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Coraline
IN QUESTO NUMERO
Nel paese delle creature selvagge UP Coraline Lebanon Il grande sogno The Informant! Geronimo Stilton
Sommario 4
NEL PAESE DELLE CREATURE SELVAGGE
n° 5-6 2008
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UP
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CORALINE
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LEBANON
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IL GRANDE SOGNO
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THE INFORMANT!
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GERONIMO STILTON
PER ABBONARSI A PRIMISSIMA SCUOLA Periodico di informazioni cinematografiche per le scuole Ê£ÈÊ °ÊxÉÈÊ ÌÌ LÀi Óää
editore MULTIVISION S.R.L. Via Fabio Massimo, £äÇÊUÊää£ ÓÊ Ê, > Ìi °Êv>ݰʳΠÊäÈ{x{ÎÇÈÇä
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stampa Ige, Roma
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Siamo delle creature selvagge? Intervista a Spike Jonze, regista di Nel paese delle creature selvagge.
Regista di Essere John Malkovich e de Il ladro di orchidee (entrambi sceneggiati insieme a Charlie Kaufman), il quarantenne americano Spike Jonze è considerato un autore di ‘culto’. Fautore di un cinema estremamente originale, dove la realtà si incontra con l’inconscio e con il sogno, tra ironia e mistero, adesso ha portato sul grande schermo la graphic novel Where the wild things are di Maurice Sendak, uno dei più amati scrittori americani per bambini. Un’operazione, come nel suo stile, controcorrente. Che tra l’altro ha portato caparbiamente avanti, con un lungo braccio di ferro con la produzione, che avrebbe voluto una storia più addomesticata. Una specie di anti-fantasy, dove il mondo dei bambini viene raccontato dal di dentro, con la difficoltà di esprimersi, di organizzare il proprio mondo sentimentale, di mettersi in relazione con gli adulti. Insomma, niente luoghi comuni, niente cliché, ma un approccio quasi ribelle all’infanzia. La storia inizia una notte in cui, dopo il litigio con la mamma e con indosso il suo pigiamino da lupetto (con coda e cappuccio), Max fugge nella notte, passa il confine tra realtà e sogno, per approdare in un’isola magica (per gli esterni sono state scelte alcune straordinarie location australiane). Perché ha scelto questo soggetto? “Perché ho adorato, sin dalla prima lettura, quando ero un bambino, il libro di Sendak. E’ come se da allora fossi cresciuto con quelle storie, che a loro volta sono cresciute dentro di me. E’ il mio film più intimo e personale e in esso la fantasia regna sovrana, ma non è mai disgiunta dai sentimenti del personaggio.” E’ un film incentrato sui problemi di un bambino ipersensibile? “Max ha sempre bisogno di verifiche affettive, ed anche lui fa cose ‘selvagge’. Come tutti i bambini. E’ la forma più teneramente estrema di autodifesa, di esorcizzare la propria solitudine e la propria difficoltà a comunicare. Mi sono identificato a lungo in Max. Con la sua ribellione, il suo linguaggio essenziale, la sua fragilità. Si fa eleggere sovrano dagli strani esseri che cercavano una guida, come lui cercava amici.” Sarà un film segnato dalla paura? “E’un’avventura fanta-reale lontana dai canoni di certi film per l’infanzia: le creature non sono sempre buone come Shrek. Max è confuso e vulnerabile, come lo sono tanti bambini. Diventato Re della sua isola scopre che, come altrove, i rapporti con gli altri sono difficili. Il libro è permeato di paura, curiosità, fascino per paesaggi esotoci, bisogno di uno spazio segreto in cui fare cose selvagge. Tutto ciò appartiene all’infanzia e al mondo dei grandi. Non ho voluto fare solo un film per bambini, ma un film sull’infanzia. Una ‘malattia’ capace di restare a lungo nel cuore e nelle emozioni anche degli adulti.”
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Claudio Lugi
Viaggio nel mondo dei mostri “I fanciulli trovano tutto nel nulla, gli uomini trovano il nulla nel tutto.” Giacomo Leopardi
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arà il ritorno dietro la macchina da presa di Spike Jonze (Essere John Malkovich, Il ladro di orchidee…), uno dei cineasti più visionari e controversi di questi ultimi anni, sarà la travagliata gestazione del suo ultimo lavoro, Nel paese delle creature selvagge, in uscita il 16 ottobre negli USA e due settimane più tardi in Italia, sta di fatto che l’attesa per il fantasy movie prodotto dalla Warner Bros è diventata oramai spasmodica. Ad accrescere ulteriormente l’aspettativa per quest’opera cinematografica tratta dalla celebre graphic novel di Maurice Sendak Where the Wild Things Are, la notizia, circolata rapidamente dal web alle agenzie di stampa statunitensi (o viceversa?), che il libro in questione sia uno dei preferiti dal Presidente Barack Obama, il quale - sempre secondo le medesime fonti - lo avrebbe addirittura letto agli invitati del pranzo di Pasqua. In effetti, il testo di Sendak, uscito nel lontano 1963, è un brevissimo romanzo illustrato tra i più amati dal pubblico infantile, specialmente negli USA e nei paesi di lingua anglosassone, che un cortometraggio animato di Gene Deitch del 1973 ha già cercato di tradurre in immagini in movimento. Ma stavolta, la stretta collaborazione tra il disegnatore di origine polacca e il quarantenne regista di Rockville, ben supportato dalla sceneggiatura di Dave Eggers, ha prodotto i risultati sperati in quanto a originalità e bellezza visiva. Infatti, per quanto innegabile sia stata la difficoltà realizzativa di tale progetto, che si è avvalso della rappresentazione live action per le scene realistiche e dell’animazione in CGI per descrivere il mondo fantastico, va sottolineata la netta prevalenza dell’elemento emozionale su quello puramente tecnico, al punto da regalare agli spettatori molte sequenze straordinarie, e alcuni momenti commoventi e poetici, sia per i giovanissimi, a cui il film è indirizzato, che per gli adulti, i quali apprezzeranno sicuramente l’ottima colonna sonora composta da Carter Burwell e Karen O., e specialmente, la ballata Wake up degli Arcade Fire. Inoltre, i recettori giovanili s’identificheranno volentieri con Max (Max Records), l’eroe della vicenda, un ragazzino inquieto e solitario alle prese con i problemi dell’età: le incomprensioni scolastiche e familiari, il desiderio di liberare la propria fantasia impedita da mille divieti. Così, una sera, indossato il costume da lupo, dà sfogo alle sue scorribande casalinghe infastidendo la madre Connie (Cath-
Per tutte le Scuole erine Keener), la quale, al colmo della sopportazione, lo punisce severamente mandandolo a letto senza cena. Max per un po’ sente tutta la solitudine piombargli addosso, ma improvvisamente decide di lasciare la sua cameretta e correre a perdifiato tra gli alberi. Tra la vegetazione si scorge perfino il mare, che il bambino raggiunge in men che non si dica, e una barca a vela che pare attendere null’altro che qualcuno desideroso di vivere una magica avventura. Max, così, sale a bordo, e intraprende un viaggio che lo porterà a sbarcare, esausto, su un’isola misteriosa popolata da strane figure… Il contatto con gli abitanti mostruosi di quella terra non turba più di tanto il protagonista, che dimostrerà di saper reggere il confronto con le creature selvagge, tra le quali si distinguono: Carol, una specie di gorilla caudato munito di corna, KW, scimmiona rotondetta dai lineamenti dolcissimi, Judith, munita di un corno sul naso, Alexander, dalle sembianze caprine, Douglas, enorme gallinaceo dal becco adunco, Ira, mostriciattolone dal naso prominente, The Bull, toro dalla folta peluria nera e dallo sguardo inquietante… In breve, Max conquisterà il rispetto e la simpatia di quell’eterogeneo gruppo di mostri
giganteschi e spaventosi, ma decisamente bonari, dichiarandosi loro Re, con tanto di scettro e corona. Allora, il nuovo monarca, decide di fondare un regno in cui tutti vivano felici, ma prima indice la “ridda selvaggia” nella quale, insieme ai mostri, con danze e urla sfrenate rivolte alla luna, dà sfogo a tutta l’aggressività e la frustrazione accumulate nel tempo. In questo mondo immaginario il ragazzino trascorrerà momenti di grande euforia, all’insegna dell’avventura e della fantasia, esplorando foreste impenetrabili e deserti sconfinati, compiendo, però, anche decisive esperienze morali e materiali circondato dall’affetto e dalla considerazione. Tuttavia, anche in quell’ambiente esistono problemi e dissapori di non poco conto tra i vari individui della comunità. Perciò viene presto il tempo di staccarsi dagli amici pelosi, e di tornare a casa. Ritrovare la mamma, e magari accettare Rob (Mark Ruffalo), il fidanzato di lei. Dopotutto, ha capito Max, anche in quella casa è il sovrano amato da tutti… È questo, appunto, il messaggio di Nel paese delle creature selvagge: anche la più dura realtà non può sottrarti la capacità di sognare, di vivere liberamente l’avventura più straordinaria nell’universo parallelo che hai costru-
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ito con l’immaginazione, nel mondo dove le paure scompaiono e le speranze si accendono. È certo che il percorso di crescita interiore di un bambino passa attraverso l’esperienza della propria libertà e indipendenza, ma è anche rafforzato dalla rassicurante consapevolezza dei valori familiari. Spike Jonze ha dichiarato che non intendeva realizzare solo un film per bambini, bensì una pellicola sull’infanzia. Senza omettere – aggiungiamo noi – gli aspetti oscuri della fantasia infantile, la crescita seguita al viaggio di formazione, l’esplorazione dell’Io (il mostro selvaggio che è in noi) e degli altri (la scoperta del diverso). Una favola sulla tolleranza, insomma. Accettare se stessi non è, infatti, il primo passo per imparare ad accettare gli altri?
