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schede film Megamind Tron: Legacy Le avventure di Sammy Rapunzel - L'intreccio della torre
Concorso I fantastici viaggi di Gulliver
Proposte audiovisive per le scuole
Sommario
n°5 - 6 2010
Nata nel 1994 per promuovere le pellicole più adatte al mondo della scuola, sia sotto il profilo didattico che di intrattenimento, Primissima Scuola è diventata negli anni un punto di riferimento per la maggior parte delle scuole e degli insegnanti che utilizzano il cinema come strumento didattico.
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Rapunzel - L'Intreccio della Torre
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Megamind
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Le avventure di Sammy
Tron : Legacy
I fantastici viaggi di Gulliver
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Per abbonarsi a Primissima Scuola Periodico di informazioni cinematografiche per le scuole Anno 16 n. 5 -6 dicembre 2010
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grafica Luca Foddis luca.foddis@primissima.it Patrizia Morfù patrizia.morfu@primissima.it
Reg. Trib. Roma n. 00438/94 del 1/10/1994
stampa Ige, Roma
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schede film
Claudio Lugi
Una fiaba moderna nel solco della tradizione “Erano i capei d’oro a l’aura sparsi che ‘n mille dolci nodi gli avolgea,” […] Francesco Petrarca, Canzoniere, XC
Rapunzel L’intreccio della torre
Regia: Byron Howard, Nathan Greno Distribuzione: Walt Disney
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a quanto racconta Rapunzel – L’intreccio della torre, la nuova, meravigliosa strenna natalizia in 3D della Disney, anche nel mondo delle fiabe le donne ossessionate da smagliature e rughe, zampe di gallina e cellulite, acne e seborrea mirano al ringiovanimento cutaneo e a un’immagine inespugnabile dalle ingiurie del tempo. Così la stregonesca Madre Gothel ancora ignara delle proprietà della tossina botulinica e dei miracoli della chirurgia estetica attinge segretamente - come narra l’antefatto - a un fiore magico irrorato dal sole che cresce su un’impervia scogliera affacciata sul mare.
Ma alla regina di un lontano reame occorre una cura che l’aiuti nella difficile gravidanza che minaccia la vita sua e quella del nascituro. Fortunatamente quel fiore viene trovato ed estirpato, e così, assumendone l’infuso, la gestante tornerà in salute mettendo al mondo una bellissima bambina, Rapunzel, che erediterà le proprietà taumaturgiche della pianta. A Madre Gothel non rimane altro che rapire la piccola e sparire, causando infinito dolore alla coppia sovrana, la quale, dopo le incessanti ricerche in ogni angolo del regno, prostrata dalla disperazione, invia in cielo, come altrettanti messaggi di speranza, migliaia di lampade di carta tutti gli anni per il compleanno della figlia perduta. Ritroveremo Rapunzel giovinetta, dalle chiome bionde e lunghissime (20 metri), iperprotetta e coccolata da colei che si è spacciata per la vera mamma. Dai capelli della ragazza Madre Gothel continua ad attingere come a una fonte di eterna giovinezza, perciò l’ha rinchiusa in un’alta torre tra le montagne, celata allo sguardo di chiunque, concedendole un unico compagno, amico e confidente, Pascal, piccolo e buffissimo camaleonte; e nel
contempo vietandole qualsiasi contatto con il mondo esterno, pericoloso, infido, dominato dal male. Tuttavia, in prossimità dei diciotto anni la ragazza mal sopporta i continui divieti di quella donna così possessiva e asfissiante. Che almeno le lasci ammirare quelle strane luci che salgono in cielo, a cadenza annuale, proprio il giorno del suo compleanno! Macché. Servendosi, come ogni volta, della capigliatura di Rapunzel a mo’di ascensore, Madre Gothel si allontana per qualche giorno promettendo di festeggiarla adeguatamente al ritorno. Nel frattempo, però, il giovane Flynn Rider, il bandito più ricercato e fasci-
