presenza dell’UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
NAZ/350/2008 DCOO53793
numero 1-2 – anno L gennaio-aprile 2018
Ne ha fatta di strada Bidoli, la giornalista tutta salute e famiglia
Ricerca
Il web parla latino
Ateneo
Chiostri aperti con il Fai
5X1000, LA GENEROSITÀ
che fa la differenza Un piccolo gesto, un grande aiuto per la formazione dei giovani, la solidarietà internazionale e la ricerca scientifica. Perché per l’Università Cattolica occuparsi delle persone è un valore sempre più prezioso
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Marzo Aprile 2018 Anno CI
B I M E S T R A L E D I C U L T U R A E D I B A T T I T O D E L L’ U N I V E R S I T À C A T T O L I C A
EDITORIALE Guzmán M. Carriquiry Lecour FRONTIERE Françoise Thom
Chiesa e politica: la lezione del Sudamerica
La globalizzazione del “putinismo”
DIALOGHI Massimo Recalcati Custodire l’inviolabile: psicoanalisi e teologia alleate Pierangelo Sequeri L’ANNIVERSARIO Franco Cardini Lidia Maggi
La guerra dei Trent’anni, tragedia per i cristiani
FOCUS Massimo Cacciari
L’aut-aut sull’Europa di Romano Guardini
Laura Boella
Simmel postmoderno dal denaro alle metropoli
POLEMICHE CULTURALI Alberto Oliverio La mente parlante: le neuroscienze e la lettura
ISSN 0042-725 X
SPIRITUALITÀ Gianfranco Ravasi Il Vangelo, il denaro e l’economia della salvezza
presenza dell’UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
NAZ/350/2008 DCOO53793
numero 1-2 – anno L gennaio-febbraio 2018
Ne ha fatta di strada Bidoli, la giornalista tutta salute e famiglia
SOMMARIO
Ricerca
Il web parla latino
Ateneo
Chiostri aperti con il Fai
04 – 5xmille, la generosità che fa la differenza 5X1000, LA GENEROSITÀ
che fa la differenza Un piccolo gesto, un grande aiuto per la formazione dei giovani, la solidarietà internazionale e la ricerca scientifica. Perché per l’Università Cattolica occuparsi delle persone è un valore sempre più prezioso
10 – Bidoli, una giornalista tutta salute e famiglia 16 – Focus: il web parla latino 18 – Ricerca: la pellicola che uccide i batteri
n.1-2/duemiladiciotto Rivista bimestrale realizzata dal Servizio Stampa dell’Università Cattolica, in collaborazione con il Master in Giornalismo, con la partecipazione del Servizio Pubbliche relazioni dell’Istituto “G.Toniolo” di Studi Superiori © 2001 – Università Cattolica del Sacro Cuore DIRETTORE Franco Anelli RESPONSABILE Gerardo Ferrari COORDINATORE Graziana Gabbianelli COMITATO REDAZIONALE Katia Biondi, Nicola Cerbino, Sabrina Cliti, Paolo Ferrari, Graziana Gabbianelli, Emanuela Gazzotti, Fausto Maconi, Antonella Olivari HANNO SCRITTO Beatrice Maria Beretti, Katia Biondi, Sabrina Cliti, Andrea Ferrario, Stefano Francescato, Graziana Gabbianelli, Emanuela Gazzotti, Luca Giovannoni, Velania La Mendola, Federica Mancinelli, Mariangela Masiello, Giada Meloni, Antonella Olivari, Linda Poncetta, Roberta Ricchetti, Matteo Nava, Maria Villano. REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE Università Cattolica del Sacro Cuore L.go Gemelli, 1 – 20123 – MILANO tel. 0272342216 – fax 0272342700 e-mail: presenza@unicatt.it www.unicatt.it REDAZIONE ROMANA L.go Francesco Vito – 00168 – ROMA tel. O630154295 Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 94 del 5 marzo 1969 PROGETTO GRAFICO Matteo Scanni IMPAGINAZIONE Studio Editoriale EDUCatt FOTO ARCHIVIO Università Cattolica, AP, Getty Image STAMPA Tiber spa – Brescia
Questo periodico è associato all’USPI Il numero è stato chiuso in redazione il 30 marzo 2018
21 – Borse di studio, premiati i migliori 200 24 – Espar, un patentino per i rifugiati 26 – Europa, la partita è aperta 27 – Milano, accordo con i commercialisti 33 – Gemelli, mano bionica dotata di tatto 36 – Brescia, tra due anni la nuova sede 39 – A Piacenza più iscritti e spazi alla didattica 42 – Educatt, Il lavoro come occasione di crescita 45 – I 100 anni di Vita e Pensiero a Tempo di libri
Presenza è sfogliabile anche online su www.unicatt.it/presenza
primo piano
5 PER MILLE, LA GENEROSITÀ
che fa la differenza Diritto allo studio, ricerca, solidarietà. Sono gli ambiti in cui la Cattolica investe i fondi raccolti realizzando importanti iniziative sociali, educative e in ambito medico
di Andrea Ferrario
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n piccolo gesto per il cittadino, un grande aiuto per la formazione dei giovani, la solidarietà internazionale e la ricerca scientifica. Scegliere di destinare il 5 per mille all’Università Cattolica del Sacro Cuore significa confidare nelle capacità delle persone e prendersi cura dei soggetti in difficoltà, per garantire un futuro migliore per tutti. Lo sanno bene molti contribuenti italiani che, al momento della dichiarazione dei redditi, donano all’Ateneo una quota (pari, appunto, al 5 per mille) del proprio Irpef: lo Stato, infatti, prevede che una parte dell’imposta sul reddito delle persone fisiche possa essere destinata a diverse tipologie di soggetti tra cui gli enti della ricerca scientifica e le università. Tra queste c’è l’Università Cattolica, che nel corso degli anni ha saputo valorizzare la scelta dei donatori con iniziative destinate all’intera comunità, perché in una società sempre più individualistica occuparsi degli altri è un valore prezioso. Sono quindi stati promossi non solo aiuti concreti a studenti con minori possibilità economiche, ma anche esperienze di volontariato in Paesi emergenti e in Via di Sviluppo e progetti medici di alto livello tra cui: la tutela della salute delle donne di ogni età, l’assistenza ai bambini con disabilità neurologiche e il supporto alla ricerca in campo oncologico. Del resto, queste iniziative rientrano a pieno titolo tra le missioni dell’Ateneo: investire nella formazione e nell’educazione degli studenti, incoraggiare la solidarietà e favorire la ricerca medico-scientifica.
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PRESENZA 1-2, GENNAIO-APRILE 2018
Per l’Università Cattolica impegnarsi nella formazione dei propri allievi significa non solo credere nel loro talento, favorendo il diritto allo studio, ma anche garantire loro una crescita umana e professionale completa. Ciò avviene grazie ai fondi del 5 per mille, che hanno permesso l’erogazione di 1213 borse di studio dal 2010 a oggi. Sono numeri che testimoniano l’impegno dell’Ateneo a sostenere gli studenti meritevoli e motivati. Restando in ambito formativo, il 5 per mille ha consentito la realizzazione dello Scholarship Program, che permette a giovani provenienti da Paesi in Via di Sviluppo di frequentare corsi di laurea presso l’Università Cattolica e, terminato il
percorso di studi, di ritornare nel proprio paese mettendo a disposizione quanto appreso. Ciò non solo rafforza il capitale umano di tali Paesi, ma consente allo stesso Ateneo di aprirsi a livello internazionale: stimolare l’incontro tra culture diverse e collaborare per l’integrazione significa capire il valore dell’accoglienza. Ecco perché dal 2010 è stata riconosciuta una scholarship, con copertura delle spese di alloggio e del corso di studi, a 267 giovani con meno risorse economiche provenienti da Africa, Sud America, Asia ed Est Europa. Presso l’Università Cattolica è attivo il Servizio Integrazione Studenti con disabilità e studenti con DSA.
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UNICATT
L’obiettivo del Servizio è migliorare sensibilmente l’esperienza di tali studenti in Ateneo, investendo in un’ampia gamma di interventi tecnologici che determinano un maggiore coinvolgimento nella vita universitaria. In tal senso, per gli studenti con disabilità uditiva nel 2018 sarà possibile veder scritte su appositi dispositivi le parole pronunciate dai professori durante la lezione. Quest’anno inoltre verrà istituito il servizio di consulenza pedagogica nella sede di Roma anche grazie ai riscontri positivi del servizio erogato presso le sedi di Milano, Brescia e Piacenza. Il secondo ambito in cui è visibile l’impegno dell’Università Cattolica è la solidarietà internazionale. Di particolare importanza è l’UCSC Charity Work Program, un progetto promosso dall’Ateneo anche grazie ai fondi del 5 per mille, oltre che dell’Istituto Toniolo, che ha permesso a più di 250 di studenti di vivere un’esperienza di volontariato in Paesi emergenti e in Via di Sviluppo. Il programma, attivo anche nel 2018, promuove scholarship della durata di 3-8 settimane per gli iscritti a un corso di Laurea, Master, Dottorato di ricerca o Scuola di specializzazione dell’Università. Le destinazioni per quest’anno sono le seguenti: Albania, Bolivia, Brasile, Camerun, Eritrea, Etiopia, Ghana, Guatemala, India, Kenya, Madagascar, Messico, Senegal, Tanzania, Terra Santa, Uganda e Zambia. L’iniziativa non rappresenta solo un’esperienza all’estero, ma anche un’occasione unica per uscire dalla propria quotidianità, vivendo a stretto contatto
FORMAZIONE RICERCA SOLIDARIETA
con persone con una cultura diversa, imparando a confrontarsi con l’altro da sé, riconoscendone e rispettandone i bisogni. Prosegue l’intervento di sostegno alle attività del Consolata Hospital Ikonda, struttura ospedaliera in Tanzania gestita dai missionari della Consolata. La collaborazione, avviata nel 2014, prevede l’invio di specializzandi di Medicina e chirurgia della sede di Roma per supportare il lavoro di medici e infermieri locali: tra le altre attività, negli anni è stato garantito un concreto aiuto nelle visite cardiologiche, ginecologiche, pediatriche e infettivologiche. Non va infine dimenticato che il coordinamento di tali attività di volontariato e cooperazione internazionale è possibile grazie al Centro di Ateneo per la Solidarietà Internazionale (CeSI), che dal 2006 si occupa di creare sinergia tra i numerosi progetti promossi dall’Università Cattolica. Altra primaria missione del CeSI è diffondere la cultura e la pratica della solidarietà in molti contesti culturali e geografici “di frontiera” tramite la valorizzazione del patrimonio di conoscenze e competenze dell’Ateneo. Inoltre parte dei fondi del 5 per mille è stata impiegata per supportare la realizzazione di ricerche medico-scientifiche di alto livello, condotte dalla facoltà di Medicina e chirurgia della sede di Roma, che hanno prodotto avanzamenti significativi in ambiti cruciali. Tra gli altri, particolare attenzione è stata rivolta al potenziamento e innovazione delle cure palliative e al campo dell’oncologia, con lo studio delle vescicole extra-
PORTA CON TE IL PROMEMORIA RICORDA questi semplici passaggi: ◗ Firma nel riquadro della dichiarazione dei redditi alla voce “Finanziamento agli enti della ricerca scientifica e dell’Università” ◗ Trascrivi il codice fiscale dell’Ateneo: 02133120150 Il 5x1000 non ha nessun costo per il contribuente e non è in alternativa all’8x1000 per la Chiesa cattolica. www.unicatt.it/5permille
cellulari rilasciate da cellule tumorali. Sono poi stati attivati progetti dedicati alle disabilità neurologiche dei bambini e alla cura e assistenza dei piccoli pazienti con spina bifida. Nel 2018 gli sforzi dei ricercatori si concentrano anzitutto sulla biopsia liquida, una tecnica complementare a quella tradizionale notoriamente basata sul prelievo di tessuto per verificare l’eventuale presenza di un tumore. Nel caso in cui il paziente abbia sospette neoplasie in zone del corpo difficili da raggiungere chirurgicamente la biopsia liquida si rivela fondamentale, perché permette di caratterizzare un tumore con un semplice prelievo di sangue, e non di tessuto. Le cellule tumorali, infatti, rilasciano in circolo componenti che, una volta analizzate, danno indicazioni sulle caratteristiche della malattia. In aggiunta, i ricercatori sono impegnati nell’identificare prodotti naturali con attività anti-cancro, come molecole di derivazione da organismi marini, ad esempio spugne, e altri derivati da piante come analoghi della curcuma. Devolvere il 5 per mille all’Università Cattolica significa credere nell’educazione e nella formazione delle giovani generazioni, nella solidarietà internazionale e nella ricerca scientifica ad alto impatto sociale. Oltre a non essere una spesa aggiuntiva per le famiglie, il 5 per mille non è in alcun modo alternativo all’8 per mille destinato alla Chiesa cattolica: si può optare per entrambi. Un piccolo gesto di generosità può davvero fare la differenza, per tutti. PRESENZA 1-2, GENNAIO-APRILE 2018
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Una scelta semplice, un aiuto concreto
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l 5 per mille è «una scelta semplice, gratuita ma preziosa», che permette di «sostenere gli interventi che il nostro Ateneo intende realizzare come suo ulteriore e specifico contributo al bene comune». Con queste parole il rettore Franco Anelli spiega l’importanza di destinare il 5 per mille all’Università Cattolica per promuovere «nuove iniziative di grande valore umano e impatto sociale». Il riferimento è ai numerosi progetti attuati negli anni e in corso, a favore della formazione degli studenti, della solidarietà internazionale e della ricerca medico-scientifica; tre ambiti in cui l’Ateneo si impegna concretamente affinché l’intera collettività possa trarne beneficio. Per quanto riguarda l’educazione delle giovani generazioni, aspetto sempre più cruciale nell’attuale società, il Rettore ricorda che anche grazie ai fondi derivanti dal 5 per mille sono state erogate «1485 borse di studio, che sono state decisive per consentire a tanti studenti meritevoli di proseguire negli studi», permettendo loro di completare la propria
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PRESENZA 1-2, GENNAIO-APRILE 2018
formazione e accrescere saperi e competenze. Particolare attenzione è inoltre rivolta agli studenti con disabilità e disturbi specifici dell’apprendimento, per i quali sono stati potenziati alcuni servizi dedicati con l’obiettivo di garantire loro maggiore autonomia e coinvolgimento nell’esperienza universitaria, anche attraverso innovativi strumenti tecnologici volti ad assicurare una piena inclusione durante le lezioni e nei restanti momenti della vita in Ateneo. Parte dei fondi del 5 per mille viene utilizzata per attivare progetti di solidarietà: come sottolinea il Rettore, l’Università Cattolica ha promosso 18 programmi di cooperazione internazionale in Afghanistan, Etiopia, Ghana, Haiti, Mozambico e Tanzania, con la partecipazione dei propri studenti, docenti e dipendenti amministrativi. Altra iniziativa di rilievo è l’UCSC Charity Work Program, che dal 2009 a oggi ha permesso a più di 250 iscritti a un corso di Laurea, Master, Dottorato di ricerca o Scuola di specializzazione dell’Ateneo di vivere un’esperienza di volontariato internazionale presso strutture in Paesi emergenti e
in Via di Sviluppo. Tali progetti rappresentano un’opportunità di crescita umana e professionale per i partecipanti. Inoltre grazie ai fondi del 5 per Franco Anelli mille è stato possibile sostenere «importanti attività di ricerca medico-scientifica attraverso 8 progetti, condotti dalla nostra prestigiosa facoltà di Medicina, che hanno prodotto avanzamenti significativi in ambiti cruciali come l’oncologia, le disabilità neurologiche dei bambini, la spina bifida, le cure palliative». L’Università si impegna a garantire la massima attenzione nella gestione delle risorse che vengono destinate attraverso il 5 per mille affinché l’Ateneo possa continuare a «promuovere esperienze inclusive di studio, ricerca e solidarietà.». Per conoscere nel dettaglio le iniziative e i progetti realizzati, è possibile visitare il sito www.unicatt.it/5permille.
cinquepermille
5xmille, il sostegno alla ricerca scientifica Università Cattolica impiega le risorse del 5 per mille anche per sostenere ricerche mediche di alto livello. Nel 2018, l’attenzione dei ricercatori della sede di Roma è rivolta allo studio della biopsia liquida e dei prodotti naturali ad attività antineoplastica. Alessandro Sgambato, professore di Patologia generale presso la facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica è il supervisore delle ricerche.
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Professor Sgambato, grazie ai fondi del 5 per mille è in corso una ricerca sulla biopsia liquida in campo oncologico. Di cosa si tratta? La biopsia liquida è diversa da quella tradizionale. Quest’ultima, più invasiva, si basa sul prelievo di una porzione di tessuto biologico dall’area dove sembra esserci un tumore, per verificarne l’effettiva presenza eperstudiarnelecaratteristichemolecolari.Avolte,tuttavia,nonèpossibileasportare una parte di tessuto: può infatti capitare che l’area in cui si trovi sia di difficile accesso, o che sia rischioso sottoporre il paziente a intervento chirurgico. La biopsia liquida, invece, consiste
in un semplice prelievo di sangue che permette di identificare in circolo componenti rilasciate dalle cellule tumorali utili a fornire indicazioni sulle caratteristiche del tumore. Si tratta quindi di una biopsia facilmente ripetibile… Esatto. Proprio perché facilmente ripetibile, la biopsia liquida ci consente di seguire l’evoluzione del cancro nel tempo, a differenza della biopsia tradizionale: ciò significa che possiamo individuare costantemente eventuali mutazioni all’interno delle cellule tumorali, ad esempio quelle responsabili della comparsa di resistenza alla cura in corso. Possiamo quindi creare una terapia personalizzata per le esigenze del singolo, e modificabile nel tempo per renderla più efficace. La biopsia liquida può individuare la presenza di un tumore prima che si manifestino i sintomi? Si tratta di un passo successivo. Bisogna ancora valutare se la biopsia liquida possa identificare un tumore prima che si manifesti clinicamente. Attualmente, tale biop-
sia può essere utile per scoprire precocemente eventuali recidive, mentre per la diagnosi di tumore vera e propria serve ancora mettere a punto il sistema.
Alessandro Sgambato
I fondi raccolti con il 5 per mille permettono di supportare anche una ricerca sull’identificazione di prodotti naturali ad attività antineoplastica… Nonostante i progressi degli ultimi anni nel campo dell’oncologia molecolare e delle terapie personalizzate, gli strumenti che abbiamo a disposizione per combattere il cancro ancora non ci soddisfano. Ecco perché stiamo cercando di trovare prodotti naturali ad attività anti-cancro. Con i colleghi del Consiglio Nazionale delle Ricerche (in particolare con l’Istituto di Chimica del Riconoscimento Molecolare), stiamo testando alcune molecole di derivazione da organismi marini, come le spugne, e derivati da piante come analoghi della curcuma. La speranza è poter migliorare in futuro il modo di curare i tumori.
Servizio Integrazione: i progetti di supporto per gli studenti con disabilità e DSA econdo quanto previsto dalla Legge 28 gennaio 1999 n. 17, presso l’Università Cattolica è attivo il Servizio Integrazione Studenti con Disabilità e Studenti con Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA) che si propone di aiutare gli studenti nell’esperienza universitaria rispondendo alle loro specifiche esigenze per il successo formativo. Secondo gli ultimi dati disponibili, per l’anno accademico 2017/2018 gli studenti iscritti al Servizio sono 1243, distribuiti su tutte le sedi dell’Ateneo. Negli ultimi 5 anni accademici l’incremento degli studenti seguiti dal Servizio è stato Luigi D’Alonzo pari a +105% presso la sede di Milano, +98% presso la sede di Piacenza, +71% presso la sede di Brescia. Il Servizio è attivo presso la sede di Roma dall’anno accademico 2016/2017 e nell’ultimo anno ha visto un incremento del +11% degli utenti. Dal 2016 i fondi del 5 per mille sono stati stanziati anche per rispondere ad una sempre maggiore richiesta di assistenza e supporto da parte degli stu-
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denti con disabilità e disturbi specifici dell’apprendimento. Grazie anche agli strumenti che l’attuale tecnologia mette a disposizione, lo studente con disabilità o con DSA può infatti implementare il proprio coinvolgimento nella vita accademica, incrementare la sua autonomia e raggiungere gli obiettivi formativi del suo corso di studi, come spiega il professor Luigi d’Alonzo, Delegato del Rettore per l’integrazione degli studenti disabili e Direttore del Centro Studi e ricerche sulla Disabilità e Marginalità: «Oltre alla continua formazione dei dipendenti dell’Università Cattolica che operano in questo settore, il 5 per mille supporta soprattutto l’aspetto tecnologico del servizio: abbiamo infatti bisogno di strumenti avanzati che si adattino a ogni studente con disabilità e disturbi dell’apprendimento. La tecnologia aiuta a superare le difficoltà e le barriere sia materiali sia culturali». Professor d’Alonzo, grazie ai fondi raccolti con il 5 per mille ci saranno quest’anno, in particolare, nuovi interventi tecnici per gli studenti con disabilità uditiva… Proprio così, tali interventi tecnici consistono soprattutto in software
collegati ad hardware che verranno utilizzati in aula in modo tale che l’allievo possa veder scritte le parole pronunciate dal docente e, quindi, capire i concetti, i passaggi e gli obiettivi della singola lezione. Figura chiave del Servizio Integrazione studenti con disabilità e studenti con DSA è quella del pedagogista… Una figura fondamentale direi e sono sempre di più, per fortuna, i pedagogisti che operano nella sede di Milano dell’Ateneo, proprio in virtù dell’aumento di iscrizioni di studenti con disabilità, dovuto probabilmente al passaparola positivo sui servizi che l’Università Cattolica fornisce a tali allievi. Da quest’anno inoltre è attivo un servizio di consulenza pedagogica anche nella sede di Roma… Esatto. Alla luce delle esperienze nelle sedi di Milano, Brescia e Piacenza, anche il servizio di consulenza pedagogica a Roma è fondamentale, perché è un’interfaccia concreta per le esigenze specifiche dell’allievo sia da un punto di vista amministrativo-burocratico, sia educativo-didattico, ossia di rapporto con i docenti. PRESENZA 1-2, GENNAIO-APRILE 2018
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L’istruzione come speranza: Martina e il Charity Work Program in Uganda on 274 scholarship della durata di 3-8 settimane, il Charity Work Program – nato nel 2009 e finanziato anche grazie a una quota dei fondi del 5 per mille – ha permesso agli studenti di ogni Facoltà e sede dell’Ateneo di vivere un’esperienza di volontariato internazionale presso strutture situate in Paesi emergenti e in Via di Sviluppo. Come molti altri studenti, Martina Locatelli, studentessa del corso magistrale in Consulenza pedagogica per la disabilità e la marginalità, ha deciso di cogliere quest’occasione unica, che ha arricchito il suo impegno nel sociale e confermato il suo amore per l’Africa. La destinazione da lei scelta è stata l’Uganda, un Paese tanto povero quanto ospitale. A distanza di sei mesi dal suo viaggio, la ventiquattrenne lecchese ricorda ancora con gioia il suo lavoro a stretto contatto con i bambini e i ragazzi della Bishop Cipriano Kihangire Nursery and Primary School della capitale Kampala dove, insieme alla sua compagna di viaggio Beatrice, ha insegnato la lingua italiana agli allievi dai tre ai quindici anni. «Tutti erano disciplinati e silenziosi, e i più grandi erano così felici che si scambiavano gli appunti tra loro», racconta. Dopo le lezioni mattutine, il pomeriggio era dedicato al gioco: «È stata la parte che più mi ha appassionato, perché mi era stato detto che i più piccoli avevano difficoltà a divertirsi, specie se in gruppo». Alla giovane studentessa si illuminano gli occhi quando le tornano in mente i bambini ugandesi, così entusiasti di imparare l’italiano e anche molto accoglienti: «Quando sono entrata in classe come insegnante, mi hanno persino cantato una canzoncina di benvenuto. All’inizio erano comunque stupiti: mi toccavano la pelle per capire se effettivamente avevo un colorito più chiaro». Per loro l’istruzione è una forma di riscatto sociale, un’alternativa alla vita di strada, un aiuto a non cadere nella trappola della droga. «È anche un modo per combattere la povertà, perché la maggior parte dei bambini e ragazzi che frequentano la scuola fondata da padre Giovanni “John” Scalabrini è sostenuta a distanza dall’Associazione ITALIA UGANDA Onlus, che permette loro di soggiornare presso l’istituto. Gli studenti ri-
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tornano dalle loro famiglie al termine di ciascun trimestre. In ogni caso, pur essendo sempre allegri, le loro difficoltà si percepivano, avevano bisogno di raccontarsi, fare domande e avere un contatto quasi materno. Alcuni si avvicinavano anche solo per un sorriso». Dell’intera esperienza in Uganda, Martina vuole condividere un momento particolare che le è rimasto nel cuore, perché simbolo di speranza e carico di significato profondo: «Era una domenica e nella parrocchia vicino alla scuola si stava svolgendo una cerimonia. Insieme a Beatrice sono andata ad assistere alla festa locale: alcuni bambini mi hanno riconosciuto e hanno incominciato ad urlare “Teacher Martina!”. È arrivata poi la madre di uno di questi piccoli studenti e ha invitato me e Beatrice a casa sua. L’abitazione era buia, senza acqua e luce, ma molto dignitosa. In una stanza c’era un tavolo e davanti a esso un alfabeto appeso alla parete. La madre voleva comunicare ai cinque figli l’importanza dell’istruzione: non riusciva a sfamare i suoi bambini tutti i giorni, ma voleva che facessero sempre i compiti». Oltre ad aver provato emozioni in-
delebili, Martina durante la sua esperienza in Uganda è anche cresciuta a livello umano: «Ho capito che bisogna mettere passione in ciò che si fa. I bambini percepivano che ero entusiasta di giocare con loro, di essere lì per loro, e infatti non mi stancavo mai, volevo restare nella scuola tutto il giorno». In ottica lavorativa, invece, ha compreso che è fondamentale stabilire buone relazioni per dare il proprio contributo in modo efficace: «Con gli studenti il rapporto è stato immediato, tanto che prima di tornare in Italia, mi chiedevano quando ci saremmo rivisti. Per quanto riguarda gli insegnanti, scrivo spesso a una maestra ugandese e lei mi manda filmati dall’istituto. Siamo lontani, ma l’amicizia rimane». Felice dell’esperienza a Kampala, la studentessa di Consulenza pedagogica coltiva ormai un sogno: «Mi piacerebbe poter riabbracciare gli studenti della BCK. In futuro voglio lavorare ancora per l’Uganda, o comunque nell’ambito della cooperazione internazionale, magari in un contesto a contatto con i bambini, dove poter dare il meglio di me».
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Pietro, l’importanza della formazione e del diritto allo studio Università Cattolica è da sempre impegnata nel garantire ai propri iscritti il diritto allo studio. I fondi del 5 per mille sono in tal senso fondamentali, perché permettono agli studenti di accedere ad aiuti economici che coprono parte dei costi della vita universitaria. Ne è testimone Pietro De Ponti, studente ventiquattrenne del corso magistrale in Economia, che ha ottenuto una borsa di studio per merito finanziata dall’Ateneo anche con i fondi del 5 per mille, dall’Istituto Toniolo, in collaborazione con Fondazione EDUCatt e con il contributo del Fondo in memoria di Piera Santambrogio. «Quando ho saputo che l’Ateneo aveva promosso questa iniziativa ho deciso di partecipare al bando aperto anche alle future matricole triennali e magistrali; personalmente, rientravo nel secondo caso. L’esame era composto da una prova scritta, con domande a risposta multipla di cultura generale e tre tracce da sviluppare in altrettanti brevi temi, seguita da un colloquio orale. Dopo essere risultato idoneo, mi è stata assegnata la borsa di studio, con un ulteriore beneficio: se nel primo anno accademico avessi maturato 35 crediti con almeno la media del 28, la borsa mi sarebbe stata rinnovata». Anche per il secondo anno di corso Pietro ha
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quindi usufruito dello stesso aiuto economico. Lo studente di Economia ha potuto così sostenere autonomamente alcune spese quotidiane di vita universitaria e, inoltre, coprire i costi per l’iscrizione a una Summer School nella prestigiosa London School of Economics. Pietro, tuttavia, non pensa solo a se stesso: consapevole di essere «fortunato di poter frequentare l’Università Cattolica senza particolari problemi economici», ha voluto impegnarsi concretamente anche per altri studenti. Dopo aver conosciuto il lavoro dei rappresentanti a EDUCatt, che aiutano gli studenti a gestire situazioni economiche non facili, è entrato a far parte del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (CNSU) e ogni mese si reca a Roma, al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, per dare il suo contributo sul tema del diritto allo studio. «Mi piace mettermi al servizio di chi ho intorno e necessita di una mano: studiare e frequentare l’Università ti fa crescere come persona, ti insegna a usare la testa», spiega Pietro che riguardo in particolare ai contributi dell’Ateneo per i più bisognosi, sottolinea come «molti studenti non potrebbero essere qui senza realtà come EDUCatt e il 5 per mille. All’interno di un panorama attuale in cui non è per nulla
scontato scommettere sull’istruzione dei ragazzi, l’Università Cattolica dà sicuramente un esempio positivo». Pietro ha dunque compreso l’importanza di investire nell’educazione e nella formazione delle persone, ed è per questo che in futuro vuole lavorare per gli altri: «Grazie alla rappresentanza e al lavoro con i miei compagni di studio, in questi anni è nato in me un interesse per la cosa pubblica, per la politica nel senso più nobile del termine, che ancora non so quali forme prenderà. In ogni caso mi accorgo che, quando metto al servizio delle persone ciò che so, posso dire di essere contento».
