Presenza 04 2019 - Speciale 50 anni

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www.unicatt.it | www.cattolicanews.it

PRESENZA

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Presenza compie 50 anni e si rinnova. La storia e le nuove sfide della rivista attraverso le parole dei lettori

Ateneo

Borse di studio per tutti gli idonei Prima di tutto

L’editoriale del rettore Franco Anelli


marzo 1969

ottobre 1971

aprile 1973

gennaio-marzo 1975

aprile 1970

aprile 1972

gennaio 1974

aprile-giugno 1976


aprile 1977

luglio 1979

dicembre 1981

maggio 1983

gennaio

dicembre 1978

gennaio 1980

settembre 1982

luglio 1984

gennaio


1985

aprile 1987

aprile 1989

ottobre 1991

gennaio 1993

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aprile 1988

giugno 1990

febbraio 1992

luglio 1994


ottobre 1995

settembre 1997

aprile 1999

aprile 2001

giugno 1996

aprile 1998

ottobre-dicembre 2000

ottobre 2002


Presenza

4.2019

PRESENZA

In questo numero

Rivista bimestrale realizzata dal Servizio Stampa dell’Università Cattolica, in collaborazione con il Master in Giornalismo, con la partecipazione del Servizio Pubbliche relazioni dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori © 2019 – Università Cattolica del Sacro Cuore

Sommario

DIRETTORE Franco Anelli RESPONSABILE Daniele Bellasio COORDINATORE Graziana Gabbianelli COMITATO REDAZIONALE Katia Biondi, Nicola Cerbino, Sabrina Cliti, Paolo Ferrari, Graziana Gabbianelli, Emanuela Gazzotti, Fausto Maconi, Antonella Olivari, Agostino Picicco

HANNO SCRITTO Luca Aprea, Francesco Berlucchi, Katia Biondi, Cristina Bricchi, Maria Serena Chiocca, Sabrina Cliti, Graziana Gabbianelli, Emanuela Gazzotti, Valentina Giusti, Velania La Mendola, Federica Mancinelli, Bianca Martinelli, Antonella Olivari, Federica Vernò, Maria Villano

REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE

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Università Cattolica del Sacro Cuore L.go Gemelli, 1 – 20123 – MILANO tel. 0272342216 – fax 0272342700 e-mail: Presenza@unicatt.it www.unicatt.it

REDAZIONE ROMANA L.go Francesco Vito – 00168 – ROMA tel. 0630154295 Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 94 del 5 marzo 1969

IMPAGINAZIONE Studio Editoriale EDUCatt

FOTO ARCHIVIO Università Cattolica, AP, Getty Image

STAMPA Tiber spa – Brescia

L’editoriale del rettore Franco Anelli

4 Presenza festeggia i suoi primi 50 anni La storia della rivista dell’Ateneo attraverso i ricordi, le parole e le testimonianze dei lettori

6 Furti nel retail, in Europa un danno da 49 miliardi A tanto ammontano le perdite secondo uno studio di Crime&tech, spin off di Transcrime

20 Prima di tutto viene il diritto allo studio L’Ateneo insieme a Educatt ha varato 2,4 milioni di euro, per garantire borse di studio a tutti gli studenti idonei Questo periodico è associato all’USPI Unione stampa periodica italiana Il numero è stato chiuso in redazione il 1 luglio 2019

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PRESENZA

In questo numero

Arriva il nuovo commercialista d’azienda Scienze bancarie formerà professionisti in Corporate Advisory, le competenze del commercialista combinate con quelle dell’esperto in finanza

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Al Gemelli la prima biobanca nazionale SLA Inaugurata la prima “banca biologica” dedicata alla ricerca sulla Sla e aperta a tutti i ricercatori del mondo

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31 I Millennials puntano sulla finanza sostenibile Nell’86% dei casi i ragazzi del 2000 credono fortemente nell’investimento sostenibile, da tutti i punti di vista

33 Coppa delle Università, il trionfo della Cattolica

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La Cattolica al top nel progetto che coniuga formazione internazionale, uso delle lingue e digitale per le aziende

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PRESENZA

X-Culture premia Il marketing globale

Presenza compie 50 anni e si rinnova. La storia e le nuove sfide della rivista attraverso le parole dei lettori

Ateneo

Borse di studio per tutti gli idonei Prima di tutto

L’editoriale del rettore Franco Anelli

La rivista è sfogliabile online su

www.unicatt.it/Presenza

Dopo otto anni il trofeo ritorna nell’Ateneo di largo Gemelli

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PRESENZA

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L’editoriale

di Franco Anelli* 4/2019

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n una stagione densa di ricorrenze simboliche per il nostro Ateneo – da poco abbiamo celebrato i cento anni della rivista Vita e Pensiero e, più di recente, della casa editrice, e ci apprestiamo a raggiungere il traguardo del secolo di vita dell’Università – Presenza svolta l’angolo dei primi cinquanta anni. Gli anniversari sono pietre miliari che segnano un tratto del percorso e offrono l’occasione per una pausa di riflessione retrospettiva. E non di rado una rilettura del passato porta a interessanti scoperte. Anzitutto l’originalità della scelta di creare un house organ di una università, in un’epoca in cui questo genere di strumento si stava diffondendo, in modo ancora sperimentale, presso le grandi imprese, nella maggior parte dei casi concepito quale mezzo di comunicazione destinata al personale e di fidelizzazione della clientela. Nel caso dell’Università Cattolica non ci si è voluti limitare a un bollettino di notizie aziendali; in un’istituzione caratterizzata da una costante attenzione alla definizione della propria missione nella

realtà, “nel cuore della realtà”, secondo l’espressione di Padre Gemelli, Presenza è stato un mezzo di rappresentazione non tanto, o non soltanto, dei fatti della vita quotidiana dell’Ateneo, bensì della sua speciale identità, differente da quella di qualsiasi altra istituzione universitaria. Un’intonazione programmatica rivelata anzitutto dalla scelta del titolo: a quella nuova iniziativa editoriale, nella quale confl uivano, fondendosi, le eredità di precedenti pubblicazioni dell’Ateneo, si volle dare il nome di “Presenza”: una titolazione forte, carica di implicazioni e significati profondi, che suonava anche come una risposta a quanti allora affacciavano dubbi sulla funzione e persino sul diritto di esistere, nel contesto dell’istruzione superiore pubblica, di un’istituzione universitaria nata dal cuore della Chiesa. Il tema della “Presenza” è uno dei motivi originari di questa università, concepita proprio in un’epoca, alla fine dell’800 e nei primi del ‘900, in cui i cattolici soffrivano di una condizione di marginalizzazione dal dibattito culturale, dominato

da posizioni scientiste e materialiste. Lo attesta l’indagine storica sulla nascita dell’idea stessa di istituire un’università cattolica, concepita e promossa da Giuseppe Toniolo e da un determinato gruppo di intellettuali cattolici, e lo documenta lo statuto dell’Ateneo, che nel primo articolo ne definisce la missione assegnandole “l’obiettivo di assicurare una presenza nel mondo universitario e culturale di persone impegnate ad affrontare e risolvere, alla luce del messaggio cristiano e dei principi morali, i problemi della società e della cultura”. Presenza, in questa luce, si rivela come espressione della precisa volontà di essere e di esserci: di agire nella società concorrendo al progresso della scienza, all’elaborazione e diff usione della cultura e soprattutto alla formazione delle giovani generazioni. Indagare il senso di quella immanenza nella società richiede una lucida consapevolezza del contesto nel quale si opera, che condiziona l’essere stesso dell’Ateneo, chiamato a rendersi testimone di valori immutabili nel divenire delle

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epoche e del clima sociale e culturale. A questo proposito sono significative le parole di Giuseppe Lazzati nell’intervista che apriva, nel marzo 1969, il primo fascicolo edito di Presenza (si trattava di un’anticipazione del nuovo periodico appositamente pubblicata in occasione della Giornata Universitaria, una sorta di “numero zero” realizzato nelle more dell’autorizzazione definitiva per la testata, mentre le pubblicazioni ordinarie sarebbero iniziate nel giugno successivo). Nell’intervista non furono risparmiate al rettore Lazzati domande incalzanti, a cominciare da quella, cruciale e provocatoria, circa le ragioni stesse dell’esistenza di un ateneo cattolico. Rispose indicandone due: la prima di ordine culturale, consistente nella ricerca di una conciliazione tra l’espansione delle conoscenze determinata dal progresso scientifico e il rapporto con una verità che trascende l’umano; la seconda di ordine formativo, come risposta alla necessità di contrapporre ad un modello sempre più tecnocratico una proposta educativa innervata dai valori cristiani. Ragioni tuttora non solo attuali, ma oggi ancora più urgenti. È anzi confortante ritrovare in quell’intervista l’appassionata sottolineatura della vocazione educativa delle università e, in particolare, delle università cattoliche; un ruolo che tante volte, anche in tempi recenti, io stesso ho avvertito l’esigenza di ribadire, di fronte alla generale tendenza a incentivare e valorizzare, con scarsa lungimiranza, soprattutto quelle istituzioni superiori che in via prioritaria o esclusiva si dedicano ad attività di ricerca scientifica produttive sul piano del trasferimento tecnologico. Le ragioni di quella “Presenza” dell’Ateneo cattolico andavano però misurate nel contesto di una società pluralista, in quegli anni attraversata da profonde inquietudini, e in tale prospettiva già allora veniva posta al prof. Lazzati la questione della “riaffermazione” dell’ispirazione cattolica dell’Ateneo. Invero un ambito sociale di riferimen-

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to era solido e ben delineato. Benché il processo di secolarizzazione fosse già avviato, la partecipazione dei cittadini italiani alla pratica religiosa era più estesa di quella attuale e forte era il senso di appartenenza alla comunità ecclesiale. Di tutto questo beneficiava, naturalmente, anche questa Università anzitutto sul piano del sostegno e degli stimoli pastorali, missionari e culturali. Il mondo cattolico, a fronte di un mainstream culturale che si volgeva in altre direzioni, si stringeva attorno al proprio Ateneo, al quale affl uivano giovani da tutto il Paese, conferendo alla Cattolica un respiro autenticamente nazionale, e che riceveva dalla generosità di tanti, specialmente grazie alla Giornata per l’Università Cattolica, un decisivo supporto economico al proprio sostentamento (e questo, come accennavo, spiega la scelta di far debuttare anticipatamente la nuova testata con un fascicolo specificamente dedicato). Oggi, invece, l’Università si regge quasi esclusivamente sulle contribuzioni degli studenti. Non è solo un dato contabile; e soprattutto non va letto in termini negativi. Rivela che attualmente l’Ateneo trae la fonte decisiva del proprio sostentamento dalla qualità della proposta formativa, dalla capacità di attrarre studenti, di guadagnarsi la fiducia e meritarsi i sacrifici dei giovani e delle loro famiglie; in ciò si rispecchia la capacità dell’Ateneo di adeguarsi nel corso dei decenni ai mutamenti del contesto sociale e culturale e di rinnovare il senso e il modo della propria presenza nella società e di fronte alla comunità dei cattolici, mantenendo un ruolo di spicco nella cultura e nel sistema formativo del nostro Paese. La celebrazione del primo mezzo secolo di questa testata è dunque anche l’occasione per rileggere antiche pagine e riscoprire come l’Università percepiva e rappresentava se stessa. E così oggi, quando raccontiamo attraverso le pagine di Presenza le attività dell’Ateneo, non stiamo solo facendo circolare notizie in ordine a fatti, eventi e persone:

stiamo lasciando un documento, che dice e dirà in futuro come stiamo interpretando e realizzando la missione dell’Ateneo. La nuova esigenza, allora, è quella di conservare e aggiornare uno strumento prezioso. Come tutti sanno si è sviluppata negli anni recenti una pluralità di mezzi per veicolare e trasmettere, anche in modo mirato, informazioni e contenuti, ed è normale che anche il nostro Ateneo si avvalga dei canali maggiormente utilizzati dalle nuove generazioni e in ambito scientifico. Inevitabile, dunque, interrogarsi sull’attualità di un magazine come Presenza. Ritengo che la sua funzione sia ancora attuale, perché ci consente di raggiungere anche tanti interlocutori e amici della “Cattolica” che non appartengono direttamente alla comunità universitaria (si pensi alle famiglie degli studenti, ai laureati che ancora abbiano curiosità per le vicende che riguardano l’Ateneo nel quale hanno compiuto un tratto significativo del loro percorso di maturazione) e può costituire un fattore di coesione intergenerazionale e inter-territoriale di una comunità di studio e lavoro che opera in cinque città diverse. È inevitabile, però, che la nostra ormai “storica” testata sempre più si confronti, in futuro, con le possibilità offerte dai più moderni strumenti a nostra disposizione. In conclusione, per l’importanza che Presenza ha avuto e ha nella vita dell’Ateneo formulo il partecipe e profondo ringraziamento dell’intera Università Cattolica e mio personale a tutte le persone che contribuiscono alla realizzazione di questa pubblicazione e, naturalmente, a tutti coloro che vi hanno contribuito nei decenni passati. L’impegno personale di uomini e donne consapevoli della missione del luogo in cui operano e, pertanto, del valore di una buona e corretta comunicazione riguardo a ciò che in esso accade era ed è, infatti, la risorsa principale e imprescindibile su cui ogni iniziativa editoriale di successo deve poter contare. * Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, professore di Istituzioni di diritto privato nella facoltà di Giurisprudenza

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Prima di tutto

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In primo piano

Presenza festeggia i suoi primi 50 anni di Graziana Gabbianelli

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ra il mese di marzo 1969 quando faceva la sua comparsa Presenza, la storica rivista che da mezzo secolo racconta la vita dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Presenzaa nei suoi 50 anni di esistenza ha permesso a un vasto pubblico di lettori di conoscere il ruolo e la missionn che da sempre caratterizzano l’Ateneo. E lo ha fatto testimoniando i suoi cambiamenti, quelli di un Ateneo che diventava sempre più ““Presenzaa” nazionale grazie alle sue cinque sedi, ampliando e rinnovando le proprie strutture, arricchendo l’offerta formativa, i servizi e le opportunità di studio, di stage, di lavoro per gli studenti in Italia e all’estero. Nei primi anni il magazine della Cattolica ha una impaginazione semplice, quasi essenziale, con poche foto, per lo più in bianco e nero. Nel tempo le immagini sono via via aumentate, acquisendo maggiore importanza sia nel ren-

dere più vivace la foliazione, sia nel commentare eventi e storie raccontate. Tante le rubriche che si sono avvicendate. Dal 2000 in poi ampio spazio è stato dato a interviste e approfondimenti, affidati alle voci dei docenti dell’Ateneo, su tematiche di carattere sociale, economico, religioso e d’attualità, entrando così nel vivo del dibattito culturale del Paese. Presenzaa si può definire una galleriaa di maestri, perché raccoglie il ricordo di grandi figure che hanno dato lustro con il proprio contribuito alla storia e al valore dell’Università Cattolica. Così come la si può definire anche un’antologia in fieri, perché ha raccolto e continua a raccogliere le storie di successo degli alumnii che, forti della formazione ricevuta, sono diventati affermati professionisti in Italia e nel mondo. Sono passati 50 anni dal primo numero: sette direttori si sono avvicendati, molti studenti del-

la scuola di giornalismo hanno lasciato la loro firma sulle pagine di Presenzaa prima di arrivare a lasciarla su importanti quotidiani e mensili. Senza dimenticare la versione online che sul sito unicatt.it oggi affianca l’edizione cartacea. È una lunga storia quella di Presenza, una storia che racchiude tante storie che parlano di uomini di pensiero, di ricerca, di giovani studiosi, di brillanti laureati, storie che parlano del futuro senza dimenticare il passato. Tante storie che si rivolgono a un ampio pubblico di lettori: docenti, studenti, alumni, genitori, personale amministrativo dell’università... E proprio a loro abbiamo questa volta lasciato la parola per celebrare la prima metà di secolo di Presenza. Tante testimonianze e voci che riuniscono, come in un mosaico immaginario, l’anima e il valore della rivista dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Elisabetta, il volto della prima copertina di Presenza* i ricorda perfettamente il primo e secondo chiostro, dove si trova l’Aula Magna e in particolare l’aula Pio XI dove sostenne l’esame di Storia romana. Ma non rammenta il motivo o la casualità che la portò ad essere immortalata, in primo piano, sul primo numero della rivista Presenza 50 anni fa. Erano gli anni della contestazione, anni di svolta per un’intera generazione ed Elisabetta Vedres – nel marzo del 1969 – era una studentessa iscritta al primo anno di Magistero. Una studentessa dai mille interessi: pedagogia, psicologia, scienze sociali e con una forte, ma inconscia, vocazione all’insegnamento che la portarono a frequentare la scuola biennale di Psicologia per testiti – sempre in Cattolica, nella sede di via S. Agnese – per trovare subito una propria strada nel mondo del lavoro, ma soprattutto per riuscire «ad imparare a insegnare, a trasmettere quanto appreso attraverso non solo le parole, ma anche la voce, il gesto, il movimento del corpo».

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Così ha spiegato Elisabetta, per tutti Betty, che – ritornata per un giorno a passeggiare nei chiostri bramanteschi dell’Ateneo – ci ha raccontato come tutto il rigore, il metodo appreso nelle aule dell’Università l’ha poi applicato nella sua attività di insegnante di ginnastica e armonia del movimento che esercita presso il proprio studio Vedres. Lo studio è stato fondato nel 1948 dalla madre Elena Vedres, diplomata in danza e pedagogia della danza nel 1932 all’accademia Hellerau Laxenburg di Vienna. Il “metodo Vedres” è una tecnica di movimento originaria dalla danza moderna, studiata appositamente per il corpo femminile, che implica la ricerca interiore di un movimento logicamente costruito, conducendo ad acquisire precisione, controllo e autodisciplina. Nata e cresciuta a Milano, da padre di origine ungherese e madre svizzero tedesca, Betty Vedres si è sposata, ha 2 figli e 4 nipoti. Essendo il proprio Studio a un passo dalla sede di Largo

Gemelli, in via De Togni, non si è mai “reciso” del tutto il legame con la propria università. È capitato infatti che Betty sia passata in Cattolica per ascoltare un concerto o visitare una mostra, così come è capitato che tra le allieve del “metodo Vedres” ci fosse qualche docente dell’Ateneo. Sfogliando le pagine del primo numero di Presenza, che confessa conserva a casa con cura, Betty osserva come – a differenza di quanto succeda oggi, che si è sommersi e bombardati da mail, video, messaggi, news letter – allora, 50 anni fa, «la rivista era davvero l’unico strumento che informava sulla vita universitaria, era la voce dell’Ateneo che offriva anche una panoramica su quel che stava cambiando nel mondo giovanile». * di Graziana Gabbianelli

Università Cattolica del Sacro Cuore


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In primo piano

Cinquant’anni di Presenza, fra tradizione e nuove sfide di Michele Lenoci*

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ono passati 50 anni e Presenza sicuramente ne ha fatta di strada, come recita una sua fortunata rubrica di questi anni: lo si vede confrontando i numeri usciti nel nuovo millennio con la bella antologia pubblicata al compimento dei venticinque anni. Il cambiamento in questo mezzo secolo è stato epocale, pari solo a quello avvenuto dopo la seconda guerra mondiale. In un contesto di pace, soprattutto in Europa e nell’Occidente, la società si è radicalmente trasformata al livello delle più generali categorie di riferimento e nei modi più quotidiani del vivere: la rivoluzione informatica e la globalizzazione hanno prodotto effetti così profondi che quasi neppure più li avvertiamo, se non nei momenti di crisi. Presenza ha attraversato questo lungo periodo trasformandosi e, insieme, rimanendo fedele a se stessa. Quando nasce nel 1969, la nuova rivista, oltre a mantenere il collegamento con la folta schiera degli “Amici” dell’Università, come i fogli di informazioni che l’hanno preceduta, allarga il suo orizzonte e guarda anche a settori più ampi della società civile e della comunità ecclesiale, che nel frattempo erano profondamente cambiate, assumendo un aspetto più variegato e una declinazione plurale, al limite della frammentazione. Ha innanzi tutto informato sulla vita della “Cattolica” e lo ha fatto in modo serio, ma non serioso, con stringatezza e agilità, come si addice a un’istituzione sobria e vivace, anche se talora un po’ paludata. Nei primi decenni molto spazio è stato riservato a ricordare momenti e figure fondamentali della vita dell’Università, quasi per garantire, dopo la contestazione degli anni Sessanta, la continuità nell’impegno dell’Università e la sua fedeltà alla Chiesa del dopo Concilio: Università Cattolica del Sacro Cuore

finito il mitico Sessantotto, in cui la pazienza dell’educare andò congiunta con la fermezza delle decisioni gravi, per invitare alla chiarezza e alla lealtà, i molti articoli dedicati alle figure dei fondatori o alle origini dell’Ateneo volevano ribadire un richiamo ai princìpi ispiratori e alle finalità fondamentali, indicando le nuove modalità in cui quelli potevano essere attuati e vissuti. La fecondità del rapporto tra metafisica, fede e cultura, tra la riflessione filosofica e le domande poste dal progresso tecnologico, tra la scienza e uno sviluppo autenticamente umano, così come le sfide della politica e della società nel contesto europeo e internazionale, costituivano l’argomento di molti interventi e anche il tema delle interviste a maestri del nostro Ateneo, che testimoniavano pure l’eccellenza di figure emblematiche. In anni più recenti, la prospettiva è comprensibilmente mutata: pur senza smarrire il legame con le origini, si è proceduto, per così dire, dal basso,

più difficile rilevare figure di maestri significativi o personalità emblematiche (che, per fortuna, certo non mancano), il soffermarsi sulle molte iridescenze della vita dell’Ateneo, variegata ma non frammentata, testimonia con efficacia e nella concretezza la fecondità del concorde lavoro di molti. Il mondo dei social, in cui anche la Cattolica è giustamente entrata, pone ora a Presenza una nuova sfida: se l’informa-

Il mondo dei social, in cui anche la Cattolica è giustamente entrata, pone ora a Presenza una nuova sfida: se l’informazione e l’aggiornamento spicciolo hanno altri canali di diff usione, alla rivista toccherà forse un maggiore compito di riflessione approfondita e critica dalla grande platea degli studenti, dei laureati, degli Alumni, magari famosi, dei molti docenti, per mostrare come quei princìpi, uniti a competenze indiscusse, alimentino in concreto, nella varietà e nella creatività, la vita quotidiana dell’Ateneo e si irradino nella società e nella Chiesa, generando legami fruttuosi ed esperienze di profonda umanità. Benché oggi, essendo esponenzialmente aumentato il numero dei docenti e di chi lavora in Cattolica, sia

zione e l’aggiornamento spicciolo hanno altri canali di diff usione, alla rivista toccherà forse un maggiore compito di riflessione approfondita e critica, capace di porre in discussione le mode correnti e fuggevoli, per aiutare, o costringere, a pensare. Che è pur sempre il compito, antico e nobile, di una Università. * già professore di Storia della filosofia e preside della facoltà di Scienze della formazione, Presidente del Nucleo di Valutazione di Ateneo

