Lombardia (l’Ambrosiana, la nazionale Braidense di Milano e la civica Angelo Mai di Bergamo) e il fondo manoscritto dell’Ambrosiana per reperire e censire tutte quelle opere che potessero costituire valide testimonianze dei complessi intrecci politici e culturali tra le due nazioni». Parnisari ha invece indagato il fenomeno dell’emigrazione dalle Valli Varesine tra il Cinquecento e il primo Ottocento, partendo da fonti per lo più inedite come gli atti notarili conservati nell’Archivio di Stato di Milano. L’incontro si è concluso con gli interventi del professor Enrico Decleva (a destra nella foto), fino al 2012 rettore dell’Università di Milano, e del professor Lorenzo Ornaghi (il secondo da destra nella foto), rettore dell’Università Cattolica dal 2002 al 2012, i quali, dopo aver ironicamente ricordato la rivalità che contrapponeva i due Atenei milanesi all’inizio della loro storia, hanno posto l’accento sull’importanza di un rapporto interuniversitario di collaborazione. Ricollegandosi alle parole del segretario generale della Fondazione, sono tornati a riflettere sulle prospettive future degli studi umanistici. «Queste discipline non devono porsi in atteggiamento difensivo rispetto ai paradigmi culturali oggi dominanti, ma devono “passare al contrattacco” – ha sottolineato Ornaghi –. La ricerca umanistica che è stata condotta attraverso questo programma di alti studi può avere un’utilità sociale per il futuro? Se la risposta è sì, allora l’obiettivo del nostro progetto è stato raggiunto. Sperando che questo contributo non sia solo l’interruzione provvisoria di un declino fatale, ma il primo segnale di una possibile inversione di rotta».
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Trasparenza, approvato il Codice etico d’Ateneo
ISTITUTO TONIOLO
Il Rapporto Giovani presentato a Napolitano
A. Aschedamini
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MAPPA
DEI
VALORI
COSTITUTIVI
dell’Università Cattolica. Il Codice etico dell’Ateneo, dopo un periodo iniziale di applicazione ad experimentum, è stato approvato in via definitiva con decreto rettorale il 29 ottobre 2013. «Nato dall’esigenza di adempiere a un dovere legale – scrive il rettore Franco Anelli –, l’adozione di questo ulteriore strumento ha rappresentato l’occasione per esplicitare e formalizzare un insieme di regole e di linee di indirizzo che da sempre caratterizzano l’operato e la condotta delle persone che lavorano e studiano nella nostra Università». Il Codice etico dell’Università Cattolica risponde a due sollecitazioni normative, contenute nel decreto legislativo 231/2001 sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche dipendente da reato e nella cosiddetta legge Gelmini di riforma del sistema universitario. In entrambi i testi di legge, nel quadro di una generale tendenza alla valorizzazione della responsabilità sociale delle organizzazioni complesse, si chiede agli enti – anche agli enti universitari – un ripensamento delle scelte organizzative allo scopo di prevenire il compimento di azioni scorrette e lesive degli interessi delle singole persone e della collettività. Il Codice etico rappresenta il frutto della riflessione dell’Ateneo rispetto alle indicazioni del legislatore e contiene una mappa dei valori costitutivi dell’«essere» e del «fare» Università Cattolica, che improntano l’agire di tutti i componenti della comunità universitaria, nel rispetto delle specificità di ciascuna categoria: docenti, studenti, personale tecnico-amministrativo, e con una speciale premura per
i pazienti del Policlinico Gemelli. Non si tratta di valori nuovi. Il Codice intende rappresentare a un tempo l’«orgoglio di un’appartenenza» e la riaffermazione di valori già sedimentati nella coscienza di ciascuno dei componenti la grande famiglia dell’Università Cattolica e che hanno reso unica la sua storia. Questi valori si iscrivono nel solco del magistero della Chiesa e sono riattualizzati alla luce delle sfide lanciate al sistema universitario. Nei 59 articoli in cui è strutturato, il documento, che si accompagna al nuovo Modello di gestione, organizzazione e controllo, riconosce la centralità di ogni componente e di ogni persona all’interno della comunità accademica. E ne delinea i diversi profili. «Emerge una figura di docente appassionato alla ricerca e alla didattica, aggiornato, disponibile a contribuire al buon funzionamento dell’Ateneo, di esempio per gli studenti e attento a promuovere un’immagine virtuosa dell’Università all’esterno», spiega Gabrio Forti, preside della facoltà di Giurisprudenza e presidente della commissione che ha redatto il testo. Il ritratto di studente tratteggiato dal Codice etico è quello di un protagonista, «che sa far valere i propri diritti, ma prima ancora adempie ai propri doveri, riconoscendosi al centro del progetto di un’Università Cattolica che vive “nel cuore della realtà” ma proietta il proprio sguardo al futuro». Secondo il giurista, infine, il personale dell’Ateneo deve essere «profondamente consapevole dell’importanza del proprio ruolo per il benessere della vita universitaria». «L’ampiezza del Codice etico dell’Università – conclude – riflette
l Rapporto giovani 2013 è stato presentato, lo scorso 28 gennaio, al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. A illustrare nello studio privato del Capo dello Stato la ricerca longitudinale sulla condizione giovanile, promossa dall’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi superiori, il presidente dell’Istituto fondatore dell’Università Cattolica, cardinale Angelo Scola e il rettore dell’Ateneo Franco Anelli (nella foto insieme a Guzzetti e a Scola). Della delegazione ricevuta al palazzo del Quirinale facevano parte il direttore del Toniolo Enrico Fusi, la coordinatrice del gruppo di ricerca Paola Bignardi, il coordinatore scientifico del Rapporto Alessandro Rosina, il presidente della Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti, partner dell’iniziativa. Il presidente Napolitano ha ascoltato con interesse la presentazione da parte del cardinale Scola e ha posto numerose domande sul rapporto tra i giovani e il lavoro, la famiglia, le istituzioni, la scuola, la fiducia nel futuro.
un’immagine di complessità della gestione di un Ateneo che vanta diverse sedi, un Policlinico, una miriade di corsi e di attività parallele. Al personale viene riconosciuta l’essenziale funzione di meccanismo di riduzione della complessità e, insieme agli studenti e ai docenti, di presidio della legalità dell’agire universitario». Ora che il testo è stato approvato in via definitiva, non resta che farlo proprio, come chiede il Rettore nella lettera di accompagnamento: «Rinnovo l’invito a prenderne visione, ricordando che il rispetto delle direttive del Codice è parte essenziale della missione, del prestigio e dell’immagine dell’Università Cattolica». PRESENZA 1, GENNAIO-FEBBRAIO 2014
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Claude Lanzmann, cineasta della Shoah di Laura Molinari
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Maria Pia Rossignani, tra umanità e scienza
È
O REALIZZATO DEI FILM CHE hanno cambiato la
percezione che l’opinione pubblica aveva della tragedia subìta dal popolo ebraico». Così parla Claude Lanzmann, cineasta francese premiato con l’Orso d’Oro alla carriera nel 2013, durante un incontro affollato con gli studenti dell’Università Cattolica. Lanzmann, ospite della conferenza Shoah: testimoni malgrado tutto, organizzata da Almed, in occasione della Giornata della memoria, ha raccontato la sua carriera, rivelando subito la propria avversione verso chi lo definisce un documentarista e basta. Lanzmann si ritiene «un cineasta a tutto tondo»: i suoi documentari sono veri e propri film «nati dalla creatività, dal nulla e sul nulla, dato che niente era rimasto» dell’orrore del passato. L’autore ha ripercorso la storia della lavorazione del suo film più noto, Shoah, e ha presentato la sua nuova pellicola: Le dernier des injustes. L’ultimo degli ingiusti. «L’opera cinematografica di Lanzmann ha suscitato parecchie discussioni nel mondo del cinema ma anche nella società civile» sottolinea Ruggero Eugeni, direttore di Almed. Riguardo a Shoah, Lanzmann chiarisce: «I protagonisti del film sono i testimoni diretti della fine del loro popolo. Quando parlano non usano il termine “io” ma la parola “noi”: si sentono portavoce della tragedia disumana che hanno vissuto». «Non sempre è stato facile trovarli in giro per il mondo ma la difficoltà maggiore era farli parlare – aggiunge il regista –. Le sofferenze che hanno vissuto sono state troppo grandi. Per molti di loro è stato complicato raccontare la propria esperienza. A volte è stato difficile anche realizzare le riprese: quanto veniva testimoniato era così orribile da coinvolgere l’operatore emotivamente. Capitava che ci si dimenticasse quando sostituire la pellicola per continuare a girare». A occuparsi della distribuzione italiana del nuovo film del regista francese è Andrea Cirla, presente anche lui all’incontro: «In Italia non c’è mai stata abbastanza attenzione per la fondamentale filmografia di Lanzmann. Ciò accade perché la nostra società è afflitta da un forte ritardo culturale, aggravato da problemi politici persistenti, come l’antisemitismo e i sentimenti anti-israeliani». Secondo Cirla il nostro Paese è colpevole di una «colossale rimozione delle responsabilità italiane rispetto agli even-
IL RICORDO
ti» legati al nazifascimo. Presente, oltre a Claudia Mazzuccato, membro del comitato di ricerca del Centro Studi Federico Stella sulla Giustizia penale e la politica criminale della Cattolica, Roberto Pisoni, direttore di Sky Arte HD. Nei prossimi mesi l’emittente trasmetterà Le dernier des injustes: «Mi sono chiesto se la televisione fosse il posto adatto per un film. Sky Arte trasmette pochissime pellicole ma in noi ha prevalso il desiderio di dare voce al documentario di Lanzmann». Esprimendo gratitudine per l’attenzione riservata alla sua opera, il regista francese precisa: «L’ultimo degli ingiusti mostra la genesi della soluzione finale attraverso particolari fino a ora sconosciuti». Non solo. Questo film ha il pregio di rivalutare la figura di Benjamin Murmelstein, l’ultimo presidente del consiglio degli anziani del “ghetto modello” di Terezin. Un uomo controverso, detestato da molti ebrei, perché considerato complice dei nazisti. Secondo Lanzmann, però, «Murmelstein aveva capito che per i tedeschi i numeri erano tutto. Dovevano deportare tanti ebrei così come veniva loro richiesto, non uno di più non uno di meno. Egli non scelse mai di fare deportare nessun ebreo né di favorirne alcuni rispetto ad altri, ma lasciava che fossero i nazisti a scegliere chi e quando. Con questa modalità, alla fine della guerra, furono salvati 123mila ebrei dei 200mila che popolavano Terezin, uno dei pochi ghetti sopravvissuti allo sterminio nazista».
stata dedicata al ricordo di Maria Pia Rossignani l’inaugurazione dell’anno accademico della Scuola di specializzazione in Beni archeologici. Il 27 gennaio il preside della facoltà di Lettere e Filosofia Angelo Bianchi, il direttore del dipartimento di Storia, Archeologia e Storia dell’Arte Agostino Giovagnoli e la coordinatrice della sezione di Archeologia dello stesso dipartimento Silvia Lusuardi Siena hanno ricordato la collega scomparsa a maggio dell’anno scorso. «È necessario per coloro che avviano la specializzazione aver di fronte modelli di rigore, studio, e impegno – ha detto il preside. All’università non ci si forma da soli, ma nel rapporto tra allievo e maestro. Maria Pia è stata maestra di molti allievi e lo potrà essere ancora nel ricordo». Il filo conduttore dell’incontro è stato proprio il lavoro di ricerca della professoressa Rossignani nell’arco della sua carriera. Un lungo percorso di studi che l’hanno portata nei siti più importanti di Milano, d’Italia e del Mediterraneo. Da Luni a Hierapolis, fino agli studi in Italia settentrionale e al sito archeologico di Tas-Silg a Malta, le relazioni archeologiche presentate dagli studiosi sono state un omaggio alla collega e rappresentano simbolicamente la continuazione del suo lavoro. «Ci siamo rivolti a studiosi esterni che hanno incontrato Maria Pia in diverse fasi e luoghi della sua vita – ha affermato il direttore della Scuola di Specializzazione Marco Sannazzaro –. Gli interventi di oggi ripercorrono le tappe della sua esperienza professionale ed esistenziale. Per molti il lavoro è diventato amicizia, e questo grazie alla sua profonda umanità». E proprio l’umanità è stata al centro del ricordo del professor Giovagnoli: «Vorrei sottolineare lo stretto rapporto tra umanità e scienza. Non si può essere dei bravi scienziati senza avere un profondo coinvolgimento umano. Non sempre si vede, ma in Maria Pia era evidente». (a.p.b.)