Nel paese delle creature selvagge Titolo originale: Where the Wild Things Are Regia: Spike Jonze Con: Max Records, Catherine Keener, Mark Ruffalo Distribuzione: Warner Bros.
k4L?:?qDNRU Dentro ognuno di noi c’è… tutto quello che abbiamo visto, tutto quello che abbiamo fatto, e ci sono tutti quelli che abbiamo amato.
Un film… da sfogliare Lo straordinario viaggio nelle terre selvagge rispecchia l’evasione di un ragazzino dalla realtà quotidiana che gli procura disagio, insicurezza, il dubbio continuo di non essere accettato per le proprie debolezze, per ciò che realmente egli è. Il fatto di essere bambini comporta, tuttavia, un’innegabile vantaggio: quello di potersi abbandonare pienamente al richiamo della fantasia. Difatti, basta socchiudere gli occhi, ed ecco spalancarsi la porta dei sogni. È facile, allora, costruire castelli impervi, lasciarsi penetrare dal vento tempestoso in cima a scogliere a picco sull’oceano, perdersi in boschi incantati, o fare conoscenza di esseri viventi bizzarri e selvatici. La fuga in un’altra realtà - parallela - costituisce un motivo ricorrente della letteratura per ragazzi, e oggi, con gli straordinari risultati raggiunti dall’animazione e dalla computer grafica, si è resa possibile qualsiasi rappresentazione cinematografica, anche la più immaginifica, partorita dall’umana creatività. Nel paese delle creature selvagge appartiene a questo filone, che annovera pellicole di grande successo come Labirinth (1986), diretto da Jim Henson (il
creatore dei Muppets), La Storia Infinita (1984), di Wolfgang Petersen, tratto dal romanzo omonimo di Michael Ende, e Coraline e la Porta Magica (2009) di Henry Selick, di cui ci occupiamo in queste stesse pagine. Come accennato in precedenza, anche il lungometraggio in esame prende spunto da un classico della letteratura per l’infanzia, Nel paese dei mostri selvaggi, un libro illustrato che ha conosciuto la meritata considerazione della critica, unitamente all enorme popolarità, avendo ottenuto il Premio “Astrid Lindgren for Literature” nel 2003. Inoltre, l’autore, Maurice Sendak, è stato il primo illustratore americano a ricevere il premio internazionale Andersen (una sorta di Nobel della letteratura per ragazzi) nel 1970, lo stesso anno in cui veniva attribuito, come miglior scrittore, al nostro, indimenticabile Gianni Rodari. Fra i dieci libri per ragazzi più venduti nel mondo, il volumetto di Sendak, ritornato nelle librerie italiane (Babalibri edizioni) proprio grazie all’imminente uscita del film, possiede la rara qualità di toccare le corde più intime dei piccoli lettori riuscendo
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a instaurare con loro un intenso rapporto basato sull’analisi dell’universo psicologico e onirico infantile, attraverso un racconto che dosa apprensione e speranza, amore e avventura, e soprattutto, rompe la trita consuetudine della maggior parte delle storie dedicate ai giovanissimi. Definito “il Picasso dei libri per bambini”, Maurice Sendak (nato a Brooklyn nel 1928) ha disegnato delle tavole che paiono incisioni, e che in alcuni casi richiamano alla mente la serie dei Minotauri e alcune Tauromachie dell’artista spagnolo. Difatti, il mostruoso bestiario dell’illustratore americano è rappresentato in maniera fortemente espressiva, senza la preoccupazione di censurare le raffigurazioni più inquietanti e feroci, quelle decisamente più spaventose, ma anche quelle in cui maggiormente i giovani lettori possono riuscire a esorcizzare la paura. A tale proposito Sendak sosteneva: “Sin dalla più tenera infanzia i bambini convivono con emozioni dirompenti; paura e ansia fanno intrinsecamente parte della loro vita quotidiana, devono confrontarsi meglio che
possono con continue frustrazioni. Proprio attraverso la fantasia i bambini giungono alla catarsi. Essa è il migliore strumento per dominare i Mostri Selvaggi. È il mio lasciarmi coinvolgere dall’inevitabile condizione dell’infanzia, la terribile vulnerabilità dei bambini e la loro lotta per divenire i Signori di tutte le Creature Selvagge, a conferire alla mia opera quella verità e quella passione che le si possono attribuire.” Quelle immagini, ormai penetrate nell’immaginario di milioni di bambini, ed entrate nella storia dell’illustrazione, che costituiscono l’ispirazione per lo splendido scenario ricreato da Spike Jonze per il grande schermo, hanno già orientato un fiorente merchandising di pupazzi di gomma e di peluche, e di gadget vari, che si apprestano a invadere i supermercati e i negozi di giocattoli di mezzo mondo. Non rimane, quindi, che cominciare a pensare ai regali di Natale per figli e nipoti…
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Claudio Lugi
“CI SI METTE MOLTO TEMPO PER DIVENTARE GIOVANI” PABLO PICASSO
La terza età. Il tempo dell’avventura U
p è un’opera di assoluta leggerezza. È poesia che tende al cielo come una colomba su una tela di Magritte. È il sogno accarezzato da anni che si realizza in aria. Come accade a Cosimo - ovvero Il barone rampante - indimenticabile protagonista del capolavoro di Italo Calvino, il quale, al capolinea della sua vita, si aggrappa a una mongolfiera per sparire per sempre nell’orizzonte del Mar Ligure. E unirsi fino in fondo con l’idea che aveva abbracciato fin da ragazzo. Anche Carl Fredricksen, a 78 anni suonati, deve obbedire al richiamo inconscio che lo spinge all’avventura, al desiderio mai sopito, ed equamente condiviso per circa settant’anni, con Ellie, la donna che aveva sposato e che se n’era andata, da poco, tra gli angeli. Così, collegando migliaia di fili di nylon ad altrettanti palloncini saldamente fissati alla sua villetta di legno, l’anziano decide di spiccare il volo. Destinazione Sud America, più precisamente le Cascate del Paradiso, ottava meraviglia del mondo, sull’altopiano Tepuis in Venezuela. Ma facciamo un passo indietro. Up possiede un andamento logico e cronologico assolutamente coerente, perciò la prima parte del lungometraggio racconta l’infanzia del protagonista, l’indole silenziosa e appartata, la sua passione per gli eroici esploratori raccontati dai cinegiornali, e per i viaggi esotici e pericolosi. A quel tempo Carl prende a frequentare Ellie, una ragazzina vivace e curiosa che coltiva i suoi stessi interessi, e che diventerà presto sua moglie. I due coniugi
trascorrono felicemente i mesi e gli anni progettando il loro viaggio ideale, e fantasticando sulle forme delle nuvole sullo sfondo del cielo: cani, tartarughe, il bambino che non arriverà mai… La loro esistenza si consumerà senza rimpianti nella casetta di proprietà tra il calore dell’affetto e le difficoltà quotidiane, sempre superate pazientemente. Nell’album dei loro ricordi alcune pagine rimarranno bianche. Proprio quelle dedicate al viaggio mai realizzato. Ellie si spegne dolcemente, lasciando il compagno vecchio e solo. Un pensionato dalle sembianze di Spencer Tracy, ruvido e scorbutico come Walt Kowalski (Clint Eastwood) di Gran Torino, afflitto dagli acciacchi e dagli speculatori, i quali, gli propongono una congrua buonuscita per il suo villino, e anche un posto all’ospizio. Ma Carl è pronto a stupire tutti. Anche se stesso. Gonfia i palloncini a uno a uno, e vola via verso sud. Il vento è quello giusto, la casa si staglia coloratissima sullo skyline; l’uomo rassetta gli oggetti più cari, accenna a un po’ di relax sulla poltrona. Ma un trillo lo scuote. Chi mai può suonare il campanello a mille metri d’altitudine? Sorpresa: è Russell, il boy scout verboso e pedante che in nome dell’ottimismo, e per conseguire la qualifica di “accompagnatore di vecchietto”, da qualche tempo lo assilla con continue offerte di aiuto. Il bambino è rimasto acquattato sul portico, impietrito all’improvviso decollo dell’abitazione, e ora Carl, seppur scocciatissimo per l’intrusione, è costretto a farlo entrare in casa. Non solo. In attesa di rispedirlo in città, dovrà accettarlo come compagno di avventura.
