Presenza 06 2020 - Sostenibilità, testa e mani per custodire la nostra casa comune

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Presenza con Comunicare

Da questo numero le due testate si uniscono in una sola rivista

www.unicatt.it | www.cattolicanews.it

ANNO 51 - 6/2020

PRESENZA

dell

Sostenibilità, testa e mani per custodire la nostra casa comune

Fondo ondo Agostino Gemelli

Un contributo perché nessuno resti indietro Educare? Un atto di speranza

All’interno l’inserto sul Global Compact


Presenza

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PRESENZA

In questo numero

Rivista bimestrale realizzata dall’Area editoriale dell’Università Cattolica, in collaborazione con il Master in Giornalismo, con la partecipazione del Servizio Pubbliche relazioni dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori © 2019 – Università Cattolica del Sacro Cuore

DIRETTORE Franco Anelli RESPONSABILE Daniele Bellasio CAPOREDATTORE Paolo Ferrari REDAZIONE Luca Aprea, Katia Biondi, Nicola Cerbino, Sabrina Cliti, Graziana Gabbianelli, Emanuela Gazzotti, Fausto Maconi, Federica Mancinelli, Michele Nardi, Antonella Olivari, Agostino Picicco

HANNO SCRITTO

Sommario Presenza con Comunicare Da questo numero la storica rivista più legata alle sedi padane, Presenza, e il periodico della sede romana, Comunicare, si uniscono in un’unica pubblicazione. Un’unione non solo sulla carta, per mettere in dialogo il mondo accademico delle due sedi e tenersi informati sulle reciproche attività.

Antonella Sciarrone Alibrandi, Pasquale Ancona, Sara Barboglio, Beatrice Barra, Francesco Berlucchi, Barbara Boschetti, Emiliano Dal Toso, Valentina Giusti, Velania La Mendola, Bianca Martinelli, Giada Meloni, Aurelio Mottola, Ivana Pais, Gian Luca Potestà, Laura Zanfrini, Maria Villano

REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE

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Università Cattolica del Sacro Cuore L.go Gemelli, 1 – 20123 – MILANO tel. 0272342216 – fax 0272342700 e-mail: presenza@unicatt.it www.unicatt.it/presenza

La sostenibilità diventa grande e va all’università

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REDAZIONE ROMANA

Con The Economy of Francesco i giovani riscrivono l’economia

L.go Francesco Vito – 00168 – ROMA tel. 0630154295 Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 94 del 5 marzo 1969

Non è solo una parola alla moda ma rappresenta sempre più un cambio di paradigma. Ecco come

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Le voci dei professori Unicatt relatori ad Assisi e dei giovani ricercatori che costruiscono il futuro

IMPAGINAZIONE Studio Editoriale EDUCatt

FOTO ARCHIVIO Università Cattolica, AP, Getty Image

STAMPA Tiber spa – Brescia

www.unicatt.it La rivista è sfogliabile online su

www.unicatt.it/presenza

Questo periodico è associato all’USPI Unione stampa periodica italiana Il numero è stato chiuso in redazione il 17 il 1dicembre luglio 2019 2020

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on desterebbe stupore uno slittamento dell’avvio delle celebrazioni per il centenario dell’Università Cattolica. La situazione complessa che vive il nostro Paese alle prese con la pandemia da Coronavirus lo giustificherebbe. Ma, nonostante tutto, inaugureremo il nuovo anno accademico e, in un certo senso, anche il nostro secondo secolo accademico. Il calendario è stato cambiato solo una volta nella storia, quando si è passati da quello Giuliano a quello Gregoriano, secondo cui questo è il centesimo anno del nostro Ateneo. E lo dobbiamo celebrare, accogliere e vivere per come si presenta. Certamente ce lo ricorderemo non solo perché è il centesimo ma anche perché si svolge in un modo del tutto non convenzionale.

Franco Anelli, rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

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2020, l’anno della paura Riprendiamoci il futuro Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla Parla il professor Michele Faioli

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PRESENZA

In questo numero

Ricciardi: «Per gli scienziati non è più tempo di stare alla finestra» Chi si occupa di sanità pubblica non può non interessarsi alla politica per contribuire al bene di tutti. Parla il professore della facoltà di Medicina

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Vittorio Emanuele Parsi, Make America America Again Per il direttore Aseri, gli Usa dopo Trump potranno ritrovare il loro ruolo di guida

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Scienze politiche e sociali, attrezzati per un cambiamento d’epoca Il preside Guido Merzoni: «Multidisciplinarità, interdisciplinarità e trandisciplinarità sono nel Dna della facoltà»

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Non una ma tante psicologie nel nome di padre Agostino Gemelli Il preside Alessandro Antonietti: «La nostra attività di ricerca e di formazione è ispirata a un modello personalista e ha un approccio biopsicosociale»

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Unicatt.it, la street art per la porta d’accesso all’ecosistema digitale Il nuovo sito è il primo passo di un rinnovamento completo della strategia digitale e dell’immagine online, con il nuovo logo realizzato per il centenario

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Martina, centrocampista da nazionale e dottoressa da 110 e lode Calcio femminile, all’Inter e in azzurro, e laurea in Economia Ha usufruito del Progetto Dual Career, riservato agli studenti-atleti

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In fuga dalla Siria, Omayma studia per la famiglia e per la pace La sua storia si affianca a quella degli altri ragazzi sostenuti da Educatt, dallo studentwork e dal progetto sociale di Casa Fogliani

Patto, ascolto, relazione. Perché educare è un atto di speranza All’interno un inserto speciale. Azioni e riflessioni sul Global compact on Education proposto da Papa Francesco

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In copertina Lucio “Basik” Bolognesi, attivo fin dagli inizi degli anni Novanta come writer, ha sviluppato, nel corso degli anni, uno stile personale passando gradualmente dalla vernice spray a una gamma più ampia di mezzi, mescolando elementi del suo background da writer con l’arte medievale e rinascimentale, ispirandosi anche a movimenti d’avanguardia dell’arte moderna e contemporanea. Ha esposto a San Francisco, Los Angeles, Londra, Berlino e Milano. Basik è l’autore, oltre che della copertina di questo numero di Presenza, delle icone del nuovo portale Unicatt.it

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Editoriale

Sostenibili e inclusivi nel nome di Francesco di Antonella Sciarrone Alibrandi*

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ella narrazione collettiva il 2020 viene per lo più definito come un “anno da dimenticare”: il Covid-19 ci ha travolto, ha mutato in modo repentino le nostre abitudini, anche universitarie, e ha provocato, sia a livello globale sia a livello individuale, cambiamenti intensi e radicali ai quali non eravamo preparati. Non tutti i mutamenti che la pandemia ha generato o, comunque, accelerato meritano, tuttavia, di essere archiviati il più rapidamente possibile. Accanto alla preoccupazione e all’incertezza per il futuro con cui facciamo i conti tutti i giorni, stiamo infatti as-

sistendo anche a una deflagrazione di domande di senso circa l’insostenibilità da diversi punti di vista dell’attuale sistema mondiale: un’insostenibilità che colpisce l’ambiente e, insieme, i più poveri e gli esclusi. L’epidemia globale può dirsi, dunque, una grande occasione di ripensamento, per tutti e, in particolare, per le nuove generazioni. Come ha detto Papa Francesco, rivolgendosi ai giovani economisti di tutto il mondo convocati – sia pure online – dal 19 al 21 novembre ad Assisi per le giornate di Economy of Francesco, “un futuro imprevedibile è già in gestazione; ciascuno di voi, a partire dal posto in cui opera e decide, può fare molto; non dimenticatevi, da una crisi mai si esce uguali: usciamo meglio o peggio; facciamo crescere ciò che è buono, cogliamo l’opportunità e mettiamoci tutti al servizio del bene comune”. Il Covid-19 ha messo in luce la contraddizione insita in risposte basate sulla prevalenza del proprio interesse e quindi sulla tutela di sé, della propria famiglia, del gruppo ristretto: risposte totalmente inadeguate. Al fondo, siamo chiamati a ragionare di un tema – l’allocazione delle risorse scarse – che non è certo nuovo e neppure, per sé, strettamente correlato alla situazione emergenziale: è una questione di giustizia, che rispecchia l’incapacità di governare la globalizzazione. La pandemia, fenomeno globale per eccellenza, mostra molto bene come la globalizzazione è incompiuta: dal punto di vista della governance ci lascia in balia dei potentati economici. L’apparente equilibrio che si è creato tra il pubblico e il privato mostra oggi tutte le sue défaillances e i suoi deficit. Diventa quindi più che mai ur-

gente promuovere un ripensamento dell’assetto pubblico-privato, necessario per assicurare un’adeguata tutela di interessi, in primo luogo la salute ma anche la dignità umana, che sono della persona e della collettività. Sotto questo profilo, il messaggio lanciato da Papa Francesco nell’ultima enciclica “Fratelli tutti” è chiarissimo e per nulla utopico: dobbiamo promuovere una politica incentrata sulla dignità umana e sull’amicizia sociale, sottraendola alla sottomissione alla finanza perché “il mercato da solo non risolve tutto”, come le “stragi” provocate in passato dalle speculazioni finanziarie hanno purtroppo dimostrato. Quando finalmente riusciremo a lasciarci alle spalle questo periodo di emergenza sanitaria, dovremo essere capaci di elaborare una “nuova normalità”, a partire da una visione del mondo diversa, sostenibile e inclusiva. E, in questo processo di cambiamento, un ruolo determinante è, e sarà, giocato dall’università, contesto prezioso per costruire quella “cultura dell’incontro” che permette a molte voci di stare intorno a uno stesso tavolo per dialogare e dare vita, secondo una prospettiva di sistema, a una nuova mentalità culturale e, quindi, economica, politica e sociale. L’Università Cattolica, con la forza delle sue radici profonde cent’anni e con l’ambizione di generare linfa nuova per il futuro, non si sottrae alla sfida. Investendo sull’educazione, la risorsa chiave che coltiviamo fin dal 1921 e in relazione alla quale Francesco ci ha affidato un nuovo compito nell’ambito del Global Compact on education, cui è dedicato l’inserto di questo numero. * prorettore vicario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

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Dalla parte dell’economia che fa bene all’ambiente ma anche al business

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In primo piano

di Beatrice Barra

È

diventato uno dei topicc del nostro tempo. Ma sarebbe limitante confinare la sostenibilità tra le parole da utilizzare per essere à la page. Perché quello che cela, pur col rischio di apparire già consunta, è un vero e proprio cambio di paradigma culturale, economico, politico e sociale. Prendersi cura del pianeta è un obiettivo da cui non è possibile prescindere, perché in gioco c’è il nostro futuro e, come direbbe Papa Francesco, la “casa comune” che ci ospita. Il concetto evoca un universo semantico molto più ampio: dal consumo critico all’economia civile, dalla lotta allo spreco alimentare al riciclo, dagli investimenti sostenibili (Esg) alla Green Economy, dalla responsabilità sociale d’impresa (Csr) all’agricoltura sostenibile, dalla comunità tra produttori e consumatori all’energia verde, dallo Smart working alla mobilità dolce, solo per offrire alcune suggestioni. L’Europa, per esempio, la chiama Green Deal: una tabella di marcia per rendere sostenibile l’economia e trasformare le questioni climatiche e le sfide ambientali in opportunità di crescita per tutti i settori, rendendo la transizione equa e inclusiva. Per l’Unione Europea si traduce in un sostegno finanziario e nell’assistenza tecnica ai soggetti più colpiti dal passaggio all’economia verde, con il cosiddetto “meccanismo per una transizione giusta”, che prevede lo stanziamento di almeno 100 miliardi di euro tra il 2021 al 2027. Un piano d’azione per promuovere l’uso efficiente delle risorse virando verso l’economia circolare, ripristinando la

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In primo piano biodiversità e riducendo l’inquinamento. «Economia lineare è quella in cui uno costruisce, usa e getta» dice Marco Marchetti, Sustainability manager di Ferrero, uno dei partner del corso di laurea in Management per la sostenibilità dell’Università Cattolica. «L’economia circolare, invece, riutilizza in qualche forma quello che viene scartato dopo l’uso». In base alla sua esperienza nel gruppo che produce Nutella, Marchetti allude alle matrici organiche che escono dai processi produttivi e che sono riciclate

per produrre biogas e biometano che, a loro volta, vengono sfruttate per creare l’energia necessaria per i processi aziendali: «Così la circolarità si chiude». Questo cambio di direzione – come tutte le grandi rivoluzioni – comporta dei costi, che «in questo momento non sono tali da erodere l’economicità complessiva del nostro business». Anzi, ne hanno aumentato i benefici su due fronti: da un lato, sul fronte della responsabilità verso l’ambiente; dall’altro, in termini reputazionali, perché i clienti «ci scelgono anche, e maggiormente, per la nostra

postura virtuosa», con guadagni anche in termini economici. L’attenzione alla sostenibilità è stata accolta anche dalle grandi aziende non ancora in grado di risolvere in modo “circolare” il problema di tutti gli scarti ma impegnate a ridurli «e mandarli attraverso dei canali di cui viene controllata la solidità etica e ambientale fino alla fine» afferma il professor Roberto Zoboli, docente di Politica economica alla facoltà di Scienze politiche e sociali, delegato del rettore per la ricerca scientifica e, da poco nuovo, direttore dell’Alta Scuola per l’Ambiente (Asa) dell’Università Cattolica. Si attiva un meccanismo di collaborazione tra

La sostenibilità è cresciuta e va all’università. Arrivano i manager di Francesco FORMAZIONE 6/2020

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on è solo una bella parola per riempirsi la bocca. La sostenibilità ormai va all’università. La decisione della sede di Piacenza di creare un percorso di studi triennale e non magistrale – a differenza degli altri atenei – è una scelta motivata dall’idea che «non può e non deve essere una pennellata di “verde” o di “sociale” sul curriculum ma un modo diverso di approcciare la realtà» sostiene il professor Davide Galli, coordinatore del corso di laurea in Management per la sostenibilità alla facoltà di Economia e Giurisprudenza. Gli fa eco Kerry Kennedy (nella foto), presidente della fondazione Robert F. Kennedy Human Rights, che sostiene il corso. «La sostenibilità non è solo ambientale ma riguarda anche salari equi e investimenti che danno la priorità a una gestione attenta alla dignità di chi lavora» afferma. «Quanto diceva mio padre Robert nel 1964: “The power to act is the power to command resources”, è ancora attuale, se è vero che oggi quasi la metà delle più grandi cento economie del mondo sono costituite da public company ((società ad azionariato diffuso ndr.) con un ruolo speciale nella creazione di un mondo più giusto e pacifico». Il manager della sostenibilità, dunque, non è uno specialista, ma un manager canonico che ha le competenze per gestire le risorse in modo sostenibile. Per farlo deve avere una “cassetta degli attrezzi” e saperla usare. Quando si parla di management per la sostenibilità, quindi, non si parla di «cosa si andrà a fare dopo la laurea ma di “come” lo si andrà a fare».

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Un messaggio recepito dai nuovi studenti, alle prese anche con il percorso Ideas 4 Sustainability, un laboratorio di riflessione e progettazione sul tema. «Non sapevo che il concetto di sostenibilità racchiudesse così tante sfaccettature» dice Alessia Tacchini, ventenne al primo anno del nuovo corso di laurea. «Ho capito che significa soprattutto cambiamento, inteso come approccio da fare nostro come giovani, così come ci chiede Papa Francesco». Una presa di coscienza della responsabilità nei confronti del nostro pianeta, che impone «un cambio di rotta radicale». L’Università Cattolica è in prima linea su questo fronte anche con altri corsi di laurea (magistrale in Agricoltura sostenibile e di precisione, sempre a Piacenza), master (Gestione e comunicazione della sostenibilità. Formazione, green jobs, circular economy; Governance dell’ambiente per l’ecologia integrale. Rischio climatico, adattamento, formazione) e percorsi di ricerca. Tra tutti spicca l’Alta Scuola per

l’Ambiente, nata nel 2008 nella sede di Brescia come struttura deputata alle problematiche ambientali e alle connesse trasformazioni economiche, sociali e culturali in atto, da affrontare con approcci di tipo scientifico, socio-pedagogico e politico-economico. L’obiettivo è creare «una realtà multidisciplinare, come richiede il tema ambientale» spiega il nuovo direttore Roberto Zoboli. L’impronta generale della Scuola è quella di prendere in analisi temi «dalla forte valenza scientifica, ma che richiamino anche l’engagement dei cittadini, necessario per il cambiamento». Per gli studenti che partecipano a corsi e master dell’Alta Scuola c’è la possibilità di instaurare un «rapporto privilegiato con un nucleo selezionato di imprese molto attente alla sostenibilità e molto sensibili ai temi di transizione ecologica che rimandano al concetto di “casa comune” espresso nell’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco e nella sua richiesta di una nuova economia».

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attori diversi, che richiama l’idea di “amicizia civica” e “solidarietà” necessarie per la salvaguardia del nostro Pianeta, in linea con l’Enciclica di Papa Francesco Laudato si’ e con la nuova Economy of Francesco. «Ecologia integrale significa uscire dalla cultura che disseziona le cose e le considera una alla volta» afferma il direttore dell’Asa. Il cambiamento ambientale ha un’impronta top down e implica un forte coinvolgimento delle comunità, senza il quale molti degli obiettivi dell’European Green Deal non potranno essere realizzati. In questo processo di “conversione” l’Italia «non è posizionata male»: sia in termini di piani ufficiali per la transizione energetica, sia per realizzazioni già portate a termine. È importante capire che risorse potrà mettere in campo il nostro Paese per perseguire obiettivi molto ambiziosi – come la Climate Law e la Carbon Neutrality 2050 – che richiedono grandi investimenti. «In questo peseranno moltissimo la risposta alla crisi, il Recovery Fund e la capacità dell’Italia di impiegare bene le ingenti risorse che arriveranno dall’Ue». Una transizione tipo Green Deal implica che la “reputazione verde” diventi condizionante per accedere agli aiuti. Molte piccole imprese, però, non hanno i fondi e gli strumenti per essere in linea con questo obiettivo ed è forte il rischio che una parte del sistema produttivo vada in sofferenza. Secondo il professor Zoboli «l’aspetto più importante è dinamico: l’obiettivo è portare tutte le imprese a perseguire questo traguardo». Per le Pmi la sostenibilità può rappresentare un’opportunità concreta «solo se si inizia a ragionare in termini di filiera» spiega Davide Galli, coordinatore del corso di laurea in Management per la sostenibilità. La realizzazione del prodotto deve essere curata dall’inizio alla fine, garantendo cooperazione tra attori diversi e ugualmente necessari per la buona riuscita del processo. Occorre, quindi, «stravolgere il proprio modo di fare impresa». La sostenibilità, infatti, paga nel lungo Università Cattolica del Sacro Cuore

termine e richiede grandi investimenti, tra i quali «il più importante è sicuramente quello sulle persone». In questo ambito le vecchie generazioni hanno molto da imparare dai giovani che – già dal principio della loro carriera – impostano la loro idea di impresa «pensando a quella sostenibile». Cambiare prospettiva sui costi, significa non misurare solo in termini economici il valore delle cose. La sostenibilità non è lontana da questo paradigma, «semplicemente cambia l’unità di misura» afferma il professor Galli. «Sposta l’attenzione dall’aspetto finanziario alla risorsa che stiamo consumando, per esempio in termini di Co2». Nonostante servano grandi investimenti, si scopre che l’azienda attenta all’ambiente risparmia anche risorse finanziarie,

«perché produrre meno Co2 vuol dire usare un’energia più efficiente che si traduce in costi minori». Un principio che, a ben vedere, vale anche per le persone: sostenibilità vuol dire «trarre il meglio da tutte le risorse che vengono impiegate da un’organizzazione”. Per esempio, il pay gap che spesso esiste tra donne e uomini all’interno di un’azienda, non solo è discriminatorio e dannoso per chi lo subisce, ma danneggia anche l’organizzazione perché «la risorsa produttiva di genere femminile pagata meno, produce anche meno». Tutto questo perché alla base della sostenibilità c’è la capacità di creare valore. Le imprese che lo fanno riescono a inserire i loro prodotti in una logica circolare: «Generano un valore che si auto-rigenera». Potrebbe sembrare quasi una magia. Eppure è tutto vero. Oltre che giusto.