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Post-modernità e donazione in John Milbank di Velania La Mendola ECONDO IL TEOLOGO ANGLICANO John Milbank, fondatore del movimento Radical Orthodoxy, oggi la teologia deve reagire al nichilismo, dovuto alla secolarizzazione, riappropriandosi del suo positivo ruolo nella società. Il suo pensiero è stato rielaborato e proposto, per la prima volta in una monografia, da Marco Salvioli (nella foto), docente di Antropologia filosofica e Teologia fondamentale nello Studio Filosofico Domenicano di Bologna e di Teologia nell’Università Cattolica, nel libro L’invenzione del secolare. Post-modernità e donazione in John Milbank (Vita e Pensiero). Il volume è stato presentato mercoledì 22 gennaio in Cattolica nel corso dell’incontro promosso dal Centro di Ateneo per la Dottrina sociale della Chiesa, diretto da Evandro Botto, in collaborazione con il Dipartimento di Filosofia, diretto da Massimo Marassi, al quale hanno partecipato Pier Angelo Sequeri, preside della facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, Giuseppe Barzaghi, professore di Teologia fondamentale e dogmatica della facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna, e France-
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sco Botturi, prorettore della Cattolica, con il coordinamento di Alessandra Gerolin, ricercatore di Storia della filosofia dell’Ateneo del Sacro Cuore. Un dibattito vivace in cui Botturi ha sottolineato la deriva del concetto di libertà nella società contemporanea, parlando di “fondamentalismo libertario”: «Assistiamo all’accadere ossessivo della libertà. L’unico valore che oggi si difende è la libertà di scelta; qualsiasi cosa, ma non la libertà, dunque la libertà di scelta di qualunque cosa», ha chiosato Botturi, che ha portato l’esempio del politically correct: «È un neutrale accadere, vuol dire gestire le differenze senza che vi sia mai novità, è una neutralizzazione dell’identità. E penso anche alla riforma universitaria: quale riforma è possibile se l’universus non esiste più?». Secondo Sequeri Milbank ha il coraggio di svolgere il compito che si è dato, evitando la contrapposizione di metodo tra teologia e filosofia e mettendo in evidenza come l’invenzione del secolare sia di per sé negativa: l’umanesimo laico ha creduto di potersi separare dalla religione semplicemente disossando un sistema. Tutto ciò che è separato dal teologico è buono? Se così fosse oggi non ci troveremmo di fronte a
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Piccolo Cottolengo, il transatlantico della carità
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ell’ambito delle manifestazioni per l’80esimo anniversario della fondazione del Piccolo Cottolengo milanese, la Congregazione orionina della Piccola Opera della Divina Provvidenza e l’Università Cattolica, con la collaborazione del Piccolo Cottolengo orionino, dell’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia Mario Romani e del Centro studi orionini, hanno promosso l’incontro di studi su Don Orione e il Piccolo Cottolengo Milanese 1933-2013, che si è tenuto lo scorso 17 gennaio
nell’Ateneo di Largo Gemelli. Fondato nel 1933 e benedetto dall’arcivescovo Ildefonso Schuster, questo «transatlantico della carità» o «cittadella della carità e della preghiera», come lo definì il cardinal Giovanni Battista Montini in occasione di una delle sue visite annuali, ebbe umili origini alla periferia della città, dove vi avevano trovato riparo per alcuni anni le carmelitane scalze. Nel 1937, la modesta casa stracolma di indigenti e oggetto di mille richieste di accoglienza da tutta Italia, divenne un articolato progetto
una crisi mondiale: «Dalla scissione rimane il negativo teologico», ha detto Sequeri, perché solo in termini teologici molte delle categorie del moderno hanno potuto essere pensate e, se distacco vi è stato, è da interpretarsi come deviazione apostatica. L’affermazione della visione teologica della storia come alternativa al mainstream della cultura moderna e del pensiero postmoderno è una sfida rispetto al ‘liberalismo’ diffuso, è una scelta che pone al centro del nuovo sistema il dono, per un socialismo della grazia che diventi un’alternativa percorribile rispetto al modello liberal-capitalistico che ha ormai mostrato tutti i suoi limiti.
a carico dell’architetto Mario Bacciocchi. La fabbrica crebbe senza inutili orpelli decorativi, funzionale agli scopi caritativo-assistenziali per cui era stata pensata, quasi una maestosa costruzione medievale secondo lo stile lombardo, in cotto come la basilica di Sant’Ambrogio. Lo spirito che la animava era quello del Vangelo per «fare del bene a tutti e del bene sempre», come amava dire il suo santo ispiratore. I lavori del convegno hanno collocato nella giusta prospettiva storiografica la fondazione orionina, il suo rapporto con la città, con la Chiesa e con i bisogni di una società in trasformazione. In Cattolica don Orione
tenne due note conferenze nel 1937 e nel 1939 in aula Magna parlando della carità e della Provvidenza Divina, mentre i legami tra l’Ateneo e il Piccolo Cottolengo datano sin dai primordi dell’Istituto. Leggendo la cronaca dei primi anni, infatti, sono documentate le visite periodiche degli universitari. «Queste visite di giovani – si legge nel Diario della casa –, esuberanti di intelligenza e di forza fisica, ci commuovono. Ci ricordano quanto padre Gemelli scriveva nel gennaio 1940 a don Orione: “Io seguo, benché in silenzio, lo sviluppo delle sue opere e soprattutto la seguo, perché so che visitare i suoi malati fa bene ai miei studenti”». Oggi il Piccolo Cottolengo orionino si sta trasformando in un moderno centro polivalente, dove, accanto ai bisogni legati alla disabilità fisica e psichica, sono accolti anziani, sono forniti servizi assistenziali e sanitari, sono sostenute attività educative a vasto raggio e si guarda alle nuove povertà della vita presente. (G.A.) PRESENZA 1, GENNAIO-FEBBRAIO 2014
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Almed, una finestra su Gaza NEVEEN, MUSTAFA, FATHI, Laura, Nura, Susan. Sono solo sei dei 25 studenti dell’università alAzhar di Gaza City che hanno accettato di raccontare cosa vedono dalle loro finestre su Gaza. Un’atipica finestra sul mondo che si moltiplica per tutti gli edifici abitati e anche per quelli che non lo sono più perché incompleti, distrutti, o abbandonati. Eppure da qui, ci si affaccia, si guarda il mare, si sogna un futuro migliore o anche solo una gita in Egitto. Ma chi sono le persone che guardano fuori da queste finestre e cosa vedono attraverso i loro occhi? Non lo si saprebbe diversamente se non ce lo raccontassero loro, questi giovani gazawi, con un telefonino, un registratore audio, poche parole di descrizione speakerate in arabo e postate su una piattaforma wordpress che prende nome dal progetto: A window on Gaza. A project on training journalism. Il team è composto da universitari d’età compresa tra i 18 e i 25 anni, tutti gazawi, e il progetto nasce da una collaborazione tra Ats pro Terra Sancta, Almed-Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo dell’Università Cattolica e l’Al-Azhar University di Gaza. A window on Gaza è stato inaugurato
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I CHIAMANO
a fine novembre 2013 con un workshop intensivo guidato da due professionisti italiani provenienti dal master in Giornalismo della Cattolica e proseguirà nei prossimi mesi. Lorenzo Bagnoli – giornalista di Terre di Mezzo e QCode Magazine, già impegnato in progetti simili nelle aree subsahariane del Senegal e della Guinea Conakry per l’associazione Assaman – e Laura Silvia Battaglia – tutor senior del master e giornalista freelance specializzata nel reporting da aree di conflitto nel Medio e Vicino Oriente per testate internazionali – hanno fornito agli studenti gazawi gli strumenti per dare voce alle loro esperienze quotidiane. Nei mesi a venire lavoreranno sulla produzione di report giornalistici, sul moviemaking e il webdocumentary. Nuove competenze verranno stimolate nell’uso di smartphone e social network per la creazione e diffusione di
prodotti giornalistici professionali. È già stata creata, ed è visibile online, una piattaforma Wordpress e una pagina Facebook per la condivisione in rete dei contenuti realizzati. L’obiettivo, come spiega Silvia Reitano, coordinatrice del progetto con anni di esperienza a Gaza e nei Territori Occupati, è «raccontare le storie che si possono scorgere dalle finestre di Gaza, attraverso suoni e immagini, per rafforzare la voce di coloro che vivono a Gaza tra mille difficoltà quotidiane». Ma non solo. «Gaza ha molte bellezze da offrire – dice Alaa, uno degli studenti partecipanti –, ma nessuno le ha mai viste al di fuori da qui, perché di Gaza ci si occupa solo quando viene bombardata da Israele». Da qui l’idea di far vedere di Gaza City anche ciò che è bello: il mare, alcuni locali notturni, un parco giochi, la nuova moschea monumentale.
Il diritto all’oblio nel web REARE UN GIUSTO equilibrio tra il diritto all’oblio, che deve essere garantito a chiunque, e quello di fare informazione. Soprattutto nell’era del web in cui è difficile dimenticare e farsi dimenticare, come recita il titolo del convegno che il master in Giornalismo dell’Alta Scuola in Media, comunicazione, spettacolo della Cattolica ha organizzato lo scorso dicembre nella sede di largo Gemelli. «Comunicare significa preservare il ricordo», ha detto Marco Lombardi (nella foto), direttore del master, ma garantire il diritto all’oblio è sempre più difficile nell’epoca di Internet. Secondo il sociologo, laddove mancano ancora strumenti in grado di risolvere il problema, si rende necessaria «un’assunzione di responsabilità personale ed etica, che deve accompagnare il
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lavoro del giornalista». Per Augusta Iannini, vicepresidente dell’Autorità Garante per la Protezione dei dati personali, il diritto a farsi dimenticare è innegabile, perché «legato al trascorrere del tempo e alla perdita di interesse pubblico verso una data notizia». E a questo deve essere sempre unito il «dovere di rettifica da parte dei giornalisti e la correttezza dell’informazione». Tuttavia nell’era del web, è sempre più difficile garantire il diritto alla privacy delle persone al centro di fatti di cronaca. Sebbene si lavori sulla «deindicizzazione delle notizie dai motori di ricerca sorgenti, presenti nei siti delle testate pubblicanti, è molto difficile compiere la stessa operazione con i motori di ricerca generalisti». Di conseguenza, seppure il diritto all’oblio sia inviolabile, con l’avvento di internet, di fat-
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to esso viene negato. Marcello Masi, direttore del Tg2, parte dalla richiesta ai giornalisti di interrogarsi sulla correttezza etica e deontologica del proprio lavoro. Ma allarga la questione a tutti i nuovi attori che, tramite gli strumenti del web, esprimono liberamente il proprio pensiero. Mediante i social network e i blog, canali non ufficiali di informazione, tutti diventano potenziali comunicatori. La libertà di espressione però non dovrebbe mai sfociare nella pubblicazione di notizie diffamanti. Ma con il web, si è creata una rete di notizie di enormi dimensioni, al di fuori dei canali ufficiali di informazione, che, oltre a non essere regolamentata da norme deontologiche, garantisce l’anonimato anche a chi vuole esprimere la propria opinione in modo aggressivo e diffama-
torio. Il tema della tutela della privacy delle persone oggetto di notizia però, oltre che essere al centro di un dibattito giuridico – secondo Ruben Razzante, professore di Diritto dell’informazione e della comunicazione in Cattolica – è legato anche a una dimensione etica e deontologica della comunicazione. È pertanto necessaria «un’operazione di autocritica da parte del giornalismo italiano, in cui si possono trovare diversi esempi di spettacolarizzazione nella descrizione dei fatti di cronaca». (C.Z.)