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LA GIORNALISTA
tutta salute e famiglia
Chiara Bidoli, direttrice delle testate area infanzia del gruppo Rcs MediaGroup, non ha mai perso il legame con l’Ateneo dove si è laureata in Lettere. Nei chiostri ha trovato un motore per la sua curiosità e per scegliere di dedicarsi al giornalismo di servizio. di Matteo Nava
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settembre è diventata la prima direttrice del gruppo Rcs MediaGroup ad essere scelta da Urbano Cairo. Chiara Bidoli ha infatti preso le redini delle testate dell’area Infanzia – in particolare il sito quimamme.it e le riviste Io e il mio Bambino e Insieme – assumendo l’incarico dopo un anno abbondante come vicedirettore. La sua carriera è cominciata nelle aule dell’Università Cattolica di Milano con una laurea in Lettere moderne, indirizzo Linguaggi della comunicazione, e proprio nell’Ateneo di Largo Gemelli ha avuto la prima esperienza lavorativa nel settore dei media. Dottoressa Bidoli, quando ha capito che nel mondo dell’informazione poteva collocarsi la sua carriera professionale? Ho iniziato l’università nella convinzione che l’arte sarebbe stata la mia strada: in realtà spesso si approcciano gli studi immaginandosi un percorso, senza poi avere la certezza di dove si sta andando. In questa visione l’Università Cattolica ti offre l’opportunità di partecipare e frequentare a numerosi incontri, convegni, workshop che ti stimolano nuovi interessi, curiosità e spunti di riflessione. Durante gli anni di studio mi ero appassionata infatti al cinema, grazie a dei professori davvero molto bravi, ma è lavorando che ho cominciato a capire cosa mi sarebbe piaciuto fare nella vita. L’università le ha dato occasione di entrare in contatto con il mondo del 10
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lavoro? Io sono molto grata all’Università Cattolica, e questo è uno dei motivi. Durante il corso di laurea vinsi un concorso interno per lavorare a Vita & Pensiero (la casa editrice dell’Ateneo), che di fatto è diventato il mio primo editore. Era il periodo in cui si iniziava ad informatizzare le schede dei libri, e io mi occupavo del database. Mettersi in gioco, confrontarsi con le persone, fu il mio primo passo verso l’evoluzione dalla ragazza timida che ero. Mi è capitato, in seguito, di scrivere per alcune testate di Sfera Editore, che poi è entrata nel gruppo Rcs. Aveva quindi già iniziato a lavorare a tempo pieno durante i suoi anni di studio in università? Esattamente, e io consiglio a tutti di non arrivare alla tesi senza voci sul curriculum, senza esperienze lavorative. Contro il parere di mio padre, che mi esortava a completare il percorso accademico, ho accettato il contratto che mi era stato offerto, agevolata dal fatto che non avevo obbligo di frequenza. Ovviamente ho avuto un piccolo ritardo con la laurea, ma la grande disponibilità dei docenti mi ha permesso di presentare la tesi senza troppe peripezie: e questo è tutt’altro che scontato. C’è qualche professore che ricorda in modo particolare? L’Università Cattolica è un luogo dove si possono conoscere moltissime persone, in Largo Gemelli si crea un senso di appartenenza molto radicato. Ricordo soprattutto due professori, a cui sono particolarmente lega-
ta, entrambi nel campo del cinema. Uno è Francesco Casetti, professore estremamente esigente ma anche catalizzatore carismatico. Lo stimavo e coglievo il valore immenso delle sue lezioni: da ragazza che approcciava agli esami con ansia e panico, fu proprio un voto altissimo in un suo elaborato che iniziò a farmi aumentare l’autostima. La seconda è invece Mariagrazia Fanchi, a cui sono ancora molto legata. Fu proprio in lei che trovai un’immensa disponibilità nel lavoro di tesi, nonostante fossi una studentessa lavoratrice: e di questo gliene sarò sempre grata. Cosa significa essere una giornalista che si occupa specificatamente di temi come famiglia, maternità e salute? Mi sono resa conto che mi interessavano questi argomenti al mio primo reportage sull’inaugurazione del reparto di neonatologia alla Clinica Mangiagalli. Spesso è ritenuto giornalismo di serie B, ma invece io amo questo lavoro, perché lo trovo estremamente utile e prezioso. Ogni testata che dirigo ha infatti una impostazione che si basa sul dare delle risposte utili alle domande che tutti si fanno quando hanno una famiglia. Avere un figlio ha contribuito ad avere una sensibilità maggiore o spunti particolari in redazione? Assolutamente. Le paranoie e i dubbi che hanno le mamme sono molto simili, e quindi ho acquisito una comprensione maggiore: è una sorta di community naturale, e per questo bisogna metterci il cuore. Negli editoriali racconto spesso la mia esperienza di madre, sui social network invece non posto mai
nulla su mio figlio. Questo crea empatia con i lettori, che così si fidano della rivista. Quando sono andata in maternità ho fatto quasi fatica a rendermi conto di avere un bambino, a gestire l’equilibrio tra sfera personale e professionale. Durante il periodo della maternità ho sfruttato il tempo a disposizione per studiare il mondo dei video che stava esplodendo, pensando e sviluppando progetti che poi ho lanciato, una volta tornata al lavoro. La curiosità sembra uno dei suoi marchi di fabbrica: ce ne sono altri? La curiosità sta alla base del giornalismo, è indispensabile. Parte della mia fortuna è nata dalla mia voglia di mettermi in gioco su tutto, senza paure né limiti. Quando sono entrata in Rcs, ho bussato a tutte le porte per propormi. Dalla politica alle inchieste, questa ampia esperienza mi è servita: superare i limiti e i paletti personali mi ha aiutato. Insieme, lo storico mensile per la faInsieme, miglia, è stato totalmente rinnovato lo scorso maggio. Nuove sezioni che offrono risposte concrete e di servizio ai genitori contemporanei in una veste grafica completamente ripensata. Ci può spiegare su cosa si è basato questo restyling della testata? È frutto di un progetto innovativo, curato dal nostro stesso editore Urbano Cairo, che ha avuto come obiettivo il rilancio dello storico familiare di RCS in chiave più moderna. I contenuti informativi, in forme differenti, sono sempre presenti. La rivista ha una struttura che strizza l’occhio alla fruizione del terzo millennio: tante notizie brevi e molti box
che catturano l’attenzione, il tutto in una grafica accattivante e con contenuti che rispondo alle esigenze delle famiglie di oggi. È costruito in modo che ognuno trovi ciò che cerca facilmente, passando da temi scientifici ad altri più leggeri. Già dalla prima pagina si nota un’evidente novità: è presente ogni mese un personaggio noto che raccontiamo mediante “chiacchierate” in cui ci svelano la loro vita da genitori, un modo per avvicinare questi “vip” alla realtà quotidiana del lettore. Insieme è una rivista molto ricca, che prevede un lavoro intenso, con grande attenzione anche ai temi di attualità. Dalla salute, a tutte le tematiche legate crescita e alla scuola, fino alla moda che facciamo “vivere” attraverso esperienze in cui raccontiamo luoghi e idee per trascorrere tempo di qualità con i figli. Grande attenzione è l’integrazione dei vari media, nella consapevolezza che ogni contenuto può essere proposto, oltre che su stampa, in internet, come video, sui social in un sistema virtuoso di sinergie. Ammetto che la mia provenienza dal mondo web mi aiuta ad avere una certa elasticità mentale. Come si affronta un argomento attualmente molto delicato come quello dei vaccini? Affrontandolo senza esitazioni e compromessi, dando informazioni chiare, esaustive che stimolino il confronto costruttivo. Ma soprattutto veicolando informazioni corrette e autorevoli attraverso tutti i media. Per noi è un punto imprescindibile, quello di affrontare argomenti importanti in chiave semplice e diretta, sempre e solo con il coinvolgimento
di massimi esperti del settore. Recentemente abbiamo realizzato una tavola rotonda in cui abbiamo affrontato il tema delle “fake news” nell’ambito della salute. All’incontro è intervenuto il professor Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e membro dell’Executive Board dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha sottolineato l’importanza di valorizzare l’informazione professionale e promuovere un’alleanza tra il mondo scientifico e quello giornalistico in modo da distinguere le piazze virtuali, dove ha ragione chi prova a stupire e chi urla più forte, dai luoghi di un’informazione seria e qualificata. Per noi questo approccio è fondamentale, è quello che facciamo tutti i giorni. Avete affrontato anche il problema degli effetti della tecnologia sui bambini? È un tema molto attuale che ha pro e contro. Ovviamente bisogna evitare gli eccessi e a guidare dovrebbe essere sempre il buon senso. Si constata però la difficoltà dei bambini a concentrarsi a scuola, abituati ad una sovraesposizione a stimoli multimediali e a passare da una cosa all’altra in modo molto veloce. Anche su questo tema non ci poniamo come “giornale onnisciente”: comprendo io stessa – da mamma - che, con tutti gli impegni, è difficile dare sempre a mio figlio le attenzioni che merita, soprattutto ora che si diventa genitori piuttosto tardi. Senza puntare il dito, proponiamo semplici stratagemmi: se abituato, un bambino può giocare con una macchinina anziché, solo ed esclusivamente, con un tablet quando si esce per esempio a cena. PRESENZA 1-2, GENNAIO-APRILE 2018
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Gli studenti della Cattolica protagonisti dei programmi di studio e stage all’estero raccontano a “Presenza” la loro esperienza. Scrivete a: postcards.presenza@unicatt.it Giuseppe Caruso* Attraversare la sofferenza per migliorarsi l primo impatto con la città di Kampala è stato angosciante. Pensavo di sapere cosa volesse dire “Paesi poveri”. In auto verso il Benedict Medical Center non potevo credere ai miei occhi. Ero scioccato. Attraversando la periferia della capitale, con lo sguardo atterrito guardavo, attraverso il finestrino, quel susseguirsi di strade non asfaltate e tortuose, di bancarelle strapiene di frutta e verdura, di persone scalze e malvestite, di bambini nudi e trasandati. Niente era come avevo immaginato. Perché non si può. Non si può comprendere fino in fondo, attraverso uno schermo e vivendo nel benessere e a migliaia di chilometri di distanza, in che condizioni vivono tante povere persone. Avevo davanti ai miei occhi la miseria. Immagini forti, quasi violente, vivide che raffiguravano povertà, fame, bisogno. Tante piccole baracche fatiscenti, quelle che per loro erano case: un’unica stanza che fungeva da cucina, soggiorno, camera da letto, con le pareti fatte di fango e una lamiera come tetto. Le fognature che scorrevano proprio accanto. Era tutto un caos. Le macchine si muovevano disordinate, la gente si gettava imperterrita nel traffico, rischiando continuamente di essere
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investita, nell’intento di raggiungere l’altro lato della strada. È stato come un sollievo riconoscere, nel mezzo di quel panorama aspro e ignoto, la struttura del Benedict Medical Center, che si ergeva su una collinetta, accanto a quella chiesa sormontata da un enorme crocifisso rosso. Più volte ho pensato di volere ritornare immediatamente in Italia, nella mia casa, al sicuro. Come se fuggendo da quella dimensione così surreale potessi mentire a me stesso e far finta di non avere visto nulla di tutto ciò, che non era vero niente. La mia forte passione per la professione medica, però, mi ha consentito di andare al di là di quelle prime difficoltà. Ero lì come medico volontario, e dovevo dare il massimo per imparare, affrontare nuove sfide e aiutare i più bisognosi, nel mio piccolo. L’ospedale non era grande. Pochi reparti, pochi medici specialisti, pochi mezzi. Nulla a che vedere con
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quegli ospedali suddivisi in aree e poli, colmi di strumenti tecnologici all’avanguardia. Al Benedict Medical Center a mala pena c’erano un ecografo e una macchina a raggi X. Ma col passare del tempo mi rendevo conto che era proprio questo a renderlo così speciale: un luogo accogliente, in cui al posto di tanti fili e computer vi erano i sorrisi affettuosi e rassicuranti delle infermiere, in cui i pazienti venivano ascoltati e si sentivano al sicuro, in cui i medici facevano di tutto e si arrangiavano per aiutare i propri pazienti, pur non disponendo di tutti gli strumenti e dei farmaci necessari. In poche settimane ho imparato davvero tanto. Non potrò mai dimenticare la gioia di aver fatto nascere dei bellissimi bambini, aiutando delle ostetriche straordinarie, pronte a insegnare quanto avevano appreso dopo anni e anni di esperienza sul campo. Ho visto dal vivo diversi casi
clinici che prima avevo solo studiato sui libri, e che mai avrei pensato di potere incontrare nella mia carriera. Ho appreso nella pratica quanto sia importante comunicare, ascoltare i pazienti, dedicare loro del tempo. D’altronde, non è che i medici lì potessero fare altrimenti: disponevano delle proprie mani, dei propri occhi, della propria esperienza, visitavano i pazienti con precisione e calma. E in Africa, si sa, non c’è fretta… Alla paura di quei luoghi, di quelle periferie, è subentrata ben presto la disponibilità a conoscerli e amarli. Come non rimanere stupiti di fronte alla gentilezza, alla disponibilità e al calore di persone meravigliose che, seppur tra le varie enormi difficoltà quotidiane, erano sempre pronte a regalarti un sorriso e a chiederti: “How are you?”, “Did you sleep well?”, “How was your day?”. Mentre camminavo per strada mi sentivo chiamare e indicare da tutti i bambini: “Muzungu, muzungu!” (bianco, in lingua swahili). Mi guardavano e, ridendo, si chiamavano fra di loro per dirsi che era arrivato un bianco, uno strano. Perché sì, questa volta ero io il “diverso”, quello dalla pelle diversa. Ma i loro sguardi non erano carichi di paura del diverso, erano occhi sorridenti, curiosi e mentre mi avvicinavo, i più piccoli scappavano, ma gli altri mi toccavano per capire se davvero c’era qualcosa di differente nella mia pelle, per sentire tra le dita l’effetto di capelli non così ricci e crespi come i loro.
Come dimenticare, non appena varcavo la soglia del cancelletto nero dell’orfanotrofio, quel frastuono di bambini che mi correvano incontro, che s’aggrappavano ai pantaloni, che tentavano quasi di arrampicarsi per abbracciarmi per primi? Trasmettevano un bisogno di affetto infinito, contagioso. Come dimenticare i pomeriggi spesi a giocare e a sorridere con loro? E poi i disegni con le cannucce, i braccialetti di lana colorati, la palla fatta di stracci e immondizia, che non si bucava mai. Sono cresciuto tanto, sia a livello personale che professionale. È un’esperienza indescrivibile, che tutti dovrebbero provare almeno una volta nella vita. Giusto il tempo necessario per rendersi conto di quanto siamo fortunati. Di quanto troppo spesso ci lamentiamo inutilmente e ingiustamente. Giusto il tempo necessario per fotografare e memorizzare lo sguardo perso di un bambino che non ha né una casa propria né una famiglia, che non riceve l’affetto di una mamma e non mangia caramelle, che non indossa vestiti puliti e profumati e non ha giocattoli nuovi con cui divertirsi. Giusto il tempo necessario per vedere in che condizioni igienico-sanitarie precarie vivono quelle famiglie in periferia, tra la polvere e il fango dopo la pioggia, senza un tetto caldo sotto cui scaldarsi quando fa freddo e senza la certezza di poter consumare un pasto, perché spesso non hanno nemmeno un po’ di riso o quattro fagioli. Giusto il tempo necessario per vedere l’espressione disperata di un padre che non può permettersi di ricoverare il proprio bambino malato e non riesce a guardare in faccia sua moglie perché si sente terribilmente in colpa. Giusto il tempo di vedere quella immensa felicità che provano i bambini quando compri loro i popcorn o un
semplice lecca-lecca: un piccolo gesto e i loro occhi si illuminano. È un’esperienza che ti entra dentro, fino alle ossa, che ti lascia un segno indelebile, che ti cambia in poco tempo e irreversibilmente. E se da una parte mi si è stretto il cuore di fronte a tutta quella sofferenza, e ancora adesso al solo pensiero mi viene un nodo alla gola, dall’altra sono felice di non aver girato la testa dall’altra parte: forse, proprio per questo, posso sperare di essere diventato una persona migliore, più matura e più consapevole. * 25 anni, di Siracusa, neo-laureato in Medicina e Chirurgia, campus di Roma
Angela Roberto* Non colpevoli ma responsabili l Ghana è il paese più ricco dei suoi vicini ma la povertà è tangibile. Quello che mi ha colpito di più all’arrivo è stata la quantità di gente che cammina per strada portando sulla testa bevande, cibo, vestiti e qualunque oggetto vendibile. La gente che fa questo tipo di lavoro varia: ci sono bambini, anche di cinque o sei anni, gente adulta, donne incinte. I venditori di strada camminano tra le macchine, inalando lo smog di migliaia di vetture e sono costretti a farlo al sole con il caldo cocente. Guardando questa scena subito penso che tutti abbiano il diritto di vivere dignitosamente, magari viaggiando e sperando in un futuro migliore. Piano piano ci siamo addentrati nel fenomeno della migrazione. Io e Andrea, il mio compagno di Charity Work Program, abbiamo aiutato nella campagna di sensibilizzazione in Brong Ahafo Region (la parte con il più alto tasso di migrazione verso
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l’Europa), incontrando personalità del luogo e parlando direttamente con la gente del posto. Addentrarsi così a fondo nel fenomeno migratorio mi ha permesso di guardare la realtà attuale con occhi diversi, con un’empatia maggiore nei confronti di chi non ha avuto la possibilità di nascere nella parte del mondo in cui muoversi liberamente per viaggiare o cercare lavoro è la normalità. Non nascondo che la prima reazione che ho provato è stato un forte senso di colpa perché io, a differenza della maggior parte delle persone che ho incontrato in Ghana, posso spostarmi, non ho bisogno di mostrare a nessuno quanti soldi ho nel conto in banca, non ho bisogno di completare questionari sapendo che probabilmente fallirò nel ricevere anche solo il visto per turismo. Il senso di colpa, però, si è trasformato in riflessione e azione. Il Vis e i Salesiani stanno dando possibilità a ragazzi che non avevano più speranza nel loro futuro e io, nel mio piccolo, ho contribuito a questa immensa azione. Non è stato facile accettare la realtà di questo Paese perché le sue contraddizioni mi sono sembrate tante volte inaccettabili, ma allo stesso tempo mi sono stupita di come, una volta entrata nella mentalità ghanese, tutto risulti più naturale. Ringrazio l’Università Cattolica per questa grande opportunità che mi è stata concessa, per aver aperto una porta sul mio futuro. Ringrazio il Ghana per la ricchezza che mi ha regalato, ho imparato a non avere fretta, a non innervosirmi mai, soprattutto se il traffico ti lascia fermo per ore e ore. Ringrazio il Ghana e i Salesiani per avermi fatta sentire a casa. Ringrazio Andrea per aver condiviso con me questa avventura, gli errori e le conquiste del nostro tirocinio. E ringrazio Gianpaolo, il
nostro capo progetto, per avermi fatto capire che la strada che ho intrapreso è quella giusta e questo è solo l’inizio di mille racconti. * 25 anni, di Milano, studentessa del secondo anno di laurea magistrale, facoltà di Scienze politiche e sociali
Clara Tirloni* Ritornare a Munaypata, la collina dell’amore unaypata significa La collina dell’amore». Ce l’ha spiegato Elsa durante il nostro primo giorno di lavoro al Centro Mario Parma. Se l’avessimo saputo prima, Sara e io, saremmo partite molto più tranquille. Invece, noi che fuori dall’Europa non avevamo mai viaggiato, non riuscivamo a immaginarci cosa avremmo trovato in questo barrío della capitale boliviana La Paz. Sapevamo soltanto che saremmo andate dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, sotto l’Equatore e in cima alle Ande. L’impatto all’arrivo è stato forte: nella luce fioca delle sei del mattino riuscivamo a intravedere baracche e case pericolanti, furgoncini (che presto avremmo imparato a chiamare “mini” e “micro”) che si affollavano disordinati per le strade e donne anziane sedute in terra pronte a vendere alimentari e stoffe. Al di là dei finestrini appannati del pick-up che ci stava portando dall’aeroporto al quartiere di Munaypata, sembravano regnare il freddo, il caos e la povertà. I modi simpatici e premurosi di padre Fabio, il parroco della parrocchia dove avremmo alloggiato, e il sorriso di Elsa, la direttrice del Centro dove avremmo lavorato, ci hanno però fatto capire che eravamo in buone mani. Presto avremmo
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postcards anche imparato che la prospettiva migliore per conoscere La Paz non è “al di qua” di un finestrino, ma è dal cassone esterno del pick-up. Dove si possono sentire i rumori della città e il vento fresco nei capelli, sobbalzare a ogni dislivello della strada sterrata e soprattutto ammirare la nitida immagine del monte Illimani che con i suoi 6.402 metri di altezza sorveglia la “Ciudad Maravilla”. Poche ore dopo il nostro arrivo, ci siamo ritrovate alla messa domenicale nella chiesa di Santiago Apóstol, circondate da bambini e ragazzi di tutte le età, che ci hanno accolto con entusiasmo sulle note di un canto: una commovente benedizione del servizio e del tempo che avremmo offerto alla loro comunità. Mi sono subito ripromessa che avrei lavorato al meglio delle mie capacità per non deludere chi mi stava ospitando, chi stava mostrando fiducia in me, chi mi stava sin da subito donando * 22 anni, di Brescia, laureata in Scienze e tecniche psicologiche, facoltà di Psicologia, campus di Brescia
Maria Elisa Beretta, Lisa Mazzon,Tommaso Zonta* Lezioni di vita in Sri lanka ivere una vita dignitosa fondata sulla giustizia, l’uguaglianza, la pace, e la libertà è solo una delle lezioni di vita che ci portiamo a casa dal nostro Charity Work Program in Sri Lanka. Durante le prime tre settimane, abbiamo partecipato al progetto di volontariato dell’associazione non-profit e apolitica Shanti Community Animation Movement, in uno dei quartieri più poveri della capitale Colombo, Dehiwala. L’organizzazione è stata fondata nel 1977 dal missionario gesuita padre Michael Catalano, originario di Napoli, e opera nelle comunità più povere e marginalizzate della città, attraverso programmi di capacity building, skills training e formazione rivolti a bambini e adulti, con particolare attenzione alle donne, alle vittime di guerra e di disastri naturali. Oggi l’organizzazione è gestita da Sujeewa, che coordina tutte le attività promosse dall’ente, insieme al prete gesuita padre Ranjiit, entrambi molto ospitali e carichi di esperienza di solidarietà internazionale. Siamo stati coinvolti nei diversi progetti per i bambini dei quattro asili gestititi dall’organizzazione. Il
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lavoro svolto dagli asili/preschools di Shanti è principalmente impostato secondo la metodologia Montessori “play and learn” e cerca quindi di stimolare le capacità artistiche dei bambini iscritti. La lingua principale in cui i bambini vengo istruiti è quella cingalese, ma considerata l’importanza che riveste la minoranza di lingua e cultura tamil che vive nel Paese, le maestre insegnano anche diversi vocaboli, tra cui ovviamente l’alfabeto e numeri, in tamil e anche in lingua inglese. Inoltre, abbiamo avuto l’opportunità di tenere lezioni di lingua inglese alle maestre degli asili e di visitare le famiglie della città assistite dallo staff di Shanti, che vivono in condizioni di estrema povertà. Nella quarta settimana abbiamo lavorato alla Mount Calvary High School di Galle, al sud del Paese, gestita da padri gesuiti: una scuola bilingue. Siamo stati coinvolti nelle lezioni in lingua inglese della scuola, in particolare nelle classi da grade 3 a grade 7. In aggiunta, gli studenti delle diverse classi hanno avuto l’opportunità di assistere a una presentazione sull’Italia e la cultura italiana, organizzata e gestita interamente in lingua inglese da noi volontari. Di questa settimana ci è rimasta impressa la risposta quasi unanime da parte dei bambini alla domanda “cosa vuoi fare da grande?”. Altro che astronauta, attore, principessa o cuoco. No, i bambini della Mount Calvary pensano più in grande. Pilota, dottore e ingegnere sono le (quasi) uniche risposte dei bambini, indipendentemente dall’età. Parlando con i gesuiti di queste risposte, abbiamo capito il motivo: quelle che hanno indicato solo le uniche professioni che permettono un avanzamento nello strato sociale del Paese, ancora caratterizzato da un sistema di caste. Al di fuori dell’attività legata al volontariato, questa esperienza è stata unica dal punto di vista culturale. Oltre alle escursioni attorno allo Sri Lanka, tra cui le città di Kendy e Trincomalee e il Parco Nazionale di Sigiriya, abbiamo avuto l’opportunità di vivere la cultura cingalese di tutti i giorni. Abbiamo imparato come sia consono mangiare con le mani, togliersi le scarpe nei luoghi di culto per non renderli impuri, accogliere animali randagi perché considerati sacri secondo la religione predominante, il Buddismo. Abbiamo anche assistito a un matrimonio celebrato con rito buddista. Secondo la tradizione, l’elemento fondamentale è rappresentato dal
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“poruwa”, o altare matrimoniale: un’elegante struttura elevata da terra, generalmente di legno, composta da un tetto e quattro colonne. La costruzione dell’altare inizia a partire dal momento del fidanzamento dei due sposi e viene portato nel luogo dove si celebrerà il rito una volta terminato. Vengono inoltre sparse noci di cocco, tipiche dello Sri Lanka, col fine di simboleggiare la prosperità del matrimonio e della vita. Successivamente, delle foglie di betulla sono date dal sacerdote agli sposi in simbolo di purezza. Vengono poi posti quattro cocchi freschi attorno all’altare per significare le quattro nobili verità del buddismo e per far sì che i due sposi siano a conoscenza delle suddette verità: sofferenza, causa della sofferenza, fine della sofferenza e la via scelta per porre fine alla sofferenza stessa. Inoltre vengono portate delle monete sull’altare che simboleggiano come la coppia non vivrà la propria vita ricercando la ricchezza. La sposa e lo sposo entrano poi rispettivamente da destra e sinistra, accompagnati dal canto degli ashtaka, coloro che conoscono a fondo la cultura e la bellezza dello Sri Lanka e sono considerati saggi. Partecipare a questo matrimonio, così come entrare nella vita di tutti i giorni di persone culturalmente diverse da noi, cercando di dare il nostro semplice contributo è stato ciò che più di tutto ci ha permesso di crescere come persone. È essenziale riuscire a comprendere le diverse culture che ci circondano e accettarle proprio perché diverse. Siamo convinti che il motto delle Nazioni Unite “unity within diversity” (uniti nelle diversità) non sia solo un insieme di parole, ma un vero e proprio stile di vita che dimostra come la cooperazione internazionale sia alla base della globalizzazione che stiamo vivendo ogni giorno in
tutti gli angoli del pianeta. Questa esperienza ha regalato a noi, cittadini del mondo occidentale, delle vere e proprie lezioni di vita: ci ha permesso di capire cosa significa condurre una vita lontana dal lusso e dai comfort di tutti i giorni, vivere con semplicità e cogliere il meglio dalle occasioni che ci si presentano, sempre rispettando le tradizioni e il luogo da cui proveniamo. * Maria Elisa Beretta, 24 anni, di Crema, laurea triennale in Lettere moderne, facoltà di Lettere e filosofia; Lisa Mazzon, 24 anni, di Como, laurea magistrale in Banking and Finance, facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative; Tommaso Zonta, 21 anni, di Bassano del Grappa (Vi), laureando alla triennale in Scienze politiche e delle relazioni internazionali, facoltà di Scienze politiche e sociali. Tutti nel campus di Milano
Lucia Malice* Un salto nel vuoto a Shanghai are un salto nel vuoto, ben lontano dalla propria comfort zone. È la sensazione che ho provato quando, per la prima volta, ho messo piede sulla metropolitana di Shanghai, ho fatto la guerra con le bacchette cinesi per mangiare dumplings seduta al tavolo di una bettola e sono salita in cima al secondo grattacielo più alto del pianeta. Allora, però, non ero consapevole che avrei convissuto con quella sensazione fino alla fine della Summer School di Comau Academy, e oltre. Un team di persone competenti e serie ma al tempo stesso amichevoli e appassionate, che credono e investono nei giovani
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e nel loro futuro è stato capace, in sole due settimane, di arricchire in modo determinante i percorsi dei componenti di un gruppo – meraviglioso – di studenti con diversi background, sia dal punto di vista degli studi che culturale. Lo spirito della PPM School si rispecchia veramente nel suo motto. Meet new people and discover new horizons non è un semplice slogan: racconta l’essenza profonda di un cammino che regala, a chi vi partecipa, un paio di occhiali tutto nuovo attraverso cui osservare il mondo. Rappresenta l’anima di un’esperienza che trasmette un insegnamento da portare sempre con sé: che mettersi in gioco, cercare l’incontro (talvolta lo scontro) con persone sconosciute, imparare da esse, mettersi in discussione, cambiare, sono la linfa che ci nutre e ci fa crescere. Chi non esplora nuove terre, chi vuole tirare in rete pensando di non aver bisogno della propria squadra, non crescerà mai. Il team di Comau ce l’ha insegnato con lezioni interattive e altamente partecipative. Ce l’ha trasmesso sfidandoci con consegne (quasi) impossibili, che ci hanno ripagati e resi fieri di noi stessi e dei traguardi raggiunti nonostante la stanchezza. Ce l’ha fatto provare sulla pelle, permettendoci di affiancare manager capaci e di grande ispirazione per le nostre future vite professionali. Ce l’ha fatto capire, soprattutto, portandoci a lavorare in gruppo, confrontandoci con compagni sempre diversi e stravolgendo continuamente le consegne, perché è così che funziona nel mondo reale. Ma il duro lavoro è stato sempre compensato dalla giusta dose di relax e divertimento.