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The Economy of Francesco I giovani riscrivono l’economia Raul Caruso: pagare i manager non solo per i risultati economici ma anche per l’impatto sociale generato apa Francesco ci chiede di riscrivere le regole dell’economia. Costruire un mercato virtuoso significa rimuovere le cause strutturali delle diseguaglianze, garantendo in primo luogo l’accesso all’istruzione e alla sanità per i più piccoli. In un nuovo mercato deve essere riconosciuto il valore sociale del fare impresa, col riconoscimento legale per chi si ispira a questa logica. Nuove regole dovrebbero indirizzare i consumi e gli investimenti in questo tipo di imprese e i manager dovrebbero essere remunerati non solo per le performance economico-finanziarie ma anche per l’impatto sociale generato. E poiché il sostegno dei governi a molte imprese non è vincolato al rispetto di diritti umani a livello globale o al raggiungimento di obiettivi ulteriori rispetto a quello del profitto, i paesi democratici dovrebbero essere i primi a stabilire un sistema di incentivi per obiettivi di tutela o perseguimento di un bene comune e di penalizzazioni per chi si rende colpevole di violazioni dei diritti umani o ambientali. (Raul Caruso, docente di Economia della pace alla facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere, relatore a “The Economy of Francesco”)

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Elena Beccalli: dobbiamo recuperare una finanza non speculativa ma al servizio dell’economia reale economicae et pecuniariae quaestiones”. È il documento della Santa Sede sui risvolti etici di fenomeni legati al sistema economico-finanziario, da cui ha preso avvio un percorso di studio dell’Ateneo con studenti e ricercatori di tutte le facoltà e con professionisti del settore. Un’iniziativa per contribuire a una formulazione di pensiero e a un’educazione finanziaria ispirata al magistero della Chiesa e all’Economia di Francesco, che porterà a formulare, nella primavera del 2021, tre proposte attuative delle riflessioni elaborate. È il tentativo di recuperare una finanza non speculativa ma al servizio dell’economia reale, come avviene per i finanziamenti volti a sostenere progetti imprenditoriali orientati alla dimensione di sostenibilità ambientale e sociale. In questa prospettiva si possono leggere anche forme di biodiversità finanziaria, come il credito cooperativo e il microcredito, che esprimono forme di tutela sociale come l’erogazione di credito alle comunità di riferimento o a fasce deboli della popolazione più in difficoltà a entrare nel circuito finanziario. (Elena Beccalli, preside della facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative, docente di Economia degli intermediari finanziari, coordinatrice del percorso di riflessione e studio “Oeconomicae et pecuniariae quaestiones”)

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Antonio Molinari: ripariamo insieme la nostra casa comune on è “solo” l’economia di papa Francesco: è l’economia di Francesco d’Assisi, che spogliandosi delle ricchezze materiali seguì il bene immateriale della fraternità. Economy of Francesco è un processo di ricerca dal basso, un’alleanza per riparare insieme la nostra casa comune. Progetti di ricerca concreti come Child Flourish Index, un indice per valutare il benessere dei bambini, o il Penguins model, un modello per la tutela dei piccoli centri urbani ideato dal villaggio Policies and Happiness e apprezzato dall’economista della Columbia Jeffrey Sachs, che ci ha aperto le porte del suo Network per lo Sviluppo sostenibile. Abbiamo riscoperto l’economia “come vocazione, cultura e patto”, rispondendo alle domande: Per quale scopo lavoriamo e lottiamo? Perché questa terra ha bisogno di noi? Le risposte sono nei risultati dei 12 tavoli di lavoro. Nel segno dell’ecologia integrale, l’Economy of Francesco, movimento popolare e laboratorio di ricerca mondiale, è fondata sui beni relazionali e genera legami. (Antonio Molinari, dottorando in Scienze della Persona e della Formazione, collaboratore Alta Scuola per l’Ambiente (Asa). Partecipa al villaggio Policies and Happines)

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Domenico Rossignoli: tempo di lavoro che concili tempo per la cura, una flessibilità che non sia precarietà conomy of Francesco è un processo avviato ormai quasi un anno e mezzo fa. Nel villaggio “Work and Care”, i giovani hanno lavorato sui temi legati al futuro del lavoro, inteso sia come mezzo necessario al sostentamento ma anche come realizzazione personale e professionale, in stretta relazione con la cura degli affetti, delle relazioni e del creato. Assisi è stato un punto di partenza: immaginare un tempo di lavoro capace di conciliare il tempo per la cura, evitare che la pur necessaria flessibilità degeneri in precarietà, operando a tutti i livelli perché i lavoratori siano accompagnati nei velocissimi processi di trasformazione in atto. Per questo è necessario dare vita a una rete di professionisti, economisti, donne e uomini delle istituzioni, per poter dare rilevanza ed efficacia a queste proposte di cambiamento. Il tutto sotto la protezione di san Francesco, per il quale il lavoro è “una grazia”, un dono di Dio, che dobbiamo proteggere e coltivare. (Domenico Rossignoli, docente di Democracy, Institutions and Economic Development alla facoltà di Scienze politiche e sociali, coordinatore del villaggio Work and Care)

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Eugenio Di Brino: l’accesso alla salute come via per la pace

Mauro Magatti: una sostenibilità non solo ecologica e sociale

siete coinvolti o la storia vi passerà sopra» ha detto Papa Francesco ai giovani economisti nel messaggio finale di Assisi. Un invito a dare il proprio contributo – che il Vangelo chiama “talento” – per la “riparazione della casa comune”. Nel villaggio “Business and Peace” abbiamo anche sostenuto a grande voce la richiesta di un livello minimo di salute e accesso alle cure su scala globale. Un Paese che garantisce il godimento di questi beni o servizi essenziali può contribuire alla costruzione della pace, requisito per lo sviluppo di un sistema economico integrale che genera welfare, sistemi scolastici, sistemi sanitari, democrazia e rappresentatività. L’effetto dell’emergenza da Covid-19 ha mostrato con forza l’importanza di una visione globale della salute, perché dove è garantito un livello minimo si può sviluppare un sistema di pace integrato con l’economia, che a sua volta genera innovazione e sostenibilità. (Eugenio Di Brino, ricercatore Alta Scuola in Economia e management dei Servizi sanitari (Altems). Partecipa al villaggio Business and Peace)

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ccorre avviare processi piuttosto che occupare spazi. Papa Francesco l’ha ribadito più volte, fin dall’Evangeli Gaudium. E in questo spirito si colloca anche The Economy of Francesco. Al suo centro, l’economia sostenibile, una sfida globale che richiede uno sforzo corale (come nel caso del Next Generation Ue) ma anche una sfida generazionale che chiama in causa i giovani. Un’idea di sostenibilità integrale, cioè non solo ecologica e sociale, ma anche economica e, soprattutto, umana, in grado di permettere alle persone di accompagnare i processi di sviluppo economico in modo non passivo. Alla base, infatti, c’è l’attenzione a riconoscere che siamo tutti in relazione con tutto: non c’è impresa, non c’è finanza e nemmeno singolo individuo che possa pretendere di esistere a prescindere dagli altri. Tutto è relazione e questo genera responsabilità e legami. (Mauro Magatti, docente di Sociologia alla facoltà di Scienze politiche e sociali, relatore a “The Economy of Francesco”)

Giacomo Ciambotti: teoria e pratica alleate per un mondo migliore eoria e pratica alleate per costruire un mondo migliore. È uno dei risultati affascinanti, e quasi rivoluzionari, di The Economy of Francesco, che ha permesso a giovani imprenditori e ricercatori universitari di lavorare insieme. Con alcuni colleghi abbiamo lanciato un’edizione speciale per una Call for Papers nel Journal of Management, Spirituality and Religion presto online, con contributi scientifici che mostrino alla comunità internazionale la portata dell’alleanza tra accademici e practictioner. Questa edizione internazionale, di cui sono Guest Editor, è perfettamente in linea con le mie ricerche. Sto lavorando ai temi di gestione e sviluppo di imprese sociali, come appunto B Corp o società benefit, con un forte focus sui Paesi in via di sviluppo. I miei primi articoli mostrano, infatti, strategie per ottenere risorse aziendali in Paesi in cui queste sono scarse o strategie e modelli per generare impatto sociale e, soprattutto, alleviare la povertà nel mondo. (Giacomo Ciambotti, ricercatore Alta Scuola Impresa e Società (Altis), coordinatore del villaggio Imprese in Transizione)

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2020, l’anno della paura Riprendiamoci il futuro e il patto tra generazioni di Pasquale Ancona

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ichele Faioli è docente di diritto del lavoro all’Università Cattolica. Collabora col ministero, fa parte del Cnel, ha all’attivo numerose pubblicazioni accademiche. Ma di recente ha scritto anche un appassionato commento all’enciclica Fratelli Tutti di Papa Francesco. La nostra conversazione comincia con la domanda che in tempi non sospetti un cantautore ha definito “la frase d’esordio del mondo” ma che al tempo della pandemia diventa più di un semplice convenevole.

Professore come sta? Bene, devo dire. Negli scorsi giorni ho gestito una questione familiare molto delicata, causata proprio dal Covid-19. E mi sono ritrovato a pensare che fino a quando se ne parla in tv, la percezione è diversa dalla realtà. Quando poi capita in famiglia, ci si rende conto che non è una cosa remota ma può colpire chiunque da un momento all’altro. E allora diventano evidenti i problemi strutturali del nostro Paese.

Che cosa le ha fatto pensare il Covid in famiglia? La domanda che mi pongo da un po’ è: perché quei circa 9 miliardi stanziati dal governo nei mesi scorsi per la sanità non sono stati utilizzati in modo efficiente dalle Regioni? Perché solo poche Regioni, tra cui l’Emilia-Romagna e il Veneto, hanno migliorato i propri servizi mentre le altre no? Ci si rende conto che se noi non avessimo perso tempo durante l’estate, probabilmente oggi avremmo un sistema sanitario più pronto a fronteggiare la seconda ondata? Possibilità non sfruttate equivalgono a ostacolare un’ipotesi di futuro. Esatto, è questo il punto. Il Governo dovrebbe gestire l’emergenza, guardando avanti. Next-Gen Eu, del resto, ha nel nome stesso del progetto una certa idea di futuro. Si fonda su una domanda di responsabilità, che non è riferibile a come me la cavo oggi, in questa situazione, ma a quale potrà essere la vita della generazione che viene.

Da dove comincerebbe se dovesse pensare di tracciare il bilancio di questo 2020? Inizierei dal 4 di maggio, dalla fine della cosiddetta Fase1. È una data simbolica perché poteva essere la possibilità per le nostre istituzioni di progettare un diverso futuro, muovendo dalla crisi e dalla prevenzione dei suoi effetti più deleteri. Ma non è accaduto o è accaduto in parte: l’estate prima, e poi l’autunno, tempo sciupato, pur sapendo che il mondo scientifico internazionale ha sempre ripetuto che la pandemia è ciclica e geograficamente localizzabile. Il fallimento di questo futuro migliore o di questo dopoo programmabile (qualcuno dice ““foresightt”) è grave ed è imputabile a chi sta gestendo a ogni livello questa vicenda complessa. Non dimentichiamo che, in primavera, venne nominata la Commissione Colao con questo obiettivo, poi ahimè non riuscito. Quella programmazione che in Italia è quasi sempre un tabù. La stessa Next-Gen Eu viene molto più spesso chiamata Recovery Fund. La pandemia è stata come una specie di alta


marea: oggi ha coperto tutto, ma a un certo punto, ritirandosi lentamente, si scopriranno le macerie del nostro sistema. Sarà allora che forse prenderemo completa coscienza dei nostri errori e dovremo ricostruire; bisognerà avere la consapevolezza di comprendere che cosa non è stato fatto prima della pandemia e cosa deve essere fatto ora. U si basa su questa logica: ci sono Next-Gen EU risorse economiche a disposizione dei Paesi membri dell’Ue, perché muovendo dai limiti di ogni Paese si possa costruire il futuro per coloro che oggi hanno meno di 30 anni. Che cosa si dovrebbe fare? Next-Gen mira a far costruire a livello nazionale una transizione verso il greenn e a far procedere speditamente la trasformazione digitale. Sarà necessario capire a quale futuro si vuole guardare, cioè definire i piani di rigenerazione industriale, con clausole sociali che definisco “intrinseche”. Ciò significa ridefinire contestualmente piani industriali con politiche attive funzionanti, introdurre mirate staffette generazionali conformi all’equilibrio di bilancio pubblico, velocizzare il passaggio di senior e junior verso le nuove competenze richieste dal mercato del lavoro, condizionare fortemente il sostegno al reddito a una effettiva formazione professionale, facilitare la combinazione tra pubblico e privato nel matchingg tra domanda e offerta di lavoro, sostenere la mobilità professionale e geografica dei lavoratori, etc. E queste cose si stanno facendo? Bruxelles ha fatto, da marzo a oggi, e continua a fare, tutto quello che può, dato l’attuale Trattato. Anzi, l’Europa ha dimostrato di possedere un significato sociale in sé. Sono i Paesi che ora debbono mettersi in moto. Ci sono alcuni Stati membri che sono più pronti, che hanno un sistema di partenariato sociale più adattabile e reattivo. Ve ne sono altri, come il nostro, in cui ci si è mossi con una serie di eventi, dagli Stati Generali alla raccolta dei famosi 700 progetti, in cui le cose sono più difficili. Nel nostro caso, il dibattito con le parti sociali è molto più lento e inefficace. Quali sono i passi che si devono compiere perché si possa smettere di navigare a vista? Avremmo bisogno di una cabina di regia tra istituzioni politiche e parti sociali, con un ruolo centrale del Parlamento e del Cnel. Per tornare all’esempio già discusso, si dovrebbero selezionare i progetti Next-Genn tenendo Università Cattolica del Sacro Cuore

presente, da una parte, le linee guida europee e, dall’altra, le linee politiche di una stabile cabina di regia, volte a realizzare il bene delle generazioni che verranno, quelle che si troveranno a sostenere il debito. Ma per recuperare questa visione di lungo respiro, lei da dove partirebbe? Credo ci sia da ragionare in maniera molto seria sul mercato del lavoro. Bisogna chiedersi che cosa accadrà il giorno dopo che verrà sbloccato il divieto di licenziamento perché oggi viviamo in una specie di bolla, mantenendo tutti in cassa integrazione. Prima o poi, però, il sistema delle integrazioni salariali finirà e ci sarà una situazione tragica. Allora oggi bisogna prepararsi per il domani. Facciamo qualche esempio... Digitalizzare i servizi per l’impiego, rafforzare la formazione professionale, rafforzare i meccanismi di ricollocazione del personale, dare la possibilità di una seconda vita professionale, rafforzare la connessione tra Its/ Scuole/Università e mercato del lavoro, rafforzare la funzione delle relazioni industriali, assegnare alle parti sociali ruoli di effettiva concertazione nelle fasi di trasformazione verso il green e il digitale, sostenere la domanda di trasformazione organizzativa e produttiva dell’impresa senza sperperi, aiutare i processi di ammodernamento della corporate governance delle Pmi, etc. E se invece dovessimo ragionare strettamente di politiche giovanili? In questo momento bisognerebbe immaginare un incremento di tutto ciò che è formazione dei giovani, chiedendo a Università e Its di rafforzare il più possibile le competenze per il futuro. Quindi capire, ad esempio, il green e il digitale che cosa chiederanno nei prossimi anni e creare delle figure professionali che abbiano quell’ibridismoo di competenze che il mercato del lavoro chiederà. Proviamo a dirlo con una parola sola... Engagement: i giovani devono essere coinvolti in attività istituzionali, sociali, professionali, politiche, associative, etc. Immaginerei anche una rivalutazione del servizio civile, qualcosa che possa rafforzare le occasioni di crescita individuale in contesti sani e produttivi anche al fine di far compiere un’esperien-

za in attività diverse da quelle strettamente filantropiche o di sostegno sociale. Ci sono degli esempi virtuosi di cose che si sono fatte o si possono fare per tracciare il solco? L’alternanza scuola-lavoro andava in questa direzione. Così come un servizio civile ben pensato e un tirocinio ben fatto, costruito negli anni universitari. Si deve trovare il modo per indirizzare i giovani verso un certo tipo di scelta professionale, tenendo presente la direzione del mercato del lavoro. Tutto ciò deve essere fatto su base scientifica. Ciò implica avere dei datasett affidabili. In Italia non sappiamo qual è il fabbisogno effettivo del mercato del lavoro perché non abbiamo dei dati ben strutturati. Ci sono paure ataviche che questa situazione ha fatto venir fuori nelle persone? È una delle domande che mi sono posto anch’io. La pandemia ci ha fatti sentire deboli. E questo accade anche perché non abbiamo una visione di ciò che possiamo fare per il futuro. C’è qualcosa che si è rotto nel passaggio generazionale. Non abbiamo più quella capacità di pensare al futuro, di costruirlo, e la pandemia l’ha mostrato in maniera evidente. Bisogna capire dove si è rotto l’anello della staffetta generazionale. Quando è successo, a suo parere? Forse tutto ciò è la conseguenza dei problemi degli anni ’70-’80, decenni in cui è venuto meno il patto tra generazioni: si iniziò a vedere il fenomeno dei giovani che non lavoravano, pur essendo formati (laureati o diplomati) o che non riuscivano a portare a casa uno stipendio vero. Negli anni ’90, mentre l’Europa chiedeva di rafforzare le politiche di coesione sociale, l’Italia restava bloccata in una serie di trame politico-istituzionali che hanno frenato il processo di ammodernamento. Fino ai nostri giorni... Ci siamo trovati spiazzati durante la crisi del 2008 e, per alcuni versi, anche nell’attuale. Venendo meno il patto tra generazioni è venuto meno anche il desiderio stesso di futuro. E questo patto rotto, che provoca degli effetti a cascata terribili, tra cui la denatalità, ha fatto venir meno il desiderio di costruire per il futuro o anche solo di pensarlo.

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Tra la scienza e la politica Ricciardi: vi spiego perché non sono stato alla finestra di Federica Mancinelli

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ncontriamo il professor Walter Ricciardi in una mattina di fine novembre, nei prati del campus di Roma dell’Università Cattolica. Il pensiero è fisso sull’emergenza pandemica. Ma nelle università, pur non popolate da tutti gli studenti, si pensa e si lavora al “dopo”, al futuro che sicuramente verrà. Di quel futuro abbiamo parlato col professore, ordinario di Igiene generale e applicata alla facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica, presidente della World Federation of Public Health Association (WFPHA) e consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza nell’emergenza sanitaria da Covid-19.

Professore, partiamo dalla fine: che 2021 sarà? Dipenderà da come ci comportiamo: se capiamo che questa lotta contro il virus è una battaglia stabile e che questo è un cambiamento epocale, sarà un anno pressoché normale. Se, invece, abbiamo l’ansia di tornare alla passata normalità, senza cambiare mentalità, sarà un anno di alti e bassi, di aperture e richiusure, un anno di tensione. All’inizio di novembre si è tenuto on line il Festival della salute globale: da Richard Horton a Jeffrey Sachs, da lei a molti altri esperti di sanità pubblica l’appello è stato quello di curare il pianeta per curare l’uomo. Fra le due emergenze, pandemica e ambientale, qual è il concetto più difficile da trasmettere? Quello più faticoso è che oggi nell’emergenza ambientale siamo come delle rane che non si rendono conto che l’acqua in cui siamo sta lentamente salendo di temperatura, correndo il rischio di trovarci bollite senza accorgercene. È un’«apocalisse a fuoco lento»: durante la guerra fredda ca-

pivamo il valore distruttivo di una bomba, ora non capiamo che la minaccia è lenta e costante. E siamo altrettanto lenti nel reagire. Il Coronavirus è una conseguenza del nostro modo di rapportarci col pianeta, di invadere spazi destinati agli animali, di sfruttare troppo le risorse. Da trasmettere è più difficile l’emergenza ambientale, ma ora è più urgente la pandemia. Nei primi mesi dell’emergenza si è parlato di “infodemia”. Qual è il segreto della “comunicazione sanitaria” in periodi come questo? Bisogna distinguere fra Paesi autoritari e democratici. Nei primi esiste una sola verità: il potere. Se viene esercitato con efficacia (come in Cina nella lotta contro il virus), si salvano decine di migliaia di vite, ma a prezzo della libertà di pensiero e di parola. Nelle democrazie è più difficile: per garantire la libertà spesso si genera confusione e disinformazione e i malintenzionati ne approfittano. Per questo la differenza la fanno i leader. Pensiamo alla neozelandese Jacinda Ardern e a Donald Trump: la prima ha salvato il Paese ed è stata trionfalmente rieletta, il secondo ha affossato gli Stati Uniti e non è stato confermato. Anche per questo lei, oltre che su giornali e Tv, è molto attivo nel social network... Prima lo ero molto di più, considerandolo un importante canale di comunicazione. Adesso è talmente invaso da persone che lo praticano per insultare o per sfogarsi che rimane pur sempre un utile strumento informativo ma per comunicare è troppo spesso usato in maniera ambivalente. Mentre parliamo, gli studenti e le persone che abitano il campus riconoscono il professor Ricciardi che, anche sotto una mascherina e da lontano, è una figura ormai

pubblica e conosciuta a livello europeo e internazionale. E che, dopo la laurea in Medicina e chirurgia, si è specializzato in Igiene e Medicina preventiva, materia fino a pochi anni fa quasi sconosciuta a livello generale. Perché ha deciso di fare il medico e poi il professore universitario e all’Università Cattolica? Ho voluto da sempre fare il medico, per aiutare gli altri e possedere conoscenze che potessero cambiare in meglio le sorti delle persone. Di fare il professore mi è capitato, avendo avuto la fortuna di incontrare maestri che mi hanno orientato verso la carriera universitaria. All’Università Cattolica ho sempre avuto la sensazione che un giorno sarei arrivato, finché il professor Giancarlo Vanini, il cattedratico di Igiene per tanti anni, mi ha chiamato qui. E com’è la vita del docente Walter Ricciardi in questo periodo? Quali sono le preoccupazioni e le domande di studenti, specializzandi, dottorandi? Sono desiderosi di inquadrare bene il problema. Anche gli studenti ricevono moltissime informazioni e il nostro dialogo si fonda sul fatto che oggi devono imparare, ma domani il loro sapere sarà utile per gli altri. È questo il cuore della sanità pubblica. Non stanno apprendendo solo conoscenze, ma modalità con cui migliorare se stessi e la società: gli studenti sono i leaderr del futuro. Lo sono se sanno essere anche manager. Ho visto tanti miei allievi, che hanno assunto posizioni di responsabilità, fare la differenza, e questa è la più grande soddisfazione. A proposito di leader, gli Stati Uniti, e il mondo, hanno un nuovo presidente: che Università Cattolica del Sacro Cuore


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cosa cambierà a livello di salute globale? La nuova amministrazione rimetterà al centro delle decisioni l’evidenza scientifica, che era stata letteralmente vietata anche come espressione, e ne abbiamo visto le conseguenze in pandemia: il Paese con le più importanti università e centri di salute pubblica del mondo ha contato centinaia di migliaia di morti, come nelle guerre della Corea e del Vietnam. La presidenza Biden segnerà, inoltre, una nuova collaborazione con l’Europa, prima vista come un avversario. Infine, porterà una riumanizzazione dei rapporti fra le persone, superando l’odio razziale, fra le generazioni, fra gli schieramenti politici, cercando di riunire tutti. Le persone iniziano a essere stanche: nell’attesa di un vaccino e di una terapia si fatica a fare progetti, a immaginare il “dopo”. Con ricadute anche sulla salute mentale. Come affrontare i prossimi mesi, ancora molto impegnativi? Stiamo vivendo tre pandemie: virale, economica e mentale. Siamo tutti stanchi e condizionati, a tutte le età e in tutte le professioni. Quello che possiamo fare, Università Cattolica del Sacro Cuore

ed è complesso, è cercare un equilibrio. Questa è una pandemia che ci fa dubitare su tutto, invece dobbiamo essere persuasi che la normalità tornerà, ma diversa: sarà nuova. Se non vorremo tornare alla vecchia vita, veloce, caotica, assembrata, incontrollata, e acquisteremo sobrietà e maggiore riflessione, vivremo un periodo di rinnovamento e di rinascita. Da tempo è impegnato in una missione anche politica, di scienziato che contribuisce a indirizzare i policy maker. Perché ha deciso di “correre il rischio”? Non sarebbe stata più comoda la vita del docente che partecipa da tecnico al dibattito pubblico? Le sfide oggi sono talmente epocali e difficili che chi pensa di poter continuare a fare solo il proprio lavoro di scienziato e educatore, corre il rischio di non avere un vero impatto sulla vita delle persone. Essere a contatto con la politica è nella natura della mia disciplina: la sanità pubblica è proprio dare indicazioni affinché la politica possa decidere al meglio. È un obbligo morale impegnarsi attivamente a servizio degli altri. Io ho fatto un ulteriore

passo avanti, perché ho anche contribuito a fondare un nuovo partito che possa incarnare il meglio del pensiero italiano: liberale, cattolico e socialista. Certo, ha ragione lei: c’è più da perdere che da guadagnare, ma nelle sfide storiche e per le future generazioni abbiamo la responsabilità di non tradire l’eredità di ciò che di buono ci ha lasciato chi ci ha preceduto, attraverso l’impegno. Grazie, professore. Magari ci reincontreremo su queste pagine quando la pandemia sarà finita. O sarà un’attesa troppo lunga? Tecnicamente, la pandemia sarà dichiarata finita dall’Organizzazione mondiale della sanità quando anche l’ultimo Paese del mondo non avrà casi di Covid per almeno 40 giorni consecutivi, e quindi fra molto tempo. Ma sicuramente fra poco vedremo una nuova fase della pandemia: se saremo bravi nel controllare e nel controllarci, il prossimo periodo ci vedrà in una vita pressoché normale. Quindi, tecnicamente ci rivediamo tra molti mesi, ma praticamente ci possiamo vedere prima.