noso della contea, braccato dai soldati e dai sordidi fratelli Stabbington, complici di malaffare cui ha sottratto la preziosa corona della principessa, appena trafugata dal palazzo reale, riesce a sfuggire al fiuto di un ostinato cavallo chiamato Maximus infilandosi in una grotta che si apre su una radura in mezzo alla quale si erge una misteriosa torre. Dopo averla scalata ed esservi penetrato capisce che la strana fanciulla dai lunghi capelli dorati che vi è reclusa non è tipo da farsi “uccellare” facilmente, perciò si accorda con lei: Rapunzel gli restituirà il diadema rubato in cambio di un passaggio in città per assistere all’esibizione delle lanterne; poi ognuno per la sua strada. Così, placata l’eccitazione della ragazza per la prima “libera uscita”, i due giovani iniziano un viaggio non privo di difficoltà sfug-
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gendo con destrezza a incalliti tagliagole, alle guardie, all’astuto Maximus, conquistato con dolcezza alla causa, e alle grinfie di Madre Gothel, tornata sui suoi passi, pronta a sfoderare la solita mozione degli affetti, e a imbastire un malefico intrigo. Rapunzel e Flynn Rider, che scopriamo chiamarsi più prosaicamente Eugene, giungono in città dove la ragazza, ignara delle proprie nobili origini, esprime tutta la sua gioia di vivere in sorrisi, canti e danze, facendosi intrecciare i capelli e ornandoli di fiori freschi. Il giovane, invece, si muove circospetto evitando di mettersi in mostra: c’è una cospicua taglia sulla sua testa! Verso sera i due, sempre più intimi, attraversano in barca le acque dell’oceano ai piedi del centro abitato per godere dello splendido spettacolo delle luminarie, ma la megera ha messo in opera un piano per allontanarli definitivamente, recuperando la fiducia della fanciulla e facendo imprigionare il simpatico malandrino. Nelle segrete del castello Flynn Rider ritrova i suoi vecchi complici che gli svelano la trama ordita da Madre Gothel, ma ormai è troppo tardi: le guardie gli hanno già apparecchiato la forca! Ce la farà il bel ladruncolo a salvarsi? E a raggiungere la ragazza che gli ha cambiato la vita? E Rapunzel, tornata nella torre, accetterà di ripetere il vecchio ménage, oppure darà ascolto all’istinto e ai numerosi indizi che la indicano come la principessa rapita tanti anni prima? Riuscirà, alfine, a liberarsi dalla falsa madre? Le risposte a tali interrogativi potranno essere svelate nel lungo epilogo del film, ricco di piacevoli novità e imprevedibili colpi di scena che mette-
ranno sotto i riflettori i vari caratteri che popolano la vicenda, a cominciare da Uncino, Nasone, Vladamir, Tor, Scannagole, Attila e Piccoletto, i quali formano sicuramente una brigata di “brutti ceffi”, di feroci guerrieri, ma anche di amici fedeli, buffi, teneri e fracassoni, come si potrà notare in quella che, a nostro parere, ricorderemo come la scena corale più divertente della storia, e una delle sequenze più spassose tra tutte le animazioni realizzate per la casa di Topolino. Nella sordida taverna dove arriveranno Rapunzel e Flynn Rider, tutti i presenti racconteranno, a suon di musica - il pluridecorato Alan Menken è l’autore della colonna sonora - i propri sogni nel cassetto (Ho un sogno anch’io) in un turbinio di ritmi e immagini veramente sorprendenti, in un’atmosfera magica che ci riporta alla mente il tema di un altro evergreen, I sogni son desideri, inconfondibile melodia di Cenerentola, l’indimenticabile classico Disney del 1950. Il film, inoltre, possiede altri punti di forza nel camaleonte Pascal, una sorta di silenzioso Grillo Parlante (ben riuscito l’ossimoro) cangiante nei colori e nelle