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Per tutte le Scuole
Una brutta tempesta provocherà seri danni a quel velivolo improvvisato, tuttavia, Carl e il petulante ragazzino riescono ugualmente ad approdare in vista dell’agognato salto d’acqua. Non rimarrebbe che completare l’avvicinamento alla cascata, senonché iniziano gli imprevisti. Che si presentano nelle forme variopinte di Kevin, un raro uccello di grandi dimensioni, un po’ struzzo, un po’ fagiano, goloso di cioccolata; e in quelle più familiari di Dug, bastardino affettuoso e gioviale dotato di un collare che gli consente di parlare. Questi si è allontanato da un branco di pericolosi cani da combattimento addestrati da Charles F. Muntz, un esploratore perfido (una sorta di Kirk Douglas coi baffi) alla ricerca, da diversi decenni, di un volatile dalle piume coloratissime e ritenuto ormai estinto. Il contatto con il celebre avventuriero (Carl era un fan di Muntz fin da bambino) isolatosi nella giungla allorché fu espulso dalla comunità scientifica, ma confortato da grandi apparati tecnologici, e perfino da un dirigibile, muta ben presto in aperta ostilità visto che costui ha individuato nel mite Kevin l’oggetto della sua caccia decennale. Riusciranno allora il vecchietto traballante, il giovane esploratore cicciottello, e il cagnetto pacioccone, a contrastare i disegni malvagi del fanatico Muntz?
Gli spettatori troveranno dal 15 ottobre al cinema la risposta a tale quesito. Ma prima si potranno abbandonare all’atmosfera “vintage” del prologo, al racconto romantico e alle tinte pastello dell’amore tra Carl ed Ellie, alla cupa solitudine dell’anziano, alla suspense del viaggio aereo e all’esplosione di colori dell’avventura nella foresta venezuelana. Il tutto condito dalla tecnologia tridimensionale – è la prima volta della Pixar – impiegata sobriamente in quasi tutto l’arco del film. L’autore di questo capolavoro, Pete Docter (già regista di Monsters & co., e realizzatore dello script di Toy Story e di 7!,,s%), che con John Lasseter e Andrew Stanton forma “il trio delle meraviglie” della Pixar Animation Studios, pluripremiati a Cannes quanto a Venezia nel 2009, dimostra ancora una volta che la creatività e l’originalità della produzione, giunta al decimo lungometraggio, non si sono affatto esaurite, anzi, la carica dirompente di Up, oltre che indotta da un soggetto assolutamente inconsueto, si regge sull’ironia e sul ritmo della commedia, sul tono melodrammatico e sulla straordinaria animazione, sull’azione e sulle mirabili gag comiche e umoristiche che costellano la vicenda. L’idea del collare ipertecnologico che trasforma in parole i pensieri dei cani è una trovata
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esilarante, così come spettacolare è l’attacco aereo degli stessi animali alla casa volante, che in qualche misura ricorda le scorribande aviatorie di Dastardly & Muttley. La zoologia fantastica della casa di Topolino realizza con Kevin l’ennesimo personaggio bizzarro destinato ad accattivarsi le simpatie dei piccini, così come accadrà con il tenero Dug e il simpaticissimo Russell, o meglio “l’Esploratore della natura selvaggia”, come egli ama definirsi. Ma la sequenza di cinema assolutamente memorabile è rappresentata dal duello tra Muntz e Fredricksen. Nella fattispecie, “il colpo della strega” e il sibilo dell’apparecchio acustico non costituiscono le armi proibite dei due contendenti. Anzi, il primo brandisce un pericolosissimo spadone, salvo bloccarsi, di tanto in tanto, per via dell’artrite, mentre Carl para i mortali fendenti dell’avversario con il proprio il tutore ortopedico, difendendosi strenuamente anche… a colpi di dentiera. La vertiginosa lotta procede poi in aria, sulle pareti esterne del dirigibile, tra continui ed esaltanti colpi di scena. Alla fine Carl non potrà che misurarsi con la propria solitudine, riempita adesso da nuovi amici. Il desiderio suo e di Ellie è stato finalmente realizzato, il lutto è stato elaborato. Ora il protagonista potrà vivere in piena felicità il tempo che gli rimane. Ma la felicità è cosa vana se non si ha qualcuno con cui condividerla. Carl ha trovato Russell, il ragazzino rotondetto trascurato dal padre, che, come lui, crede nei sogni. Up è un road-movie, ma per Carl anche il completamento di un percorso di formazione, che salda il conto con il passato e getta le basi del proprio futuro, perché ogni individuo – anche l’anziano – ha diritto a guardare positivamente al domani. Dunque, il dibattito didattico-educativo trova anche in questo film animato temi e motivi di grande interesse culturale, sociale e umano. Il discorso sull’amore coniugale, come accennato, raggiunge momenti lirici e commoventi, così come l’immagine della casa sostenuta in aria da migliaia di palloncini evoca le immagini de Il castello errante di Howl del “maestro” Hayao Miyazaki. L’avventura, la fuga dal mondo, la ricerca di orizzonti perduti, sono poca cosa rispetto alla scoperta dell’importanza dei rapporti umani, dell’amicizia, dei sentimenti. La vera avventura è la vita, nella sua complessità e nella sua semplicità. E poi, anche a ottant’anni si può diventare eroi…
Up USA 2009 Regia di Pete Docter e Bob Peterson. 104', Animazione 3D, Walt Disney uscita giovedì 15 ottobre 2009
Al cinema con i nonni Lo dicono le statistiche. Nei paesi occidentali gli anziani stanno diventando sempre più numerosi in rapporto alla popolazione complessiva. In Italia essi hanno raggiunto quasi il 25% del totale degli abitanti, ovvero assommano a circa 15 milioni di persone. Si tratta di un evento di portata storica, mai prima verificatosi, che sta provocando una sorta di rivoluzione sociale, profonda quanto aliena dai clamori. L’allungamento della durata media della vita, unitamente al crollo delle nascite, sono i fattori che l’hanno determinata, mentre l’emigrazione dai paesi poveri ne ha ridotto gli effetti negativi, soprattutto dal punto di vista economico. Non stiamo parlando più di persone deboli, falcidiate dalle malattie o rese invalide da un’esistenza di stenti e di fatica. L’anziano non è più il raro patriarca delle società contadine circondato da frotte di nipotini ipnotizzati dai racconti di esperienze mitiche di fronte al focolare acceso. Oggi è un soggetto, nella maggioranza dei casi, in buona salute, che riscuote una discreta pensione, che talvolta arrotonda con prestazioni extra; un individuo che legge, s’informa, frequenta palestre o spettacoli, ama i viaggi e la buona cucina, aiuta sia economicamente che moralmente i figli - sempre più restii ad allontanarsi dai genitori - educa i nipotini che la cronica difficoltà di questi anni a metter su famiglia rende ancor più rari. Insomma, non si parla più del vecchietto sden-
tato e traballante, sordo e obnubilato dal vino, ma di un individuo cosciente dei propri limiti, che ha imparato a gestire sia le malattie croniche che gli acciacchi dell’età, diventato per il mercato un consumatore appetibile, per la società un aiuto di cui non si può fare a meno, e per i governi una spesa da ridurre avanzando l’età pensionistica e riducendo gli abbandoni anticipati dal lavoro. Con Up è divenuto il protagonista di un kolossal animato che milioni e milioni di persone in tutto il mondo conosceranno e apprezzeranno. Se è vero che finora l’anziano è stato un soggetto poco frequentato dal cinema, soprattutto da quello d’animazione, non è così raro imbattersi in fiabe in cui viene evidenziata la naturale affinità tra vecchi e bambini, che si esprime specialmente nell’amore comune per la fantasia e l’avventura. Up è uno di questi casi. Nel lungometraggio Disney, a un’iniziale situazione di netta opposizione tra il vecchio venditore ambulante di palloncini e il piccolo scout fa seguito un’evoluzione decisamente positiva che porterà a una specie di sintonia intergenerazionale. In precedenza si è accennato alla contiguità del film in esame con Gran Torino, in cui il burbero pensionato interpretato da Clint Eastwood, il quale non perde occasione di manifestare il proprio disappunto nei confronti di neri, cinesi e latinoamericani che hanno invaso il suo quartiere, finisce per “adottare”, e regalare un futuro
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“I vecchi subiscon le ingiurie degli anni, non sanno distinguere il vero dai sogni, i vecchi non sanno, nel loro pensiero, distinguer nei sogni il falso dal vero...” Francesco Guccini, Il vecchio e il bambino