Alle intense giornate trascorse nella sede di Comau sono seguite cene in compagnia e avventure negli angoli più disparati di una città che è tutta da scoprire. Per non dimenticare, nei weekend, il tempo dedicato a esplorare Shanghai e un antico villaggio poco distante dalla metropoli, le spese folli al fake market e le serate trascorse in discoteche con vista sullo skyline illuminato da miriadi di luci scintillanti. A sentirla così, percorrere qualche passo fuori dalla comfort zone non sembra una cosa tanto terribile. In effetti, non lo è. Quella sensazione iniziale, quel tuffo nel vuoto che nell’immaginario dei più è sinonimo di disagio, è in realtà uno strumento potentissimo che tutti dovremmo essere in grado di padroneggiare con destrezza. Quella sensazione rappresenta la forza propulsiva del motore che spinge ognuno di noi a muoversi autonomamente in un mondo che corre a una velocità incontrollabile. Ringrazio tutte le persone che hanno reso possibile questa esperienza, trasformandola in un’avventura significativa, arricchente, indelebile. 再見, 良好生活. Arrivederci, buona vita. * 24 anni, di Parma, studentessa del secondo anno della laurea magistrale in Management per l’impresa, facoltà di Economia, campus di Milano
Giulia Gessaga* Le mille sorprese di Varsavia uando mi sono iscritta al programma Exchange, sono stata selezionata per la città di Varsavia. All’inizio sono stata presa dallo
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sconforto: la Polonia è un Paese pieno di preconcetti – pensavo - e, per quanto mi riguardava, poco conosciuto. Ora che sono tornata posso dire che è stata l’esperienza più bella della mia vita, e che sceglierei questa città altre mille volte ancora. L’inizio è stato difficile: ci si ritrova da soli in un Paese che non parla la tua lingua, e che a volte fatica a comunicare anche in inglese. Nei primi periodi si possono incontrare difficoltà nel conoscere altre persone, a creare un gruppo, soprattutto considerando il clima di febbraio che non invoglia molto a uscire di casa. Poi pian piano ci si adatta. Si inizia a prendere familiarità con le strade, i posti, i luoghi, la lingua, le persone. Si comincia a sentirsi a casa. Piano piano nascono amicizie, si creano legami, si condividono avventure, e alla fine dell’esperienza ti ritrovi con una famiglia. E poi capisci che l’Erasmus è proprio questo: sentirsi a casa in un Paese che non è il tuo, acquisire fratelli e sorelle che non parlano nemmeno la tua stessa lingua. Pian piano si inizia ad apprezzare quella popolazione che di primo acchito sembra molto fredda, ma che alla fine si è rivelata una continua scoperta: basta imparare una o due parole nella loro lingua ed è fatta, saranno tuoi amici per sempre, e saranno sempre pronti a sorriderti quando li incontri per strada. Spesso e volentieri alcuni ragazzi ti fermano per strada o nei bar; all’inizio era un’abitudine che non capivo, poi ti rendi conto che l’unico obiettivo che li guida è quello di parlare con qualcuno di nazionalità diversa e condividere le proprie esperienze di vita,
senza secondi fini. Innamorarsi della città invece è molto facile, Varsavia è una città che funziona: i tram, i pullman e le metro ti portano in ogni luogo della città in poco tempo ed è difficile che abbiano un ritardo superiore ai 5 minuti. Il contrasto tra il vecchio e il nuovo è molto forte: girando intorno ti ritrovi nella piazza principale con una storia che fa commuovere ma subito dietro l’angolo ti ritrovi palazzi e grattacieli con all’interno le migliori innovazioni. Turisticamente è una città poco conosciuta e frequentata, ma vivendola non ci si annoia mai e non si vuole più andare via: ogni giorno c’è qualcosa di diverso da fare, eventi di ogni tipo, posti da scoprire, a partire da un Festival di Street Food lungo la strada, al guardare il tramonto su un palazzo abbandonato. Inoltre appena inizia la primavera la città cambia faccia: in riva al fiume aprono molti bar, si può andare sulla spiaggia a organizzare barbecue, partite di beach volley, oppure si può facilmente noleggiare una bicicletta a poco prezzo e girare per gli innumerevoli parchi che questa città offre. Le esperienze da poter vivere sono infinite, e ognuna lascia dentro un segno ed un ricordo che sicuramente conserverò nel mio cuore per sempre. Di questa esperienza mi mancherà tutto, ma il dolore che provo oggi per aver perso tutto questo, è anche la mia gioia più grande. Quando mi dicevano che l’Erasmus è un’esperienza che ti cambia la vita non ci credevo, poi l’ho vissuto. * 27 anni, di Appiano Gentile (Co), laurea magistrale in Management per l’impresa, facoltà di Economia
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OSSERVATORIO
Social street, vicini e connessi
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llievo del gesuita Roberto Busa (1913-2011), pioniere dell’informaticaapplicataallalinguistica, Marco Passarotti, ricercatore nella facoltà di Scienze linguistiche e Letterature straniere all’Università Cattolica di Milano, è il vincitore di un bando europeo di due milioni di euro per informatizzare l’immenso tesoro letterario della lingua di Cicerone e di Virgilio. Si chiama Lila, Linking Latin, il progetto pensato da Passarotti:«è una base di conoscenza per il latino che connette le risorse linguistiche (testi, lessici, dizionari) e gli strumenti di trattamento automatico del linguaggio (analisi grammaticale, analisi logica) che, distribuiti nel web con formati vari, non si “parlano”. Serve una lingua comune in grado di mettere insieme tutte queste informazioni». In questo modo «lanciando una ricerca su testi di diverse epoche messi a disposizioni da biblioteche, fondazioni, archivi, li si potrà analizzare automaticamente associandoli ad altri testi e ad altri lessici sviluppati altrove». Dopo una severa selezione,
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sono bastati 25 minuti di colloquio per convincere la giuria di Bruxelles ad assegnare a Passarotti l’incarico che partirà il prossimo 1 di giugno e durerà fino al 2023: «la Commissione Europea – spiega lo studioso – supporta progetti che producono “dati giusti”, F.a.i.r.. Vale a dire findable (rintracciabili), accessible (accessibili), interoperable (connessi), reusable (riutilizzabili), e il mio lavoro rispondeva a tutti i requisiti». La prima fase di Lila si occuperà di assemblare le risorse disponibili per il latino – testi, dizionari, manuali, raccolte – sparse nel web, successivamente il team di Marzo Passarotti dovrà realizzare un dizionario «di descrizione della conoscenza» utile a far parlare tutte le fonti e poi creerà un’interfaccia di accesso alla «base di conoscenza» e testerà il tutto. Il sistema è stato pensato per gli insegnanti dei liceo – che potranno accedere ai testi in formato digitale raccolti e usare strumenti di trattamento automatico del testo per fare elearning, per gli studenti universitari, per storici, archeologi, filologi, linguisti. Strumenti
utili per affrontare il latino con un passo, un approccio nuovo, aggiornato. «Il classicista del terzo millennio – spiega Passarotti – dovrà essere in grado di consultare un volume cartaceo e di usare una base di conoscenza sul web. È un a sfida formativa che riguarda soprattutto le università, che dovranno rivedere i loro piani di studio in modo da offrire ai classicisti del futuro competenze essenziali per fare avanzare la ricerca e per trovare una occupazione». Con il progetto Lila si realizza un’altra importante tessera del mosaico sognato da padre Roberto Busa che a partire dagli anni 50 riuscì, come dice Passarotti, «a tirare fuori il latino dalla sua culla» analizzando al computer (enormi calcolatori a schede perforate) undici milioni di parole di Tommaso d’Aquino. Il risultato fu l’Index Thomisticus, 56 volumi nell’edizione a stampa del 1980. « Fu un grande uomo – così il ricercatore ricorda il suo maestro, amico di famiglia – e quando seppe che volevo frequentare una Facoltà umanistica mi disse che dovevo però procurarmi un computer per processare i dati linguistici».
GRANT, UN PROGRAMMA
Per i migliori progetti
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arco Passarotti, ricercatore nella facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere dell’Università Cattolica, ha vinto un Erc (European Research Council) Consolidator Grant, il programma europeo che finanzia i migliori progetti di ricerca per un totale di 630 milioni di euro da assegnare a 329 top researcher. Alla fine dello scorso novembre Passarotti si è aggiudicato un assegno da circa 2 milioni di euro nell’area Social Science and Humanities e ha scelto l’istituzione presso cui sviluppare il progetto – in questo caso l’Ateneo del Sacro Cuore – lungo un periodo di 5 anni, a partire dal prossimo giugno.
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gennaio 2018 erano 428 nel mondo, di cui 77 solo a Milano. Il fenomeno delle social street, partito in Italia da via Fondazza a Bologna, in soli 4 anni ha conosciuto una notevole progressione. Tanto che in Università Cattolica è nato un Osservatorio per monitorarle. Le social street sono vicini di casa che si incontrano sia online su gruppi Facebook dedicati, sia offline in strada e condividono tre “ingredienti” semplici ma fondamentali per generare senso di appartenenza a una stessa comunità: la socialità, l’inclusione sociale e la gratuità. Le città complesse sono caratterizzate da rapporti sociali infragiliti dalla diffidenza reciproca, dai mancati incontri, che fanno apparire le differenze come inconciliabili. In realtà, per vivere bene, le persone hanno bisogno sia di legami deboli sia di legami forti, di essere presenti nei social network e di radicarsi al contempo in un territorio. Vivere vicini e connessi sembra essere la vera sfida del nostro tempo. Non è un caso che in questi anni siano state messe a punto numerose piattaforme collaborative per fare incontrare nel digitale i vicini di casa, segno che si stanno sperimentando nuovi modi per risolvere problemi non nuovi. Milano, da sempre capitale delle social street, ha raccolto seriamente questa sfida. Queste 77 realtà mostrano che un altro modo di vivere la metropoli è possibile e già in atto. Abitare in una strada sociale vuole dire proprio vivere vicini e connessi. Casi interessanti sono presenti in tutta la città, in prevalenza nella fascia del medio-centro, della semi-periferia. Attualmente a Milano gli iscritti ai gruppi Facebook delle 77 social street sono 50.000, un numero importante, in forte crescita. A cui dobbiamo aggiungere coloro che sono connessi solo offline come gli anziani. Il testo Vicini e connessi. Rapporto sulle social street a Milano di Cristina Pasqualini dell’Osservatorio sulle social street della Cattolica, con il contributo di altri ricercatori e la prefazione di Marc Augé, è un ebook scaricabile gratuitamente che contiene una mappatura di questi luoghi che dal 2014 sono sempre più diffusi, e sono una risposta innovativa al bisogno delle persone di incontrarsi sul proprio territorio.
focus ricerca
I rischi del “fegato grasso”
NUTRIZIONE E FUNZIONI COGNITIVE
Diabete e obesità creano declino mentale
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viluppare nuovi test diagnostici non invasivi per valutare i pazienti con steatosi epatica non alcolica (NAFLD, il “fegato grasso”) e identificare quelli più a rischio di sviluppare grave danno del fegato legato a infiammazione e fibrosi (ovvero un accumulo di cicatrici nel fegato che conduce alla cirrosi e può favorire il cancro): questo l’obiettivo del progetto, intitolato Liver Investigation: Testing Marker Utility in Steatohepatitis (Litmus), finanziato nell’ambito della European Innovative Medicines Initiative 2, che durerà 5 anni e ha ottenuto un finanziamento di 34 milioni di euro, che punta quindi a superare la biopsia (un esame invasivo) per diagnosticare l’evoluzione patologica del fegato grasso. «L’Università Cattolica – Policlinico
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A. Gemelli è partner del progetto coordinato dalla Università di Newcastle» spiega il dottor Luca Miele dell’Area Gastroenterologia – Polo Scienze Gastroenterologiche ed Endocrino-Metaboliche del Policlinico. «L’alta prevalenza del fegato grasso nella popolazione generale (20-30% delle persone ha fegato grasso) e la stretta associazione con il diabete e con l’obesità (il 70% degli obesi, oltre l’80% dei diabetici hanno il fegato grasso) fanno sì che la steatosi epatica rappresenti attualmente la prima causa di malattia cronica del fegato, con conseguente incremento dei costi in sanità pubblica» sottolinea il professor Antonio Gasbarrini, docente di Gastroenterologia alla Cattolica e direttore dell’Area Gastroenterologica e Oncologica medica della Fondazione Policlinico Gemelli.
Gli spermatozoi “fiutano” l’ovocita icercatori e medici della sede di Roma dell’Università Cattolica e della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli hanno scoperto che gli spermatozoi sono capaci di “odorare” poiché possiedono numerosi recettori olfattori simili a quelli contenuti nella mucosa olfattiva del naso, che svolgono un importante ruolo sia nella maturazione, sia nell’attivazione spermatica e nel processo di fecondazione dell’ovocita. È il risultato dello studio coordinato dal profes-
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sor Alfredo Pontecorvi, direttore dell’Istituto Scientifico Internazionale “Paolo VI” - ISI e dell’Area di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo del Policlinico A. Gemelli e docente di Endocrinologia all’Università Cattolica, svolto in collaborazione con il professor Massimo Castagnola e i ricercatori dell’Istituto di Biochimica e Biochimica Clinica dell’Università Cattolica, recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers in Endocrinology. «Nel nostro studio, l’applicazione di moderne
piattaforme di proteomica – spiega Pontecorvi – ha consentito di identificare ben otto differenti recettori olfattori presenti come frammenti nel liquido seminale ed espressi sulla superficie dello spermatozoo, nei tubuli seminiferi del testicolo e nell’epididimo. I nostri dati evidenziano inoltre un ruolo importante per questi recettori poiché essi consentirebbero allo spermatozoo di ‘fiutare’ le sostanze chimiche rilasciate dall’ovocita e di dirigersi verso di esso allo scopo di fecondarlo».
obesità e il diabete di tipo 2 (malattie metaboliche caratterizzate da una ridotta sensibilità degli organi all’insulina, detta anche insulino-resistenza) sono una minaccia per la salute del cervello e causano deficit cognitivi, alterando il funzionamento di un ‘interruttore’ chiave per apprendimento e memoria, il recettore per il glutammato “GluA1” che, esposto sui neuroni, serve loro per comunicare. L’insulino-resistenza manda in tilt questo interruttore attraverso una specifica modifica chimica detta “palmitoilazione” (l’aggiunta di acido palmitico), che si accumula nel cervello quando si adotta una dieta troppo ricca di grassi saturi, al recettore stesso impedendone il funzionamento. Eliminando queste improprie modifiche chimiche, i deficit cognitivi causati da obesità e diabete si possono cancellare. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, è stato condotto
da un gruppo di giovani ricercatori dell’Istituto di Fisiologia Umana dell’Università Cattolica, diretto dal professore Claudio Grassi, in particolare dai dottori Matteo Spinelli e Salvatore Fusco e ha visto il contributo di ricercatori dell’Università di Salerno. I ricercatori hanno anche documentato l’accumulo di grassi nel cervello, compreso lo stesso acido palmitico che è uno dei tanti grassi che aumentano esageratamente nel cervello a causa di diete squilibrate. Finora, la ricerca nel settore delle malattie metaboliche si è concentrata prevalentemente sugli effetti dell’insulino-resistenza sugli organi periferici quali muscoli e fegato. «Il nostro studio sottolinea l’importanza di rivolgere una maggiore attenzione agli effetti dell’insulino-resistenza sulle funzioni del cervello» sottolinea il professor Grassi. PRESENZA 1-2, GENNAIO-APRILE 2018
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La pellicola che uccide i batteri
nnovative pellicole e rivestimenti in argento e titanio in grado di migliorare le proprietà di materiali come acciaio, plastica e vetro e, perché no, migliorare il nostro quotidiano. È quanto scoperto delle ricerche dei laboratori I-Lamp della sede di Brescia, le cui immediate applicazioni potrebbero prevenire le infezioni in sala operatoria ma anche proteggere i nostri smartphone. Nello specifico si tratta di una pellicola molto resistente, realizzata combinando argento e titanio e che, nel giro di tre ore, uccide il 99,9999% dei batteri depositati su di una superficie. Una scoperta che potrebbe rivoluzionare le proprietà di molti materiali specialistici, come un bisturi in sala operatoria, ma anche quelli di uso comune, come ad esempio un cellulare per evitare che si graffi. La pellicola in questione è frutto di quattro anni di ricerca nei laboratori del centro di ricerca i-Lamp, ospitato nel dipartimento di Matematica e Fisica della sede di Brescia dell’Ateneo. Giulio Benetti (in basso nella foto) è il primo autore (con Cavaliere, Canteri, Landini, Rossolini, Pallecchi, Chiodi, Van Bael, Winckelmans, Bals e Gavioli) di una pubblicazione dal titolo Sintesi diretta di rivestimenti antibatterici basati su nanoparticelle a due elementi sulla prestigiosa rivista scientifica APL Materials, edita dall’American Institute of Physics, che gli ha attribuito anche il secondo premio del concorso Excellence in Research Awards. Benetti è uno studente al terzo anno di dottorato che lavora a i-Lamp con il professor Luca Gavioli (in alto nella foto). All’interno del programma di dottorato
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congiunto tra l’Università Cattolica e la KU Leuven, Giulio lavora sulla formulazione di innovativi ricoprimenti per migliorare le proprietà di oggetti di uso comune e materiali quale acciaio, plastica o vetro. Questi ricoprimenti formati da nanoparticelle, che altro non sono se non piccole particelle dell’ordine di qualche nanometro (0,000000001 m), vengono sintetizzati e studiati in via Musei, nel laboratorio diretto dal professor Gavioli. Le peculiarità del processo sono la deposizione diretta sui supporti d’interesse e la flessibilità nella combinazione dei materiali utilizzati. «Nel mio caso specifico – spiega Benetti – la sintesi di nano-particelle è finalizzata alla ricerca di un film (ricoprimento) molto sottile, contenente più di un elemento, che abbia proprietà antibatteriche e che al contempo presenti le caratteristiche di durabilità e resistenza all’usura richieste nelle applicazioni industriali. Nel caso illustrato nell’articolo ho realizzato un film di Argento e Titanio (Ag e Ti) in cui l’argento fornisce l’attività antibatterica mentre il titanio funge da mediatore di adesione. In pratica il ricoprimento si comporta come un film di nano-particelle di Ag, ma con proprietà meccaniche molto più elevate (dovute al Ti)». I risultati sono stati incredibili: «Pensate che nel giro di 3 ore sono stati uccisi il 99,9999% dei batteri depositati sul film che abbiamo realizzato. Quindi, rispetto all’Argento puro, lo spettro microbicida rimane invariato, si ha un risparmio del metallo prezioso e sono state migliorate la durabilità e la resistenza del ricoprimento».
Sono chiare le ricadute concrete di questa ricerca. «In vista di un’applicazione futura le proprietà meccaniche, come resistenza all’abrasione o ai graffi, sono di vitale importanza. Basti pensare che per creare linee di maniglie per porte, sanitari oppure utensili ospedalieri o contenitori per alimenti bisogna garantire una prolungata attività nel tempo. Ad esempio, non posso vendere un bisturi come antibatterico se dopo aver inciso un paziente perde la propria azione microbicida». Dato l’enorme potenziale applicativo e il costo contenuto dei film antibatterici sviluppati, alcune aziende si stanno dimostrando interessate al progetto, che potrebbe applicarsi sia in sala operatoria, sia nei tablet che i medici usano in corsia. Ma anche nelle più svariate declinazioni di uso quotidiano: maniglie, pulsanti degli ascensori, vetri, per esempio di smartphone. L’accesso libero al testo dell’articolo è stato finanziato dall’Università Cattolica come supporto alla diffusione dei risultati delle ricerche di elevato valore scientifico nazionale e internazionale. I vincitori sono selezionati dal comitato editoriale del giornale fra tutti gli articoli pubblicati sulla rivista da autori con meno di 40 anni. Il premio consiste in 500 dollari, in un attestato e nella possibilità di pubblicare gratuitamente un altro articolo nel 2018.
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ValorInVitis per l’innovazione della viticoltura di Matteo Gatti*
a viticoltura dei Colli Piacentini sta guardando al futuro per consolidare la propria competitività anche grazie all’attività di diversi gruppi di studio che vedono concretamente coinvolti ricercatori ed esperti del settore, fornitori di servizi per l’agricoltura e numerose aziende vitivinicole. È questo lo spirito con cui sta operando da ormai un anno il Gruppo Operativo ValorInVitis, coordinato dal professor Stefano Poni direttore del Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali Sostenibili che mira, tramite azioni innovative di processo e di prodotto, al sostegno della produttività, della competitività e della sostenibilità ambientale. ValorInVitis intende sviluppare nuove tipologie di prodotto, verificare l’adattabilità varietale e valorizzare il germoplasma viticolo locale; mettere a punto azioni di adattamento ai cambiamenti climatici anche mediante la verifica sul territorio di genotipi innovativi; incidere sull’aumento della sostenibilità delle pratiche agricole con azioni specifiche riguardanti la difesa mediante una maggiore ricorso alla modellistica e ai sistemi di supporto alle decisioni (DSS). A conferma del forte carattere applicativo sono ben otto le aziende vitivinicole aderenti situate in Val Tidone, in Val d’Arda e in Val Trebbia. Completano il partenariato di progetto due società di servizi piacentine: Horta, che sviluppa sistemi di
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supporto alla decisione specifici per la viticoltura, e Vinidea, specializzata nella divulgazione tecnica e scientifica nel settore vitivinicolo. Un altro fattore importante per la sostenibilità della vitivinicoltura piacentina è indubbiamente la disponibilità di mano d’opera competente e dedicata. L’età media degli occupati in agricoltura oggi è molto avanzata e le aziende hanno difficoltà a reperire operatori esperti specialmente nel caso in cui le operazioni di gestione del vigneto devono essere completate in un arco di tempo piuttosto limitato. Contestualmente si assiste all’aumento del numero di persone in cerca di occupazione, con maggiore incidenza nella popolazione straniera e, paradossalmente, esiste uno scollamento tra domanda e offerta di lavoro, con un settore che ha necessità di attrarre mano d’opera e persone in cerca di occupazione che, o non sono a conoscenza del fabbisogno, o non considerano il lavoro in vigneto tra le loro priorità. Pertanto, ValorInVitis intende rendere evidenti ai futuri lavoratori le opportunità offerte dal lavoro agricolo in vigneto. Il progetto intende promuovere la conoscenza della pratica e della tradizione vitivinicola piacentina presso i giovani locali attraverso l’organizzazione di visite in vigneto durante l’intero ciclo di sviluppo della vite per evidenziare le caratteristiche positive del lavoro nel settore vitivinicolo e indurre gli studenti a considerarlo tra le principali opzioni
occupazionali. Le attività dimostrative saranno focalizzate sulle varietà autoctone oggetto di studio nel progetto, per consolidare anche nei giovani i concetti di tutela delle tradizioni e peculiarità del territorio. Con l’obiettivo di favorirne l’inserimento lavorativo nel settore vitivinicolo, il progetto mira a far conoscere questo settore occupazionale ad alcuni profughi ospitati sul territorio, a stabilire contatti tra aziende agricole e potenziale forza lavoro, e ad insegnare loro le basi del lavoro in vigneto. L’attività si svolgerà nel territorio collinare della Val Nure in collaborazione con la società Vinidea e prevede diverse sessioni in cui i giovani potranno prendere dimestichezza con le operazioni di potatura invernale, gestione della chioma e vendemmia. * Professore di Viticoltura alla facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali nella sede di Piacenza dell’Università Cattolica
Si fa presto a dire plastica di Edoardo Puglisi* e plastiche rappresentano ormai da decenni un elemento costante delle nostre vite, tanto che diversi ricercatori sono arrivati a definire la nostra come l’epoca della “Plastisfera”. Ma qual è il reale impatto della produzione di plastica sulla salute dell’uomo e dell’ambiente? Quali le possibili soluzioni ed alternative? La parola plastica è estremamente generica. Possiamo infatti classificare le plastiche secondo due diversi criteri, partendo cioè dal loro inizio (da cosa viene prodotta) e dalla loro (possibile) fine (quanto tempo ci mette a degradarsi). La plastica può essere prodotta a partire da materiale non rinnovabile come il petrolio, oppure rinnovabile, quale ad esempio la biomassa di vegetali o i materiali organici di scarto. La fine delle plastiche, ovvero il loro possibile destino e impatto ambientale, è determi-
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nata invece dalla degradabilità. Considerando la scala temporale umana il polietilene e il polipropilene, sono da considerarsi non degradabili: gli agenti abiotici (sole, vento, pioggia) o biotici (batteri, funghi, piante) riescono a ridurre del meno del 10% la massa di questi materiali, che tuttavia si sminuzzano in particelle sempre più piccole (le cosiddette microplastiche) e sempre più facilmente ingeribili dagli animali e quindi dall’uomo. Se uniamo la scarsissima degradabilità di questi composti al fatto che la loro produzione è in constante ascesa da decenni abbiamo una sola risultante: l’accumulo costante, ben esemplificato dalla formazione negli oceani di isole di plastica grandi come mezzi continenti. Una soluzione potrebbe arrivare dalle bio-plastiche, che però non sono tutte uguali. C’è il bio-polietilene, ovvero il polietilene prodotto a partire da risorse rinnovabili quali bietola, canna
da zucchero o grano. Negli ultimi anni la sua produzione è in crescita ma si tratta di un prodotto non degradabile, esattamente come il polietilene derivato dal petrolio. Vi sono poi le plastiche da materia prima rinnovabile e degradabile, come il MaterBi, utilizzato nella produzione di sacchetti per la spesa e ottenuto a partire da amido di mais. L’impatto ambientale è sensibilmente minore ma quanto è sostenibile ed etico coltivare per produrre materiali anziché cibo? Una soluzione potrebbe essere rappresentata dai poliidrossialcanoati, plastiche prodotte dai microorganismi a partire da svariati substrati organici, inclusa la frazione organica dei rifiuti solidi urbani: un maggiore sfruttamento commerciale di queste bioplastiche microbiche sarebbe una reale applicazione dei principi dell’economia circolare. Riguardo le plastiche non degradabili la facoltà di Scienze
agrarie, alimentari e ambientali dell’Università Cattolica è coinvolta nel progetto Microplast, finanziato dalla Fondazione Cariplo e finalizzato alla comprensione dei meccanismi di degradazione del polietilene da parte dei batteri. In una discarica abbandonata da oltre trent’anni abbiamo recuperato diversi campioni di plastica, dai quali abbiamo isolato più di 70 ceppi batterici in grado di crescere utilizzando il polietilene come unica fonte di carbonio, e selezionato quindi tra questi i 10 migliori ceppi. Su questi ceppi sono in corso analisi del loro genoma e opportuni esperimenti di espressione genica: l’obiettivo è quello di delucidare i meccanismi ancora sconosciuti di degradazione microbica per poterli potenzialmente sfruttare in futuro. * Professore di Microbiologia agraria alla facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali nella sede di Piacenza dell’Università Cattolica.