espressioni, nell’irresistibile destriero Maximus, una specie di “cane poliziotto”che s’impone come uno degli animali meglio caratterizzati delle ultime produzioni Disney, e naturalmente nella cattiva di turno, Madre Gothel. Stavolta l’antagonista è veramente un personaggio attuale e strutturato, una donna egoista e manipolatrice, sarcastica e melodrammatica, ossessiva con Rapunzel che crede di amare, ossessionata dalla fuggevolezza del tempo e dalla gradevolezza della propria immagine, a dimostrazione che la modernità delle figure umane procede di pari passo con l’intelligente adattamento della fiaba originaria, ottimamente modificata da Dan Fogelman. Questa, dunque, l’esemplare cifra stilistica di Rapunzel – L’intreccio della torre, 50° classico dell’animazione disneyana diretto a quattro mani da Byron Howard (Bolt) e Nathan Greno (Super Rhino), che coniuga, abilmente come al solito, l’animazione digitale e gli effetti di computer grafica con l’avventura di un’eroina adolescente e di un giovane ladro gentiluomo, l’azione veloce e rocambolesca, e la vasta gamma dei sentimenti, con la vis comica e buffonesca, l’ironia dei dialoghi e le citazioni cinefile alle suggestioni visive (poetica l’ascesa delle migliaia di lanterne fluttuanti) e alle canzoni. Quest’ultime rimarranno a lungo nella memoria dei bambini e delle loro famiglie che accorreranno numerosi a godersi un’oretta e mezza di piacevolissimo intrattenimento.
Il lancio cinematografico di Rapunzel - l’Intreccio della Torre è accompagnato da una vasta gamma di articoli che portano questa incredibile favola anche fuori dallo schermo. Per vivere le rocambolesche avventure di Rapunzel sono in arrivo tante novità: giochi, accessori, videogame, libri illustrati e molto altro per sentirsi principesse ... con brio!
L'officina dei sogni. Dal racconto allo schermo “Oh Raperonzolo, sciogli i tuoi capelli, che per salir mi servirò di quelli”. Wilhelm e Jacob Grimm, Fiabe Forse storceranno il muso quei genitori che avranno già raccontato la fiaba di Raperonzolo ai propri bambini, e quelli che lo faranno dopo la visione di Rapunzel - L’intreccio della torre quando sentiranno le vive proteste dei loro figlioli: “Ma papà, non è così!”. Per forza. Oggi sono sempre meno le ragazze che aspettano il fatidico principe azzurro, perciò anche il cinema si è adeguato alle circostanze. Nel caso dell’ultima realizzazione della Disney la fiaba dei Fratelli Grimm viene rielaborata in chiave avventurosa e umoristica mantenendo l’elemento sentimentale, ma alleggerendo la tensione drammatica del racconto archetipo. Intanto, la vicenda prende spunto da varie storie presenti nella tradizione europea occidentale, a partire dal mito ellenico di Danae alla Petrosinella secentesca di Giambattista Basile, dalla Persinette della raccolta Les Contes des Contes (1698) alla Prezzemolina che ritorna nelle Fiabe Italiane recuperate da Italo Calvino in un’assai fortunata antologia di più di mezzo secolo fa. Ma se queste fiabe, come si evince dai rispettivi titoli, si riferiscono al prezzemolo, nella narrazione dei Grimm il raperonzolo (Campanula rapunculus), oggetto delle “voglie” di una donna incinta, corrisponde a un’altra pianta usata per le insalate che si distingue per i suoi fiori a campanula. •