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Telelavoro, quanti pregiudizi
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realizzano. Stiamo parlando del telelavoro, cioè della possibilità di svolgere l’attività lavorativa lontano dalle mura aziendali trasformando la propria casa in ufficio. Un’opzione prevista, sulla carta, da molti contratti aziendali. Ma che incontra, soprattutto in Italia, diversi ostacoli. Come rivela il progetto di ricerca Nuove tecnologie e benefici sociali: il telelavoro a servizio della conciliazione, presentato lo scorso 28 gennaio in Cattolica. Lo studio, condotto dal Centro studi e ricerche di Psicologia della comunicazione e condotto dal professor Carlo Galimberti, insieme a Eleonora Brivio e Francesca Cilento, mostra che il telelavoro è percepito come una buona soluzione per i problemi di conciliazione e presenta numerosi vantaggi per il lavoratore, la società e le aziende. Ma è anche oggetto di sospetti e pregiudizi, radicati in un ambiente in cui le organizzazioni devono ancora apprendere come dare fiducia ai propri lavoratori e a valutarli per performance. La ricerca si muove da una premessa: la conciliazione tra famiglia e lavoro è da anni al centro di un dibattito europeo, a causa delle alte percentuali di abbandono del mercato da parte delle donne dopo la nascita del
primo figlio. Un dato che lo studio ha considerato nella costruzione del campione: 140 questionari compilati per l’80% da donne, 50% con figli, da 56% di dipendenti e 27% di liberi professionisti, da 63% di laureati e da 70% di persone che abitano a Milano e provincia. Le percezioni sono state indagate da tre punti di vista: quello del lavoratore, del datore di lavoro e della società. I risultati mostrano che il telelavoro viene visto come uno strumento che permette una migliore gestione del tempo e delle attività lavorative ed extralavorative ma che potenzialmente limita la crescita professionale. Ha poche possibilità di essere controllato dall’azienda, ma potrebbe por-
tare vantaggi in termini di costi per l’organizzazione. Infine, il telelavoro potrebbe offrire vantaggi per l’attuazione di politiche sociali, ma sfida organi istituzionali impreparati a gestire queste tematiche. Dieci interviste in profondità a lavoratori, alcuni dei quali con esperienza di telelavoro da uno a 10 anni, confermano i risultati. In conclusione, ci si chiede: come aiutare lavoratore e aziende nel passaggio al telelavoro, valorizzandolo? Quali tecnologie potrebbero renderlo sempre più praticabile? Domande che chiedono di cambiare la cultura lavorativa per fare chiarezza sul concetto di controllo del lavoratore e del suo rendimento.
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ANTI NE PARLANO, POCHI LO
INDAGINE
Transcrime, i furti in appartamento raddoppiati in dieci anni EL 2012 SI SONO VERIFICATI circa 238.000 episodi denunciati dalle Forze dell’Ordine all’Autorità Giudiziaria con un aumento del 114% rispetto al 2004 e del 40% rispetto al 2010. Sono i risultati di uno studio del centro Transcrime dell’Università Cattolica di Milano e dell’Università degli Studi di Trento. Secondo la ricerca, l’Umbria è la regione dove l’aumento rispetto al 2004 è stato più rilevante (166%), seguita da Lombardia (156%), Toscana (141%) e Friuli Venezia Giulia (140%). Tutte le regioni hanno registrato un incremento
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nei valori assoluti di questo reato. Le province dove maggiore è stato l’incremento sono Rovigo (237%), Forlì (232%), Mantova (228%), Terni (224%), Reggio Calabria (203%) e Milano (203%). I furti sono maggiormente concentrati nel Nord del paese (54,6%) e le regioni del Centro sono quelle ad aver registrato l’incremento più rilevante (125%) nel periodo considerato. La Lombardia è la regione dove si registra il maggior numero di furti (22% del totale) seguita da Emilia Romagna (10%) e Piemonte (10%). «L’andamento registrato negli ultimi anni è sorprendente – spie-
ga Marco Dugato, ricercatore di Transcrime – anche perché non in linea con l’andamento di altre fattispecie criminali. Ad esempio, nello stesso periodo il totale dei furti totali è rimasto sostanzialmente invariato con una variazione solo del 4%. Inoltre, questo tipo di reato presuppone un livello di pianificazione, competenza e organizzazione molto alto da parte dei criminali. I ladri scelgono con cura i propri bersagli, le modalità di azione e il momento in cui colpire. In altre parole si tratta di gruppi o singoli altamente specializzati, questo porta anche a escludere la crisi economica come
Quando il parto destabilizza
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onitorare la fase prima e dopo il parto per accompagnare uno dei momenti più delicati della vita di una coppia. La novità del progetto Slalom – presentato lo scorso gennaio in Cattolica – sta nell’azione di prevenzione delle situazioni a rischio nel rapporto precoce madre-bambino. «La letteratura – spiega Paola Di Blasio, docente di Psicologia dello sviluppo in Cattolica e coordinatrice dell’iniziativa – rivela come il periodo pre-parto sia una fase critica nella quale possono emergere problemi nuovi oppure possono essere enfatizzati disagi pregressi nelle famiglie che, per esempio, hanno avuto casi di tossicodipendenza o malattia mentale». I traumi patiti dai genitori ricadono sulla salute del nucleo familiare e rischiano di comprometterne definitivamente la stabilità. Ecco perché è fondamentale intervenire nelle fasi più delicate della vita di una coppia e prevenire problematiche complesse laddove sono ancora reversibili. Al progetto, condotto nel biennio 2011-2013 e finanziato dalla fondazione Cariplo, hanno partecipato la clinica Mangiagalli, il Centro per la cura del bambino maltrattato e la cura della crisi familiare, il Sert e i servizi sociali. «L’Università ha avuto un ruolo di monitoraggio e valutazione qualitativa degli interventi sulle famiglie – afferma Di Blasio –. Ne abbiamo seguite trenta e tutte quelle che hanno portato a termine il percorso ne hanno tratto beneficio».
uno dei fattori collegabili a questo incremento». Analizzando il caso di Milano, il 35,9% dei reati si concentra in soli due giorni della settimana, venerdì e sabato. I furti in appartamento avvengono maggiormente di giorno tra le ore 9 e le 21 (68,9% dei furti totali). La percentuale più alta coincide con la fascia 18-21 con il 20,5% del totale. Le zone di Milano più a rischio sono i quartieri dell’area est e nella zona centro-ovest.
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Eleth, scouting d’affari per l’Italia NAKAZZI, neolaureata in Economia all’Università Cattolica di Milano farà parte dell’unità di scouting d’affari del Business Club Italia, presso l’Ambasciata italiana di Kampala. Ha firmato il contratto all’inizio di ottobre e ora, dopo aver concluso gli studi a dicembre, tornerà a casa per continuare il suo lavoro, facendo da ponte tra gli investitori italiani e l’Africa Orientale. Questa opportunità, fondamentale per la carriera professionale della giovane laureata, è frutto di un progetto congiunto promosso dalla Fondazione Spe Salvi della Cattolica e dall’Alta Scuola Impresa e società. Le due realtà, entrambe operanti a vario titolo in Africa, già da qualche tempo hanno avviato un proficuo rapporto di
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Occupazione: quali modelli per l’Italia? UALI SONO le politiche dell’occupazione attive in Gran Bretagna, Germania e Svezia? E ancora: come funzionano i servizi per l’impiego e quali gli ammortizzatori sociali offerti ai lavoratori in difficoltà? A fornire un’analisi accurata dei modelli applicati nei tre paesi europei è il libro: Servizi per l’impiego e politiche dell’occupazione in Europa. Idee e modelli per l’Italia (Maggioli, 2013) di Alessandra Sartori, assegnista di ricerca in Diritto del lavoro alla facoltà di Economia dell’Università Cattolica e autrice di numerosi saggi in materia di mercato del lavoro e politiche. I temi del volume sono stati al centro di un dibattito organizzato il 6 febbraio a Roma dall’Istituto per lo sviluppo della formazione professiona-
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collaborazione cui è stato dato il nome di African Portfolio. L’iniziativa intende coinvolgere gli studenti africani che sempre più numerosi frequentano i corsi della Cattolica, sollecitandoli a un confronto di idee e attività con la prospettiva di farli diventare un punto di collegamento, secondo modalità diverse, tra istituzioni e imprese italiane e istituzioni e imprese nel loro Paese. Eleth ha 26 anni e viene da Kampala, dove ha studiato Economia e Statistica. Ha lavorato un anno e mezzo alla Stanbic Bank, uno dei principali istituti di credito del suo Paese, prima di decidere di proseguire gli studi all’estero. Ha fatto quindi richiesta per un’Africa Scholarship, un programma dell’Università Cattolica dedicato agli studenti africani e che offre borse di studio per corsi di laurea magistrale in lingua inglese. Il team di scouting di cui farà parte dovrà favorire i rapporti tra imprenditori italiani e istituzioni dell’Africa Orientale. Lo scopo è avviare un nuova Camera di Commercio italiana dell’Africa Orientale, che coinvolga Burundi, Kenya, Ruanda, Uganda e Tanzania. Eleth è fiduciosa: «Se la Camera di Commercio opererà efficacemente, sarò orgogliosa di aver fatto parte del processo di sviluppo del mio Paese».
le dei lavoratori (Isfol). All’incontro hanno partecipato professori, ricercatori e politici. Tra questi, il presidente dell’Isfol Pier Antonio Varesi, il sottosegretario al Lavoro Carlo Dell’Aringa, i professori Giampiero Proia e Franco Liso, Claudine Romani, del Cereq, e l’assessore al lavoro della Regione Toscana Gianfranco Simoncini.
Zanola cavaliere della cultura francese
nazionale di Terminologia la professoressa Zanola ha sviluppato intensi rapporti di studio con il Ministère de la Culture et de la Communication francese. Proprio l’attività svolta all’interno di REALITER e una serie di importanti pubblicazioni che hanno promosso studi internazionali di storia della lingua e della cultura francese, motivano il conferimento della prestigiosa onorificenza, avvenuto a Parigi, lo scorso ottobre, presso la sede dell’Institut National du Patrimoine.