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A Presenza ho imparato il giornalismo sartoriale di Laura Silvia Battaglia*

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l problema non è mai stato l’horror vacui. Piuttosto, il rischio era trovarsi per le mani una quantità tale di materiali da doversi ingegnare nella difficile arte del taglio e cucito che, per un magazine ufficiale come Presenza, deve essere più simile alla precisione dell’alta moda che all’approssimazione del prêt-àporter. Tutto questo per dire che sì, scrivere per Presenza non è mai stato facile, soprattutto per uno studente del Master in Giornalismo dell’Università Cattolica come lo ero io e come lo sono i circa 800 studenti che in 15 anni di fedeltà a questa istituzione ho avuto la fortuna di formare. Il perché è presto detto. L’ampio respiro dei servizi richiesti potrebbe ammazzare anche la buona volontà di un giocoliere di parole, soprattutto quando i temi sono di concetto. E se almeno ogni cinque righe è necessario posizionare un dato, una notizia, un commento qualificato che aggiunga sostanza alla pietanza e non soltanto sapore, ecco che il gioco – che sembra facile – diventa difficilissimo. Nella mia memoria, dunque, ripescando dagli anni in cui ero una giornalista praticante in questa istituzione, si staglia con chiarezza la quantità di materiali, appunti, sbobinature disposte sulla mia scrivania prima di aprire il computer e dei minuti – spesso anche ore – trascorse al telefono con le fonti di questi lunghi pezzi: ricercatori, docenti associati, direttori di dipartimento dell’Università Cattolica. I temi non erano sempre facili: economia, statistica, scienze bancarie, medicina. Spesso si trattava di immergersi in contenuti complessi di settori di studio che erano per me del tutto nuovi e la bravura consisteva nel comprendere correttamente ciò di cui si discuteva e restituirlo nel modo più completo possibile, e chiaro, su una misura di scrittura lunga. A questo si aggiunga un’altra sfida, non altrettanto secondaria: comprendere il carattere dell’intervista-

to, non sempre disponibile, spesso molto impegnato, qualche volta brusco. Raramente – ma molto spesso – convinto che i giornalisti siano dei campioni di vanità, e che si attribuiscano delle competenze che non hanno. Altre volte, come nel caso di una mostra del giovane fotografo William Willington, lavorare per Presenza aveva avuto il pregio di farti scoprire iniziative e pubblicazioni dell’università (mostre, produzione e presentazione di libri) e di scambiare punti di vista sul mondo con gli stessi protagonisti del servizio e l’impresa diventava più piacevole. Ma il più delle volte, in questa diatriba tra l’accademico e il professionista, il praticante giornalista dell’Università Cattolica si doveva muovere con circospezione, attento a fare bene il suo lavoro e a non confermare dei pregiudizi diffusi e duri a morire. Quella esperienza e quelle preoccupazioni che erano mie le ho riviste sempre tutte nei miei studenti. E non sono preoccupazioni e tensioni inutili: negli anni successivi

del mio lavoro da corrispondente estera in Medio Oriente mi è capitato più volte di dovere approcciare diplomatici e politici italiani e stranieri con le stesse riserve nei confronti della categoria dei giornalisti; di dovere imporre un taglio sartoriale a un pezzo di analisi geopolitica troppo lungo per la misura in pagina; di trovare un attacco interessante a un pezzo su un tema spinoso e di difficile digeribilità e a continuare ad approntare soluzioni per animare un long-form con delle invenzioni retoriche che appaiano perfettamente naturali, perché supportate da un dato, da una notizia, da un contenuto reale e concreto. Sembra poco e sembra facile ma conferma una necessità che è il sale della nostra professione e che Presenza, in fondo, incarna: senza studiare e senza applicarsi con umiltà, non c’è giornalismo di qualità che tenga. * giornalista professionista e documentarista. Dal 2007 insegna al master in Giornalismo dell’Università Cattolica di Milano

Università Cattolica del Sacro Cuore


 Tutto il personale amministrativo dell’Università Cattolica riceve Presenza presso il proprio ufficio. La rivista viene sfogliata e letta, il più delle volte, nelle pause pranzo o nei viaggi quotidiani verso e dall’università. Così come ci hanno raccontato Gisella Antognazzi, ormai prossima alla pensione, e Alessandro Bergomi, giovane neo assunto e alumnus dell’Ateneo

42 anni di servizio e “Presenza” in Cattolica Intervista a Gisella Antognazzi* Presenza da mezzo secolo racconta la vita dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Per te sfogliare la rivista è stato un modo per... 50 anni da festeggiare sono tanti... ma anche 42 di servizio in Università Cattolica non sono pochi! Tra qualche mese infatti andrò in pensione e con non poca nostalgia delle tante persone che ho avuto modo di incontrare in Università. Sono sempre curiosa infatti, guardando Presenza, di leggere gli articoli in cui sono coinvolti i professori che conosco e trovo la rivista utile, non solo per tenermi informata in primiss delle apprezzabili iniziative che

l’Ateneo di Largo Gemelli svolge, ma anche delle tante attività delle altre Sedi e questo perché ho sempre sentito forte il senso di appartenenza alla grande famiglia della Cattolica. Ci sono state delle rubriche della rivista che maggiormente hai apprezzato e ti hanno interessato? Ultimamente apprezzo molto gli articoli che raccontano le storie personali degli Alumni; mi entusiasmo nel sentire che i nostri laureati tengono alto il nome della Cattolica in giro per il mondo attraverso brillanti carriere. Nel corso dei tuoi anni di lavoro qui in Università, quando normalmente ti è capitato di leggere Presenza? Essendo una pendolare, Presenzaa mi ha sempre tenuto compagnia nei miei non brevi tragitti in pullman ed è stata per me una pia-

cevole lettura durante le stressanti code... Oggi nell’era dell’online, del giornalismo in tempo reale, come vedi il futuro di una rivista cartacea, dell’house organ di una importante università? Non essendo più giovane, sono ancora amante della carta stampata ed è quindi con piacere che sfoglio la rivista; inoltre ricevere nominativamente Presenzaa è un qualcosa che identifica la persona, facendola proprio sentire “presente”. A mio parere le notizie in tempo reale riguardano maggiormente i fatti di cronaca, mentre una rivista come Presenzaa ha più la caratteristica in “house”, quindi la si può tenere piacevolmente in casa e leggerla quando si vuole. * Impiegata presso la segreteria della Direzione di sede di Milano dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

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Una rivista utile e di aggiornamento Intervista ad Alessandro Bergomi* Ci sono delle rubriche della rivista che magPresenza da mezzo secolo racconta la vita dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Per te sfogliare la rivista è stato un modo per... informarsi... Inizialmente, quando nell’ottobre 2013 mi sono iscritto in Cattolica, la rivista è stata uno strumento utile per conoscere il mondo universitario. Per una matricola da poco diplomata in un liceo di provincia, non è infatti immediata la comprensione di una realtà articolata e complessa come quella dell’Università Cattolica e c’è il rischio di avere una visione limitata al proprio percorso di studi. Una delle ricchezze del nostro Ateneo è invece quella di avere diverse Facoltà e numerose attività di ricerca, volontariato e scambio interculturale. Con il passare degli anni Presenzaa è poi diventato un modo per tenermi aggiornato su tutte le notizie e novità riguardanti la sede di Milano e gli altri campus. Università Cattolica del Sacro Cuore

giormente apprezzi o ti interessano? La rivista ha diverse rubriche interessanti che leggo con costanza, ma in particolare ho apprezzato quella relativa ai racconti degli studenti che hanno trascorso dei periodi di studio, stage, volontariato all’estero. Da una parte perché sono esperienze che mi hanno sempre attratto ma che per diverse ragioni non ho mai potuto intraprendere, dall’altra perché molto spesso si tratta di testimonianze che raccontano delle storie di vita entusiasmanti, arricchenti e mai banali. Normalmente quando ti capita di leggere Presenza? Solitamente la rivista mi fa compagnia nei (lunghi) viaggi in treno che faccio quotidianamente per venire in Università. Mi è capitato però di leggerla anche nella sala d’attesa dell’ufficio Risorse Umane mentre aspettavo di sostenere il colloquio di assunzione. Oggi nell’era dell’online, del giornalismo

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In primo piano

in tempo reale, come vedi il futuro di una rivista cartacea, dell’house organ di una importante università? Credo che ormai si sia trovato un compromesso tra chi auspicava un’egemonia del digitale a discapito del cartaceo e chi invece rifuggiva i nuovi mezzi di comunicazione come un demone. Attualmente e-book e libri tradizionali, edizioni cartacee e digitali di quotidiani e riviste coesistono. Penso che valga lo stesso discorso per Presenza, che sicuramente continuerà ad esistere nel suo formato attuale, perché si rivolge a un pubblico definito e direttamente coinvolto agli argomenti trattati. A questo si potrebbero però aggiungere, soprattutto per coinvolgere i cosiddetti ragazzi della Generazione Z, contenuti digitali e social. * Impiegato presso la Funzione gestione, carriera e servizi agli studenti del campus di Milano

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Presenza, una lente d’ingrandimento sul mondo del lavoro di Lorenzo Campara*

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irca ogni tre mesi trovo nella cassetta postale di casa la rivista Presenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. La sfoglio ma, lo confesso, mi attirano subito le foto, cerco i volti dei docenti che ho conosciuto a lezione, mi piace leggere circa le ricerche e le attività accademiche in cui sono impegnati. Le pagine di questa rivista mi aiutano inoltre a capire gli eventi istituzionali dell’Università, non immediatamente percepibili dagli studenti, un mondo complesso di cui a lezione non sempre si parla. Un mondo fatto di convegni, tavole rotonde, presentazioni di ricerche che mi piacerebbe conoscere meglio. Pertanto è in queste pagine che cerco di cogliere le nuove frontiere della ricerca ai quali i “miei” docenti si stanno dedicando. Particolare attenzione dedico agli articoli relativi ai successi dei neo laureati o degli Alumni. Cerco di capire i loro percorsi, e se anch’io sono sulla via giusta. Presenza infatti mi consente di confrontarmi con la quotidianità dell’Università nelle sue espressioni istituzionali, didattiche e scientifiche, ma mi fa intravedere anche il mondo del lavoro verso il quale sono proiettato. Se ce l’hanno fatta loro, ce la posso fare pure io. Per questo rivolgo particolare attenzione agli eventi e alle opportunità di formazione per noi studenti. Cerco di capire anche le situazioni di chi è accanto a me a lezione, come ad esempio i progetti di solidarietà che consentono a studenti di altri Paesi di trascorrere un periodo di studio in Italia. Con attenzione leggo anche le notizie e le attività delle altre sedi della Cattolica, che mi danno modo di conoscere

altre realtà della nostra vita universitaria. Non mi dispiacerebbe trovare, nelle pagine di Presenza, qualche rubrica che parli della quotidianità della vita universitaria. Per questo non sarebbe male un maggior coinvolgimento degli studenti nello scrivere articoli, nell’affrontare temi legati alle iniziative studentesche, nel “leggere” le iniziative ufficiali dal punto di vista degli studenti, ad esempio uno studente che scrive come ha vissuto la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico o di una laurea honoris causa. Penso che ci siano ancora tante sfide per questa testata storica della Cattolica che compie cinquant’anni: non li dimostra ma va sempre ripensata, adeguata all’attualità e ai temi non solo di vita universitaria, dando spazio alle esperienze dei neo laureati, alla complessità del mondo del lavoro e a come viene percepita l’Università Cattolica all’esterno. * 22 anni, di Milano, studente del secondo anno della Facoltà di Scienze politiche e sociali, corso di laurea in Comunicazione e società

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Riscoprire tra le pagine l’identità dell’Ateneo* o 23 anni e sono iscritto al quarto anno di Giurisprudenza nel campus milanese dell’Università Cattolica. Essendo originario di Altamura, in provincia di Bari, sono orgogliosamente un “agostino” in quanto vivo presso il Collegio Augustinianum dell’Ateneo. Sono lettore di Presenza fin dal mio primo anno di università, e devo dire che grazie proprio alla lettura di questo bimestrale riesco sempre ad essere informato su quel che succede di rilevante nelle varie sedi della mia Università, quasi fossi lì presente. Nomen omen dicevano i nostri avi. Apprezzo molto gli articoli di carattere storico che permettono di conoscere e di approfondire la storia e l’identità dell’Università, ormai alle porte del centesimo anniversario dalla sua fondazione. Così come mi piace leggere articoli che riprendono le omelie dell’Assistente Ecclesiastico Generale o gli interventi di prelati e teologi in Cattolica che permettono di interrogarsi su tematiche spirituali e di fede. Attraggono la mia attenzione anche le notizie riguardanti il Centro Pastorale, l’organo universitario che si occupa della cura pastorale e spirituale della comunità universitaria, della liturgia, del volontariato in università e di tante altre iniziative come l’organizzazione del pellegrinaggio in Terra Santa per studenti e il pellegrinaggio annuale per docenti, nonché mostre e concerti. Nel 50° anno di Presenza auguro al bimestrale di continuare a rendere sempre più unita la nostra amata Università, attraverso i racconti di quanto avviene nelle sue sedi e di stimolare in ogni lettore il consolidamento dell’identità peculiare del nostro Ateneo.

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* di Vito Maino, 23 anni, di Altamura (BA), iscritto alla facoltà di Giurisprudenza

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La mia passione per il giornalismo nata tra i chiostri di Largo Gemelli di Luca De Simoni*

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a copertina della rivista Presenza che mi ritrae matricola tra i chiostri di Largo Gemelli (in piedi a sinistra nella cover di Presenza) mi ha riportato ai primi anni di studio di Lettere Moderne, che ricordo tutti presi dalla passione per la letteratura italiana, la filologia romanza, la storia della lingua. Fu la letteratura italiana del Duecento, spiegata nei volumi di Gianfranco Contini, il primo incontro con gli studi universitari, e fu una sorta di conferma del fascino che Dante, Petrarca e Boccaccio avevano esercitato su di me fin dagli anni del Liceo. Nell’entusiasmo dell’inizio, però, non sempre è chiaro il fine, cioè a che cosa sarebbero serviti questi studi, così belli in sé: quello si sarebbe svelato nel corso degli anni, anche grazie all’amicizia con alcune persone ritratte nella foto della rivista. In particolare ricordo come, al terzo anno, insieme ad alcuni amici dell’Università, organizzammo un incontro pubblico, in Aula Magna, durante le persecuzioni verso gli indipendentisti cattolici di Timor Est e la rivolta degli studenti indonesiani a Jakarta contro il regime. In collegamento telefoni-

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co dal Pacifico, un giornalista del Frankfurter Allgemeine, inviato sul posto, ci fece vivere le rivolte degli studenti dell’università cattolica di Jakarta e ci portò alcuni loro messaggi che inneggiavano alla libertà. Con gli amici che avevano organizzato l’incontro, decidemmo di andare a trovare gli studenti conosciuti in questa occasione, e, grazie all’appoggio dell’ufficio Relazioni Internazionali dell’Università, e all’ufficio comunicazione, partimmo, per una missione di amicizia tra università e come “inviati” nel Paese. Ospiti della conferenza Episcopale indonesiana, intervistammo dapprima il Nunzio Apostolico a Jakarta, poi il Rettore dell’Università Cattolica. Infine incontrammo gli studenti, che avevano manifestato contro il regime e che, con le loro rivolte, avevano contribuito a rovesciarlo. Al nostro ritorno raccontammo il viaggio sulle riviste dell’Università e in un reportage ospitato dal quotidiano Il Giorno. Questa esperienza

fece nascere in me la passione del giornalismo: conclusi i miei studi con una tesi sull’evoluzione del diritto di cronaca in Storia del giornalismo, e cominciai a pensarmi come professionista nella comunicazione. Il primo impiego fu, mentre finivo gli studi, come addetto alla rassegna stampa del Comune di Milano, dopo la laurea sono diventato un professionista delle relazioni pubbliche, e ho lavorato per 13 anni in un’importante agenzia di comunicazione milanese. * alumnus della facoltà di Lettere e filosofia, direttore Public Affairs Vitalaire Italia Air Liquide

Più vicini grazie alle pagine di Presenza* propri figli spesso decidono di andare a studiare lontano da casa. Così è stato per Mirko e Federico che, neo-diplomati in Basilicata, nostra terra d’origine, hanno deciso di proseguire gli studi presso l’Università Cattolica di Milano. Spesso, la lontananza non rende facile per noi genitori seguire la quotidianità dei propri figli che iniziano una nuova vita dall’altra parte del Paese. Oltre ai nuovi mezzi di comunicazione che ci permettono di essere aggiornati in tempo reale, l’Università Cattolica ha creato un “filo conduttore” che collega idealmente famiglia e figli-studenti: Presenza è la rivista bimestrale dell’Ateneo, che puntualmente arriva alle porte delle case d’origine dei fuorisede. È un pezzettino di Università che profuma della vita dei nostri figli e ci racconta i loro eventi, le attività in aula ed extra-didattiche che impegnano gli studenti ogni giorno. L’house organ dell’Università Cattolica, inoltre, ci ha permesso di seguire da vicino lo sviluppo di tutti i progetti in cui

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Mirko e Federico sono stati coinvolti: stage all’estero, erasmus, project work e molto altro, che ci viene raccontato dai ragazzi e che poi ritrovo puntualmente tra le righe di Presenza. Casa e Ateneo sono così più vicini e Presenza ci fa sentire un po’ meno la lontananza. * di Eleonora, mamma di Mirko e Federico, rispettivamente neolaureato e studente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

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In primo piano

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Degli Alumni

Quando i sogni ti portano alla notte delle stelle di Simona Ferrari

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in da piccola sono sempre stata affascinata dal mondo dello spettacolo. Guardavo “Saranno Famosi”, la serie TV, e sognavo di diventare una ballerina e vivere a New York. Purtroppo non avevo un gran talento nella danza e quindi provai a fare l’attrice teatrale. Al liceo entrai nel gruppo teatrale della scuola e successivamente in una compagnia teatrale, ma di nuovo con scarsissimo successo. Andavo decisamente meglio sui libri di scuola ma volevo assolutamente unire la mia passione con quello che sapevo fare meglio, cioè studiare. Mi iscrissi quindi a Lettere moderne all’Università Cattolica, perché offriva non solo un’ottima istruzione ma aveva anche un dipartimento di cinema. Chiesi la tesi al professor Bruno de Marchi, allora docente di Teoria e tecniche del cinema, in quanto volevo incentrare la mia discussione sul cinema della blaxploitation, il cinema afroamericano degli anni 70. Mi laureai il 20 dicembre del 2005 seguita da Nadia Garbellini prima e Massimo Locatelli successivamente, in quanto il professor De Marchi venne purtroppo a mancare prima che potessi finire. Ma ora che fare? Sapevo che avrei voluto lavorare nel cinema ora, sognavo ancora di vivere a New York, ma non conoscevo nessuno che mi potesse aiutare a realizzare almeno uno dei due sogni. Nella realtà lavoravo all’Eni, quindi in un settore completamente diverso, e vivevo a San Giuliano Milanese, non proprio New York City. Decisi di seguire dei corsi di cinema e montaggio dopo il lavoro. Capii che il montaggio era la parte del processo per cui ero più portata, perché mi permetteva di mettere insieme tecnologia e capacità di raccontare storie utilizzando creatività e intuizione. Passò un altro anno e finalmente tramite

 Simona, alumna di Lettere moderne, aveva due sogni nel cassetto: lavorare nel cinema e vivere a New York. Oggi è Assistant Editor in HBO ed è stata assistente al montaggio del documentario Free Solo, premiato agli Oscar 2019 uno dei corsi che avevo seguito trovai uno stage in una piccola casa di produzione, Ondevisive, che si occupava principalmente di documentari e pilot per la TV, ma per la maggior parte guadagnava montando matrimoni e comunioni. Ero alle stelle! Andavo in studio la sera dopo il lavoro e i weekend. Dopo qualche mese presi la decisione di provarci davvero e lasciai la ditta chimica in cui allora lavoravo per provare ad intraprendere la carriera di editor. Guadagnavo 500 euro al mese e tutti pensavano fosse una follia, che non ce l’avrei mai fatta perché non è che davvero sapevo fare quel lavoro e comunque non conoscevo nessuno nel mondo dello spettacolo. D’altra parte siamo sempre in Italia, mi dicevano, si sa che qui senza conoscenze non si va da nessuna parte. Ma io volevo provare ugualmente, c’era sempre tempo per tornare indietro se non fosse andata bene. I ragazzi di Ondevisive mi stavano dando fiducia, forse ce la potevo fare. Dopo circa 9 mesi però avevo davvero la necessità di trovare un lavoro più remunerativo e finalmente un amico, per cui avevo montato dei progetti personali, mi mise in contatto con un’altra casa di produzione che lavorava per Mediaset e Rai. La casa di produzione era Quadrio TV creata e gestita da Claudio Cavalli. Fui assunta all’istante e iniziai a lavorare per il programma Scoriee condotto da Nicola Savino che andava in diretta in terza serata su Rai 2. Montavo brevi servizi di qualche minuto che andavano in onda durante la trasmissione. In Quadrio c’era sempre un gran fermento e tanta voglia di produrre contenuti nuovi. Finito un programma ne partiva subito un altro. Tra gli altri, Quadrio iniziò a produrre la serie Mistero. Per

questo programma inizialmente mi occupavo di montare solo i servizi ma successivamente mi furono affidate anche delle regie di esterne, e iniziai a girare in Italia e per il mondo a raccontare storie. Ora finalmente potevo dire di fare il lavoro che mi piaceva, e forse metà del mio sogno lo stavo realizzando. Ma New York? Ho iniziato a pensare che se ero arrivata fino a qui potevo provare a spingermi anche oltre e attraversare l’Oceano in cerca di fortuna. Durante gli 8 anni in cui lavorai in Quadrio, ogni estate, durante il mese di chiusura, prendevo il volo per NY nella speranza di incontrare qualcuno che mi offrisse un’opportunità lavorativa. Ovviamente non trovai nessuno disposto ad assumermi senza un visto lavorativo. Era ora di sfoderare il piano B: ottenere un visto. Misi da parte i soldi e assunsi un avvocato che mi aiutasse nel processo, che si rivelò lungo complicato ed estenuante per il quantitativo di prove che devono essere prodotte per dimostrare di avere la famosa marcia in più che permette di ottenere il visto O1, per Extraordinary abilities in your field. Dopo un anno e mezzo di ansia e attesa, finalmente arrivò la conferma che avevo ottenuto il visto e decisi di partire nel luglio 2015. Lasciai amici, famiglia e lavoro ma ora avevo realizzato anche il mio secondo sogno, vivere a New York. Passai 7 mesi a inviare decine di curriculum al giorno, rispondendo ad annunci e andando a meeting per incontrare altre persone del settore. Non ricevetti nessuna risposta. Forse dovevo ricominciare da capo, lasciarmi tutto il passato anche lavorativo alle spalle, per quanto frustrante e doloroso dovevo ripartire da zero. Un giorno, nel febbraio 2016, arrivò una telefonata: «Ciao sono Larissa di HBO,

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I’m a fan of you!». Non ci potevo credere! Mi stavano offrendo ben 4 giorni di lavoro come Assistant Editor per un documentario a HBO. Avevo il mio primo lavoro negli Stati Uniti! Mi richiamarono poi per un periodo più lungo e mi raccomandarono per un altro documentario, questa volta per National Geographics, che si chiamava Free Solo, sempre come assistant editor. Prima di trasferirmi a New York immaginavo come sarebbe stato viverci. Mi immaginavo uno stile di vita come si vede nei telefilm, luccicante e pieno di lustrini. In realtà New York è una città durissima, che va a mille all’ora e per stare a galla devi andare a duemila all’ora. Devi imparare a comunicare efficacemente con persone che non sempre capiscono che non è cosi semplice per te esprimerti come saresti capace nella tua lingua. E devi saperti adattare ad una mentalità completamente diversa da quella italiana, sicuramente più pragmatica e settoriale. È vero che se ti impegni e lavori tanto negli Stati Uniti hai sicuramente più possibilità di arrivare in alto, ma questo significa anche fare tante rinunce e lavorare giorni, notti e weekend, spesso più di un lavoro allo stesso tempo. E così è stato per i due anni e mezzo in cui ho lavorato per Free Solo, di sicuro il progetto più appagante e intenso che abbia mai fatto. Free Solo è un documentario incentrato sullo scalatore Alex Honnold, il primo atleta che è riuscito a scalare a mani nude El Capitan nel parco di Yosemite in California. Per riuscire in quest’impresa ha lavorato durissimo per anni, quel giorno non poteva sbagliare assolutamente nulla. E come Alex, tutto il team, me compresa, si è impegnato allo stesso livello, ognuno nel suo settore, aspirando all’eccellenza. Il film non è stato accettato al Sundance, e nemmeno a Cannes nel 2018. Abbiamo continuato a lavorarci. La premier è stata al Telluride Film Festival a fine Agosto 2018 e da lì il film ha vinto un premio via l’altro fino ad arrivare agli Oscar 2019. Quando hanno aperto la busta per il vincitore del miglior documentario e hanno detto il nome Free Solo ho capito che, nonostante tutto, bisogna sempre seguire i propri sogni perché da qualche parte ti portano sempre. Ci vuole impegno, determinazione e fare tante rinunce ma ne vale sempre la pena.