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Il braccio destro di Fauci Da Piacenza a Washington la mia guerra al populismo di Sabrina Cliti

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na battaglia contro l’oscurantismo dell’«uno vale uno». Il futuro dell’America dopo Trump, e si spera anche dell’Italia dopo il Covid, sarà l’occasione per la scienza di tornare (finalmente) al ruolo che le spetta nell’informare la politica. Sembra quasi tirare un sospiro di sollievo Stefano Bertuzzi, amministratore delegato dell’American Society for Microbiology di Washington, una delle più grandi organizzazioni no profit nel campo della ricerca biomedica, con oltre 35mila iscritti e 170 staff presenti in 120 Paesi. La sua storia parte da Piacenza ed è la vicenda di uno scienziato, che lavo-

ra da oltre 20 anni con Antony Fauci e ha collaborato nei mesi scorsi con la task force della Casa Bianca per risolvere i problemi legati ai test del Covid-19. Nella città emiliana ha frequentato la facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali, si è laureato con una tesi a cavallo tra entomologia e microbiologia e si è poi specializzato in biotecnologie nella vicina Cremona, sempre all’Università Cattolica, da dove è partito per gli States per un periodo di scambio scientifico. «Dovevano essere sei mesi e sono qui da trent’anni: noi programmiamo e Dio ride dei nostri disegni. Senza queste opportunità non avrei potuto intraprendere la mia carriera

di ricercatore prima e adesso di amministratore». Ma non chiamatelo cervello in fuga: «L’importante è coltivare le proprie capacità e seguire i propri sogni, ovunque questi ci portino. Più che di fuga si deve parlare di mobilità: che gli italiani vadano all’estero va benissimo; sarebbe altrettanto auspicabile che gli stranieri venissero in Italia: nel mondo globale della conoscenza la strada non può essere a senso unico». Trent’anni anni costellati da successi professionali e grandi soddisfazioni, dentro un percorso condotto dalla passione per la scienza. Per questo Stefano Bertuzzi, che è stato anche al

Stefano Bertuzzi

Fare ricerca significa soprattutto riuscire a risolvere problemi molto complessi abilità di far diventare realtà quello che abbiamo nella nostra mente è il motore del mondo» non ha dubbi Stefano Bertuzzi, laureato in Scienze agrarie, alimentari e ambientali all’Università Cattolica e amministratore delegato dell’American Society for Microbiology di Washington. Del periodo “italiano” Bertuzzi ricorda soprattutto le persone, quelle che gli dicevano che era già americano quando ancora era nel nostro Paese. «Ho molti amici con cui mi sento ancora quotidianamente. Sto molto bene negli Usa: gli americani ti accolgono a braccia aperte, ma non le stringono mai. È una società molto aperta, in cui è facilissimo creare rapporti, ma manca quel senso di profondità nelle relazioni che invece ho sperimentato in Italia. Per questo custodisco con orgoglio e cura le ami-

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cizie e le relazioni di quegli anni». Allo Stefano Bertuzzi neolaureato direbbe «quello che direi al me stesso di allora e a tutte le persone che si laureano adesso: pensare alla scienza come un percorso che permette di equipaggiarti per risolvere problemi complessi. E questa è una cosa di cui c’è molto bisogno nel mondo, ovunque la si voglia applicare. La ricerca è futuro, è speranza, è creatività. Una cosa che non avevo capito è che fare ricerca non è tanto imparare delle nozioni o delle tecniche o farsi delle domande ma creare situazioni in cui riesci a risolvere dei problemi molto complessi. È la capacità di essere analitici, al confine tra il conosciuto e lo sconosciuto. All’inizio genera grandissime frustrazioni però ti tempra e ti aiuta ad affrontare la vita in generale».

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servizio del governo di Barack Obama nel settore della sanità pubblica con l’incarico di indirizzare i fondi ministeriali per la ricerca negli investimenti, si mostra soddisfatto per l’esito delle presidenziali americane. «Biden è già stato vicepresidente e penso ci saranno delle similitudini nel modo in cui affronterà la relazione con la scienza, dandole un ruolo cruciale». Anche perché verso la fine dell’amministrazione Obama il suo vice fu incaricato di dirigere la ricerca sul cancro dopo la morte del figlio. «La scienza ha il compito di fornire i dati, di mostrare l’evidenza, di portare le soluzioni possibili in alcuni settori strategici come quello della salute. Credo che il presidente Biden farà molta attenzione a questo e lo abbiamo potuto verificare fin da subito: dopo il discorso di accettazione, la sua prima mossa è stata convocare una task force per il Covid-19 per il periodo di transizione della presidenza. Immagino, quindi, nuove opportunità per la scienza di informare la politica e iniziative specifiche relative alla ricerca sul cancro, anche se ovviamente all’inizio la pandemia assorbirà tutte le energie, com’è giusto che sia». Ma c’è un nemico silente e dilagante che, in tutto il mondo, si intromette nel rapporto tra scienza e decisioni politiche. «È il populismo, i cui sintomi sono, per esempio, la presidenza Trump, la Brexit ma anche il sovranismo in Austria, in Cina, in Italia». Secondo lo scienziato «all’origine di questi fenomeni c’è la globalizzazione: nata con la caduta del muro di Berlino, ha svelato enormi opportunità, la fine dei blocchi ideologici, la comunicazione priva di confini, tutto è diventato universale e condivisibile». Uno scenario che ci ha illuso di poter vivere in un mondo migliore ma che, a un certo punto, ha rivelato le sue contraddizioni: «La globalizzazione ha enfatizzato la sua dimensione economica e finanziaria e molti segmenti della società sono stati completamente dimenticati. Sono persone di

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mezza età, prive delle skills necessarie per catturare nuove opportunità: sono i dimenticati (papa Francesco li chiamerebbe “scarti”), e in questa classe sociale è cresciuta la disperazione e la rabbia, che Trump, Salvini, Johnson e altri leader populisti sono riusciti a indirizzare perfettamente». È un meccanismo che ha conseguenze preoccupanti anche sulla stima di cui godono la scienza e i suoi risultati, perché «porta alla percezione degli scienziati come un élite arroccata su una posizione di superiorità e incapace di rapportarsi con una porzione importante della popolazione». Gli scienziati hanno molte respon-

sabilità, ma sono sostanzialmente invisibili. «Tuttavia la loro missione è di essere al servizio della società. La scienza non è una cosa che avviene solo in laboratorio, la scienza tocca tutto, da come organizziamo la supply chain a come produciamo. Se abbiamo la conoscenza ma non abbiamo i reagenti, la gente muore. Faccio un appello: dobbiamo vedere la scienza come una parte integrante della società e gli scienziati come soggetti chiamati a informare chi deve prendere decisioni politiche e amministrative basate sull’evidenza». Perché prevenire è costoso, ma la grave crisi pandemica di più.

Trent’anni negli Stati Uniti dentro un percorso condotto dalla passione per la scienza. Stefano Bertuzzi è stato anche al servizio del governo di Barack Obama nel settore della sanità pubblica

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Relazioni internazionali

Joe Biden, Make America America Again. La sfida del liberalismo embedded di Emiliano Dal Toso

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estituire agli Stati Uniti il ruolo di guida mondiale nei rapporti internazionali. Il ruolo che la più grande democrazia del mondo ha sempre avuto sulla scena mondiale. Make America America Again, per parafrasare il motto tanto caro all’ormai ex presidente Donald Trump. Durante la sua presidenza, Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni internazionali alla facoltà di Scienze politiche e sociali e direttore dell’Alta Scuola in Economia e Relazioni internazionali (Aseri), aveva dato alle stampe “Titanic. Il naufragio dell’ordine liberale” (Il Mulino, 2018), dove analizzava le derive plutocratiche dell’America. Una lettura molto critica dello stato di salute degli Stati Uniti culminata col trumpismo. Ma l’elezione del 78enne Joe Biden alla Casa Bianca, come 46esimo presidente, potrebbe portare a un’inversione di tendenza. «Chiariamo subito una cosa: Biden non è una minestra riscaldata» afferma il professor Parsi. «Il Partito Democratico ha puntato su un candidato di sintesi che è stato vicepresidente di Barack Obama, il più a sinistra dai tempi di Jimmy Carter. Da qui alle elezioni di metà mandato è importante che i democratici si consolidino su una piattaforma che non può essere la copia pallida dei repubblicani. La latitanza della sinistra è stato un problema per tutte le democrazie liberali: l’idea che si possano tutelare i diritti del lavoro fuori da un’agenda progressista è la più grande delle illusioni possibili. Le grandi stagioni di riformismo sono state quelle in cui le posizioni progressiste hanno attratto quelle culturali. Biden è da molti decenni in politica per saperlo: si troverà di fronte, innanzitutto, alla grande lotta per una

riconquista dell’egemonia culturale. Per vincere la sfida, dovrà attuare una politica progressista a tutto tondo. Se commetterà l’errore di pensare che sia possibile essere conservatori eticamente ma progressisti sui diritti del lavoro, prenderà una grande facciata». Siamo reduci da quattro anni in cui Trump ha sfidato l’ordine internazionale. Che cosa ci vorrà per rimodellare un sistema economico che è stato così radicalizzato? Trump ha dato l’opportunità di mettere in luce le contraddizioni dell’alleanza tra il liberalismo come concezione economica, il neoconservatorismo come attacco alla cultura progressista e l’ordoliberalismo in salsa “hayekiana”, ovvero l’idea che si debbano conquistare le istituzioni dello Stato per impedire che vengano emanate norme contro gli interessi più forti. Ora si deve rimettere in equilibrio un sistema che si è trovato in disequilibrio non con Trump, ma negli ultimi quarant’anni: dobbiamo restaurare l’ordine mondiale liberale, arrivando a produrre un sistema che superi il capitalismo dei super-ricchi e il capitalismo di concessione cinese, russo o arabo. Bisogna tornare a un capitalismo consapevole della sua funzione parziale e a un liberalismo “embedded”, contenuto. Stiamo vivendo invece in un momento storico in cui è la democrazia a essere contenuta, affinché non disturbi i manovratori del capitalismo. Che cosa dovrebbe fare il neopresidente? Dovrà porre al centro il tema della disuguaglianza, gestendo una politica equi-

librata in ambito economico. Non sarà facile, ma neppure il New Deal dopo la Grande Depressione del 1929 lo è stato rispetto agli strumenti a disposizione, però fu possibile una grande trasformazione perché quelle riforme presero di mira il problema strutturale dell’economia degli Stati Uniti. La politica deve lavorare sui grandi squilibri che si sono costruiti, e a tal proposito la Green Economy è uno strumento che può essere adoperato. Il sistema economico dev’essere ancillare al benessere del maggior numero delle persone. Non sarà un criterio soddisfacente, ma tutti gli altri criteri sono sicuramente peggiori. Con Biden cambierà il rapporto con l’Unione Europea? Lui è un sostenitore del multilateralismo all’americana. Trump diceva “Make America Great Again”, ma concettualmente lo dice anche Biden: chiunque è un leader di un Paese si preoccupa innanzitutto del suo Paese, altrimenti fa il Papa. La differenza consiste in che cosa faccia davvero grande un Paese. Secondo Biden, l’America è grande quando ha tanti alleati e guida gli altri, quando viene presa come un esempio, e quando utilizza il meno possibile la coercizione. L’interesse nazionale va costruito sulla base di una visione ampia e non angusta: questa è la differenza con Trump. Penso che con gli europei ci sarà quindi la possibilità di intendersi su molte questioni: una su tutte, per esempio, sarà l’agenda “green”, sulla quale però dovranno essere gli Stati Uniti a tornare sui loro passi. Università Cattolica del Sacro Cuore


La democrazia al tempo del Covid CICLO DI WEBINAR

Ha fatto discutere il passato di Kamala Harris da procuratrice generale della California. Come vicepresidente si sposterà su posizioni progressiste oppure rimarrà al centro? L’elezione di Kamala Harris è positiva per un motivo, innanzitutto: è una donna. Ricordiamo che le donne sono più del 50 per cento della popolazione mondiale, c’è da sfruttare un potenziale enorme che finora è stato sottoutilizzato. Rispetto al suo passato, non si diventa procuratore generale della California senza essere attaccabili sulla fermezza nel contrastare il crimine. Su questo tema, tutti gli americani sono molto diversi da noi. La Harris non è un’esponente dell’ala sinistra dei democratici, però sa bene che il futuro della sua carriera politica è legato anche alla capacità di tenere insieme una coalizione che potremmo definire “arcobaleno”, piuttosto che a conquistare i repubblicani più tiepidi. Ma non sarà lei a dettare la linea, perché dipenderà dal presidente sapersi avvicinare alle posizioni sostenute da Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez. La Harris non sarà il punto d’equilibrio dei prossimi quattro Università Cattolica del Sacro Cuore

anni, magari lo diventerà in futuro. Su quali temi peserà l’ala sinistra? La sinistra peserà molto sui diritti del lavoro e sui diritti delle donne. Quando andremo ad analizzare bene il voto di queste elezioni, vedremo che la stragrande maggioranza delle donne americane ha votato per i democratici. La lotta per la difesa delle donne, che negli Stati Uniti da sempre sono sotto attacco per quanto riguarda la difesa del loro corpo, sarà la battaglia principale della sinistra, aumentata dal fatto che Trump è riuscito a infilare nella Corte Suprema una giudice iper-conservatrice come Amy Barrett. Quale sarà il futuro del Partito Repubblicano? C’è chi sostiene che sia nelle mani della destra neo-conservatrice e ultra religiosa. E c’è chi dice che, una volta passata l’onda di Trump, ci sarà un problema di riposizionamento: il rischio è che la radicalizzazione stia producendo una contro-radicalizzazione ancora più forte. Penso che la tendenza più reazionaria sia in fase di ripiegamento, il Partito Repubblicano non può parlare soltanto ai rednecks e ai fanatici religiosi.

om’era forse prevedibile, i segnali di insofferenza da parte dei cittadini nei confronti dello stato di emergenza permanete a causa del Covid-19 non sono diminuiti, ma crescono di giorno in giorno. Problemi economici e lavorativi, limitazioni negli spostamenti, impossibilità di programmare il futuro sono solo le cause principali di questo crescente disagio. D’altronde, siamo costretti a ridurre i nostri spazi di libertà, in misura ulteriore rispetto a quelli che normalmente sacrifichiamo per vivere all’interno di una comunità. Al tempo stesso, non dobbiamo dimenticare che uno dei principali compiti di una democrazia funzionante è quello di intercettare e indirizzare nei canali istituzionali tale protesta in modo da fornire delle risposte adeguate. Per questa ragione, è importante che la politica non rimanga sospesa, ma svolga efficacemente il suo ruolo. Eppure, conosciamo bene anche i motivi per i quali ciò spesso non avviene: un eccesso di personalizzazione da parte dei leader, una polarizzazione crescente tra élite e popolo, la scarsa preparazione della classe politica, una costante crescita delle diseguaglianze. Sono temi al centro dell’attenzione da anni, ma in questi mesi si ripresentano davanti ai nostri occhi con un’enfasi persino maggiore rispetto al passato. Perché non c’è mai stata un’inversione di tendenza? La pandemia che sta affliggendo l’intero pianeta può essere l’occasione per definire nuovi paradigmi? Quale ruolo dovrebbero avere i cittadini nel nuovo scenario che si va prefigurando? Sono solo alcune delle domande attorno alle quali ruotano gli incontri della sesta edizione del ciclo “Politica in transizione”, organizzati nell’ambito del corso di Scienza politica della facoltà di Scienze politiche e sociali delle sedi di Milano e di Brescia e trasmessa sui canali social dell’Università Cattolica. (Antonio Campati, ricercatore di filosofia politica)

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Uno sguardo al futuro

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NextGenerationEu, anche l’Università Cattolica ha la sua task force ma under 25 di Sabrina Cliti

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utti lo chiamano Recovery Fund, accentuandone soprattutto l’azione “ristorativa”, per usare un’espressione che abbiamo imparato a usare ai tempi del Covid e dei Dpcm. Ma il vero nome del piano di ripresa che Commissione, Parlamento europeo e leader dell’Unione hanno concordato per portare il Vecchio continente fuori dalla crisi e gettare le basi per un’Europa più moderna e sostenibile è NextGenerationEu. Un’espressione che porta dentro di sé un’idea di apertura alla speranza e al futuro. Da costruire per e con i giovani. Una sfida raccolta da 175 studenti di Politica economica della sede di Piacenza dell’Università Cattolica per cercare di progettare, insieme, l’Europa di domani. Sono gli allievi della laurea magistrale in Gestione d’azienda, che partecipano al laboratorio didattico NgEu, coordinato dal professore di Politica economica Francesco Timpano. Tutti i Paesi dell’Unione e le istituzioni europee sono impegnati in un enorme sforzo per programmare e attuare progetti che saranno finanziati dai 750 miliardi previsti dal programma NextGenerationEu per i prossimi cinque anni, e si aggiungono ai 540 miliardi che l’Europa ha messo a disposizione, già dal 2020, per Mes, Sure e Bei. Tre le line di intervento previste: la transizione energetica, la trasformazione digitale e la solidità delle finanze pubbliche. Insieme alla Banca centrale europea, questo piano ha l’obiettivo di sostenere progetti per far uscire i Paesi dell’Unione europea dalla drammatica crisi provocata dalla pandemia. Un processo a cui darà il proprio contributo di idee anche la giovanissima “task force” dell’Università Cattolica.

 Gli studenti di Gestione d’azienda progettano insieme l’Europa di domani «Durante il mio corso gli studenti, che provengono da tutta Italia, costruiranno una quindicina di progetti che si confronteranno in un hackathon previsto tra marzo e aprile» spiega il professor Francesco Timpano. «Gli elaborati si concentreranno sulla risoluzione dei temi affrontati dal NextGenerationEu: dai programmi per la sostenibilità ambientale, sociale ed economica alla digitalizzazione, dalla transizione energetica agli investimenti in infrastrutture. Una forte attenzione sarà destinata alle iniziative connesse agli interventi a sostegno del lavoro, oltre agli incentivi alle imprese, all’innovazione e alla tassazione ambientale». Il laboratorio prevede, inoltre, una serie di approfondimenti con esperti, come Luca Cerri, partner Kpmg, e il team Tortuga (un gruppo di laureati e laureandi di economia impegnato nell’approfondimento di diversi temi di policy) e la partecipazione a eventi di rilievo connessi ai temi di NgEu. «Lo scopo principale è costruire proposte progettuali potenzialmente realizzabili con i fondi per la ripartenza del nostro Continente dopo questa tragedia» aggiunge il professor Timpano. «Il Next Generation Eu è un terreno di azione importante per i nostri giovani. Noi abbiamo accettato di affrontare la sfida». Lo conferma Federico Ceccolini, che fa parte di uno dei trentacinque gruppi in cui sono stati suddivisi gli studenti della laurea magistrale. Insieme ai suoi compagni, Alessandro Sacchi, Silva Serricchio, Margherita Saracino, Pamela Ambrosi, si è già messo alla prova. «Nello sviluppo del nostro progetto ci stiamo concentrando sulla decentralizzazione energetica. Abbiamo già cominciato a la-

vorare sul tema in occasione dell’hackathon promosso da Edf, Energia del Futuro, dove avevamo presentato uno studio per la creazione del distributore del futuro, che, mettendo da parte i combustibili fossili, consente di far rifornimento dei “nuovi” carburanti: dall’energia elet-

trica (prodotta “in house” a impatto 0) fino all’idrogeno». Un laboratorio, quello proposto nel campus piacentino, che consente di mettere le mani nella realtà e diventare protagonisti del proprio futuro. «Studiare in questo modo ci responsabilizza, rendendoci consapevoli di quanto possiamo incidere sulla “costruzione del mondo in cui vivremo”, non limitandoci a essere soggetti passivi delle scelte altrui». Università Cattolica del Sacro Cuore


Brescia

Il Recovery plan lo scrive la Generazione Z Azioni concrete per il cambiamento locale di Barbara Boschetti e Ivana Pais*

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n vero e proprio “Recovery plan” scritto dalla Generazione Z, fatto di azioni concrete capaci di attivare il cambiamento a livello locale. Sono uno straordinario esercizio di co-progettazione del futuro i FutureLab giovani, attivati nell’am-

bito del progetto COM_PACT4Future dell’Università Cattolica (Osservatorio OpTer), che coinvolgono quattro istituti superiori e più di 200 studenti del territorio bresciano. Tra le tante chiavi di lettura attraverso cui è possibile interpretare i progetti dei ragazzi, ne richiamiamo tre. In primo luogo, la dimensione del fare, che coniuga immagin-azione e innov-azione, attraverso la volontà di trasformare viUniversità Cattolica del Sacro Cuore