REALITER,
OPEN DATA
Trentenni in fuga da Milano
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ROCCISANO, dottoranda in Politica economica della Cattolica, ha vinto il contest sulla valorizzazione dei “dati aperti” del comune ambrosiano riservato alla categoria Politiche sociali. Utilizzare gli open data per fare luce sulla condizione di deprivazione dei giovani milanesi è l’intento alla base del progetto realizzato nell’ambito del contest Statistica, Open Data e Società, promosso dal Comune di Milano e dal dipartimento di Scienze statistiche dell’Ateneo. «Con il mio lavoro intitolato Povertà urbana e deprivazione: un focus sulla condizione dei giovani a Milano» – spiega la ricercatrice – «ho indagato la deprivazione che riguarda i giovani di Milano, intesa come povertà economica, ma anche come carenza di strutture pubbliche a loro dedicate. Ho iniziato esaminando i dati demografici della popolazione degli ultimi dieci anni e ho rilevato come in questo arco di tempo la categoria dei trentenni abbia progressivamente abbandonato Milano trasferendosi altrove. Ho incrociato i dati demografici con quelli relativi alle strutture e ai servizi offerti dal Comune: scuole, centri sportivi, strutture di diffusione culturale, oratori, consultori con appositi uffici dedicati ai minori, e più in generale tutte le associazioni e i centri di aggregazione giovanile censiti negli open data». Ne risulta che nelle zone caratterizzate dalla carenza di strutture di questo tipo si registra un maggior numero di giovani che negli ultimi dieci anni hanno lasciato Milano. Ciò mostra che, in generale, luoghi e servizi pensati per i giovani a Milano ci sono, ma c’è una forte disparità nella loro distribuzione sul territorio cittadino. A conclusione del lavoro la proposta di EDERICA
ARIA TERESA ZANOLA, docente
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di Lingua e traduzione francese alla facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere, ha ricevuto l’onorificenza di Chevalier dans l’Ordre des Arts et des Lettres del Ministère de la Culture et de la Communication français. A seguito della nomina a Segretaria Generale della Rete inter-
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uno strumento innovativo: il “bilancio generazionale” per contabilizzare le spese dei Comuni dedicate ai giovani e mettere in evidenza i settori più bisognosi di intervento. (d.c.)
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Agevolazioni per gli “Amici” EI AMICO dell’Univer-
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sità Cattolica? Presso la libreria Vita e Pensiero hai diritto a sconti sui volumi e sulle riviste. Da quest’anno per gli Amici Sostenitori è possibile richiedere l’abbonamento on line alla rivista “Vita e Pensiero”, scrivendo una mail all’indirizzo: associazione.amici@istitutotoniolo.it. Sempre per gli Amici dell’Università Cattolica, esibendo la tessera di appartenenza all’Associazione Amici alla biglietteria, è riservato un ingresso scontato al nuovo Grande Museo del Duomo di Milano (4,00 euro anziché 6,00). I Soci dell’Associazione Amici possono infine accedere, a condizioni agevolate, anche ad alcune strutture di ristorazione
nelle sedi dell’Università Cattolica e al Ristorante.9 di Milano, oltre che alle foresterie EDUCatt di Milano e Piacenza: l’elenco è all’indirizzo www.educatt. it/convenzioni. Tutte le convenzioni riservate agli Amici dell’Università Cattolica sono consultabili sul sito www. istitutotoniolo.it.
Obiettivo lavoro, nuovi accordi per la Necchi
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NUOVO
ANNO
ALUMNI CATTOLICA – Associazione Necchi ha stretto un interessante accordo con due importanti agenzie impegnate nello sviluppo delle opportunità di lavoro. Si tratta di Commitment, specializzata in Executive Coaching ed HR Consulting, e Norman
RICONOSCIMENTO
Broadbent, agenzia con 25 anni di esperienza nella consulenza e nell’Executive Search. L’offerta di Norman Broadbent è rivolta esclusivamente alle aziende, mentre quella di Commitment comprende una parte di offerta rivolta agli individui che vogliono investire su se stessi per migliorare il proprio percorso professionale. Gli associati alla ALUMNI, sia come utenti personali sia come rappresentanti aziendali, godono di uno sconto del 15% nelle tariffe praticate dalle due agenzie. (info: ass.necchi@ unicatt.it).
Il premio Brignola alla tesi sul diritto dell’Ambiente ON ERANO DI CERTO AMBIENTALISTI,
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ma non per questo gli antichi romani peccavano di scarsa attenzione per l’ambiente. E, senza aver dato vita a un “diritto ambientale”, avevano già posto le basi per riordinare le categorie giuridiche ancor oggi poco sistematizzate in materia. È quanto sostiene la tesi Il diritto dell’ambiente nella sua evoluzione storica di Eva Di Palma (a destra nella foto) vincitrice del premio
Francesco Alfonso Brignola. Lo scorso 29 gennaio all’Università di Salerno e presso il Palazzo della Provincia della città campana, all’interno di una giornata di studio sul tema La città ideale, si è svolta la cerimonia di assegnazione del premio Francesco Alfonso Brignola. Il riconoscimento è costituito dalla somma di 2.500 euro e dà diritto alla pubblicazione gratuita della tesi nella rivista scientifica internazionale online Teoria e Storia del Diritto Privato. L’iniziativa sostenuta da Silvana Ferraiolo Brignola e organizzata dall’Università degli studi di Salerno e dalla rivista suddetta è volta “a valorizzare l’impegno di giovani studiosi italiani che, nell’elaborazione della loro tesi di laurea, abbiano dato prova di particolare perizia e sensibilità nella segnalazione dei profili tecnico-giuridici, storici e teorici relativi allo sviluppo edilizio, alla lotta all’abusivismo, alla tutela della salubrità dei contesti urbani, alla conservazione del patrimonio culturale, alla valorizzazione di beni pubblici e di beni comuni”. Eva Di Palma ha conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza il 9 gennaio 2013 sotto la supervisione della professoressa Lauretta Maganzani (a sinistra nella foto), docente di Istituzioni di diritto romano presso la facoltà di Giurisprudenza di Milano.
A Stefano Fungardi il premio Enrico Belloni
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ON UNA TESI in Economia e concorrenza del mercato intitolata Governance Bancaria e Credito Cooperativo: problemi e prospettive Stefano Fungardi, laureatosi in Giurisprudenza lo scorso ottobre in Cattolica, ha vinto il premio di laurea Enrico Belloni bandito dalla Banca di Credito Cooperativo di Barlassina. Il riconoscimento è assegnato alla migliore tesi nazionale nell’intento di promuovere gli studi sulla cooperazione, nei suoi aspetti storici, economici, giuridici, sociologici, tecnologici e organizzativi. Il professor Angelo Caloia, docente di Economia politica, è stato il relatore della tesi vincitrice con cui Stefano Fungardi ha esplorato l’attuale quadro normativo che regola la Corporate Governance delle banche italiane e, più nello specifico, quello delle Banche di Credito Cooperativo, cercando di identificare quale siano i problemi ancora irrisolti e le prospettive future. Fungardi è risultato vincitore ex aequo dalla commissione giudicatrice e ha ricevuto il premio (5000 euro) durante una cerimonia che si è tenuta lo scorso 8 dicembre a Barlassina (MB) presso l’auditorium della sede della Banca di Credito Cooperativo. Alla consegna del premio sono intervenuti il presidente Roberto Belloni e il Vice Presidente Giuseppe Porro della Banca di Credito Cooperativo che hanno illustrato le motivazioni per le quali l’elaborato del dottor Fungardi è stato ritenuto meritevole dalla commissione giudicatrice. Alla premiazione erano presenti anche il direttore generale Giorgio Porro, e il presidente onorario Mario Beretta che ha raccontato di essere stato compagno di studi del professor Caloia oltre che storico amico, e che in sede di tesi di laurea, il professor Caloia all’epoca assistente lo accompagnò nel percorso di tesi.
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Clinical Trial Center: al Gemelli una realtà per gli studi clinici in Italia L POLICLINICO A. GEMELLI e la facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica hanno dato vita al Clinical Trial Center (CTC), per ottimizzare la conduzione e la gestione della ricerca clinica condotta al Policlinico e in centri sperimentali collegati, fornire agli sperimentatori una formazione specifica sulle Good Clinical Practice (GCP) nello studio di nuovi farmaci e dispositivi, e offrire servizi
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di Contract Research Organization (CRO) accademica alle aziende farmaceutiche, biotecnologiche, nutraceutiche e di biosimilari. Gli obiettivi del Clinical Trial Center «sono ottimizzare la gestione della ricerca clinica svolta presso il Policlinico, fornire formazione specifica per la conduzione di trial clinici in GCP, e fungere da CRO accademica – ha detto il dottor Antonino Amato, direttore del CTC –. In tal modo
saremo in grado di attrarre fondi di ricerca non solo da parte delle aziende del settore farmaceutico, ma anche da parte di enti e fondazioni pubbliche e private». A tal fine l’operatività del CTC sarà suddivisa in tre aree: la gestione dei trial clinici condotti presso i siti sperimentali all’interno del Policlinico Gemelli, attività per la quale il CTC fungerà da Site Management Organization (SMO); il training specifico in GCP; e infine i servizi di CRO accademica. Il nuovo centro, dunque, concretizza operativamente uno dei punti fondamentali del piano strategico del Gemelli, che come ha dichiarato il direttore del Policlinico Maurizio Guizzardi «è un ulteriore tassello del mosaico con cui si sta costruendo il nuovo Policlinico che si sta attrezzando per raccoLEGA PRO E CRIBENS gliere le sfide del sistema salute in profondo mutaInsieme per scoprire i nuovi mento». Guiztalenti del calcio zardi ha inolON L’AIUTO DI GENI E MARCATORI tre sottolineato molecolari si potranno selezionare come la costituatleti, personalizzare allenamenti e regimi zione del Clinical alimentari, massimizzare le performance di calciatori e atleti. È su questi presupposti che è stata siglata una convenzione tra Università Cattolica - Centro di ricerca in Biochimica e Nutrizione dello Sport (CriBeNS-UCSC) e Lega Italiana Calcio Professionistico (Lega Pro) in occasione del convegno La nuova frontiera della scienza applicata al calcio, tenutosi a Frosinone lo reciproco per quanto riguarda istruzione e scorso gennaio. Nell’ambito dell’accordo ricerca; le visite di personale docente ai fini ricercatori della Cattolica studieranno giodi arricchimento reciproco per quanto rivani atleti da un punto di vista genomico e guarda istruzione e ricerca con la selezione molecolare per massimizzare il loro talento di argomenti da approfondire, organizzane individuare il ruolo di gioco per cui sono do lezioni e seminari ad hoc in collaborapiù tagliati. La convenzione è stata sottozione». scritta dal Presidente della Lega Pro, MaGli obiettivi a lungo termine dell’accorrio Macalli, e dal Direttore del CriBeNS do sono la promozione e lo sviluppo di aree Bruno Giardina, alla presenza del Presidente della FIGC, Giancarlo Abete e del di ricerca e di formazione dello studente Presidente della FMSI, Maurizio Casasco. in medicina. «Una sinergia tra le due riNel team CriBeNS sono impegnati Ettore nomate istituzioni – aggiunge il professor Capoluongo responsabile dell’Unità OpeGianfranco Ferraccioli, docente di Reurativa di Diagnostica Molecolare Clinica e matologia in Cattolica e referente scientifiPersonalizzata e Maria Cristina Mele del co per la facoltà di Medicina e chirurgia per Comitato Scientifico del CriBeNS, che la collaborazione con Weill Cornell – creerà monitoreranno gli atleti durante e dopo un ambiente accademico forte e transnagli allenamenti e realzzeranno schemi di zionale, che sarà in grado di rappresentare recupero basati su un corretto apporto e un punto di riferimento nel mondo della ricomportamento nutrizionale. cerca, diffondendo conoscenze e attraendo finanziamenti da donatori e benefattori».