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Secondo tale versione, per soddisfare le impellenti brame della consorte, un uomo fu costretto a violare la proprietà della vicina Dama Gotel, la quale, accortasi del furto, si accordò con lui che da quel momento avrebbe potuto servirsi di tutte le erbe disponibili nell’orto in cambio della bambina. Inoltre, un principe che passava casualmente nei pressi della torre dove la megera aveva imprigionato Raperonzolo, fu attratto dal canto della ragazza e spiando l’allontanamento della severa tutrice si fece issare mediante i capelli nell’abitazione dichiarandole il proprio amore e l’intenzione di sposarla. Ma il piano di fuga organizzato dai due amanti fu scoperto dalla perfida matrigna che recise le chiome della ragazza abbandonandola di lì a poco nel deserto. Quella capigliatura fece poi da esca per il principe che venne catturato e minacciato dalla strega. Fuggendo dalla torre il giovane rimase accecato cadendo sui rovi sottostanti. Dopo un lungo peregrinare per terre lontane, debole e desolato, egli giunse nel deserto, dove riconobbe la voce dell’amata. Raperonzolo, allora, piangendo insieme a lui, fece cadere le proprie lacrime sui suoi occhi, rendendogli così la vista. Allora il principe la portò nel suo regno dove i due vissero per sempre felici e contenti. Dunque, le analogie tra la fiaba e l’animazione in esame consistono principalmente nel potere taumaturgi-
co delle lacrime, ovvero dell’amore, nel topos della torre isolata, e last but not least, nella lunga e luminosa capigliatura della ragazza, che costituisce essa stessa una “protagonista”, o quantomeno un elemento narrativo decisivo, oltre che d’indubbia suggestione visiva. Traendo forse ispirazione dal mito di Sansone, e di certo strizzando l’occhio all’attualità, gli autori di Rapunzel offrono a Madre Gothel la possibilità di mantenersi giovane attraverso il contatto diretto, una sorta di simbiosi, con le chiome dorate della figliastra. Ci sovviene, a tal proposito, che il noto filo-
sofo tedesco Friedrich Nietzsche considerava i capelli “come una leggera trama cui agganciare i propri pensieri spirituali, quasi fossero un filtro di separazione del ma t e r ia l e e dell’istintivo da quello che è spirito e anima”. Come si è accennato all’inizio, il principe del racconto originario è stato
declassato, nel cartone animato, al rango di “eroe per caso”, a ladruncolo di strada, e per quanto fascinoso e guascone, risulta essere un personaggio piuttosto normale nella sua umana fragilità. Di ben altra pasta appare invece Rapunzel, dotata di un carattere forte, a dispetto della più completa inesperienza nelle cose della vita. È spesso lei a salvare Flynn e a trasfigurare il proprio desiderio di libertà in un sogno d’amore realizzabile solo se non si ha paura di “sognare in grande”. Arricchito nella versione italiana dal contributo vocale di Laura Chiatti (Rapunzel), di Gianpaolo Morelli (Flynn Rider) e del jazzista siculo-americano Mario Biondi (il brigante Uncino); condito da numerosi intermezzi umoristici e comici che ne accentuano le caratteristiche di commedia; ricco di scene spettacolari come gli inseguimenti a cavallo e le alluvioni, i combattimenti con le spade e le scazzottate da saloon, Rapunzel dissemina qua e là alcune dotte citazioni che manderanno in visibilio i più appassionati cultori di curiosità cinematografiche. Citiamo tra queste l’hobby assai particolare di Vladamir, uno degli omaccioni più feroci della scalcagnata banda della bettola: collezionare piccoli unicorni in ceramica. D’obbligo il riferimento al sogno dell’unicorno di Rick Deckard (Harrison Ford), immagine che ritorna nell’origami lasciatogli in casa da Gaff (Edward James Olmos), l’altro cacciatore di replicanti, nelle scene finali di Blade Runner, il che induce a ritenere che lo stesso Deckard sia un replicante, in quanto sarebbero stati spiati i suoi stessi sogni…
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schede film
Claudio Lugi
50 anni per scoprire il mondo. E ritrovar l'amore...
Mentre, una notte, se n’annava a spasso, la vecchia Tartaruga fece er passo più lungo de la gamba e cascò giù co’ la casa vortata sottinsù. Un Rospo je strillò: “Scema che sei! Queste so’ scappatelle che costano la pelle...” “Lo so: - rispose lei ma, prima de morì, vedo le stelle.”