al ragazzo asiatico al quale qualche tempo prima aveva puntato il fucile in faccia. Sebbene meno riuscito, anche Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano narra l’incontro di due solitudini, un vecchio droghiere turco e un quindicenne ebreo, che si trasforma lentamente in un rapporto affettuoso tra padre e figlio. È soprattutto grazie ai grandi autori, che il cinema ha iniziato ad affrontare a viso aperto, e in un’ottica priva di preconcetti, i temi della vecchiaia e della condizione degli anziani. In tale contesto, il protagonista anziano è colui che affronta i grandi eventi della vita e della morte (Il posto delle fragole di Ingmar Bergman), dell’amore e della solitudine (Umberto D di Vittorio De Sica, e grazie alla propria esperienza, è in grado di illuminare di speranza il futuro (Vivere di Akira Kurosawa). In molti casi la vecchiaia è intesa come risorsa sociale, come percorso di scoperta dell’Io e del mondo, riflessione sul rapporto con la natura (Dersu Uzala, ancora di Kurosawa). Ecco perché la presenza senile nel filone dei road-movie risulta più consistente. Tra queste pellicole ci piace ricordare Harold e Maude (1971), un piccolo film figlio del senso
di libertà e fantasia che percorreva gli anni Sessanta. In questa commedia americana tenera ed eccentrica, intercalata dalle splendide ballate di Cat Stevens, Maude, una vispa vecchietta innamorata della vita incontra al funerale di uno sconosciuto, Harold, un diciottenne ricco e annoiato, assillato dalla madre che tenta disperatamente di accasarlo con coetanee stupidotte, il quale coltiva passatempi lugubri inscenando finti suicidi o visite ai cimiteri. Tra i due nasce una tenera amicizia che sfocerà anche nell’amore. Il giorno del suo ottantesimo compleanno, però, Maude muore lasciando in eredità al giovane “il piacere di vivere”. Anche la vicenda raccontata in Una storia vera (1999) è ambientata negli USA, ma negli anni Novanta. Durante il suo itinerario di avvicinamento al fratello malato, con il quale non parla da dieci anni a causa di una lite, Alvin Straight (Richard Farnsworth), claudicante e senza patente, partito su un tagliaerba con rimorchio, incontra una galleria di personaggi semplici e veri con i quali condividere il proprio malessere per la fuggevolezza del tempo: “La cosa più brutta della vecchiaia è il ricordo della giovinezza”. Percorrendo circa 500 km in sei settimane, l’anziano protagonista rappresenta la malinconia dell’essere umano per la brevità del suo viaggio
esistenziale, visto come un’ininterrotta agonia interiore. Farnsworth che per questo film semplice e lento, amaro ed emozionante, ottenne la nomination agli Oscar per la migliore interpretazione, morì suicida nel 2000. Finalmente fuori dai consueti stereotipi che li ritraggono portatori di saggezza ed esperienza, gli anziani hanno conquistato sul grande schermo la dignità di protagonisti della vita di tutti i giorni. Naturalmente, le storie che li riguardano descrivono e narrano i problemi tipici della “terza età”, dalla malattia fisica e mentale alla solitudine dolorosa, dal senso insopportabile della propria inutilità all’emarginazione, dal recupero della memoria ai rapporti intergenerazionali. Non si devono pertanto scordare le numerosissime situazioni di grave malattia, povertà, emarginazione, solitudine che ancora interessano una quantità consistente di anziani nel nostro paese, e la pressoché maggioranza nel terzo mondo. E non bisogna altresì dimenticare la regressione culturale nelle aree del benessere in cui le persone di età avanzata sono viste comunque come un peso, in quanto considerate bisognose e non efficienti, frutto questo di un’etica del consumismo che ha riconosciuto i suoi dei esclusivi nell’eterna giovinezza e nel “carrierismo”. Oggi la scuola è chiamata a riflettere su una condizione dell’essere umano che appartiene a
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tutti, e a recuperare una concezione della felicità individuale che abbandoni gli insani modelli incentrati sul giovanilismo, sull’efficientismo, e sulla spettacolarità, e che torni a considerare il soggetto anziano non solo come una risorsa del passato, ma come un “tesoro” dell’oggi. I docenti, quindi, dovranno impegnarsi al fine di favorire il dialogo e la solidarietà fra le diverse generazioni, e di recuperare l’idea della terza età come portatrice della saggezza che scaturisce dall’esperienza. Andrà perciò riproposta l’immagine dell’anziano come protagonista attivo ancora inserito nella società, un’entità reale e pratica, come quella, per esempio, di educatore familiare, o di animatore della maggior parte delle iniziative di volontariato nella comunità civile e religiosa.
uscita giovedì 15 ottobre 2009
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Claudio Lugi
Il piccolo mondo salvato da una ragazzina
“Il mondo che stava attraversando era un pallido nulla, come un foglio di carta bianco o un’enorme stanza bianca e vuota. Non c’era temperatura, né consistenza, né sapore.” Neil Gaiman, Coraline
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icuramente, a molti sarà sfuggito che l’indiscusso capolavoro Tim Burton’s Nightmare Before Christmas non è esclusivamente frutto dell’estro geniale dell’autore de La sposa cadavere, ma porta la firma di un altro artista dotato di notevole perizia e sensibilità: Henry Selick, ieri regista di quell’opera memorabile, e oggi tornato agli onori della cronaca, per via dell’uscita nelle sale cinematografiche (19 giugno 2009) del lungometraggio animato (il primo in stop-motion e in 3D) Coraline e la Porta Magica, di cui è prossima la pubblicazione in dvd (e in blu-ray), che sarà distribuito a partire da metà ottobre dalla Universal Pictures. A rafforzare ancor di più il legame con il dinoccolato “principe di Halloween” la scena in cui “l’Altra Madre” sta preparando un’omelette a Coraline per colazione. Quando la donna rompe l’uovo e lo versa nella ciotola, si può vedere nel tuorlo il volto di Jack Skeletron. È una citazione – certo – ma al tempo stesso una dichiarazione di poetica. In altre parole, Selick “marca il territorio”, ovverossia stabilisce l’appartenenza di Coraline al mondo delle fiabe nere. Difatti, se è piuttosto facile associare l’eroina nata dalla penna di Neil Gaiman all’Alice di Lewis Carroll, è senz’altro più complicato trovare ascendenze al contesto e allo scenario in cui si svolgono le vicende di questo racconto dark. Magari qualcuno potrà paragonare la casa di Coraline al motel di Norman Bates in Psycho, oppure stabilire parentele e legami con quel vasto filone della letteratura per ragazzi che tratta il tema del doppio e dei mondi paralleli, ma riteniamo che l’originalità di Coraline e la Porta Magica vada
oltre tali ricerche. Intanto il nome della protagonista, nato da un errore di battitura. Si dice, infatti, che Neil Gaiman, il suo creatore, intendeva scrivere Caroline, ma gli è scivolato il dito sulla tastiera e le lettere si sono scambiate di posto. Lo scrittore Larry Niven ha poi consigliato a Gaiman di conservare il refuso. Così Coraline è entrata a far parte della nutrita schiera dei personaggi animati che popolano la fervida fantasia dei bambini. A undici anni, Coraline Jones si trasferisce con la famiglia dal Michigan al Pink Palace, una nuova abitazione nell’Oregon. I genitori sono troppo occupati con il lavoro per fornirle le attenzioni che ella richiede e merita, così la piccola deve accontentarsi di pasti sbrigativi e insipidi e, a una settimana dalla riapertura delle scuole, viene spesso mandata a giocare in giardino, dove trova uno strano micio nero; incontra Wybie, un ragazzino della sua stessa età con cui litigare; si dedica all’esplorazione del territorio e alla conoscenza degli altri inquilini della casa. Nel seminterrato fa visita a Miss Forcible e Miss Spink, due vecchie signore, un tempo attrici, le quali, le offrono il tè e le donano un piccolo amuleto; poi vede l’eccentrico e acrobatico Mr. Bobinsky, un uomo di mezz’età dal passato circense, che sostiene di allenare topi per comporre show musicali e numeri di abilità. Ma un giorno, innervosita dalla noia, Coraline s’impegna nell’accurata perlustrazione della casa, incuriosita da mobili d’epoca, suppellettili e anticaglie varie. Finché non s’imbatte in una porticina che conduce su un tunnel polveroso che porta a un altro appartamento, praticamente uguale al