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Cattolica e Cornell, alleanza per la ricerca e la formazione medica UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO Cuore – Policlinico universitario A. Gemelli e la Cornell University di Ithaca – una delle più prestigiose università americane appartenente all’esclusivo “club” della Ivy League, hanno siglato un Memorandum di intesa per conto del Weill Cornell Medical College di New York, che contiene obiettivi in relazione alla collaborazione nel campo della ricerca e della formazione medica, e a un programma di scambio per studenti e personale docente in campo medico. «I principali obiettivi dell’accordo – spiega il direttore amministrativo dell’Università Cattolica Marco Elefanti – sono la promozione e lo sviluppo della collaborazione tra i due atenei attraverso la valutazione delle aree di interesse per la cooperazione in attività di ricerca e di insegnamento; le visite di studenti ai fini dell’apprendimento
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Trial Center, nell’ambito di un Policlinico universitario con un elevato volume di attività, rappresenta un’esperienza certamente innovativa e avrà un positivo impatto sull’ampliamento delle collaborazioni tra settore delle imprese farmaceutiche, del biotech e dei device medicali, anche internazionali, con il settore ospedaliero. «Il nostro è uno dei più prestigiosi centri al mondo per la ricerca medica – ha aggiunto il preside della facoltà di Medicina Rocco Bellantone –. Gli oltre 800 nostri ricercatori sono ai vertici mondiali degli indici bibliometrici, per le pubblicazioni scientifiche di impatto internazionale. Siamo i leader anche nell’impiego di fondi ministeriali ed europei destinati alla ricerca. Grazie al CTC non potremo che incrementare questi risultati».
roma
Gemelli insieme, 400 visite al MAXXI
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ONO STATI OLTRE 400 I controlli nel week
end di prevenzione delle malattie degli organi di senso – udito, vista, gola, disturbi neurologici del movimento – effettuati al MAXXI di Roma dai medici del Polo Oncologico e del Polo Neuroscienze del Policlinico Gemelli. Obiettivo pienamente centrato quello della terza tappa di prevenzione dell’evento Gemelli insieme con cui il Policlinico della Cattolica celebra i 50 anni di vita. Sono stati individuati diversi problemi di salute, in particolare in ambito neurologico (esami coordinati da Paolo Maria Rossini e Luca Padua) quali sindromi del tunnel carpale, del nervo ulnare; inoltre son state fatte alcune pre-diagnosi di Parkinson e individuate pericolose stenosi carotidee con rischio ictus. Dai controlli Oculistici coor-
Polo donna, un’eccellenza per le cure femminili
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dinati dal professor Aldo Caporossi sono emersi casi di opacità del cristallino in evoluzione, cataratta e distrofie maculari. Per quanto riguarda i controlli Otorinolaringoiatrici coordinati dal professor Gaetano Paludetti si sono riscontrati casi di ipoacusia e cisti laringee. Infine, i logopedisti e foniatri del Gemelli, hanno riscontrato alcuni casi di
disfonia e alterazioni della voce. Si è svolto inoltre un talk show intitolato Dialogo sui cinque sensi, con la partecipazione tra i relatori di Renzo Arbore, Heinz Beck, il naso d’Italia Laura Tonatto, l’artista fotografa Teresa Emanuele e il blues man Luca Sapio. Ad accompagnare la manifestazione le dirette di Rai Radio 2media partner della tappa.
Tiroide, il robot che non lascia cicatrici L ROBOT CHIRURGO D A V INCI, “telecomandato” dall’équipe dell’Unità Operativa di Chirurgia Endocrina e Metabolica del Policlinico Gemelli, diretta dal professor Rocco Bellantone, ha eseguito un intervento senza precedenti nel Lazio e nel Sud Italia: ha operato la tiroide di una giovane paziente senza lasciare alcun segno sul suo collo. Il robot ha raggiunto la ghiandola malata attraverso l’ascella. L’intervento si chiama Tiroidectomia robotica trans-ascellare ed è stato effettuato lo scorso gennaio su una donna di 37 anni affetta da gozzo nodulare dimessa in ottime condizioni il giorno dopo l’operazione.
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RICONOSCIMENTO
La tecnica della Tiroidectomia robotica trans-ascellare consente di evitare ogni cicatrice sul collo rispetto alle tecniche convenzionale e mini-invasiva, che vengono eseguite con un accesso chirurgico cervicale. Col nuovo intervento la tiroide viene raggiunta dall’ascella e attraverso la singola incisione ascellare vengono introdotte la telecamera e gli strumenti robotici, che sono manovrati dal chirurgo seduto alla consolle. Il sistema computerizzato consente una visione tridimensionale e ingrandita e un assoluto controllo dei movimenti degli strumenti robotici. Queste caratteristiche tecniche facilitano e rendono molto accurata la dissezione chirurgica, garantendo l’assoluta sicurezza dell’intervento. «La tiroidectomia robotica – ha detto Bellantone – è indicata per il trattamento della patologia tiroidea nodulare benigna. È in corso di validazione il suo impiego per il trattamento della patologia maligna in pazienti a basso rischio». La Tiroidectomia robotica trans-ascellare rappresenta un ulteriore passo in avanti nel miglioramento dei risultati estetici dell’intervento alla ghiandola a forma di farfalla.
L GEMELLI OSPEDALE A MISURA DI donna. Nella cornice prestigiosa di Palazzo Chigi lo scorso 3 dicembre al Polo Donna del Policlinico sono stati assegnati i 3 Bollini Rosa da parte dell’Osservatorio nazionale sulla Salute della Donna (O.N.Da.), che contraddistinguono le strutture ospedaliere impegnate con successo contro le malattie femminili, a tutti i livelli della cura: prevenzione, diagnosi, terapia, follow-up e accompagnamento generale delle donne ricoverate nel proprio vissuto terapeutico e psicologico. «È con grande soddisfazione che abbiamo accolto la notizia dell’importante riconoscimento di O.N.Da. – ha dichiarato Maurizio Guizzardi, direttore del Policlinico Gemelli – al Polo Donna, una delle cinque macroaree assistenziali del nuovo modello che stiamo attuando all’interno dell’ospedale, come previsto dal Piano Strategico aziendale per assicurare risposte più efficaci agli assistiti e rendere più efficienti i processi di cura. Finalità del Polo Donna è di sviluppare percorsi clinico-assistenziali per personalizzare le terapie e accompagnare le donne durante la degenza ospedaliera». «I 3 Bollini rosa confermano – ha aggiunto Giovanni Scambia, direttore del Dipartimento per la Tutela della salute della donna, della vita nascente, del bambino e dell’adolescente del Gemelli – e sono un pubblico riconoscimento al nostro personale medico e sanitario dell’impegno rinnovato ogni giorno verso una cura globale, centrata sui bisogni di ogni donna che si rivolge ai nostri reparti e servizi, per trovare risposte sempre più idonee e terapie personalizzate ed efficaci». Il Policlinico Gemelli, che ha ottenuto i 3 Bollini Rosa per la seconda volta dall’istituzione del significativo riconoscimento, è da anni un ospedale considerato a livello nazionale e internazionale come struttura fortemente impegnata nel campo della cosiddetta medicina di genere.
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Il grafene 2.0, la plastica del futuro I PARLA GIÀ DI GRAFENE di seconda generazione nei laboratori di Spettroscopia della facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali, soprattutto dopo quanto è emerso nel corso del workshop internazionale From carbon nanotubes to graphene: the keymaterials of the future? tenutosi nella sede di via Musei. «Il mondo dell’elettronica, del fotovoltaico e della sensoristica confidano molto nelle proprietà del grafene, ma è necessario superare alcune criticità di questo materiale, che hanno impedito fino ad ora la realizzazione di concrete applicazioni industriali» spiega Stefania Pagliara, docente della facoltà di Fisica della Cattolica, con il ricercatore Luca Gavioli organizzatrice del simposio internazionale che ha portato a Brescia esponenti dei più promettenti gruppi di ricerca impegnati nello studio di questo materiale. Solo tre anni fa lo studio delle straordinarie proprietà del grafene è valso a Konstantin Novoselov e Andre Geim il premio Nobel per la fisica e oggi già ci si muove verso una sua seconda generazione, che promette importanti novità per lo sviluppo di future tecnologie industriali. Tra le tante meravigliose caratteristiche del grafene ne manca una indispensabile per mettere in soffitta il silicio e realizzare, ad esempio, touchscreen sottilissimi da arrotolare e mettere in tasca. «Il grafene deve fare i conti con la mancanza della cosiddetta band gap o gap energetico» spiega Pagliara. Sostanzialmente il silicio si può accendere e spegnere come un interruttore, mentre il grafene non è in grado di passare dallo stato di isolante a quello di conduttore e ciò non ne fa un buon candidato per la realizzazione dei chip del futuro. «In termini pratici significa che transistor a base di grafene non possono essere inseriti, come quelli in silicio, in un circuito integrato, perché il grafene fa passare troppa corrente – continua – e provoca la fusione, in pochi secondi, degli altri componenti del circuito». Ma nel grafene di seconda generazione, si può superare questo ostacolo, grazie alla realizzazione di una struttura in cui a strati di grafene si frappongono, come in un sandwich, quelli di altri materiali (sali metallici). Grazie al grafene 2.0 potrebbero anche diventare realtà nuove batterie elastiche, che si caricano molto rapidamente. «I supercapacitori a base di grafene sono già oggi in grado di immagazzinare la stessa quantità di energia delle normali batterie, ma sono più
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flessibili e robusti e soprattutto capaci di caricarsi anche 1000 volte più rapidamente di quelli tradizionali – spiega la docente –. Unico neo: la densità di energia, ossia una scarsa autonomia e la necessità di essere ricaricate frequentemente». Ma utilizzando il grafene 2.0 è possibile raggiungere un valore massimo di densità di energia paragonabile a quello delle batterie commerciali. Un altro filone riguarda lo studio di un particolare comportamento del grafene: la generazione di elettroni bollenti». Il nuovo materiale potrebbe essere sfruttato per realizzare nuove generazioni di fotorivelatori ad alta efficienza e celle solari di nuova concezione. «Quando il grafene è colpito da un fascio di luce – continua – si generano dei cosiddetti elettroni bollenti. Elettroni, cioè, che si riscaldano e mantengono questa differenza di temperatura con il resto del materiale che rimane freddo. In particolare studiamo la reazione del grafene a impulsi di luce generati da laser ultraveloci». Nei laboratori di i-LAMP, utilizzando spettroscopie ultraveloci, sono stati inoltre individuati degli stati sentinella del grafene che aderiscono a sottilissime lamine di metalli. A seconda del metallo sul quale il grafene si accresce, le proprietà del materiale cambiano. I ricercatori della facoltà hanno individuato degli stati superficiali, detti appunto sentinella, che cambiano proprietà e aspetto e, studiandoli, possono prevedere le proprietà del materiale. Le prospettive applicative di questo super materiale sono davvero notevoli e, ne sono convinti in molti, diventerà il materiale del futuro.