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Degli Alumni

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Simona Ferrari, Assistant Editor – HBO, Alumna della facoltà di Lettere e Filosofia, 2005


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Degli Alumni

Il valore aggiunto che gli italiani danno alla società e all’economia britannica

Alumni a Londra, secondo round di Katia Biondi

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econda reunion per il Comitato Internazionale Alumni UK dell’Università Cattolica, nato lo scorso settembre a Londra per rafforzare la rete dell’Ateneo con i laureati che vivono e lavorano in Gran Bretagna. Così giovedì 13 giugno il “gioiello nascosto” di Canonbury Square, com’è noto ai più il museo Estorick Collection of Modern Italian Art, ha ospitato il nuovo incontro della community dell’Università Cattolica, questa volta dedicato al valore aggiunto che gli italiani danno alla società e all’economia britannica. Un’occasione preziosa per fare networking ma anche per condividere idee e progetti. Shaping British economy and society: the Italian touch: questo il titolo dell’iniziativa che è stata introdotta dai saluti dei referenti del Comitato a Londra, Giuseppe Giusti, Director FS Reg, e Alessandro Caffi, Associate Goldman Sachs. A partire dalla loro personale esperienza,

 Il comitato internazionale UK dei laureati dell’Ateneo si è ritrovato al museo Estorick Collection of Modern Italian Art. Un’occasione per fare networking e condividere idee alcuni “alumni” dell’Ateneo hanno raccontato il loro percorso professionale e che cosa li ha portati a trasferirsi Oltremanica. Cristina Dondi, Senior Research Fellow in the Humanities at Lincoln College, University of Oxford si è soffermata sulla «grandissima qualità di insegnamento, anche a livello etico» ricevuta dai professori dell’Ateneo. Adele Schirinzi, Financial Crime Manager at Marsh, in particolare ha ricordato «le lezioni del professor Gabrio Forti, mio relatore di tesi, e gli argomenti del Diritto penale che ho continuato ad approfondire, anche una volta laureata». Maria Fiorito, Registered European Lawyer at Vardgas, ha elogiato sia «l’approccio umanistico» sia il «metodo ricevuto», anche in materia legale, dell’Università Cattolica che dal suo punto di vista hanno fatto la differenza. «I chiostri di largo Gemelli, insieme al collegio Ma-

rianum, sono stati per me una seconda casa: inoltre ho conosciuto mio marito proprio in Cattolica». Per Tiziano del Nobile, Investment Associate at TCK Investment Management, sono stati fondamentali gli insegnamenti ricevuti a livello trasversale: «Ho studiato materie economiche ma spiegate in maniera globale e questo, a mio avviso, è stato il valore aggiunto per il mio percorso professionale». Non sono mancati poi riferimenti all’attualità, con accenni alla Brexit: «Nella storia ci sono cicli che si susseguono difficili da rompere», ha spiegato Cristina Dondi. «Il nostro compito è continuare a fare ricerca, preservare quanto costruito e scegliere sempre l’apertura». Gli italiani e il made in Italy sono sinonimo di qualità: per tutti i relatori, quindi, l’auspicio è che la Brexit sia solo un ciclo storico e non sovrasti tutto il positivo che c’è a Londra.

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Nel mondo

Exchange, bagno di cultura in Giordania* a mia esperienza come studentessa Exchange in Giordania è stata assolutamente positiva e stimolante. La University of Jordan è stata un’istituzione funzionale, l’ufficio internazionale accoglie e informa gli studenti internazionali in modo cordiale e esaustivo. Il corso di lingua incluso nel pacchetto Erasmus impegna cinque ore al giorno, l’insegnamento è totalmente impartito in arabo e le classi sono divise sulla base dei risultati del test iniziale. Ho frequentato il quarto livello e la mia classe era composta da 15 studenti provenienti da altrettanti Paesi di tutto il mondo. Le lezioni prevedevano l’approfondimento di un argomento diverso ogni settimana – matrimonio, istituzioni statali, educazione, letteratura – e l’ultimo giorno di lezione della settimana ogni studente doveva preparare una presentazione dove spiegava come quel certo argomento si attuava nella sua nazione. Questo ha permesso di arricchire il mio bagaglio culturale non solo del mondo arabo ma anche di tradizioni e istituzioni appartenenti ad altri continenti. L’impatto iniziale è stato forte e difficoltoso, ma la bravura della nostra insegnante giordana e la necessità di dover affrontare sfide quali una presentazione davanti alla classe totalmente in arabo hanno contribuito, con il passare del tempo, a farmi acquisire maggiore sicurezza, portandomi ad arricchire lessico e fluidità. Inoltre, ho apprezzato di questo corso le ore di ammiya giordana, fondamentale anche solo ad acquisire il lessico necessario a ordinare al ristorante o per indicare quale tipo di frutta si voglia acquistare al supermercato. L’ambiente che si è creato nel centro linguistico ha permesso di stringere delle amicizie con le quali ho condiviso alcuni dei momenti più belli della mia vita. Nonostante la University of Jordan sia un campus enorme, da studenti stranieri è difficile passare inosservati: devo ammettere che inizialmente avere gli occhi di tutti puntati addosso mi provocava soggezione, ma conoscendo meglio le persone del luogo ho compreso che quegli sguardi non erano altro che una profonda curiosità e voglia di conoscere. Non penso sia passata una sola settimana nell’università in cui io e le mie amiche del centro linguistico non siamo state fermate da ragazze e ragazzi giordani con la voglia di fare amicizia o organizzare qualcosa assieme.

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I giordani sono un popolo estremamente generoso e il clima dentro l’università è positivo ed accogliente per chi vuole immergersi completamente nella cultura del posto. Nota molto positiva è stata anche la possibilità di discutere in maniera aperta e rispettosa con la nostra professoressa di lingua di questioni controverse quali la condizione femminile o l’estremismo religioso. Durante la mia permanenza ad Amman ho dovuto sfatare un altro stereotipo che aleggia attorno alle esperienze mediorientali, ovvero che la parte ludica sia inferiore rispetto ad altre destinazioni. Nulla di più sbagliato! Gli arabi amano fare festa, amano ballare e cantare, non è passato un solo fine settimana in cui non abbia avuto la possibilità di imparare dei passi di dabke, mentre mangiavamo shawarma e knafi. Nemmeno nel campo di Wadi Rum è stato possibile sottrarsi ad una danza. Per ciò che riguarda Amman è una città di una bellezza particolare, dove antico e moderno, sacro e profano si mescolano in un connubio di colori su una tela di bianco crema, colore caratteristico di tutte le abitazioni della città. Ogni quartiere ha la sua particolarità, dal centro città con i mille bazar e i ristorantini al primo piano dei palazzi, alle lussuose ville di Abdun, ai mille pub e bar di Paris circle, luoghi diversi accomunati dalla stessa melodia del richiamo alla preghiera. La posizione centrale di Amman permette di viaggiare e scoprire nei weekend le bellezze del Paese: il mar Morto, le gole di Wadi Mujib, il sito archeologico di Petra. Ad avermi rubato il cuore è stata la notte passata nel deserto di Wadi Rum. La tribù beduina ci ha accolto come se fossimo di famiglia, raccontandoci storie sul deserto e sulle migliaia di stelle che è possibile

vedere la notte, mentre si sentono i coyote ululare in lontananza. L’alba che sale nelle dune rosse del deserto è un’immagine che difficilmente riuscirò a cancellare dai miei ricordi. La Giordania non è solo un luogo spettacolare da visitare, ma è la casa di un popolo accogliente, di persone che alla mia partenza hanno detto: “puoi tornare quando vuoi, qui avrai sempre una famiglia”. Un viaggio che oltre ad aver arricchito la mia preparazione universitaria, ha acceso l’amore per una cultura regalandomi un bagaglio di esperienze di vita senza pari. Consiglierei a chiunque di prendere il coraggio di partire e vivere questa magnifica terra, come disse Pessoa, “Il viaggio sono i viaggiatori. Ciò che vediamo, non è ciò che vediamo ma ciò che siamo”. * di Gioia Franchellucci, 23 anni, di Sant’Elpidio a Mare (Fm), terzo anno del corso di laurea in Scienze linguistiche per le relazioni internazionali, interfacoltà Scienze linguistiche e letterature straniere-Scienze politiche e sociali

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Nel mondo

Studiare medicina in corsia a Münster* ieci mesi da trascorrere a Münster, in Germania. Un nome sconosciuto a tutte le persone con cui ne parlavo e storpiato nei modi più fantasiosi dai miei amici. Ma Münster è in realtà una delle città universitarie più famose della Germania, 37.000 studenti e una media di tre biciclette per abitante. Tra le cose più rappresentative del mio Erasmus c’è proprio la mia ormai malandata bicicletta azzurra, con cui ho pedalato sotto la pioggia, con dieci gradi sotto zero le mattine d’inverno per andare in reparto, di notte da un capo all’altro della città perché qualcuno ha sentito dire di una festa, per raggiungere casa di un amico perché semplicemente stasera non hai voglia di cenare sola, sotto il sole per andare a tuffarsi nel canale a luglio quando anche in Germania ci sono più di trenta gradi. Una bicicletta parcheggiata in riva al lago, questa è una delle immagini che più associo a Münster nella mia testa, ma accanto a questa ce ne sono talmente tante altre che è difficile scegliere le più significative, perché tirare le somme di un’esperienza così variegata e intensa è compito arduo. Erasmus is not one year in your life, but your life in one year: l’Erasmus è come racchiudere la vita in un anno, riparti da

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capo in una nuova città, con una nuova casa, una nuova università, devi parlare un’altra lingua e costruire dall’inizio nuove abitudini e nuovi rapporti. Tutto scorre così veloce che il tempo passa e senza che tu te ne accorga ti senti a casa, ogni angolo è familiare e le persone che vedi ogni giorno sono ormai la tua routine. Questa città è diventato il tuo angolo di felicità, ma adesso il tuo periodo qua è finito: gli ultimi giorni sono strani, la malinconia è un sottofondo costante anche nelle ultime feste, gli addii sono difficili, eppure allo stesso tempo sei felice perché sei arrivato in fondo a un’esperienza che senti di aver vissuto a pieno. Non definirei l’Erasmus come una parentesi, perché non finisce affatto nel momento in cui torni a casa, in quanto ti arricchisce in tutto e per tutto: questo anno mi ha lasciato moltissimo, sia dal punto di vista umano che formativo. Studiare Medicina in un’università tedesca vuol dire confrontarsi con una realtà molto diversa dalla nostra, e posso dire che sia stata una sfida: le lezioni e gli esami in tedesco, i professori che parlano troppo veloce, la ricerca di slide e informazioni, i tirocini in reparto in cui ti accorgi di quanto dai primi anni gli studenti tedeschi siano capaci di fare molto in autonomia. All’inizio il confronto con il sistema italiano è inevitabile; in Germania la pratica è molto più importante: lo studio non è motivo di stress eccessivo e le possibilità sono maggiori. Poi ho capito che

non serve lamentarsi ma piuttosto farsi incentivare da questa realtà e tornare a casa con più motivazione e voglia di fare: tutto questo è stato e rimane uno stimolo per il resto dei miei studi e per il futuro. E poi le amicizie: in un anno ho conosciuto decine di persone diverse da tutta Europa, e non solo, ho stretto rapporti bellissimi con spagnoli, polacchi, americani, tedeschi, che spero si mantengano negli anni nonostante le distanze. Dopo un’esperienza del genere in cui condividi la quotidianità con persone di altre nazionalità, per cui ogni giorno diventa un confronto di culture, è impossibile non tornare a casa con la mente più aperta e la convinzione che i confini linguistici e geografici non sono un limite ma piuttosto un punto di incontro. La Germania è un paese che ti accoglie e ti apre a tutte le sue possibilità, dopo un anno posso dire di aver trovato un posto che per una parte di me sarà sempre casa. Lasciare luoghi e persone ormai così familiari è difficile, ma non sono triste, perché so di aver vissuto a pieno questo periodo della mia vita che, nonostante si sia concluso, mi ha arricchito di determinazione e di una buona dose di curiosità verso tutto il mondo. * di Michela Orlandi, 25 anni, studentessa del quinto anno del corso di laurea in Medicina e chirurgia, Roma

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PRESENZA

Nel mondo

“Se i tuoi sogni non ti spaventano, significa che non sono grandi abbastanza”. È questo il monito che ha spinto Paola a lasciare il suo paese, la Bulgaria, per iscriversi a un corso di laurea in itaiiano, senza averlo mai studiato prima

Studying in Italy: a dream come true y name is Paola and I come from Bulgaria. As you can easily tell from my name, I was meant to move to Italy one day. I was only 3 years old when I first set foot in Italy but that was love at first sight, and I kept falling in love with the country every single time I came here with my family. At the age of 18, while most of my friends remained in their home country after graduating from high school, I chose to get out of my comfort zone. My decision to study in Milan was a sentimental one to a great extent, since my father used to live here with his family as a child. We visited the “Study in Italy” fair in Sofia and among all the Italian universities represented there, I knew right away that it was Cattolica where I wanted to study. And here I am, 4 years later, in my final year of the Bachelor in “Foreign languages and international relations”. It has been

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quite a challenge for me, but they say that if your dreams don’t scare you, then they are not big enough. I have to admit I was a bit scared initially of what I could expect throughout this whole new experience. But what I knew for sure at that point was that Italy was the only place that felt like a second home to me. Strange as it may seem, I was going to start a course taught in Italian without

having ever attended an Italian school. And I thought “What better way to get more acquainted with Milan than studying Italian in the heart of the city?”. So, I took a series of language courses before the beginning of my first year in order to meet the language requirements. The good news is that once you arrive here, not only do you get to learn more about the culture, but you also learn the language much better – and I think that’s the best part of staying in Italy, apart from food! My fears of feeling alone in a class full of Italians turned out to be unfounded: I was lucky enough to find some real friends who have been with me from the very beginning. Looking back now, I have to say I had never even imagined many of the things that I experienced here. Who would have thought that I would attend the Milan Fashion Week this year or that I would be invited to talk to the Mayor of Milan, Giuseppe Sala? I am really happy that the job as a Student Work I have been doing for the past year at the International Office has given me the chance to share my whole experience with other international students. I hope I have encouraged all of them to just take chances and dive in, because it will all be worth it in the end.

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In carriera

Da Scienze politiche alle stanze del Quirinale di Agostino Picicco

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 Luciano Ghelfi, classe 1965, mantovano d’origine, si è laureato in Università Cattolica in Scienze politiche, indirizzo politico-internazionale, con una tesi in Teoria e tecnica dell’informazione sul tema La politica in vetrina. Giornalista del Tg2Rai, racconta la politica da 25 anni, negli ultimi tempi anche dal Quirinale. Molto seguiti i suoi interventi (in particolare su Twitter @lucianoghelfi) in l sogno di diventare giornalista lo occasione soprattutto delle formazioni dei governi

ha coltivato sin da bambino. Luciano Ghelfi la scelta della facoltà di Scienze politiche in Cattolica l’aveva fatta proprio per puntare a questo obiettivo: cercava una Facoltà che gli fornisse una preparazione solida, ma che spaziasse su un orizzonte vasto, e l’ha trovata in Largo Gemelli. Poi, la porta d’ingresso al mondo della comunicazione gli è stata offerta dall’Istituto per la formazione al giornalismo di Milano, quando era l’unico a sostituire il praticantato fatto in redazione. Da lì, e grazie alle basi apprese nei chiostri bramanteschi, è passato alla Gazzetta di Mantova, il quotidiano della sua città d’origine, e dopo quattro anni il salto a Roma. Lì quattro anni di radio, e dal 1995 il passaggio al Tg2, dove si è sempre occupato di politica interna da

giornalista parlamentare, da inviato, da capo della redazione politica e, dal 2015, da quirinalista. Come ha iniziato? Da dove nasce la passione per il giornalismo? I primi articoli li ho scritti ai tempi del liceo su “La Cittadella”, il settimanale della mia diocesi. Poi ho cominciato a scrivere di sport sulla “Gazzetta”, come addetto stampa di una squadra di parrocchia. Non ero ancora maggiorenne, e baravo un po’ sull’età. Il desiderio che sentivo era quello di raccontare, ogni pretesto era buono. La gavetta in provincia, dopo la scuola a Milano, è stata fondamentale per imparare a cavarsela in ogni situazione. È un apprendistato che si è rivelato pre-

zioso anche in RAI, ambiente sfidante e competitivo, ma dove ho avuto la fortuna di trovare gente che ha creduto in me, dandomi l’opportunità di mettermi alla prova. Nei primi mesi al GR2 conducevo i giornali radio brevi. Ero così entusiasta, che cercai di oppormi al trasferimento al politico, deciso dal direttore Marco Conti. Aveva ragione lui, quella era la mia strada, e non finirò mai di ringraziarlo per avere insistito. In questi anni di frequenza del Quirinale ha conosciuto “da vicino” gli ultimi presidenti della Repubblica... Frequento il Quirinale da più di vent’anni, avendo sostituito spesso Daniela Vergara, di cui ho preso il posto nel 2015. Ogni presidente fa storia a sé. Il caparbio Scalfaro, il patriottico Ciampi, il puntiglioso Napolitano, il felpato Mattarella, che vuole essere arbitro poco visibile, ma che sa essere irremovibile sui principi. Al Quirinale la fase di lavoro più convulsa che abbia mai visto è stata senza dubbio la crisi di governo successiva alle elezioni del 2018. Una sfida continua cercare di spiegare ai telespettatori che cosa stesse succedendo, con la situazione che cambiava spesso di minuto in minuto. Noi eravamo i primi che faticavamo a capire. Alla fine Mattarella ha ringraziato tutti noi, operatori dell’informazione, e dai giornalisti e cameramen presenti si è levato un applauso spontaneo all’indirizzo del Capo dello Stato. Quale consiglio potrebbe rivolgere a

Università Cattolica del Sacro Cuore


chi vuol entrare nel mondo del giornalismo? L’intero mondo della comunicazione si trasforma a gran velocità. Bisogna saper stare al passo con i tempi. Quindi serve una solida preparazione culturale di base, sulla quale innestare la capacità di imparare tecniche nuove. Chi si occupa di comunicazione oggi non solo deve scrivere bene, ma deve padroneggiare i social, le riprese, il montaggio, e seguire le innovazioni tecnologiche. Il giornalista del XXI secolo deve necessariamente essere multimediale. Una lezione non passa mai di moda, però: fare giornalismo è raccontare quel che succede, e le opinioni degli altri, non esprimere le proprie, almeno all’inizio. Per quelle ci sono i social e i blog, che sono i diari del nuovo millennio. Il giornalismo è un’altra cosa. Come ricorda i suoi anni di studio all’Università Cattolica? Nel complesso, gli anni di studio a Milano mi hanno arricchito da tutti i punti di vista, tanto da quello culturale, quanto da quello umano. Non so in quanti altri posti in Italia si possa fare un’esperienza tanto coinvolgente. E pensare che ho scelto la Cattolica in modo quasi casuale, per esclusione rispetto ad altre facoltà di Scienze politiche del nord Italia che mi sembravano non offrire adeguate garanzie di qualità. Non ne sono affatto pentito. Ha un ricordo particolare legato a un suo professore dell’Ateneo? Il ricordo più nitido per la fatica fatta è quello di Gianfranco Miglio, due esami che erano autentiche forche caudine, Scienza della politica e Storia delle dottrine politiche. Poi, a Palazzo Madama, ne divenni amico e confidente, quando arrivò a Roma come senatore della Lega. Molto importanti per me sono stati anche gli incontri con Alberto Quadrio Curzio (due esami di Economia politica), Lorenzo Ornaghi, all’epoca assistente di Miglio, e Gianfranco Bettetini per quanto riguarda le comunicazioni di massa. Mi ritengo fortunato ad avere avuto maestri di questo livello. Università Cattolica del Sacro Cuore

PRESENZA

In carriera

Lei ha frequentato l’Augustinianum, il collegio maschile della Cattolica. Cosa le ha lasciato l’esperienza collegiale? Quando penso alla Cattolica non riesco a immaginarla separata dall’esperienza del collegio universitario Augustinianum. Il collegio è stato di sicuro la parte più bella dei miei anni milanesi. Una sfida culturale e umana insieme. Studiare come pazzi, per superare il numero di esami necessari per la riconferma del posto, e contemporaneamente confrontarsi con gente che veniva da ogni parte d’Italia, e dall’estero. Il tutto condito con un pizzico

invito. Alla Cattolica mancava una rete dei suoi laureati, che altre università, soprattutto straniere, hanno da decenni. La rete degli ex allievi non solo può far piacere a chi ha lasciato i chiostri da tempo (e già sarebbe un risultato apprezzabile), ma può essere anche utile come bussola ai neolaureati. In fondo, aver fatto la Cattolica è un marchio di fabbrica di qualità. Mi auguro che l’iniziativa prosegua e si consolidi. Un legame dell’Università Cattolica con i laureati è dato dalla rivista “Presenza”. La legge?