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DIBATTITO
Colombo, Polito: dalla Costituzione al Manifesto
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A scuola? Parole non ostili di Beatrice Maria Beretti educazione dei giovani a un uso corretto delle nuove tecnologie, per promuovere il decalogo per un web più sicuro: il Manifesto delle parole non ostili. Questa è l’idea al centro di Parole a scuola, la giornata di formazione gratuita per insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado, organizzata dall’Associazione temporanea di scopo “Parole O_Stili” e Miur presso la sede milanese dell’Università Cattolica lo scorso 9 febbraio. Si tratta di un progetto nato a Trieste che ha già raggiunto più di un milione di persone e che ora sta girando l’Europa grazie alla traduzione in dieci lingue comunitarie. A dare avvio a Parole a scuola è stata la sessione plenaria nell’Aula Magna di largo Gemelli. Dopo i saluti del rettore Franco Anelli e della presidente dell’Associazione “Parole O_Stili”, Rosy Russo, sono intervenuti Vera Gheno, linguista dell’Accademia della Crusca, Monica Maggioni, presidente della Rai, e Valeria Fedeli, ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. «Le parole non hanno solo dei mondi dietro di sé, ma definiscono dei mondi», ha dichiarato Monica Maggioni per la quale il Manifesto delle parole non ostili è un’indicazione di metodo utile sia per gli insegnanti sia per quanti lavorano nel mondo della comunicazione. Per quanto riguarda, poi, il diffondersi sul web degli hate speech, i discorsi d’odio, la presidente della Rai ha sottolineato che la colpa non possa essere degli strumenti tecnologici, per loro natura neutri (anzi è indubbio che questi diano al contrario grandi opportunità, se utilizzati bene). E rispetto alle fake news ha dichiarato: «Le parole che fanno male sono anche quelle che alterano la realtà: dire una cosa al posto di un’altra non è una
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bufala, è un falso, e come tale andrebbe punito». E ancora: «È necessario definire uno spazio nel quale sia legittimo pensare in modo diverso». Maggioni ha concluso il suo intervento citando Papa Francesco quale modello per aver posto il dialogo come principio ispiratore della sua politica estera. La ministra Valeria Fedeli ha parlato della troppa superficialità diffusa oggi nell’uso delle parole, e sollecitato le istituzioni a far prendere coscienza ai cittadini della responsabilità che si ha nella scelta dello stile con cui parlare. A questo proposito la ministra ha portato come esempio positivo di linguaggio chiaro e accessibile, quello utilizzato dai padri e dalle madri costituenti. È anche per tale ragione che, in occasione dei 70 anni dall’entrata in vigore della Costituzione, una copia della Carta costituzionale è stata inviata a tutti gli studenti insieme a una lettera del Presidente della Repubblica. La Fedeli ha poi raccontato i dati della ricerca EU Kids Online, realizzata da OssCom dell’Università Cattolica in occasione di Parole a scuola. I numeri dicono dell’aumento del numero dei ragazzi che hanno avuto in internet esperienze che li hanno turbati. Ecco perché è importante un’educazione all’utilizzo del web: «I nostri ragazzi non possono essere fruitori passivi di internet – ha detto la ministra -. Di bullismo e di cyberbullismo si muore». E citando la triste vicenda di Carolina Picchio, ha aggiunto: «Di fronte alla gravità di questi episodi non li si può derubricare a giochi adolescenziali». Tuttavia una soluzione a questi problemi, secondo Valeria Fedeli, c’è: «Il nostro sistema di formazione può essere la risposta». In questo senso occorre anche un rilancio del patto di corresponsabilità educativa tra genitori, scuola e istituzioni. «C’è bisogno di dirigenti consapevoli di questa nuova sfida educativa.
e parole ostili servono a perpetuare i conflitti». Così il magistrato Gherardo Colombo ha sintetizzato quanto sia importante scegliere le parole per veicolare dei messaggi nella società durante l’incontro Dalla Costituzione al Manifesto: le parole per crescere, il panel che ha aperto i lavori in Aula Magna dopo la plenaria di Parole a scuola. L’ex magistrato ha dialogato col vicedirettore del Corriere della sera, Antonio Polito, e a oltre 400 ragazzi e insegnanti, sui temi della Costituzione e sul Manifesto delle parole non ostili. Gherardo Colombo ha voluto innanzitutto far capire che occorre modificare il proprio linguaggio eliminando tutti quei termini che evocano in qualche modo un conflitto. Per esempio, già parlare di “combattere” l’odio in Rete è sbagliato per la scelta di un termine che rientra nell’ambito militare. Non è un caso che quello che oggi chiamiamo “Ministero della Difesa” prima si chiamasse “Ministero della Guerra”:
questo cambio di denominazione rimarca quanto dice l’articolo 1 della Costituzione, ossia che “l’Italia ripudia la guerra”. «La prima ragione per cui si parla male è che non si conoscono le parole giuste», ha dichiarato Antonio Polito. Quindi la soluzione sta prima di tutto nell’accrescere il proprio bagaglio di vocaboli attraverso la scuola e la lettura, persino dei giornali. «Le parole danno forma al pensiero - ha continuato il vicedirettore del Corriere -. Nanni Moretti diceva “chi parla male, pensa male”». Tuttavia il web non va demonizzato: «La tecnologia è neutra, è il modo in cui viene usata che deve preoccupare». Un problema tra i più gravi di internet è, secondo Polito, l’anonimato, perché dà la possibilità di insultare chicchessia senza doversi assumere la responsabilità delle proprie parole. Il problema è che «ridurre l’anonimato significa ridurre i clic», eventualità assai sgradita ai giganti del web. L’unica soluzione rimane, quindi, l’educazione: «Noi genitori, insegnanti, autorità pubbliche dovremmo dire ai nostri ragazzi di metterci la faccia - ha concluso Antonio Polito - perché quando si ha la responsabilità di ciò che si dice, si pensa bene a cosa si dice e a come dirlo».
ateneo
Un premio ai migliori 200 di Stefano Francescato e Mariangela Masiello Università Cattolica premia i suoi talenti con 200 borse di studio assegnate dall’Ateneo e dall’Istituto Giuseppe Toniolo agli studenti selezionati sulla base del merito. Lo scorso 20 febbraio, nell’aula Magna di Largo Gemelli, sono stati premiati i migliori tra i ragazzi che si sono immatricolati alle lauree triennali dopo aver vinto il concorso tenutosi a maggio 2017 in 11 città italiane, tra i ragazzi immatricolati alle magistrali e tra gli iscritti agli anni successivi al primo, che hanno ottenuto la media più alta nei rispettivi corsi di laurea. «È un riconoscimento alle vostre capacità individuali e al vostro impegno» si è complimentato il rettore Franco Anelli. «Stiamo valicando un crinale: i modi di apprendere sono in velocissimo cambiamento. È questione di saper cogliere le potenzialità enormi delle nuove tecnologie che stanno cambiando totalmente il nostro modo di pensare». «E allora a cosa serve l’università?» ha aggiunto il professor Anelli. «Anche se lavorerete con strumenti che ancora non esistono, si tratta di imparare a usare la testa, di tirar fuori il talento e di insegnarvi principi e metodi perché siate voi a costruire le conoscenze del futuro». «Lo studente sente che qualcuno è attento al suo cammino formativo e che l’università non è una presenza anonima» ha commentato Paola Bignardi, in rappresentanza dell’Istituto Toniolo. «Questi sostegni materiali sono una risposta dinamica alla propria vocazione, permettono di sentirsi parte di una grande famiglia universitaria» ha poi aggiunto leggendo alcune righe di una email ricevuta da una studentessa vincitrice di borsa: «Vi faccio gli auguri più belli affinché possiate realizzare i vostri sogni».
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Agli studenti premiati è andato anche il saluto della professoressa Antonella Sciarrone Alibrandi, presidente della fondazione Educatt. «Siete dei ragazzi molto talentuosi» ha esordito. «Abbiamo voluto sottolineare il valore del vostro merito e dell’impegno indipendentemente dal reddito: siete una grande ricchezza per l’università». La Prorettrice ha messo l’accento anche sul valore corale del premio: «Vedervi insieme è particolarmente bello. Ci piace pensare che in questa “partita” ognuno di voi giochi non solo individualmente, ma insieme agli altri, a beneficio del nostro Paese e del suo tessuto sociale». A portare il punto di vista delle aziende è stato Andrea Mezzadra, partner di Bdo Italia, società leader nel campo della revisione contabile con 74mila professionisti in 160 Paesi, che sosteneva 15 premi di studio per studenti iscritti al secondo anno della laurea magistrale in Economia. Mezzadra, ex alunno dell’Università Cattolica negli anni 1991-96, ha sottolineato che «il mondo si evolve e sono sempre più necessari formazione e aggiornamento continuo. Serve attenzione al percorso di crescita e gestione dei talenti che escono dalle università». Il saluto conclusivo è toccato a Elisabetta Soglio, giornalista del Corriere della Sera e responsabile dell’inserto Buone Notizie. L’idea di un supplemento che bilanci la mole quotidiana di notizie “negative” è nata dal «grande bisogno di positività che vediamo tutti i giorni. E voi siete una gran buona notizia. Abbiamo ormai superato lo stereotipo dei ragazzi come bamboccioni o sdraiati, ormai è chiaro che la maggior parte degli studenti manifesta una grande speranza. Dovrete faticare e fare sacrifici per raggiungere i vostri obiettivi, ovviamente senza rinunciare al divertimento. Non smettete mai di stupirci, perché dovete diventare migliori di noi».
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Vita da collegiali tra studio e solidarietà
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Collegi in Campus dell’Università Cattolica, gestiti da EDUCatt, nell’ottica di una formazione integrale della persona, da anni organizzano attività di volontariato, in collaborazione con enti e associazioni, per offrire alle persone in difficoltà aiuti concreti, conforto e ascolto. Le iniziative sono numerose e sono vissute dai collegiali sempre con grande partecipazione: tra le altre, le raccolte fondi promosse dal Marianum, l’ascolto e sostegno dei malati da parte dei giovani del San Luca-Barelli di Roma e i servizi resi alla comunità offerti dal Paolo VI, grazie al supporto di associazioni come il Piccolo Cottolengo Don Orione, l’Irda e la Croce Rossa Italiana. Un esempio significativo è l’iniziativa nata tre anni fa su proposta degli stessi studenti al Collegio Ludovicianum: una collaborazione con l’Opera di San Francesco per i Poveri (Osf), una Onlus che offre assistenza, accoglienza e protezione alle persone in grave difficoltà economica. Il sostegno è nato con l’ideazione di una giornata di raccolta di indumenti, che rappresenta ancora oggi un appuntamento annuale molto partecipato. Ultimamente l’attività volontaria si è arricchita con il servizio settimanale offerto alla mensa di Osf: ogni sabato, durante il periodo delle lezioni accademiche, alcuni studenti aiutano i volontari e il personale dell’Opera nell’erogazione dei pasti del pranzo ai loro utenti nella struttura di accoglienza di Corso Concordia. Negli ultimi anni, anche il Collegio Augustinianum ha avviato diversi progetti di solidarietà, gestiti in maniera autonoma dai collegiali stessi, senza l’appoggio di associazioni esterne. A dicembre, per il secondo anno consecutivo, una ventina di ragazzi ha dedicato una serata ai bisognosi della Stazione Centrale, distribuendo dolci, bevande calde, indumenti e offrendo conforto. Nel mese di marzo, invece, è stato organizzato un momento di sensibilizzazione sull’integrazione, in continuità con il percorso di approfondimento sui migranti, tema della mostra fotografica Non rimane che aggrapparsi a Dio di Giovanni Diffidenti, allestita nella sala Pototschnig del Collegio Augustinianum. (l.p.) PRESENZA 1-2, GENNAIO-APRILE 2018
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Chiostri aperti con il Fai toria, arte e cultura dell’Università Cattolica sono state protagoniste delle Giornate Fai di Primavera. Sabato 24 e domenica 25 marzo le porte di largo Gemelli sono rimaste aperte tutto il giorno per accogliere chiunque fosse stato interessato a scoprire le bellezze conservate per oltre dodici secoli all’interno dell’Ateneo. Al pubblico è stato inoltre offerta l’opportunità di rivivere un glorioso passato attraverso le visite guidate condotte dagli studenti. Il percorso all’interno dell’Ateneo prevedeva la visita a otto luoghi storici: il Cortile d’onore; lo Scalone d’onore e l’aula Pio XI; il Refettorio dei monaci (aula Magna); il Giardino di Santa Caterina d’Alessandria; il Calefactorium (aula Negri da Oleggio); la Ghiacciaia di epoca romana (aula Bontadini); il Chiostro dorico e Chiostro ionico su progetto di Donato Bramante; la facciata con portale e nicchia all’ingresso in largo Gemelli.
SVILUPPO SOSTENIBILE
Volontari per salvare la Terra
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Le università italiane sono spesso luoghi di grande valore storico-artistico. L’Università Cattolica del Sacro Cuore non fa eccezione: è sorta su un antico monastero, prima benedettino e poi cistercense. Il suo massimo splendore arrivò con Ludovico il Moro. Nell’Ottocento divenne ospedale militare, per poi essere trasformato nei primi anni del Novecento - su mandato del fondatore dell’Ateneo padre Agostino Gemelli - dall’architetto Giovanni Muzio, che recuperò i locali dell’ex monastero per dare vita all’attuale sede. Le Giornate Fai di Primavera hanno costituito un’occasione unica per mostrare al pubblico un luogo di studio e ricerca, tradizionalmente impegnato nella formazione di persone, oltre che di professionisti, collocato in ambienti che conservano ancora oggi le tracce di un glorioso passato.
inque parole chiave, 17 piazze telematiche e un solo, grande Villaggio per la Terra con sport, concerti, mostre, convegni e laboratori didattici. Sono gli ingredienti dell’iniziativa dedicata alla tutela del pianeta, organizzata a Roma da Earth Day Italia insieme al Movimento dei Focolari, in programma a Villa Borghese, dal prossimo 21 al 25 aprile, in occasione della 48ª Giornata Mondiale della Terra. Un evento dedicato al sostegno dei 17 obiettivi individuati dall’Onu nel programma Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Molti i momenti di riflessione con la partecipazione di rappresentanti delle istituzioni, scienziati, ricercatori, economisti e imprenditori. Gli studenti dell’Università Cattolica, raccolti in team di volontari coordinati dall’Alta Scuola per l’Ambiente, animeranno le 17 piazze telematiche e i cinque forum dedicati ad approfondire le parole che rappresentano i traguardi dell’agenda 2030: Planet, Peace, People, Partnership, Prosperity. Ogni gruppo di studenti, lavorerà su uno dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile.
Gli Alumni tornano a Casa Lombardia di Bruxelles avorire lo scambio di esperienze e relazioni fra i laureati dell’Ateneo anche all’estero per continuare a diffondere i valori tradizionali e l’identità dell’Università Cattolica. Con questo intento, lo scorso 23 febbraio, si è svolta la réunion presso gli uffici di Casa Lombardia a Bruxelles alla presenza di Mario Gatti, Alumnus e Direttore della Sede di Milano, e di numerosi ex studenti che oggi ricoprono ruoli istituzionali presso la Commissione e il Parlamento Europeo. «Sono grata all’Università Cattolica per l’accoglienza e le opportunità che mi ha dato, e soprattutto per la formazione professiona-
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le». Ha sottolineato Lidya Simova, rappresentante dell’Assemblea Nazionale della Bulgaria presso il Parlamento Europeo, arrivata nel 2004 in Largo Gemelli per frequentare la facoltà di Scienze politiche e sociali. Le fa eco Sophie Falsini, alumna della facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere, che ricorda «il giorno dell’iscrizione, quando alla domanda “quali lingue vorrebbe studiare” ho improvvisato un “russo e inglese”. Cinque anni dopo mi ritrovo a Bruxelles, mi occupo di Africa, Pacifico e Caraibi presso la Rappresentanza Permanente dell’Austria all’Unione Europea e penso che quella sia stata una delle scelte
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migliori che io abbia potuto fare». Il legame con le origini e con la propria università, emerge anche dal racconto di Alessandro Chiodini, project adviser presso la Commissione Europea, arrivato a Bruxelles grazie al dottorato che prevedeva un periodo di formazione all’estero: «Sono arrivato a Bruxelles nel settembre del 2007 e nel 2011 ho conseguito il titolo di Dottore in Agrisystem con una tesi sulla valutazione del rischio derivante dai residui di pesticidi negli alimenti. Quando mi sono dottorato eravamo poco più di una decina e con molti di loro siamo ancora in contatto. Il sentimento di coesione che
ho provato durante gli anni del dottorato è ancora saldo in ognuno di noi. Di quella decina, dal 2011 ad oggi, qualcuno è rimasto a lavorare in Italia, altri in Europa e chi è andato oltre». La community dei laureati e diplomati sta crescendo, giorno dopo giorno, con l’auspicio di creare sempre più occasioni e iniziative per riunire tutti gli Alumni anche in una prospettiva internazionale. Facendo proprie le parole del rettore Franco Anelli, l’invito è di tornare «in questa “casa” della scienza e della cultura: le porte sono aperte e aspettiamo tutti con entusiasmo». (Scopri di più su www.unicatt.it/alumni)
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Indovina chi viene a cena n Mensa&Pizza.9 il refrain “Aggiungi un posto a tavola” l’hanno preso sul serio. A tutto vantaggio di alcuni invitati speciali. Ogni sera, fianco a fianco degli studenti, si accomoda una decina di persone, cui viene garantita gratuitamente la cena. Una presenza discreta nel clima accogliente e conviviale che si respira di sera in mensa. Tutto è cominciato il 14 febbraio 2017, quando l’Università Cattolica, in collaborazione con la Caritas ambrosiana, ha organizzato una cena di solidarietà al Refettorio di Milano per sostenere alcune attività artistiche e sociali. È stato in quell’occasione che il rettore Franco Anelli, la prorettrice dell’Ateneo e presidente di Educatt Antonella Sciarrone Alibrandi e il direttore della Caritas Luciano Gualzetti hanno presentato un progetto destinato ad aiutare alcune persone e famiglie, che permettesse
ranza di rialzarsi. O chi, ogni sera, si presenta in cravatta perché nel corso della giornata è andato a cercare lavoro. Sono per la maggior parte italiani e maschi, come Giovanni (nome di fantasia), che inizialmente aveva tutto l’aspetto di un clochard. Ma nel corso dei mesi si è trasformato. «Una sera di dicembre, dopo un po’ di tempo che non lo vedevamo, è tornato con i capelli tagliati, ben vestito, e con gli stessi, inconfondibili occhi azzurri di sempre» racconta ancora commossa Lidia Crafa. «L’ho guardato, ci siamo abbracciati e gli ho detto: “Tu sei il regalo più bello che poteva arrivarmi per Natale”». Storie di grande dignità o di momentanea difficoltà, come la ragazza dell’Est Europa che ha perso il lavoro di commessa nelle vie della moda e, in attesa di averne un altro, ha trovato un aiuto per qualche mese. «Loro non pretendono niente e la generosi-
loro di cenare gratuitamente per sei mesi nella Mensa&Pizza.9 della sede di Milano. Un tempo sufficiente per creare un’atmosfera di accoglienza e di familiarità, come raccontano gli addetti al servizio ristorazione gestito da Educatt. «Siamo diventati una sorta di famiglia allargata ed è naturale farli sentire a proprio agio: bastano un sorriso e due chiacchiere per far sbocciare un’amicizia» afferma Patrizia Perulli. Ai tavoli si accomodano persone di grande dignità, alcune delle quali, per diversi motivi, si sono trovate, a un certo punto della propria vita, in difficoltà economiche. C’è il giornalista che a sessant’anni e tre figli è senza lavoro ma non ha perso la spe-
tà ti viene spontanea» rivela Chiara Calderoni. Da aprile a dicembre 2017, grazie alla collaborazione tra Università, Educatt e Caritas sono state servite oltre 1.000 cene gratuite per un totale di 30 persone che hanno potuto usufruire della mensa in orario serale tramite un badge personale. “Aggiungi un posto a tavola”, che è diventato il nome del progetto, continuerà per tutto il 2018 nell’ambito di #ShareYourFuture, la campagna solidale dell’Università Cattolica, che offre la possibilità a studenti, genitori, docenti, ricercatori e amici dell’Ateneo di costruire e condividere il proprio futuro anche con chi ha meno opportunità.
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#SHAREYOURFUTURE
Cena e guida solidale al Refettorio Ambrosiano
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on c’è 2 senza 3? Chissà… Quel che è certo è che anche la seconda edizione della cena #SHAREYOURFUTURE al Refettorio Ambrosiano dello scorso 12 aprile è stata un successo, confermato – oltre che dai presenti – da alcuni numeri: 70 partecipanti per più di 7.000 euro raccolti, 14 sponsor tra aziende alimentari e partner tecnici che hanno fornito materie prime, strumentazioni e risorse umane, 2 progetti realizzati in un anno e una nuova iniziativa da sostenere. Ad introdurre la serata Mario Gatti, il direttore della sede di Milano dell’Ateneo, che dopo un breve video sulle attività di solidarietà della campagna #SHAREYOURFUTURE, ha spiegato le finalità dell’evento: finanziare delle borse di studio #SHAREYOURFUTURE, destinate ai ragazzi siriani che desiderano studiare in Cattolica per poi rientrare in una Siria pacificata. L’importanza dell’iniziativa, nata dalla collaborazione tra la Cattolica e la Caritas Ambrosiana, è stata sottolineata dal rettore Franco Anelli e dal direttore della Caritas Ambrosiana Luciano Gualzetti: in totale sintonia con la mission del Refettorio, la cena coniuga perfettamente carità, bellezza e bontà. Di quest’ultima il merito è dello chef Danilo Angè che ha dedicato professionalità e creatività alla realizzazione della serata. La cena è stata anche l’occasione per raccontare, tramite la prorettrice Antonella Sciarrone Alibrandi e le professoresse Cecilia De Carli e Isabella Bertario, quanto finora è stato fatto dall’edizione precedente: oltre 1000 cene servite presso la mensa UC a 30 persone segnalate dalla Caritas, una Guida del Refettorio Ambrosiano (edizione EDUCatt) – realizzata nell’ambito del master in Servizi educativi per il patrimonio artistico dei musei storici e di arti visive – distribuita a tutti i partecipanti. PRESENZA 1-2, GENNAIO-APRILE 2018
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Istituto Confucio, Cattolica in Cina Istituto Confucio dell’Università Cattolica, fondato nel 2009, ha partecipato lo scorso dicembre alla Conferenza di Xi’an, come membro della vasta rete dei 525 Istituti Confucio nel mondo. Nelle delegazione dell’Ateneo, il delegato del rettore per l’internazionalizzazione Pier Sandro Cocconcelli (nella foto) e la direttrice dell’Istituto, con sede in via Carducci a Milano, Elisa Giunipero. Ad aprire i lavori, alla presenza di circa tre mila delegati da 140 paesi, l’intervento della vice-premier cinese Liu Yundong che ha ribadito l’importanza strategica che la Cina attribuisce agli Istituti Confucio, come veicolo di diffusione della lingua e cultura cinese nel mondo ma anche come parte di un vasto disegno di cooperazione culturale a livello globale. Gli Istituti Confucio - si auspica a Pechino - possono essere un effica-
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ce canale di cooperazione culturale, un veicolo di innovazione per lo sviluppo di pacifiche relazioni culturali tra diversi popoli. Dalla Cina viene oggi una proposta di cooperazione molto importante, la One Belt One Road Initiative, il tentativo cinese di rispondere - coinvolgendo il numero più ampio possibile di collaborazioni internazionali - alle spinte at-
Un patentino per i rifugiati n percorso di dodici incontri, con lo scopo di stilare un bilancio di competenze per rifugiati e richiedenti asilo politico. Sono 363 i migranti che hanno concluso Espar (European Skills Passport for refugees) e hanno costruito il proprio portfolio di competenze in un anno e mezzo dall’avvio del progetto, ideato e promosso dal Cross, Centro di ricerca sull’orientamento e lo sviluppo socio-professionale dell’Università Cattolica. Finanziato dal Ministero dell’Interno con il Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione dell’Unione Europea, a Espar hanno partecipato finora nove partner italiani, quattro soggetti aderenti esteri e sono stati formati 25 operatori che hanno condotto 39 gruppi composti da dieci 10 migranti ciascuno. Le lingue utilizzate sono state, oltre all’italiano, l’inglese, il francese e in alcuni casi l’urdu con il supporto di un operatore madrelingua. Alla base del progetto, l’idea di rispondere ai diversi bisogni dei migranti che cercano di inserirsi nel mondo del lavoro del Paese che li accoglie. Ostacoli frequenti sono la scarsa conoscenza del sistema formativo e del mercato del lavoro, la scarsa conoscenza
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delle proprie competenze, la mancanza di progettualità di carriera, le aspettative irrealistiche, le resistenze a mettersi in gioco e a ridisegnare la propria carriera alla luce del nuovo scenario occupazionale. Per questo Espar promuove un modello di intervento che facilita l’analisi delle precedenti esperienze lavorative, formative e professionali attraverso la narrazione autobiografica e si propone di accelerare il più possibile il processo di ridimensionamento del lutto affinché il migrante maturi, il prima possibile, l’atteggiamento giusto verso il proprio futuro professionale. A conclusione del percorso viene prodotto un documento personale, un portfolio, che racconta le proprie esperienze formative e lavorative, le competenze tecniche e trasversali, i propri desideri e obiettivi di carriera. Per favorire la diffusione del modello, è stato redatto un apposito manuale che potrà essere scaricato gratuitamente dal sito www. espar.it in italiano, inglese, francese, tedesco e spagnolo. Lo sviluppo del progetto prevede l’esportazione di questo modello in altri Paesi europei e la formazione dei formatori del percorso.
tuali dei processi di globalizzazione. La conferenza è stata occasione di incontro e scambio sulle attività degli Istituti Confucio nel mondo e di confronto sulle strategie per il futuro. Al centro della discussione molti progetti di ricerca, forme di mobilità di studenti e docenti, doppi titoli, proposte di scambi e progetti culturali. L’Istituto Confucio della Cattolica, coinvolto e attivo in molti progetti, ha maturato una solida capacità di mediazione e promozione culturale con diversi interlocutori cinesi. Da tempo partner privilegiato dell’Istituto Confucio della Cattolica è la Beijing Language and culture university (BLCU) di Pechino che ha creato un nuovo network internazionale tra 20 università la BLCU Confucius Institute partnership alliance, a cui anche l’Ateneo di largo Gemelli ha aderito.
PRESENTAZIONE
Espar, un progetto per l’integrazione
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l progetto Espar è stato ufficialmente presentato durante il convegno Valorizzare competenze per costruire integrazione, che si è svolto lo scorso 9 febbraio all’Istituto Sacro Cuore di piazza Buonarroti a Milano. L’incontro è stato introdotto dal professore Alessandro Antonietti dell’Università Cattolica e da Maria Assunta Rosa del ministero dell’Interno e poi è proseguito con gli interventi di operatori che hanno sperimentato il modello, di Diego Boerchi, coordinatore del progetto, e una tavola rotonda moderata da Paolo Foschini del Corriere della sera con Milena Santerini dell’Università Cattolica, Massimo Gnone di Unhcr, Giuseppe Traina di Anci, Pierfrancesco Majorino del Comune di Milano. I lavori del convegno sono proseguiti, per tutta la giornata, con la partecipazione di diversi esponenti stranieri che hanno sperimentato il progetto, e con un focus su Espar e l’occupazione attraverso gli interventi di docenti della Cattolica come Laura Zanfrini, Maddalena Colombo, e di Stefania Congia del ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
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Phd, le sfide per i neodottori di Camilla Curcio n traguardo «fondamentale per il proprio cursus honorum didattico e per la propria promozione personale». Con queste parole il rettore dell’Ateneo Franco Anelli ha aperto in Aula Magna, lo scorso 16 aprile, la cerimonia di conferimento del titolo di dottore di ricerca per gli anni accademici 2016 e 2017. Quattrocento i giovani che hanno deciso di sposare con impegno e determinazione un progetto, che hanno concepito come un trampolino di lancio. Secondo il Rettore, il dottore di ricerca non deve limitarsi all’acquisizione delle nozioni ma deve dare espressione a una vivacità inventiva che, prestando il fianco alla ricerca, possa portare all’elaborazione di qualcosa di originale e utile alla collettività. «È l’acquisizione di un pensiero critico e autonomo il vero risultato» ha detto il professor Anelli, qualcosa che vada al di là della preparazione universitaria. Facendo poi riferimento alla Giornata per l’Università Cattolica, il Rettore ha fatto riferimento alla parola che il direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Genova Roberto Cingolani, ospite della cerimonia, ha donato per l’installazione inaugurata nei chiostri dell’università
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giovedì 19 aprile. Resilienza ben si adatta alla stoffa dei ricercatori, a quella «capacità di sopportare con decisione i colpi di ventura e a quella paura di non trovare quel passo in più, quell’originalità necessaria al percorso di indagine». Nella sua lectio magistralis, Roberto Cingolani ha esortato i neodottori a «rifiutare il posto marginale che la società tende a dare allo scienziato, imprigionandolo nell’immagine di topo di laboratorio» e a «reclamare un ruolo attivo nella comunità». Nel contesto di una presentazione dedicata alle nuove frontiere della scienza e della tecnologia, il leit motif sembra essere quello di sentirsi costantemente protagonisti di una sfida, rimanendo flessibili e cercando di applicare il sapere acquisito alla realtà, nel
tentativo di trovare soluzioni dinamiche a problemi nuovi. «Pensate laterale e cercate di creare sinergie tra discipline che, fino ad ora, si sono parlate poco»: questa la raccomandazione che il professore ha lasciato ai giovani dottori, invitandoli a farsi carico di una responsabilità importante e a non aver paura di dare concretezza alle competenze acquisite per lasciare un’impronta tangibile nel mondo. Un impegno che può avere ormai diversi sbocchi da quelli tradizionali: secondo i dati delle ultime indagini relative alla soddisfazione dei dottori di ricerca dell’Università Cattolica ha preso piede una percezione del dottorato che non si limita all’ambito accademico ma che si spinge verso percorsi professionali diversi.