PRESENZA

Uno sguardo al futuro

 Gli studenti di quattro istituti superiori della città partecipano a uno straordinario esercizio di co-progettazione del futuro con i FutureLab giovani promossi dall’Ateneo sioni e sogni in realtà. Progettare il futuro richiede una buona dose di coraggio, il coraggio dell’azione, ma anche e soprattutto il coraggio dell’immaginazione, in cui l’azione continuamente si alimenta del sogno e del suo potere di trasformazione, strappandolo a una sterile utopia. Grazie a questo circuito il sogno da utopia, come non-luogo, diviene eu-topia, luogo buono. Il secondo elemento caratterizzante è la declinazione al plurale. Si tratta di progetti collettivi, promossi da un noi inclusivo. Le progettualità prevedono un’alleanza con la generazione precedente e con quelle future e con le istituzioni del territorio, che garantiscono una proiezione di lungo periodo. Nell’analizzare i contenuti dei progetti emerge, poi, una centralità dell’ambiente e di progetti eco-innovativi. I ragazzi attribuiscono questa attenzione a una sensibilità globale e generazionale, maturata anche attraverso la partecipazione attiva a movimenti come Fridays for Future e al tempo stesso a una specificità locale, legata alla consapevolezza degli elevati livelli di inquinamento registrati nella provincia di Brescia. Nel prefigurare uno scenario distopico, in cui i problemi del presente vengono trascinati nel futuro, è rappresentato un ambiente violato, che diviene anche sinonimo di emarginazione, esclusione, solitudine, ferita, rifi uto che ostacola, burocrazia che toglie ricchezza e, dunque, oscurità, nebbia, che impedisce la visione, il pensare in avanti, la costruzione del futuro. Un deterioramento della casa comune, che parte dall’ambiente ma impedisce il raggiungimento di dimensioni di benessere individuale e collettivo. L’individuazione del rovesciamento di questa prospettiva in uno scenario utopi-

co per poi individuare strade percorribili per raggiungere un futuro desiderabile porta all’individuazione di chiavi di svolta, capaci di attivare il cambiamento, di ricucire rapporti e relazioni, di liberare energia: api, bambini, donne, animali, acqua, riduzione degli scarti e dei tempi d’attesa (anche sui banchi di scuola o alla pensilina dell’autobus) per ridurre le distanze fisiche e sociali. Da oggetti sfruttati e violati, da prodotto a liberatori di energia vitale per i territori, di ricchezza e (bio)diversità, di innov-azione. In questo processo, i giovani si rivelano dotati di una straordinaria imprenditività, che in alcuni casi potrà tradursi anche in imprenditorialità in senso stretto, ma che, più in generale, muove nella direzione dell’attenzione al lavoro ben fatto, al capolavoro, che coniuga professionalità, attenzione all’eccellenza del processo/ prodotto e al suo impatto sociale. Il lavoro, apparentemente assente dalle visioni dei giovani, rientra quindi come modalità per realizzare lo scenario desiderato. E la scuola come agenzia di form-azione. Nel prefigurare scenari futuri gli studenti hanno assunto spontaneamente un ruolo da protagonisti, mettendo in campo le competenze acquisite durante i percorsi formativi. I ragazzi escono dunque dal loro ruolo di studenti e si collocano in modo attivo nella società, come portatori di saperi e di esperienza e come educatori, sia verso i più giovani che verso gli adulti. La centralità della condivisione passa dalla sfera del sapere a quella del fare e diviene una forma salutare di contagio. È a questo contagio benefico, quello del “bene operare”, che i giovani affidano il riscatto delle comunità in questo tempo di pandemia. * docente di Diritto amministrativo alla facoltà di Scienze politiche e sociali e docente di Sociologia economica alla facoltà di Economia

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Nella ricerca

Religione e migrazione

Migranti e laicità, aiutiamoli a casa nostra di Laura Zanfrini*

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migranti sono testimoni viventi di una geografia religiosa complessa e dei molti significati della fede. A volte schegge impazzite, lupi solitari o membri delle reti terroristiche internazionali, “simpatizzanti” dei folli progetti politici dell’Isis, artefici di attentati vili ed efferati al grido Allahu akbar: questo sì un atto di blasfemia verso i fedeli musulmani. Più spesso, uomini e donne di diverse religioni partono alla volta dell’Europa portando con sé immagini e oggetti sacri, con la speranza che il loro Dio li accompagnerà, che la fede preserverà le loro radici e li aiuterà a superare le difficoltà, che la religione sarà lo scudo difensivo per far crescere i figli in una società secolarizzata. In altri casi ancora, uomini e donne vittime della persecuzione religiosa o dell’ateismo di Stato trovano in Europa il luogo in cui sperimentare la libertà di professare la fede e di viverla in modo autentico affrancandosi dalle interpretazioni distorte dei precetti religiosi, la motivazione per spezzare la logica del risentimento e sentirsi parte di una società pluralistica. Sono, questi, altrettanti volti di migranti che sfidano la società europea e la sua relazione

 Una società coesa e democratica non è un esito scontato ma un traguardo da costruire attraverso l’educazione dei neo-arrivati al principio di laicità dello Stato con la dimensione religiosa (come ha rivelato la ricerca Migrants and Religion: Paths, Issues, and Lenses, coordinata da chi scrive e pubblicata su https://brill.com/view/ title/57389?language=en). Una dimensione estromessa dalla sfera pubblica in nome della laicità, ridotta alla sua declinazione intimistica e individuale, brandita come vessillo a difesa di quelle radici cristiane bandite dalla costituzione europea, piegata a simbolo di uno scontro di civiltà, neutralizzata con una discutibile interpretazione del principio di uguaglianza: nelle scuole francesi sono “ammesse” le vignette su Maometto, ma non i simboli evocativi dell’appartenenza religiosa di alunni e insegnanti. L’Europa, in cui si rivendica il diritto alla blasfemia erigendolo a espressione della libertà di coscienza assiste da anni alla profanazione quasi quotidiana dei luoghi di culto (innanzitutto quelli cristiani); gli stessi media che sostengono il rafforzamento delle sanzioni contro l’omotransfobia bollano disinvoltamente come retrogrado e illiberale chi

s’azzarda a rimettere in discussione il cosiddetto diritto ad abortire; quanti vorrebbero fare della religione un filtro per selezionare migranti e richiedenti asilo dimenticano come è proprio la libertà di religione a definire l’essenza di una democrazia e la condizione indispensabile a governare una società plurale. Lasciarsi interpellare dal suo carattere a un tempo universale ed espressione di distinzione e diversità è il primo passo per ripensare al rapporto tra l’Europa e la religione, un obiettivo fondamentale per società che hanno drammaticamente bisogno di valori condivisi per superare la crisi d’identità che ne ingessa le capacità progettuali. Le narrazioni edulcorate che negano la dimensione conflittuale presente in ogni comunità eterogenea potrebbero rivelarsi altrettanto dannose della stigmatizzazione negativa che soddisfa il bisogno di capri espiatori. Occorre essere consapevoli di come una società coesa e autenticamente democratica non è un esito scontato, bensì un traguardo da costruire attraverso provvedimenti concreti che riguardano, per esempio, l’educazione dei neo-arrivati al principio di laicità dello Stato; la responsabilizzazione dei leader religiosi e il loro coinvolgimento nel governo delle pratiche migratorie; la capacità di trasformare il pluralismo religioso dei contesti scolastici e di vita quotidiana in “palestra di cittadinanza”; la cura dell’analfabetismo religioso, indispensabile a instaurare un confronto con chi proviene da altre tradizioni religiose; la rivitalizzazione delle radici cristiane dell’Europa e il riconoscimento della valenza pubblica della religione e del suo contributo alla costruzione del bene comune e alla realizzazione dei desideri di quanti credono nella pace. * docente di Sociologia delle migrazioni e della convivenza interetnica, facoltà di Scienze politiche e sociali, Università Cattolica del Sacro Cuore

Università Cattolica del Sacro Cuore


Brescia

Quantistica, la rivoluzione trova lavoro di Antonella Olivari

PRESENZA

Nella ricerca

 Il trasferimento di idee quantistiche in un ambiente industriale, richiederà nuove competenze e nuovi professionisti: il Quantum Engineer e il Quantum Manager

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l lungo viaggio dai primi esperimenti e dalle prime teorie quantistiche allo sviluppo di tecnologie quantistiche di applicabilità concreta ha richiesto quasi un secolo. E ha portato a formare il Quantum Researcher, r una figura che conosce i fondamenti della meccanica quantistica teorica e sperimentale e svolge attività di ricerca in ambienti accademici o istituti di ricerca. L’imminente seconda rivoluzione quantistica, ovvero il trasferimento di idee quantistiche in un ambiente industriale, richiederà nuovi professionisti che non solo siano in grado di comprendere la meccanica quantistica ma anche di “portarla” nell’industria. Due potrebbero essere le figure professionali richieste: il Quantum Engineer, r in grado di progettare, implementare, costruire e utilizzare dispositivi quantistici; e il Quantum Manager, r che è in grado di riconoscere il potenziale della rivoluzione quantistica e implementare schemi di business sostenibili basati su queste tecnologie. Le abilità sperimentali e pratiche necessarie per formare un Quantum Engineer sono così complesse che offrire pochi corsi sperimentali di base, come di solito accade nei percorsi di

laurea tradizionali, è ben lungi dall’essere sufficiente. Le competenze quantistiche comprendono le tecniche criogeniche per raffreddare i materiali e preservare le informazioni quantistiche; le tecniche di ultra alto vuoto per creare gas di atomi freddi; la fisica del laser e interazioni luce-materia per manipolare e controllare le informazioni quantistiche ed eseguire operazioni quantistiche; l’elettronica per leggere l’output del calcolo quantistico o implementare dispositivi quantistici; la conoscenza della superconduttività e delle proprietà dei materiali quantistici. Il Quantum Manager dovrebbe combinare competenze di base nella fisica quantistica con un’ampia conoscenza in open innovation, manage-

rialità, imprenditorialità e altre competenze trasversali che potrebbero aiutare a cogliere il potenziale delle tecnologie quantistiche e trasformare idee brillanti in veri e propri business innovativi. L’Università Cattolica ha lanciato il curriculum ““Physics for Technologies and Innovation” per sviluppare competenze per accedere alla nuova industria quantistica. L’obiettivo del programma è unire le conoscenze scientifiche di base in fisica quantistica con competenze in data science e innovazione/ imprenditorialità, combinate con la possibilità di fare esperienza diretta nel centro di ricerca iLamp. Ma è solo il primo passo di un lungo viaggio.

Come proteggere la vite da quella cannibale della cimice asiatica PIACENZA

e la cimice asiatica miete danni in agricoltura, in viticoltura il danno è ancora maggiore. La sua azione può compromettere non solo la produttività della vite ma anche il processo di vinificazione, perché gli insetti sui grappoli al momento della raccolta possono rilasciare composti responsabili di odori sgradevoli nel vino. Un problema serio per uno dei prodotti di punta del made in Italy, spiega l’entomologa dell’Università Cattolica Ilaria Negri. Secondo uno studio condotto negli Usa, la presenza di sole tre cimici per grappolo può arrivare a compromettere significativamente le caratteristiche organolettiche del prodotto. «Fortunatamente, l’uva di per sé non sembra essere particolarmente gradita alle cimici, ma la presenza di colture molto attrattive poste in prossimità dei vigneti, come per

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esempio la soia, porta i grappoli a bordo coltura a essere infestati da decine di esemplari». Sono alcuni dei primi risultati del progetto di ricerca triennale Debug, coordinato dall’Università Cattolica e finanziato da Regione Lombardia. Ilaria Negri studia i tratti comportamentali ed eco-fisiologici della cimice asiatica, che possono essere sfruttati per proteggere le colture dagli attacchi e prevedere con precisione le zone più sensibili alle infestazioni. «Simulando condizioni microclimatiche diverse, abbiamo notato che esistono microhabitat particolarmente preferiti dalla specie e altri che, invece, arrecano stress fisiologici. Questo permette di capire quali sono le aree più suscettibili alle infestazioni e attuare interventi di difesa sostenibile mirati, secondo un principio di Precision Crop Protection. I dati

possono essere utilizzati per integrare i modelli previsionali di diffusione delle infestazioni in campo, anche alla luce dei cambiamenti climatici in atto». Dagli studi emergono alcune curiosità. Le cimici che infestano le nostre case sopravvivono all’inverno grazie a un peculiare comportamento che le induce a cannibalizzarsi l’un l’altra. I cannibali possono contare su un surplus di risorse alimentari che le porta a sopravvivere fino a primavera inoltrata, quando le piante ospiti potranno fornire un nutrimento migliore. Riuscire a scovare i nuclei di aggregazione delle cimici svernanti sarebbe molto importante perché la loro sopravvivenza è legata al gruppo e chi sopravvive verrà a infestare le nostre colture. https://debugproject.wordpress.com/ (Sabrina Cliti)

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PRESENZA

Ateneo

Facoltà di Scienze politiche e sociali

Attrezzati per un cambiamento d’epoca di Paolo Ferrari

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l “non expedit” aveva smesso da due anni di tenere i cattolici fuori dalla partecipazione attiva alla vita politica. In quel clima culturale di grande fermento, il 7 dicembre 1921 iniziava i propri corsi l’Università Cattolica, voluta da padre Agostino Gemelli anche per formare la nuova classe dirigente cattolica. Non a caso, tra i due ambiti disciplinari proposti alle prime matricole c’era Scienze sociali, che successivamente sarebbe diventata la facoltà di Scienze politiche e sociali. «La ricostruzione dopo la Prima guerra mondiale, la tragedia della Spagnola, la novità della Rerum novarum rappresentavano non un’epoca di cambiamento, ma un cambiamento d’epoca, come direbbe oggi Papa Francesco» spiega il preside Guido Merzoni, da otto anni alla guida della facoltà. A cento anni di distanza le sfide sono diverse ma non meno epocali. «Allora si trattava di reinterpretare il mondo della prima rivoluzione industriale. Oggi è il tempo della ricerca di una governance globale, perché globale è la valenza di tutti i problemi: l’ambiente, il riscaldamento del pianeta, le migrazioni, la sicurezza internazionale, la pandemia». Dirompente è anche la sfida della crescente diseguaglianza nei Paesi sviluppati, dove il potere economico si concentra in poche mani, monopolizza le nostre preferenze, con l’aiuto della tecnologia: «Sono questioni che non possono essere affrontate da una singola disciplina accademica». Non a caso tre parole chiave come multidisciplinarità, interdisciplinarità e transdisciplinarità sono nel Dna della facoltà. «Si tratta di una sfida per la cultura, per la ricerca ma anche per come formiamo i nostri laureati: professionisti con una cassetta degli attrezzi composita, che offre approcci diversi per sfide nuove». Chi esce da Scienze politiche e sociali è riconosciuto come persona «sveglia e

 Il preside Guido Merzoni: «Multidisciplinarità, interdisciplinarità e transdisciplinarità sono nel Dna della facoltà. Una sfida per cultura, ricerca e anche per la formazione dei laureati» preparata, aperta a imparare, con basi di approcci disciplinari diversi ma complementari: politologia, economia, storia, sociologia, diritto, psicologia». L’apertura che si respira è grande quanto il mondo. Oltre ai corsi sulle relazioni internazionali e sulla cooperazione, la facoltà propone due lauree in lingua inglese che aumentano gli scambi internazionali, rafforzati ora dall’ingresso della Cattolica nel circuito formativo e di ricerca di Sacru, che unisce otto prestigiose università cattoliche dei due emisferi in un network di eccellenza. Molto alta l’attenzione alle sfide del mondo contemporaneo, «quelle legate alla crescente domanda di beni pubblici: un ambiente migliore, una maggiore sicurezza interna e internazionale, maggiori servizi alla persona, sia sul piano sanitario che sociale». A questi ultimi la facoltà risponde col filone di studi del Servizio sociale, «dove si è creata una forte coesione tra gli studenti, con un grande lavoro personale di costruzione della professionalità, alla base del quale c’è un’altra caratteristica chiave del nostro percorso:

la dimensione comunitaria». Si tratta di quella “formazione integrale della persona” di cui parlava già padre Gemelli, resa possibile da un rapporto favorevole docenti-studenti (1/35), che produce un curriculum di studi fatto di competenze ma anche di esperienze che formano la persona. «Una su tutte, il seminario residenziale che ogni anno un gruppo di 25 studenti vive insieme ad alcuni docenti di diversi ambiti disciplinari su tematiche interdisciplinari (Lincs). Ma anche le proposte extracurricolari, con o senza crediti, come i tirocini di Servizio sociale, le visite alle istituzioni internazionali o le lezioni aperte». Forte di questi strumenti la facoltà guarda al proprio futuro: «Abbiamo consolidato il disegno dei percorsi internazionali; confermato il successo dell’apertura delle nuove triennale e magistrale a Brescia, che si appresta a inaugurare la nuova sede; potenziato gli strumenti della didattica digitale, che potrebbero permettere, per esempio, la partecipazione a distanza di studenti bresciani a qualche magistrale di Milano. Allo studio la possibilità di introdurre anche lauree magistrali in lingua inglese, alla luce della grande richiesta degli studenti». Ma in questo processo di innovazione, il richiamo alle radici contenute nel nome stesso dell’Ateneo non viene meno. «Siamo una facoltà che ha al centro le parole chiave della Dottrina sociale della Chiesa: solidarietà, sussidiarietà, bene comune e dignità della persona. Ma anche un principio antico e sempre nuovo come la “destinazione universale dei beni”, rilanciato da Francesco nell’enciclica Fratelli tutti. Abbiamo una storia importante dietro le spalle, ma anche la volontà di affrontare le sfide dei prossimi decenni con solide radici nell’identità culturale dell’Ateneo». Università Cattolica del Sacro Cuore


Facoltà di Psicologia

Tante psicologie nel nome di padre Gemelli

PRESENZA

Ateneo

di Paolo Ferrari

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 Il preside Alessandro Antonietti: «La nostra attività di ricerca e di formazione è ispirata iamo tra le facoltà più giovani a un modello antropologico personalista e condotta con un approccio biopsicosociale»

dell’Ateneo ma la nostra storia è intrecciata a quella dell’Università Cattolica fin nella vocazione scientifica del fondatore. Per questo sentiamo di far parte di tutti e cento gli anni di questa istituzione». Nelle parole del professor Alessandro Antonietti c’è il richiamo al “Gemelli psicologo”, pioniere della disciplina in Italia con studi d’avanguardia, che ancor oggi ispirano vari ambiti di ricerca. Un legame mai interrotto – è stata attivata una collana a lui dedicata, pubblicata da Educatt – che ha portato alla fine degli anni ’90 alla nascita della facoltà di Psicologia. Un radicamento che non si riduce al culto del passato. «Per noi avere radici così profonde significa avere idee chiare sulla nostra identità» afferma il preside Antonietti. «La scienza è un’esperienza culturale che non prescinde da determinati valori. L’aggettivo che compone il nome del nostro Ateneo dice di un ancoraggio filosofico, un modello antropologico che si basa su una visione personalistica, non riduzionistica e non meccanicistica». Secondo il preside, si tratta di «temi rilevanti per rispondere alle domande di oggi, senza andare dietro alle mode o a ciò che rende solo in termini economici». Un messaggio da comunicare agli studenti, che apprezzano «l’efficienza, la serietà, la correttezza, l’affidabilità della proposta formativa ma non sempre colgono un particolare orientamento valoriale, accolto solo implicitamente». Ma anche ai docenti, soprattutto le nuove generazioni, con cui si è attivato un percorso per confrontarsi sulla visione della psicologia, della ricerca, delle sue applicazioni. «Non una psicologia ma tante psicologie». È questo, secondo il professor Antonietti, il profilo della facoltà. Oltre al modello personalistico, il ritratto è completato dalla scelta convinta Università Cattolica del Sacro Cuore

dell’approccio biopsicosociale, cioè una formazione non solo nelle scienze umane ma anche in quelle biologiche, per studiare il rapporto tra mente, cervello e società. «L’altra opzione è il collegamento tra ricerca di base e applicazioni: in ambito professionale, educativo-scolastico, clinico-sanitario e, più recentemente, tecnologico». Quasi a riprendere le intuizioni di padre Gemelli sugli effetti bio-psicologici del volo, in ambiti come il traffico, la giustizia, l’orientamento, ecc. «Per esempio, se parliamo di servizio sanitario il focus prioritario è la salute ma è importante anche il tema del supporto psicologico. Se pensiamo alla pandemia, il vaccino è la risposta medico-sanitaria ma convincere le persone a vaccinarsi potrebbe essere un compito della psicologia della comunicazione. E in ambito penale, valutare le dichiarazioni di un testimone è compito del giudice o del giurista ma misurare l’attendibilità del teste è un tema psicologico».

Del resto, fa notare il preside, «il nostro sguardo è rivolto più ad accogliere tutte le opportunità professionali che si presentano – dalla comunicazione alle tecnologie, dalla riabilitazione allo sport, dalle aziende alla pubblica amministrazione – che verso posti “imposti per legge”». E alla base di questa opzione c’è la scelta di passare «dal compito di formare gli psicologi a quello di dare una formazione psicologica a figure diverse dagli psicologi». Un compito che si realizza anche con la pluralità di occasioni offerte agli studenti, soprattutto in questo tempo di distanza forzata. «Ogni 15 giorni inviamo ai nostri ragazzi una newsletter con attività che aggregano e spunti di riflessioni. Proseguono i webinar “fuori dal sacco”, legati a temi di attualità, proposti come attività culturali. Infine abbiamo attivato dei “Club di psicologia” organizzati intorno a interessi particolari: musica, con la preparazione di un concerto di Natale; fotografia, con una mostra tematica; fitness, con l’obiettivo di partecipare a una gara; cineforum virtuale su temi psicologici con un professore come discussant. Al giro di boa dei cent’anni dell’Ateneo, la facoltà si presenta con una filiera formativa completa: a triennali, magistrali, corsi di perfezionamento, master, Alta Scuola in Psicologia “Agostino Gemelli” (Asag) e Scuola di dottorato si aggiungono ora le due Scuole di specializzazione in Psicologia clinica e in Neuropsicologia, che abilitano alla psicoterapia. Con una ciliegina sulla torta nell’ottica dell’internazionalizzazione: il nuovo corso di laurea triennale “Psicology” interamente in inglese, che accoglie 30 studenti italiani e 40 internazionali (scelti, questi ultimi, tra più di 100 candidati). To be continued.