Una lezione non passa mai di moda, però: fare giornalismo è raccontare quel che succede, e le opinioni degli altri, non esprimere le proprie, almeno all’inizio di sana goliardia, avevamo vent’anni e non eravamo né musoni né secchioni. E dicono che nel fare i gavettoni fossi bravino... Quei rapporti sono rimasti, anzi le nuove tecnologie e i social hanno contribuito a rinsaldarli negli ultimi anni. Cosa ne pensa della recente esperienza degli Alumni? Ho aderito con entusiasmo a questo

Si, ricevo regolarmente Presenza, e la sfoglio con piacere. Continua a colpirmi la varietà dell’offerta educativa dell’Ateneo, da Medicina a Economia, da Lettere a Giurisprudenza, a tantissimi corsi di laurea e dottorato. È l’indice di un’Università viva e capace di innovare. Dopo quasi cento anni, la Cattolica penso abbia ancora molto da dire e da fare, e Presenza ne è il perfetto biglietto da visita.

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PRESENZA

Nella ricerca

I prodotti più rubati? Alimentari, abbigliamento, cellulari e attrezzi di alto valore nei negozi fai-da-te

Furti nel retail, un danno da 49 miliardi di Emanuela Gazzotti

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e perdite derivanti dalle differenze inventariali costano ai retailer più di 49 miliardi di euro all’anno. Il rapporto Retail Security in Europe. Going beyond Shrinkagee – condotto da Crime&tech, spinoff dell’Università Cattolica – Transcrime, con il supporto di Checkpoint Systems, leader globale nella fornitura di soluzioni from source to shopperr per il settore retaill – rivela quali sono i prodotti più rubati. Tra i prodotti alimentari, i primi cinque sono bevande alcoliche, formaggi, carne, dolci e pesce in scatola. Nel settore dell’abbigliamento sono accessori, maglieria, pantaloni e camicette, mentre telefoni cellulari e accessori sono in cima alla lista rispettivamente nel settore dell’elettronica e tra gli attrezzi di alto valore nei negozi di fai-da-te. Lo studio, che raccoglie i feedback di retailer di 11 Paesi (Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Russia,

 A tanto ammontano, a livello europeo, le perdite derivanti dalle differenze inventariali, secondo uno studio di Crime&tech, spin off di Transcrime Spagna, Svezia e Regno Unito), rivela che i reati più comuni che determinano le differenze inventariali comprendono il taccheggio, i furti commessi dai dipendenti e le frodi. Le contromisure più adottate includono sistemi di videosorveglianza (utilizzata dall’80% dei rispondenti), tecnologie EAS e sistemi di allarme gestiti da terzi (70%), mentre oltre il 25% dei rispondenti combina sistemi EAS e videosorveglianza per una protezione più efficace. Il professor Ernesto Savona (nella foto), direttore di Crime&tech, così si esprime: «Tale studio va oltre le differenze inventariali e analizza le politiche e le tecnologie adottate dai retailer, i fattori contestuali che hanno un impatto sulle perdite nel settore retail, i metodi adottati dai taccheggiatori e come le contromisure e le soluzioni relative alla sicurezza vengono adottate e combinate insieme».

Secondo Alberto Corradini, Business Unit Director Italia di Checkpoint Systems, «il nuovo studio sulla Sicurezza del Retail in Europa aiuterà i retailer a valutare e definire le proprie strategie di prevenzione delle perdite, riducendo i furti e migliorando l’esperienza del cliente». Inoltre, alla luce di questi dati, sempre Corradini mette in guardia i retailer: «Il fatto che le differenze inventariali, se convertite in fatturato, rappresenterebbero il quarto maggior retailer europeo, non dovrebbe essere preso alla leggera. È estremamente preoccupante che le azioni di pochi possano avere un impatto finanziario su aziende e dipendenti. È molto importante che i retailer prendano nota dei risultati e adottino le misure necessarie per ridurre le perdite».

Medicina, i traguardi raggiunti

Innovazione e salute al centro della ricerca di Federica Mancinelli

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n microchip nel cuoree – Si è tenuto alla Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS di Roma l’impianto di un microchip wireless ultratecnologico nel cuore di un paziente ultrasettantenne con scompenso cardiaco, grave condizione che riguarda in Italia dai 600 ai 750 mila individui e che dopo i 65 anni rappresenta la prima causa di ricovero. L’impianto, eseguito dall’équipe da Filippo Crea, direttore del Dipartimento di Scienze cardiovascolari e toraciche del Gemelli avviene con un intervento mininvasivo della durata di neanche un’ora e il posizionamento del sensore avviene in soli 6 minuti. SMA, al via lo screening neonatalee – I bambini che nasceranno nel Lazio e in Toscana

 Da un microchip wireless ultratecnologico, al progetto pilota per uno screening neonatale, al primo modello animale per lo studio dell’artrite psoriasica, sono i progetti e le ultime sfide del Policlinico Gemelli avranno un’opportunità di salute in più: un test, gratuito, permetterà di sapere subito se si è affetti da una grave e rara malattia neuromuscolare: l’atrofia muscolare spinale (SMA), la prima causa genetica di mortalità infantile. Grazie ad un progetto pilota coordinato dalla Cattolica, il cui responsabile è Francesco Danilo Tiziano, professore all’Istituto di Medicina Genomica, realizzato in collaborazione con i centri dello screening neonatale regionali, i centri nascita di Lazio e Toscana, e le Istituzioni regionali, circa 140 mila bambini in due anni verranno sottoposti a screening mediante il test genetico. Artrite psoriasica, un nuovo modello ani-

malee – L’Università Cattolica ha contribuito alla realizzazione del primo modello animale per lo studio dell’artrite psoriasica, malattia infiammatoria che in Italia colpisce oltre centomila persone. L’innovativo lavoro, svolto negli Stati Uniti e in Italia, è il risultato di una collaborazione di più centri coordinata da Paul D. Robbins dell’University of Minnesota, Laura Niedernhofer, Raphael Flores, Debora Colangelo, Enrico Pola, ricercatore dell’Istituto di Clinica Ortopedica della Cattolica, diretto dal professor Giulio Maccauro, medico dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia vertebrale della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. Università Cattolica del Sacro Cuore


I risultati dell’indagine del gruppo di Psicologia dei Consumi

Il latte vaccino piace ancora agli italiani, ma 1 su 4 beve latte senza lattosio di Sabrina Cliti

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l latte vaccino: piace ancora agli italiani, ma 1 su 4 beve latte senza lattosio. Una scelta slegata dalle condizioni di salute del consumatore, dato che solo un quarto di chi sceglie senza lattosio ha un’intolleranza. È uno dei dati emersi dall’indagine condotta dal gruppo di Psicologia dei Consumi della facoltà di Scienze agrarie alimentari e ambientali dell’Università Cattolica di Cremona, diretto dalla professoressa Guendalina Graffigna (nella foto)) e presentata a Cremona il 31 maggio all’evento promosso dal Comitato italiano della Fédération Internationale du Lait e dall’Università Cattolica, con il supporto della Fondazione Invernizzi. «L’indagine, nata nell’ambito del progetto Cremona Food Lab e coordinata dal professor Lorenzo Morelli, ha preso in considerazione un

 Giornata mondiale del latte: comunicazione e alimentazione corrette. L’abbinata vincente per sconfiggere le fake news campione di 1004 persone rappresentativo della popolazione italiana, con un’attenzione particolare su 269 mamme con figli da 1 a 22 anni – spiega la professoressa Graffigna –. L’obiettivo è stato quello di esplorare e misurare i comportamenti, gli atteggiamenti, le motivazioni e le informazioni che ruotano intorno al consumo di latte». Il latte vaccino viene percepito come salutare e gustoso, mentre l’imprescindibilità di consumo appare essere una “zona d’ombra”, soprattutto in riferimento all’età adulta (maggiori di 22 anni). Ma se ci concentriamo su coloro che dichiarano di consumare tutti i giorni prodotti senza lattosio (un 25% del totale), scopriamo che solamente un quarto di essi (6%) lo consuma per la Presenzaa di un’intolleranza (peraltro non sempre diagnosti-

cata da uno specialista). I consumatori di prodotti “senza lattosio” si dichiarano più spesso preda delle fake newss in ambito agro-alimentare (20% dei consumatori di senza lattosio, contro il 10 % dei consumatori di latte vaccino) e appaiono alla ricerca di una guida affidabile per orientarsi nella scelta dei prodotti. Rari i casi in cui bisogna rinunciare. «Il malassorbimento di lattosio è abbastanza diffuso negli adulti, ma quasi mai necessita dell’eliminazione del latte – precisa Andrea Ghiselli, presidente della Società Italiana di Scienze dell’Alimentazione –. Chi assorbe male il lattosio può consumare una tazza di latte senza disturbi e consumando regolarmente piccole quantità di lattosio si adatta la flora batterica del colon che impara a digerirlo».

La seconda edizione del congresso “World Anti-Bullying Forum”

Migrazione e bullismo, i dati Unesco di Antonella Olivari

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ragazzi immigrati o di gruppo etnico minoritario rischiano maggiormente di sviluppare problemi di comportamento quando sono vittime di bullismo, perché questa condizione di sofferenza si associa allo stress conseguente alla necessità di adattarsi a un contesto culturale che non è quello di origine della famiglia. È quanto è emerso a Dublino, durante la seconda edizione del World Anti-Bullying Forum, il congresso mondiale sul bullismo, dove Simona Caravita, docente di Psicologia dello sviluppo, ha presentato un report, voluto e finanziato dall’UNESCO, sul tema del bullismo che coinvolge bambini e ragazzi migranti. Dal report è emerso che, nei diversi Stati, gioUniversità Cattolica del Sacro Cuore

PRESENZA

Nella ricerca

 I giovani migranti o appartenenti a gruppi etnici minoritari hanno maggiore probabilità rispetto ai coetanei di subire bullismo e cyber-bullismo

vani migranti o appartenenti a gruppi etnici minoritari hanno una maggiore probabilità rispetto ai loro coetanei di subire bullismo: in Nord-America e Europa il 33% dei migranti, contro il 26% dei nativi, è vittima di bullismo tradizionale e il 14% dei migranti, contro il 9% degli autoctoni, subisce cyberbullismo. «I risultati segnalano anche che nel caso del bullismo etnico hanno un ruolo importante meccanismi e processi psicologici diversi da quelli alla base del bullismo in generale – spiega Caravita –. Solitamente il giovane prepotente prevarica per ottenere approvazione dai coetanei e un ruolo di leader nel gruppo». I dati del report scientifico presentato a Dublino

verranno tradotti dall’UNESCO anche in linee di intervento contro questa allarmante forma di bullismo. A riguardo, Simona Caravita coordinerà per Università Cattolica il progetto nazionale Prejudicial bullying involving ethnic groups: Understanding mechanisms and translating knowledge into effective interventions. Il Prejudicial Ethnic Bullying (PEB) è caratterizzato da intenzionalità, ripetizione, squilibrio di potere, ed è influenzato da processi legati alla moralità e alle dinamiche di gruppo. La ricerca identificherà i meccanismi psicologici che possono spiegare l’incidenza e il mantenimento del PEB per sviluppare interventi anti-PEB basati sull’evidenza scientifica.

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In Ateneo

Stanziati 2,4 milioni

Borse di studio per tutti gli idonei di Emanuela Gazzotti

 L’impegno della Cattolica per garantire 2.942 borse di studio. Invariati i finanziamenti pubblici a fronte invece dell’aumento degli idonei e degli studenti stranieri

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Università Cattolica investe 2,4 milioni di euro per gli studenti bisognosi e meritevoli, compensando ancora una volta l’insufficienza di fondi pubblici per il diritto allo studio. Di 2.942 studenti idonei alla borsa di studio, i fondi ministeriali e regionali sono riusciti a coprire il 77,5% lasciando fuori quindi 752 studenti che, nonostante ne avessero diritto, non avrebbero ricevuto alcun finanziamento. «Gli studenti idonei crescono di anno in anno, ma i fondi rimangono sempre gli stessi – afferma la professoressa Antonella Sciarrone Alibrandi, prorettore vicario dell’Università Cattolica e presidente di EduCatt –. Lo scorso anno gli idonei non beneficiari erano 600. Servono maggiori investimenti mirati». In particolare la prorettrice sottolinea come «a livello regionale una delle ragioni della diminuzione della percentuale di idonei beneficiari è data dal sensibile incremento riscontrato nel numero degli idonei e soprattutto nel numero degli studenti stranieri». In Cattolica infatti si è registrato un +35% di studenti dall’estero, che globalmente rappresenta il 5% degli idonei. Se da una parte quindi più studenti stranieri significa maggior attrattiva del sistema universitario lombardo, dall’altro implica la necessità di utilizzare e ampliare i fondi che garantiscano il diritto allo studio e il sostegno a questi studenti stranieri. «È stato da poco riattivato – spiega ancora la professoressa Sciarrone Alibrandi – l’Osservatorio regionale del Diritto allo studio al fine di effettuare un’analisi approfondita della situazione in atto e di dotarsi di strumenti che consentano di rafforzare l’attrattività internazionale del sistema universitario lombardo e, al tempo stesso, assicurando la necessaria tutela, in termini di diritto allo studio, a tutti gli studenti effettivamente meritevoli e bisognosi». La prorettrice Sciarrone Alibrandi rilancia anche il tema delle regole, nel senso che è essenziale che verifiche antifrode

siano svolte per tutti gli studenti, anche per chi proviene da paesi extra UE. L’Università Cattolica dal 2011 ha stanziato fino a 8,5 milioni per garantire la borsa di studio a tutti gli idonei. «Gli importi vanno da 1.200 fino a 4.500 euro. E chi

riceve il contributo della Regione è anche esonerato dal pagamento delle tasse universitarie» ricorda inoltre la Prorettrice, sottolineando come l’Ateneo, per il terzo anno consecutivo, non ha aumentato i contributi degli studenti.

Lavoro, studiare in Cattolica premia tudiare in Università Cattolica ha un vantaggio non solo per il prestigio che i recruiter a livello internazionale riconoscono all’Ateneo del Sacro Cuore ma anche per i migliori ritorni economici che si ottengono una volta conseguita la laurea. Lo dice il nuovo report dell’Osservatorio Job Pricing realizzato insieme a Spring Professional, società di consulenza del gruppo Adecco, secondo cui la retribuzione annua lorda di un giovane tra 25 e 34 anni, che ha nel curriculum un titolo in Università Cattolica, è di 32.400 euro e colloca la Cattolica al terzo posto tra le università italiane (escludendo il Politecnico di Milano). Un valore che supera del 6,4% la media nazionale. L’Università Cattolica sale al secondo posto, sia nella fascia di laureati tra i 35 e i 44 anni (con una retribuzione

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annua lorda di 43.000 euro), sia nella fascia tra i 45 e i 54 anni (toccando uno stipendio lordo di 59.200 euro), superando in entrambe le fasce anche il Politecnico di Milano. Ma il dato più interessante è l’incremento retributivo percentuale tra l’ingresso nel mondo del lavoro e gli anni centrali della propria carriera. La Cattolica, con un +83%, registra il balzo in avanti maggiore tra la retribuzione nella fascia 25-34 anni e quella 45-54, salendo sul gradino più alto del podio degli atenei italiani. Dal rapporto Job Pricing emerge, comunque, che, a prescindere dalle differenze tra le varie università, prendere un titolo accademico conviene ancora: sul piano del reddito lordo annuo medio, i laureati superano di 12.000 euro i diplomati (39.700 euro contro 27.700).

Università Cattolica del Sacro Cuore


Al via il Competence Center istituito dall’Ateneo, su invito dell’arcivescovo Mario Delpini

Gruppo di lavoro sul sovraindebitamento  Accademici ed esperti insieme per contrastare il fenomeno e riflettere sui profili socio-psicologici, giuridici e i processi di erogazione del credito

di Katia Biondi

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n Competence Centerr contro il fenomeno del sovraindebitamento. L’ha istituito l’Università Cattolica del Sacro Cuore, su invito della Diocesi di Milano, della Caritas Ambrosiana e della Fondazione San Bernardino, in collaborazione con Fondazione Centesimus Annus, Prospera e Ucid, con l’obiettivo di contrastare il preoccupante fenomeno del sovraindebitamento. Per farlo è stato composto un gruppo di lavoro, costituito da accademici ed esperti provenienti da diverse aree e ambiti professionali, per indagare il complesso fenomeno del sovraindebitamento e dell’usura e per individuare strategie di azione e strumenti di mitigazione, anche in ottica di prevenzione. «L’Università Cattolica mette a disposizione le sue competenze e il suo network di esperti – spiega Federico Rajola, direttore del Cetif – per consolidare il dialogo con tutti gli stakeholder coinvolti nel fenomeno, con il fine di proporre best practicee e soluzioni atte a minizzare il più possibile i terribili effetti del sovraindebitamento». Per individuare iniziative utili e possibili soluzioni, si è sottolineata la necessità di coniugare gli aspetti di carattere etico e culturale con quelli di carattere tecnico-operativo, considerando che il problema del sovraindebitamento riguarda per lo più i nuclei familiari nella fascia della “quasi povertà”, spinti a indebitarsi spesso a causa di messaggi esterni che inducono ad avere uno stile di vita lontano dalla sobrietà e dai valori dell’onestà e della laboriosità. Il primo spunto emerso, grazie al contri-

Università Cattolica del Sacro Cuore

buto della facoltà di Psicologia, riguarda l’importanza degli effetti psicologici e sociologici in tale fenomeno e la necessità di promuovere iniziative di educazione finanziaria per i giovani o gli studenti, e non solo. Inoltre sarà realizzato un vademecum che dia spunti operativi nella gestione dei casi problematici e fornisca un elenco completo di tutte le realtà che a Milano e provincia si occupano del fenomeno. A conclusione dei lavori si elaborerà anche un «codice etico» di deontologia professionale da proporre ai principali stakeholder del mercato finanziario. Dal confronto tra gli stakeholder è emerso come il sistema bancario rappresenti sicuramente una parte attiva in quanto, spesso, è il primo a essere colpito negativamente dalle problematiche del credito in sofferenza. Durante l’incontro è stato condiviso che anche i profili giuridici del fenomeno hanno un impatto molto forte e si caratterizzano per la loro estensione in termini di attori coinvolti. Punto di riferimento in questo panorama è senza dubbio l’Organismo di Composizione delle Crisi che svolge un ruolo fondamentale nell’aiutare e sostenere le persone indebitate.

Festa del donatore di sangue in Cattolica angue sicuro per tuttii è lo slogan scelto per l’iniziativa promossa dalla Polizia di Stato in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore in occasione del World Blood Donor Day, y celebrato lo scorso 14 giugno dall’Organizzazione mondiale della sanità. Fin dalle prime ore del mattino in largo Gemelli l’associazione “Donatorinati” della Polizia è stata presente con i suoi volontari e un’équipe medica messa a disposizione dall’Avis per la raccolta straordinaria di sangue all’interno di un’autoemotica. La giornata è stata l’occasione per promuovere la cultura della donazione di cui si è parlato durante una tavola rotonda nella Cripta dell’Aula Magna con la partecipazione dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, che ha fatto un saluto iniziale. «Se da un lato i donatori sono cresciuti come numero assoluto nel 2018, i giovani dai 18 ai 35 anni continuano a diminuire», ha affermato Claudio Saltari, presidente nazionale di “Donatorinati”, riprendendo gli ultimi dati presentati dal ministero della Salute e dal Centro Nazionale Sangue. «Abbiamo scelto di condividere questa iniziativa con la Cattolica perché insieme possiamo raggiungere l’obiettivo della nostra mission che è proprio il coinvolgimento dei giovani». Alla tavola rotonda erano presenti anche il prorettore Antonella Sciarrone Alibrandi e il rettore Franco Anelli che ha spiegato come «la donazione di sangue è un atto di partecipazione civile e sociale, ma non ancora così radicata e diffusa. Da parte nostra potremmo cominciare a sensibilizzare i nostri studenti in collegio. Offro la massima collaborazione alla Polizia per ripetere iniziative come questa negli altri campus della Cattolica». Infine il capo della Polizia Franco Gabrielli si è detto «orgoglioso della Polizia quando si fa interprete dei bisogni della gente attraverso azioni di volontariato come quella della donazione di sangue, che è poi la nostra vera missione: quella di mettersi al servizio delle persone».