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suo, dove vivono le copie esatte (oggi diremmo i cloni) dei propri genitori. Ma che differenza! Lui è gentile, brillante, e suona il pianoforte; lei con sobria eleganza sciorina succulenti manicaretti e la copre di attenzioni e affetto spacciandosi per “l’Altra Madre”. Poi l’accompagna nella sua stanza ricca di accessori e giocattoli animati. Una meraviglia. Tutto in quell’abitazione pare bello e allettante, se non fosse per quegli strani bottoni cuciti sugli occhi di quella strana coppia. Le volte successive Coraline uscirà nel giardino degli altri genitori, ricco di fiori variopinti e popolato da creature fantastiche, dove l’erba è più verde, e dove incontrerà tutte le repliche dei personaggi conosciuti al di qua della porta. Tutti muniti di bottoni oculari, eccezion fatta per il gatto nero, che nel mondo parallelo ha, però, la facoltà della parola. Così, l’andirivieni tra le due dimensioni finisce per diventare il passatempo più praticato dalla ragazzina, almeno fino a quando non comprende le reali intenzioni dell’Altra Madre: cucire anche a lei una coppia di bottoni sugli occhi e… divorarle l’anima. Quando scopre i poteri stregoneschi di quel demonio al femminile, i fantasmi di tre bambini vittime della megera, e la scomparsa dei propri - veri - genitori, Coraline non avrà più scelta: l’affronterà con il sostegno del fedele gatto nero, e dell’amuleto, in una drammatica sfida ricca di suspense e colpi di scena. Naturalmente, ci asteniamo dallo svelare l’eccezionale epilogo della storia, che il pubblico potrà gustare in un supporto digitale estremamente curato e ricco di contenuti speciali, e addirittura, nell’edizione speciale in 2 dvd - uno dei quali contenente il
Per tutte le Scuole film in 3D - riceverà in dono ben quattro paia di occhiali per la visone tridimensionale. Che sicuramente sorprenderà, così come ha stupito i milioni di spettatori che hanno già apprezzato Coraline e la Porta Magica sul grande schermo. E non solo per l’interessantissima novità tecnica, quanto per la capacità di suscitare immedesimazione e partecipazione emotiva sia nel pubblico infantile che negli adulti. Magari, questi ultimi si sentiranno tirati in ballo perché responsabili indiretti delle peripezie affrontate da Coraline. Difatti, l’indifferenza e le nevrosi dei genitori conducono la ragazzina, malata di solitudine, alla fuga nella dimensione fantastica, che regala meraviglie (e il proprio nome finalmente pronunciato come si deve), ma anche gravi pericoli. In secondo luogo, i parenti di Coraline subiscono passivamente - quantunque ignari - il rapimento e l’incantesimo della strega, e devono completamente affidarsi al carattere e alle qualità morali di quella bambina straordinaria, che finirà per preferire le problematiche della grigia realtà giornaliera invece delle patinate ed effimere lusinghe dei sogni. È altrettanto chiaro che il recettore adulto rifiuterà, a priori, ogni identificazione con gli “altri genitori”, sì crudeli, ma certamente più interessanti dal punto di vista scenico e narrativo, come sempre accade ai “cattivi” dei film.
Seppur caratterizzata da un climax di tensione amplificato dallo scenario cupo della rappresentazione, nella quale, al mondo reale corrisponde l’atonia cromatica, mentre quello fittizio prospera in un’orgia di colori, l’opera di Selick si accorda appieno alla tipologia della fiaba classica - magica e popolare - con la situazione iniziale ben rilevata, un’eroina che matura la propria consapevolezza durante il corso delle vicende, la predizione di un futuro prossimo negativo contestualmente alla fornitura di un amuleto magico a supporto, la presenza, accanto alla protagonista, di uno o più aiutanti (Wybie e il gatto nero), che in tempi diversi forniranno l’apporto decisivo affinché l’amica non soccomba… E in questa visione, adeguatamente commentata dalle musiche di Bruno Coulais, in cui l’avventura tinta d’orrore si nutre parimenti dell’apparenza idilliaca del male quanto dell’alienazione quotidiana, trova spazio un incredibile lavoro di scandaglio sulla psicologia dei personaggi secondari, segno della bontà del lavoro del regista, il quale, ha approfondito i caratteri, talvolta solo accennati, o addirittura estranei, come Wybie, del libro di Gaiman, descrivendo, come mai prima d’ora, un mondo di pupazzi così realistico e coinvolgente da farci desiderare di tornare bambini almeno per i cento minuti di sana paura e fantasia che regala questo raro gioiello di cinema.
Coraline e la Porta Magica (Coraline,USA, 2009) Regia: Henry Selick 100', Universal Pictures 2009
OLTRE OGNI IMMAGINAZIONE: Coraline è il primo film di animazione stopmotion concepito e fotografato in 3D Per costruire 1 solo pupazzo di Coraline, 10 persone hanno lavorato per 4 mesi I pupazzo principale di Coraline aveva 28 pupazzi di varie misure – quello principale è alto 24cm In un punto del film, Coraline mostra 16 espressioni diverse in 35 secondi Per completare 74 secondi di girato si è impiegato una settimana di produzione con una squadra di oltre 300 persone che lavoravano su 52 set
“C’erano volte in cui Coraline dimenticava chi fosse, quando sognava a occhi aperti di esplorare l’Artico, o la foresta pluviale amazzonica, o l’Africa più ignota… e solo quando qualcuno le batteva la mano sulla spalla o la chiamava per nome, lei tornava con un sussulto da un milione di miglia di distanza, e in una sola frazione di secondo doveva ricordarsi chi era, e come si chiamava, e che si trovava proprio lì.” Neil Gaiman, Coraline
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Il recesso fotografico 3D di Coraline sul set consisteva nel girare due riprese per ogni fotogramma, un fotogramma per l’occhio destro e uno per il sinistro con la stessa camera digitale
Tutti gli inquilini della “casa rosa” Presentiamo di seguito la galleria di personaggi che popolano il film animato Coraline e la Porta Magica. Non si tratta solamente di una mera rassegna, bensì di una breve analisi dei caratteri che tiene conto dei mutamenti avvenuti a quelle divertenti figure presenti sul set nel passaggio dalla pagina scritta al film, evidenziando affinità e differenze con il libro di Neil Gaiman. Coraline è una ragazzina curiosa e attiva, sensibile e intelligente, accorta e coraggiosa, che soffre a sentir assimilato il proprio nome a quello più comune di Caroline. Cosa che non avviene, però, nel mondo speculare ed effimero che scopre dietro la porticina magica in salotto. Ma di questo dovrà lagnarsi con il suo creatore, Neil Gaiman, il quale, ha tramutato un banale errore di battitura in un’ottima opportunità creativa. La mamma di Coraline è una bella signora molto impegnata nel lavoro, che svolge a casa davanti al computer. È simpatica, moderna e discreta, ma non particolarmente brillante in cucina. Anche se ama molto sua figlia, è però, spesso distratta nei suoi confronti. Coraline la trova piuttosto noiosa, ma non disdegna intrattenere con lei lunghe schermaglie all’insegna dell’ironia…
Il papà di Coraline è, come sua moglie, un uomo molto occupato, e lavora anch’egli al pc nel suo studio personale. Si capisce che sotto l’apparenza di un uomo spento e monotono, Mr. Jones sia in realtà un padre attento e affettuoso, che farebbe qualsiasi cosa per sua figlia. Tuttavia, il suo peggior difetto è quello di cimentarsi, di tanto in tanto, nell’arte culinaria, preparando pietanze assolutamente scoraggianti…
Il Gatto Nero. Quando questi animali compaiono nelle storie il pensiero corre subito al celebre racconto di Edgar Allan Poe. In effetti, anche in Coraline il gatto nero è un essere molto strano, capace di vivere tanto nel mondo reale quanto in quello alternativo. In quest’altra dimensione, il gatto è in grado di parlare, e si comporterà con la ragazzina come una guida, aiutandola a orientarsi e, alfine, a contrastare l’Altra Madre. Se inizialmente appare schivo e altezzoso, piano piano si lega a Coraline, senza la quale potrebbe rimanere per sempre imprigionato nell’incantesimo della donna demoniaca.
L’Altra Madre rappresenta la perfida antagonista. È una creatura oscura e tenebrosa, una specie di strega che ha creato il mondo artificiale in cui Coraline si trova invischiata. È identica alla vera madre della bambina, anzi, inizialmente sembra una versione ringiovanita e sorridente della signora Jones. È molto abile ai fornelli e prepara con le proprie mani autentiche leccornie, sinceramente apprezzate dalla ragazzina. Tuttavia, con il procedere della storia diventerà sempre più sgradevole e scheletrica, sebbene divori avidamente una grande quantità di scarafaggi. I suoi poteri non le permettono di creare mondi nuovi, ma solo di deformare quelli già esistenti, in cui adesca bambini, ai quali, una volta imprigionati (all’interno di uno specchio magico, secondo il libro), succhia completamente l’anima.