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Nuovo sito web nell’anno del centenario

Unicatt.it, la street art per la nuova porta d’accesso all’ecosistema digitale di Michele Nardi

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iù passa il tempo, più l’Università Cattolica diventa giovane. Sembra paradossale, eppure proprio all’inizio del suo centesimo anno di vita si presenta con un sito nuovo di zecca, primo passo di un rinnovamento completo della strategia digitale e dell’immagine online dell’Ateneo. Con un occhio di riguardo al primo pubblico con cui l’università vuole parlare: i propri studenti presenti e futuri. Anche per questo è stato chiamato uno street artist a occuparsi delle nuove icone delle facoltà: un modo per cercare un ulteriore punto di contatto con le nuove generazioni anche a livello visivo. Ma come ripensare la presenza digitale di un’Università ricca di storia, di tradizione e di valori ben riconoscibili? C’era il rischio di perdere per strada la propria identità. Per realizzare una rivoluzione senza tradirla, l’Ateneo si è affidato alla consulenza di Gummy Industries, un’agenzia creativa nata dieci anni fa a Brescia, composta da una trentina na di under 40 specializzata nel digitale. «Sapevamo di dover afa frontare un compito molm to impegnativo» spi piega Giorgio Mininno,, uno dei quattro soci fondafo tori di Gummy. y. «Da

 Proprio all’inizio del suo centesimo anno di vita l’Università Cattolica si presenta con un sito nuovo, primo passo di un rinnovamento completo della strategia digitale e dell’immagine online, con il nuovo logo realizzato per il centenario

fuori l’università si percepisce come una realtà complessa e molto articolata. Osservando cosa andava e non andava è parso subito evidente che sotto il dominio Unicatt esistessero troppi siti. Sono una trentina, legati a facoltà, centri di ricerca e progetti specifici. Da un lato questo è segno di grande vivacità ma dall’altro crea difficoltà a gestire la comunicazione e il tono complessivo dell’organizzazione». Secondo il direttore generale della Cattolica Paolo Nusiner, il nuovo sito Unicatt.it «non è semplicemente lla porta di ingresso alla nostra università per chi

naviga nella rete, così come chiostri e portali lo sono per chi accede fisicamente ai nostri campus. È, piuttosto, il punto di accesso all’«ecosistema digitale» dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, suggellato dal nuovo logo realizzato per il centenario del nostro Ateneo, che ha “un secolo di storia davanti”». Il portale è stato progettato con una logica mobile-first ed è caratterizzato da una veste grafica minimal e coerente su tutte le pagine. La navigazione, inoltre, porta all’interno di un unico sito sia l’offerta formativa che le varie informazioni destinate agli studenti che vogliono iscriversi


internazionali, aziende, enti e professionisti, alumni, istituzioni. Ognuna di loro avrà a disposizione un portale unico dedicato, in cui troverà tutte le informazioni necessarie che la riguardano. Il tutto impreziosito dalle illustrazioni dello street artist Basik. Per il direttore generale, «un tocco di originalità per cui, oltre che funzionale, il nuovo portale è anche bello. Un motivo d’orgoglio per tutti».

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a un corso o di laurea in Cattolica. Infatti se molti sono gli interlocutori che l’Ateneo vuole raggiungere con il nuovo portale, la scelta di privilegiare i bisogni di chi studia e chi intende venire a studiare in Cattolica è stata netta e convinta. L’ecosistema digitale, comunque, è stato rivisto partendo dalle persone che ogni giorno cercano contenuti e risorse online. Otto le categorie: studenti prospect; studenti iscritti, ricercatori, docenti, studenti

Parla lo street artist autore delle icone delle facoltà

Basik, la mia arte? Ispirata alla pittura religiosa medievale-rinascimentale 6/2020

uando, navigando sul nuovo sito, si arriva nella pagina delle facoltà, ci si imbatte in qualcosa di sorprendente: a ciascuna di esse sono associati disegni moderni, eleganti, con una identità visiva definita. Non semplicemente degli abbellimenti grafici. La produzione artistica è stata affidata allo street artist Basik, nome d’arte di Lucio Bolognesi. Quando si pensa alla street art non viene di certo in mente l’iconografia della pittura religiosa medievale-rinascimentale, di cui Basik ha fatto il proprio carattere distintivo, convincendo l’Ateneo ad affidargli il lavoro nell’ambito più generale del ripensamento della presenza digitale dell’Università Cattolica. Ogni icona cerca di rappresentare il “punto saliente” della rispettiva facoltà. Per fare un solo esempio, per Scienze bancarie, finanziarie e assicurative l’artista si è ispirato a San Matteo, che, prima della conversione, era un esattore delle tasse e spesso viene raffigurato, su tutti da Caravaggio, chino su un libro contabile mentre viene chiamato da Cristo. Ecco spiegata la simbologia della penna da cui nasce un ramo che genera frutto. «La tradizione cattolica dell’Ateneo è stata un punto di ispirazione per me» racconta Bolognesi. «La mia opera è fortemente influenzata a

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livello estetico dalla pittura religiosa dell’arte medievale e rinascimentale. Sono sempre stato colpito da questo periodo storico: reinterpretare i differenti stili di quell’epoca mi permette di confrontarmi con grandi maestri e di rendere loro omaggio». Tutte le icone sono legate alle altre da un filo rosso: l’elemento principale di ogni immagine è una mano. «È il risultato di un discorso nato tanti anni fa sul valore del gesto come simbolo. La mia attività prende spunto sia dal valore della simbologia manuale nella pittura religiosa, non solamente cristiana, sia dall’importanza che le mani e la loro gestualità hanno per la cultura italiana. Cerco sempre di lavorare esaltando la valenza del gesto per sottolineare anche come possa essere percepito in modo diverso a seconda del luogo. Ci sono gesti che hanno significato universale e altri il cui senso cambia da cultura a cultura». Un concetto molto caro a Bolognesi, che ha viaggiato in lungo e in largo nel corso della sua carriera. Si è esibito in tutta Italia e nel mondo: da Longarone a Londra, da Lecce a Berlino, da Ravenna a San Francisco. È attivo dai primi anni ’90, quando ha cominciato con i graffiti, per poi sviluppare il suo stile personale

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passando dallo spray all’utilizzo di tanti altri materiali e mezzi espressivi. Un percorso in cui ha inciso anche la sua lunga esperienza da grapich designer: «Nel lavoro con l’Università Cattolica non so se la mia esperienza da grafico abbia inciso sulla scelta formale. È stato semplicemente il modo più naturale per rendere essenziali i soggetti. Un’idea derivata da un percorso di anni e anni su come astrarre il più possibile una parte del corpo pur restando nell’ambito figurativo». (Michele Nardi)


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Obituary

Una vita spesa per la Parola di Aurelio Mottola

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a sua instancabile attività di insegnamento (in seminario e all’Università Cattolica), di predicazione (in Italia e nelle missioni) e di scrittura (numerosissimi i suoi libri) ne ha fatto un protagonista della recezione del Vaticano II nel nostro Paese per una delle più significative novità introdotte dal Concilio: l’importanza della Scrittura nella vita della Chiesa. Dell’effervescente energia postconciliare don Bruno Maggioni si era fatto sapiente e generoso interprete perché la Parola potesse fare la sua “corsa” e diventare familiare nelle comunità cristiane. Il suo approccio era inconfondibile, una lettura della Bibbia proprio per tutti. Qual era il segreto di questa capacità di comunicazione? Don Bruno leggeva la Scrittura sempre a partire dal nucleo vitale che tutto illumina: la croce di Gesù, quale evento rivelatore ultimo e definitivo di Dio. Qui risiedeva l’anima più vera dell’incessante rapporto che Maggioni intratteneva con la pagina biblica, centrato su quel paradosso cristiano che ogni volta lo incantava. Questo lo ha tenuto distante dagli indugi tecnicistici che talvolta riducono la Scrittura

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o possono testimoniare tutti quelli che l’hanno conosciuto: Giovanni Negri è stato un “signore” del diritto, soprattutto romano. Il giurista è morto all’età di 80 anni. Professore ordinario di Istituzioni di Diritto romano, si era formato all’Università Statale di Milano e aveva iniziato esercitando la professione di avvocato nel campo del diritto civile, commerciale e amministrativo a Milano o e Piacenza. Aveva perfezionato gli studi di Diritto romano all’Università di Heidelberg e, prima di giungere in Cattolica nelle sedi di Milano e Piacenza, aveva insegnato

rofessore emerito di Storia del cristianesimo, Massimo Marcocchi ha rappresentato una figura rara di intellettuale cattolico. Cremonese di origine, fu legato, grazie al professor Mario Bendiscioli, agli ambienti dell’intellettualità cattolica bresciana, vivissima negli anni a cavallo del Concilio. Brescia significò per lui un’occasione di conoscenza di centri di intensa vita religiosa, quali l’Oratorio della Pace, dove si era formato Giovanni Battista Montini e in cui si profilarono tra gli altri i padri Cistellini, Caresana e Manziana, corrispondente e amico di Paolo VI. Vincitore di concorso universitario a Chieti, nel 1981 è chiamato alla Cattolica, per rafforzare il progetto del Dipartimento di Scienze Religiose concepito da Giuseppe Lazzati. Il rettore fu tra gli artefici della sua chiamata sulla cattedra di cristianistica, fino a quel momento tenuta da padre Raniero Cantalamessa. Convinzioni ecclesiologiche e stili di comportamento accomunavano Marcocchi a Lazzati: convinzioni di fede, l’idea della libertà della ricerca e della necessità che questa sia priva di intenti apologetici predeterminati, la centralità attribuita al laicato nella vita della Chiesa. Figura di riconosciuta onestà intellettuale e autorevolezza morale, durante la docenza alla facoltà di Lettere e filosofia si trovò in sintonia soprattutto con alcuni colleghi storici, in primo luogo Nicola Raponi, Luciano Pazzaglia, Franco Pizzolato, mantenendo comunque una posizione defilata e rifiutando ruoli direttivi, anche quando gli fu espressamente richiesto di assumerli. (Gian Luca Potestà, docente di Storia del cristianesimo, facoltà di Lettere e filosofia)

P a lettera morta, dalle interpretazioni psicologizzanti al servizio del benessere individuale, e così pure dalle diffusissime retoriche moralistiche che addomesticano il testo. L’ermeneutica di Maggioni stava saldamente assestata in un equilibrio unico tra l’originalità del messaggio evangelico e la sua risonanza esistenziale. In questo equilibrio la pagina biblica “respirava”, risultando sempre “giovane” e attuale. Tale era perché don Bruno abitava la Parola con le incessanti domande che la vita suscita in noi tutti; ne riceveva luce come lampada per i suoi e nostri passi, ma solo per il passo successivo, non per tutto il percorso, sempre fiduciosamente aperto alla sorprendente novità di Dio. Questo accostamento alla Scrittura, così sensibile ai fondamentali dell’esistenza umana nella sua dimensione feriale e quotidiana, ha impedito agli scritti di don Maggioni di invecchiare, come per i suoi lettissimi editoriali della Rivista del Clero italiano, che ha diretto la dal 1987 a oggi. Lo stesso vale per quasi tutta la sua vasta produzione esegetica, a cominciare dal fortunatissimo Il racconto di Marco, uno dei libri che più hanno favorito la diffusione capillare della sensibilità biblica nella vita delle nostre Chiese.

Giovanni Negri, un signore del diritto di Agostino Picicco

Massimo Marcocchi

materie romanistiche nelle Università di Urbino, Parma e Pavia. A Piacenza dal 1995 al 2000 è stato presidente del corso di laurea in Giurisprudenza collegato alla sede milanese e dal 2000 al 2004 preside della facoltà, istituita anche con il suo contributo. «Attorno a Negri e alla sua attenzione per la facoltà di Giurisprudenza è cresciuta una scuola. Aveva cultura, gentilezza, finezza e quel tratto dell’intellettuale nobile che oggi stentiamo a trovare nel mondo universitario e nella società» dice l’attuale presidente del corso di laurea magistrale in Giurisprudenza, Antonio Chizzoniti.

Il 10 novembre 2014 tenne presso la sede piacentina una lectio dal titolo: “Il Diritto romano nella formazione del giurista odierno e nella giurisprudenza tra Diritto ed Economia”, in cui espose la tesi di come il Diritto romano continui ad avere un ruolo essenziale nell’edificazione degli ordinamenti giuridici vigenti in quasi ogni parte del mondo e come il lessico e i concetti delle moderne tecniche giurisprudenziali siano tutti conformati a quelli propri del diritto romano. Il 16 maggio del 2016, in una solenne cerimonia presieduta dal rettore Franco Anelli, ricevette il titolo di professore emerito. Università Cattolica del Sacro Cuore


Nonostante il lockdown

Anche nel turismo Brescia si rivela Leonessa

PRESENZA

Nelle sedi

di Bianca Martinelli

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rescia è la provincia lombarda che meglio ha tamponato gli effetti della pandemia sul piano della ripresa turistica. I dati riferiti ai mesi di luglio e agosto 2020, elaborati dalla Provincia di Brescia, parlano chiaro. A fronte di un segno meno registrato in tutte le provincie della Lombardia, la Leonessa ha limitato le perdite al -32% sugli arrivi e -36% sulle presenze. Percentuali migliori si segnalano solo nelle province di Pavia (-24% e -18%) e Sondrio (-21% e -20%), che presentano, però, un’estensione geografica e una situazione ricettiva nettamente inferiori a quella bresciana. Al contrario i territori più colpiti risultano le città d’arte e quelle legate al turismo business: l’area milanese perde rispettivamente il 78% degli arrivi e il 74% delle presenze, Varese (-61% e -51%) l’area di Monza-Brianza (-58% e -50%), Mantova (-55% e -48%) mentre Bergamo, epicentro di contagi lo scorso marzo, -57% e -48%. Non va meglio, infine, a Como, Lecco, Cremona e Lodi (che si assestano rispettivamente a 47% e -43%, -43% e -36%, -54% e -31%, -45% e -37%). Secondo Marco Grumo, docente di Management, Imprenditorialità e sviluppo delle imprese turistiche internazionali e globali e co-coordinatore della laurea magistrale in Management, imprenditorialità e comunicazione per il turismo globale alla facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere, «il Covid ha generato tre fenomeni: il calo dei budget a disposizione delle persone, il blocco dei trasferimenti su lungo raggio ma anche l’aumento della voglia di viaggiare da parte dei consumatori». Sul fronte bresciano a colmare parzialmente il divario creato dal crollo turismo internazionale sono stati i circa 54.000 arrivi da parte di “nuovi” turisti locali, che quest’anno hanno deciso di optare per soggiorni di prossimità. Tra le aree più attrattive figurano il Lago di Garda e la Valle Camonica. «Sono aree in cui l’offerta ricettiva è di alta qualità ma adatta a tutte le tasche: i bresciani vi si Università Cattolica del Sacro Cuore

sono riversati anche grazie alla vicinanza geografica mentre la clientela austriaca e tedesca, che da sempre considera il Garda meta prediletta, non è stata frenata dal blocco dei voli, muovendosi in auto». La zona che ha visto muovere il maggior numero di “turisti bresciani” è stata l’Area Territoriale Brescia e Hinterland, con la città di Brescia che fa da traino con oltre 12.000 arrivi (circa il 20%), seguita dalla pianura bresciana e dalla Val Trompia. Non solo: se a luglio la contrazione degli arrivi in Lombardia è stata del 38% per gli italiani e del 78% per gli stranieri, mentre ad agosto del -21% del -59%, i dati bresciani vantano il segno più per arrivi e presenze dall’Italia (luglio +13% e agosto +14%) e una perdita percentuale di stranieri che si attesta “solo” tra il -43% di luglio ed il -63%

di agosto. Numeri dunque nettamente migliori rispetto alla media regionale e a quelli di aree confinanti come Bergamo (-81% a luglio e -74% ad agosto) o Milano (-89% a luglio e -85% ad agosto). Dati non confortanti, certo, ma all’interno dei quali è possibile leggere percezioni in positivo. «La tenuta del turismo bresciano ‒ spiega Paolo Corvo, che al corso di laurea in Scienze turistiche e valorizzazione del territorio insegna come Progettare l’esperienza turistica ‒ è da attribuire alla capacità delle destinazioni e strutture turistiche di adeguarsi alla situazione d’emergenza, garantendo condizioni di massima sicurezza per i turisti e offrendo itinerari sostenibili e slow. Questo fa sperare in un’effettiva ripresa di arrivi non appena sarà terminata la crisi sanitaria».

Corsi di laurea e master per vincere la sfida turistica l corso di laurea triennale in Scienze turistiche e valorizzazione del territorio attivo alla facoltà di Lettere e filosofia forma professionisti per la gestione del comparto turistico-culturale. Il curriculum in Esperto linguistico per il turismo del corso triennale in Scienze linguistiche e letterature straniere pone le competenze linguistiche al servizio delle realtà aziendali; mentre l’indirizzo in Management, imprenditorialità e comunicazione per il turismo globale alla magistrale in Scienze linguistiche forma figure professionali con un’avanzata preparazione nelle lingue europee e extra-europee per il management delle imprese turistiche e dell’accoglienza. La cultura del vino come fenomeno del turismo esperienziale è oggetto del master di primo livello Comunicazione per il settore enologico e il territorio.

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Nello sport

Calcio femminile e laurea in Economia

La doppia carriera di Martina, centrocampista da nazionale e dottoressa da 110 e lode di Graziana Gabbianelli

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arlare di Martina Brustia, neolaureata in Economia e gestione aziendale alla facoltà di Economia dell’Università Cattolica e centrocampista dell’Inter e della nazionale italiana U23, significa raccontare di grandi sacrifici ma anche di grandi soddisfazioni. Significa raccontare di una profonda passione sportiva tradotta in intensi allenamenti quotidiani e di un grande interesse per lo studio portato avanti con costanza, volontà e lunghe nottate sui libri. Nata nel 1998 a Novara, Martina – dopo aver mosso i primi “calci” a 8 anni nella squadra Sparta Novara, dove era l’unica femmina all’interno di una formazione tutta maschile – ha esordito con l’Inter Milano a 16 anni, dal 2014 al 2015 ha giocato quattro gare ufficiali con la nazionale U17 e a fine 2017 è entrata nell’U23. A inizio 2018 è stata convocata in nazionale maggiore dalla Ct Milena Bertolini.

«Non è stato facile conciliare lo studio, le lezioni in università con gli allenamenti che si tengono tutti i giorni per tante ore consecutive. È stato fondamentale adottare un preciso metodo di studio e, rinunciando a qualche svago, mettermi sui libri nelle ore libere e soprattutto alla sera» confessa Martina che all’indomani della sua laurea, ancora emozionata, vuole sottolineare come i suoi sacrifici siano stati sempre accompagnati e sostenuti «dalla disponibilità dei professori dell’Ateneo, dalla facilità di recuperare online il materiale didattico» nonché dalla possibilità di usufruire del Progetto Dual Career, r che sostiene il percorso accademico degli studenti-atleti in largo Gemelli. Conquistandosi un bel 110 e lode Martina, lo scorso 6 novembre, si è laureata discutendo una tesi in Digital marketing e il ruolo dei social media nel calcio: il caso Fc Internazionale Milano, una tesi elaborata grazie alla sua relatrice la professoressa Lala Hu, e alla disponibilità, nel reperire materiale, data dalla

società sportiva per cui gioca. «Ho deciso di laurearmi in marketing perché è un ambito che mi interessa molto e dove mi piacerebbe un giorno magari lavorare, tanto che mi sono già iscritta al corso di laurea magistrale in Management per l’impresa - profilo Marketing. Considerato il mio background di atleta – aggiunge Martina – mi piacerebbe un giorno, per esempio, avere un ruolo manageriale in una grande e importante società sportiva come Fc Internazionale Milano, in cui ora gioco». Interesse, passione e anche divertimento sono gli elementi alla base di qualunque cosa faccia e abbia intrapreso Martina. Una laurea conseguita diversamente da quanto aveva immaginato negli anni di studio. A causa della pandemia da Coronavirus, infatti, il conferimento si è svolto da remoto e non in università. «Ma è stato tutto molto emozionante lo stesso, a casa, circondata dalla mia famiglia e virtualmente anche da alcuni amici collegati online: c’era una bella atmosfera, molto calda e accogliente» afferma la neodottoressa che rivela di aver provato una gioia completamente diversa da quella che si può vivere dopo un goal o una vittoria sul campo di calcio. «Essermi laureata è stata una soddisfazione personale; un successo sportivo, invece, è il frutto di un lavoro e uno sforzo collettivo» spiega Martina, ricordando un grande traguardo conquistato con tutta la sua squadra: la promozione in Serie A dopo una stagione di solo vittorie, un pareggio e nessuna sconfitta. A proposito dell’imminente gennaio 2021, che segnerà il passaggio al professionismo del calcio femminile, la centrocampista neroazzurra esprime grande soddisfazione: «Dopo i mondiali in Francia del 2019 è aumentata la visibilità del nostro movimento. Alcuni stereotipi resistono ma molta gente ne ha compreso la bellezza. Certo, per naturali motivi di fisicità, la potenza e la velocità sono differenti tra il gioco al maschile e al femminile, ma la determinazione e l’impegno sono perfettamente uguali». Università Cattolica del Sacro Cuore


Martina Colucci

Dal Milan alla serie A del Volley femminile, sono diventata la psicologa degli atleti di Francesco Berlucchi

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n’idea ben chiara in testa e tanta flessibilità. Martina Colucci sapeva che con questi due ingredienti, la ricetta sarebbe riuscita. Ed è per questo che, fin da giovanissima, ha investito molte energie per realizzare il suo sogno: lavorare nello sport come psicologa. Martina ha 29 anni, abita a Monza e adora il calcio. Da tre anni e mezzo lavora per il Consorzio Vero Volley, nato solo dodici anni fa con hub proprio a Monza, oggi protagonista sul territorio lombardo perché entrambe le prime squadre – maschile e femminile – giocano in Serie A1. Dopo la laurea triennale in Scienze e tecniche psicologiche e la magistrale in Psicologia dello sviluppo e della comunicazione all’Università Cattolica, nel 2016 Martina inizia il suo tirocinio partendo proprio dalla sua passione, il calcio, al Settore giovanile del Milan, in affiancamento all’équipe psicopedagogica coordinata da Caterina Gozzoli, direttore dell’Alta Scuola di Psicologia “Agostino Gemelli” e coordinatore scientifico di Cattolicaper a lo Sport. «Mi ha sempre affascinato l’utilizzo delle relazioni tra i soggetti che ruotano intorno all’atleta, dal rapporto con i genitori o gli amici a quello con la scuola» racconta Martina. «La mia tesi di laurea si basava sull’esperienza sportiva come strumento di inclusione sociale sui campi di Gratosoglio (un quartiere della periferia sud di Milano, ndr.). Lavorare in un grande club come il Milan mi ha fornito una miniera di informazioni, di contaminazioni, di nuove idee. Stare direttamente sul campo, è stata la cosa più bella, come quando siamo andati in ritiro estivo con l’U17. Durante quell’’esperienza, ho conosciuto da vicino il master Sport e intervento psicosociale. E devo dire che aver scelto di frequentarlo è stato decisivo, soprattutto per entrare in contatto coi i partner del Università Cattolica del Sacro Cuore

corso, cioè con società sportive di livello molto importante». Tra queste, il Vero Volley, consorzio capace di coinvolgere ben sei società di pallavolo, 1.600 atleti, 57 squadre, 70 allenatori in 55 diverse palestre. Martina conosceva poco il volley ma ha iniziato subito a prendere confidenza partendo dalla Serie B femminile. «La fiducia che mi è stata data dalla dirigenza è stata fondamentale per fare un buon lavoro. Al termine del quale ho potuto proporre un nuovo progetto». L’idea di Martina si chiama Parent’s School, un percorso pensato per le società affiliate al Vero Volley che prosegue tuttora. Anzi, recentemente è stato richiesto anche al di fuori dell’area milanese e brianzola. «È rivolto ai genitori degli atleti – spiega – ed è strutturato attorno a tre macro aree: la consapevolezza genitoriale, ossia capire se il genitore è troppo coinvolto nell’attività sportiva del figlio o se, al contrario, è assente; le aspettative dei genitori; le competenze da mettere in atto. Attraverso alcuni incontri di formazione, è pos-

sibile anche sondare se vi sono bisogni precisi, oppure estendere la formazione direttamente ai ragazzi. Come è accaduto in Piemonte, dove con l’U17 maschile abbiamo lavorato sulla crescita motivazionale della squadra». Dalla Lombardia, gli incontri di formazione tenuti da Martina si sono allargati al Piemonte, all’Emilia Romagna, al Veneto, alla Campania, all’Abruzzo. Fino a suscitare l’interesse della Federazione italiana pallavolo, che l’ha portata a organizzare un ciclo di incontri proprio in Abruzzo, voluti dalla Fipav regionale. «In realtà, tutto è partito dal master» prosegue Martina. Mi ha fornito degli strumenti di lavoro veri e propri, che ho utilizzato appena il Vero Volley me ne ha dato la possibilità. Ricordo che a fine lezione mi faceva male la mano dall’enorme quantità di annotazioni scritte sul mio quaderno, tanti erano gli spunti interessanti. Gli stimoli che ti dà sono molteplici, ma a un certo punto sei tu che inizi a cogliere gli aspetti che senti più importanti. Ed è allora che si aprono diverse strade».