RICERCA
Intelligenza artificiale, accordo tra IIT e Cattolica
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Università Cattolica e l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) hanno siglato un accordo quadro di collaborazione che prevede come prime iniziative congiunte di sviluppare ricerca interdisciplinare nelle aree della robotica, delle tecnologie dedicate al campo agroalimentare e ai materiali sostenibili. La collaborazione coinvolgerà competenze umanistiche e tecnologiche per abbattere le barriere tra le scienze “dure” e quelle umanistiche. In particolare nel campo della robotica umanoide la Cattolica metterà in campo le sue competenze nelle aree della psicologia cognitiva, della linguistica computazionale, della sociologia delle comunicazioni, dell’etica, delle scienze giuridiche, dell’economia dell’innovazione per supportare IIT nella configurazione ottimale dei robot e nella definizione di traiettorie di ricerca tecnologica di massimo successo sociale. I ricercatori di IIT e Università Cattolica svilupperanno ricerca collaborativa su temi di empatia e “confluenza” tra
umani-umanoidi, roboetica, diritti delle macchine e diritti alla privacy, ‘singolarità’ economica della rivoluzione AI, codici di comunicazione tra umani e macchine, integrazione dei robot in contesti di vita quotidiana fuori dai laboratori, complementarità tra umani, umanoidi e AI nei processi produttivi industriali. Per quanto riguarda la collaborazione sulle tematiche agroalimentari e nuovi materiali sostenibili IIT e Cattolica intendono costituire un laboratorio congiunto di ricerca che prevedrà un investimento di entrambe le realtà. I temi principali che saranno oggetto degli studi dei ricercatori saranno l’utilizzo della robotica in agricoltura, la produzione di nuovi materiali plastici da scarti agroalimentari e sistemi diagnostici innovativi applicabili nell’ambito della sicurezza alimentare. «Questo accordo che prevede l’intreccio di discipline così apparentemente lontane tra loro dimostra come ormai per uno sviluppo tecnologico consapevole siano necessarie anche delle
competenze umanistiche. Lo studio di IA, robotica e nuove tecnologie non possono prescindere da studio etici e sociali che ne valutino l’impatto sulla società ed i benefici» spiega Roberto Cingolani (nella foto), Direttore Scientifico dell’IIT. «Le attività congiunte che stiamo pianificando insieme all’Università Cattolica vanno proprio in questa direzione affiancando aspetti teorici ed umanistici ad aspetti pratici e tecnologici» conclude Cingolani.
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Enrico Letta: Europa, la partita è aperta di Luca Giovannoni umentano gli euroscettici ma c’è chi ancora crede sia possibile parlare di Europa unita. È il caso di Enrico Letta, protagonista lo scorso gennaio del secondo appuntamento dei Colloqui sull’Europa, il ciclo di incontri organizzato dal dipartimento di Economia e finanza dell’Università Cattolica. Una lunga e proficua riflessione sul ruolo dell’Unione europea, introdotta dal rettore Franco Anelli e dalle parole del professor Carlo Dell’Aringa. Tanti gli studenti presenti in aula Pio XI per ascoltare il direttore della Scuola di affari internazionali all’Istituto di Studi Politici di Parigi, dal 2016 presidente dell’Institut Jacques Delors – Notre Europe - think tank fondato dall’ex presidente della Commissione Europea Jacques Delors - considerato uno dei massimi esperti italiani in fatto di Europa. «Il 2016 è stato un anno di cesura per l’Ue» spiega Letta all’inizio della sua intervento. «La Brexit e l’elezione negli Stati Uniti di Donald Trump sono stati segnali inequivocabili di cambiamento. Scelte che vanno in una direzione opposta rispetto ai principi su cui si è sempre basata l’idea di Europa». L’ex premier fa notare come in entrambi i casi, gli slogan, che hanno accompagnato la fuoriuscita della Gran Bretagna
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dall’Unione e la corsa alla casa bianca di Trump, siano fortemente in antitesi con le idee di inclusione e globalizzazione tipiche del sogno europeo. “Take Back Control” e “Make America Great Again” costituiscono due facce della stessa medaglia. Entrambi indicano una bocciatura pesante per le politiche di integrazione alla base dell’identità europea. Secondo Enrico Letta è necessario cambiare al più presto il discorso sull’Europa, allontanandolo dai tecnicismi per renderlo attuale e più vicino alla vita dei cittadini: «Gli argomenti vanno ripensati, perché rispetto al passato sono mutate le ragioni per cui facciamo l’Europa». Il ragionamento tocca diversi punti: dal fondo salva Stati all’idea di un’Europa più competitiva con una fiscalità comune a tutti gli Stati; dalla gestione dei migranti fino ad arrivare a parlare del ruolo dell’I-
talia all’interno delle istituzioni europee. Non può mancare un pensiero dedicato all’Italia e agli italiani. «Il nostro Paese deve smetterla con la sindrome di Calimero: non è vero che nei palazzi di Bruxelles l’Italia non conta. All’interno del Consiglio europeo siedono quattro italiani e, ai vertici delle istituzioni comunitarie, siamo ben rappresentati con presidente del Parlamento, ministro degli esteri europeo e presidente della Bce». Secondo Enrico Letta, questo sarà un anno cruciale per le sorti del vecchio continente, visto che nel 2019 cambieranno tutti i vertici delle istituzioni europee e bisognerà prepararsi a grandi novità. Insomma, per dirla con Letta «la partita è ancora aperta», ma è essenziale che la politica riesca a trasmettere un’idea di Europa nuova e meno distante dalla nostra quotidianità.
Data Scientist, una borsa per Chiara na borsa di studio a copertura totale della quota di iscrizione. È quella che ha premiato il rendimento di Chiara Noè (nella foto), studentessa della prima edizione del master Data Science for Management, organizzato dalla facoltà di Economia dell’Università Cattolica. A Chiara è stata assegnata la borsa di studio “Emanuela Conti” per gli Studi quantitativi applicati all’Economia intitolata da The London Stock Exchange Group Foundation a Emanuela Conti, Head of Markets Analysis in Borsa Italiana, scomparsa nel 2016 in seguito a una lunga malattia. Emanuela Conti aveva insegnato per anni presso l’Università Cattolica. Il riconoscimento, destinato a studentesse e attribuito per requisiti di merito e reddito in
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base ai risultati conseguiti nel corso del programma, è stato consegnato in occasione della chiusura della prima edizione del master diretto dal professor Guido Consonni. «Il percorso postlaurea nasce dall’esigenza di formare una figura professionale con competenze di Data Science, Mana-
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gement e Business per consentire alle aziende di sviluppare il proprio potenziale in modo più efficace e duraturo» osserva il direttore del master. «Erogato interamente in lingua inglese, il master permette ai diplomati di intraprendere carriere caratterizzate dall’impiego e sfruttamento sistematico dell’informazione presente in grandi basi di dati (Big Data) ormai presenti in svariati campi da quello industriale, a quello finanziario, così come nei servizi». Fondamentale la collaborazione con le imprese, dal contributo alla didattica con testimonianze di esperti, fino alla implementazione delle competenze apprese: «Tutti gli studenti hanno svolto internship di quattro mesi con focus su un problema applicato spe-
cifico, presso rilevanti realtà di diversi settori, dalle agenzie di Business Analytics alle organizzazioni bancarie, alla comunicazione, come Almaviva, Alten, Banca d’Italia, Bid Company,BPER, CgNal, Eco della Stampa, Energia Crescente, Ipsos, Porini Insight, Relata, Sky Italia» conclude il professore. E, in termini di partnership, la scholarship intitolata a Emanuela Conti rappresenta un importante supporto per la formazione di professionisti altamente qualificati, testimoniando una volta di più l’importanza della ricerca e della conoscenza applicata al contesto reale. La seconda edizione del master, iniziata a gennaio 2018, dispone di una classe sempre più internazionale, con oltre la metà dei partecipanti provenienti dall’estero.
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Accordo con l’Ordine dei commercialisti ormare esperti in finanza con anche competenze di dottore commercialista. È l’obiettivo della convenzione siglata tra la facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative dell’Università Cattolica e l’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Milano, firmata lo scorso 14 febbraio dal rettore dell’Ateneo Franco Anelli e dal presidente dell’Ordine Marcella Caradonna (a sinistra nella foto con il Rettore). L’intesa, che entra in vigore nell’anno accademico 2018-2019, prevede che gli studenti potranno svolgere il tirocinio in concomitanza con il percorso formativo e essere esonerati dalla prima prova scritta dell’esame di Stato per l’esercizio della professione di Dottore Commercialista e di Esperto Contabile. È la prima facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative in Italia a siglare un accordo di questo tipo. «Negli ultimi anni è emersa sempre più la necessità di formare professionisti che sappiano affiancare a una profonda conoscenza dei mercati finanziari, della valutazione d’azienda e della misurazione del rischio con riferimento agli aspetti gestionali e giuridici, le competenze specifiche del dottore commercialista. Un percorso didattico che sancisce una proficua collaborazione con l’Ordine e risponde alle esigenze del mercato del lavoro» spiega la preside Elena Beccalli presente alla firma dell’accordo.
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«In occasione della firma della convenzione con l’Università Cattolica – dichiara Marcella Caradonna, presidente ODCEC Milano – l’Ordine intende sottolineare la positività di questa sinergia che permette di unire in modo virtuoso il mondo dell’università e quello delle professioni, in una comunità d’intenti e di obiettivi. Il commercialista, che svolge un ruolo di forte rilievo in ambito bancario e finanziario, può così mettere la propria esperienza al servizio della crescita professionale delle nuove generazioni». Nello specifico gli iscritti all’ultimo anno della triennale di Economia dei mercati e degli intermediari finanziari (Emif) avranno la possibilità di svolgere un tirocinio semestrale, pari a 200 ore, presso uno studio professionale o comunque sotto la supervisione e il controllo diretto di un professionista, e l’esonero dalla prima prova dell’e-
same di Stato per l’accesso alla sezione B dell’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (sezione B). Stesse condizioni anche per gli studenti della magistrale di Economia dei mercati e degli intermediari finanziari, profilo Finanza - Corporate Advisory: tirocinio professionale (300 ore) durante l’ultimo anno del percorso di laurea e l’esonero dalla prima prova dell’esame di Stato per l’accesso all’Albo (sezione A). Per questi ultimi sono già stati avviati accordi che impegnano studi commerciali a garantire i tirocini professionali. Quanto ai triennalisti di EMIF iscrizioni aperte per i 20 posti messi a disposizione. Quella siglata dalla facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative è solo una delle convenzioni che l’Ateneo, negli ultimi anni, ha stipulato con alcuni Ordini professionali.
Canada, opportunità per le aziende italiane l ruolo dell’Università è centrale nel processo di sviluppo e partnership delle organizzazioni nel mercato globale. Lo ha detto la professoressa Antonella Sciarrone Alibrandi, prorettore vicario dell’Ateneo, aprendo i lavori del convegno The Canada Opportunity, organizzato dalla facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative e dal master Corporate advisory e risorse interculturali (Carint), in collaborazione con Ambasciata del Canada e Sace. All’iniziativa, che si è svolta in Cattolica scorso gennaio, hanno partecipato l’ambasciatore del Canada in Italia Alexandra Bugailiskis, il direttore vicario Direzione Generale Internazionalizzazione di Regione Lombardia Francesco Foti, il ministro consigliere Economico-Commerciale dell’Ambasciata del Canada Jan Scazighino, il console onorario del Canada Ezio Simo-
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nelli e Lucia Baldino (Desjardins Group), Luca Silla (Simest) e Mario Erba (Banca Popolare di Sondrio). Regione Lombardia e Ambasciata del Canada hanno sottolineano i risvolti, non solo economici ma anche sociali, di sostenibilità, confronto e crescita dei rapporti bilaterali, mentre realtà come Simest-Sace e le stesse banche giocano da facilitatori degli investimenti per le imprese. La collaborazione nasce dalla convinzione di potenzialità sempre maggiori offerte dallo stato canadese: «Il mercato canadese si presenta come una opportuni-
tà per le nostre aziende per il fatto che il consumatore canadese ricerca prodotti di qualità in vari settori; inoltre sono presenti importanti comunità di italiani che possono essere un rilevante canale di sbocco dei nostri prodotti» osserva Alberto Banfi, docente di Economia degli intermediari finanziari e direttore del master Carint. Ne è prova la testimonianza di alcuni casi aziendali che costituiscono esempi virtuosi dell’implementazione di progetti in diversi ambiti, quali l’impiantistica industriale (AB Holding), i
trasporti internazionali (Casasco e Nardi) e il settore agroalimentare, “eccellenza” del made in Italy (Grissin Bon, SQS Network, come pure l’esperienza di Michael Atzwanger di Alpenbank, coordinatore di progetti di investimento nel settore). Le tavole rotonde hanno evidenziato le opportunità del mercato canadese, che costituisce un’importante piazza di sbocco per i prodotti italiani, grazie alla facilità di “fare impresa” in virtù di una burocrazia pressoché assente e di un clima sociale di assoluta tranquillità. Elena Beccalli, preside di Scienze Bancarie, finanziarie e assicurative, ha ricordato come l’incontro ben si inserisce negli obiettivi della Facoltà che promuovono la formazione di figure professionali dalle profonde competenze in campo economico e finanziario, ma anche dalle specifiche conoscenze interculturali.
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Risintonizzarsi sui giovani
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Le nuove frontiere della rendicontazione
I eologia e discernimento: nuovi ambienti e nuovi linguaggi è il titolo della lectio di apertura dei corsi di Teologia che il vescovo di Acireale e vicepresidente della Conferenza episcopale italiana monsignor Antonino Raspanti ha tenuto, lo scorso 7 marzo in Cattolica. «Il rapporto tra le generazioni dipende dal tema del discernimento vocazionale» afferma monsignor Raspanti. E «il distacco numericamente ampio dei giovani dall’istituzione ecclesiale» è figlia di una tensione fra adulti e giovani che si ripercuote sulla «trasmissione della fede» spiega sempre il presule che sottolinea come mettere la questione «a tema nella Chiesa non è una scelta strategica o di convenienza, ma una necessità per rimanere fedeli al Vangelo del Verbo incarnato». Fondamentale diventa il discernimento che consente «una lettura sapienziale e spirituale della storia personale, collettiva». E infatti osserva monsignor Raspanti «la vita spirituale, ma in
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genere la vita umana, si impara in modo sapienziale, cioè dalle persone», come per esempio tornando a far incontrare i ragazzi con gli adulti. Davanti a quasi cinquecento studenti presenti nell’Aula Magna dell’Ateneo, il presule ha fatto presente che la prima mossa per far riavvicinare e unire il mondo giovanile con quello degli adulti spetta a quest’ultimi, che devono essere «credenti autorevoli». A fare da sfondo alla riflessione è stato il Sinodo dei vescovi sui giovani del prossimo ottobre, che monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica, definisce un’occasione «per interrogarci come Ateneo» considerato che «la Chiesa si mette in ascolto del mondo giovanile». Il rettore Franco Anelli nel suo saluto introduttivo ha invece indicato nel discernimento una delle cifre dell’umano. «E in un tempo di crisi il contributo di cui l’Università Cattolica si fa carico – ha concluso – consiste nel formare persone consapevoli».
Miglio, a cent’anni dalla nascita na ricostruzione dei vari aspetti del pensiero di Gianfranco Miglio a cent’anni dalla sua nascita. Prende le mosse da qui la giornata di studio organizzata, lo scorso 7 marzo, dall’Università Cattolica per celebrare il costituzionalista, politologo e politico che nell’Ateneo di Largo Gemelli compì il suo intero percorso accademico e fu preside per trent’anni della facoltà di Scienze politiche. La politica «pura». A cento anni dalla nascita di Gianfranco Miglio (1918-2018) è il titolo del convegno, promosso congiuntamente dalla facoltà di Scienze politiche e sociali e dal Dipartimento di Scienze politiche, che si è aperto con i saluti del preside di Facoltà Guido Merzoni e l’introduzione del direttore del Dipartimento Damiano Palano. Il convegno ha voluto riportare al centro della discussione lo specifico “realismo” di Miglio, la sua ambizione di decifrare gli enigmi dei fenomeni politici, ma anche la ricchezza delle sue ricerche, che influirono sul dibattito intellettuale seguendo traiettorie sorprendenti. Con gli interventi di prestigiosi studiosi -
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tra i quali Pierangelo Schiera (Miglio e Schmitt), Luigi Marco Bassani (Le radici dell’obbligo politico in Gianfranco Miglio), Massimo Cacciari (Polemos e Stasis in Miglio), Carlo Galli (Miglio e le recenti trasformazioni della politica) – si sono approfonditi alcuni aspetti del pensiero del politologo comasco, spesso trascurati ma che invece hanno avuto una grande incidenza sul dibattito culturale italiano e sugli orientamenti degli studi politici. La giornata di studio si è articolata in tre sessioni coordinate dai professori dell’Ateneo Paolo Colombo, docente di Storia contemporanea, Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni internazionali e Loren-
l reporting integrato e le non financial information sono tra le più rilevanti innovazioni nella comunicazione societaria a livello mondiale. Una nuova attenzione da parte di investitori, imprese, regolatori e organismi professionali ai processi di creazione di valore sostenibile nel tempo sono il motore principale di questa grande enfasi che, in primis la realtà operativa, ma anche il mondo accademico, stanno ponendo ai temi della rendicontazione integrata. Di questi nuovi approcci che pongono in evidenza le interconnessioni esistenti tra fattori sociali, ambientali, di governance ed economici si è occupato venerdì 23 febbraio il convegno Reporting integrato e non financial information. Tra governance e creazione di valore, organizzato da Scienze bancarie, finanziarie e assicurative e dal Network italiano di Business Reporting (Nibr). A entrare nel vivo del dibattito, dopo l’introduzione di Andrea Lionzo, docente di Economia aziendale all’Università Cattolica, sono stati Richard Howitt, Ceo dell’International Integrated Reporting Council, che ha illustrato lo stato dell’arte e i trend in atto a livello internazionale nella predisposizione del Reporting Integrato, e Stefano Zambon, segretario generale del Nibr, che ha spiegato le prospettive di governance connesse all’Integrated Thinking. La sessione pomeridiana è stata l’occasione per presentare alcuni studi del Nibr sulla rappresentazione del business model nel bilancio integrato nonché sulle recenti linee guida per il reporting integrato delle Pmi. Le conclusioni della giornata sono state affidate a Guglielmina Onofri, responsabile Divisione Informazione Emittenti di Consob.
zo Ornaghi, presidente onorario dell’Alta Scuola di Economia e relazioni internazionali della Cattolica mentre la conclusione dei lavori è stata affidata a Leonida Miglio.
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Global Social Venture: le migliori startup italiane a sostenibilità premia le startup. Soprattutto se innovative e a forte impatto ambientale e sociale. Anche quest’anno la finale italiana della Global Social Venture Competition (Gsvc), la gara internazionale promossa dalla Haas School of Business dell’Università di Berkeley in partnership con l’Alta Scuola Impresa e società (Altis) ha individuato le due migliori idee di business che potrebbero cambiare l’economia del futuro. A salire sul podio italiano Helperbit e mEryLo’ scelte fra altre cinque proposte imprenditoriali da una giuria di business angels, accademici e attori dell’ecosistema startup italiano che, lo scorso 28 febbraio, si sono riuniti nella sede milanese di Intesa Sanpaolo per valutare innovatività, prospettive dell’idea di business, impatto sociale e ambientale generabile e capacità di implementazione. La prima si è distinta per aver messo a punto un sistema che consente l’audit dei flussi di beneficenza e assicurativi. In sostanza, utilizzando due tecnologie all’avanguardia - come il blockchain (vale a dire quello del Bitcoin) e il potenziale analitico del GIS (sistema di informazione geografica) - intende promuovere e facilitare donazioni e aiuti economici immediati e trasparenti in situazioni di emergenza, causate in particolare da disastri naturali. La seconda, invece, ha ideato un dispositivo che, direttamente collegato al paziente, permette di somministrare terapie farmacologiche attraverso i globuli rossi, limitando così il contatto tra il sangue e l’ambiente esterno, potenziale causa di contaminazione e infezioni. Helperbit e mEryLo’ accedono di diritto alle
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Laureata CIMO premiata da Mattarella
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Global Finals della competizione internazionale che per la prima volta si è tenuta a Milano dall’11 al 13 aprile. Le due startup concorreranno, assieme alle 16 proposte selezionate a livello globale, per l’assegnazione di un montepremi complessivo di 80 mila dollari da investire nella realizzazione o sviluppo dell’idea di business. Il team di mEryLo’, inoltre, ha vinto il premio She4(Imp)Act, come miglior progetto “al femminile” di questa edizione, assegnato da Impact Hub Milano che ha messo a disposizione, per il secondo anno consecutivo, un pacchetto del valore di 25 mila euro per l’incubazione di 3 mesi. «Sosteniamo sin dalla fondazione di Altis l’iniziativa della Global Social Venture Competition perché è fondamentale promuovere la creatività e lo spirito di iniziativa dei giovani, vero motore dello sviluppo di una società sana e viva», ha affermato Vito Moramarco, direttore di Altis a conclusione dell’evento. GHoMoLoG, KAITIAKI, Little Alienz, RELICTA, Talents Venture gli altri finalisti della tappa italiana della Gsvc che per questa edizione ha individuato 65 idee di business su 550 a livello mondiale da 60 paesi.
’era anche Giulia Zanoni tra gli undici giovani premiati lo scorso 23 febbraio, a Palazzo Barberini a Roma, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione della consegna dei Premi Leonardo 2017, riconoscimenti alla qualità e al valore delle aziende italiane. Durante la cerimonia sono stati consegnati i premi di laurea, finanziati da imprenditori soci del Comitato Leonardo, iniziativa che da 20 anni premia le migliori tesi sull’eccellenza del Made in Italy in diversi settori.
Una tesi intitolata Place in product e product in place: la moda come esperienza di territorio ha permesso a Giulia Zanoni - laureata del corso di laurea in Comunicazione per l´impresa, i media e le organizzazioni complesse (CIMO) dell’Università Cattolica - di conquistare il premio Alfredo Canessa promosso dal Centro di Firenze per la Moda Italiana. L’elaborato mostra la ricaduta positiva dei brand di Milano e Firenze, non solo sotto l’aspetto economico legato all’industria della moda, ma anche in termini di flussi turistici.
Azione cattolica, 150 anni spesi per l’educazione impegno educativo dell’Azione cattolica italiana in centocinquant’ anni di storia è il titolo del convegno che il Dipartimento di Pedagogia dell’Università Cattolica, l’Istituto per la storia dell’Azione cattolica e del movimento cattolico in Italia Paolo VI e l’Azione cattolica italiana hanno promosso lo scorso 16 marzo nell’Ateneo di Largo Gemelli. Un incontro per ripercorrere quanto fatto dall’associazione laicale non solo nella Chiesa, ma anche per la società italiana. Dopo i saluti istituzionali del rettore Franco Anelli, dell’assistente ecclesiastico generale Claudio Giuliodori e del presidente nazionale di Ac Matteo Truffelli, si sono alternati numerosi interventi che
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hanno focalizzato il compito educativo di Azione cattolica nei vari momenti storici che l’Italia ha attraversato. Ma anche l’impegno che viene messo in campo oggi nel sociale. Tra i relatori presenti al convegno Paola Bignardi dell’Istituto Toniolo, alcuni
professori della Cattolica come Simonetta Polenghi, Luciano Caimi, PierPaolo Triani, Luciano Pazzaglia e gli accademici Angelo Gaudio (Università di Udine), Fulvio De Giorgi (Università di Modena), Andrea Dessardo (Università Europea). PRESENZA 1-2, GENNAIO-APRILE 2018
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Agostino Fusconi, il ricordo dell’Ateneo o scorso 1° febbraio si sono svolti i funerali del professor Agostino Fusconi, per molti anni docente di Economia del mercato mobiliare alla facoltà di Economia della sede milanese dell’Università Cattolica. Il professor Fusconi, morto improvvisamente nella notte del 29 gennaio, oltre alla docenza, ha svolto gli incarichi di consigliere di amministrazione dell’Università Cattolica per tre mandati, direttore del Dipartimento di Scienze dell’Economia e della gestione aziendale, presidente dell’Isu e poi di Educatt, presidente dell’Organismo di Vigilanza di Ateneo. Il professor Fusconi è stato collegiale all’Augustinianum per quattro anni dall’a.a. 1960/61 e ha fatto parte del Comitato Scientifico fino al 2012. Le esequie si sono svolte nella Basilica di Sant’Ambrogio, dove è arrivato il corteo funebre proveniente dalla camera ardente allestita nella cappella del Sacro Cuore in largo Gemelli. Il rito è stato presieduto da monsignor Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza ed ex assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo, e concelebrato dall’attuale assistente generale monsignor Claudio Giuliodori, e da diversi sacerdoti dell’Università. Al termine della celebrazione, in una chiesa gremita di colleghi e amici che hanno accompagnato la salma insieme
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ai familiari e al rettore Franco Anelli, lo hanno ricordato il preside della facoltà di Economia Domenico Bodega, la sua allieva Paola Fandella, docente alla stessa Facoltà, la figlia Elisabetta e un amico di famiglia. «Agostino Fusconi è stato un riferimento professionale, di comportamento, di un modo di vivere l’Università. Ha trasmesso la determinazione, la curiosità, l’insoddisfazione, la ricerca costante del meglio, il gusto del camminare, l’amore per i dettagli, l’attenzione alla perfezione, il senso dell’ironia, l’importanza della memoria. Ben consapevole che il vero insegnamento si concentra sull’esempio» ha affermato il professor Bodega. Il Preside ha espresso, in particolare, «l’ammirazione e il ringraziamento per un esempio che con maestria, arguzia e ironia ha aiutato molti di noi a interpretare le responsabilità con stile sobrio e legato ai fatti». Il professor Bodega ha infine ricordato il legame speciale di Agostino Fusconi con i propri studenti: «”Mi piace molto insegnare - diceva - soprattutto perché, mentre insegno, imparo, imparo ancora”. È in questo suo dedicarsi al progetto educativo, con pazienza e fermezza intellettuale, che si esprime la sintesi della sua missione». Di carattere molto personale il ricordo dell’allieva Paola Fandella: «Mi ha inse-
gnato a guardare al di là dei numeri e delle mere regole della finanza e a cercare di capire il significato degli eventi, il perché e le conseguenze degli accadimenti, sempre con attenzione alle loro conseguenze sul piano umano e sociale. La sua ricchezza intellettuale sembrava non saziarsi mai, sempre pronto a interessarsi di tutto ciò che potesse essere di stimolo per creare qualcosa di bello e di significativo». La professoressa Fandella ha ricordato, infine, i progetti culturali aperti alla città, realizzati insieme al professor Fusconi: dai Promessi sposi alle Confessioni di Sant’Agostino a cui era particolarmente legato. Perché, come affermava il Vescovo d’Ippona, “nutre la mente solo ciò che la rallegra”.