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In Ateneo

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Creatività e innovazione al centro del contest che inventa nuove forme di professionalità

È vincente la carica del telefono al distributore di Emanuela Gazzotti

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n’intuizione può diventare un’impresa ma spesso serve una scintilla per farla brillare e segnare l’inizio di un luminoso cammino. Nasce con questo r un percorso proproposito Dr. Startupper, mosso dall’Università Cattolica in collaborazione con la Camera di Commercio, che scommette sulla creatività dei partecipanti nel dare vita a start-up innovative e nell’inventare nuove forme di lavoro e professionalità. Lo scorso 25 giugno, presso il Palazzo dei Giureconsulti a Milano, l’atto finale della sesta edizione con la premiazione dei primi tre classificati dell’edizione 2018-19. Sei i progetti che si sono contesi il successo all’ultimo atto del contest che quest’anno ha visto la partecipazione di 21 progetti presentati da 37 studenti. Playsuggedd – che propone il noleggio o la vendita di distributori di Power Bank di ricarica per tutti i dispositivi elettronici dal cellulare al tablet al laptop – è il progetto che ha vinto il primo premio. Semplicemente avvicinando il telefono al distributore attraverso il QR code si potrà prelevare il dispositivo di ricarica, utilizzarlo e poi riporlo nella base. Grazie a una app per i mobilee il cliente potrà individuare in anticipo sulla mappa geografica della città i luoghi in cui i distributori sono presenti, il numero di Power bank disponibili e il loro livello di carica. Playsugged (place always plugged) è stata realizzata da Alessandro Dell’Anno al primo anno della magistrale Innovation and technology management in Università Cattolica, Nicole Bonamicii che frequenta lo stesso corso, e Jacopo Berlusconii che studia Energy Engineering al Politecnico. Una squadra convincente che ha vinto la partecipazione di un corso di Formaper-Camera di commercio e incontri di coaching con Sellalabb per lo sviluppo dell’idea di business. Secondo classificato WOM, un social network interattivo che prevede l’offerta

 Colonnine per noleggiare o acquistare power bank per smartphone, tablet e laptop: è l’idea imprenditoriale che ha vinto la sesta edizione di Dr. Start-upper, il progetto promosso da Cattolica e Camera di Commercio di campagne di social media advertising alle imprese del settore videoludico. Il progetto connette brand e community al fine di risolvere due problemi: per le imprese la mancanza di una pubblicità interattiva che attivi la community; per gli utenti, il soddisfacimento di un bisogno naturale di competizione. Gli inventori, Andrea Sciacchitano e Francesco Marra, studiano entrambi Direzione e consulenza aziendale in Cattolica. Infine sul terzo gradino del podio

sono saliti gli inventori di Chinabridge, una piattaforma di servizi per imprenditori e professionisti italiani e cinesi. La squadra è composta da Alex Wu, Andrea Colombo e Marianna Zhou u che studiano in Cattolica rispettivamente Economia e gestione aziendale, Management e Giurisprudenza, Xinxin Chen n e Angela Tu u che frequenta un corso di interpretariato alla Iulm e Claudio Liu Kailun, studente di Eco-statistica in Università Bicocca.

L’European Fiscal Board in Cattolica, per la sua “prima” italiana er la prima volta a Milano, e in Italia, si è riunito l’European Fiscal Board. Costituito dal danese Niels Thygesen, che ricopre il ruolo di presidente, dall’olandese Roel Beetsma, dalla francese Sandrine Duchêne, dal polacco Mateusz Szczurek e da Massimo Bordignon, professore di Scienze della finanza all’Università Cattolica, il Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche (CCEFP) nel mese di luglio è stato confermato con tutti i suoi componenti per altri tre anni. Il Board, assieme alla propria segreteria tecnica, si è ritrovato lo scorso 22 luglio nell’Ateneo di largo Gemelli, per concludere un rapporto di analisi e proposte sulla riforma delle regole fiscali introdotte in Europa nel 2010-12. Il rapporto – affidato dalla presidenza della Commissione europea

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al Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche – sarà reso pubblico una volta discusso dal collegio della Commissione. L’European Fiscal Board, un organismo indipendente di consulenza della Commissione, è stato istituito nel 2016 sulla base di una proposta avanzata dalle massime autorità europee dell’epoca nel famoso rapporto dei cinque presidenti sul completamento dell’unione monetaria e economica, ed è parte integrante del processo di riforma della governance dell’Unione monetaria. il Board sta realizzando un’analisi completa sugli effetti indotti sulla politica fiscale nazionale ed europea delle riforme legislative (“six pack” e il “two pack”) introdotte nel 2010-12 e che hanno completamente mutato il quadro del sistema di sorveglianza fiscale in Europa.

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La lezione del cardinale Angelo Scola ai giovani ricercatori della Cattolica

Scola, tecnocrazia e cyborg sfidano l’umano

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Nelle sedi

di Katia Biondi

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 Per l’arcivescovo emerito di Milano postumanesimo e transumanesimo pretendono di costruire un’ingegneria della felicità. E il riduzionismo scientifico vorrebbe eliminare il ai cambiamenti climatici alla concetto di coscienza

realtà virtuale, dall’interazione uomo-robot all’utilizzo delle reti neurali, fino a YouTube. Sono le “nuove” frontiere della ricerca in Università Cattolica portate avanti da dottorandi e giovani ricercatori che lo scorso 14 giugno, nella sala Negri da Oleggio dell’Ateneo, hanno illustrato i loro progetti al cardinal Angelo Scola, arcivescovo emerito di Milano, intervenuto all’incontro Tecnica e umanesimo. Un approccio trans-disciplinare. «Senza sottovalutare gli apporti positivi per la salute umana, postumanesimo e transumanesimo rappresentano una tecnognosi: hanno la pretesa non solo di penetrare il mistero dell’uomo e di rimpiazzare l’umano con il cyborg, ma anche di costruire un’ingegneria della felicità sostituendo la politica con la terapeutica» ha detto il cardinale in uno dei passaggi più significativi del suo intervento. Monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo, ha invece osservato – introducendo l’evento promosso dalle Scuole di Dottorato e dal collegio docenti di Teologia dell’Ateneo - come si tratti di una iniziativa «nata con l’obiettivo di misurarsi con la ricerca avanzata, facendoci interpreti di quanto auspicato dall’Ex Corde Ecclesiaee che sollecita gli atenei cattolici a una rinnovata capacità di dialogo tra i saperi». Anche il rettore Franco Anelli ha ribadito l’idea di individuare «chiavi di comunicazione comune nella riflessione sulla relazione tra umano e tecnologia per capire come interloquire con una realtà che influenza sempre più la nostra vita e prende decisioni». Per questo motivo diventa necessario, ha chiarito il cardinal Scola operare precisazioni sui concetti di postumanesimo e transumanesimo che «indicano l’intento di produrre un “oltre uomo”». Se il primo Università Cattolica del Sacro Cuore

punta a un «miglioramento globale della vita dell’uomo», il secondo nell’arco di millenni intende «superare l’umano», con un enhancement delle capacità umane «attraverso la figura del cyborg». g Qual è, dunque, il ruolo della ricerca scientifica? «Purtroppo i due terzi degli scienziati sostengono che il mondo va letto naturalisticamente. La vera questione è capire se il naturalismo spiega tutto. Oggi parlare

di anima è diventato un tabù» ha precisato infine il cardinal Scola. Pertanto il messaggio da dare ai futuri ricercatori dell’Università Cattolica è di fare un salto di qualità: «un dottore di ricerca deve prepararsi per vedere come si può innestare dall’interno di queste nuove scienze la questione del senso, che per noi diventa la questione del senso religioso, del senso cristiano della vita».

Sociologia, nuove parole per raccontare nuovi fenomeni a sociologia deve trovare nuove parole per raccontare nuovi fenomeni». Lo ha affermato il filosofo Cosimo Accoto del MIT di Boston, in occasione del convegno annuale della Società Scientifica Italiana – Sociologia, Cultura, Comunicazione che si è tenuto in Cattolica lo scorso 4 luglio. Le relazioni hanno illustrato il difficile compito della sociologia, alle prese con un mondo in continua evoluzione. Sempre secondo Accoto: «Lo stimolo per la sociologia è andare oltre lo studio delle relazioni tra gli individui. Si pensi, per esempio, alle automobili in grado di guidare da sole. Un fenomeno che inevitabilmente sul lungo periodo rischia di portare l’uomo a perdere un’abilità acquisita». Un tema, quello delle competenze, toccato anche dal rettore dell’Ateneo Franco Anelli che nel suo intervento di

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saluto ha detto: «La nostra società ha messo in discussione in modo aprioristico i ruoli di competenza con una serie di ricadute molto negative. A voi – ha concluso rivolgendosi ai sociologi – il fondamentale compito di approfondire la conoscenza di un mondo sociale sempre più complesso». Mondo complesso come ha ricordato nel suo intervento anche Goran Bolin, docente della svedese Soderton University che ha approfondito i mutamenti sociali di diverse generazioni nell’arco degli ultimi decenni. E la sfida generazionale è anche una sfida educativa come sottolineato dal professor Pier Cesare Rivoltella della Cattolica che ha ricordato come spesso ci si approcci al mondo dell’adolescenza secondo schemi ormai superati.

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Dalla Cattolica i dottori commercialisti del futuro

Arriva il nuovo commercialista d’azienda di Katia Biondi

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più solo di districarsi tra fisco, tasse e adempimenti ma in grado di operare nelle aree di Corporate Advisory fornendo alle aziende consulenze di alto livello. A formare i dottori commercialisti del futuro è la facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative dell’Università Cattolica che in partnership con l’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Milano (Odcec) ha messo a punto il nuovo curriculum di Finanza-Corporate Advisory della laurea magistrale in Economia dei mercati e degli intermediari finanziari che integra e potenzia le competenze del dottore commercialista con quelle tipiche dell’esperto in Corporate Finance. La specializzazione in Corporate Advisory, secondo la presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti Marcella Caradonna «rappresenta oggi un’area di grande evoluzione della professione di Dottore Commercialista, sempre più chiamato a supportare le esigenze di continuo cambiamento delle imprese, che richiedono competenze evolute sui temi della Corporate Finance». La nuova figura professionale sarà in grado di affrontare i diversi momenti sia di fisiologia sia di patologia azienda-

le e, pertanto, sarà capace di affrontare situazioni di crisi che nel quotidiano possono minare il bene di un’impresa. Per esempio saprà confrontarsi con operazioni di Merger&Acquisitions, piani industriali, valutazioni aziendali, rating advisory, progettazione e gestione di strumenti finanziari, gestione del leverage, piani di ristrutturazione, risoluzione di crisi finanziarie d’impresa. «Per caratteristiche e contenuti studiati il corso di laurea costituisce un unicum nel panorama nazionale dell’offerta formativa», sostiene la preside della facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative dell’Università Cattolica Elena Beccalli (nella foto). «In particolare, la progettazione congiunta del programma di studio con l’Ordine rappresenta una collaborazione che consente di avvicinare sempre più la formazione universitaria alle esigenze della professione». Il corso magistrale è di durata biennale: l’obiettivo è formare figure in grado di comprendere a fondo e gestire consapevolmente la dimensione aziendale delle imprese e i diversi ambiti dell’attività di advisor nelle aree della Corporate Finance: financial modelling, business evaluation, rating advisory, restructuring, capital budgeting, project financing, data analitics, business ethics. La didattica farà ampio riferimento a casi aziendali, studio di reali situazioni aziendali, lavori di gruppo, e gli insegnamenti si avvarranno anche di affidamenti esterni a professionisti di elevata qualificazione che porteranno conoscenze ed esperienze innovative. Il percorso prevede inoltre lo svolgimento del tirocinio, in concomitanza con il percorso formativo, da svolgersi presso studi di consulenza nazionali che hanno richiesto l’attivazione del percorso formativo. Al termine del percorso di studi, i laureati potranno chiedere l’eso-

nero dalla prima prova scritta dell’Esame di Stato per l’esercizio della professione di Dottore Commercialista.

Borse di Studio, un gesto concreto ISTITUTO TONIOLO

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 La facoltà di Scienze bancarie formerà professionisti in Corporate Advisory, potenziando le competenze del commercialista combinate con quelle n commercialista capace non dell’esperto in finanza

ove borse di studio in memoria ad altrettanti studenti. Promosse dall’Istituto Toniolo e finanziate da alcuni amici dell’Università Cattolica, sono state consegnate in giugno nella sede milanese dell’Ateneo. Grazie alla generosità di alcuni benefattori, che hanno scelto questa modalità per ricordare e onorare loro parenti e conoscenti o un evento importante della propria vita, nove giovani, meritevoli studenti della Cattolica possono avvalersi di un accompagnamento per il proprio percorso di studio. Un gesto che, oltre a essere un aiuto in denaro,

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significa anzitutto il senso di partecipazione degli adulti nella vita delle nuove generazioni. L’iniziativa si inserisce nel contesto del sostegno alla formazione da parte dell’Istituto Toniolo. Alla cerimonia di consegna erano presenti gli studenti premiati, i loro familiari, i donatori e alcuni congiunti delle persone intestatarie delle borse. Chi fosse interessato per l’edizione 2020 può scrivere all’indirizzo mail: associazione. amici@istitutotoniolo.it

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Le proposte dell’Osservatorio monetario 2/2019

L’educazione finanziaria, uno strumento per pianificare il futuro di Angelo Baglioni*

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he cos’è l’educazione finanziaria? È solo un insieme di nozioni? No, il termine “competenze finanziarie” non fa riferimento solo all’insieme di conoscenze in campo economico e finanziario di cui sono dotati i cittadini, ma include anche i loro comportamenti e l’orientamento al lungo periodo delle loro scelte. Esempi di comportamenti virtuosi sono: un controllo attento delle spese famigliari, un ricorso limitato all’indebitamento, l’uti-

 L’Italia è fanalino di coda del G20 per conoscenze in campo finanziario. Un gap che non ci si può più permettere a fronte dei cambiamenti radicali in materia di risparmio privato e previdenza lizzo della previdenza complementare. L’Italia si colloca sotto la media dei paesi sviluppati sia per le conoscenze sia per i comportamenti. L’unico aspetto per cui siamo più virtuosi è il basso ricorso al debito. L’indicatore totale di competenza finanziaria ci pone al penultimo posto tra i paesi del G20. Eppure più elevate competenze finanziarie consentono di prendere decisioni più consapevoli, di proteggersi dagli effetti di una crisi come quella che ci ha investito dieci anni fa, di ridurre le disuguaglianze. Ma l’educazione finanziaria è efficace? Il dibattito è aperto e le conclusioni non sono univoche. Sembra più facile trasmettere alcune nozioni, mentre è più difficile influenzare i comportamenti, come la propensione al risparmio o l’attenzione alla previdenza integrativa. Certo molto dipende da comee è fatto un programma di educazione finanziaria. Per i più giovani, per i quali il ruolo della famiglia è fondamentale a fianco della scuola, uno strumento tradizionale quale la “paghetta” periodica può rivelarsi assai utile nel responsabilizzare i ragazzi e indurli a famigliarizzare con i servizi finanziari di base.

Il decalogo per il successo delle aziende testimoni del made in Italy è sempre da imparare dalle aziende di successo. È il risultato dell’analisi condotta dai professori dell’Università Cattolica Fabio Antoldi e Daniele Cerrato su 31 imprese testimoni del made in Italy nel mondo, con l’intento di indicare, attraverso le best practice manageriali adottate, i fattori che rendono vincente un’impresa. Volendo fare una classifica di tali fattori, se ne possono individuare dieci: 1) lo spirito imprenditoriale ovvero la passione per realizzare cose nuove; 2) la cultura dell’innovazione, attuata con creatività pervasiva che induce al cambiamento costante; 3) la strategia chiara; 4) la valorizzazione delle persone e dei loro talenti; 5) la capacità di misurare costantemente la performance; 6) l’attenzione alla sostenibilità; 7) l’apertura ai mercati internazionali; 8) il crescere con coerenza; 9) la continuità nella governance aziendale; 10) un dialogo aperto e responsabile con gli stakeholder. Lo studio è stato condotto da Alta Scuola Impresa e Società (Altis) su imprese selezionate da Deloitte nell’ambito della prima edizione italiana del Best Managed Companies, il contest promosso in Itaila con la collaborazione di Altis per identificare le imprese meglio gestite.

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Per gli adulti, le iniziative di maggiore successo sono quelle svolte sul posto di lavoro e mirate a temi specifici: ad esempio, piani pensione e forme di indebitamento. Accanto alle attività didattiche tradizionali, è importante sviluppare strumenti più innovativi, come video-giochi e giochi reali, adatti a coinvolgere i più giovani. La dimensione “tempo” è fondamentale: correggere il bias, per cui si dà troppo valore al presente, aiuta a sopportare di più i rischi finanziari e a pianificare il futuro. * Direttore Osservatorio Monetario

ALTA FORMAZIONE

Educazione finanziaria in Italia, a che punto siamo? È il titolo del secondo numero del 2019 dell’Osservatorio Monetario dell’Università Cattolica, diretto dal professor Angelo Baglioni (nella foto), che descrive lo stato dell’arte delle iniziative messe in campo di recente in Italia sul fronte della educazione finanziaria e che è stato presentato lo scorso 27 giugno a Milano, nella Sala Convegni Intesa Sanpaolo.

PRESENZA

Nelle sedi

Cina, i nuovi manager si formano in Cattolica a Cina, negli ultimi 30 anni ha infatti vissuto un boom economico senza precedenti, divenendo un imprescindibile interlocutore economico mondiale. La forte crescita degli scambi culturali e commerciali con la Cina richiede oggi un professionista in grado di contribuire alle decisioni e strategie commerciali di multinazionali, società di consulenza economica e politica e agenzie di ricerche di mercato che interagiscono con il mondo imprenditoriale cinese. A questa esigenza risponde il nuovo master dell’Università Cattolica in Politics, Economics ad Culture of China (Mapecc) che partirà il prossimo ottobre e che permette ai partecipanti di acquisire le competenze per comprendere lo sviluppo economico, commerciale e politico della Cina, conoscere la lingua - tramite la collaborazione con l’Istituto Confucio - e sviluppare competenze specifiche per operare come professionisti nel settore. Informazioni: master.mapecc@unicatt.it

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Raccontare l’atrofia muscolare spinale

Quando le favole diventano una cura di Agostino Picicco

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uò la levità e la dolcezza di una fiaba riuscire a spiegare ai bambini (e non solo) l’atrofia muscolare spinale (malattia genetica rara che colpisce circa 1 neonato ogni 10.000) dal punto di vista di chi ne è colpito e di chi è vicino ai piccoli malati? Non è semplice, ma Jacopo Casiraghi ci ha provato scrivendo il volume di favole illustrate Lupo racconta la Sma, forte della sua esperienza come responsabile del servizio di Psicologia del Centro clinico Nemo di Milano, di psicologo di Famiglie Sma Onlus

 Dodici storie terapeutiche, scritte da uno psicologo del laboratorio di Psicologia clinica dell’Ateneo, per stimolare strategie mentali e comportamentali e di collaboratore del Laboratorio di Psicologia clinica dell’Università Cattolica, diretto dal professor Enrico Molinari. Il contesto in cui si svolgono i dodici racconti è quello del bosco, un ambiente ritenuto spaventoso dalla memoria collettiva, ma è anche un luogo abitato da tanti animali – Cervo Maestoso, Mastro Gufo, Mamma Lepre, ecc. – disposti a “creare rete” e ad aiutarsi tra di loro, nonostante lo smarrimento che la malattia provoca. «Ho giocato con le parole

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– spiega Casiraghi – cercando di fornire una lettura diversa dei momenti più difficili, per mostrare alle famiglie coinvolte che le risorse ci sono sempre, anche quando non si vedono subito. Sono favole terapeutiche, finalizzate a promuovere le strategie di coping e le risorse delle famiglie». Un commento molto positivo al lavoro dello psicologo è dato dal professor Molinari nella prefazione al libro: «Pur nella diversità delle emozioni che le dodici favole presentano – sgomento, angoscia, disorientamento, paura del futuro, senso di colpa, tristezza, depressione – vi è in tutte la capacità di considerare e attivare le risorse, sempre presenti, di dare spunti per interpretare l’esistenza, anche nel caso della malattia, come un diverso modo di essere nel mondo che può essere ricco di sorprese, comprensibili però nelle relazioni di reciprocità e nelle ragioni del cuore». Sicuramente i bambini si ritrovano nel linguaggio e nella magia della fiaba ma quell’ambiente incantato fa bene anche agli adulti per sintonizzarsi in modo non traumatico con il mondo della sofferenza, della malattia, della cura e della vicinanza empatica.

Letteratura e società

Proust, intellettuale del nostro tempo di Agostino Picicco

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indagare il legame tra lo scrittore francese Marcel Proust e i nostri giorni sono stati gli studiosi di diversi paesi che hanno partecipato al Colloque international dello scorso maggio in Cattolica sul tema Proust politique.

De l’Europe du Goncourt 1919 à l’Europe de 2019, organizzato dal Centre de Recherches sur les Artes et le Langage de Paris e dal Dipartimento di Scienze linguistiche e letterature straniere dell’Università. L’occasione per il Colloque è stata offerta dal centenario del conferimento del Premio Goncourt a Proust nel 1919, premio letterario istituito a Parigi nel 1896 per vo-

lere dello scrittore Edmond de Goncourt. Le relazioni dei ricercatori hanno colto gli elementi di attualità tra la società dei tempi di Proust e la nostra, declinando i vari temi dal punto di vista letterario, storico, politico, sociologico e filosofico, agli albori di un’epoca che ha creato notevoli cambiamenti i cui strascichi sono evidenti anche oggi. Università Cattolica del Sacro Cuore


Uno strumento essenziale per la ricerca sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica

Al Gemelli la prima biobanca nazionale SLA  Inaugurata la prima “banca biologica” dedicata alla ricerca sulla Sla e aperta a tutti i ricercatori del mondo. Potrà contenere fino a 380mila campioni biologici

di Federica Mancinelli

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lla Presenza del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, AISLA, Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS e Xbiogem hanno inaugurato, lo scorso 20 giugno, la prima Biobanca Nazionalee dedicata alla ricerca sulla SLA e aperta a tutti i ricercatori del mondo. Potrà contenere fino a 380.000 campioni biologici. Per la prima volta in Italia i ricercatori impegnati nella lotta alla SLA, Sclerosi Laterale Amiotrofica, patologia oggi inguaribile che colpisce oltre 6000 italiani, potranno contare sulla prima biobanca per la conservazione dei tessuti biologici necessari alla ricerca dedicata alla SLA. All’inaugurazione sono intervenuti Giovanni Raimondi, presidente della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS; Franco Anelli, rettore dell’Università Cattolica; Massimo Mauro, presidente di AISLA; Alberto Fontana, presidente dei Centri Clinici NeMO; Giovanni Scambia, direttore scientifico della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS; Mario Sabatelli, direttore clinico dell’area adulti del Centro clinico NeMO di Roma; Maurizio

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Colombo, presidente di Biorep e Maniele Tasca, direttore generale di Selex Gruppo Commerciale; e Annalisa Manduca, giornalista Radio 1 Rai. La Biobanca è stata pensata non solo per poter ricevere e stoccare i campioni biologici dai centri di ricerca, secondo criteri standard ottimali per la ricerca scientifica, ma anche per poterli condividere e inviare ai ricercatori che ne fanno richiesta. Sarà stilato un catalogo con i campioni stoccati, consultabile dagli scienziati italiani e stranieri e potrà essere gestito anche l’invio dei tessuti ai centri di ricerca, sempre nel rispetto dei criteri di corretta conservazione dei campioni. La disponibilità di campioni biologici di persone affette da SLA, raccolti secondo standard internazionali e nel rispetto delle norme sulla privacy (i campioni sono catalogati in modo anonimo) è fondamentale per condurre ricerche scientifiche su questa patologia, per verificare in vitro sia la reazione a test con nuove molecole, sia la possibilità di identificare marker della patologia. Ad oggi, infatti, nonostante gli enormi passi avanti fatti dalla ricerca negli ultimi venti anni, le cause della SLA sono sconosciute e non sono ancora state trovate cure risolutive.