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Studi e ricerche sul nuovo materiale
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OTTILISSIMO E FLESSIBILE, capace di condurre elettricità e calore meglio del rame, trasparente come il vetro, più resistente dell’acciaio e totalmente impermeabile. Il grafene ha proprietà così promettenti da lasciar intravvedere nuove tecnologie fino a ieri inimmaginabili. Prospettive tutte racchiuse, si può dire, nella punta di una matita. Il grafene infatti, come la grafite, è costituito interamente da atomi di carbonio, organizzati in un singolo strato a formare una sottilissima struttura a nido d’ape. Le sue proprietà sono così promettenti che la Commissione Europea ha deciso di investire, nel prossimi 10 anni, un miliardo di euro su progetti di ricerca che coinvolgono istituzioni del Vecchio Continente e che vedono il grafene, le sue proprietà e le possibili applicazioni tecnologiche come protagoniste. Il centro di ricerca i-LAMP si dedica da anni allo studio del grafene. «Al momento i filoni dominanti delle nostre attività di ricerca sono due – spiega Stefania Pagliara, docente in Cattolica e componente di i-LAMP –. Il primo filone riguarda il grafene di seconda generazione. La prima idea è di utilizzare il grafene modificato con azoto come catalizzatore di reazioni chimiche, per sostituire i costosi elementi metallici attivi (platino) attualmente usati, aspetto di importanza critica in campo ambientale. La seconda riguarda invece il campo della spintronica, l’elettronica potenziata dalla componente magnetica dell’elettrone, lo spin. L’uso combinato di grafene e materiale magnetico permetterebbe infatti di realizzare valvole magnetiche simili a quelle utilizzate nelle testine degli hard disk oggi in commercio ma che renderebbero i nostri computer centinaia di volte più veloci».
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La discriminazione su carta patinata
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B RESCIA della Cattolica ha celebrato la Giornata della memoria con la mostra Altri razzismi. La discriminazione su car-
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ta patinata (1938-1943). L’esposizione, organizzata dall’Archivio storico della resistenza e dell’età contemporanea e dalla Biblioteca Marcolini, getta uno sguardo sulle diverse forme di discriminazione a cui, dopo l’emanazione delle leggi razziali, furono sottoposti, accanto agli ebrei, anche neri e asiatici, così come appaiono in due riviste dell’epoca: L’Illustrazione italiana e La difesa della razza. La prima si rivolge a un pubblico più selezionato, attento ai fatti culturali, dal teatro al cinema, alla moda; la seconda a lettori più radicali, diventando l’espressione più estrema del razzismo italiano. Gli articoli, le immagini e le fotografie forniscono il quadro di una società in cui si vanno imponendo, con la forza delle immagini e delle parole, gli stereotipi del razzismo, che convivono contraddittoriamente accanto a una viscerale paura e al disprezzo per l’altro, proprio in quanto diverso. La mostra è stata esposta dal 27 al 31 gennaio presso lo Spazio Montini e le sale della biblioteca. Anche il programma televisivo Cattolica&dintorni ha dedicato spazio alla Giornata con un’intervista a Paolo Fossati, esperto di Storia del Cinema e collaboratore Stars, che ha indicato un percorso cinematografico per approfondire le tematiche relative alla Shoah.
Il mito sempre attuale di Prometeo
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UNO DEI MITI ANTICHI PIÙ PRODUTTIVI
e versatili ancora oggi. A Prometeo è stato dedicato il 3 e 4 dicembre scorso un convegno, coordinato dalla professoressa Maria Pia Pattoni, docente di Letteratura greca. Prometeo, titano che per amore dell’uomo ruba il fuoco agli dèi, viene per questo punito da Zeus con la condanna a essere legato a una roccia e ad avere il ventre divorato da un’aquila per l’eternità, fino a quando Eracle non riuscirà a liberarlo dal supplizio. Nel corso del convegno intitolato Prometeo contemporaneo: gli ultimi fuochi, il professor Corrado Cuccoro (nella foto) ha parlato di Prometeo come “patrono degli oppressi”, sottolineando come si possano riconoscere tre diversi filoni di questa interpretazione: i socialisti shelleyani, i marxisti e i critico-revisionisti in seno al marxismo. Una delle più recenti rivisitazioni del mito si trova nel film Prometheus di Tony Harrison, tut-
tora vivente, in cui l’autore fa compiere alla statua dorata del dio un viaggio che lo porterà in vari luoghi dell’Europa post-seconda guerra mondiale dove i suoi ideali sono stati distrutti. Allo stesso tempo, però, Prometeo e i significati che porta con sé non moriranno mai, incarnati prima da un vecchio fumatore incallito e poi dal nipote. L’ultimo intervento del convegno, quello del professor Cesare Marelli, ha riguardato invece Heiner Müller, figura controversa di autore teatrale vissuto all’epoca della seconda guerra mondiale e della Ddr. (P.L.)
LIBRARISK
Protezione civile in tasca
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PAESE CHE FRANA, con vittime e danni, non appena la pioggia scende insistentemente. Colpa di un clima che cambia, ma soprattutto dell’uomo che non se ne sa prendere cura. Prevenire, come sempre, sarebbe meglio. Ma anche gestire le emergenze quando si verificano. Informando correttamente le persone. Nasce con questo obiettivo LibraRisk, una libreria interattiva che permette di consultare i piani di emergenza comunali introdotti dalle Municipalità italiane. È il primo sistema in Italia che consente di realizzare una comunicazione preventiva del rischio ed è stato ideato da Ecometrics, spin off dell’Università Cattolica, in collaborazione con Dynamoscopio e Superpartes Innovation Campus. Un progetto innovativo che ha vinto il secondo premio all’Italiane Content Award 2013 nella categoria Government & participation. «LibraRisk – spiega Stefano Olivieri, amministratore delegato di Ecometrics – permette al cittadino di prepararsi nel migliore dei modi all’eventualità di un’emergenza o di una calamità specifica prevista nel territorio in cui vive. Per esempio, cosa fare in caso di terremoto, dove andare se il fiume esonda o una parete della montagna frana». Per conoscere i piani di Protezione civile predisposti dai comuni il cittadino potrà scaricare su proprio smartphone l’App gratuita LibraRisk. In questo modo riceverà direttamente dai comuni, notifiche in tempo reale in caso di allerta o emergenza e condividere in tempo reale tali notifiche con amici e familiari via email e social network. Il sistema è già stato adottato da 18 comuni della Comunità Montana della Valtrompia, un territorio in provincia di Brescia in cui sono stati sviluppati 74 scenari in aree individuate, considerando i rischi per popolazione, strutture produttive e reti tecnologiche. Sono state, inoltre, indicate le possibili vie di fuga e la viabilità d’emergenza da garantire, i luoghi strategici e le aree di ricovero. Un’enorme massa di dati grazie ai quali il cittadino si sentirà più informato e pronto ad affrontare l’emergenza. N
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WORKSHOP
La responsabilità nel comparto alimentare
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Giovani idee di impresa: in gara business plan di studenti I È SVOLTA, PER IL TERZO ANNO consecutivo, nella sede piacentina della Cattolica, la competizione tra Business Plan dei 120 studenti del corso di laurea magistrale in Gestione d’Azienda e del master in Management internazionale M-Mint, nell’ambito del corso di Imprenditorialità del professor Fabio Antoldi. I ragazzi sono stati suddivisi in tre gruppi, ognuno formato da 8 team. I gruppi sono stati poi giudicati da tre commissioni formate da persone provenienti dal mondo bancario, della ricerca, delle pubbliche amministrazioni, dell’impresa e delle professioni. Quattro i progetti vincitori dell’iniziativa Giovani idee di impresa che sono stati ammessi alla finale italiana della Global Social Venture Competition, svoltasi a Milano nel mese di febbraio, e
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Caffexpò – A tavola con gli insetti: l’entomofagia è ancora un tabù? nei giorni scorsi, presso l’Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, l’insolito caffè scientifico dal titolo A tavola con gli insetti, promosso dal centro di ricerca dell’Università Cattolica Opera in collaborazione con Piacecibosano. L’appuntamento è stato l’occasione per conoscere il mondo dell’entomofagia e chiedersi se la tradizione alimentare tipica di alcuni popoli potrà diventare una risorsa per il futuro dell’intero pianeta. Dall’America Latina all’Asia, dall’Afri-
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che potrebbero giungere a presentare il proprio progetto a Berkeley nel prossimo aprile, quando la competizione sarà portata ai massimi livelli: solo due team avranno infatti questa grande possibilità. I progetti proposti sono tutti caratterizzati da una forte valenza innovativa e dalla presenza di una componente di sostenibilità ambientale e sociale. Swog, una linea di occhialini e maschere da nuoto, antiappannaggio, prodotti con materiali di riciclo; AreoGreenCity, recupero e riqualificazione di strutture in disuso nei centri urbani da destinare al settore agricolo; I-Closed, un’applicazione per smartphone in grado di aiutare non vedenti e ipovedenti durante la spesa al supermercato e infine C-Plus, un ciuccio in gomma naturale bucherellata per somministrare ai piccoli bevande e medicine. ca all’Oceania, nel mondo esistono oltre 1.000 specie di insetti commestibili: cavallette, grilli, larve di coleottero, formiche, scarabei e falene fanno parte della dieta di quasi tre miliardi di persone. Solamente nei Paesi occidentali il consumo di insetti, considerati da sempre disgustosi e a contatto con la sporcizia, viene rifiutato a causa principalmente di barriere storico-culturali. Ospite dell’incontro Paul Ventomme, uno degli autori del rapporto della FAO Insetti commestibili. Prospettive per la sicurezza alimentare umana e animale. Negli ultimi anni, la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, sta promuovendo l’entomofagia, in quanto cibo nutriente, eco-
I È SVOLTO IL 22 GENNAIO, alla Camera di Commercio di Cremona, il workshop organizzato dalla facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dal titolo: Tutti i sapori della responsabilità. L’etichettatura dei prodotti alimentari, la pubblicità e la composizione: il coinvolgimento dell’impresa e degli operatori del settore. All’incontro è intervenuto l’avvocato Neva Monari, dello studio Avvocati per l’impresa di Torino, che ha affrontato i temi della responsabilità penale, della responsabilità civile, della responsabilità amministrativa e di tutte le forme di responsabilità nell’etichettatura. L’iniziativa rientra tra quelle promosse nell’ambito del progetto finanziato ALISeI (ALImenti Salute ed Innovazione) cofinanziato da Regione Lombardia e Unioncamere Lombardia e nato da una collaborazione tra Camera di Commercio di Cremona, Università Cattolica e Reindustria.
L’iniziativa della facoltà di Economia e Giurisprudenza ha avuto come obiettivo quello di incoraggiare i giovani a mettere in gioco il valore sociale, la propria creatività e le proprie energie nell’intento di dare forma e far crescere le nuove imprese, nella prospettiva globale di uno sviluppo economico sostenibile. Alla cerimonia di premiazione dei quattro gruppi vincenti era presente anche Mauro Balordi, direttore della sede dell’Ateneo.
nomico ed ecologico. Dal punto di vista nutrizionale gli insetti sono infatti ricchi di proteine, vitamine e poveri di grassi e la loro produzione è sostenibile dal punto di vista ambientale.
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INCONTRO
Cibo e religione, problema o business?
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L RAPPORTO TRA CIBO, RELIGIONE e diritto è stato al centro di una tre giorni di riflessione – dal 3 al 5 febbraio – che ha coinvolto studenti di quarta e quinta superiore del Liceo Gioia di Piacenza. Ciò di cui l’uomo può e non può nutrirsi è da sempre oggetto di una regolamentazione sociale e giuridica. Dal tabù della carne di maiale alla proibizione delle bevande alcoliche nell’Islam, dal divieto di mescolare il latte e i suoi derivati agli alimenti carnei nell’Ebraismo, ai periodi di digiuno prescritti dal Cristianesimo; per il fedele, attenersi a queste regole, significa porsi in rapporto con la natura nel rispetto di un ordine che lo trascende. Tramandare le regole alimentari religiose oggi deve rapportarsi con esigenze legate all’igiene e alla sicurezza degli alimenti, alla tutela e al benessere degli animali, ai limiti di budget e agli standard nutrizionali che vincolano le strutture sociali come le scuole, gli ospedali e le carceri, e infine alle dinamiche del mercato agro-alimentare, dove la domanda è condizionata sempre più dalle istanze della tracciabilità e del consumo consapevole. «Mangiare è una discriminante seria tra la vita e la morte, lo sa bene quella gran parte dell’umanità che lotta ogni giorno “per il pane quotidiano” – sottolinea Antonio Maria Chizzoniti, direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della Cattolica –. Forse proprio per il suo essere legato alle cose prime e a quelle ultime, il cibo continua a possedere un ruolo importante per gran parte delle religioni, che non mancano di ricorrere anche a metafore alimentari quando, ad esempio, parlano di nutrimento dell’anima o di cibo spirituale». Il percorso proposto dal Dipartimento di Scienze Giuridiche agli studenti del Liceo Gioia ha spinto gli studenti a riflettere sulle problematiche che l’osservanza degli obblighi alimentari religiosi pone alla convivenza all’interno delle società multiculturali e multi religiose.