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Nello sport

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Di EDUCatt

In fuga dalla Siria, Omayma studia in Cattolica per la famiglia e per la pace

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o che molte persone al mio posto avrebbero gettato la spugna. Io stessa in più occasioni mi sono detta che ero arrivata al limite, che avevo già vissuto esperienze fin troppo pesanti per una ragazza della mia età. Ma poi guardo la mia famiglia, vedo gli occhi dei miei fratelli e il bene che ci vogliamo, e grazie a questo mi riprendo sempre, e trovo le forze per fare sempre un passo in più». Omayma è una ragazza siriana di 24 anni, iscritta al secondo anno di Relazioni Internazionali alla facoltà di Scienze politiche e sociali dell’Università Cattolica. Il suo sogno è di lavorare in ambasciata e aiutare persone che sono andate incontro a esperienze che, come la sua, possono cambiare

 Per sfuggire alla guerra è arrivata in Italia piena di aspettative e consapevole delle responsabilità verso genitori e fratelli. La sua storia si affianca a quella degli altri ragazzi sostenuti da Educatt, dallo studentwork e dal progetto sociale di Casa Fogliani la vita. Prima di otto fratelli, Omayma è dovuta fuggire dalla Siria quando la guerra ha preso il sopravvento. Con non poche difficoltà la famiglia è

arrivata in Libano, dove i fratelli più grandi hanno deciso di rinunciare agli studi per permettere ai più piccoli di andare a scuola.

Denish: «I will work hard» rillante studente dell’Università Cattolica, Denish segue con successo il corso in Sustainable agriculture for food quality and environment alla facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali. La sua storia, però, inizia in un paese rurale dell’Uganda dove, fino all’anno scorso, non avrebbe nemmeno potuto sognare una laurea in un ateneo privato italiano. Cresciuto in una famiglia di sei figli, orfano di padre, Denish e la sua attitudine allo studio si sono scontrati con ostacoli

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economici già alla fine del primo ciclo di studi. A portarlo in Italia è l’incontro con padre Charles Vura Obulejo, prete ugandese con parrocchia in Italia, che notando la volontà del giovane l’ha segnalata a un docente dell’Università Cattolica. Oggi, grazie a una borsa di studio dell’Istituto Toniolo e al progetto sociale di Casa Fogliani® Denish può concentrarsi sugli studi, potendo contare sul sostegno necessario per una accoglienza completa. (Sara Barboglio)

Università Cattolica del Sacro Cuore


Quando nel 2016 si presenta l’occasione di arrivare in Italia per provare a ricostruire la vita che avevano in Siria, Omayma e la sua famiglia non se la lasciano scappare: arrivano prima a Roma e poi a Milano, dove per un anno e mezzo, in attesa di trovare una casa che ospitasse dieci persone, risiedono in un centro di accoglienza. Tra il peggioramento delle condizioni di salute dei genitori e le ristrettezze economiche, Omayma riprende gli studi e si iscrive in Università Cattolica, riuscendo nel frattempo a sostenere economicamente la famiglia. Districarsi tra lavoro, lezioni universitarie e responsabilità inizia a diventare complicato, ma a quel punto Omayma conosce EDUCatt, le realtà dello studentwork e il progetto di Casa Fogliani, che la segue nella

preparazione degli esami di inglese e copre le visite mediche dei suoi genitori. Omayma racconta sempre la sua storia con l’obiettivo di far sapere a chi

non ha vissuto queste cose l’importanza della pace, della famiglia, di vivere tranquilli: sono le cose più importanti nella vita, «e non vanno mai date per scontate».

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Di EDUCatt

Elmer: «Tutto è amore» ato a Yunguilla, un remoto caserio nel cuore del Perù, settimo di nove fratelli, Elmer, studente dell’Università Sedes Sapientiae di Lima, considera ogni contingenza della vita un dono e ogni sfida un’opportunità: con questa convinzione ha sempre cercato la sua strada, prima sulla via della filosofia, poi nella facoltà di ingegneria agraria dove – racconta lui stesso – «non ho smesso di cercare risposte al mistero della vita». Grazie all’aiuto

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concreto di Casa Fogliani®, che si è fatta carico delle spese di viaggio, Elmer ha svolto in Italia un tirocinio formativo all’interno del progetto Stage overseas Italia&Perù, in cui ha potuto lavorare con macchinari moderni, visitare città come Milano e Roma, conoscere l’Italia di cui ha amato il cibo e l’accoglienza, soprattutto quella della famiglia che l’ha ospitato per la sua permanenza, dove – dice Elmer – «tutto è amore». (Sara Barboglio)

Buoni a far del bene: la solidarietà “sociale e digitale” Le iniziative solidali a sostegno degli studenti CASA FOGLIANI

asa Fogliani da anni promuove azioni di solidarietà volte a sostenere giovani meritevoli e bisognosi nel loro percorso di studi: grazie alla campagna “Buoni a fare del bene 2019”, sono stati aiutati studenti come Elmer, Denish e Omayma (di cui parliamo nella pagina accanto) a realizzare il proprio sogno di un futuro migliore. Quest’anno, per l’edizione 2020 della campagna natalizia, Casa Fogliani si è reinventata e ha puntato tutto sul binomio “sociale e digitale” con una serie di azioni innovative che si sono concentrate sull’online. Prima tra tutte il nuovo e-commerce, con una nuova vetrina prodotti più intuitiva, la possibilità di pagare con Paypal e una selezione con un’attenzione ancora maggiore alla qualità e sull’etica dei produttori scelti come partner. Sugli scaffali digitali sono disponibili la nuova birra “Alma”, una Imperial Red Ale prodotta in collaborazione con il “Birrificio Argo”; la tavoletta di cioccolata al sale in co-branding con “Don Puglisi”, realtà siciliana d’eccellenza nel campo della solidarietà; i taralli prodotti per Casa Fogliani da “Antico Forno Angelini”, storico forno pugliese di Taranto, esempio di tradizione panificatoria dal 1915. Casa Fogliani però non vende solo prodotti, ma anche servizi che

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diventano il mezzo e non sono più il fine con cui sostenere i progetti. È con questo intento che è nata l’iniziativa “Le ricette di Casa Fogliani: in cucina con Andrea”, il percorso di video-ricette online che prosegue la strada che era già stata tracciata dal volume “I piatti per le feste” e dal percorso esperienziale in Ristorante.9 dello scorso anno. L’iniziativa rientra nelle azioni di solidarietà introdotte da Casa Fogliani per sostenere l’accesso alla formazione universitaria degli studenti più

bisognosi: acquistando uno o più corsi disponibili sulla piattaforma, si accompagnano giovani meritevoli nel loro percorso universitario, reinvestendo le marginalità in borse di studio, sostegno economico e servizi. Per maggiori informazioni sulle attività della campagna “Buoni a fare del bene 2020” visita il sito www. casafogliani.it e www.lericettedicasafogliani.it. (Giada Meloni)

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Elogio del rischio

Per la Rivista del Clero il traguardo dei cento anni di Velania La Mendola

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d Assisi, durante l’estate del 1919, padre Agostino Gemelli comincia ad architettare molte cose nella solitudine di San Damiano. Tra queste una rivista speciale, pensata per il clero italiano. Come si legge nella sua biografia (Maria Sticco, Padre Gemelli), è nella pace della culla del francescanesimo che il futuro fondatore dell’Università Cattolica pensa per la prima volta alla creazione della “Rivista del Clero Italiano”, che sarebbe arrivata alle stampe il 10 gennaio 1920. Ad aiutarlo Francesco Olgiati, fondatore con lui di Vita e Pensiero (la rivista nel 1914 e l’editrice nel 1918) e dell’Ateneo (1921), e monsignor Luigi Vigna. Il programma d’azione della rivista è illustrato nel primo editoriale intitolato Il nostro massimalismo, dove si legge: “La guerra ha distrutto un’infinità di valori economici e materiali, ma anche di valori spirituali e morali... C’è dunque necessità urgente di apostoli. Ma l’apostolo, ieri come oggi, non può essere che un massimalista... nell’azione. Ce ne ha dato l’esempio Gesù che è andato all’estremo, alla follia della croce. Ce ne hanno dato l’esempio i santi che lo hanno seguito. Ce ne hanno dato e ce ne danno esempio quanti sono vescovi e sacerdoti, che si immolano nell’opera di salvezza delle anime [...]. Facciamo dunque dell’apostolato; conviene muoverci, forse l’ora è tarda e a ciascuno di noi sacerdoti incombe parte

della responsabilità di ciò che sarà domani il nostro Paese”. Dopo un secolo, lo stesso senso di responsabilità scorre tra le pagine della Rivista che continua il suo cammino, come testimonia l’incontro online “Rimessi in viaggio” promosso dall’editrice Vita e Pensiero con la Diocesi di Milano per riflettere insieme a sacerdoti e docenti sulla Chiesa, sui cambiamenti in atto, sul ruolo e la figura del presbitero. All’incontro – moderato da Aurelio Mottola, coordinatore della rivista e direttore dell’editrice e introdotto da monsignor Claudio Giuliodori, membro della direzione – ha partecipato Pablo d’Ors, sacerdote e scrittore madrileno, noto in Italia per la sua Biografia del silenzio, coinvolto per raccontare la passione e l’entusiasmo degli inizi. Insieme a lui, Luciano Manicardi, monaco, priore della Comunità di Bose, che ha invece approfondito il tema di come mantenere questo entusiasmo “nelle stagioni della vita”, custodendo la “promessa degli inizi”. Teresa Bartolomei, docente di Teologia dell’Università Cattolica di Lisbona, ha invece condiviso la sua riflessione sull’attenzione alla cultura comune nell’esercizio del Ministero, proponendo un rafforzamento della cultura letteraria (anche pop, come nel caso dei versi del cantante Nick Cave) nella formazione del presbitero. Il vicario episcopale, monsignor Luca Bressan, ha chiuso il seminario soffermandosi sulle priorità nella cura pastorale: «Ci sono transizioni da interpretare. Spesso ci focalizziamo sulla mancanza di preti, ma sono scesi molto anche i battesimi. Con il Concilio si apre un grande cantiere che presenta la figura del presbitero come luogo su cui lavorare», ha detto. Dopo un secolo, la Rivista del Clero è ancora un laboratorio “per trovare energia”, ha concluso Bressan, portando gli auguri dell’Arcivescovo Mario Delpini.

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Anne Dufourmantelle

Bookcity Milano a nona edizione di Bookcity Milano si è svolta tutta in digitale. Sebbene si sia sentita la mancanza del contatto diretto con autori e lettori, è stato sorprendente abbracciare il mondo intero con un’ottima audience di spettatori. Il futuro del pianeta e la responsabilità dell'uomo, il ruolo delle donne, il valore della comunicazione e quello della letteratura sono i temi sviluppati, cominciando dal dibattito Terra nostra? tra i docenti Silvano Petrosino e Teresa Bartolomei, collegata da Lisbona. Moderato dal direttore dell’Osservatore Romano Andrea Monda e introdotto dai saluti del prorettore Antonella Sciarrone Alibrandi, l’incontro è stata una riflessione corale su come l’uomo sia chiamato a partecipare alla Creazione, a completarla, non a distruggerla. Nell’incontro I talenti delle donne, Rosangela Lodigiani, Elena Granata e Floriana Cerniglia si sono confrontate su esperienze personali e ricerca sulle pari opportunità: «Ogni donna che tace e rinuncia a parlare è una voce mancante per tutti» hanno detto le tre docenti universitarie. In A lezione di ecologia dei media, Fausto Colombo ha aperto le porte della sua aula virtuale per spiegare, con Ruggero Eugeni, l’importanza di una comunicazione gentile per «tornare umani». Dal Portogallo Alberto Manguel è stato ospite di Siamo ciò che leggiamo in dialogo con Alessandro Zaccuri e gli studenti del master BookTelling Anna Rusconi e Lorenzo Barberis. L’incontro La nostra terra al di là dell’Oceano ha avuto al centro l’America Latina, terra natale di Miguel Benasayag, collegato da Parigi, e terra d’elezione di Lucia Capuzzi. Un dialogo sulla sfida geopolitica e sociale del XXI secolo, quella della lotta alle diseguaglianze e alle tirannie. Tutti gli eventi sono sul canale youtube Vita e Pensiero: www.youtube. com/vitaepensiero.

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Mario Aldegani, Johnny Dotti Venite a mangiare con me Una nuova convivialità per tornare umani Vita e Pensiero, Milano 2020 – pp. 176, €16,00 (Sestante)

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na lettura troppo spiritualizzata di Gesù e del Vangelo ci ha resi forse poco sensibili agli aspetti concreti della sua vita e del suo messaggio. In Venite a mangiare con me Johnny Dotti e Mario Aldegani ci conducono, di capitolo in capitolo, tra i banchetti vissuti o raccontati da Gesù nei Vangeli, dalle nozze di Cana alla moltiplicazione dei pani, dal racconto dei discepoli di Emmaus al pasto di Gesù risorto con gli apostoli, all’alba, sulla riva del lago. Quell’ultimo momento di condivisione del cibo – da cui è tratto l’invito di Gesù del titolo Venite a mangiare con me – fu anche l’alba di un nuovo inizio per i discepoli. Così accade nella nostra esperienza, quando accogliamo, ascoltiamo, dialoghiamo nell’incontro: torniamo a essere umani.

Michel de Certeau La debolezza del credere. Fratture e transiti del cristianesimo Prefazione e traduzione di Stella Morra Vita e Pensiero, Milano 2020 – pp. 228, €22,00 (Cultura e storia)

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n questi testi, scritti tra il 1964 e il 1993, il grande studioso e gesuita francese delinea un itinerario appassionato alla ricerca di un modo nuovo di pensare e di vivere la fede cristiana. Il cristiano contemporaneo si ritrova privo di certezze cui poggiarsi, non ha più il facile appiglio di istituzioni e pratiche consolidate. Come può allora trovare e percorrere il «sentiero non tracciato» che lo porti a pensare la sua fede e a inserirla positivamente nella società in cui vive? Immaginando i mondi possibili a partire proprio dal reale in trasformazione, prendendosi il rischio dell’incontro con la povertà non solo fisica, ma soprattutto spirituale: è a quel punto, scrive de Certeau, che la «debolezza del credere» mostra la sua forza, evoca gesti e parole nuove per dar carne alla fede nell’oggi, suscita quel desiderio insaziabile e quella speranza senza pari che ci salva.

Libro EDUCatt

Marina Giampietro

Agostino Gemelli psicologo. Gli studi sulla personalità EDUCatt, Milano 2020, 108 p pp., disponibile p in free download all’indirizzo https://system.educatt. p y com/libri/PadreGemelliPsicologo/ g book/agostino-gemelli-psicologo-glig g studi-sulla-personalita

uscito, ed è disponibile in formato ebook all’indirizzo system.educatt. com/libri/PadreGemelliPsicologo, il secondo volume del progetto dedicato a ricostruire e valorizzare i diversi aspetti della figura di Padre Agostino Gemelli, al secolo Edoardo, quale studioso e ricercatore nell’ambito della psicologia. Obiettivo della serie, inaugurata con il volume di Ilaria Montanari, Agostino Gemelli psicologo. Una ricostruzione storiografica, è studiarne il profilo di scienziato, di psicologo italiano della prima ora e di promotore di cultura ad ampio raggio. Il secondo volume di Marina Giampietro approfondisce le acquisizioni di Gemelli nell’ambito degli studi sul concetto di personalità, nel contesto europeo e internazionale del primo cinquantennio del Novecento. [M.V.]

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Giuseppe Cirillo

Nobiltà riflessa. La storiografia positivistica e la questione delle aristocrazie italiane dell’età moderna EDUCatt, Milano 2020, 412 pp., 20,00 euro

i inserisce all’interno di “Storie d’Europa”, collana dedicata alla storia della società europea nel periodo compreso tra XV e XIX secolo, il nuovo lavoro del professor Giuseppe Cirillo, Nobiltà riflessa. Attraverso l’esame della letteratura nobiliare positivistica, il volume affronta il problema della formazione della nuova identità delle aristocrazie italiane dello stato unitario e si concretizza in un’antologia delle più significative relazioni prodotte dalla storiografia nobiliare degli ex stati italiani di fine Ottocento e inizio Novecento. Una «ricostruzione ancora in progress», che auspica in futuro ulteriori arricchimenti. [M.V.]

S Lorenzo Cavalieri, Maria Teresa Zanola Linguaggi e soft skills per comunicare a distanza. Chiarezza, impatto e capacità relazionale Vita e Pensiero, Milano 2020 – pp. 96, € 13,00 (Strumenti. Media spettacolo e processi culturali)

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ella vita delle professioni è fondamentale sviluppare competenze trasversali che consentano di gestire le interazioni con colleghi, clienti e collaboratori, utilizzando il linguaggio più appropriato. La digitalizzazione del lavoro e i suoi sviluppi organizzativi impongono l’utilizzo degli strumenti di comunicazione da remoto: questo agile manuale offre un percorso di formazione e riflessione intorno alle principali sfide comunicative da affrontare a distanza, attraverso gli strumenti di videoconferenza. Linguaggi e soft skills efficaci e adeguati al contesto dello smart working costituiscono la via indispensabile per affermare con successo intenzioni, obiettivi e finalità dell’agire professionale contemporaneo.

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Nei NeiLibri libri

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PRESENZA A

Per non lasciare indietro nessuno https://www.unicatt.it/fondo-agostino-gemelli

a nostra Università ha costruito i suoi primi cento anni di storia nella convinzione che ogni studente e ogni studentessa siano una risorsa essenziale per l’intera società. Oggi, in questo tempo sospeso, pieno di incertezze che per alcuni stanno diventando impedimenti, non vogliamo permettere che le difficoltà del quotidiano minaccino il domani di chi crede nello studio come patrimonio personale e sociale. Siamo chiamati, una volta di più, a una responsabilità ispirata dal nostro passato, progettata sul presente e proiettata sul futuro. Per questo abbiamo istituito il Fondo Agostino Gemelli: per offrire sostegno agli studenti e alle loro famiglie, aiutarli a fronteggiare le ricadute economiche della pandemia e limitare i rischi di dispersione della ricchezza più preziosa: il “capitale” umano.

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Per risollevarci da questa crisi sarà decisivo il contributo delle Università, che per loro natura sono poli di attrazione e di crescita di giovani capaci, che con la loro intelligenza e con il loro entusiasmo alimenteranno la società, la cultura e l’economia di domani

Franco Anelli, rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

Sostieni il Fondo Agostino Gemelli Un gesto semplice e generoso per aderire all’iniziativa dell’Ateneo a favore dei suoi studenti. Sostenere la formazione universitaria per far ripartire il Paese puntando sul talento e sulle competenze dei giovani.