Le avventure di Sammy (Around the world in 50 years) Regia: Ben Stassen Distribuzione: Eagle Pictures
Trilussa, La Tartaruga
Fin dall’antichità la tartaruga ha simboleggiato la longevità, la stabilità e la pazienza, e ogni sua immagine è stata utilizzata per manifestare la forza tranquilla, la solidità e la continuità del mondo. Per la Eagle Pictures essa ha rappresentato una sorta di amuleto in quanto nel 2010 ha ottenuto svariati successi con film come Dorian Gray e The Twilight Saga - Eclipse, Step Up 3D e Basilicata coast to coast, quest’ultimo una sorta di elogio alla lentezza. Inoltre, ha portato al cinema Oceani 3D, uno straordinario documentario – recensito nel numero di aprile di
PRIMISSIMA SCUOLA – in cui una tartaruga marina guida lo spettatore attraverso le meraviglie del “pianeta blu”, e dulcis in fundo, l’animazione tridimensionale qui in esame, Le avventure di Sammy, dal prossimo 22 dicembre nelle sale italiane. La vicenda è narrata in prima persona da Sammy, un’ormai matura tartaruga, in un lungo flashback intercalato da allegri ritmi caraibici. Il protagonista racconta la schiusa delle uova, cinquant’anni prima, su una spiaggia deserta della California. Tra le decine di tartarughine entrate nel mondo scorge la deliziosa Shelly, ed è amore a prima vista. Ma per i neonati le insidie sono appena iniziate: un paio di voraci gabbiani li rapiscono, e Sammy, con coraggio e un po’di fortuna, riesce a liberare se stesso e la sua amica; ma un attimo dopo lei è nuovamente scomparsa. Nel corso del lungo viaggio che affronterà attraverso i mari prima di ritornare al lido •
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natio, sebbene rincuorato dalla speranza di ritrovare la sua Shelly, Sammy dovrà affrontare numerosi pericoli: i veloci barracuda, i feroci squali bianchi e le reti che destinano gli esemplari più teneri ad arricchire il brodo di un’apprezzatissima zuppa. Ma chi, se non l’uomo, è capace di simile nefandezza? Sì, l’uomo che ha messo in pericolo l’ambiente marino con la plastica, con le piattaforme petrolifere, con gli idrocarburi sversati dalle navi, con l’immondizia e i rifiuti, con i container e le vecchie imbarcazioni abbandonate. “Gli umani” – riflette la voce narrante – “sono strane creature: alcuni trasformano l’oceano in una discarica, mentre altri si danno da fare per ripulirlo!”. Dunque, Sammy ha recuperato il comodo relitto di una zattera e ci si è installato seguendo la corrente giusta. Dopo poco incontra Ray, un coetaneo piuttosto rotondetto e spiritoso che lo accompagnerà per più di un decennio con la sua simpatia e le sue “emissioni gassose”, dovute alle scorpacciate di
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piccole meduse. Assieme vivranno momenti di assoluta felicità, e schiveranno innumerevoli difficoltà, ma un giorno i due amici, catturati dalle reti a strascico, vengono separati. Sammy viene ributtato in mare, ma di Ray perde ogni traccia… Spossato e sconsolato, Sammy arriva sulla spiaggia di Big Sur (California centrale) dove viene soccorso da una coloratissima comunità di hippy che lo eleggono propria mascotte, gli disegnano il simbolo della pace sulla corazza e gli presentano Vera credendo che Sammy possa accoppiarsi con una tartaruga più grande d’età. Lei sorride divertita ironizzando sulla propria mole: “Una tartaruga grassa è una tartaruga felice!”. I figli dei fiori sono gentili e gli leggono Il giro del mondo in ottanta giorni, un’avventura particolarmente gradita da Sammy; tuttavia Fluffy il loro gatto dall’inflessione francese, è geloso e mette in guardia la giovane tar-