Miss Forcible e Miss Spink sono le vicine di casa di Coraline, un tempo attrici, oggi pensionate. Nel loro appartamento ospitano diversi cani, e tra di loro parlano utilizzando celebri frasi di drammi e commedie teatrali. Possiedono la facoltà di leggere il futuro nelle foglie del tè che si depositano in fondo alla tazza, e quando presagiscono a Coraline una situazione d’imminente pericolo, le regalano un potente amuleto: una pietra con al centro un buco, attraverso il quale la ragazzina troverà le anime nascoste nell’Altro Mondo. Nella realtà parallela, invece, le due signore possiedono degli alter-ego giovani e aitanti, che si producono in lunghe e spassose performance teatrali per un pubblico esclusivamente canino. Una curiosità: durante la scena ai trapezi le due attrici recitano alcuni versi dell’Amleto di William Shakespeare.
I tre Fantasmi Bambini sono vittime della megera. Le loro anime sono state prosciugate lentamente fino a lasciarne solo gli spettri. Quando Coraline li incontra, promette di trovarle e di portarle in salvo, perché riposino in pace. Alla fine della storia, la ragazza sogna tutti e tre i bambini nelle loro forme reali: si tratta di un maschietto e di due femminucce.
L’Altro Padre è una figura totalmente dipendente dall’Altra Madre, una sorta di pupazzo a carica manuale. Si presenta come una persona brillante, che suona il piano, o per meglio dire, il piano suona lui! Insomma, è un docile strumento nelle mani della strega, la quale, se ne sbarazzerà mutandolo in una creatura deforme e sgradevole allorché egli rivelerà a Coraline diversi importanti dettagli sul mondo ingannatore.
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Le immagini sono a carattere dimostrativo.
COME PARTECIPARE
Per partecipare al concorso, ogni classe interessata dovrà realizzare un’opera artistica ispirata al Film di Coraline: l’opera potrà essere di qualsiasi genere e formato, come – a puro titolo di esempio – un disegno, un dipinto, una scultura, etc…L’opera realizzata dovrà poi essere fotografata tramite un apparecchio digitale; la fotografia dell’opera andrà inviata, entro e non oltre il 31 dicembre 2009, all’indirizzo di posta elettronica concorsi@amarena.biz L’invio dovrà rispettare i seguenti requisiti: L’oggetto della mail dovrà essere, pena l’esclusione dalla selezione, PARTECIPAZIONE AL CONCORSO L’ARTE NEL MONDO DI CORALINE Per ogni opera andranno inviate nr. 2 fotografie: la prima dovrà contenere esclusivamente l’opera realizzata, la seconda dovrà invece raffigurare sia l’opera che gli studenti (o parte degli studenti) che la avranno realizzata; Le fotografie non potranno superare le dimensioni di 500 Kb cadauna; Le fotografie dovranno essere inviate in formato jpg; Nel corpo dell’e-mail andranno indicati, pena l’esclusione dalla selezione, i seguenti dati: Nome, Cognome e recapiti del professore referente Nome e indirizzo completo della Scuola Classe autrice dell’opera e raffigurata nella fotografia
La selezione delle opere vincitrici avverrà entro il 28/02/2010 ad opera di Henry Selick. Ogni premio sarà assegnato alla classe vincitrice; i professori indicati come referenti riceveranno comunicazione della vincita via posta o via telefono, e riceveranno in seguito il premio – a cura e spese del promotore – all’indirizzo della scuola di appartenenza. Con l’invio delle foto dell’opera, il professore referente per ogni classe autorizza Universal Pictures Italia S.r.l. a pubblicare sul proprio sito e a rendere fruibile al pubblico l’immagine dell’opera, anche dopo il termine finale del presente concorso. Con la partecipazione al concorso, il professore referente dichiara e garantisce che l’opera inviata è originale e che la stessa non viola diritti d’autore e/o diritti connessi e/o diritti di sfruttamento commerciale e/o diritti di proprietà industriale e intellettuale di qualsiasi persona od entità, manlevando e tenendo indenne Universal Pictures Italia S.r.l. da ogni danno, onere o conseguenza negativa che dovesse a questa derivare da qualunque pretesa di terzi relativa all’opera stessa, e garantendo espressamente, che l’opera è originale e che nessun compenso sarà dovuto da Universal Pictures Italia S.r.l. al partecipante o a qualunque terzo, in occasione della concessa utilizzazione dell’opera per la pubblicazione sul proprio sito.
Scade il 31/12/2009 - Totale montepremi Euro 1.340,52 www.universalpictures.it Film © 2009 LAIKA. Inc. All Rights Reserved. Artwork © 2009 Universal Studios. All Rights Reserved.
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Coraline e La Porta Magica dal 14 Ottobre in DVD e BLU-RAY.
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Wybie è un simpatico ragazzino riccioluto, coetaneo di Coraline, che abita nei paraggi. Le si presenta con il motorino, e indossando un casco che somiglia piuttosto a uno scafandro. Poi le regala una bambola di pezza con due bottoni al posto degli occhi, che diventa immediatamente la mascotte della ragazzina. Comunque, Coraline, com’è normale alla sua età, non perde occasione per polemizzare con il ragazzo. L’altro Wybie è un fanciullo triste e inerte, completamente aggiogato ai capricci della strega. Nel finale, però, fornirà un aiuto decisivo alla soluzione positiva della vicenda. Questo personaggio è del tutto assente nel romanzo di Gaiman, dunque rappresenta un’idea originale di Henry Selick che produce una consistente variante narrativa, nonostante la sostanziale fedeltà del racconto animato nei confronti del libro.
Mr. Bobinsky abita la soffitta di Pink Palace. Di origine russa, munito di lunghi e curiosi baffi, è un personaggio alquanto bizzarro, ma decisamente simpatico. Ancora molto acrobatico nonostante l’età, e la pancetta, l’uomo, un tempo atleta in un circo, racconta di occuparsi dell’addestramento dei topi per uno spettacolo musicale e di destrezza. Nel libro compare come Mr. Bobo, ed è definito come il “vecchio pazzo”. All’inizio Coraline non gli crede molto, ma poi comprenderà il ruolo dei topi: sono intermediari tra i due mondi.
Coraline e La Porta Magica
sarà disponibile dal 14 Ottobre in 3 versioni: Oltre alla classica in DVD a 1 disco sono disponibili la versione Blu-Ray e l’ Edizione Speciale DVD a 2 Dischi che contengono entrambe anche la versione del film in 3D e 4 paia di occhialini per tutta la famiglia!
contenuti Speciali DVD e BLU RAY s 3CENE %LIMINATE CON )NTRODUZIONE del Regista s )L -AKING /F TRA CUI - Uno stile evocativo - La realizzazione dei pupazzi - L'armadio di Coraline - Ho visto il fuoco e la nebbia - Come cresce il tuo giardino fantastico? s #OMMENTO AL &ILM DEL 2EGISTA e del Compositore
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Scuole Superiori Nicoletta Gemmi
Lebanon: un film contro la guerra Non è un film di guerra. E’ un film contro la guerra, ambientato nello spazio buio e claustrofobico di un carroarmato, accompagnato dai rumori assordanti dei cingoli e delle esplosioni.
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ibano, giugno 1982. Un carro armato israeliano avanza solitario dentro un villaggio, appena bombardato dall’aviazione militare. All’interno quattro giovanissimi soldati. Il comandante Assi, al suo primo incarico, l’artigliere Shmuel che non ha mai sparato, Herzl un addetto al caricamento che non ha mai caricato una bomba ed il pilota Yigal che non conosc la destinazione. Impauriti ed inesperti sono in mezzo ad una guerra che non hanno voluto, contro un nemico che non vorrebbero combattere.