Gli specializzandi e la relazione di cura li interventi dei giornalisti Corrado Augias, Paolo Graldi e Rosanna Lambertucci sono stati al centro dell’incontro La relazione di cura tra domanda di salute e desiderio di salvezza, che si è tenuto l’11 giugno al Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, promosso dal Centro Pastorale nell’ambito del percorso di formazione per gli Specializzandi della facoltà di Medicina e chirurgia. «Con questi incontri – spiega monsignor Claudio Giuliodori – si intende offrire agli Specializzandi di Medicina alcuni momenti di riflessione e di confronto su tematiche che affrontano il rapporto tra la professione medica e la relazione con il paziente, analizzandone i risvolti umani, psicologici, etici e religiosi. Da alcuni anni sono diventati un appuntamento fisso e hanno come destinatari i circa 1.000 medici specializzandi, suddivisi in oltre 40 scuole, presenti nel nostro Ateneo e nel Policlinico Gemelli».

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Summer Experience, un’esperienza “da grandi” l Campus è davvero ben organizzato e ben strutturato, anche in zone dove fare attività extracurricolari», “Ho trovato un’Università accogliente, sia per i servizi, le strutture che offre, sia per i tutor che ci sono vicini». Sono alcune delle testimonianze dei tanti liceali che hanno varcato le porte della sede di Roma il 25 giugno per partecipare al Forum delle Opportunità, l’incontro del progetto Summer Experience promosso dall’Ufficio Orientamento e Tutorato dell’Università Cattolica che si è svolto, in formula residenziale fino al 27 giugno, per scoprire attitudini, interessi e affrontare in maniera consapevole la scelta del proprio futuro. Le tre giornate hanno previsto confronti con docenti, tutor, incontri psicoattitudinali, lezioni di didattica interattiva, lavori di gruppo e attività pratiche su temi di Economia e Medicina e chirurgia. Infine una tavola rotonda sulle prospettive occupazionali e la simulazione delle prove di ingresso ai corsi delle due Facoltà.

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La didattica sarà suddivisa tra lezioni in Presenza e sull’online, favorendo gli studenti lavoratori

Direzione e consulenza aziendale, in formula e-blended anche a Roma di Federica Mancinelli

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l via anche nella sede di Roma della Cattolica il corso di laurea magistrale in Direzione e consulenza aziendale della facoltà di Economia. Il progetto formativo rappresenta l’evoluzione della “storia” della facoltà di Economia e risponde alla crescente domanda di studenti/lavoratori, grazie alla disponibilità delle tecnologie di apprendimento e-blended disponibili presso l’Ateneo: il 50% della didattica sarà in Presenza durante i fine settimana e l’altro 50% gestito on line attraverso le più attuali tecnologie di e-learning. Per ciascuno dei tre profili (professionale, manageriale, relazionale) sono progettati e realizzati materiali audio/ video funzionali all’esposizione dei contenuti o di casi di studio. L’utilizzo delle tecniche informatiche e didattiche di tipo e-blended permette di superare gli ostacoli di prossimità al luogo di studio che attualmente impediscono a molti lavoratori di intraprendere un percorso di studi di laurea magistrale. «Viene offerta la possibilità di organizzare il proprio tempo nell’alternanza tra Presenza in aula nel fine settimana e attività di autoapprendimento attraverso la piattaforma on line,– dice Stefano Bozzi, docente di Finanza aziendale e coordinatore del corso – favorendo così il dialogo e l’interazione fra docenti e studenti». Il laureato magistrale in Direzione e consulenza aziendale potrà rivestire ruoli manageriali nell’area marketing, commerciale, di organizzazione e nell’area controllo e finanza di imprese industriali e servizi; il percorso fornisce inoltre le competenze necessarie per svolgere attività di consulente di imprese private e della pubblica amministrazione. Lo specifico percorso professionale, in

 Per ciascuno dei tre profili della laurea magistrale – professionale, manageriale, relazionale – sono stati realizzati materiali audio/video funzionali all’esposizione dei contenuti o di casi di studio convenzione con l’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, è invece pensato per coloro che in-

tendono svolgere la libera professione di Dottore Commercialista e Revisore contabile.

Biotecnologie, la Medicina per l’uomo n nuovo corso di laurea magistrale in Biotecnologie per la medicina personalizzata è il nuovo progetto formativo della facoltà di Medicina e chirurgia, con l’obiettivo di formare dei professionisti nella cosiddetta “Medicina delle 4 P” (personalizzata, preventiva, predittiva, partecipativa). «Senza lo sviluppo delle Biotecnologie la Medicina non può progredire – spiega Ornella Parolini, docente di Biologia applicata alla facoltà di Medicina e coordinatrice del corso di laurea –. La Medicina personalizzata si basa sulla conoscenza delle caratteristiche biologiche di ogni paziente, fino ai livelli cellulare e molecolare. Il piano di studi prevede insegnamenti che, fondati sulle discipline di base, approfondiscono tematiche biotecnologiche innovative e temi di ricerca contemporanei, ampio spazio dedicato ai tirocini nei laboratori di ricerca e presso aziende biotecnologiche convenzionate e due percorsi alternativi: un curriculum in biotecnologie avanzate per la diagnosi e per la terapia e uno basato sugli

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aspetti regolatori, legislativi, bioetici e di management». Il laureato magistrale in Biotecnologie per la medicina personalizzata opera in specifici ambiti di ricerca, sviluppo, produzione e servizi presso enti pubblici o privati e imprese biotech, gestisce e progetta metodologie biotecnologiche nei settori della medicina rigenerativa, dell’ingegneria tissutale, dei farmaci biotecnologici e biosimilari.

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Studenti, network globale a distanza

X-Culture premia il marketing globale  La Cattolica al top nell’ambito del progetto che coniuga formazione internazionale, uso delle lingue e digitale per le aziende

di Bianca Martinelli

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er 17 studenti del corso di laurea triennale in Scienze linguistiche, il progetto internazionale X-Culture, coordinato dall’Università di Greensboro in North Carolina (Usa), è stato un modo innovativo per unire formazione sul campo, azione, uso delle lingue e del digitale. Si tratta di un percorso di apprendimento progettato su scala internazionale per fornire loro l’opportunità concreta di acquisire esperienza, lavorando in collaborazione virtuale e internazionale. Il team internazionale di studenti ha lavorato a distanza per un semestre su un progetto di business internazionale. Tra i partecipanti della sede di Brescia che si sono distinti nell’edizione 2019 ci sono Katia Solvesi che ha ricevuto l’attestato di Best Team 2019 per aver sviluppato un progetto per un’azienda colombiana. Ad Alessia Manenti, invece, è andato il premio come miglior studente tra i primi 150 e il conseguente invito a partecipare al simposio annuale che quest’anno si è svolto a Calgary, in Canada. ««Adventure Addicted è una giovane start-up italiana che si occupa di organizzare viaggi e avventure sportive tramite app. Per loro mi sono occupata di sviluppare un progetto di marketing internazionale in grado di

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promuoverne la conoscenza e l’utilizzo sui mercati esteri» ha raccontato Alessia. Strategie ad hoc per intercettare la clientela estera anche per Katia che, invece, spiega: «Ho lavorato per l’azienda colombiana Believe, ad oggi molto attiva sul mercato brasiliano. La realtà imprenditoriale si occupa di gestire una sorta di “banca del tempo” tramite la quale aziende e privati si scambiano del tempo e reciproche competenze. Il compito del mio gruppo di lavoro è stato elaborare un piano per favorire l’ingresso del servizio sui mercati cinese e indiano» conclude Katia. A consegnare i diplomi è intervenuto il prorettore Mario Taccolini, che ha elogiato il lavoro dei ragazzi oltre a quello, costante e dedicato, della docente di Marketing Loretta Battaglia, che ha coordinato le fasi di preparazione dei ragazzi e promosso l’iniziativa. Il progetto è culminato il 17 luglio, con il simposio conclusivo di Calgary. In questa sede, oltre a Manenti, a rappresentare l’Università Cattolica era presente Carlo Aberto Calchera – uno dei migliori 150 studenti dello scorso anno – che ha partecipato come ambassador, continuando così la sua fruttuosa esperienza internazionale. L’ottimo lavoro degli studenti ha, infine, consentito al loro Instructor, Loretta Battaglia, di essere selezionata tra i migliori 30 Educator 2019 di X-Culture.

CORSO GRATUITO DI LINGUA

Lezioni d’italiano per mamme immigrate

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i è concluso con successo il corso di italiano e alfabetizzazione per donne e mamme immigrate, grazie al quale alcune studentesse del corso di Pedagogia generale e della comunicazione della Cattolica si sono calate nel ruolo di insegnanti ed educatrici nel settore dell’alfabetizzazione. L’iniziativa di realizzare un corso per sole donne, avviata già l’anno scorso, è nata da una necessità sollevata da alcune docenti di una scuola dell’infan-

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zia della città, quando le stesse madri d’origine immigrate – chiamate a partecipare ad attività sociali come prendere parte al percorso educativo dei propri figli, interagendo con le insegnanti e con l’istituto – nutrivano evidenti difficoltà nella comunicazione. Le lezioni sono state tenute al mattino e in orari compatibili con la vita delle donne immigrate, utilizzando una metodologia d’insegnamento in grado di facilitare la comprensione dei testi, valorizzato la multietnicità, la dignità, il rispetto e il ruolo femminile nella società. In aggiunta al corso base, inoltre, è stato promosso un approfondimento dedicato alla conoscenza storica, culturale e artistica della città di Brescia. In occasione della consegna degli attestati, allieve e insegnanti sono state ricevute a Palazzo Loggia dall’Assessore alle Pari opportunità e politiche giovanili, mentre una conclusione simbolica del percorso formativo e umano, tra docenti e allieve, è avvenuta con la visita di queste ultime in Università Cattolica, dove le ragazze del corso hanno mostrato al gruppo di donne gli ambienti e le aule dove loro, per prime, si sono preparate alla professione. L’iniziativa, promossa da Anolf Cisl Brescia con Anteas, Cisl Scuola e la sede di Brescia di IAL Lombardia, è stata patrocinata dall’Ateneo, in collaborazione con l’amministrazione comunale, l’Ufficio Scolastico Provinciale e all’Associazione Centro Migranti Onlus.

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Conti e costi della pubblica amministrazione

Burocrazia nelle aziende, presentato il primo osservatorio di Antonella Olivari

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a sinergia tra l’Associazione Industriale Bresciana e l’OpTer (Osservatorio per il territorio: impresa, formazione, internazionalizzazione) ha dato alla luce il primo Osservatorio sui costi della PA per le imprese industriali bresciane, report che ha mappato le procedure burocratiche di maggiore impatto per le imprese, analizzandone i costi e monitorandone i tempi. Tra i dati rilevanti spiccano le ore medie annue impiegate dal personale delle aziende per portare avanti gli iter amministrativi: 550 ore per le piccole imprese e oltre 1.200 per le medie imprese. I tempi di attesa, per ottenere i provvedimenti necessari all’esercizio dell’attività d’impresa, attestano in ambito edilizio-urbanistico e ambientale: fino a 18 mesi per il rilascio o rinnovo delle autorizzazioni ambientali e fino a 24 mesi per l’approvazione dei piani urbanistici attuativi. Quanto all’incidenza della burocrazia sulla vita aziendale, per le piccole imprese la quota dei costi da sostenere è stata stimata pari ad un valore medio del 2,7% del fatturato, per le medie imprese invece gli oneri burocratici si attestano in media all’1,2% del fatturato. L’iniziativa, promossa da AIB e OpTer, vuole far emergere le semplificazioni normative che ancora faticano a essere realizzate ed evidenziare eventuali aggravi derivanti da novità normative e/o procedimentali. «Dal lavoro svolto insieme all’Università Cattolica emerge inequivocabilmente come la burocrazia resti un macigno nella vita di tutte le imprese – commenta Filippo Schittone, Direttore di AIB –, che deve essere rimosso per liberare energie preziose alla competitività delle aziende». «Le cause all’origine del sistematico

 Il report di AIB e OpTer ha mappato le procedure burocratiche di maggiore impatto per le imprese, analizzandone i costi e monitorandone i tempi gap dell’Italia, a livello di crescita economica, verso i Paesi competitor sono molteplici. Una di queste è certamente data dalla pesante macchina burocratica italiana – spiega Giovanni Marseguerra, Direttore di OpTer –. Una burocrazia non adeguata alla seconda economia manifatturiera a livello euro-

peo e alla settima a livello globale. È urgente pertanto procedere nel processo di semplificazione amministrativa per rendere più comprensibile e snello il funzionamento dell’Amministrazione. In questo molto può aiutare un rinnovato slancio al processo di digitalizzazione della PA».

UN PROGETTO PER LE OLIMPIADI DI TOKIO 2020

Lo Starts prende la vela

a Federazione Italiana Vela, con i Club di Circolo Vela Gargnano, Canottieri Garda, Circolo Vela Toscolano-Maderno, Univela Sailing Campione, ha coinvolto gli studenti del corso di laurea in Scienze, tecnologie delle arti e dello spettacolo (Stars) nel progetto Sognando Olimpia-Tokio 2020. L’obiettivo sarà quello di realizzare dei video a velisti delle squadre nazionali italiane dei laghi di Garda e Iseo, testimonial delle 10 Categorie, che nel 2020 correranno alla Olimpiadi di Tokio, ma anche chi parteciperà al Kite Foil che si terrà a Parigi nel 2024. Le immagini e le interviste racconteranno la vita del velista olimpico durante la sua fase di preparazione, la sua quotidianità, i test, gli allenamenti. Le immagini raccolte durante la manifestazione stessa dalle troupe della Federazione Vela e del Comitato Organizzatore Locale diventeranno l’ultimo atto di questa avventura. Non mancherà in questa fase di preparazione l’attenzione per tutto il territorio della riva bresciana del Garda, grazie alla collaborazione con il portale istituzionale Visit Brescia e Brescia Tourism, partendo da luoghi simbolo come il Vittoriale di D’Annunzio (che potrebbe ospitare la presentazione del Campionato), i giardini di Villa Bettoni Cazzago, la piazzetta di Bogliaco che nelle giornate precedenti al Campionato ospiterà la macchina organizzativa della Centomiglia velica, la sua 69° edizione che la rendono la gara nautica più anziana del panorama sportivo italiano.

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Nell’86% dei casi i ragazzi del 2000 credono nell’investimento sostenibile

 Secondo una ricerca Consob gli italiani hanno una scarsa cultura finanziaria, soprattutto quando si parla di finanza per la sostenibilità

di Sabrina Cliti

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li investitori italiani non hanno cultura finanziaria soprattutto se si parla di investimenti sostenibili: è il quadro desolante che emerge dalla rilevazione dell’Ufficio Studi di Consob condotta nel 2018-2019 su un campione di 100 famiglie investitrici e illustrata da Nadia Linciano di Consob, al convegno Finance for sustainability, organizzato a Piacenza dalla facoltà di Economia e Giurisprudenza dell’Università Cattolica lo scorso 19 e 20 giugno. Il livello di conoscenza generalista del campione intervistato ha prodotto risposte corrette nel 59% dei casi, ma la situazione peggiora drasticamente quando si passa alla tematica dei rischi, a cui solo il 9% dei rispondenti risulta essere preparato. «Una situazione drammatica per due ordini di motivi – ha sottolineato Linciano –. Prima di tutto perché l’investitore non è in grado di comprendere appieno ciò che gli viene proposto, manca cioè una sorta di autotutela. E poi questa ignoranza non permette all’investitore di cogliere il valore aggiunto potenzialmente generato dall’attività di consulenza». Dal campione Consob emerge infatti che il 50% non è disposto a pagare per il servizio di consulenza; all’interno di questo scenario, oltre il 60% delle famiglie non ha mai sentito parlare di investimenti socialmente responsabili. Eppure in Europa

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i primi fondi sostenibili sono apparsi ormai 30 anni fa, come delineato dal presidente del Centro studi e ricerche di Itinerari previdenziali Alberto Brambilla: «A livello globale l’investimento SRI (investimento Sostenibile e responsabile) oggi cuba 30,7 mila miliardi di dollari (il 34% in più rispetto al 2016) e a livello europeo rappresenta oggi il 48,8% deli asset gestiti». Inoltre, secondo quanto presentato da Carmen Nuzzo, Head of fixed income di PRI, la percentuale dei baby boomers (i nati fra il 1949 e il 1967) che ritiene che oggi investire in maniera sostenibile sia più importante rispetto a 5 anni fa, è pari al 67%; fra la Generazione X (ovvero i nati fra il 1978 e il 1982) la percentuale sale al 79% mentre fra i Millennials si arriva all’86%. «Per noi accademici – spiegano Andrea Lippii e Simone Rossi, docenti di Economia degli intermediari finanziari presso la sede piacentina – il tema della finanza per la sostenibilità è estremamente importante per cercare di valutare e comprendere gli impatti reali delle decisioni di investimento degli asset managers, per individuare nuove opportunità di sbocco professionale per i nostri studenti e aggiornare i contenuti dei nostri percorsi di laurea al contesto evolutivo contemporaneo».

SOSTENIBILITÀ

I Millennials puntano sulla finanza sostenibile

Come sfamare e salvaguardare il pianeta

PRESENZA

Nelle sedi

ome sfamare il pianeta?? La risposta a questa domanda è emersa durante il convegno Quale agricoltura per nutrire l’umanità e salvaguardare il pianeta: l’agricoltura italiana di fronte alle sfide di sostenibilità, organizzato dalla facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali in collaborazione con AISSA (Associazione Italiana Società Scientifiche Agrarie) e Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi lo scorso 9 maggio nella sede di Piacenza dell’Ateneo. Sicurezza alimentare, nutrizione e sostenibilità saranno gli argomenti da affrontare allo scopo di sfamare, con alimenti sufficienti per quantità e qualità nutrizionale, una popolazione mondiale in costante crescita salvaguardando l’ambiente, la salute e l’equità economico-sociale. Obiettivo del convegno è stato quello di stilare su questi temi un documento condiviso e non focalizzato in modo unidirezionale, su cui poi i decisori politici possano adottare strategie adeguate.

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NUOVA LEGGE

Obbligo di laurea per l’educatore a facoltà di Scienze della Formazione, in occasione dei suoi vent’anni di attività, ha organizzato un incontro con la senatrice Vanna Iori, per anni docente presso la sede di Piacenza. La Senatrice, firmataria della legge approvata dalla Camera per il pieno riconoscimento professionale, la regolamentazione e la tutela alla professione di educatore pedagogista, ha spiegato come quello della legge sia stato un percorso non facile: «Non è ancora completata, ma la parte fondamentale è stata approvata all’unanimità. Per la prima volta in Italia si mette ordine nella confusione normativa, stabilendo l’obbligatorietà della laurea per esercitare questa professione». Con questa legge si potranno sanare situazioni di precarietà professionale e sociale. La Legge era attesa da molti laureati in Scienze dell’Educazione e della Formazione, che fino ad oggi si trovavano in un mondo del lavoro nel quale la figura dell’educatore veniva spesso occupata da laureati in altre discipline o da non laureati.

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PRESENZA

Nelle sedi

Summer Program: lezioni, visite guidate e seminari per 31 studenti

Dal North Carolina al campus di Piacenza a lezione di made in Italy di Cristina Bricchi

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anno scelto per il quarto anno consecutivo la città di Piacenza gli studenti della North Carolina State University, ateneo partner dell’Università Cattolica. Accolti dall’Ufficio Internazionale, 31 studenti americani hanno vissuto il campus piacentino dove sono rimasti dal 16 maggio al 19 giugno, per seguire il Summer Program organizzato dalla facoltà di Economia e Giurisprudenza. Grazie alle collaborazioni instaurate con le università di tutto il mondo per attività di ricerca e programmi di scambio, la facoltà di Economia e Giurisprudenza continua ad essere tra le mete preferite dell’Università americana, un punto di riferimento a livello internazionale tanto che il programma di Piacenza chiude le iscrizioni per primo, facendo “sold out” a pochi giorni dall’apertura delle stesse. Durante il loro percorso gli studenti americani, oltre a partecipare ad incontri formativi in aula, hanno visitato realtà di

 I progetti internazionali e le attività di ricerca rendono la facoltà di Economia e Giurisprudenza una meta ambita per gli studenti USA, che la scelgono sempre per i loro viaggi di studio grande interesse, tra cui la Borsa di Milano e le aziende Dallara Automobili e Campari S.p.A. Nel segno della condivisione della quotidianità, un importante momento di

aggregazione e coinvolgimento è stato vissuto con il passaggio del Giro d’Italia davanti alla sede piacentina: una grande festa animata da questi ragazzi, potenziali ambasciatori della Cattolica nel mondo.

MyMentor, un patto tra generazioni na stretta di mano che è un patto tra due generazioni. Quella dei 75 professionisti (Mentor), per lo più laureati in Cattolica, che hanno scelto di mettere al servizio dei più giovani la loro esperienza. E quella dei 75 studenti (Mentee), che hanno avuto l’opportunità di affiancare, per un intero semestre, chi già lavora in uno di quei settori che rappresenteranno il loro futuro occupazionale. Il progetto, nato da un’idea delle professoresse Elena Zuffada e Franca Cantoni nell’ambito del corso di laurea magistrale in Gestione d’azienda-profilo General Management, da quest’anno si è aperto agli studenti delle lauree magistrali in Giurisprudenza, Scienze e tecno-

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logie agrarie, Scienze e tecnologie alimentari e Agricultural and food economics. Creare un filo diretto tra mondo del lavoro e mondo dello studio, trasmettere esperienza, consigli e valori al Mentee, elevare il suo potenziale e orientarlo nel percorso futuro: questi sono solo alcuni obiettivi raggiunti nel progetto dal bilancio ampiamente positivo. L’utilità dell’esperienza è stata confermata dalla testimonianza diretta degli studenti coinvolti e dagli

ottimi risultati della survey su MyMentor Cattolica: ben il 98% dei Mentee consiglierebbe l’esperienza ad un amico.