Eraldo Bellini, professore dalla profonda umanità scomparso, dopo una lunga malattia, il professor Eraldo Bellini, docente di Letteratura italiana nella facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica. Le esequie sono state celebrate lo scorso 14 febbraio nella Basilica di Sant’Ambrogio. Il professor Bellini, nato a Serra de’ Conti (Ancona) nel 1957, si è laureato in Lettere in Cattolica sotto la guida di Francesco Mattesini e Claudio Scarpati, con il quale ha iniziato poi una stretta collaborazione scientifica e didattica. Dottore di ricerca in Scienze Linguistiche, Filologiche e Letterarie, nel 1994 è diventato ricercatore di Letteratura italiana nella facoltà di Lettere e Filosofia dell’Ateneo del Sacro Cuore, nel 2001 professore associato, nel 2005 ordinario. Tra il 2001 e il 2008, ha tenuto lezioni e conferenze negli Stati Uniti, presso la Yale University e il Boston College; era socio del Centro di studi muratoriani di Modena, membro del Comitato direttivo dell’Associazione degli Italianisti (Adi),
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dell’Accademia Ambrosiana, Classe di studi borromaici e del Centro di ricerca «Letteratura e cultura dell’Italia unita» della Cattolica; faceva parte del Comitato scientifico della rivista «Aevum». Entrato da studente al Collegio Augustinianum nell’a.a. 1979/80, il professor Bellini è stato membro del Comitato Scientifico
del Collegio. Le ricerche di Bellini si sono mosse lungo un arco cronologico che va dal Seicento al Novecento, con saggi sulle teorie del dialogo scientifico di Sforza Pallavicino, sul rapporto tra vecchi e nuovi saperi nell’età di Galileo, su Silvio Pellico e il romanticismo milanese e intorno alla formazione letteraria di Italo Calvino. In anni recenti la sua attività scientifica si è sviluppata prevalentemente lungo due percorsi di ricerca, inaugurati rispettivamente con i volumi Umanisti e Lincei. Letteratura e scienza a Roma nell’età di Galileo (1997) e Agostino Mascardi tra ‘ars poetica’ e ars historica’ (2002). I numerosi interventi dedicati, soprattutto nell’ultimo periodo, alla memoria dei classici italiani negli scritti di Calvino preludevano a una monografia su questo tema, a cui Bellini stava lavorando.Le sue doti di studioso acuto e puntuale si accompagnavano a una profonda e cordiale umanità, di cui studenti e colleghi che lo hanno conosciuto danno unanime testimonianza.
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Quattro borse di studio per ricordare Giorgio Scarpazza uattro borse di studio in memoria di Giorgio Scarpazza. Ad assegnare un premio del valore di 1.500 euro a Silla Collesei, Claudia Giacomoli, Tommaso Rovetta, Francesca Maria Zurlo, laureati della triennale in Linguaggi dei media, è stata l’Associazione “Il sorriso di Giorgio” durante la cerimonia di
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consegna che si è tenuta lo scorso novembre. Gli elaborati finali dei vincitori, dedicati a tematiche inerenti alle comunicazioni sociali e ai nuovi media, sono stati giudicati da un’apposita commissione composta da Manuela Scarpazza, madre di Giorgio scomparso prematuramente un mese dopo aver concluso il suo percorso di studi
Festival Thauma, la scuola va in scena
S all’Università Cattolica, e i professori della facoltà di Lettere e filosofia Carlo Galimberti e Giorgio Simonelli.
Il laboratorio per bambini: che bello filosofare rofessori in toga hanno accolto gli alunni di terza, quarta e quinta elementare per una lezione su Sant’Agostino. Non si è trattato di evocare la pietra filosofale di Harry Potter ma di avvicinare i più piccoli al filosofare. Il progetto rivolto agli alun-
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ni della scuola primaria, iniziato lo scorso anno, intende, infatti, avvicinare i bambini al mondo della filosofia. Non con insegnamenti teorici o di storia del pensiero filosofico, bensì con un laboratorio del filosofare realizzato direttamente dagli alunni che, attraverso la discussione e
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il gioco, imparano a porsi domande e a svilupparle. «Noi mettiamo l’accento sul filosofare proprio perché il nostro approccio è di dialogo» spiega Paola Muller, che cura il laboratorio del Dipartimento di Filosofia della Cattolica insieme a Ingrid Basso e Pia De Simone.
ono diciannove gli spettacoli che si sono confrontati sul palcoscenico del Teatro Commenda 37 alla quarta edizione del Festival Thauma - Teatro antico in scena. In gara dal 19 al 21 marzo, tragedie e commedie del repertorio classico sono state rivisitate dagli studenti dei licei di tutta Italia. L’iniziativa, infatti, riscuote sempre un grande successo come dimostra la motivazione di insegnanti e ragazzi che provengono dalla Lombardia (Milano, Monza, Bergamo, Como, Busto Arsizio) ma anche da altre provincie (Sassari, Trani, Firenze, Salerno, Roma e Agrigento). Premiate diverse categorie. Per gli spettacoli è arrivato primo il liceo Foscolo di Albano Laziale con Aiace da Sofocle (nella foto), secondo il liceo Empedocle
Un convegno di ASSBB per ricordare Vaciago Associazione per lo Sviluppo degli studi di Banca e Borsa in collaborazione con il Dipartimento di Economia e Finanza dell’Università Cattolica hanno organizzato, per la giornata di venerdì 6 aprile,
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un convegno in memoria dell’economista Giacomo Vaciago. Un futuro per l’Europa è stato il tema al centro dell’incontro che, introdotto dal preside della facoltà di Economia Domenico Bodega, ha coinvolto i professori Piero Giarda e Marco Lossa-
ni della Cattolica, Franco Bruni e Marco Onado della Bocconi e di Innocenzo Cipolletta di Assonime. Presente anche il vice direttore generale di Banca d’Italia Fabio Panetta che è intervenuto sul tema La politica monetaria dell’Europa.
Zanola alla guida di European Language Council aria Teresa Zanola, docente di Lingua e traduzione francese alla facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere, è la nuova presidente del European Language Council/ Conseil Européen pour les Langues. È stata eletta all’unanimità nel corso dell’ultima Assemblea tenutasi a Bruxelles nel dicembre 2017. È la prima volta che una donna ricopre questa carica prestigiosa, che porta alla direzione di un’istituzione internazio-
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nale all’interno della quale sono nati e si sono sviluppati numerosi progetti europei. La professoressa Zanola, nominata nel 2013 Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres dal Ministère de la Culture et de la Communication di Parigi è inoltre
presidente della Consulta del servizio linguistico di Ateneo (Selda), direttore scientifico dell’Osservatorio di Terminologie e Politiche linguistiche (Opt), e direttore del Master in Didattica dell’Italiano L2 dall’a.a. 2012/13. Da più di vent’anni, l’ELC consolida all’interno dell’Unione europea la cooperazione fra istituzioni di insegnamento superiore nell’ambito linguistico, contando su una rete di quasi 150 Università europee e di numerosi membri associati extraeuropei.
di Agrigento con Il riflesso di Antigone e terzo l’Istituto Leone XIII con le Rane da Aristofane. Per i Saggi sul podio tre licei milanesi: l’Istituto Sant’Ambrogio di Milano, il liceo Carducci e il liceo Manzoni. Promosso dalla professoressa Elisabetta Matelli, docente di Storia del Teatro greco e latino e del Laboratorio di Drammaturgia antica in Università Cattolica, il Festival è un occasione unica per i giovanissimi interpreti che studiano il senso dei grandi archetipi del teatro di ogni tempo e che possono così sperimentare sul campo la loro messinscena. Hanno concorso da un lato i saggi laboratoriali, focalizzati su un tema o una sezione di un testo classico senza proporre l’intero dramma, e dall’altro gli spettacoli completi nella struttura. In gara anche i bozzetti e le realizzazioni scenografiche, e valutati per merito anche attori e cori di saggi e spettacoli. A giudicare le rappresentazioni sono state una giuria professionale, che ha accolto anche studenti e dottorandi di ricerca, e una giuria popolare.
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Caccamo, vi racconto i miei sogni l cantante Giovanni Caccamo (nella foto a destra) è intervenuto alla premiazione del contest video I wish. Giovani e desideri promosso dal Centro pastorale dell’Ateneo. Una testimonianza su come rialzarsi di fronte agli ostacoli e alle delusioni nella ricerca della propria strada. La giuria, costituita da docenti
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della Cattolica e da professionisti del mondo del cinema, ha premiato Rodolfo Petricca con il video What
I wish for, Anna Belotti, al secondo posto con Al settimo cielo, e Cristina Perico, con I wish, che hanno ricevuto un bonus spendibile nei negozi Apple. In un perfetto connubio tra arte e spiritualità, i concorrenti hanno prodotto video amatoriali in grado di raccontare le loro speranze, i loro sogni e la loro visione del futuro e della vita.
In cappella la via crucis di Valter Gatti on l’inizio della Quaresima secondo il rito romano, il Centro pastorale dell’Ateneo ha proposto, come ogni anno, una via crucis nella Cappella del Sacro Cuore in largo Gemelli. Un percorso artistico e spirituale per meditare sul mistero della crocifissione, morte e risurrezione di Gesù. L’opera scelta quest’anno è Il volto donato
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di Valter Gatti, pittore di Brugherio che realizza una pittura d’introspezione che ritrae il buio dell’anima come se fosse un paesaggio, un volto, e lo carica di storia personale di affetti, di dolore, di pacificazione. Questa via crucis, suo ultimo e inedito lavoro, ripercorre il cammino di Gesù verso la crocifissione scegliendo come strumento non la stratificazione materica ma
il sottile segno grafico acquarellato su carta.
Parsi e il naufragio del neoliberalismo l nostro Titanic, quello dell’ordine liberale, sembra affondare proprio quando sembra aver trionfato dopo la guerra fredda. La domanda è: chi ci tirerà fuori da quest’acqua gelida in cui stiamo naufragando?». Ha preso le mosse da questo interrogativo il rettore dell’Università Cattolica Franco Anelli introducen-
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do la presentazione di Titanic. Il naufragio dell’ordine liberale, l’ultimo libro di Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni in-
ternazionali alla facoltà di Scienze politiche e sociali. All’evento, che si è svolto il 14 marzo, sono intervenuti Damiano Palano, direttore del Dipartimento di Scienze politiche, e il filosofo Massimo Cacciari che ha rilevato come il volume di Parsi faccia un’analisi precisa che ci inquieta e ci interroga sul salto d’epoca che ci aspetta.
Romania ed Europa: in ricordo di Rosa Del Conte ue giornate di studio, nella sede di Milano e Brescia dell’Università Cattolica, dedicate alla memoria di Rosa Del Conte – professoressa, critico letterario, traduttrice, considerata uno dei più preziosi “ambasciatori” della letteratura romena in Occidente – sono state promosse lo scorso dicembre in collaborazione tra l’Istituto Giuseppe Toniolo e l’Ateneo del Sacro Cuore e con il patrocinio dei maggiori Enti romeni
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presenti in Italia. La partecipazione di studiosi di fama internazionale è stata una garanzia per il successo dell’evento che ha riguardato in modo particolare le lingue, le culture e le tradizioni nello spazio balcanico e carpato-danubiano. Il rettore dell’Ateneo Franco Anelli, nel suo saluto ha evidenziato l’importanza del dialogo interculturale anche come risposta alla crisi delle istituzioni europee mentre l’amba-
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sciatore di Romania in Italia, George Bologan, ha dato grande rilievo all’importanza della cultura per creare un’identità europea. Considerato il successo e l’opportunità di poter collaborare con la Comunità romena, il 21 marzo scorso, nella sede bresciana dell’Ateneo, è stato organizzato un seminario dal titolo Tra Romania, Germania e Francia. Cinque voci del novecento letterario europeo, dedicato e rivolto in particolare ai giovani.
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Cristina Castelli, vice presidente del BICE
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di gennaio 2018 la nomina di Cristina Castelli (nella foto a sinistra) a vice presidente del BICE (Bureau International Catholique de l’Enfance). Già ordinario di Psicologia dello sviluppo in Università Cattolica e coordinatrice dell’Unità di ricerca sulla resilienza dell’Ateneo, la professoressa collabora da diversi anni con l’organizzazione internazionale cattolica con sede a Parigi che raggruppa 80 tra università, associazioni, congregazioni religiose in tutto il mondo. IL BICE è impegnato nella difesa della dignità e dei diritti del bambino, nella promozione dell’educazione, della resilienza e della sua dimensione spirituale. L’Organizzazione, fondata nel 1948 sotto l’auspicio dell’allora monsignor Angelo Roncalli - futuro Papa Giovanni XXIII -, nel 1959 ha partecipato attivamente all’elaborazione della dichiarazione universale dei Diritti del fanciullo dell’ONU che ha ispirato la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, adottata poi a
livello internazionale nel 1989. A rappresentare questo organismo in Italia è l’Università Cattolica grazie al contributo di Cristina Castelli e alla sua esperienza maturata attraverso i molteplici progetti promossi e realizzati a favore di minori italiani e, a livello internazionale, vittime di guerre o calamità naturali. Del suo Ateneo Cristina Castelli porta con sé, per i prossimi quattro anni di mandato, il valore della ricerca scientifica con la finalità di formulare piani strategici e azioni appropriate a favore del bambino. Il claim del BICE quest’anno è Diamo a ogni bambino un avvenire e i progetti in atto riguardano in particolare i bambini e la guerra: bambini sfollati, bambini profughi nei territori del Medioriente, bambini vittima di violenze.
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Libro Bianco dell’Oncologia, la lectio di Delpini di Federica Mancinelli ono state più di 46.000 le persone malate di tumore, provenienti da tutte le regioni italiane, che nel corso del 2017 hanno scelto di curarsi presso il Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma, tra i principali centri italiani specializzati nella cura del cancro, primo nel Lazio: quasi il 5% in più rispetto all’anno 2016. Parla di tutti loro il Libro Bianco dell’Oncologia del Gemelli (alla seconda edizione) presentato lo scorso 25 gennaio. Nell’occasione monsignor Mario Delpini (al centro nella foto con a sinistra Raimondi, Valentini e a destra il rettore Anelli), arcivescovo di Milano e presidente dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori, ha tenuto la lectio dal titolo Padre, sia fatta la tua volontà: per contrastare l’interpretazione pagana delle intenzioni di Dio Padre. Il Libro Bianco dell’Oncologia del Policlinico Gemelli, consultabile dal sito www.policlinicogemelli.it, è un e-book multimediale che descrive tutte le attività nell’ambito della cura e della ricerca contro i tumori sviluppate presso il Gemelli. È un libro elettronico, proprio perché vuole raccogliere filmati, essere facilmente aggiornabile con ogni informazione che verrà messa a disposizione e raccontare storie di pazienti, di sanitari e volontari che si impegnano ogni giorno per dare una risposta esaustiva e accogliente ai pazienti con malattia oncologica. Con riferimento al messaggio di Papa Francesco per la Giornata del malato dell’11 febbraio, il Presidente della Fondazione Policlinico Universitario Ge-
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melli Giovanni Raimondi si è soffermato, nel saluto iniziale, sul richiamo del Pontefice agli ospedali cattolici a vivere l’eredità del passato come aiuto a “progettare il futuro” e a “preservarli dal rischio di aziendalizzazione”, ribadendo l’impegno del Gemelli, «anche di fronte a recenti provvedimenti legislativi, a favore della cura e della tutela della vita in ogni condizione». «Quando si parla di ‘oncologia’ si avverte subito la necessità di doversi relazionare con esigenze molto complesse di uomini, donne, giovani e anziani che sentono minacciata la loro vita e che cercano un aiuto affidabile e accogliente alla loro inquietudine» ha spiegato poi il professor Vincenzo Valentini, direttore del Polo Scienze Oncologiche ed Ematologiche della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli e docente di Radioterapia all’Università Cattolica. «Si deve escludere che Dio sia all’origine del male, perciò non dico ‘sia fatta la tua volon-
tà’ quando mi viene il cancro perché quella non è la sua volontà; nella disgrazia che tortura la persona, la volontà di Dio non è che la persona sia torturata, ma che la persona continui ad amare» ha detto Monsignor Delpini. Tutto concorre al bene, ha affermato infine citando San Paolo, nel senso che “anche nel male è possibile vivere da figli di Dio”. «La dignità e il rispetto della persona sono messi duramente alla prova da malattie così profondamente spersonalizzanti che richiedono ‘uno stare accanto’ non improvvisato, ma scientificamente organizzato e ben strutturato», ha affermato il rettore Franco Anelli sottolineando come «il tema della dignità di fronte al male riporta all’enigma sul senso del male, e non basta curare la patologia se si dimentica che intorno alla malattia c’è una persona nella sua integralità».
Successo al Gemelli: mano bionica dotata di tatto i chiama Almerina Mascarello la prima donna italiana a testare una speciale mano bionica capace di restituire il senso del tatto. A raccontare all’Adnkronos Salute la sua storia, descritta anche dalla Bbc, è Paolo Maria Rossini (nella foto), docente di Neurologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore dell’Area Neuroscienze del Policlinico Universitario Agostino Gemelli, che ha seguito la paziente. «Abbiamo operato, grazie all’intervento del nostro neurochirurgo Eduardo Fernandez, e seguito dal 2009 fino ad ora 5 persone, nel corso della sperimentazione di una mano bionica in grado di restituire il senso del tatto, e Almerina è stata la prima donna, la prima italiana e la prima a indossare l’impianto per sei mesi, anche al di fuori del laboratorio. È andata al ristorante, ha raccolto dei fiori, ha fatto cose normali in situazioni normali», dice Rossini. Un’esperienza incredibile per Almerina Mascarello, che ha perso la mano sinistra in
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un incidente quasi un quarto di secolo fa, e ha commentato alla Bbc: «È quasi come se fosse tornata di nuovo». Il team responsabile dello sviluppo del progetto comprende ingegneri, neuroscienziati, chirurghi, esperti di elettronica e robotica provenienti da Italia, Svizzera e Germania. Sempre, sin
dall’inizio, il gruppo del professor Silvestro Micera (Scuola Normale S. Anna di Pisa e Politecnico Universitario di Losanna) e numerosi giovani ricercatori da varie nazioni europee (incluso il Gemelli e la Cattolica) hanno contribuito in modo formidabile allo sviluppo delle varie componenti del progetto di ricerca. La mano protesica ha dei sensori che rilevano informazioni sulla consistenza di un oggetto. Questi messaggi sono inviati a un computer in uno zaino che converte i segnali in un linguaggio che il cervello è in grado di comprendere. L’informazione viene trasmessa al cervello tramite microscopici elettrodi impiantati nei nervi della parte superiore del braccio. «La sensazione è spontanea – ha raccontato la donna – come se fosse la tua vera mano. Sei finalmente in grado di fare cose che prima erano difficili, come vestirti, indossare scarpe, tutte cose banali ma importanti. Ti senti completo». PRESENZA 1-2, GENNAIO-APRILE 2018
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Per i 30 anni del Centro record di oltre 40 trapianti
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Cambiamento e resilienza: sfide per le organizzazioni di Federica Mancinelli ome le organizzazioni rispondono ai cambiamenti inaspettati e improvvisi? Perché alcune organizzazioni sono più resilienti di altre? Di questi temi si è parlato nel congresso dal titolo The resilient organization: design, change and innovation in the globalized economy, promosso dall’Associazione Italiana di Organizzazione Aziendale (ASSIOA) e ospitato dalla facoltà di Economia della sede di Roma dell’Università Cattolica nei giorni 15 e 16 febbraio scorso, con la partecipazione del Presidente dell’ASSIOA professor Marcello Martinez. «Siamo in un’Università – ha detto il preside della Facoltà di Economia Domenico Bodega nel saluto iniziale - cioè un luogo di confronto e creazione di conoscenza. In questo congresso ciascuno di noi offrirà spunti, stimoli e ricerche particolarmente utili in questa sede di Roma, dove le due facoltà di Medicina ed Economia hanno la finalità comune dell’elaborazione di conoscenze e metodi riguardo all’Healthcare Management, tema nel quale cura e com-
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petenze multidisciplinari assumono grande importanza». «Affronteremo in questi due giorni – ha proseguito il preside Bodega – il concetto polissemico della resilienza, centrale in contesti come quelli contemporanei caratterizzati da variabilità crescente, indeterminatezza nei problemi da affrontare e grandi accelerazioni nei processi». «Obiettivo del congresso – ha spiegato il professor Americo Cicchetti, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi sanitari dell’Ateneo e chairman del congresso - è porre l’attenzione sul modo in cui le organizzazioni gestiscono inaspettati e improvvisi cambiamenti. Nonostante siano molti gli studi su questo tema, ancora poco conosciuti sono i modelli delle strutture organizzative, le competenze e i comportamenti delle persone, le pratiche e i processi che abilitano la resilienza nelle organizzazioni. Alcune organizzazioni hanno dimostrato di essere più sensibili rispetto agli shock, mostrando rigidità ed inerzia agli eventi inaspettati. Altre sono invece più capaci di adattarsi e reagire. Alcune organizzazioni sono persino capa-
a una attività pioneristica del primo trapianto effettuato nel 1987 al record degli oltre 40 trapianti di fegato nell’ultimo anno: in questi numeri si può racchiudere lo sviluppo e il successo dell’attività del Centro Trapianti di Fegato della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, diretto dal professor Salvatore Agnes, che lo scorso 19 dicembre ha celebrato in un convegno i suoi 30 anni di vita, con l’intervento del direttore del Centro Nazionale Trapianti Alessandro Nanni Costa e di Maurizio Valeri, direttore del Centro Regionale Trapianti della Regione Lazio. «L’obiettivo di questo incontro - ha detto Agnes - è di raccontare l’esperienza dei trapianti in Italia e nel Lazio, ma soprattutto i trenta anni di attività del nostro Centro, con tutti i risvolti e gli aspetti umani, clinici, organizzativi, di ricerca anche con le implicazioni etiche e legali e legali connesse alla donazione e al trapianto di organi».
ci di trarre profitto dalla competizione, da nuovi scenari ambientali e cambiamenti delle condizioni». I lavori del congresso, nel quale sono stati presentati oltre 80 lavori e studi sul tema, si sono alternati tra sessioni plenarie parallele. Nella sessione plenaria conclusiva è stato assegnato un premio per il miglior paper per ciascuna tematica affrontata nel convegno, insieme al premio ALTEMS attribuito al miglior lavoro sulle tematiche del management sanitario.
Altems: impatto delle vaccinazioni e nuove tecnologie er ogni euro investito in vaccini in età adulta se ne recuperano in media 2 in termini di gettito fiscale e 16 in termini di maggiore produttività sul lavoro. Ogni euro investito nella vaccinazione ne rende 18 per il sistema economico nazionale. Solo per la vaccinazione antinfluenzale, tra giornate di lavoro che non vengono perse e minore spesa previdenziale, la vaccinazione impatta per 500 euro a persona nell’arco dell’anno. Questi i risultati in pillole del primo studio, denominato Adulti Vac-
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cinati, che adotta l’approccio dell’impatto fiscale (il c.d. “fiscal impact”), in Italia realizzato dall’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi sanitari (Altems) dell’Università Cattolica, presentato lo scorso 21 dicembre al Ministero della Salute. Oggi più che mai è necessario valutare ogni innovazione, sia essa terapeutica o tecnologica, in un’ottica multidimensionale che comprenda tutti gli aspetti ad essa correlati nel breve e lungo periodo: assistenziali, economici, sociali ed etici. Con questo approccio
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è stato realizzato il Report HTA prodotto da Altems, con il sostegno di Roche, dai cui dati emerge con evidenza che le terapie sottocute o “terapie brevi”
consentono di salvaguardare la qualità di vita del paziente e di rendere più efficiente il sistema da un punto di vista organizzativo, economico e sociale. L’adozione di terapie brevi consente di ottenere efficienza organizzativa e operativa dei day hospital, con dimezzamento del tempo impiegato da infermieri e farmacisti, e risparmi economici che si concretizzano in costi sociali evitati pari a oltre 60 milioni di euro complessivi (31,5 milioni di euro in oncoematologia e 30 milioni di euro in oncologia).
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Armuzzi, segretario generale IG-IBD lessandro Armuzzi (nella foto), docente di Patologia Speciale Medica e Semeiotica Medica dell’Università Cattolica e responsabile dell’Unità Operativa Semplice Malattie Infiammatorie Croniche dell’Area di Gastroenterologia della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, è stato eletto segretario generale della
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IG-IBD, il gruppo Italiano per le malattie Infiammatorie Croniche Intestinali, per il biennio 2018-2020. I suoi principali campi di attività sono le malattie infiammatorie croniche dell’apparato digerente, tra cui in particolare la malattia di Crohn. Ricercatore principale in studi clinici internazionali e nazionali, è membro dell’European Crohn’s and Colitis Organisa-
Be Smart! per giovani imprenditori
T tion e della Società Italiana di Gastroenterologia.
Minsk, premiato giovane ricercatore mportante riconoscimento per la miglior ricerca scientifica ad uno specializzando della facoltà di Medicina e chirurgia, Federico Cammertoni, che lo scorso 1 dicembre 2017 ha presentato un lavoro sulla chirurgia mini-invasiva della valvola aortica durante l’incontro Due Paesi, un cuore e non solo, nato dalla collaborazione del Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma e l’omologo Centro
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Universitario di Minsk, in particolare fra il professor Massimo Massetti e il professor Yuri Ostrovsky, direttori dei rispettivi Dipartimenti di Cardiochirurgia. L’approccio della ricerca è
ALTERNANZA SCUOLA LAVORO
anti studenti delle scuole superiori di Roma hanno partecipato a Be Smart! Young Startupper Competition, il nuovo percorso di apprendimento attivo di competenze multidisciplinari con cui la facoltà di Economia – sede di Roma ha dato il via al progetto di Alternanza scuola-lavoro nei primi tre mesi del 2018. I liceali hanno affrontato in aula, con la guida dei docenti della Facoltà, i principali temi dell’economia e del management, declinati attraverso un approccio multidisciplinare, con grande attenzione all’apprendimento delle life skill e alle conoscenze di carattere economico, manageriale, psicologico, storico, sociologico, statistico e tecnico. In particolare gli incontri hanno approfondito i concetti psicologici del rapporto
stato considerato efficace e innovativo poiché si adatta perfettamente ai pazienti sempre più anziani e affetti da multiple malattie, al fine di realizzare una terapia personalizzata “su misura”.
La disabilità sul grande schermo di MediCinema a disabilità non è una scelta, la nostra attitudine sì”: questa espressione è alla base della rassegna cinematografica di sette film, intitolata Vite extra-ordinarie, partita a febbraio presso la Sala MediCinema al Policlinico Gemelli e promossa dal Centro di Ateneo per la Vita dell’Università Cat-
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tolica e dal Centro di Malattie Rare e Difetti congeniti della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli. La rassegna,
che si concluderà nel prossimo mese di maggio, ha in programma la proiezione dei film Inside I’m Dancing di Daniel O’Donnell; Basta guardare il cielo di Peter Chelsom, Qualcosa di buono di George C. Wolfe, Misure straordinarie di Tom Vaughan, Ottavo giorno di Jaco van Dormael e Il mio piede sinistro di Jim Sheridan.