Vino e cioccolato: matricole prese per la gola ccellente risultato per la lezione di degustazione, “guidata” da Milena Lambri, Matteo Balderacchi, di Onav, e da alcuni produttori locali, su due degli alimenti tra i più universalmente apprezzati: vino e cioccolato. Ideato e organizzato dai rappresentanti degli studenti della facoltà – Amos Chiappa, Giuseppe Camastra, Pietro Dogliani, Giovanni Giuntoli e Marco Piccoli – le 80 matricole presenti hanno imparato divertendosi, vivendo un originale momento di socializzazione
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universitaria. Dopo il saluto del preside della facoltà Lorenzo Morelli e dei professori Dante Marco De Faveri e Francesco Masoero, gli studenti hanno degustato un cioccolato fondente al 72%, offerto dalla Novi Spa, con tre diversi passiti: quello dell’azienda agricola La Celata, di Lusenti e dell’azienda agricola Il Negrese.
Per tre studenti piacentini l’arringa è d’oro imulare un processo davanti alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo: è la sfida che il concorso Giuseppe Sperduti
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lancia ogni anno agli studenti delle università italiane. Tre studenti della facoltà di Economia e Giurisprudenza, Aurora Licci, Marco Occhipinti ed Elsa Pisanu, hanno vinto a Roma, il 10 dicembre scorso, la finale della gara, bandita dal Comitato per i diritti umani della Società italiana per l’organizzazione internazionale (Sioi). Una competizione che porta le squadre candidate a fronteggiarsi nell’agone processuale: alcune in difesa dei ricorrenti, altri degli Stati convenuti. L’oggetto del contendere? La violazione dei diritti umani facenti capo al ricorrente da
parte dell’azione dello Stato convenuto; diritti sanciti e protetti dalla Convenzione europea dei diritti umani, del cui rispetto giudica la Corte di Strasburgo.
Premiata la ricerca sul Grana Padano a sostenibilità alimentare oggi si calcola, si rendiconta, si racconta. Sulla sostenibilità alimentare si basa un modello di produzione e di consumo etico indirizzato al benessere della società e dei singoli individui che, attraverso alimenti più sani, disporranno di un ambiente economico e sociale migliore. È in questo quadro che si colloca la ricerca realizzata dalla facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università Cattolica sul Grana Padano, che si è aggiudicata il premio 2013 promosso dalla Fondazione Consumo Sostenibile nell’evento nazionale organizzato dall’Unione Consumatori presso il teatro Argentina di Roma. Il professor Ettore Capri del centro di ricerca per lo sviluppo sostenibile OPERA e dell’Istituto di Chimica agraria e ambientale, che ha ritirato il premio, spiega le ragioni del successo di una ricerca tuttora in corso sulla produzione e il consumo sostenibile di uno dei formaggi più importanti del mondo: «Il Consorzio di Tutela Grana Padano ha avviato
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insieme all’Università Cattolica una ricerca sul campo sui caseifici tipo nelle situazioni territoriali differenziate che caratterizzano tutta l’area di produzione. Un impegno che coinvolge gli operatori a cui saranno destinati i protocolli di sostenibilità e le linea guida per le buone pratiche». PRESENZA 1, GENNAIO-FEBBRAIO 2014
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Container.9: un nuovo spazio dedicato ai libri di Maria Villano servizi librari di EDUCatt hanno ora una sede nuova che riunisce più offerte. Il Container.9, la struttura collocata nel cortile di via Necchi 9 della sede milanese dell’Ateneo (in prossimità di Mensa&Pizza.9, il self service degli studenti), è ora uno spazio dedicato interamente ai libri. Oltre al deposito e alla vendita dell’usato, a partire da gennaio 2014, presso gli sportelli del Container gli studenti possono accedere anche al servizio di vendita delle pubblicazioni, cartacee e digitali, adottate nei corsi. Questo, oltre a costituire un’importante semplificazione dell’accesso ai servizi determinato dalla riunificazione delle sedi, ha permesso di unificare ed estendere, per il momento, gli orari di apertura al pubblico – ora da lunedì al venerdì per tutto il giorno –, venendo incontro anche alle esigenze degli studenti che frequentano i corsi serali. A questi due storici servizi, garantiti dalla Fondazione da diversi anni e andati incontro a progressivi sviluppi e trasformazioni, si aggiungerà in tempi brevi – entro fine febbraio – anche la possibilità di usufruire del prestito digitale, grazie a un accordo stipulato da EDUCatt con Medialibrary attraverso la piattaforma
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per servizi online Piazza dello Studente recentemente costituita da Fondazione Andisu (la fondazione nata per iniziativa dell’Associazione nazionale degli organismi per il Diritto allo Studio). Per tutto il 2014 sarà possibile registrarsi gratuitamente al servizio – sempre presso gli sportelli di Container.9 – e ottenere così le credenziali di accesso alla mediateca della Piazza dello Studente (http:// piazzastudente.fondazioneandisu.it), dove saranno disponibili in formato digitale alcuni dei volumi adottati nei corsi, una selezione dei maggiori periodici e quotidiani italiani e un vasto catalogo di risorse mp3 da scaricare sul proprio device (musica e audiolibri). La svolta digitale, ormai necessaria per adeguarsi alle nuove esigenze e ai nuovi strumenti di studio, è iniziata per EDUCatt già dallo scorso anno, con la possibilità di acquistare un catalogo sempre più ampio dei titoli prodotti da EDUCatt attraverso i maggiori circuiti di distribuzione italiana di ebook, come ibs e bookrepublic. Per ora l’idea rimane quella di moltiplicare le possibilità di fruizione degli strumenti di studio, in tutte le forme disponibili, dal cartaceo al digitale, senza rinunciare a nulla.
Borse di studio: tutte le opportunità per gli studenti ltre ai contributi erogati da enti e istituzioni private di cui viene data notizia agli albi delle rispettive Facoltà, le borse di studio istituzionali destinate agli studenti dell’Università Cattolica sono di due tipi: quelle riconosciute in base al reddito e con fondi regionali, di cui si occupa EDUCatt, e quelle per merito, erogate dall’Università Cattolica e gestite da EDUCatt. Il bando delle borse per reddito viene pubblicato durante l’estate: vi si trovano tutte le indicazioni relative alla documentazione da presentare. Tra novembre dicembre e gennaio vengono quindi pubblicati prima gli esiti provvisori e successivamente le graduatorie definitive per gli iscritti al primo anno e poi per gli iscritti agli anni successivi. Una volta disponibili le graduatorie definitive, EDUCatt, Università Cattolica e Istituto Toniolo possono deliberare, in
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primavera, una manovra straordinaria – come è accaduto negli ultimi due anni, con un contributo aggiuntivo pari a circa 1 milione di euro – destinata a studenti che sono risultati idonei ma non beneficiari di borsa, andando così a incrementare considerevolmente le risorse regionali destinate al Diritto allo Studio e garantendo la possibilità di studiare a tutti coloro che risultano in una situazione economica difficile. Tutte le notizie relative alla pubblicazione dei bandi e delle graduatorie sono disponibili sul sito di EDUCatt, nella bacheca delle news (www.educatt.it/ news); inoltre l’area web personalizzata MyEDUCatt (http://myeducatt.unicatt. it) consente di dialogare con la fondazione e di presentare tutte le richieste di agevolazone. EDUCatt, inoltre, è raggiungibile anche su facebook (www.facebook.com/EDUCatt).
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IN BREVE
EDUCatt Roma, nuove visite specialistiche
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l centro sanitario della sede romana di EDUCatt amplia la gamma dei servizi offerti agli studenti: al medico di medicina generale, disponibile tutti i lunedì pomeriggio per visite e consulenze gratuite, si affiancano due nuovi professionisti – una dermatologa e un dietologo – che una volta al mese incontreranno gli studenti per visite mediche specialistiche al prezzo agevolato di 20 euro. Informazioni, costi sul servizio e richieste di appuntamento sono disponibili al link: www.educatt.it/centrosanitario.
Piacenza, arriva il caffè a miscela biologica
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i cambia più facilmente religione che caffè», scriveva Georges Courteline. Forse il poeta francese di fine Ottocento aveva ragione, ma adesso al Bar dell’Università Cattolica di Piacenza, gestito da EDUCatt, c’è una proposta che potrebbe cambiare le cose: da lunedì 20 gennaio la comunità universitaria può consumare, oltre al caffè tradizionale, il caffè a miscela biologica. La miscela (100% arabica), distribuita dalla storica torrefazione Musetti legata al territorio piacentino, garantisce un elevato livello qualitativo e proviene da agricoltura biologica. Sano e buono tanto quanto quello tradizionale, questo nuovo tipo di caffè è proposto al costo di un euro a tazza.
Ristorante.9. Un luogo di ritrovo per tutti gli studenti
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l Ristorante.9, riaperto a fine 2013 dopo uno stop di alcuni mesi per ristrutturazione, diventa ora anche sede di eventi privati e feste di laurea. Nello stesso spirito di cui ha parlato la presidente di EDUCatt Antonella Sciarrone Alibrandi durante l’inaugurazione di dicembre, la cornice moderna e insieme elegante della nuova sede è l’ideale per la condivisione di momenti conviviali e di festa, e diventerà presto anche un luogo di ritrovo per la popolazione più giovane dell’Ateneo.