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Ensemble di cornetti e ottoni per il concerto del Girton College Cambridge Aula Magna dell’Università Cattolica di Milano, lo scorso 3 luglio, ha ospitato il concerto del Girton College Cambridge e dell’Historic Brass of the Guildhall School and Royal Welsh College of Music & Drama, diretti da Gareth Wilson. Per il nono anno consecutivo il Collegium Vocale di Crema, diretto da Giampiero Innocente, in collaborazione col Centro Pastorale dell’Ateneo, ha offerto al pubblico l’esibizione di un coro dei college inglesi, già ammirati per le loro qualità vocali e tecniche, elementi che identificano la grande tradizione plurisecolare dei college e delle cattedrali d’oltremanica. Il Girton College ha proposto musiche del cremonese Marc’Antonio Ingegneri, divenuto maestro di cappella nella Cattedrale di Cremona nel 1580 e famoso per essere stato l’insegnante del piccolo Claudio Monteverdi, anch’esso nato a Cremona. Il Girton College ha creato un’atmosfera quasi ipnotica, trascinando l’ascoltatore all’interno di una musica solenne e maestosa ma, al tempo stesso contemplativa, nella proclamazione della gloria di Dio di cui voci e strumenti si sono fatti interpreti. L’esecuzione è stata magnifica, frutto di un grande lavoro di prova (fino a sei ore al giorno) e dell’abilità e preparazione musicale degli studenti del college. Al termine del concerto monsignor Claudio Giuliodori ha ringraziato il direttore Gareth Wilson e gli studenti inglesi per il momento di intensa contemplazione musicale che ha letteralmente avvolto l’Aula Magna e i numerosi presenti.

PRESENZA

Nella cultura

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Gemelli, per ogni nato si accende una luce i intitola Ai nati oggi l’ambizioso intervento di arte pubblica di Alberto Garutti che, dopo essere stato realizzato a partire dal 1998 in diverse città del mondo (tra cui Gent, Istanbul e Mosca) è arrivato anche a Roma, dove è visibile al pubblico dal 2 luglio fino a dicembre 2019. L’opera, una celebrazione della vita e dell’evento universale della nascita, prevede l’intensificarsi della luce dei lampioni di Piazza del Popolo ogni volta che, nel reparto di maternità del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, nascerà un bambino. Il progetto, a cura di Hou Hanru e Monia Trombetta è realizzato dal MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo in collaborazione con la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e promosso da Roma Capitale, con il supporto di Acea e Areti. All’inaugurazione sono intervenuti Virginia Raggi, Sindaco di Roma; Giovanna Melandri, Presidente Fondazione MAXXI; Hou Hanru, Direttore Artistico MAXXI, l’artista Alberto Garutti; Giovanni Raimondi e Giovanni Scambia, rispettivamente presidente e direttore scientifico Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli.

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Tra arte e ironia, “meme” in mostra LOVE #MEME è il titolo della mostra ideata e realizzata dal laboratorio di Organizzazione degli Eventi Espositivi del corso di laurea STArS, coordinato da Fabio Paris (nella foto con gli studenti). I “meme” sono il tema principale della mostra, reinterpretati in chiave personale da parte di ogni allieva, che ne ha curato anche l’organizzazione.  a che significa imitare, nati con l’intento di divertire Il termine deriva dal greco mímem gli utenti, possono anche essere utilizzati per dare ad un concetto un maggiore impatto emotivo. Il linguaggio è spopolato in Rete e nei social network nel primo decennio del ventunesimo secolo, grazie alla sua comprensione immediata e intuitiva diventa fin da subito un linguaggio comune per comunicare tramite immagini che si riconoscono mediante la loro caratteristica impostazione. I MEME vengono realizzati tramite l’aggiunta ad immagini preesistenti di scritte spesso ironiche con il tipico font: Impact.

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PRESENZA

Sul podio

Al professor Carlo Castronovo il titolo di dottore honoris causa a Pontificia Università Cattolica del Perù ha conferito al professor Carlo Castronovo – già ordinario di Istuzioni di diritto privato e di Diritto civile presso l’Università Cattolica, e per vari mandati direttore dell’Istituto Giuridico – il titolo di dottore honoris causa. La cerimonia è avvenuta il 28 maggio scorso a Lima nella sede dell’Università durante il convegno internazionale di diritto civile Contratos y Resposabilidad Civil: 100 anos de Derercho Civil en la PUCP, che ha avuto luogo dal 27 al 30 maggio in occasione del centenario della facoltà di Diritto, con la partecipazione di numerosi relatori

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provenienti da diverse Università di Perù, Italia, Spagna, Germania, Cile e Colombia. La cerimonia si è svolta alla Presenza dei relatori e degli studiosi presenti al convegno, con la partecipazione del rettore Efraín Gonzales de Olarte e delle più alte autorità accademiche. Il direttore del master in Diritto civile dell’Università, Gastón Fernández Cruz, ha pronuciato la laudatio, che ha ripercorso il curriculum accademico del professor Castronovo e i settori di interesse scientifico, sottolineando l’originalità dell’approccio giuridico e il suo inconfondibile stile letterario.

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European Society of Human Genetics, Genuardi è il nuovo presidente aurizio Genuardi (nella foto), direttore dell’Istituto di Medicina Genomica dell’Università Cattolica e della UOC di Genetica Medica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, è il nuovo presidente eletto della European Society of Human Genetics (ESHG) associazione che riunisce, tra gli altri, esperti di Genetica Umana e Medica, ricercatori di base, genetisti clinici e di laboratorio, genetic counsellors e infermieri genetici. Resterà in carica come membro del Board della Società fino al 2024 e, a partire da giugno 2019, sarà per tre anni componente dell’Executive Board della ESHG (2019-2022). La ESHG, fondata nel 1967, conta più di 3.000 soci e organizza annualmente un congresso scientifico, al quale negli ultimi anni hanno partecipato sempre più iscritti, provenienti da tutti i continenti. È il secondo congresso di Genetica Umana per partecipazione dopo quello organizzato dalla American Society of Human Genetics.

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Un Premio per le donne e la ricerca scientifica i è tenuta il 17 giugno, presso il Museo Nazionale della Scienza e della tecnologia Leonardo Da Vinci, la diciassettesima edizione del Premio L’Oréal-UNESCO Per le Donne e la Scienza, alla Presenza del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Marco Bussetti. Nel corso dell’evento sono state attribuite sei borse di studio del valore di 20.000 euro ciascuna a sei ricercatrici under 35, sulla base dell’eccellenza riconosciuta ai loro progetti di ricerca, fra

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le quali Teresa Mezza (nella foto), ricercatrice dell’Istituto di Patologia Speciale Medica e Semeiotica Medica della facoltà di Medicina e chirurgia e medico della UOC Endocrinologia e Diabetologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, con il Progetto Medicina personalizzata del diabete di tipo 2. La patogenesi del diabete di tipo 2 è complessa a causa di molteplici meccanismi patogenetici, fenotipi e traiettorie.

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A de Leonardis la medaglia «Marin Drinov» dall’Accademia delle Scienze bulgara o scorso 21 maggio, Massimo de Leonardis, professore di Storia delle relazioni e delle istituzioni internazionali presso l’Università Cattolica e già Direttore del Dipartimento di Scienze politiche, è stato insignito dall’Accademia delle Scienze bulgara della prestigiosa medaglia Marin Drinov.

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In occasione della cerimonia, svoltasi a Sofia alla Presenza dell’ambasciatore d’Italia Stefano Baldi, il presidente dell’Accademia Julian Revalski, illustrando le motivazioni del premio, ha ricordato l’importanza del contributo offerto dal professor de Leonardis alla diffusione della storia diplomatica e militare della Bulgaria. In centocinquant’anni di vita dell’Accademia è il secondo italiano a essere insignito di tale onorificenza. Nella medesima occasione, il Ministro della Difesa bulgaro Krasimir Karakachanov ha conferito allo studioso della Cattolica la Decorazione d’onore di primo grado del Ministero della Difesa.

La Cattolica vince il Premio Ischia on l’intento di risvegliare le coscienze verso temi importanti come l’ambiente, alcuni studenti del master in Giornalismo dell’Università Cattolica hanno partecipato al premio Giornalismo ambientale di impatto, rivolto agli studenti iscritti al secondo anno delle scuole di giornalismo. Il concorso, nell’ambito della quarantesima edizione del premio Ischia Internazionale di giornalismo, ha avuto come tema quello dell’inquinamento da plastica. I riconoscimenti, assegnati nella bella cornice dell’isola di Ischia lo scorso 28 giugno, hanno visto premiati i quattro studenti del master dell’Università Cattolica: Beatrice Maria Beretti e Serena Cauzzi, al primo posto con il servizio Le netturbine della plastica” e Maria Francesca Moro e Alessandro Mariani al secondo posto con Vivere senza plastica. In questi lavori è stato evidenziato il problema della ricerca di una soluzione il più possibile ottimale per contribuire allo smaltimento dei 9 miliardi di tonnellate di plastica

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accumulati fino a oggi dalla II Guerra Mondiale, al fine di rendere la vita dell’uomo sempre più compatibile con quella dell’ambiente.

Un’invasione di opere d’arte grazie agli studenti della Cattolica al 7 settembre al 27 ottobre, sono sbarcate le opere di Cracking Art Landing in Lecco. Un’invasione colorata di 36 opere d’arte raffiguranti animali, realizzate dal collettivo Cracking Art, ha preso dimora in alcuni punti caratteristici della cittadina, invitando lo spettatore a riflettere su tematiche universali come la rigenerazione, la natura e il paesaggio. L’evento è nato grazie all’iniziativa di tre studenti del corso di Economia e Gestione dei Beni Culturali e dello Spettacolo dell’Università Cattolica, supervisionata dalla professoressa Marta Massi. Federica Negri, Laura Gandola e Davide De Marchi hanno partecipato e vinto il business game proposto da Cracking Art a cui erano stati invitati a partecipare gli studenti del corso di laurea, nel quale si proponeva di pianificare un’installazione del collettivo. Durante lo stage, presso la sede del collettivo artistico, hanno messo in pratica quanto ideato, fino a raggiungere l’obiettivo che si erano proposti, ovvero l’installazione nella città di Lecco.

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Sul podio

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Nello sport

Studio e sport un binomio possibile grazie al percorso Dual Career

Universiadi, il Setterosa è d’argento  L’emozione della cerimonia di apertura e la consapevolezza di poter vincere nel racconto di Anna, pallanuotista della nazionale e studentessa in Cattolica

di Francesco Berlucchi

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nna Repetto o è appena tornata da Napoli, dove con l’Italia della pallanuoto ha conquistato la medaglia d’argento alle Universiadi di Napoli 2019. Lei, attaccante della Nuoto Club Milano in Serie A1 classe 1999, iscritta al primo anno di Economia e gestione aziendale alla Cattolica di Milano, è ancora incredula. Anna ripercorre le tappe che l’hanno portata all’argento di Napoli: «le tre settimane di collegiale, a Roma, sono state fondamentali. Soprattutto lo è stato essere guidate da Martina Miceli (medaglia d’oro ai Giochi olimpici di Atene 2004, ndr). Il secondo momento decisivo è stata la prima partita, all’indomani dell’apertura delle Universiadi, in cui abbiamo battuto gli Stati Uniti, che secondo molti erano tra i favoriti per la vittoria finale. Lì abbiamo preso consapevo-

lezza dei nostri mezzi. La finale, persa 8 a 7 contro l’Ungheria, è stata l’unica nota stonata, però questo non cancella il grande risultato ottenuto». Ora Anna è attesa al polo federale di Ostia, dove la Nazionale italiana preparerà il Mondiale U20 e lei saprà se ancora una volta dovrà rappresentare l’Italia, a settembre, a Madeira. Poi c’è lo studio, il secondo anno che l’aspetta e il primo che ha chiuso brillantemente: «Giocare in Serie A, arrivare nelle Final sixe x trovare il tempo per studiare non è stato semplice. Ma grazie al percorso di Dual Career promosso da Cattolicaper a r lo Sport e alla mia tutor ho avuto un aiuto importante. Ho dato tutti gli esami, mi manca solo Teologia». Da dare a settembre, Mondiali permettendo.

L’infortunio non frena la nuotatrice nella gara più importante

Fantastico inaspettato bronzo  Giulia, studentessa di Scienze e tecnologie alimentari nel campus di Cremona, conquista il podio nei 4x100 stile libero, una specialità tutta nuova per lei

di Francesco Berlucchi

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n successo inaspettato per Giulia Verona, 20 anni, studentessa di Scienze e tecnologie alimentari all’Università Cattolica di Cremona, protagonista alle finali di nuoto delle Universiadi di Napoli 2019. «Era la gara più importante dell’anno – spiega Giulia –. C’erano tutte le incognite di una specialità che non è la mia, i 4x100 stile libero. Per questo, la medaglia di bronzo è stata assolutamente inaspettata». Il suo palmaress vanta già nei 200 rana: tre volte campionessa italiana assoluta. Tra gli juniores, due medaglie d’argento ai

Giochi europei, due ori agli Europei ed è stata finalista mondiale. Alle Universiadi aveva conquistato un bronzo anche a Taipei, nel 2017nei 4x100 misti: dorso, rana, delfino e stile libero. A causa di un infortunio all’adduttore, Giulia ha dovuto abbandonare momentaneamente la rana. Dunque, ecco lo stile libero, dove l’infortunio pesa sicuramente meno. Una specialità nuova per lei, una scelta vincente. Giulia è nata a Cremona e studia nella sede cremonese dell’Ateneo: «Mi trovo bene, la dimensione più piccola rispetto a Milano mi aiuta a far conciliare studio, lezioni e sei ore al giorno di allenamento».

IL TROFEO RITORNA IN LARGO GEMELLI

Coppa delle Università, il trionfo della Cattolica i sono immagini che raccontano ben più delle parole. Ci sono momenti che emozionano ben più di quanto si possa immaginare. L’Università Cattolica del Sacro Cuore è campione di Milano, ha conquistato la Coppa delle Università 2018/19 e ha coronato una stagione sportiva meravigliosa raggiungendo quota 337 in classifica. Tanti quanti sono i punti che hanno consentito di riportare la Coppa delle Università in largo Gemelli dopo otto anni, conquistando così la leadership come Ateneo più titolato con 5 trofei cittadini. A trainare il successo della Cattolica è sicuramente la palla a spicchi. I ragazzi, campioni in carica, hanno affrontato la formazione bianca della Statale nella finale della Top League di basket maschile, confermandosi Campioni milanesi universitari. Anche nel basket femminile la Cattolica deve difendere il titolo di campione in carica. In finale, le ragazze hanno la meglio sulle divise verdi della Statale, conducendo la gara fin dai primi minuti. Se nel basket la Cattolica ha dominato, non è stata da meno nel calcio. Dopo essere arrivati primi nella regular season, i ragazzi in maglia celeste hanno affrontato in finale la squadra della Bocconi. La formazione si è dimostrata agguerrita e la Cattolica è risultata campione per il secondo anno consecutivo. Dopo i risultati altalenanti degli ultimi anni, anche il calcio a cinque femminile ha vissuto una grande stagione. Le ragazze della Cattolica hanno battuto San Raffaele ai playoff e Statale in semifinale, fermandosi solo in finale (vinta da Bicocca). Nel tennis femminile la Cattolica ha conquistato la Fed Cup battendo la Bocconi, mentre si è fermata in finale di Davis Cup, competizione maschile, sempre contro la Bocconi. L’aggregato delle diverse discipline ha portato la Cattolica a trionfare per la quinta volta nei Campionati Milanesi Universitari, con un eclatante +111 sulla prima inseguitrice.

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PRESENZA

@Cattolica_news @Unicatt

Essere popolari al tempo dei populismi. Così l’Università Cattolica rilegge Sturzo

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3939 tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnino nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà”. Con queste parole il 18 gennaio 1919 dall’albergo Santa Chiara di Roma, la Commissione provvisoria del Partito Popolare Italiano, con a capo il segretario politico don Luigi Sturzo, dava inizio alla partecipazione attiva dei cattolici in politica. Un appello che, anche a cento anni di distanza, non ha perso smalto e freschezza. Abbiamo chiesto ad alcuni professori di spiegare l’attualità di alcune delle sue tesi.

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Cattolici e politica, attenti alle divisioni di Agostino Giovagnoli L’iniziativa di Sturzo fu fermata da una parte del mondo cattolico, manovrata da una forza estranea che utilizzò strumentalmente temi cari ai cristiani, con conseguenze terribili per la chiesa e per il Paese. Un rischio che anche oggi non si può escludere Una politica per qualcosa, non contro qualcuno di Maria Bocci Sturzo crede in una democrazia «sostanziale» perché crede nella libertà e nelle forze positive della società e della persona. Sono conquiste che il Novecento ha dovuto riguadagnare a caro prezzo e di cui oggi si fatica a capire la portata Giustizia, bonificare i pozzi avvelenati della pubblica opinione di Gabrio Forti Occorre liberarsi dalla rancorosa coltre “criminale” che viene imposta ai più disparati e complessi problemi sociali, a partire dall’emergenza epocale delle migrazioni, ridotta a un coacervo di colpevoli da braccare e punire Su CattolicaNews tutti gli altri interventi del dibattito: contributi di Enzo Balboni, Antonio Campati, Aldo Carera, Damiano Palano, Vittorio Emanuele Parsi e Aldo Travi

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PRESENZA

Da EDUCatt

WISE e MyAcademicID, attività di welfare studentesco

Europrogettazione: in missione per conto di EDUCatt di Valentina Giusti

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uando ci vedono passare con la valigia nei corridoi di fatto stiamo andando “in missione”», quella relativa, per quanto riguarda Magda Mantegazza, Pietro Rossi, Andrea Baldin e altri collaboratori di EDUCatt, all’europrogettazione, che coinvolge la Fondazione dal 2014 nella realizzazione di progetti sostenuti dalla Commissione europea. Il primo, WISE (Welfare for Improved Social dimension of Education), di cui EDUCatt è stata leader, era focalizzato sul welfare studentesco. Sono seguite altre proposte, che non sempre hanno riscontrato naturalmente l’approvazione immediata della Commissione: «non ci siamo demoralizzati a fronte del primo rifiuto, abbiamo lavorato sulle criticità che la Commis-

 Dal 2014 la Fondazione è coinvolta nella realizzazione di progetti sostenuti dalla Commissione europea, che implicano impegno e responsabilità, ma anche un’opportunità di crescita personale e di azienda sione ha messo in evidenza e siamo riusciti a ottenere i finanziamenti necessari». Al momento il gruppo di lavoro è impegnato in MyAcademicID, improntato sulla digitalizzazione: l’obiettivo è quello di trovare un electronic identificator (eID) che permetta allo studente di muoversi in tutti i Paesi che fanno parte dell’Europa, snellendo questioni burocratiche e amministrative. Partecipare all’europrogettazione è una sfida avvincente e impegnativa: è necessario essere elastici e trasversali, senza trascurare il lato «divertente» dell’esperienza: si fa squadra, si esce dal proprio ufficio e dalla propria comfort zone, si diventa più ricchi a livello umano. «Un’esperienza bellissima», nella quale «si scopre il vero

senso dell’Europa» nel collaborare con «professionisti quotidianamente coinvolti nel rendere tutto il più naturale possibile, superando le barriere linguistiche e cogliendo tutte le occasioni possibili». Il tutto risponde a una delle “preghiere” della Commissione europea: fare rete, beneficiarne a livello personale e di comunità. «Ogni progetto che fai aggiunge qualcosa che prima mancava, perché dalla tua prospettiva non lo vedevi»; è questo uno degli aspetti più preziosi dei meeting e dei momenti informali che vengono vissuti: aggiungere «un valore umano di socialità creativa, di community. Si deve lavorare su ogni livello per raggiungere quello che è il grande obiettivo della Comunità Europea».