CSS, Bellantone e Scambia confermati occo Bellantone, preside della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica e direttore del Governo Clinico della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, e Giovanni Scambia, docente di Ginecologia e ostetricia dell’Università Cattolica e Direttore Scientifico della Fondazione Poli-
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clinico universitario Gemelli - IRCSS di Roma, sono stati confermati per il prossimo triennio nel nuovo Consiglio Superiore di Sanità, il massimo organo di consulenza tecnico-scientifico del Ministero della Salute, che si è insediato lo scorso 20 dicembre 2017. Ad insediamento avvenuto il professor Bellantone è stato nominato Presidente del-
la I sezione del Consiglio Superiore di Sanità. Il Consiglio Superiore di Sanità è composto da trenta membri di nomina, in carica per tre anni e individuati in base alle loro altissime competenze nelle discipline in cui si articola la sanità pubblica italiana, oltre a ventisei membri di diritto. Tra i trenta componenti di nomina, quattordici sono donne.
tra idea imprenditoriale e creatività, del pensiero razionale e laterale; i temi storici dell’impresa italiana protagonista dello sviluppo economico e le nuove forme di organizzazione imprenditoriale; i temi economico-finanziari di budgeting e le modalità di finanziamento di un progetto imprenditoriale; i temi della gestione delle risorse umane con un focus sulle “competenze trasversali” (leadership, team building, problem solving) e infine il piano di marketing, anche digital, per un’efficace strategia di comunicazione. Le conoscenze acquisite e le esperienze sviluppate durante le 60 ore di attività hanno permesso agli studenti di mettere in gioco la propria apertura mentale e il proprio spirito imprenditoriale attraverso lavori di gruppo finalizzati alla progettazione di una Start-Up. Il percorso didattico ed esperienziale ha previsto una parte di formazione in aula comune e una parte in cui gli studenti hanno in gruppi di progetto, finalizzati allo sviluppo di obiettivi, compiti e attività di volta in volta definiti con i docenti che hanno portato gli studenti, accompagnati da tutor dedicati, a pianificare e presentare la loro Business Idea. PRESENZA 1-2, GENNAIO-APRILE 2018
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Cattolica 2, tra due anni la nuova sede
entinove aule, sedici laboratori di fisica ed informatica, due sale per le tesi e altre quattro adibite allo studio. E ancora, 55 studi per i docenti, 9 sale riunioni, una mensa con oltre 175 posti, bar, uffici, una palestra, un campetto da calcio e 10mila metri quadri di verde. È stata anche individuata, d’intesa con mons. Claudio Giuliodori, l’ubicazione di una Cappella nella zona d’ingresso. Sono i numeri di Cattolica 2, la nuova sede dell’Università Cattolica di Brescia, che verrà realizzata nel giro di un paio d’anni a Mompiano, nella zona nord della città. L’atteso annuncio dell’imminente riqualificazione degli edifici dell’ex Seminario diocesano acquisito nel 2007 dalla Diocesi è stato dato ufficialmente dal rettore Franco Anelli in occasione del Dies Academicus, martedì 13 marzo. A rendere il progetto del Campus ancora più puntuale, è anche la crescita costante delle immatricolazioni – che ha registrato quest’anno un + 6% - e l’esigenza di ampliare l’offerta formativa per rispondere alle esigenze di un mercato del lavoro inserito in un contesto sempre più globale. A breve, infatti, la facoltà di Scienze politiche e sociali avvierà un nuovo corso di laurea magistrale in Gestione del lavoro e comunicazione per le organizzazioni – curriculum in Gestione delle Organizzazioni nei sistemi globali (GEOR), a completamento del percorso triennale già attivo. Il nuovo corso avrà l’obiettivo di fornire gli strumenti cognitivi e le competenze disciplinari necessarie alla gestione dei processi, oggi profondamene rinnovati sullo sfondo di un mercato globale, che caratterizzano la vita di organizzazioni e imprese che, pur essendo inserite in sistemi locali e nazionali, devono interfacciarsi con i processi derivati dall’internazionalizzazione. Il Rettore è poi passato a svolgere
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un’appassionata riflessione sull’“utilità”, ovvero sulla funzione dell’università oggi. «L’università è sempre stata la soglia d’accesso alla classe dirigente, ma ora si è realizzata una svolta antropologica che attiene al ruolo della conoscenza e dei detentori di essa nella società». Anelli cita la nuova Costituzione Apostolica Veritatis Gaudium in cui Papa Francesco, riferendosi all’insegnamento della teologia, parla della necessità di un dialogo tra questa e le scienze laiche; e insieme di leadership che indichino strade con spirito di servizio. Come dire che «la classe dirigente che le università non possono rinunciare a formare non è la classe dei potenti ma quella di coloro che possiedono gli strumenti culturali per affrontare i problemi». Dopo la prolusione del Rettore, ha preso la parola il nuovo vescovo di Brescia Pierantonio Tremolada, che ad inizio mattinata aveva presieduto la celebrazione eucaristica. «Ci vuole speranza. Le nuove
sfide ci fanno sentire impreparati eppure sono fondamentali, e il pensiero, accompagnato da un lettura riflessiva della realtà, ci deve aiutare a trovare la speranza», ha auspicato monsignor Tremolada. È toccato al preside della facoltà di Scienze politiche e sociali, Guido Merzoni (nella foto), pronunciare la lectio dal titolo Orientarsi nel cambiamento d’epoca: scenari globali, sfide e opportunità per lo sviluppo. Una suggestiva relazione che espone alcune dimensioni critiche del cambiamento in atto: dall’incremento della disuguaglianza economica alla crisi dei sistemi politici delle democrazie rappresentative fino alla destrutturazione delle relazioni sociali tradizionali. Un’attenzione al territorio e al suo tessuto imprenditoriale è emersa anche dalle parole del sindaco Emilio del Bono «Da sempre il ruolo e il contributo della Cattolica alla città sono di enorme importanza. Nelle aule della Cattolica si formano i professionisti e i cittadini del domani. La funzione pedagogica di questa antica istituzione è imprescindibile: forte della tradizione che rappresenta e, al contempo, in grado di dare costante dimostrazione della capacità d’innovazione e di vivacità della sua proposta» ha sottolineato il primo cittadino. Tra le novità di prestigio che hanno scandito la giornata del Dies Academicus anche l’annuncio delle prima cattedra Unesco assegnata alla Cattolica, in particolare proprio alla sede di Brescia, e dedicata a L’educazione per lo sviluppo integrale dell’uomo e per lo sviluppo solidale dei popoli. Nata dalle sollecitazioni dell’Enciclica Populorum Progressio di Paolo VI e dalla tradizione d’impegno negli ambiti dell’educazione e della cooperazione internazionale che caratterizza il territorio bresciano, essa perseguirà gli obiettivi indicati dal World Education Forum.
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Garda, la forza della narrazione a capacità attrattiva esercitata da un territorio è strettamente correlata alla narrazione che ne viene fatta, e lo sguardo di chi la racconta è quindi un mediatore fondamentale. Il convegno Il Garda e il turismo lacuale: tradizione e sviluppo ha ripercorso la relazione strettissima che, dall’epoca preromantica sino ai giorni nostri, lega il turismo gardesano all’immagine dei luoghi restituita dalla cronache di viaggiatori e intellettuali. Dalla prima guida turistica dedicata ai laghi, anglofona e pubblicata nel 1810, al fenomeno dei blog digitali «Oggi più che mai ha ancora senso parlare di narrazione e letteratura dei luoghi». Lo ha spiegato Arturo Cattaneo – direttore del CEntro di ricerca sulla cultura e Narrazione del Viaggio (Cenvi) dell’Università Cattolica – introdotto dai saluti del prorettore Mario Taccolini. «Pensiamo al fenomeno dei blog, degli influencers e dei social media: si tratta di narrazioni odierne estremamente funzionali alla diffusione della conoscenza dei luoghi, e al conseguente sviluppo del turismo. I turisti di oggi? Sono i discendenti diretti di quell’élite sociale e culturale europea dedicata alla pratica sette-ottocentesca del grand tour. Tra i personaggi più illustri vi furono Stendhal, Goethe e D.H. Lawrence… oggi, dei 24mila turisti registrati ogni anno, oltre il 70% sono stranieri provenienti dal nord Europa» ha concluso Cattaneo. Sempre a proposito di numeri, ma non solo, l’intervento del presidente del Touring club ita-
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Disfide matematiche, Leonardo primo
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liano Franco Iseppi si è concentrato sulle criticità presenti e sulle prospettive di sviluppo. «Con 7,4 milioni di visitatori (di cui il 56% concentrati nei mesi da giugno ad agosto) quello lacuale rappresenta il 6% del turismo italiano totale. Numeri non imponenti, ma certamente interessanti» ha precisato Iseppi. Il Garda è infatti all’8° posto nella classifica delle mete più attrattive del Paese, ma al 1° tra quelle più internazionali (con l’80% di turisti stranieri rispetto al 60% delle città d’arte). Quali dunque le strategie da mettere in atto per un corretto e proficuo sviluppo del settore? Iseppi risponde: «Occorre prestare attenzione alla questione ambientale e della qualità delle acque, preservare il paesaggio, favorire il riuso edilizio rispetto alla cementificazione. Il futuro del turismo avrà inoltre una componente asiatica molto forte; occorre quindi pensare ad una proposta culturale specifica».
InnexHub Industria 4.0 i chiama InnexHub (Innovation Experience Hub) ed è una piattaforma digitale per l’economia 4.0 costituita dalle Associazioni confindustriali di Brescia (Aib), Mantova e Cremona assieme all’Associazione Artigiani di Brescia e Provincia e a Confartigianato Imprese Brescia e Lombardia Orientale. Lo scopo? Far conoscere alle imprese le opportunità derivate della trasformazione digitale, accompagnandole nel percorso che dovranno affrontare per ridisegnare le proprie catene del valore. Anche l’Università Cattolica, dopo una specifica delibera presa a dicembre dal Direttivo del Consiglio di Amministrazione, ha aderito come socio onorario, assieme all’Università degli Studi di Brescia, a questa importante piattaforma del
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digitale. Un hub che, concretamente, si propone di informare per creare consapevolezza, fornire consulenza strategico organizzativa e tecnologica, agevolare l’accesso al credito e agli incentivi fiscali e finanziari, seguire le imprese nel percorso di formazione continua delle proprie risorse umane. Il compito di coordinare l’adesione e la partecipazione dell’Ateneo alle attività di InnexHub è stato assunto dall’Osservatorio per il Territorio: impresa, formazione, internazionalizzazione (OpTer), costituito lo scorso anno nella sede di Brescia con il compito di promuovere in modo sistematico e strategico la collaborazione dell’Ateneo con le molteplici imprese profit e no-profit del territorio bresciano. «Le imprese bresciane – come affermato dal professor
Giovanni Marseguerra, docente di Economia politica nella facoltà di Scienze politiche e sociali e direttore di OpTer - rappresentano modelli qualificati di imprenditorialità dinamica e responsabile, in grado di cogliere le potenzialità offerte dalle trasformazioni su scala globale, ma senza dimenticare i valori identitari della comunità». Nel contesto dei grandi e profondi cambiamenti che caratterizzano la nostra epoca, il sistema produttivo della Leonessa è infatti in prima linea, tanto che il manifatturiero digitale ha in Brescia una delle sue frontiere più avanzate. «Il territorio bresciano, tra le venti province più industrializzate d’Europa, è dunque oggi il terreno ideale per seminare innovazione e creare valore» ha concluso Marseguerra.
rimo il Leonardo, secondo il Calini, terzo il Golgi di Breno, per la seconda edizione della Disfida matematica femminile. E ancora Leonardo al primo posto, ma seconda e terza posizione invertite, per la quattordicesima edizione della Disfida Matematica tradizionale. Ecco le squadre bresciane che si sono conquistate un posto di diritto alla finale delle prossime Olimpiadi di matematica, in programma a Cesenatico per il mese di Maggio.
Quest’anno la Disfida “in rosa” è stata dedicata a Maryam Mirzakhani: la prima vincitrice, dopo 55 uomini, di una medaglia Fields, equivalente a un premio Nobel per matematici. Entrambe le competizioni a squadre sono state organizzate con il contributo del Ministero dell’Università e della Ricerca, del Seminario Matematico di Brescia ed il Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università Cattolica “Niccolò Tartaglia”. 11 le squadre partecipanti alla gara femminile, per un totale di 77 studentesse provenienti dai licei e dagli istituti superiori della città e della provincia bresciana; mentre alle Disfida mista hanno partecipato complessivamente 245 ragazzi e ragazze delle scuole superiori, suddivisi in 35 squadre provenienti da tutta la Lombardia e dal Veneto.
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L’Alternanza come esperimento alternanza-scuola lavoro è un modo per sperimentare il mondo del lavoro. Sia pure per un breve periodo e nell’alveo della didattica. Per un gruppo di studenti del Liceo classico Cesare Arici di Brescia l’esperienza si è trasformata in esperimento. Nel vero senso della parola, visto che alcuni ragazzi in alternanza-scuola lavoro all’Università Cattolica sono stati ospiti dei laboratori di Fisica del campus di Brescia. Sotto la guida degli universitari, gli “ariciani” hanno compreso e visto con i loro occhi la natura di alcuni importanti esperimenti che nel corso del tempo hanno consentito grandi passi in avanti nello studio della propagazione delle onde.
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Le nuove sfide del family business
L Accanto al lavoro sperimentale nei laboratori di fisica, a un altro gruppo di studenti è toccato il compito di documentarlo. Mentre i primi si occupavano di comprendere e replicare gli esperimenti di Huygens e di Young, agli altri è stato chiesto di produrre un video in cui mostrare tutte le fasi teoriche e pratiche dello studio dei fenomeni luminosi. Niente di scontato o di banale: sotto la guida di
due studenti dello Stars, Valeria Messi e Luca Sorsoli, gli studenti si sono preparati affrontando diversi aspetti della filmografia di importanti registi come Alfred Hitchcock, Clint Eastwood, Martin Scorsese e Quentin Tarantino, per capire, attraverso alcune scene dei loro capolavori, i concetti di inquadratura, di scena e di montaggio, che sono serviti per riprendere i compagni in laboratorio.
e imprese di famiglia rappresentano da tempo una delle aree più studiate in ambito economico e giuridico, ma da qualche anno destano l’interesse anche della psicologia, perché rappresentano un fenomeno particolare di convivenza che talvolta genera un incontro/scontro potenzialmente molto pericoloso per la sopravvivenza dell’organizzazione. Le imprese di famiglia sono predominanti nel tessuto industriale italiano, con percentuali che si attestano intorno al 85% sul totale di imprese e dipendenti. Eppure solo il 20% delle queste arriva alla terza generazione, mentre per il 30% delle aziende il processo di ricambio generazionale
Industria 4.0, Brescia guarda a nord e università devono insegnare agli studenti a saper pensare, e le imprese a saper fare, per questo occorre costruire reti che parlino tra loro». La sfida lanciata dal professor Giovanni Marseguerra è stata raccolta dal presidente degli industriali bresciani Giuseppe Pasini, alla guida del gruppo Feralpi, tra i leader europei nella produzione di acciaio con 2.100 dipendenti. La sfida della
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digitalizzazione, infatti, si vince insieme. Questo il messaggio emerso dal seminario Il sistema produttivo bresciano e le sfide della trasformazione digitale promosso dall’Osservatorio per il Territorio: impresa, formazione, internazionalizzazione nella sede di via Musei. All’incontro, moderato dal direttore del Giornale di Brescia Nunzia Vallini, è intervenuto anche il presidente del Comitato scientifico strategico di
AlmaLaurea Gilberto Antonelli. Investire nella trasformazione digitale sarà fondamentale: «se l’Impresa 4.0 ha promosso una forte innovazione nei macchinari, ora serve il passo ulteriore, quello delle competenze» ha affermato Marseguerra. «Bisogna creare un canale privilegiato tra sistema produttivo e mondo della ricerca e dell’università, per traghettare le imprese verso lo sviluppo tecnologico».
Teatro, è Serena l’attrice dell’anno erena Balivo è la migliore nuova attrice del 2017 per la giuria del Premio Ubu. Laureata alla facoltà di Lettere e filosofia, presso il corso di Scienze e tecnologie delle Arti e dello Spettacolo (Stars) della sede di Brescia, Balivo si è aggiudicata il riconoscimento fondato nel 1979 dal critico, saggista e traduttore Franco Quadri.
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I Premi Ubu - tra i più prestigiosi riconoscimenti italiani, assegnati ogni anno alla migliore regia e sceneggiatura, ai migliori spettacoli e ai migliori attori - costituiscono ormai un punto di riferimento per tutti coloro che si interessano di teatro. A Serena è andato ex aequo il premio come nuova attrice o performer under 35, che ha ritirato lo scorso dicembre.
coincide con la fine della realtà aziendale. A questo tipo di imprese è stato dedicato il seminario Il Family Business: le caratteristiche della convivenza generazionale di impresa in cui è stata esposta un’indagine effettuata intervistando le generazioni coinvolte, all’interno di aziende italiane, con un approccio di ricerca dialogica. Introdotto dalla professoressa Elena Marta, il seminario è stato coordinato da Maura Pozzi e Silvio Carlo Ripamonti, docenti di Psicologia Sociale e del Lavoro e delle Organizzazioni nelle sedi di Brescia e Milano, che hanno illustrato la ricerca frutto di una lunga analisi di aziende famigliari. Al workshop sono intervenuti anche tre imprenditori: Paolo Streparava, Ceo del Gruppo Streparava e Sofia Gioia Vedani, Ceo di Planetaria Hotels che – coordinati da Alberto Albertini, docente presso la facoltà di Scienze linguistiche della Cattolica – hanno testimoniato esempi virtuosi di convivenza e passaggio generazionale, anche in una prospettiva di diversificazione, di sviluppo e di rinnovamento, fattori chiave per la sopravvivenza di qualsiasi azienda.
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Dies Academicus: più spazi alla didattica e la lectio sull’innovazione di Dallara n nuovo master di secondo livello in Motorsport business da realizzare in collaborazione con la Dallara Automobili Spa, l’Università di Parma e un ampliamento degli spazi riservati alla didattica e ai servizi per gli studenti. Sono queste le novità al centro del Dies Academicus del campus piacentino che si è svolto lo scorso 19 marzo e che ha ospitato la lectio Il sogno della velocità nell’Appennino Slow. Identità territoriale e competizione globale tenuta da Giampaolo Dallara, presidente Dallara Automobili SpA. La cerimonia - che si è aperta con la celebrazione eucaristica nella piazzetta della facoltà di Economia e Giurisprudenza, presieduta dal vescovo della diocesi di Piacenza-Bobbio monsignor Gianni Ambrosio – è stata introdotta dal discorso del rettore Franco Anelli e dai saluti delle autorità Francesco Rolleri, Presidente dell’Epis e dell’Amministrazione Provinciale e Patrizia Barbieri, sindaco di Piacenza. Durante il suo discorso introduttivo il Rettore ha annunciato: «stiamo esaminando dei progetti per dotare la sede piacentina di maggiori spazi per la didattica; alla luce della crescita delle immatricolazioni dobbiamo riflettere attentamente sul tipo di interventi da fare. Entro la fine
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dell’anno – ha aggiunto – saremo in grado di definire bene il progetto e capire dunque se prevedere anche un incremento di spazi destinati agli studenti». Il rettore Anelli ha inoltro osservato come la presenza di Gianpaolo Dallara non sia stata casuale: «L’intervento di Dallara rappresenta il simbolico avvio di un percorso di collaborazione che vedrà interagire la sua azienda con il nostro Ateneo e l’Università di Parma. L’obiettivo è quello di creare, il prossimo anno accademico, un nuovo Master di secondo livello in Motorsport Business; percorso della facoltà di Economia e Giurisprudenza che prevede la possibilità di svolgere alcuni seminari nella sede della Dallara Automobili a Verano de’ Melegari e che intende formare persone che possano contribuire alla crescita di un comparto produttivo sul quale la regione Emilia Romagna sta facendo importanti investimenti». Nel corso della sua lezione Gianpaolo Dallara ha invece coinvolto gli studenti presenti in sala ripercorrendo il cammino della sua industria, dalla fondazione (dopo le esperienze in Ferrari, Maserati e Lamborghini con la mitica Miura), ai giorni nostri. Dallara oggi costruisce in parte per il proprio marchio (Formula 2 e 3) e per altri prestigiosi marchi, con consulenze
e costruzione di componenti. «Il computer ha rivoluzionato la potenza mentale dell’uomo, quindi Internet ha quadruplicato le velocità dei processi produttivi » ha detto Dallara sottolineando che «la guida autonoma è il futuro; oggi il controllo della sicurezza è un vero e proprio strumento di marketing. È giusto puntare su un mondo più pulito ma per questo dobbiamo aiutare noi i paesi in via di sviluppo se vogliamo che producano energie rinnovabili». In fine rivolgendosi agli studenti ha fatto presente che «c’è una generazione brava ad imparare, con un sistema universitario che funziona. Saranno loro i protagonisti della ripresa del nostro paese. Devono essere pronti alle sfide, supportati dai loro insegnanti».
Verso una nuova sede per il campus cremonese el pomeriggio di lunedì 19 marzo il campus di Cremona dell’Università Cattolica ha celebrato il Dies Academicus, il tradizionale momento di incontro della comunità universitaria con i rappresentanti della realtà locale e gli studenti. In Aula Magna la cerimonia è stata aperta dal discorso introduttivo del rettore Franco Anelli e dai saluti del sindaco di Cremona Gianluca Galimberti, dal presidente della Provincia Davide Viola e dal presidente della Camera di Commercio Gian Domenico Auricchio. Ospite della giornata Nicola Cesare Baldrighi, presidente del consorzio per la Tutela dl Formaggio Grana Padano. Nel suo saluto introduttivo il Rettore ha anzitutto ricordato il dialogo costruttivo tra
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l’Ateneo e le realtà locali e ha annunciato l’inizio dei lavori della nuova sede Cremonese che avrà sede presso l’ex Monastero di Santa Monica. Il progetto è stato possibile grazie alla Fondazione Giovanni Arvedi e Luciana Buschini e – stando alle previsioni – la nuova sede sarà agibile dalprossimo 2020. «Perché le cose accadano ci vuole un luo-
go. Questo luogo è oggi il campus che troverà spazio nell’ex convento di Santa Monica, un luogo in cui fare formazione ad alto livello in cui la prospettiva è quella di attivare corsi che vivano in stretta connessione con il territorio» ha osservato il Rettore. Le strategie sostenibili del Grana Padano DOP è stato il tema al centro della lectio tenuta dal
presidente del Consorzio per la tutela del formaggio Grana Padano, Nicola Cesare Baldrighi che ha fatto presente come «Il Consorzio, seguendo la propria filosofia e le sue funzioni di tutela, salvaguardia, valorizzazione, informazione del consumatore, ha commissionato importanti ricerche scientifiche sul tema della sostenibilità al fine di ribadire la nostra attenzione alla zona di produzione del formaggio italiano DOP più consumato al mondo». La giornata si è conclusa con la cerimonia di consegna dei diplomi ai laureati del 2017 dei corsi di laurea triennale in Scienze e tecnologie alimentari, in Economia Aziendale e della laurea Magistrale in Management agro-alimentaree e in Agricultural and food economics.
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GenerAZIONEcreativa, la scuola vicina al mondo del lavoro lla Camera di Commercio di Cremona si è concluso il contest sull’innovazione GenerAZIONE creativa ideato e promosso lo scorso anno dalle facoltà di Economia e Giurisprudenza e da quella di Scienze Agrarie, alimentari e ambientali della sede Cremonese dell’Università Cattolica con il sostegno di Credito Padano. Circa 240 studenti di quarta e di quinta superiore del territorio cremonese hanno partecipato all’iniziativa: Il contest ha rappresentato il momento conclusivo di un percorso di formazione sul tema dell’innovazione e creazione di impresa proposto alle scuole del cremonese dall’Università Cattolica, grazie al quale gli studenti hanno potuto imparare a sviluppare e presentare un progetto d’impresa. Attraverso i 120 secondi di spot e una presentazione in Power Point i giovani cremonesi hanno sintetizzato le idee sviluppate in due diverse categorie: Area agri-food e green e Area non agri-food. Dieci le squadre che il 23 febbraio si sono sfidate, il verdetto è stato emesso dalla giuria presieduta da Francesca Romagnoli (Camera di commercio) e composta da Roberto Baioni (Credito Padano), Massimo Rivoltini (Confartigianato) Antonio Pisacane (Asvicom) Daniele Romani (Confesercenti), Marco Trevisan (preside della facoltà di Scienze Agrarie, alimentari e ambientali) e Francesco Bosisio (Assoindustriali). Una giuria di giornalisti ed esperti di video maker hanno valutato anche i video presentati: i migliori da un punto di vista tecnico e per l’originalità ed efficacia nel comunicare l’idea di business. Grazie al contributo di Credito Padano i
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Addio al professor Luigi Calamari
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tre gruppi vincitori hanno ricevuto un premio: il primo gruppo classificato un buono da 500 euro per la scuola, il secondo e il terzo classificato un buono da 250 euro. Inoltre, tutti i componenti dei tre gruppi classificati nelle prime tre posizioni hanno ricevuto un voucher vacanza per due persone. Il progetto Warm rope (un accappatoio riscaldabile) ideato da dagli studenti dell’Istituto Pacioli si è aggiudicato il podio. A ruota il progetto Lost (sistema informatico per la localizzazione di oggetti) degli studenti Alaseo del Pacioli ed infine Efood (app che permette di ideare ricette) degli studenti dell’Istituto Toriani. I coordinatori dell’iniziativa, i professori della Cattolica Fabio Antoldi e Marco Trevisan, sono rimasti colpiti dalla grande capacità che i ragazzi hanno mostrato nello svolgere le sfide proposte. «Grazie alla collaborazione del Credito Padano e del mondo produttivo, questa iniziativa permette di seminare tra i ragazzi quello spirito imprenditoriale che è stato tipico del secondo dopoguerra e degli anni del boom economico» ha detto il professor Antoldi sottolineando come, se nuovamente praticato, tale spirito potrebbe «contribuire alla ripresa dell’economia anche nei nostri territori».
“Siamo qui, siamo vivi” evento per la Giornata della Memoria iamo qui, siamo vivi! La voce dei salvati dalla Shoah è il titolo del l’appuntamento di Let’s book per la Giornata della Memoria. Organizzato dall’ufficio comunicazione del campus piacentino insieme alla facoltà di Scienze della Formazione, l’incontro ha tratto il titolo dalla pubblicazione del diario inedito di Alfredo Sarano che, dopo le leggi razziali del 1938, ebbe l’intuizione di nascondere le liste della comunità ebraica milanese, mettendo in salvo così molte famiglie dai rastrellamenti, e fu salvato a sua volta, con la moglie e le figlie, grazie al coraggio e alla generosità di famiglie non ebree. All’incontro, che si è svolto lo scorso 25 gennaio, ha preso parte Roberto Mazzoli, curatore del diario, oltre ai docenti della Facoltà Daniele Bardelli, Pierantonio Frare. Sono intervenuti inoltre la psicologa Caterina Frustagli e Alberto Gromi che ha letto alcuni passi del diario.
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Anche lo scorso anno, in occasione del Giorno della memoria, si era tenuto in Università un evento con la partecipazione delle scuole secondarie della città: «L’idea su cui ci eravamo concentrati - spiega Daniele Bruzzone, docente di Pedagogia generale e organizzatore dell’iniziativa - era quella della resilienza e della speranza, non solo nella deportazione, ma in generale nelle situazioni estreme della vita. A questo scopo, avevamo incentrato il seminario sulla testimonianza di Viktor Frankl, lo psicologo sopravvissuto ai campi di concentramento, e sulle narrazioni dei bambini che sono cresciuti in quegli anni così tragici. In continuità con questa ispirazione, quest’anno abbiamo deciso di ricordare coloro che sono scampati alla persecuzione nazifascista, grazie all’aiuto segreto di anonimi benefattori che hanno consentito a molti di salvarsi».
opo breve malattia, lo scorso 15 febbraio è deceduto il professor Luigi Calamari. Laureatosi in Scienze Agrarie all’Università Cattolica di Piacenza nel 1978, ha percorso la sua carriera scientifica e accademica presso l’Istituto di Zootecnica del medesimo ateneo sotto la guida dei professori Vittorio Cappa e Giuseppe Bertoni. Associato di Zootecnica Speciale, il professor Calamari ha offerto un importante contributo personale all’attività universitaria che si è concretizzato, oltre che nell’attività di docenza e di ricerca, anche nell’attiva partecipazione al riordino dell’attività didattica della facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali. I suoi studi hanno riguardato da sempre gli aspetti più innovativi della zootecnia da latte, il benessere animale, e la gestione della mandria attraverso tecnologie all’avanguardia. Grande esperto di informatica, ha sviluppato un software per l’alimentazione zootecnica, applicativo utilizzato da tecnici alimentaristici in tutta Italia. Ricercatore scrupoloso e prolifico, come testimoniano le numerose pubblicazioni scientifiche su riviste di rilevanza nazionale e internazionale, è stato membro attivo di numerose commissioni di studio dell’Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali e dell’Editorial board della rivista Italian Journal of Animal Science.
Anche in questo caso, il collegamento con il presente è stato evidente: accanto alle riflessioni dei relatori, infatti, sono intervenuti due ragazzi, provenienti dalla Siria e dalla Costa D’Avorio, che sono dovuti fuggire dai loro Paesi e sono stati in qualche modo “salvati” a loro volta da chi li ha accolti. «Se il Giorno della Memoria, stavolta, riuscirà a ricordarci che solo nella solidarietà v’è salvezza dal male e dall’ingiustizia, allora il nostro obiettivo sarà raggiunto» conclude il professor Bruzzone.
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Dopo Masterchef un futuro tra cucina e scienza a partecipazione a Masterchef, il programma televisivo dedicato alla cucina più famoso di tutti i palinsesti, è nata quasi per gioco per Francesco Rozza, studente del corso di laurea in Scienze e tecnologie alimentari della sede di Cremona, ma soprattutto ha confermato la sua idea di costruirsi un futuro in cucina, forte delle competenze acquisite nei suoi studi universitari. La passione per la scienza, legata all’alimentazione e al cibo, per Rozza è nata quando ha deciso di accostarsi al lavoro di suo padre, analizzare prodotti alimentari, in particolare lattiero-caseari. La passione per
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il cucinare, invece, risale ad anni più recenti, quando ha deciso di seguire una dieta che lo ha aiutato a perdere peso. Ma soprattutto gli studi universitari in Cattolica gli hanno fatto avere un quadro a 360° degli alimenti, tanto che proseguirà gli studi anche con la laurea magistrale. La sua aspirazione - dopo aver concluso l’esperienza inaspettata a Masterchef – sarebbe di diventare uno chef/tecnologo, una figura professionale che non esiste ancora. Francesco Rozza vorrebbe infatti creare un connubio tra cucina e scienza, tra cibo, nutrizione e tecnologie. «Il mio futuro lo vedo tra fuochi, padelle, roner, ro-
tavapor, cibo e molto altro. Sono consapevole di essere ancora uno studente» dice Francesco che racconta come questa sua duplice veste di chef e di studente sia per lui « molto formativa sia perché riesco a dare un valore al tempo, alle azioni quotidiane e ai sacrifici dei miei genitori, sia per il mio bagaglio culturale e professionale».