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libri l’intervista
Il privilegio di lavorare in Cattolica a cura di Velania La Mendola OBERTA GRAZZANI È STATA SEGRETARIA di
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Giancarlo Brasca, direttore amministrativo storico dell’Università Cattolica, nella prima giovinezza. Ha diretto il mensile Giovani Amici dell’Ateneo del Sacro Cuore e ha fondato Popotus, inserto per bambini di Avvenire. Nel libro Giancarlo Brasca. Lettere per una ragazza (Vita e Pensiero) racconta come la sua carriera di scrittrice per bambini nacque sotto la guida di Brasca, che in maniera inaspettata l’aiutò a scoprire il suo talento. «Signorina… lei scrive?»: fu questa la domanda inaspettata che ha segnato il suo destino di adulta? Fin da piccolissima avevo deciso che avrei scritto storie, e le scrivevo. La domanda inaspettata di Brasca non fece che aumentare quel senso di stupore che stava nascendo in me in quel periodo. Vedevo che si stava realizzando tutto secondo quei desideri che ancora non avevo svelato ad anima viva. Brasca, grazie anche ai suoi suggerimenti e alla sua generosità, segnò davvero, in modo provvidenziale, il mio destino di scrittrice. Le diede consigli sul tipo di libri da scrivere? Ero un’accanita lettrice: leggevo qualsiasi cosa mi capitasse fra le mani. A undici anni avevo già letto buona parte delle Novelle per un anno di Pirandello e in seguito divorai tutto il leggibile di autori come Hemingway, Stevenson, Cronin, Daphne du Maurier, Marshall, Bernanos. Ma non avevo un metodo. Brasca me lo indicò senza parlarmene esplicitamente, invitandomi ad approfondire le mie letture partendo dalla personalità degli autori, dallo stile, dal ritmo di scrittura. Una volta, dopo la lettura di un mio racconto senza lieto fine, mi disse: «Non si può. Non dobbiamo far piangere i bambini». Ho seguito il suggerimento. Una sua lamentela per il lavoro troppo frenetico fu l’occasione per la nascita di un dialogo su Dio: come accadde? Gli scrissi lamentandomi della continua tensione in cui eravamo costretti a lavora30
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re. Ecco in sintesi la sua risposta: «dobbiamo sforzarci ogni giorno di giungere a un ritmo più umano e cristiano. Ma il mezzo vero, efficace, è interiore: è l’umiltà di accettare gli errori, è lo sforzo paziente di migliorare. È la fiducia in Dio che governa tutto e può riparare anche i nostri errori. Se noi ci sforziamo, in fede speranza e amore di far questo, il Signore può essere contento; anche il turbinio esterno tende a placarsi e, almeno all’interno, tutto è calmo». Lei dice spesso che l’Università Cattolica è un posto speciale, perché? La Cattolica non è come gli altri posti di lavoro. Si sente che c’è un carisma. Io l’ho sentito in modo chiaro, inequivocabile, perché – costretta a lavorare a Milano a soli quattordici anni, in un ufficio lontano dai luoghi dove ero cresciuta, fra gente che non si curava del mio disagio – giunsi in Università da un mondo totalmente diverso. Forse le persone che oggi arrivano qui non si rendono subito conto di questo ed è un peccato. Cosa dovrebbero fare? Basterebbe che ai nuovi assunti venisse data la possibilità di conoscere le origini non lontane e le vicende di questo luogo che – malgrado i cambiamenti avvenuti nel tempo – continua a essere speciale. Ci sono state persone che, perché la Cattolica nascesse e fiorisse, le hanno dedicato senza riserve la vita intera. Basterebbero quattro nomi: padre Agostino Gemelli, Armida Barelli, monsignor Francesco Olgiati (che amava i gatti e si faceva chiamare don Micio), Ludovico Necchi, per aprire il sipario e far uscire e rivivere la storia, con le sue molteplici e sorprendenti sfaccettature. Allora, anche le nuove leve capirebbero perché l’Università Cattolica è un posto “speciale”.
Le notizie, i consigli di lettura, i dibattiti in corso, le interviste agli autori di Vita e Pensiero si possono seguire su twitter (@vitaepensiero), facebook (vitaepensieroeditore) e pinterest (vitaepensiero)
Roger Scruton, Il volto di Dio Giuseppe Gabusi, L’importazione del capitalismo. Il ruolo delle istituzioni nello sviluppo economico cinese Sara Alfieri, La natura (familiare) del pregiudizio Gli ebook Vita e Pensiero sono disponibili su varie piattaforme, tra cui www.bookrepublic.it
I CONSIGLI DELLA LIBRERIA
Vita e Pensiero - Milano
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n vista del centenario dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale nel 1914 molte case editrici hanno pubblicato libri a tema. Vi consigliamo La bellezza e l’orrore. La grande guerra narrata in diciannove destini (Einaudi) di Peter Englund: un libro che secondo il “DerSpiegel” dimostra quanto possa essere affascinante la storiografia. Cristopher Clark ha invece scritto I sonnambuli. Come l’Europa arrivò alla grande guerra (Laterza), una ricerca che ricostruisce le “posizioni decisionali” dei principali protagonisti prima e durante l’estate del 1914. Guarda invece alla pace lo storico dell’arte Florian Illies, autore di 1913. L’anno prima della tempesta (Marsilio), un affresco, non privo di ironia, dell’anno che precede la guerra, ricco di fermenti e di talenti senza pari: da Kafka a Coco Chanel, da Picasso a Freud, solo per citare alcuni dei nomi ritratti attraverso brevi storie che insieme formano un’incredibile storia culturale.
Libreria UC - Brescia
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a Libreria Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia consiglia la lettura di alcuni volumi: Il bisogno dell’altro e la fecondità del maestro. Una questione morale (Giuntina, 2013) della filosofa Francesca Nodari che indaga la portata della relazione che accade tra me e l’Altro, concentrando l’attenzione sul non-detto che scaturisce dal rapporto che si dà tra il Maestro e l’allievo. Il libro La metamorfosi, dal racconto di Frank Kafka uno spettacolo di Luca Micheletti (Sedizioni, 2014) a cura di Lucia Mor, guarda invece al mutamento come ricco e agile strumento per raccontare un’esperienza di “disabilità”, tanto parossistica da essere metaforica, tanto abnorme da essere universale. E il volume di Lion Feuchtwanger, La distruzione del tempio (Guaraldi, 2014), un testo fondamentale per comprendere, oggi, il cuore della cultura ebraica, il dramma di Israele prima e dopo la distruzione del Tempio. Eventi, consigli di lettura e tutte le informazioni sulla Libreria sono sulla pagina facebook (libreriaUCSC).
libri Lorenzo Ornaghi
Nell’età della tarda democrazia. Scritti sullo Stato, le istituzioni, la politica
Libri
Vita e Pensiero, Milano, 2013
Roberto Della Torre
pp. 390 euro 28,00
l volume raccoglie gli scritti di Lorenzo Ornaghi pubblicati nel corso degli ultimi vent’anni e accomunati da temi e problemi concernenti le tre realtà indicate nel sottotitolo: Stato, istituzioni, politica. L’espressione ‘tarda democrazia’ indica i due secoli che ne hanno, come scrive l’autore, «cambiato o appesantito qualcuno dei lineamenti», e il peso di una catena di crescenti incongruenze, evidenti nella democrazia italiana: la caduta di rappresentatività, l’usura nel funzionamento delle istituzioni politiche, la penuria d’idee e ideali in grado di offrire un senso affidabile e rispettabile all’azione politica. Gli scritti illustrano come e perché la tarda ‘democrazia dei moderni’ corra il rischio sempre più grande di trovarsi incagliata tra il contrapporsi d’interessi economico-sociali e il potere di gruppi oligarchici più stabili e forti delle leadership partitiche e di vecchie o nuove élite. Usare e investire quel ‘potenziale di sviluppo’ della democrazia è invece indispensabile per lavorare alla costruzione di una nuova, che riesca a restituire ai cittadini la confidenza nella politica, facendone emergere il carattere migliore.
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Lucetta Scaraffia
La santa degli impossibili. Rita da Cascia tra devozione e arte contemporanea Vita e Pensiero, Milano, 2014 pp. 174 euro 16,00
erché santa Rita è diventata così famosa? Lucetta Scaraffia risponde a questa domanda ricostruendo la storia della ‘santa degli impossibili’ (come i devoti la chiamano per la grande potenza miracolosa) sulle tracce della sua fortuna: dal 1457, anno in cui compaiono le prime prove della devozione al suo corpo miracoloso, agli ultimi due secoli, quando, proclamata santa all’inizio del Novecento, diventa la protettrice delle donne delle città industriali. La sua storia è arricchita di un’ultima parte che riguarda la devozione di Yves Klein, che ha donato al monastero di Cascia uno splendido ex voto riportato in copertina. Cos’hanno in comune una santa popolare e uno degli artisti più bizzarri del Novecento? La ricostruzione dell’autrice ci riporta al volo magico attribuito a Santa Rita e a quello nel vuoto di Klein immortalato in una celebre foto di Klein: tra i due l’esigenza del contatto senza mediazioni con il soprannaturale, del rapporto con il sacro che prorompe in ogni epoca e in ogni cultura.
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Giuseppe Dossetti
«Non abbiate paura dello Stato!» Funzioni e ordinamento dello Stato moderno a cura di Enzo Balboni, Vita e Pensiero, Milano, 2014 pp. 322 euro 22,00
l libro prende titolo dall’esortazione di Dossetti ai cattolici: «Non abbiate paura dello Stato!», pronunciata nella relazione Funzioni e ordinamento dello Stato moderno (1951), svolta alla vigilia del suo abbandono della politica e qui ripubblicata per la prima volta nell’edizione voluta dall’autore. Lo Stato, per Dossetti, non può essere agnostico e indifferente, lasciato in balìa di forze economiche dominanti, perché ha il fine di provvedere, nella libertà, a tutto quanto è necessario e favorevole al bene comune. Il libro dà conto anche del ricco dibattito che si svolse nel Convegno dei Giuristi Cattolici, avendo come protagonisti: Moro, Baget Bozzo, Carnelutti, Santoro Passarelli, Mortati, Esposito, Amorth, Romani, La Pira. Si scontrano due visioni-progetto: quella cattolico-liberale, tesa alla conservazione di valori e strutture tradizionali, e quella cattolico-sociale, aperta fiduciosamente verso una società rinnovata e più giusta. Le riflessioni del curatore, che ha collaborato con Dossetti alla ‘difesa attiva della Costituzione’, evidenziano che il pensiero dossettiano resta un paradigma interpretativo attuale, ancora capace di interpellarci nel profondo.
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Invito al cinema. Le origini del manifesto cinematografico italiano (1895-1930) EDUCatt, Milano, 2013 pp. 208 | euro 12,50
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alla diffusione del cinematografo in Italia (sul finire del 1800) fino all’avvento del sonoro (1929): questi gli estremi cronologici entro cui si muove l’analisi del manifesto cinematografico che Roberto Della Torre, docente di Storia del cinema italiano nella facoltà di Lettere e filosofia dell’Università Cattolica di Milano, conduce attraverso le pagine di questo volume. Si tratta di una ricostruzione storica dei processi produttivi e creativi dell’illustrazione pubblicitaria per il film e delle diverse strategie di promozione delle Case di produzione e delle sale cinematografiche, a partire da quelli che possono essere considerati gli incunaboli di questo genere. Un approfondimento particolare è dedicato alla città di Milano e ampio spazio è inoltre riservato ai profili dei cartellonisti, attraverso i quali vengono messi in evidenza gli apporti alla codificazione del linguaggio dell’illustrazione pubblicitaria cinematografica.
EBook Enrico Elli
Le patrie dell’anima. Studi di letteratura italiana tra Otto e Novecento EDUCatt, Milano, 2013 pp. 496 | euro 4,90
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l libro, come spiega l’autore in limine all’opera, raccoglie i frutti di oltre un decennio di lavoro e insieme l’ideale eredità «che vorrei trasmettere ai miei studenti di ieri, di oggi e di quel poco domani che mi sta davanti». «Patrie dell’anima» sono, nell’idea di Enrico Elli, docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea nella facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica di Milano, tutti i luoghi della letteratura italiana otto-novecentesca oggetto di analisi nei saggi raccolti in questo ricco volume: dai grandi temi (come la guerra, la famiglia, il viaggio, le Sirene), agli incroci – tra letteratura, religione, arte e scienza –, dai testi di Carducci, Manzoni, Pirandello alle tessere inedite o dimenticate di Ungaretti, Sbarbaro, Gadda, che tentano di estendere quello spazio ideale che dà senso alla ricerca e allo studio. Il volume, già disponibile in versione cartacea, è ora anche in formato ebook sulle maggiori piattaforme di distribuzione on line. PRESENZA 1, GENNAIO-FEBBRAIO 2014
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UN MONDO IN CUI L’ARTE PARLA AI GIOVANI E POSSIBILE.
SI INAUGURA LA NUOVA STAGIONE DEL TEATRO ALLA SCALA. Intesa Sanpaolo affianca il Teatro anche nel progetto LaScalaUNDER30 che offre ai giovani anteprime esclusive e iniziative dedicate. Scoprile su unmondopossibile.com