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Un report per comunicare il lavoro svolto, i risultati raggiunti e le prospettive future

Bilancio di Missione: i risultati del 2018

PRESENZA

Da EDUCatt

di Maria Serena Chiocca

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 È in uscita lo strumento di rendicontazione periodica attraverso cui EDUCatt racconta le proprie attività rivolte alla comunità universitaria e il proprio contributo al progetto l Bilancio di Missione ha come educativo dell’Università Cattolica

obiettivo la trasparenza e l’identificazione degli ambiti di rendicontazione più rilevanti per EDUCatt e per i suoi stakeholder, l’ampliamento delle informazioni qualitative e quantitative, con una esposizione che rispetta gli Standard GRI. Quest’anno il Bilancio è seguito dalla Misurazione di impatto sociale (Report di impatto 2018-2019), attraverso il quale la Fondazione si pone l’obiettivo di farsi riconoscere dagli stakeholder (fondatori, istituzioni erogatrici, studenti beneficiari), e dal Modello di simulazione, dedicato alla programmazione delle linee strategiche future. I dati raccolti permettono di fare una stima generale dell’impatto che EDUCatt ha sugli studenti dell’Università Cattolica: ben 11.180.826 euro erogati attraverso Borse di studio e premi, con 3.161 studenti sostenuti economicamente, in sinergia con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’Istituto Toniolo di Studi Superiori, insieme ai progetti Student Work e 200 ore, rivolti agli studenti non idonei alle Borse. Fra gli strumenti di sostegno alla carriera universitaria sono attivi il Servizio librario, che conta 50.600 libri dati in prestito, e il servizio di Assistenza sanitaria e consulenza psicologica, con 23.964 prestazioni sanitarie e 708 prestazioni psicologiche erogate. L’attenzione dell’ente verso i bisogni di tutta la comunità universitaria tocca anche il campo della ristorazione. Oltre a Educhef, f etichetta basata sulle norme di una sana alimentazione, e ThinkGreen, l’iniziativa ecosostenibile di Sodexo, la Fondazione dimostra il suo impegno per

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il rispetto dell’ambiente attraverso il sistema Io Bevo, che ha portato al risparmio di 720mila bottiglie, ovvero 7,2 tonnellate di plastica. Per informazioni e per richiedere una

copia del Bilancio di Missione 2018: sito: www.educatt.it/bilanciodimissione e-mail: bilanciodimissione@educatt. org

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Josep Maria Esquirol, il filosofo della bontà di Velania La Mendola

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ell’epoca delle passioni tristi è necessario avere libri che diano speranza. Come quelli scritti da Josep Maria Esquirol, filosofo catalano notissimo in madre patria di cui Vita e Pensiero ha pubblicato il nuovo libro La penultima bontà. Per entrare nel mondo di questo pensatore – ospite di Torino Spiritualità a fine settembre – è bene prendere confidenza con alcuni concetti chiave che delimitano (o meglio accrescono) la sua filosofia. “Coltivare il giardino” ad esempio, ci spiega Esquirol con il suo tono di voce pacato, significa «non essere il centro di un movimento, non essere la “maiuscola delle cose”, ma stare ai margini e lì prendersi cura delle cose che sono da sempre». Il giardino per eccellenza, da cui prende le mosse il nuovo libro, è quello di Adamo ed Eva. Ma attenzione, nella filosofia della prossimità l’uomo nasce ai margini e quindi: «Non ci hanno cacciato da nessun paradiso. Ne siamo sempre stati fuori». Ai margini, secondo Esquirol, il male è profondo, ma la bontà lo è di più. La bontà di cui parla è riservata solo a poche anime elette? La mia filosofia non parla di santi o eroi, perché donare è qualcosa che possiamo fare tut-

ti, certo con misure diverse. Donare tempo, donare mezzi, donare accoglienza... ma anche donare ‘gentilezza’. Ci sono piccoli gesti, gentili e quotidiani, che sono già donazione. Per questo l’‘urbanità’ correttamente intesa è profonda. Le cosiddette “buone maniere”? Esatto, non si tratta solo di ‘buona educazione’, spesso i piccoli gesti nascondono un’inclinazione esistenziale molto più profonda. «Dopo di voi, prego» è un cedere il passo. I gesti gentili hanno la virtù di escludere i loro opposti: l’abbraccio allontana il timore; la mano aperta, l’odio; l’alzata di spalle, il fanatismo; il massaggio, il dolore; le carezze, il pianto; l’inarcare le sopracciglia allontana il malumore e schiude alla simpatia; il sorriso addolcisce l’aria che si respira; l’umiltà nello sguardo lascia parlare l’altro. I gesti della generosità rimandano segretamente agli atti più straordinari. Sono questi atti, e non le idee astratte, a essere fari di speranza in momenti ed epoche di buio. Il mondo si può salvare con piccoli gesti quotidiani? Ho chiamato il mio metodo filosofico cammino dell’ingenuità. Ma non rivendico uno sguardo infantile sul mondo, il mio essere in-genuo significa vicino alla genesi, alla base, alla nascita, al suolo. Sguardo filosofico, sguardo attento e sguardo ingenuo sono sinonimi. A volte la bontà sembra piccola e impotente di fronte alla mostruosità e all’estensione del male. Ciononostante, nella sua impotenza e nella sua debolezza, è invincibile. L’unica rivoluzione possibile per me è quella della generosità e della fraternità. Difficilissima, ma reale, fattibile. Pochi centimetri di differenza possono essere una grande differenza. La bontà quotidiana degli uomini è la speranza del mondo.

Johnny Dotti, Andrea Rapaccini L’Italia di tutti EBOOK

PRESENZA

Da Vita e Pensiero

Per una nuova politica dei beni comuni

Studi di Sociologia oung people of 2030 must be innovative, responsible and solve complex problems with negotiation. Twenty-first Century Education must be prepared to propose these goals to students». Così Rita Bichi e Pablo Vidal-González introducono l’ultimo numero di «Studi di Sociologia», interamente dedicato ai millennals. Dall’indagine Young people and inequality: marginality as a case of epistemological fallacy di Rosa Capobianco e Mauro Giardiello emerge un quadro preoccupante in cui i giovani sarebbero epicentro di fenomeni di diseguaglianze ed emarginazione. E se la mobilità internazionale potrebbe favorire dinamiche inclusive (ma anche accrescere il divario, ne parlano Francesca Ieracitano e Donatella Pacelli), vi sono “luoghi di socialità” che giocano un ruolo primario nella loro formazione, come i social media (tema al centro di Is there a «Social» divide? Italian Millennials, social networks and social inclusion di Fabio Introini e Cristina Pasqualini). Non solo: la crisi economica, il cambiamento climatico, l’instabile contesto lavorativo, hanno reso i giovani più vulnerabili e disorientati, come spiegano Rosangela Lodigiani e Mariagrazia Santagati in NEET empowerment through work socialisation. Tre articoli espongono d’altra parte concreti casi di integrazione e collaborazione tra giovani in America Latina (Bernardo Rangel Sada), in Italia relativamente alla partecipazione delle seconde generazioni di migranti in politica (Veronica Riniolo) e alle esperienze di classi multietniche (Gianluca Argentin, Maddalena Colombo, Mariagrazia Santagati). Rivista e archivio digitale su studisociologia.vitaepensiero.it

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Il liquefarsi della figura del padre di Marcel Gauchet

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avvenimento non è di poco conto. Anzi, è talmente enorme da suscitare incredulità – del genere: «una cosa simile non può succedere». Eppure è così: stiamo assistendo alla fine del dominio maschile. Intendiamoci: è morto come principio, lasciando però dietro di sé tutta una serie di strascichi che possono nascondere la profondità della rottura o consentire di negarne l’esistenza. La fine, comunque, c’è stata, e bisogna farci i conti. […] Se c’è un indizio che non inganna riguardo alla radicalità di questa rottura è il rapido liquefarsi della figura del padre. Era il punto nevralgico del dispositivo, avendo il compito di garantire l’articolazione tra la cellula famigliare e l’organismo sociale. […] In questo senso era giustificato parlare di un ordine patriarcale, quello stesso che è ora evaporato senza lasciare tracce se non quelle che un primato millenario lascia necessariamente nel paesaggio culturale. La de-istituzionalizzazione della famiglia ha svuotato di senso la funzione paterna, così come, del resto, l’omologia tra famiglia e società. Il padre, nel senso dello stato civile, non deve più essere il ‘capo’ dentro uno spazio famigliare intimizzato, così come il capo, in senso istituzionale (il ‘capo di Stato’), non è più un ‘padre’. Il modello dell’autorità si è ‘de-patriarcalizzato’ o ‘de-paternalizzato’. Tra le immagini che i cittadini si fanno oggi del potere e dei suoi attributi, nessuna è più lontana di quella del ‘patriarca’. In materia di esercizio dell’autorità, il ‘paternalismo’ è diventato uno spauracchio. Allo stesso modo, la ‘Legge del padre’, con la L maiuscola, nei termini proposti dalla psicoanalisi e portata alla sua espressione più sistematica da Lacan, non ha più niente da dire. […]

 Il dominio maschile è finito: è la tesi di partenza del libro di Marcel Gauchet, professore emerito all’École des Hautes Études en Sciences Sociales (EHESS) di Parigi, che nel saggio intitolato appunto La fine del dominio maschile (Vita e Pensiero) si interroga sulle conseguenze sociali di questo cambio epocale e sulla crisi che nasce dal non aver ancora trovato un modello sostitutivo che possa fermare il liquefarsi delle istutuzioni. Un cambiamento che coinvolge anche la figura del padre, come si legge nel breve estratto che segue, tratto dal libro L’errore, come possiamo registrare retrospettivamente, è stato di ipostatizzarla elevandola a invariante antropologica. Non era invece che un fatto sociologico, certo storicamente radicato, ma comunque revocabile e, del resto, in piena crisi. La psicoanalisi è figlia del terremoto nel sistema di riproduzione sociale che abbiamo descritto e della crisi delle sue successive traduzioni famigliari. Su queste basi ha teorizzato un modello che sta crollando. […] Il famoso ‘padre separatore’, incarnazione della fondativa proibizione dell’incesto e investito della funzione di staccare il bambino dalla fusione con la madre, non era nient’altro che la dimensione psichica del padre mediatore, ponte tra l’interno privato e l’esterno pubblico della famiglia-istituzione. In realtà, ciò che si esprimeva per suo tramite era l’imperativo supremo di piegarsi alle necessità di sopravvivenza del gruppo, nel duplice aspetto di perpetuazione della vita e difesa contro una minaccia esterna. La ‘Legge del padre’, da questo punto di vista, era intimamente legata al diritto di vita e di morte della collettività sui suoi membri e al tributo di sangue, cui veniva associato il dovere di riprodursi, nei termini fissati dalla disgiunzione e dalla congiunzione gerarchica dei sessi e sotto la garanzia dell’autorità del capo famiglia. Per questo non stupisce, sia detto di passaggio, che tali differenti attestazioni dell’imprescindibile primato del collettivo abbiano visto anch’esse la loro aura

affievolirsi e spegnersi. Una simile scomparsa dell’ingiunzione intima da parte della legge del gruppo, per come si concentrava nella figura del padre, avrebbe dovuto accompagnarsi a enormi sconvolgimenti nell’economia psichica. E invece, con o senza grande separatore, l’umanizzazione dei nuovi venuti in qualche modo continua a compiersi, così come continua a operarsi il loro ‘accesso al simbolico’. Il fatto è che questi fondamentali processi, modellati effettivamente da quei sistemi di regole, seguono percorsi più profondi e sono quindi in grado di riconfigurarsi dentro un ambiente nuovo, generando nuovi problemi. È questa la novità che andrebbe esplorata, piuttosto che insistere nella constatazione di una carenza che non spiega più nulla. Ciò che comunque è acquisito, ormai, è che, perdendo la chiave di volta del principio paterno, il dominio maschile ha perso il suo più solido punto di appoggio.

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Mito e narrazioni della giustizia nel mondo greco a cura di Gabrio Forti, Alessandro Provera Vita e Pensiero, Milano 2019

pp. 264, euro 23,00 (Giustizia e letteratura)

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o sguardo di Ifigenia si perde nella distesa del mare. Così la ritrae un pittore tedesco dell’Ottocento legato, per cognome e parentela, a uno dei maggiori giuristi del suo tempo e di ogni tempo. Non potrebbe esserci immagine più emblematica per rappresentare, insieme, l’eternità dei miti della Grecia («queste cose non avvennero mai, ma sono sempre»), l’ammaliante e simbolica ambivalenza del rapporto con il mare di quella civiltà e l’interrogazione fondamentale, per il mondo del diritto e della giustizia, che la geografia dello spirito disegnata dai flutti dell’Egeo nel lambire quelle coste, quelle isole, incessantemente rivolge agli umani. Il lettore di quest’opera potrà trovare nella letteratura greca i «punti di riferimento tracciati dagli astri nella volta del cielo» (M. Detienne) per veleggiare «nell’arcipelago in cui iniziò il grande destino della civiltà occidentale» (M. Heidegger) e approdare ai lidi della giustizia.

San Paolo e le donne a cura di Nuria Calduch-Benages Vita e Pensiero, Milano 2019

pp. 112, euro 12,00 (Grani di senape)

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ono molte le donne che compaiono negli Atti degli Apostoli e nelle lettere di san Paolo: amiche, sorelle e testimoni che collaborano alla missione della Chiesa nascente. A dispetto delle interpretazioni di san Paolo come misogino che chiede alle donne sottomissione e silenzio, emergono ritratti di donne indipendenti, di buona posizione sociale ed economica, che hanno contribuito fattivamente all’espansione missionaria; donne forti che «hanno combattuto per il Vangelo»; mogli che nella coppia condividono pari dignità col marito; ragazze che hanno il dono della profezia o sono possedute dallo spirito; vedove che si mettono al servizio dei credenti; diaconesse che in prima persona insegnano, predicano e fondano Chiese domestiche. Apostole e missionarie, quindi, la cui vocazione non è né il silenzio né l’invisibilità, ma che diffondono ovunque il profumo del Vangelo con trasparenza e coerenza di vita. Una lezione antica per i nostri tempi.

Appassionati dissodatori. Storia e storiografia della televisione in Italia a cura di Massimo Scaglioni Vita e Pensiero, Milano 2019

pp. 208, euro 22,00 (Ricerche. Media spettacolo e processi culturali)

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a televisione ha incrociato la storia d’Italia, dagli anni Cinquanta a oggi, sotto molteplici aspetti e ha generato diverse metodologie per interpretare e studiare la particolare relazione fra il mezzo di comunicazione più popolare e le trasformazioni del Paese. Ma uno sguardo autenticamente storico sulla TV si è fatto largo solamente alcuni decenni dopo l’inizio delle trasmissioni. Gli studiosi di televisione si sono ritrovati così nella condizione di ‘appassionati dissodatori’ di un terreno ancora in gran parte vergine e disordinato, per usare l’efficace espressione impiegata da Aldo Grasso, che su quel campo ha iniziato a lavorare proprio fra gli anni Settanta e i primi anni Ottanta, come ricercatore e, successivamente, anche come critico per il “Corriere della Sera”. Questa raccolta di saggi, rendendo omaggio al suo lavoro pionieristico, vuole ricostruire le modalità con cui la TV italiana è diventata un oggetto di studio e mostrare, così, la ricchezza e la complessità di questo campo del sapere, rilevante per comprendere, più estesamente, la società italiana di ieri e di oggi.

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Le Dolomiti di Sebastiano Vassalli: una mostra «dimensione dello spirito» ttraverso un nuovo progetto a cura del Laboratorio di editoria dell’Università Cattolica diretto da Roberto Cicala, in collaborazione con il Centro Novarese di Studi Letterari e di EDUCatt, vengono alla luce nuovi aspetti dello scrittore premio Strega 1990 Sebastiano Vassalli, scomparso nel 2015, e della sua officina artistica. Tramite la mostra itinerante Il romanzo di una valle, inaugurata il 27 luglio ai piedi delle Dolomiti bellunesi, in Val di Zoldo, il catalogo omonimo (edito da EDUCatt) e il progetto di un itinerario letterario nella valle, corredato di steli e citazioni, viene raccontata la genesi del caso editoriale Marco e Mattio, uscito nel 1992 da Einaudi; carte preparatorie, appunti, fotografie, corrispondenza e materiali inediti che celebrano il legame di Vassalli con la valle e Venezia, luoghi in cui si svolgono gli eventi del romanzo. Al centro sta dunque l’interesse dello scrittore per le «storie oscurate dalla Storia» e per la vicenda drammatica, ambientata nel Settecento, del ciabattino Mattio Lovat, uno dei primi casi clinici della psichiatria moderna (malato di pellagra, credette di dover sacrificare se stesso per liberare il mondo dall’Anticristo, Napoleone Bonaparte), e del misterioso don Marco, figura vicina al mistico Ebreo errante, che sconvolge i ritmi della povera valle zoldana e della vita di Mattio. Partendo dal reale resoconto medico del dottor Cesare Ruggieri, Vassalli intraprende un percorso di ricerca e di scrittura, ricostruito all’interno del catalogo e della mostra, mostrando luci e ombre della montagna e del carattere nazionale degli italiani e dando voce ai sogni di un folle e perdente eppure capace, nei momenti più difficili, di «alzare gli occhi verso il cielo stellato».

PRESENZA

Nei Libri

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Il romanzo di una valle. Il caso editoriale di Marco e Mattio di Vassalli tra le Dolomiti di Zoldo e Venezia, a cura di Roberto Cicala e Valentina Giusti, presentazione di Andrea Kerbaker, EDUCatt, Milano 2019, con oltre 100 immagini a colori, euro 10,oo

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PRESENZA

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 Presenza festeggia i suoi primi 50 anni dando la parola ai lettori. Studenti e alumni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore raccontano la loro Presenza tra i banchi, i corridoi o i chiostri ma anche in biblioteca, in mensa, nelle aule studio o nei collegi dell’Ateneo

Filo e ricordo, le mie parole guida*

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resenza stimolante: quella volta che le parole di un professore mi hanno fatto davvero riflettere... Le frasi importanti che in questo anno accademico mi hanno fatto riflettere sono tante, ma solo raramente si incontrano quelle parole incisive che si imprimono nella nostra mente e non ci abbandonano più. Sono quelle che ci aprono alle idee, all’immaginazione e ci fanno riflettere in profondità e possono cambiare anche il nostro modo di vedere le cose della realtà. Vorrei riportarne due che maggiormente sono state significative per me nel mio percorso personale e professionale: le parole “filo” e “ricordo” di cui già conoscevo il significato ma che apprese in contesto universitario hanno assunto un nuovo “senso” di guida e catarsi. La parola filo è stata la protagonista del nostro primo incontro di tirocinio indiretto, quel filo disposto in aula sul quale ognuno di noi studenti ha appeso qualcosa per presentarsi agli altri e raccontare se stesso... Quel filo mi ha accompagnato durante tutto l’anno accademico intrecciandosi con tanti altri fili fatti di esperienze, insegnamenti, immagini che hanno creato una grande rete. Rete piena di nodi che simboleggiano i legami, le relazioni, che sostengono, arricchiscono e facilitano la condivisione. Nell’ultimo incontro di tirocinio indiretto abbiamo ritrovato in aula quel filo esile e sottile e su di lui ciascuno di noi studenti ha appeso le immagini più significative della propria esperienza da cui trarre insegnamento per conservarne il ricordo e depositarlo nella propria “cassetta degli attrezzi”. Ho citato poco fa l’altra parola che mi ha fatto molto riflettere: il ricordo, la memoria e da qui ho imparato la sua importanza. Il ricordo è legato alla parte emotiva di ciascuno, ricordiamo esperienze e situazioni

che ci hanno fatto provare emozioni positive o negative. Ricordare ci permette di tornare, quando ne abbiamo bisogno, a esperienze che abbiamo realmente vissuto, legate a un sentimento, a eventi che ci hanno coinvolto. È questa la funzione del ricordo, poterci tornare, per affrontare momenti del presente. * di Eleonora Conti, studentessa di Scienze della formazione primaria, facoltà di Scienze della formazione

Ma perché hai scelto proprio la Cattolica?* ino a qualche mese fa, alla domanda Ma perché hai scelto proprio la Cattolica?, non sapevo proprio cosa rispondere. Alla fine, dall’esterno, potrebbe sembrare un’università come le altre: aule, professori, esami, studenti. Ed

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in parte è vero, la Cattolica è un insieme di queste cose. Aule di ogni tipo; professori amati o odiati – non c’è mai una via di mezzo; esami con nomi lunghissimi che portano a pensare se una laurea è davvero così necessaria; e studenti. Ah, quanto ci sarebbe da dire sugli studenti! “La Catto” è però troppo importante per essere definita da elementi comuni a tutte le altre università. La Cattolica è il Bar Gnomo, dove la colazione prima di qualsiasi lezione è praticamente obbligatoria. La Cattolica è anche il Cinema Gnomo, dove vi auguro di non avere mai lezione il lunedì mattina presto. La Cattolica è anche la Biblioteca Centrale, dove si fanno le corse per trovare un posto durante la sessione. La Cattolica è l’Area Matricole, dove lavorano le persone più pazienti del mondo.

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La Cattolica è la sede di Morozzo della Rocca, dove se hai lezione al quinto piano ti porti da casa la bomboletta di ossigeno per sopravvivere alla scalata. La Cattolica sono i giorni delle lauree, in cui tutti sono felici, sorridenti, soddisfatti e saltano come gazzelle nei chiostri. La Cattolica sono anche le aule che non si trovano mai, nemmeno muniti di mappa tascabile e navigatore satellitare di ultima generazione. La Cattolica è anche incontrare ogni giorno nuove persone da tutto il mondo capaci di accrescere il nostro piccolo mondo. Ma soprattutto, la Cattolica significa scelte e opportunità che le altre università non hanno. Possibilità che, ora, mi fanno trovare una risposta alla domanda Ma perché hai scelto proprio la Cattolica? * di Fabrizio Valgoi, studente del secondo anno del corso di laura magistrale in Lingue e letterature e culture straniere, facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere

Incontri e parole determinanti* a forza delle parole, soprattutto se pronunciate da una docente che crede nelle tue capacità, ti motiva e ti permette di dare nuovamente senso al percorso intrapreso. Le parole ti accompagnano e se la situazione non può cambiare nell’immediato, ti aiutano a non demordere e a ripatire con maggiore fiducia. Avevo problemi con il rinnovo del permesso di soggiorno e per una questione di priorità dovevo scegliere tra continuare gli studi universitari iniziati da poco o lavorare a tempo pieno e disbrigare le pratiche burocratiche. La professoressa non vedendomi più a lezione, e apprendendo dai miei compagni di corso la motivazione della mia assenza, mi fece arrivare l’invito di presentarmi durante il suo orario di ricevimento. A distanza di un anno ricominciai il corso di laurea

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triennale in Esperto Linguistico per la Mediazione Interculturale. Sono sicura che quella Presenza e quell’incontro siano stati determinanti. A circa 10 anni dalla laurea e con un lavoro nel mio settore, ho scelto ancora una volta questo Ateneo. Tra poco concluderò la laurea magistrale in Politiche per la Cooperazione Internazionale allo Sviluppo, e allora come oggi, sebbene con qualche anno in più, è stato stimolante essere presenti e condividere con altri docenti e colleghi di corso un nuovo tratto di strada che mi permette non solo di portare a termine un ciclo di studi, ma anche di migliorare e aprirmi a nuove opportunità.

PRESENZA

Dopo tutto

* di Ana Cecilia Rivera, alumna della facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere e laureanda del corso di laurea in Politiche per la Cooperazione Internazionale allo Sviluppo della facoltà di Scienze politiche e sociali

Musica ed emozione in Aula Magna* na Presenza indimenticabile: quando per la prima volta mi sono trovata sotto i riflettori dell’Aula Magna e ho cantato con il coro dell’Università. Ricordo il coro inglese che cantava con noi, l’entusiasmo del loro direttore che ci dirigeva, le voci che armonizzavano alla perfezione nonostante si fossero incontrate solo poche ore prima. Ricordo il testo del brano e le note in polifonia che riempivano lo spazio, tanto che alla fine del concerto mi brillavano gli occhi per la commozione! Non lo sapevo ancora, ma è stato proprio da lì che è cominciata una delle avventure più belle che ho vissuto in Università Cattolica! Porto nel cuore tutti i pomeriggi passati con gli amici in Cappella San Francesco a provare per i concerti, la fatica di imparare brani difficili e la soddisfazione di cantarli insieme a studenti che venivano da tutto il mondo e condividevano con noi la loro passione e il loro talento.

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* di Sara Testa, studentessa di Media Management, facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere

Leggi altre testimonianze di studenti e alumni su www.cattolicanews.it

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