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omunicare

Giovanni Paolo II e il Vaticano III Una mostra al Gemelli a cent’anni dalla nascita


Sommario

La radioterapia oncologica del futuro

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Il corso annuale Gemelli Art sulla “medicina di precisione”

Graduation Day Altems, la lezione del presidente del Cnel

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Il professor Tiziano Treu alle prese con l’emergenza e la nuova Europa

Covid-19, Cts e Gemelli a confronto sugli aspetti di sanità pubblica

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Un incontro tra i principali esperti italiani della pandemia

La scomparsa a 89 anni del farmacologo Paolo Preziosi

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Il ricordo nelle parole dell’allievo Cesare Mancuso

Fratelli tutti. Insieme per dare una svolta alla storia

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Comunicare – Anno 30. Nuova serie Numero 98 – 100 luglio – dicembre 2020 Bimestrale di informazione interna della sede di Roma dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

DIRETTORE Franco Anelli DIRETTORE RESPONSABILE Francesco Gemelli REDAZIONE Patrizia Del Principe (referente), Francesca Fusco SEGRETERIA E UFFICIO DI REDAZIONE Largo Francesco Vito, 1- 00168 Roma Tel. 0630155825-063015715 e-mail: redazione.comunicare@unicatt.it https://www.unicatt.it/giornalisti-e-media-comunicare

Monsignor Claudio Giuliodori sull’enciclica di papa Francesco

HA COLLABORATO IN REDAZIONE Ufficio Stampa Università Cattolica del Sacro Cuore

HANNO COLLABORATO AI TESTI Sergio Bonincontro, Salvatore Raia

FOTO Servizio Fotografico Università Cattolica - Roma Chiuso in redazione il 17 dicembre 2020 Autorizz. del Trib. di Roma n.390 del 15/6/1990

IN COPERTINA mostra inaugurata il 22 ottobre nella hall del Policlinico Gemelli nel centenario della nascita di San Giovanni Paolo II © Foto di Nicholas Berardo

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La “medicina di precisione” applicata all’oncologia medica e alla radioterapia a cura della redazione

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 Trentesima edizione del corso annuale Gemelli Art che si è svolto il 23 e 24 novembre per la prima volta in streaming a causa dell’emergenza iologia molecolare e intelligenCovid. L’iniziativa è stata coordinata dal professor Vincenzo Valentini za artificiale saranno il futuro

della medicina personalizzata applicata alle patologie neoplastiche. Si è conclusa con questa prospettiva e con uno sguardo ad un futuro sempre più a portata di mano la 30esima edizione del corso annuale su “Modern Radiotherapy and precision Oncology” (MRO), organizzato dal centro di Radioterapia Oncologica (Gemelli ART – Advanced Radiation Therapy) del Dipartimento di Diagnostica per Immagini, Radioterapia Oncologica ed Ematologia del Policlinico “A. Gemelli” IRCSS. “Il Corso annuale quest’anno taglia il traguardo importante dei 30 anni – ha dichiarato il professor Vincenzo Valentini (nella foto), Direttore del Dipartimento di Diagnostica per Immagini, Radioterapia Oncologica ed Ematologia – riaffermando un primato unico nel panorama medico nazionale. La formula virtuale che, per necessità, caratterizza questa edizione rappresenta un’opportunità in più per aumentare la partecipazione. Il corso ha visto il contributo importante di sedici relatori stranieri e, dunque, ha avuto una forte caratura internazionale e ha definito un quadro di conoscenza e collaborazione scientifica molto ampio e significativo”.

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Coordinatori scientifici il professor Vincenzo Valentini insieme alla professoressa Maria Antonietta Gambacortaa e al professor Luca Indovina. Tra i sedici relatori stranieri in particolare, Philippe Lambin e Michael Baumann hanno esplorato le potenzialità dell’oncologia molecolare e le moderne tecniche di radioterapia nella cura del paziente oncologico, tenendo conto delle risorse disponibili, del principio irrinunciabile dell’equità e dell’accessibilità alle cure, ma anche del rispetto dell’ecosistema nell’uso dei macchinari. I relatori hanno offerto una visione generale del ruolo della medicina di precisione nella radiologia oncologica, sottolineando la necessità di affrontare i percorsi terapeutici personalizzati da due diverse prospettive: quella della scienza e dell’approccio clinico al tumore, legati alle attitudini del medico e quella legata alle prospettive del paziente e alla relazione interpersonale con il medico. Un focus speciale, condotto da un panel di oncologi italiani, ha riguardato l’uso dei farmaci chemioterapici vecchi e nuovi nel trattamento delle principali neoplasie: tumore della mammella, gastro

intestinale, del polmone e della prostata. Inoltre, assoluta novità nell’edizione di quest’anno è stata la sessione “Tumor board at slow motion”, ovvero l’applicazione clinica dei concetti appresi nelle precedenti sessioni su casi clinici di tumore del polmone e pazienti metastatici. Moderatori di eccezione sono stati Ben Slotman e Umberto Ricardi, rispettivamente President e past President della Società Europea di radioterapia oncologica (ESTRO), la professoressa Sara Ramellaa dell’Università Campus Biomedico di Roma, un panel di esperti radioterapisti, chirurghi, radiologi e oncologi medici fra cui Matthias Guckemberger, Barbara Jerezeck-Fossa, Esther Troost, Annarita Larici e Stefano Margaritora. Infine, il gruppo dei giovani specialisti del Gemelli ART capitanato dal dottor Luca Boldrini, ha trattato le tematiche legate alla radiomica, ramo specialistico della diagnostica che consente l’analisi delle immagini mirata ad ottenere, tramite metodi matematici e tecnologie digitali, informazioni di tipo quantitativo che non sono rilevabili con la semplice osservazione visiva da parte dell’operatore. Ovvero “quello che l’occhio umano non vede e quello che le immagini possono rilevare.” Nell’ambito di un secondo laboratorio, alcuni docenti e specialisti del Policlinico Gemelli hanno illustrato le caratteristiche e le potenzialità dei devices disponibili per la “medicina di precisione”. In ogni sessione di lavoro, i radioterapisti e fisici del Policlinico “A. Gemelli” IRCSS hanno permesso l’interazione di pubblico e speakers attraverso un sistema di televoting, animando la discussione attraverso la votazione sulle dichiarazioni fondamentali e i temi di discussione aperti.

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Prospettive di un’Europa sociale

Graduation Day Altems, la lezione del presidente del Cnel Tiziano Treu

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a crisi che stiamo vivendo colpisce la salute, l’economia, le relazioni fra le persone: una crisi senza precedenti che ci costringe a ripensarci tutti». Parola di Tiziano Treu, presidente del Cnel e professore emerito dell’Università Cattolica, che ha tenuto una lezione al centro del Graduation Day Altems lo scorso 11 novembre in diretta online sul sito del campus di Roma dell’Ateneo. Secondo Treu «occorre ripensare i canali e i metodi della globalizzazione e l’Europa, in questo, ha avuto un ruolo cruciale e anche le risposte europee sono state nuove: misure economiche senza precedenti, per la prima volta con fondi e obbligazioni comu-

ni, una politica monetaria espansiva, la sospensione del fiscal compact, il via libera al deficit spending degli Stati, l’allentamento dei vincoli agli aiuti di Stato, possibili misure di sostegno a imprese in crisi, il Recovery Fund e interventi sociali in favore degli Stati di cui l’Italia è il principale beneficiario. Attualmente esistono importanti interventi diretti, allo stato ancora di proposta, per un nuovo Welfare europeo». La cerimonia per il Graduation Day Altems si è aperta con l’intervento della professoressa Antonella Occhino, preside della facoltà di Economia dell’Universita Cattolica (nella foto con il professor Cicchetti). «Sono lieta di questa prima occasione di presenza

e condivisione nel campus di Roma dell’Ateneo. Qui a Roma c’è una forte attenzione alla specificità sanitaria nei corsi di laurea attivati, in azione integrata con le attività dell’Altems che, con i suoi dieci anni di vita e di progettualità, è una presenza di eccellenza nel panorama degli studi aziendali e sanitari a livello nazionale e internazionale quanto mai attuali». «Altems è uno strumento di implementazione della “terza missione” dell’Ateneo» ha detto il direttore dell’Altems Americo Cicchetti. «Quest’anno abbiamo accelerato la modalità blended, come tutti i centri di formazione, per poter garantire la formazione anche in tempo di pandemia e nei temi di Ricerca» ha proseguito Cicchetti introducendo l’evento e presentando le attività dell’Alta Scuola. Il Premio “Elio Guzzanti”, dedicato alla memoria dell’indimenticabile “maestro” nell’organizzazione e nella programmazione sanitaria, è stato consegnato alla dottoressa Giuseppina Terranova, che ha ricevuto il riconoscimento dell’importo di 2.500euro. Un Bando di concorso che sarà destinato alla pubblicazione di tesi e project work di carattere economico e giuridico realizzati nell’ambito dei master universitari di secondo livello promossi dall’Altems.

Resilienza e sostenibilità in tempo di pandemia #COVID-19

he cosa ci ha insegnato l’emergenza sanitaria da Covid-19? Quali punti di forza del nostro sistema sanitario nazionale ha messo in risalto? E quali sono le criticità emerse? Queste alcune tra le domande cui hanno cercato di rispondere i relatori del webinar “Resilienza e Sostenibilità ai tempi del Covid-19”, promosso da Altems il 30 novembre scorso sulla piattaforma Zoom. I lavori sono stati aperti dal professor Americo Cicchetti, docente di Organizzazione aziendale, con la presentazione dell’Offerta Formativa dell’Altemes. A seguire la sessione dedicata alla “Partnership for Global Health System Resilience and Sustainability” con gli interventi di Alistair Mc-

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Guire, Professor in Health Economics and Head of Department Health Policy (London School of Economics) e Francesca Patarnello (VP Market Access & Government Affairs, Astra Zeneca). Nella seconda sessione, moderata da Pier Luigi Spada, Dirigente Medico Fondazione Policlinico “A. Gemelli” IRCSS, intitolata “Resilienza e Sostenibilità in Italia: applicazione del framework PHSSR nel nostro Paese”, sono intervenuti Andrea Urbani, Direttore Generale della Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute, Domenico Mantoan, Direttore Generale Agenas, Luca Richeldi, ordinario di Malattie dell’Apparato respiratorio all’Università Cattolica e direttore dell’Unità Opera-

tiva Complessa di Pneumologia della Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” IRCCS. L’Altems è stata coinvolta nella “partnership for Global Health System Resilience and Sustainability (PHSSR)’’, coordinata dalla London School of Economics, con la partecipazione anche dell’azienda AstraZeneca e del World Economic Forum. Obiettivo di questa collaborazione è di contribuire alla salvaguardia e al miglioramento della salute globale nel lungo termine, migliorando la comprensione e consentendo di intraprendere azioni per accrescere la sostenibilità e la resilienza del sistema sanitario su base mondiale.

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Covid-19, Cts e Gemelli a confronto sugli aspetti clinici e di sanità pubblica

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la più grande emergenza vissuta in epoca moderna e ai tempi dei social media» afferma Agostino Miozzo, presidente del Comitato Tecnico Scientifico Covid-19 del Ministero della Salute, che ha aperto i lavori del webinar “Pandemia di Covid-19 in Italia: riflessione sugli aspetti epidemiologici, clinici e di Sanità pubblica”” che ha messo a confronto i principali esperti italiani, lo scorso 21 ottobre. «Stiamo entrando in una fase davvero critica e dobbiamo imparare a comunicarla soprattutto ai giovani. È fondamentale coinvolgere loro e il mondo della scuola perché in questa seconda fase il contagio in ambito domestico è il più importante». Per Walter Ricciardi, ordinario di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica e consigliere del Ministro della Salute Roberto Speranzaa per il coordinamento con le Istituzioni sanitarie internazionali, «il nostro Paese è stato il primo ad essere

 Un incontro tra i principali esperti italiani della pandemia. Se non si mette in sicurezza la salute dei cittadini, non sarà possibile ricostruire l’economia. Fondamentale comunicare con il mondo dei giovani e con quello della scuola perché in questa seconda fase il contagio in ambito domestico è il più importante

colpito dal Covid al di fuori dalla Cina e abbiamo reagito prontamente. Adesso però, nella seconda ondata, l’epidemia, in alcune aree metropolitane non riesce a essere più contenuta con il contact tracing, al punto da dover passare a misure di chiusura. L’invito alla classe politica è dunque a essere coraggiosa. Se non si mette in sicurezza la salute dei cittadini, non sarà poi possibile ricostruire l’economia». «Ci troviamo in una fase di ricircolazione del virus» commenta il professor Luca Richeldi, ordinario di Malattie dell’apparato respiratorio all’Università Cattolica e direttore dell’Uoc di Pneumologia della Fondazione Policlinico “A. Gemelli”

Ecco il Centro di Ricerca e Studi sulla Salute Procreativa RICERCA

empre più tardi, sempre meno: la sfida della natalità in Italia. è il titolo del webinar promosso lo scorso 20 ottobre dal nuovo Centro di ricerca e studi sulla Salute procreativa (CeSp) della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica diretto da Maria Luisa Di Pietro. Il centro è nato allo scopo di offrire un’analisi delle condizioni e cause che possono tutelare o danneggiare la Salute Procreativa, di proporre e attuare strategie di intervento e di prevenire condizioni responsabili di sterilità/infertilità di coppia e di denatalità con un approccio interdisciplinare, a supporto dei decisori nelle politiche di intervento a favore della natalità. L’iniziativa è stata aperta dai saluti del vescovo. monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica, Rocco Bellantone, preside della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’ateneo, Giovanni Scambia, direttore scientifico della Fondazione Policlinico

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Universitario Agostino Gemelli IRCSS, e Lorenzo Cecchi, direttore della sede di Roma dell’Università Cattolica. «Abbiamo scelto di organizzare il webinar inaugurale del Centro di ricerca sulla sfida della natalità in Italia, perché si tratta di un tema di grande e drammatica attualità per il quale si fa fatica a trovare risposte risolutive» ha spiegato la professoressa Di Pietro, moderatrice dell’evento online e direttrice del Centro di ricerca e studi sulla Salute procreativa. «La complessità della situazione richiede un forte impegno e un approccio interdisciplinare. Ed è questa la proposta originale del Centro: affrontare le tematiche relative alla salute procreativa alla luce delle evidenze scientifiche e con il contributo delle diverse competenze al fine di offrire proposte formative e di intervento». Sono intervenuti Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat, Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sociali, e i docenti dell’Università Cattolica: Antonio Lanzone, Alessandro Rosina, Walter Ricciardi, Domenico Simeone e e Andrea Nicolussi.

IRCCS. «A differenza della prima ondata, però, non riguarda solo le Regioni del nord, ma tutta l’Italia. Come gestire dunque la pressione sui nostri ospedali e sui nostri pronto soccorso? Dobbiamo evitare che i pazienti con forme lievi di Covid vadano a saturare i posti letto in ospedale. Bisogna gestirli a casa, con l’aiuto del territorio e dei medici di famiglia». Secondo il professor Massimo Antonelli, ordinario di Anestesiologia all’Università Cattolica e direttore del Dipartimento Scienze dell’emergenza, anestesiologiche e della rianimazione della Fondazione Policlinico “A. Gemelli” IRCCS, «la curva pandemica sta diventando molto ripida e a breve l’impatto sui sistemi sanitari sarà molto forte. Il vero nodo è la mancanza di personale dedicato. Dobbiamo fare tesoro delle precedenti esperienze e fare nostro il concetto di preparedness, di cui noi del Gemelli abbiamo dato grande prova a marzo con la creazione in tempi record del Columbus Covid hospital. Questo ci ha consentito di reggere bene l’impatto della pandemia, gestendo oltre 170 pazienti in rianimazione». Impatto drammatico anche sui laboratori di microbiologia come ricorda il professor Maurizio Sanguinetti, Direttore del Dipartimento Scienze di laboratorio e infettivologiche del Policlinico “A. Gemelli” IRCCS e Ordinario di microbiologia, Università Cattolica del Sacro Cuore. «Siamo arrivati a processare anche più di 1.100 tamponi al giorno. Ci auguriamo che questa drammatica situazione sia l’occasione per rifondare la rete della microbiologia italiana, del tutto negletta negli ultimi 15-20 anni. Oggi abbiamo in Italia solo 41 Uoc di microbiologia, meno di due per regione».

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Il ricordo del professor Paolo Preziosi di Cesare Mancuso*

 Lutto per la nostra comunità universitaria: è scomparso l’11 novembre l’illustre farmacologo dell’Università Cattolica che il 19 dicembre avrebbe compiuto 89 anni

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na delle più grandi aspirazioni di uno studente che si iscrive a un prestigioso Ateneo, come quello dei Cattolici italiani, è di incontrare Maestri in grado di lasciare un’impronta indelebile nella propria formazione. Sotto questo aspetto mi ritengo un privilegiato, avendo avuto la fortuna di imbattermi nel professor Paolo Preziosi, un galantuomo, un modello di rigore scientifico e morale, sotto la cui guida ho maturato le doti umane e accademiche che oggi mi appartengono. Il professor Preziosi approdò all’Università Cattolica nel 1979 e ne diresse l’Istituto di Farmacologia fino al 2007. All’interno dell’Ateneo ricoprì molti altri incarichi: Primario del Servizio di Farmacologia, Presidente del Comitato Etico, Direttore del Dipartimento per la Sicurezza, Tecnologie Biomediche e Farmacoutilizzazione, Direttore della Scuola di Specializzazione in Farmacologia, Coordinatore del Corso di Dottorato e della Scuola in Neuroscienze e membro del Consiglio d’Amministrazione. Fra i numerosi incarichi extra-universitari, degni di menzione sono la Presidenza della Società Italiana di Farmacologia e della International Union of Toxicology. Il professore fu autore di oltre 500 lavori scientifici e del volume “Fondamenti di Neuropsicofarmacologia”. Del professore Preziosi ricordo la simpatia che, unita alla profonda conoscenza della Farmacologia dalla chiarezza espositiva, mi spinsero a chiedergli la tesi di cui fu relatore. Durante gli anni del Dottorato di ricerca in

Neuroscienze realizzai di avere in lui il Maestro, un punto di riferimento, che mi avviò alla carriera universitaria, facendomi diventare, oltre 20 anni fa, ricercatore. Negli anni successivi al suo pensionamento, il rapporto con lui divenne sempre più intenso. Come dimenticare i viaggi insieme a Firenze e Milano, le mattinate trascorse in Istituto aiutandolo a preparare review e dia-

positive e anche le attese davanti agli ambulatori del Policlinico Gemelli dove spesso lo accompagnavo per i controlli di routine. Del professor Preziosi vorrei infine ricordare la devozione alla Vergine Maria e la fede incrollabile nella Divina Misericordia a cui lo abbiamo affidato per la Vita eterna. * Professore aggregato di Farmacologia dell’Università Cattolica, campus di Roma e già collaboratore del professor Preziosi

La Facoltà di Medicina si presenta #OPENWEEKUNICATT

na Giornata di Orientamento dedicata ai Corsi di laurea triennale e magistrale a ciclo unico della Facoltà di Medicina e chirurgia. Si è svolta lo scorso 26 ottobre, nell’ambito dell’Open Week Unicatt “live” per la presentazione dell’offerta formativa delle dodici Facoltà dell’Ateneo del Sacro Cuore. L’appuntamento è iniziato con la presentazione da parte del professor Antonio Lanzone dei corsi di laurea della Facoltà di Medicina

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e chirurgia, per proseguire con l’incontro dei tutor della Facoltà in diretta sul profilo Instagram dell’Università Cattolica. A conclusione della giornata, il webinar dal titolo L’enciclica “Fratelli tutti”. Per un cuore aperto al mondo in diretta su tutti i profili social dell’Ateneo, aperto dal saluto di Michele Faldi, Direttore Offerta formativa, promozione, orientamento e tutorato dell’Ateneo, e di don Luigi Caldera, parroco di Cesano Boscone. Sono

intervenuti il vescovo monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica, e il professor Giovanni Marseguerra, docente di Economia politica, Delegato del Rettore per l’offerta formativa e coordinatore del Comitato scientifico della Fondazione Centesimus Annus. L’incontro è stato moderato da Mattia Pivato, Direttore del Collegio Ludovicianum dell’Università Cattolica.

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Su Tv2000 le messe in diretta dal Gemelli attività del Centro pastorale della sede di Roma non ha subito rallentamenti neanche in questi ultimi mesi. Per tutto il periodo di Avvento, grazie alla collaborazione con l’emittente televisiva della Conferenza episcopale italiana, l’Università Cattolica e la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS hanno promosso la diretta su Tv2000 della messa. Un momento che diventa occasione importante per prepararsi spiritualmente alla celebrazione del Natale, nel pieno rispetto delle normative anti Covid.

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San Giuseppe Moscati, una messa in onore del medico santo Università Cattolica e il Policlinico Gemelli hanno ricordato il 16 novembre, giorno della memoria liturgica, san Giuseppe Moscati (1880-1927), medico e ricercatore, che ha dedicato la sua missione soprattutto ai più bisognosi e ai più fragili. La messa è stata celebrata dal vescovo monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale, nella Cappella Moscati al terzo piano del Policlinico Gemelli.

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Nuovo assistente pastorale on Antonino Gugliandolo è un nuovo assistente pastorale del campus di Roma dell’Università Cattolica. Sacerdote dell’arcidiocesi di Messina Lipari S. Lucia del Mela, è nato a Messina il 16 novembre del 1992. Compiuti gli studi superiori, è stato alunno del Seminario arcivescovile “S. Pio X” e ha conseguito nel 2016 il Baccalaureato in Sacra Teologia all’Istituto Teologico S. Tommaso. Il 28 giugno 2018 ha ricevuto l’ordinazione presbiterale dall’arcivescovo Giovanni Accolla. Ha conseguito la Licenza in Teologia con specializzazione in Teologia morale allo Studio Teologico S. Paolo di Catania.

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Incontro di preparazione all’Avvento con padre Rupnik

Il saluto alle matricole dei Collegi 8 novembre, le matricole dei collegi della sede di Roma hanno incontrato nella Chiesa Centrale l’assistente ecclesiastico generale monsignor Claudio Giuliodori, che ha rivolto un saluto di benvenuto ai collegiali presenti in sede e a quelli connessi in streaming all’evento, evidenziando l’importanza del Progetto formativo dei collegi e la significatività del percorso di crescita cui gli studenti sono chiamati, anche in questo particolare tempo di prova della pandemia. Dopo il saluto dei direttori dei Collegi e degli assistenti pastorali dei collegi, le matricole hanno ricevuto in dono dal Centro pastorale l’esortazione apostolica “Christus Vivit” di Papa Francesco. Al termine dell’incontro si è svolta la santa messa presieduta dal vescovo trasmessa in diretta streaming. Gli appuntamenti con gli studenti proseguiranno ogni domenica durante l’intero periodo dell’avvento.