aveva già diretto vari corti. Lebanon ‘chiude’ letteralmente per 92 minuti lo spettatore dentro un carro armato, insieme a quattro soldati, un prigioniero siriano e una veloce incursione di un falangista arabo che minaccia in maniera crudelissima il catturato. Senza che, a causa della lingua, i quattro giovani militari possano intervenire dato che non capiscono una parola. Gli orrori della guerra li vediamo attraverso la soggettiva della telecamera che è il mirino del cannone del carroarmato, per il resto il film si svolge nel corso di una sola giornata, quella del 6 giugno 1982, a partire dalle 6.15 del mattino ora dell’attacco, durante la prima guerra del Libano. I quattro ragazzi hanno una tremenda paura di morire, come accade a quasi tutti i soldati, in tutte le guerre. Si chiamano: Assi, il comandante; Herzl, l’addetto al caricamento; Shmulik, l’artigliere e Yigal, l’autista del carro. Di loro sentiamo il respiro affannoso dato dal senso devastante di claustrofobia che si prova all’interno del cingolato, vediamo gli occhi sgranati pieni di orrore e timore, le loro facce sono sporche… ricordano gli americani in Vietnam. Purtroppo per loro attraverso il mirino i quattro riescono ancora a vedere i volti dei nemici e delle vittime. Una delle scene più forti del film è quando una donna libanese urla e si dibatte mentre il fuoco invade il suo corpo e il marito nel tentativo di spegnere le fiamme la butta a terra. Impotenti i sol-
La vittoria del film di Samuel Maoz del Leone d’Oro alla 66° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, riporta il cinema israeliano sotto i riflettori. Un cinema mai in pace, specchio di una realtà geopolitica impegnata in una guerra continua. Un cinema che molto recentemente aveva acquisito notorietà e moltissimi premi (fino ad arrivare alla Nomination all’Oscar per il miglior film straniero) con Valzer con Bashir di Ari Folman. Sono due film profondamente diversi come stile di narrazione ma i due registi sono entrambi ex-militari dell’esercito israeliano, entrambi hanno raccontato esperienze vere e personali, entrambi hanno realizzato due film potentissimi e originali contro la guerra. Samuel Maoz è nato a Tel Aviv, è un esordiente per quanto riguarda il lungometraggio ma
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dati assistono alla scena avvistando l’aviatore che sgancia il suo carico di bombe mortali sopra una città di cui non può nemmeno immaginare i volti delle migliaia di persone inermi che sta per massacrare. Lebanon non è un film contro Israele, né tantomeno favorevole agli arabi. E’ semlicemente un film contro la guerra. Samuel Maoz nel 1982 si trovava anche lui in quel carro e aveva anche lui vent’anni. Ma ha avuto bisogno di far trascorrere altri vent’anni per realizzarlo, in quanto doveva dimenticare quella durissima esperienza prima di riviverla nel film. Quando è stato proiettato al Festival di Venezia, la pellicola è stata accolta da una vera e propria ovazione. Oltre alla bellezza, all’emozione, alla crudeltà, Lebanon è anche un prodotto stilisticamente estremamente originale. Non ci è voluto molto a capire che era uno dei candidati più sicuri a vincere il premio più importante. Quando abbiamo incontrato Samuel Maoz a Venezia ci ha raccontato: “Ho fatto questo film per ricordare, prima di tutto a me stesso, che quel giorno ero là, in Libano e alle sei e un quarto del mattino ho ucciso un uomo per la prima volta in vita mia. Quando sono tornato, ho provato per anni a trasformare i miei incubi in una sceneggiatura. Ma ogni volta ho fallito. Perfino nei corti che ho girato non ho neanche sfiorato il tema della guerra, mi era impossibile. Ci sono voluti, per la precisione, venticinque anni per superare questo blocco, ed è stato come un’esplosione interiore. Improvvisamente è diventato tanto urgente: per scrivere ho impiegato appena tre settimane e, scrivendo, ho capito che film volevo fare. Una specie di film in presa diretta, tutto qui
e ora, che gettasse lo spettatore dentro l’inferno della guerra, senza filtri. Così come era successo a me da ragazzo”. E per ottenere questo risultato Maoz ha chiuso dentro un container buio e infuocato dal sole i quattro attori e poi ha iniziato a percuotere le pareti con una sbarra di ferro, imitando così i colpi/spari che possono arrivare da ogni parte. Operazione riuscita.
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Lebanon (Israele, 2009) Regia di Sanuel Maoz con Oshri Cohen, Michael Moshonov, Zohar Strauss, Reymond Amsalem, Itay Tiran 92’, BIM, drammatico/storico uscita: 23 ottobre 2009
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Scuole Superiori
Valentina Neri
Cristina Marella Palmieri
Un ‘68 rivissuto con passione Un film sullutopia che sboccia nel 1968 in tutto il mondo e quindi, anche in Italia. Il titolo fa riferimento al sogno, che in quei primi anni sembrò realizzabile, di cambiare la società. di Laura, Andrea e Giulio, sono coinvolti dal clima di contestazione e portano in vari modi lo scompiglio in famiglia. Il padre (Popolizio) e la madre (Acciai), sono sempre più disorientati e non trovano più un linguaggio comune con i propri figli. Lo sconvolgimento che questo movimento provoca non lascia nessuno indenne dal cambiamento. La contestazione raggiunge perfino il mondo a sé dell’Accademia di Arte Drammatica, dove finalmente Nicola è stato ammesso, grazie a un’insegnante (Morante) che crede in lui. Dopo i fatti di Valle Giulia ciascuno dei protagonisti individua una propria strada. Alcuni radicalizzano, altri abbandonano. Ma certamente nessuno sarà più lo stesso.
Il 1° marzo del 1968 Valle Giulia fu protagonista dello scontro tra manifestanti e Polizia che contò oltre 500 feriti. Fra questi anche Michele Placido, celerino 23enne arrivato a Roma con il sogno di diventare attore e che per pagarsi gli studi all’Accademia d’Arte Drammatica si era arruolato in polizia. Da questo episodio autobiografico del regista nasce l’idea sottesa al film. Il grande sogno è una storia corale di amore e amicizia, ambientata nel fermento del ’68: un periodo di sovvertimenti radicali e sconvolgimenti di costume; un periodo di profonda rottura, in cui l’autorità sotto tutte le sue forme è stata messa in discussione, nella speranza di cambiare il mondo. Per raccontare questo pezzo della storia d’Italia Placido si affida ad un inedito trio di giovani attori: Riccardo Scamarcio (suo alter ego nel film), Jasmine Trinca e Luca Argentero. Nicola (Scamarcio), è un bel giovane pugliese che fa il poliziotto ma sogna di diventare attore. Mentre è di stanza a Roma nel reparto Celere, il colonnello (Silvio Orlando) capisce che il ragazzo, appassionato di teatro e cinema, più che con l’elmetto in testa, può essere usato come infiltrato all’università. Nicola viene dunque spedito nel mondo studentesco dove si comincia a respirare una forte aria di cambiamento. Qui incontra Laura (Jasmine Trinca) una ragazza della borghesia cattolica, brillante e appassionata studentessa di Fisica che sogna un mondo più giusto. Dopo aver preso parte alla marcia per la pace per il Vietnam di nascosto dalla famiglia, Laura decide di partecipare alle azioni degli studenti in lotta. Conosce Libero (Argentero), uno studente operaio, leader del movimento studentesco, che sogna la rivoluzione. Laura subisce il suo fascino carismatico e se ne innamora. Ma è la tenerezza protettiva di Nicola a conquistarla in una notte di passione, consumata nell’università occupata. I due giovani sono presenti alternativamente nella vita di Laura, attratta per motivi diversi da entrambi. Anche i fratelli minori
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Un film in buona parte autobiografico che Michele Placido ha curato in ogni particolare insieme al produttore Pietro Valsecchi. “Tutto ciò che riguarda il rapporto tra il poliziotto – afferma il regista – la scoperta della città di Roma e il grande evento mondiale è reale. Avevo un sogno inconfessato, e abbracciare il percorso ideologico degli studenti da una parte lo ha messo a rischio, dall’altra mi ha dato la forza necessaria a realizzarlo. E sono finito veramente ad occupare l’Accademia d’Arte Drammatica. Ma il film vuole avere uno sguardo più aperto, non solo relativo alle vicende dei protagonisti. E’ un film che tenta di spiegare cosa pensavamo e perché ci ribellavamo. E un lavoro rivolto ai giovani d’oggi, è un film attuale, che spero risvegli un po’ le coscienze e dia energia, elementi che mancano di questi tempi”.
Il grande sogno (Italia, 2009) Regia di Michele Placido con Riccardo Scamarcio, Luca Argentero, Jasmine Trinca, Laura Morante, Massimo Popolizio, Silvio Orlando, Alessandra Acciai 101’, Medusa, drammatico
Cristina Marella Palmieri
Scuole Superiori
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Cosa resta del sogno americano L’avidità fraudolenta delle grandi Corporation, si specchia con quella di (alcuni) dirigenti che, in bilico tra i benefici di una illegalità dilagante e la paura di dover pagare un prezzo alla giustizia, perdono il senso della realtà.