Cattolica nel dare impulso allo studio del giuridico-alimentare, oggi di grande utilità al settore produttivo del territorio di Piacenza. Al termine del seminario, a cui ha partecipato Ferdinando Albisinni (nella foto), avvocato e docente di Diritto agrario all’Università della Tuscia di Viterbo, è stata consegnata alla studentessa Giorgia Favro una borsa di studio in memoria dell’Avv. Giuseppe Gardi.
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L’impresa femminile, esperienze e prospettive a presenza delle donne nell’attività economica, in particolare nell’impresa, è oggetto di studi che sono cresciuti negli ultimi decenni. Per riflettere sulla presenza delle donne negli assetti proprietari e di governance delle imprese in Italia, la facoltà di Economia e Giurisprudenza dell’Università Cattolica
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di Piacenza ha organizzato un ciclo di tre incontri, che hanno preso il via lo scorso 8 marzo con Maria Claudia Torlasco, presidente nazionale di Aidda, l’associazione di imprenditrici e donne dirigenti di azienda. Il secondo incontro ha visto come relatrice Giovanna Quattrini di Helid srl, mentre il ciclo si è concluso con Maria Angela Spezia
Una trappola spia contro la cimice asiatica
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Diritto e sicurezza agroalimentare ibo e regole europee che tutelano individui, animali e piante lungo tutta la filiera agroalimentare, dai campi alla tavola, è stato il tema al centro di un incontro promosso dal dipartimento di Giurisprudenza intitolato Il Diritto agroalimentare europeo dalla filiera al ciclo della vita. La tematica discussa testimonia l’impegno del Dipartimento di Scienze giuridiche della
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di Eco Packaging srl. Con questa iniziativa si è voluto focalizzare l’attenzione su come si caratterizza e come sta cambiando la presenza delle donne negli assetti istituzionali, di governance ed organizzativi dei diversi tipi di aziende nonché quali sono i fattori che incidono sulla presenza delle donne nelle imprese.
l progetto Bad Bugs Hunters, targato Università Cattolica, si è aggiudicato il secondo posto dell’Hackathon, la maratona digitale organizzata da Sartec dedicata a lanciare sistemi innovativi di agricoltura di precisione. Cinque studenti della laurea magistrale in Scienze e tecnologie agrarie si sono messi in gioco e tre di loro, Federico Regonati, Francesca Grisafi e Davide Roncali, in team con due ingegneri e un tecnico di Sartec, sono saliti sul podio dei vincitori. Il progetto vincente riguarda la lotta contro Halyomorpha Halys, la cimice asiatica, un insetto che ultimamente sta causando gravi danni in ambito agricolo e non solo. Gli studenti hanno proposto un progetto che prevede una rete di “smart bug traps” georeferenziate disposte sul territorio e stazioni meteo; le trappole inviano i dati al software DSS che, dopo averli elaborati, li traduce in informazioni che, in tempo reale, tramite una app, sono inviate agli agricoltori. Le informazioni fornite riguardano la presenza di insetti, la criticità dell’attacco e la geolocalizzazione dei punti critici sul territorio. Un sistema di supporto alle decisioni dell’agricoltore, che potrà sapere in tempo reale dove si stanno diffondendo le cimici e intervenire con tempestività e precisione. Ad accompagnare gli studenti all’Hackathon i professori Stefano Poni e Matteo Gatti.
Tutti attenti all’Orco glifosato
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appuntamento di Let’s book Orco glifosato. Storia di lobby, denaro, cancri e avvocati, coordinato dal preside Marco Trevisan della facoltà di Scienze agrarie alimentari e ambientali e svoltosi lo scorso 9 marzo, ha visto come protagonista l’erbicida più utilizzato al mondo: il glifosate. L’obiettivo dell’incontro è stato quello di spiegare perché si usa e a cosa serve questa molecola. Con il supporto del divulgatore scientifico Donatello Sandroni, autore del libro che dà il titolo all’evento, si è cercato di rispondere alle domande più sensibili per la gente comune e cioè: quanto glifosate finisce nei nostri piatti e se davvero è così tossico e cancerogeno come si dice. Nel suo libro Sandroni ripercorre le tappe salienti della vicenda, ricca di contrapposizioni fra Agenzie e Istituzioni pubbliche di portata globale, e cerca di fornire una lettura fruibile per un’opinione pubblica lasciata in balia di molteplici fake news. PRESENZA 1-2, GENNAIO-APRILE 2018
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Lavorare in Università: un’occasione di crescita di Linda Poncetta oinvolgere gli studenti in esperienze lavorative è per EDUCatt un’occasione importante non solo per offrire un’ulteriore opportunità di agevolazione economica, ma anche nell’ottica di una partecipazione al percorso formativo e di orientamento al lavoro dei giovani. Sono stati coinvolti nell’erogazione dei servizi più di 130 studenti solo nel 2016, quasi 150 nel 2017, in un sistema che negli anni ha dato risultati molto positivi non solo per la Fondazione, che si avvale così della competenza di numerosi giovani, ma anche per gli studenti interessati, alle prese con le prime esperienze lavorative, importanti per sviluppare competenze professionali da impiegare poi in altri contesti. I settori di impiego sono numerosi e in molti casi affini ai diversi percorsi di studio: dal servizio di distribuzione libraria ed editoriale, alle agevolazioni economiche, dalla ristorazione alle attività relative ai progetti europei. Tra le formule innovative pensate per conciliare studio e lavoro la più originale è senza dubbio lo Student Work, primo caso in Italia di un vero e proprio contratto di lavoro a tempo determinato riservato agli studenti e pensato con modalità tali da non compromettere il tempo da dedicare allo studio e alla frequentazione dei corsi ac-
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cademici. Si configura come un’esperienza lavorativa autentica, all’interno di una realtà strutturata e con l’affiancamento del personale specializzato, che vuole contribuire alla formazione e al curriculum professionale del giovane. Un’altra delle declinazioni possibili della permeabilità della Fondazione agli studenti riguarda l’offerta rivolta ai ragazzi delle scuole superiori di secondo grado attraverso la modalità dell’Alternanza scuola-lavoro, che, così come previsto dalla legislazione vigente, è divenuta in tutti gli istituti italiani il primo contatto tra il mondo dell’istruzione e quello del lavoro. Nell’ottica di un supporto all’orientamento, l’obiettivo di questa attività è per i giovani quello di testare le proprie attitudini, misurarsi con un’esperienza concreta per maturare maggiori consapevolezze sul proprio futuro di studio e professionale. EDUCatt si attiva ogni anno per ospitare fino a 60 studenti con formule standardizzate ma altamente personalizzabili sulla base dell’impegno richiesto e delle specificità del singolo: ciascuno studente viene accolto e inserito consapevolmente all’interno dell’azienda, accompagnato in ogni fase dell’esperienza lavorativa, per un momento di accrescimento umano e professionale che sia qualitativamente significativo.
Performing Arts e oratoria per studenti di Giada Meloni
a diversi anni EDUCatt promuove nelle sue sedi dislocate sul territorio percorsi di approfondimento e workshop dedicati agli studenti, in sinergia e di concerto con Università Cattolica e il suo progetto formativo ed educativo. Avviatosi nel 2015 nella sede di Roma, Teatro è Attore è uno degli esempi concreti di un impegno che EDUCatt attua con la collaborazione del Consiglio organizzativo inter-collegiale (Coi) e l’Ateneo. Nato con la volontà di coinvolgere gli studenti in un progetto che permetta loro di mettersi in gioco e superare le proprie insicurezze, il percorso raccoglie ogni anno una sentita partecipazione e un notevole numero di adesioni. Il laboratorio – tra tecniche di respirazione, lezioni di dizione ed esercizi di prossemica – contribuisce ad arricchire il bagaglio formativo e culturale degli studenti, fornendo spunti di riflessione interessanti
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e momenti distensivi dalle tensioni della vita accademica. Sulla scorta di quest’esperienza più che proficua, l’Ente sta attivando Public speaking, un workshop pensato per sviluppare un approccio dinamico alle capacità del “parlare in pubblico”. Il public speaking si basa su tecniche e soluzioni proprie delle professioni dell’oratore e dell’attore che, attraverso la pratica, si potenziano e forniscono un asset indispensabile nell’era della comunicazione: la preparazione del discorso, con particolare attenzione alle corrette forme della retorica, l’arte oratoria e il corretto uso dell’apparato fonatorio. Deus ex machina di questi laboratori è Roberto Cito, drammaturgo e attore di teatro partenopeo, impegnato da alcuni anni con EDUCatt e l’Università Cattolica di Roma nell’organizzazione pratica e concettuale dei percorsi.
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ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO
Un’esperienza che unisce sapere e saper fare
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orenzo, diciottenne al quarto anno del liceo classico Tito Livio di Milano, è stato di recente ospite per due settimane nell’ufficio Soluzioni e Strumenti di EDUCatt per il periodo di Alternanza scuola-lavoro. Gli abbiamo fatto qualche domanda relativa a questa sua esperienza lavorativa.
È la tua prima esperienza nel mondo del lavoro? Come ti sei trovato? Il mio percorso lavorativo in EDUCatt è stato la mia seconda esperienza lavorativa in concomitanza con la scuola, dopo quella dell’anno scorso in uno studio legale. Trovarmi ogni giorno in un ambiente lavorativo strutturato e avere la possibilità di svolgere mansioni come un vero dipendente hanno reso questa esperienza positiva, stimolante e utile.
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Cosa ti ha lasciato questa esperienza? Mi ha permesso di entrare in contatto diretto con il mondo del lavoro e con le dinamiche che lo distinguono dall’ambiente scolastico. In particolare, avendo lavorato nel gruppo che si occupa dell’ufficio stampa e delle relazioni con i media, mi sono avvicinato all’ambito del giornalismo. Dal punto di vista pratico, questo percorso mi ha consentito di migliorare in modo significativo le capacità di scrittura, di sintesi e di comprensione del testo: ogni giorno consultavo la rassegna stampa e analizzavo articoli e saggi, per poi redigerne resoconti utili agli altri collaboratori per avere traccia dell’interesse nei confronti dell’Ente da parte dei media. In che modo questa esperienza è utile per il tuo futuro lavorativo e di studio? Non ho ancora deciso cosa farò dopo il liceo, pur frequentando il classico infatti non escludo la possibilità di intraprendere studi scientifici. Per la mia futura scelta relativa agli studi universitari, questa esperienza ha confermato il mio interesse per la scrittura, non solo nell’ambito giornalistico. Ritieni che l’alternanza scuola-lavoro sia utile nel percorso di studi della scuola superiore? È un’esperienza molto utile, dal punto di vista formativo e di orientamento per le scelte future, inoltre predispone l’alunno ad avere una mentalità consona al mondo del lavoro. (a cura di l.p.)
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La resistenza inizia dal piatto in tavola, parola di Esquirol a cura di Velania La Mendola er la prima volta tradotto in Italia, Josep Maria Esquirol è un filosofo dell’Università di Barcellona, dove dirige anche “Aporia”, il gruppo di ricerca sulla filosofia contemporanea, l’etica e la politica. Il libro La resistenza intima. Per una filosofia della prossimità (Vita e Pensiero), che in Spagna ha avuto in meno di due anni otto edizioni grazie al tam tam dei lettori, è un invito a resistere alle forze che disgregano la nostra vita: come la super-accelerazione della società, che sta polverizzando la nostra esperienza, o lo spirito consumistico che tutto svuota, generando insoddisfazione. Esquirol vi oppone la forza, anche simbolica, della casa, intesa come abbraccio, protezione, luogo di intimità e della coltivazione di sé. Una casa ospitale e aperta, perché questo nucleo resistente ha una decisa valenza politica: è infatti il luogo concreto e vitale dove si fondano i legami di prossimità, così necessari a quella fraternità senza la quale gli ideali illuministici della libertà e dell’uguaglianza resterebbero vuoti. «Ci manca la resistenza al presente» affermava Deleuze. «Noi» ci dice Esquirol «preferiamo parlare di resitenza all’attualità». Di seguito trovate l’incipit del libro, intitolato Il piatto in tavola (momento).
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Il piatto in tavola, l’olio e il pane. La mensa imbandita, la pentola fumante e i bicchieri appannati dalle volute di vapore del brodo. Cosa allontana quest’immagine quotidiana dall’esperienza nichilista? Perché stona con gli scenari del vuoto e dell’assurdo? A cosa la associamo? Dove ci porta? Il piatto servito con un cibo che viene preparato – o si era soliti preparare – in casa, per nulla sibaritico né sofisticato. Associamo l’immagine, soprattutto, alla cura posta nel cucinare per gli altri, alla compagnia e al riparo offerto dall’am44
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biente casalingo. Oltre, ovviamente, al piacere di mangiare. E alla memoria degli ‘elementi’ naturali. L’olio per condire evoca l’olivo, la terra compatta dove affonda le radici e il cielo luminoso verso cui tende i rami; e poi le olive mature, le fatiche della raccolta e della spremitura nel frantoio. Anche il pane ci ricorda il cielo e la terra, i vasti campi di grano che si stagliano contro l’azzurro, ma fin da subito ci riconduce a qualcosa di ancor più primordiale: gli altri. Il pane è un alimento da spartire e i ‘compagni’, letteralmente, sono coloro che condividono lo stesso pane. Questa scena del piatto in tavola ci ricorda Bartleby, l’eroe letterario di Melville, personaggio schivo che tuttavia è diventato di moda grazie a magliette e altri prodotti su cui campeggia l’inquietante frase: «Preferirei di no» («I would prefer not to»). Bartleby non aveva mai un piatto pronto come Dio comanda. O perlomeno questo è quanto, a giudicare da vari indizi, sospettava l’avvocato che l’aveva assunto. Nessuno gli preparava o gli serviva del cibo: nemmeno l’anonimo cuoco di un ristorante a prezzo fisso. E non condivideva mai il pane con nessuno: mangiava da solo e di nascosto in ufficio. Forse non è un caso che, alla fine, Bartleby si abbandoni all’inedia (di questo muore infine il suo corpo, perché la sua anima soccombe per altre ragioni). Lo stare insieme dà nuova linfa alla vita e l’atto di godersi il cibo assume una dimensione più spirituale: ci si siede attorno al tavolo per condividere gesti e parole. La vita in comune dipende dal mangiare in compagnia, ed ecco spiegato perché le immagini di isolamento – e di solitudine – ci turbano. Il pane, il sale, la festa, il lutto, la pace: dal condividere tutto ciò dipende la sempre difficile e precaria comunità del ‘noi’. booktrailer: https://youtu.be/OCC52YTD1YE
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oger Scruton è uno dei più famosi e influenti filosofi contemporanei, membro della British
Academy e della Royal Society of Literature. Attualmente insegna al Dipartimento di Filosofia all’Università di Buckingham. Sulla natura umana, l’ultimo libro pubblicato con Vita e Pensiero, è un’appassionata difesa dell’unicità umana. Confrontandosi con la psicologia evoluzionista e con filosofi materialisti quali Richard Dawkins e Daniel Dennett, Scruton ribatte che non si può ridurre gli esseri umani a semplici realtà biologiche che progrediscono attraverso l’adattamento e la lotteria dei geni: siamo qualcosa di più che animali umani proprio in virtù di quella nostra capacità di vederci come esseri riflessivi consapevoli di sé e profondamente immersi nella relazione con altri soggetti. Questa concezione della natura umana si accompagna nel saggio ad un ricco percorso nella storia della cultura, da Platone e Averroè fino a Darwin e Wittgenstein, alle opere letterarie, pittoriche, musicali che hanno il dono di attivare e rendere riconoscibile la particolare autoconsapevolezza dell’io.«L’esser persona» scrive Scruton «è un modo non tanto di essere, quanto di diventare».
Le notizie, i consigli di lettura, i dibattiti in corso, le interviste agli autori di Vita e Pensiero si possono seguire su twitter (@vitaepensiero), facebook (vitaepensieroeditore), youtube (/vitaepensiero) e sul sito www.vitaepensiero.it
libri
Tempo di libri festeggia un secolo di Vita e Pensiero
Ordo sapientiae. Per un dialogo fecondo tra teologia e saperi
di Erica Crespi
n tempo bellissimo» recita lo slogan della grande fiera dell’editoria milanese Tempo di Libri, la kermesse, diretta da Andrea Kerbaker docente in Università Cattolica di Istituzioni e politiche culturali, che dall’8 al 12 marzo ha accolto 97mila visitatori. Tra i 400 espositori c’era anche il nostro Ateneo, con lo stand Vita e Pensiero quest’anno abbigliato a festa per celebrare i cento anni dell’editrice, nata a Milano nel 1918. Per l’occasione, tra le tante novità fresche di stampa, è stata esposta anche la prima opera: Carlo Marx di Francesco Olgiati. Un libro in cui Gemelli esprimeva nella prefazione “il sogno comune”: «Certo è un’audacia e una pretesa la nostra. C’è un poco della inconsapevolezza·dei giovani. Ma sentiamo tanto il bisogno di arrivare agli altri giovani, abbiamo tanta fiducia nell’aiuto di Dio, che osiamo». Foto dei fondatori e della grande Armida Barelli, prima amministatrice dell’editrice, potevano ammirarsi tra il reparto dei “libri introvabili”, una parte dello stand è stata infatti dedicata a testi antichi e collane storiche aintrovabili in libreria, posizionate all’interno di un antico baule. I festeggiamenti, che hanno inaugurato un anno ricco di iniziative per l’editrice, sono iniziati con una tavola rotonda tra diversi protagonisti del mondo editoriale – Aurelio Mottola di VeP, Andrea Angiolini del Mulino, Alberto Ottieri di Messaggerie, Oliviero Ponte di Pino per Bookcity e Armando Torno del Sole24 Ore
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– su come sia cambiata la figura dell’editore nel “tempo”. A seguire tutti i partecipanti sono stati invitati allo stand per un aperitivo e il taglio della torta. Tra gli ospiti il rettore Franco Anelli, il prorettore Antonella Sciarrone e molti docenti dell’Ateneo, che hanno brindato insieme ai lettori presenti alla festa. Protagonisti indiscussi della fiera naturalmente anche i libri, legati ai temi dell’anno come il ’68 e in particolare al femminismo, anzi al suo superamento. Ricordando quel particolare momento storico, Francesco Stoppa, autore del libro La costola perduta, Sara Ricotta Voza e Chiara Giaccardi hanno fatto il punto sulle attuali risorse del femminile per capire come la donna possa e debba cambiare la società. Nella stessa giornata si è tenuta la presentazione del nuovo libro di Ferruccio Parazzoli, Apologia del rischio, che ha dato avvio a un vivace dibattito tra lo scrittore più volte finalista del Premio Strega e il filosofo Silvano Petrosino sullo stato della letteratura contemporanea, moderati da Giuseppe Lupo. Pensata per i più giovani era la caccia al tesoro sulle tracce di Joyce ispirata al libro Leggere l’Ulisse di Giuliana Bendelli. Molti lettori curiosi si sono cimentati nel gioco, ritrovandosi catapultati tappa dopo tappa nella Dublino dei primi anni del ‘900. La caccia si è conclusa con un concerto irlandese, un reading e l’estrazione dei vincitori. Il primo ambitissimo premio, un viaggio per Dublino, è stato vinto dalla piccola Emma, la più giovane dei partecipanti. La festa per i 100 anni di Vita e Pensiero continuerà, ma intanto ci siamo goduti un primo tempo bellissimo.
a cura di Claudio Giuliodori vitaepensiero.it
LE RIVISTE VITA E PENSIERO
Rivista di Filosofia Neo-Scolastica
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nsegnò alla Sorbona di Parigi e fu amico di san Tommaso d’Aquino. È uno tra i più importanti biografi di san Francesco d’Assisi e alla sua Legenda Maior si ispirò Giotto per il ciclo delle storie sul Santo nella basilica di Assisi. Parliamo di San Bonaventura da Bagnoregio a cui è dedicato il numero 4/2017 della Rivista di Filosofia Neo-Scolastica. Come spiegano i curatori Alessandro Ghisalberti, Onorato Grassi e Paola Müller nell’introduzione al fascicolo, l’interesse per questa figura nasce dal legame privilegiato della rivista con il pensiero medievale, col quale ha sempre inteso confrontarsi, sul piano dei contenuti e del metodo, reputandolo un momento fondamentale, e non del tutto concluso, nella storia della filosofia. «Proprio perché», spiegano, «a quei secoli non si è guardato con inutile nostalgia né si è inteso, dei suoi pensatori, ripeterne acriticamente le dottrine, le soluzioni o addirittura le definizioni, il dedicare un numero monografico a Bonaventura va letto nella linea di una scoperta, che qualche utilità può avere anche per la riflessione attuale, dell’insegnamento e dello studio che veniva fatto nelle scuole, ovvero in quella “scolastica” praticata nel comune intento di quaerere mediante procedimenti argomentativi e razionali. Ed è bene ricordare che di questa scolastica medievale contano non solo le risposte che furono date, sul versante teologico e filosofico, ai molteplici problemi che sorgevano nella sfera della fede e nell’ambito dell’indagine razionale e scientifica, ma anche, e per certi versi soprattutto, se si vogliono evitare rigide e inutili ripetizioni, il modo in cui tali risposte furono cercate, trovate e formulate». indice e info: http://filosofianeoscolastica. vitaepensiero.it/ PRESENZA 1-2, GENNAIO-APRILE 2018
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Libroquiz “La grande guerra Storia e parole di giustizia” a cura di Velania La Mendola l lettore del libro La Grande Guerra. Storie e parole di giustizia, curato da Gabrio Forti e Alessandro Provera, è condotto dalle retrovie fino alla trincea, attraverso narrazioni che avvicinano alle sofferenze del primo conflitto totale, quelle dell’uomo contro l’uomo, nella solida ricostruzione del pensiero degli intellettuali di confine, cioè capaci di costruire una giustizia basata sul confronto dialogico, non sulla vendetta o la costruzione del nemico. Un’attitudine «ricca di feconde implicazioni per l’intero ordinamento giuridico».
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1. «Il popolo ha bisogno tanto di miti quanto di colpevoli», scrive Provera. La disfatta di Caporetto ha dato vita a diverse interpretazioni e opere. Tra queste la “Rivolta dei santi maledetti”, che interpreta la disfatta come una rivoluzione dell’esercito italiano, una lotta di classe. Chi è l’autore?
a) Giovanni Prezzolini b) Ardengo Soffici c) Curzio Malaparte d) Scipio Slataper
2. “Orizzonti di gloria”, quarto lungometraggio di Stanley Kubrick, è ambientato nel 1916 sul fronte franco-tedesco della prima guerra mondiale. La critica accolse bene il film, che piacque in particolare ad alcuni passati e futuri maestri come Antonioni. Eppure in tutte le seguenti nazioni ne fu per lungo tempo vietata la riproduzione, tranne che in…
a) b) c) d)
Svizzera Spagna Francia Italia
Ogni domanda corretta 1 punto (non vale usare google) Soluzioni: 1. c 2. d 3. b 4. a 5. b Profili: 5 punti sei un professore? Complimenti in ogni caso!; 4 punti ottimo, continua così!; 3 punti non sei un tuttologo, ma ti manca poco; 2 punti poco, ma buono; 0-1 punto devi proprio leggere La Grande Guerra
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EDUCatt Cartaceo Anna M. Bardazza, Cinzia Cremonini
Delitto al monastero. Storie ordinarie di giustizia e passione nella Milano di metà Settecento EDUCatt, Milano, 2018 pp. 346 | euro 17,00
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3. «L’accessorio sgombrerà il cammino per un migliaio di metri, in modo che arriveremo a occupare le due strade senza problemi». A quale accessorio si riferisce Robert Graves in questo passo di “Goodbye to All That”?
a) Lacrimogeni b) Bombe a mano c) Cannoni d) Bombarde
4. “Addio alle armi” di Hemingway fu bandito in Italia fino al 1948, per la descrizione impietosa della battaglia di Caporetto e per il suo antimilitarismo. Quale autrice italiana venne arrestata per averlo tradotto illegalmente?
a) b) c) d)
Fernanda Pivano Sibilla Aleramo Lalla Romano Grazia Deledda
5. Il 14 agosto 1914 novantatré letterati, artisti e scienziati tedeschi sottoscrissero un manifesto che difendeva l’invasione del Belgio giustificando la guerra. Quale tra questi autori ne prese le distanze sottoscrivendo invece il “Manifesto agli europei”?
a) Max Planck b) Max Reinhardt c) Wilhelm Conrad Röntgen d) Albert Einstein
iamo a Milano, metà XVIII secolo: un delitto, un monastero, una città; una piccola storia, drammatica come mille altre, si intreccia con gli eventi della “grande storia” che si svolge nelle stanze dei potenti e fa cambiare i destini del mondo. Protagonista: un uomo così fragile e solo al punto da commettere un delitto tanto efferato quanto inutile. C’è un’intera città che si muove dietro e sotto questa vicenda, che si svolge in nel monastero annesso alla Chiesa di Santa Maria della Passione oggi sede del Conservatorio. L’idea di dare corpo a queste vicende nasce dal ritrovamento in archivio di un documento che, trascritto minuziosamente da Anna M. Bardazza, restituisce con una straordinaria freschezza la vita quotidiana nella Milano di metà Settecento, nel bel mezzo della Guerra di Successione austriaca. (dall’Introduzione di Cinzia Cremonini)
EBook Teresa Giovanazzi
L’eredità educativa di EXPO Milano 2015. Pedagogia dell’ambiente, alimentazione, ecologia integrale EDUCatt, Milano, 2018 pp. 238 | download gratuito
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uale eredità educativa ci consegna l’Esposizione Universale Feeding the Planet, Energy for Life? Le ragioni della attualità di questo evento mondiale sono concentrate sul tema stesso, il diritto a un’alimen¬tazione sana, sicura e sufficiente per tutta l’umanità. L’educazione, insieme con la ricerca e la condivisione di modelli di produzione e consumo sostenibili, è una questione cruciale per preservare la disponibilità futura delle risorse alimentari e garantire l’equità sociale e intergenerazionale. Il volume prende avvio da un lavoro di ricerca che, in prospettiva pedagogica, compie un’esplorazione, senza nessuna pretesa d’esaustività, indirizzata ad approfondire alcune connessioni euristiche tra pedagogia dell’ambiente e alimentazione. L’ebook è scaricabile gratuitamente al seguente indirizzo: www.educatt.it/libri/ esitoexpo2015.
94a GIORNATA PER L’UNIVERSITÀ CATTOLICA
15/04/2018
EREDI GIOVANI PROTAGONISTI DELLA STORIA www.unicatt.it - www.istitutotoniolo.it www.giornatauniversitacattolica.it
CON I FONDI RACCOLTI NEL 2017
l’Istituto Toniolo ha potuto sostenere:
30000
STUDENTI DI SCUOLE SECONDARIE DI TUTTA ITALIA COINVOLTI IN INIZIATIVE DI FORMAZIONE E DI ORIENTAMENTO
280
BENEFICIARI DI CORSI PER OPERATORI DI CONSULTORI FAMILIARI
100
INCONTRI E SEMINARI NELLE DIOCESI ITALIANE
320
BORSE PER CORSI DI LINGUE E ALTA FORMAZIONE
240
BORSE DI STUDIO E CONTRIBUTI DI SOLIDARIETÀ A STUDENTI MERITEVOLI
9000
GIOVANI TRA I 18 E I 29 ANNI COINVOLTI NELLA RICERCA NAZIONALE “RAPPORTO GIOVANI” RICONOSCIUTA COME LA PIÙ AUTOREVOLE IN ITALIA SULLE NUOVE GENERAZIONI
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BORSE PER ESPERIENZE DI VOLONTARIATO NEL SUD DEL MONDO E PER SCAMBI INTERNAZIONALI
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OBIETTIVI 2018 CONFERMARE LE INIZIATIVE REALIZZATE NEL 2017 E CONCORRERE AL SOSTEGNO ECONOMICO DI STUDENTI MERITEVOLI OFFRIRE MAGGIORI OPPORTUNITÀ DI ALTA FORMAZIONE E VOLONTARIATO ALL’ESTERO SVILUPPARE LA RICERCA DELL’OSSERVATORIO GIOVANI COME CONTRIBUTO AL SINODO PROMUOVERE PERCORSI DI EDUCAZIONE DIGITALE E DI PREVENZIONE AL CYBERBULLISMO PER STUDENTI, INSEGNANTI E FAMIGLIE ELABORARE STRUMENTI PER LA PASTORALE GIOVANILE
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FORMAZIONE RICERCA SOLIDARIETA
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