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Dal Centro Pastorale

l 25 novembre si è tenuto in Chiesa Centrale, e contestualmente in diretta streaming, un incontro di preparazione al tempo dell’Avvento e di preparazione al Natale con una meditazione guidata da padre Marco Rupnik. L’incontro, animato e accompagnato dal Coro degli studenti dell’Università, ha coinvolto in presenza i collegiali della sede di Roma, di studenti, docenti e personale che, nel pieno rispetto delle norme Covid, hanno potuto ascoltare le parole del gesuita, annoverato tra i più grandi mosaicisti viventi. Per quanti invece non hanno potuto essere presenti fisicamente si è tenuta la diretta streaming dell’evento. “Cristo è luce, l’umanità è la lampada. Come la lampada brilla della luce al suo interno, così l’umanità risplende dell’essenza di Cristo”. Queste parole hanno costituito il cuore della riflessione di padre Rupnik, che ha ripercorso, con numerosi riferimenti biblici e scritturali il significato e l’importanza del Natale, con il suo insegnamento più alto e al tempo stesso più complesso da comprendere per l’uomo: il Mistero di Dio che si è fatto servo degli uomini in Gesù Cristo. Padre Rupnik ha suscitato profondi pensieri di riflessione e ha donato alla comunità un autentico momento di arricchimento personale e spirituale di cui poter fare tesoro, in questo tempo di prova che la pandemia costituisce. Un invito a farci forti della Parola e della testimonianza di Cristo, a essere coesi e uniti nel vivere concretamente il Vangelo nella Chiesa universale, preparandoci a un Natale di speranza e di significato, da vivere al di fuori di mere logiche mondane e, piuttosto, nella continua ricerca e nel continuo sforzo intellettuale e spirituale che il Natale di Gesù stimola e costituisce.

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Dal Corpo Docente

Professori di prima fascia

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orna l’appuntamento con i passaggi di fascia del personale docente della sede di Roma. Dal 1° dicembre ha assunto la qualifica di professore di prima fascia Marco Raffaelli presso il Dipartimento di Medicina e chirurgia traslazionale.

Professori di seconda fascia al 1° luglio hanno assunto la qualifica di professore di seconda fascia Marika Pane presso il Dipartimento di Scienza della vita e sanità pubblica; Francesco Deodato presso il Dipartimento di Scienze radiologiche ed ematologiche; Rocco Trisolini presso il Dipartimento di Scienze cardiovascolari e pneumologiche. Dal 1° agosto, Antonietta D’Agostino presso il Dipartimento di Scienze geriatriche ed ortopediche. Dal 1° ottobre, Enrico Marchese presso il Dipartimento di Neuroscienze. Dal 1° novembre, Domenica Lorusso presso il Dipartimento di Scienza della vita e sanità pubblica. Dal 1° dicembre, Rosa Liperoti presso il Dipartimento di Scienze geriatriche e ortopediche.

Ricercatori universitari al 1° agosto hanno assunto il ruolo di ricercatore a tempo determinato Esther Rossi presso il Dipartimento di Scienze della vita e sanità pubblica; Giampaolo Ronconi presso il Dipartimento di Scienze geriatriche ed ortopediche; Fabrizio Minelli presso il Dipartimento di Scienze cardiovascolari e pneumologiche. Dal 1° settembre, Daniela Palacios Garcia presso il Dipartimento Scienza della vita e sanità pubblica. Dal 1° ottobre, Alberto Biondi, Gabriele Di Sante, Maria Assunta Zocco presso il Dipartimento di Medicina e chirurgia traslazionale; Giovanni Sabatino presso il Dipartimento di Neuroscienze; Chiara Cadeddu e Giorgia Garganese presso il Dipartimento di Scienza della vita e sanità pubblica; Katleen De Gaetano Donati e Pietro Refolo presso il Dipartimento di Sicurezza e Bioetica. Dal 1° dicembre, Marcello Covino e Fausto Rosa presso il Dipartimento di Medicina e chirurgia traslazionale; Ivana Palucci presso il Dipartimento di Scienze biotecnologiche di base, cliniche intensivologiche e perioperatorie; Piergiorgio Bruno presso il Dipartimento di Scienze cardiovascolari e pneumologiche.

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Mostra dedicata a Giovanni Paolo II al Gemelli

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Cessazioni al 1° luglio hanno concluso l’attività alla sede di Roma dell’Università Cattolica Claudio Mattana, Franco Pandolfi, Elena Giacchi e Giovanni Schinzari. Dal 1° agosto, Luca Massimi, Sergio Storti e Raffaele Tartaglione. Dal 1° settembre, Ciro D’Alò e Pietro Ferrara. Dal 1° ottobre, Francesco Paolo Calamo Specchia e Augusto Veneziani. Dal 1° novembre, Carmelo Anile, Arnaldo Carbone, Rosa Colli, Silvia Della Casa, Raffaele Landolfi, Raffaele Manna, Giovanna Mantini, Giampaolo Niccoli, Guido Maurizio, Federico Pallavicini, Sandro Pelo, Enrico Pola, Antonio Giuseppe Rebuzzi, Enrico Zecca.

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INFORMAZIONI

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l dolore salvifico” è il titolo della mostra inaugurata il 22 novembre nel centenario della nascita di San Giovanni Paolo II, al Policlinico Gemelli, definito da papa Wojtyla il “Vaticano 3” per la lunga permanenza nei suoi nove ricoveri nel corso del pontificato. Nella cappella intitolata al Papa santo, al secondo piano del Policlinico, monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica, ha presieduto la messa. Il progetto della mostra è stato presentato da don Nunzio Currao, assistente pastorale del personale dell’Università Cattolica e del Policlinico Gemelli. Il 18 maggio 1920, cento anni fa, nasceva San Giovanni Paolo II. La mostra multimediale ha utilizzato fotografie e filmati concessi per l’occasione dal Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, dal Ctv -Vatican news e da Rai Teche, per ricordare la presenza e il magistero del Papa polacco durante le sue visite e i suoi ricoveri dal 1981 al 2005. La seconda sezione, che verrà realizzata in concomitanza con la prossima Giornata mondiale del malato, l’11 febbraio 2021, ripercorrerà l’esperienza della sofferenza nella vita e nel magistero del Papa. Nell’occasione del 22 ottobre è stata allestita anche un “terza mostra” che ricorda, attraverso una serie di fotografie e un laboratorio, la realizzazione, 11 anni fa, della statua di marmo di Carrara del Papa, realizzata dallo scultore Stefano Pierotti e collocata nel piazzale antistante l’ingresso del Policlinico.

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Sono tornati alla casa del Padre Il 16 settembre è venuto a mancare il professor Gianfederico Possati, già professore ordinario di cardiochirurgia e Direttore dell’Istituto di Cardiologia dal 2008 al 2011. Chiamato in Cattolica nel 1989 prestò servizio con professionalità e disponibilità fino al 2011. A novembre è venuto a mancare il professor Luigi Scullica, professore ordinario di Oftalmologia e Direttore della Clinica oculistica presso la nostra Università dal 1994 al 2005. Deceduto nella sua Messina a 88 anni. Era riconosciuto non soltanto in Italia ma a livello internazionale come un precursore e innovatore. Il 18 novembre, presso la Cappella del II piano del Policlinico, è stata celebrata la Santa Messa in suo ricordo.


Il Glaucoma WEBINAR

novembre: Il Glaucoma. Webinar ECM. Un programma articolato al fine di offrire una formazione completa per un aggiornamento scientifico e professionale sulla patologia glaucomatosa. Il webinar, che rientra nell’ambito dell’iniziativa “Incontri al Gemelli”, è stato aperto dai professori Aldo Caporossi e Stanislao Rizzo, organizzatore degli incontri. Sono state discusse le tematiche inerenti la diagnosi e la terapia del glaucoma ed è stato possibile aggiornarsi sul ruolo della diagnostica strumentale high-tech e sulle linee guida della terapia medica. Inoltre, sono state discusse diverse opzioni in termini di procedure chirurgiche, dalla chirurgia tradizionale alle più moderne tecniche di chirurgia minimamente invasiva del glaucoma (MIGS). I partecipanti hanno potuto consolidare le conoscenze sulle chirurgie tradizionali ed aggiornarsi sulle moderne tecniche di chirurgia minimamente invasiva con filtrazione anteriore e sul loro management postoperatorio.

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Comunicaree

Scienza e Cultura

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Trauma oggi novembre: Trauma oggi. Webinar XI edizione. Una sessione è stata dedicata alla chirurgia d’urgenza nell’era Covid-19 con particolare attenzione alla organizzazione intraospedaliera e alla gestione dei pazienti critici in caso di trauma e/o patologia chirurgia acuta. «La sepsi – ha spiegato il professor Gabriele Sganga (nella foto), presidente del corso e direttore dell’Uoc di Chirurgia d’Urgenza e del Trauma del Policlinico “A. Gemelli” IRCSS – rappresenta ormai un argomento cardine del programma di questo convegno considerato il ruolo che essa rappresenta negli interventi in urgenza in termini di gravità, complessità, dispendiosità ed ancora elevata mortalità, anche alla luce della pandemia Covid-19». Presidente onorario il professor Daniele Gui.

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Promuovere il trapianto di rene da donatore vivente dicembre: What’s Hot And New in Transplantation - 2° Meeting 2020. Il trapianto di rene è in tutti i Paesi sviluppati un’importante realtà clinica che assicura la miglior sopravvivenza e qualità di vita per i pazienti affetti da insufficienza renale terminale. Anche dal punto di vista economico il trapianto di rene è per i sistemi sanitari una notevole fonte di risparmio di risorse, rispetto al trattamento dialitico. Obiettivo del web congress, discutere le possibili soluzioni per queste e altre problematiche che ostacolano la crescita del trapianto di rene da donatore vivente in Italia. Direttori scientifici i professori Franco Citterio e Giuseppe Grandaliano. Il precedente congresso sul trapianto di rene si è svolto l’11 settembre con il titolo Immunoadsorption Plasmapheresisand Extracorporeal Photopheresisin Renal Transplantation.

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43 La riorganizzazione della Farmacia dei Servizi alla luce dell’emergenza di Covid-19 dicembre: Question Time. Quale futuro per la farmacia? Il farmacista è un eroe dimenticato? La farmacia dei servizi è ancora una scelta vincente? La crisi generata dal Coronavirus sta modificando le abitudini dei consumatori con il boom delle vendite online. Sarà così anche nel futuro? Queste alcune tra le domande a cui hanno cercato di rispondere gli esperti durante il Question Time promosso da Altems “La Riorganizzazione della Farmacia dei Servizi alla luce dell’emergenza COVID-19”. I lavori sono stati aperti dal professor Americo Cicchetti, la chiusura è stata a cura del Consigliere Guido Carpani, Consigliere Capo Gabinetto Ministro per la Pubblica Amministrazione.

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Comunicaree

Notiziario

In cammino verso il Natale entre celebriamo il primo secolo di vita dell’Ateneo dei cattolici italiani, non possiamo non riconoscere il dono di grazia che ha segnato le origini e la carità intellettuale, culturale e sociale che ne ha accompagnato lo sviluppo fino ai nostri giorni. Ora è affidato a tutti noi il compito di garantire continuità e ulteriore crescita a questa affascinante storia che, in ultima analisi, è un continuo e straordinario evento natalizio: l’umano e il divino, la ragione e la fede, l’impegno sociale e l’anelito spirituale ogni giorno si intrecciano nelle nostre sedi, rendendo fecondo il lavoro accademico in tutte le sue espressioni: dalla didattica alla ricerca fino alla terza missione. Il Signore continua a plasmare la vita dell’Ateneo e la Sua presenza è riflessa nei volti di tutti i suoi membri». Così, in uno dei passi centrali dell’omelia della celebrazione eucaristica del 16 dicembre, il vescovo monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica, ha voluto rivolgersi a tutta la comunità della sede di Roma dell’Ateneo e del Policlinico A. Gemelli IRCCS. La Santa Messa, trasmessa anche in diretta streaming, è stata presieduta in Chiesa centrale da monsignor Claudio Giuliodori alla presenza del rettore Franco Anelli, del prorettore Antonella Sciarrone Alibrandi, del preside della facoltà di Medicina e chirurgia Rocco Bellantone, del direttore generale dell’Università Cattolica Paolo Nusiner, del presidente della Fondazione Policlinico “A. Gemelli” IRCSS Carlo Fratta Pasini, del direttore generale della Fondazione Marco Elefanti, del vice direttore generale dell’Università Cattolica Alessandro Tuzzi.

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Biotecnologie e nuove opportunità l settore delle tecnologie biomediche e biotecnologiche rappresenta uno degli ambiti produttivi e di ricerca di maggiore interesse nel panorama nazionale e internazionale. Il ruolo delle tecnologie nella cura delle patologie e nel miglioramento della qualità della vita di pazienti e cittadini rappresenta non solo un dato di fatto ma, senza dubbio, uno dei settori in cui tutti ripongono le maggiori aspettative, soprattutto se si guarda al futuro. La pandemia ha reso ancora più esplicita questa aspettativa, evidenziando inoltre la necessità di sviluppare ulteriormente il settore produttivo biomedico e biotecnologico, soprattutto a livello italiano. Questi gli argomenti al centro del webinar che si è svolto in modalità online il 14 dicembre dal titolo “Nuove opportunità nelle tecnologie biomediche e biotecnologiche”, promosso dall’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi sanitari (Altems) dell’Università Cattolica. L’incontro è stato organizzato nell’ambito del programma formativo del master Altems in Management delle imprese biomediche e biotecnologiche che si rivolge in particolare ai giovani che decidono di investire in un ambito fortemente innovativo. Il webinar è stato aperto da Americo Cicchetti, direttore dell’Altems, e Maurizio Sanguinetti, ordinario di Microbiologia all’Università Cattolica e direttore del master in Management delle Imprese Biomediche e Biotecnologiche. All’evento, moderato da Lorenzo Leogrande, coordinatore del master, hanno partecipato fra gli altri Fernanda Gellona, direttore generale Confindustria dispositivi medici, e Riccardo Palmisano, presidente Assobiotec.

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Comunicaree

Notiziario

Sessioni di laurea in presenza ei mesi di settembre e ottobre nel campus di Roma, già attrezzato nel periodo estivo con le dovute misure di sicurezza, si sono svolti gli esami di laurea in presenza. La scelta di utilizzare l’Auditorium della sede è stata strategica per l’ampiezza degli spazi e le dotazioni tecnologiche che hanno garantito anche i collegamenti da remoto all’occorrenza. Un lavoro complesso in considerazione del notevole numero di esami di laurea da svolgere. Le limitazioni dei parenti dei candidati, per garantire la massima sicurezza, hanno dovuto prevedere anche per essi la disponibilità di un servizio di video collegamento streaming per far in modo che tutti potessero assistere anche a distanza alla discussione del candidato. In attesa di tornare in presenza e ritrovare il valore dell’incontro tra docenti e studenti, l’Università Cattolica ha garantito il regolare svolgimento delle attività didattiche a tutti gli iscritti. Anche gli esami di profitto e gli esami di laurea non hanno subito variazioni grazie all’utilizzo delle piattaforme Microsoft Teams e Blackboard, sempre con l’obiettivo di mettere l’Ateneo nelle condizioni tecniche di gestire lo svolgimento delle sessioni di laurea in piena sicurezza e nella massima ottemperanza delle disposizioni governative vigenti.

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Ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico er il secondo anno consecutivo l’Università Cattolica ha preso parte, dal 10 al 13 dicembre, a Maker Faire Rome – The European Edition, la più grande fiera europea dell’innovazione, promossa dalla Camera di Commercio di Roma e organizzata dalla sua azienda speciale Innova Camera. L’evento, giunto all’ottava edizione si è svolto su una piattaforma digitale con collegamenti sul territorio tra interviste, conferenze e show sia generalisti che tematici. Maker Faire è nato nel 2006 nella zona di Bay Area di San Francisco come un progetto della rivista “Make: magazine”. Da allora è cresciuto, dando vita a una grande rete mondiale di eventi di punta e di eventi indipendenti. Per il secondo anno di seguito l’Università Cattolica ha preso parte all’evento con la presentazione delle seguenti idee innovative: “Coinvolgimento del paziente nell’era digitale affrontando la sfida Covid-19” – (Graffigna) ; “Panacea – People centric cybersecurity in healthcare” (Gui); “Timer Applicator- dispositivo applicatore per radioterapia interventistica e procedure interventistiche e/o diagnostiche perineali” (Valentini e Tagliaferri); “Kit per la determinazione della recettività endometriale” (Scambia, Di Simone, D’Ippolito); “No Fear – Network of practitioners for emergency medical systems and critical care” (Gui); “Modelli per la gestione del dato clinico ai fini assistenziali: Gemelli Generator” (Valentini); “La Cave multisensoriale Metodo di trattamento implementato mediante sistema di videoproiettori e altri strumenti” (Bernabei, Padua, Loreti, Fredda).

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All’oncologo Vincenzo Di Noia il Premio Roche incenzo Di Noia, classe 1987, laureato in Medicina e Chirurgia nella sede di Roma e, ora, iscritto al terzo anno del Dottorato in Scienze Oncologiche diretto dal professor Valerio De Stefano all’Università Cattolica, è uno dei 12 vincitori del Bando della Ricerca Roche 2019 che lo scorso 5 novembre ha assegnato, in un webinar, un grant di 50.000 euro al suo progetto di dottorato dal titolo “Serum Amyloid A (SAA) as a potential predictive factor of response to PD-1/PDL1 checkpoint inhibitors in patients with Advanced Non-Small-Cell Lung Cancer”. La sua area di interesse sia clinico che di ricerca sono i tumori polmonari. Attualmente Di Noia è medico oncologo all’Humanitas Gavazzeni di Bergamo.

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Spiritualità

Fratelli tutti. L’appello di Francesco per dare insieme una svolta alla storia di monsignor Claudio Giuliodori*

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on l’Enciclica Fratelli tutti, firmata ad Assisi il 3 ottobre 2020, papa Francesco prosegue nel suo intento di scuotere la realtà ecclesiale e il mondo intero affinché vengano date risposte davvero evangeliche alle sfide del nostro tempo. Questa terza Lettera enciclica è l’esito di un preciso percorso che ha la sua radice nell’Esortazione programmatica Evangelii gaudium, il suo sviluppo emblematico nell’Enciclica Laudato si’ e la sua esplici-

tazione organica appunto nell’Enciclica Fratelli tutti. Un trittico che ci consente di cogliere la portata innovativa e la vigorosa spinta al cambiamento che guidano l’azione coraggiosa, determinata e incisiva di papa Francesco.

Un preciso disegno Ciò che accomuna i tre documenti è la lucida analisi delle situazioni sociali e culturali del nostro tempo, a cui segue la presentazione dei criteri necessari per il discernimento e, infine, le indicazioni per una radicale inversione di tendenza e per un impegno concreto volto a cam-

biare le diverse situazioni problematiche che affl iggono l’umanità. Già nell’Evangelii gaudium veniva denunciato il rischio dell’idolatria del denaro, lo snaturamento dell’economia e della finanza, la debolezza della politica e delle istituzioni internazionali, l’emergere di nuove sfide come l’immigrazione incontrollata, il degrado ambientale, l’assenza di solidarietà sociale, l’aggravarsi delle sperequazioni e delle ingiustizie. Temi che nella Laudato si’ vengono declinati sullo sfondo della gravissima crisi ambientale con l’appello ad un rinnovamento globale decisamente orientato alla sostenibilità e ad una non più rinviabile alleanza

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Spiritualità per e con il creato. Infine, in Fratelli tutti, riprendendo con un sapiente collage i numerosissimi interventi sul tema della fratellanza universale, in continuità con il documento di Abu Dhabi (4 febbraio 2019), si tracciano le coordinate per dare corso a processi virtuosi di solidarietà universale, per ripensare i criteri e le condizioni della convivenza umana e per affrontare assieme i drammi di questo cambiamento d’epoca.

Rigenerare la fratellanza Sulla scorta di precisi fondamenti biblici, che in Fratelli tutti prendono spunto da un efficace commento alla parabola del Buon Samaritano (cfr. Cap. II), si rileggono le radici dei mali del nostro tempo, si smascherano le numerose contraddizioni sociali, si denunciano le persistenti ingiustizie e si delineano i necessari cam-

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biamenti da apportare in tutti i campi. Vengono così proposte, con un linguaggio diretto e incisivo, riflessioni puntuali sui temi della destinazione universale dei beni e la proprietà privata, sul funzionamento della democrazia e il ruolo imprescindibile del popolo, sul rapporto tra lo sviluppo di un’economia sostenibile e il superamento delle povertà e delle discriminazioni. La vera risposta per poter operare un effettivo cambiamento risiede nella consapevolezza di essere tutti fratelli, perché figli di un unico Padre. Solo in forza di questo sguardo sull’altro le differenze socio-culturali, etniche e religiose, non sono più un ostacolo, ma una risorsa. Il Pontefice richiama una verità antropologica fondamentale – con le conseguenti ricadute culturali e sociali – su cui tutti possono convergere e da cui ripartire per un reale rinnovamento nel costruire ed abitare la casa comune. Tutto infatti ruota attorno alla convinzione che «riconoscere ogni essere umano come un fratello o una sorella e ricercare un’amicizia sociale che includa tutti non sono mere utopie. Esigono la decisione e la capacità di trovare i percorsi efficaci che ne assicurino la reale possibilità. […] Si tratta di progredire verso un ordine sociale e politico la cui anima sia la carità sociale» (n. 180).

Affrontare le sfide del nostro tempo

comune umanità – che non richiede necessariamente una visione di fede ma trova in essa un prezioso sostegno – si possono e si devono affrontare le grandi sfide del nostro tempo. Il Pontefice prendendo spunto dalla categoria di straniero che nel Vangelo diventa risorsa salvifica nella figura del Samaritano, invita a modificare i paradigmi sociali superando la diffidenza, il pregiudizio, l’indifferenza e ogni forma di emarginazione. Occorre invece promuovere con convinzione e in ogni modo la condivisione, il dialogo, la solidarietà, la giustizia e la pace. In modo particolare viene ricordata l’urgenza di superare le frontiere che dividono e i confini che respingono. A tutti è chiesto di esser protagonisti di una politica non populista ma autenticamente popolare, cioè espressione reale del primato del popolo. Ampio spazio viene dato all’analisi delle fratture sociali e alle risposte che occorre dare per costruire fraternità e amicizia sociale. Solo così si potrà garantire il riconoscimento della dignità di ogni essere umano, ricostruire rapporti virtuosi con gli altri valorizzando le diversità, superare conflitti e divisioni. Su tutti questi temi potrà dare il suo contributo anche l’Università Cattolica sia con la ricerca scientifica, sia con l’azione culturale e, soprattutto, con la formazione delle nuove generazioni.

A partire da questo riferimento ontologico, basato sull’appartenenza alla

* Assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

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