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resentato Fuori Concorso alla 66° Mostra del Ciinema di Venezia e nelle sale cinematografiche dal 18 settembre, The Informant!, diretto dal prolifico Stephen Soderbergh e con Matt Damon come protagonista, è tratto sull’omonimo romanzo scritto nel 1998 dal giornalista del New York Times Kurt Eichenwald. La pellicola si basa su fatti reali: uno dei maggiori scandali americani degli ultimi tempi, concentrato sulle procedure di investigazione dell’FBI che per tre anni hanno
raccolto le confessioni di Mark Whitacre e le prove da lui fornite per accertare i fatti. Nel 1997 la Archer Daniels Midland (ADM) fu costretta dall’Antitrust a pagare 100 milioni di dollari di multa e tre dei suoi più alti dirigenti finirono in carcere. 1992. Il brillante biochimico di una multinazionale, Mark Whitacre (Matt Damon) inizia a collaborare con l’agente dell’FBI Brian Shepepard (Scott Pakula) per portare a galla la condotta fraudolenta dell’azien
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da implicata in una truffa del controllo dei prezzi. Whitacre munito di microfono e registratore addosso 24 ore su 24, veste i panni del’agente segreto, registrando oltre duecento conversazioni e filmando alcuni incontri tra i vertici della società e le aziende concorrenti nel mondo, per documentare gli accordi. Sognando di essere acclamato come un eroe dalla parte della gente si convince che alla fine sarà ricompensato con una promozione. Vittima di una psicosi maniacodepressiva, questa lo porterà ad ampliare i
suoi racconti con elementi fantastici e incoerenti. Il buon testimone si rivelerà un uomo avido e corrotto travolto dall’ingordigia che arbitrariamente aumenterà i suoi conti, mettendo le mani nelle casse della compagnia. Soderbergh con The Informant! ha deciso di mediare i toni del thriller procedurale, a lui tanto cari - l’abuso di potere, la prevaricazione dei forti sui deboli e l’opportunismo delle grandi multinazionali - con quelli della commedia nera, seguendo le direttive di un humor classico basato su equivoci e ridicolaggini per rendere la pellicola meno ostica e più appetibile al grande pubblico: “il film è piuttosto insolito e richiede parecchio dal suo pubblico", afferma Soderbergh. A tal scopo si è concentrato soprattutto sull’appropriazione indebita di 9 milioni di dollari da parte di
Whitacre ai danni della ADM (per la quale ha scontato 10 anni di carcere) e sugli effetti della psicosi in cui è scivolato. “Mark si sente una star, è un megalomane, tutto il contrario di come appare, continua il regista. Sono sicuro che anche se lui non avesse ottenuto il ruolo da manager alla ADM si sarebbe inventato qualcosa d’altro per salire sul palcoscenico della vita e avere le luci puntate su di lui. Ha dei seri problemi psicologici e questi problemi lo spingono ad essere un bugiardo di prima categoria, un vero talento della truffa e della messa in scena.”
suo personaggio: racconta storie, falsifica documenti ascolta gli interlocutori e intanto ragiona – fra sé e sé - sul perché le cravatte in sconto, in un certo negozio, siano sempre quelle con un certo disegno o su quale sia, per ogni essere umano, l’ultima frase da pronunciare prima di morire! “Tutto nel film è inserito ad arte per aiutarmi ad entrare nel personaggio – afferma Damon – la sceneggiatura è perfetta: ironica, intelligente, comica e drammatica al punto giusto. Con Stephen ci divertiamo molto sul set e questo si riflette a pieno nei ruoli che mi propone.”
Il film è splendidamente interpretato da un Matt Damon irriconoscibile. Ingrassato di 13 chili e con un parrucchino improponibile, tremendamente bipolare, si muove con estrema naturalezza e sottile comicità nei panni del
The Informant! (Usa, 2009) Regia di Steven Soderbergh con Matt Damon, Frank Welker, Melanie Lynskey, Scott Bakula Warner Bros., drammatico/thriller
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Caludio Lugi
Geronimo Stilton, giornalista e investigatore Mai trovarsi impreparati di fronte all’arrivo di un topo, soprattutto se è un roditore di avventure.
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he i topi riscuotano il successo maggiore tra gli animali dei libri, dei fumetti e del cinema è un dato di fatto vista la popolarità tra i giovanissimi - e non solo - di Topolino e Tom & Jerry, di Fievel e Bianca & Bernie, degli eroi baffuti di Giù per il tubo e dei sordidi ratti de La gabbianella e il gatto, per arrivare a Remy, il celeberrimo chef di Ratatouille. In Italia l’appeal di questo roditore si è manifestato anche nelle forme del pupazzo Topo Gigio, che a partire dal 1959 ha fatto la fortuna della tv in bianco e nero, prima, e di quella commerciale, poi, fino al cinquantesimo compleanno festeggiato lo scorso 9 marzo (lo stesso giorno della Barbie), a suggellare una grande popolarità, non solamente circoscritta alla nostra penisola. Una diffusione ancora maggiore, invece, ha conosciuto Geronimo Stilton, da un decennio - è nato nel maggio del 2000 uno dei personaggi più amati dai bambini italiani, e sempre più famoso all’estero per merito delle edizioni Piemme (del gruppo
Mondadori), e specialmente, della penna felice di Elisabetta Dami, autrice di una serie sterminata di avventure per ragazzi in cui è protagonista il simpaticissimo topo giornalista, scrittore ed editore. Questi racconti sono già stati tradotti in 48 lingue, e hanno venduto più di 30 milioni (16 solo in Italia) di copie nel mondo. Inoltre, mentre procede a gonfie vele l’attività del cliccatissimo sito www.geronimostilton.it., tutto rigorosamente made in Italy, è stata realizzata negli USA una versione a fumetti delle imprese di Geronimo, ed è già arrivata in edicola - curata della Panini - la prima collezione di figurine, stickers e altri gadgets, dedicata al gentil topo. La raccolta contiene diverse storie d’azione con tutti i personaggi dei libri e dei cartoni animati, mandati in onda a partire dal 15 settembre su Raidue alle ore 07:30, all’interno di Cartoon Flakes (trasmissione del martedì e del giovedì che andrà avanti per 26 episodi da 22 minuti ciascuno). Ciliegina sulla torta di questa riscoperta mediatica del fenomeno Geronimo
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Stilton, a novembre usciranno (distribuiti dalla Universal) i primi due dvd del celeberimo cartone. Stilton porta il nome di un rinomato formaggio presente sulle tavole inglesi fin dal XVII secolo. I produttori, approfittando del ritorno pubblicitario, hanno così preteso - ottenendola - la citazione del loro marchio, e la dichiarazione di preferenza del cacio britannico da parte del topo italiano, sul retro del frontespizio di tutti i libri, quand’è noto, almeno per gli appassionati, che in realtà Geronimo ama il nostro parmigiano, di cui colleziona le croste più antiche. Il curioso reporter è un intellettuale dalle buone maniere, che indossa sempre un impeccabile vestito verde con una sgargiante cravatta rossa, e porta un paio d’occhialetti tondi (nei cartoni ha le lenti a contatto), note che gli conferiscono un’aria colta, ma distratta. È direttore del quotidiano più letto di Topazia, la capitale dell’Isola dei Topi, “l’Eco del Roditore”, che guida con fiuto innegabile, a dispetto
Scuole elementari - medie dell’antagonismo con la “Gazzetta del Ratto”, amministrata dalla sgradevole topa Sally Rasmaussen, la quale, mira a impossessarsi della testata concorrente. Geronimo non è di sicuro un cuor di leone. Ha timore degli insetti, dei gatti e degli aeroplani, soffre il mal di mare, e disdegna i cibi sconosciuti; predilige piuttosto giocare a golf e godersi una fumante tazza di tè, leggere fiabe al suo nipotino di nove anni Benjamin e scrivere libri. Però, nonostante la sua goffaggine, viene puntualmente tirato in ballo in avventure sull’isola (che ha la forma di una fetta di formaggio), oppure in località esotiche in giro per il mondo. Inseguito da gente poco raccomandabile, impegnato a risolvere strani casi, o a ricercare tesori misteriosi, è spesso accompagnato da suo cugino Trappola, burlone e “passaguai”, e da sua sorella Tea, l’inviata speciale del giornale, dal carattere assai determinato. Svariati personaggi danno “colore” alle movimentate vicende che miscelano gradevolmente mistero e umorismo: suo nonno Torquato Travolgiratti detto Panzer, fondatore dell’Eco del Roditore; Zia Lippa, e suo marito Zio Spelliccio; Pinky Pick, l’esperta di moda e di tendenze giovanili del quotidiano; il Professor Amperio Volt,
amico fidato e illustre scienziato; Iena, sportivo e spavaldo, che coinvolge Geronimo in diverse vicissitudini; Ficcanaso Squitt, amico di vecchia data di Stilton che, come s’intuisce dal nome, è fin troppo curioso; Patty Spring, giornalista televisiva ed ecologista, di cui Geronimo è innamorato; Tenebrosa Tenebrax, regista cinematografica esperta di effetti speciali, che ha un debole per il direttore del giornale; e ancora tanti altri… I libri di Elisabetta Dami sono coloratissimi, graficamente accattivanti, decisamente avvincenti, e quindi, ideali per i ragazzini. All’interno dei testi, sempre riccamente illustrati, e intercalati da disegni esplicativi, fumetti, mappe e cartine a tutta pagina, i piccoli lettori sono anche stimolati ad aiutare il topo nelle sue indagini e nelle sue ricerche, cercando di risolvere enigmi e indovinelli divertenti. Oltre a ciò, questi preziosi volumetti stimolano il gusto per la scoperta e invitano alla lettura, educando al gusto, stimolando il linguaggio e solleticando la pura fantasia. Sono perciò consigliabili a tutti i bambini, e soprattutto ai loro genitori, i quali, avranno in Geronimo Stilton un potente alleato contro la noia, l’omologazione e la dittatura del video.
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