taruga da quelle persone. Quando la comunità di fricchettoni viene sollecitata dalla polizia a liberare la spiaggia, Sammy rimane solo. Le note di California dreaming costituiscono il commento musicale più appropriato… In seguito, scampato all’assalto di uno squalo, Sammy incontra nuovamente Shelly: neanche lei l’ha dimenticato. Insieme progettano di vedere il mondo, in particolare la curiosità di Sammy è attratta dall’oceano di ghiaccio, perciò punteranno verso un fantomatico “passaggio segreto”: il Canale di Panama? Ma i due arrivano presso le acque dolci amazzoniche dove verranno as•
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saliti dai piranha e Sammy verrà catturato da un’aquila pescatrice. L’abbattimento da parte degli umani dell’albero in cui è prigioniero non eviterà la nuova scomparsa di Shelly tra le eliche di decine di imbarcazioni. Sammy riprende il suo viaggio: la corrente antartica è la chiave per giungere agli oceani di ghiaccio. Laggiù, nelle acque gelate, a cavallo di un vecchio frigorifero incontra una saggia megattera che fa appena in tempo a istruirlo, quando un arpione indirizzato evidentemente al cetaceo colpisce il frigo e scaraventa la tartaruga in mare. Per fortuna i cacciatori di balene vengono messi in fuga dall’equipaggio di una nave oceanografica che lo strappa alla morte per assideramento. Sammy viene curato, censito e rimesso in mare proprio dagli hippy che aveva conosciuto
tempo prima: sono studiosi e svolgono ricerche in mare, altro che cattivi! Dopo poco tempo ritrova Ray imprigionato in un container, e lo salva. L’amico rievoca i vecchi tempi e lo conduce nella propria comunità, sita in un fondale che contiene alcune grandi carcasse di navi: forse laggiù potrà ricongiungersi con l’amatissima Shelly… Naturalmente non sveliamo la conclusione che presenta alcuni divertenti colpi di scena; diciamo, però, che al termine del flashback Sammy adulto fornisce la chiave di lettura di questa favola morale che descrive il ciclo della vita, l’avventura della crescita - meglio se condivisa - e il viaggio verso la maturità. Tali passaggi, assai comuni negli uomini, risultano memorabili poiché coincidono con l’adolescenza, periodo in cui si contraggono amicizie e amori che solo il tempo cancellerà o consoliderà. Nonostante tutto, è la scuola l’ambiente in cui questa maturità prende corpo e si evolve. Le peregrinazioni della tartaruga (ogni tanto il racconto è intercalato dal tracciato dell’itinerario di Sammy sul globo terracqueo), date le peculiarità dell’animale, dettano il messaggio di questo road-movie incentrato sulla pazienza e sulla costanza dei sentimenti, valori oggi piuttosto in disuso tra le persone. Le avventure di Sammy sono quindi un intelligente intrattenimento per famiglie perché le immagini di grande perizia tecnica elaborate dal mago del digitale, nonché regista e produttore del lungometraggio, Ben Stassen (Fly me to the moon) riescono a coniugare la totale immersione nell’universo tridimensionale della meravigliosa messinscena con la qualità e l’originalità dei contenuti pedagogici. Difatti, non solo i protagonisti della storia prendono coscienza di quanto il mare si stia deteriorando e la biodiversità sia in grave pericolo (il petrolio che arriva sul fondo, Sammy cavalcioni di un ingombrante elettrodomestico, la pesca a strascico, le baleniere che imperversano nei mari freddi…), ma comunicano ai recettori giovanili, primi destinatari della favola animata, la fiducia in
migliaia di persone che si battono quotidianamente affinché il pianeta inverta la marcia
che conduce all’autodistruzione. Perché gli uomini sono in grado di prendersi cura degli ambienti e degli esseri viventi compromessi dallo sfruttamento miope e dissennato. Durante i cinquant’anni in cui ha viaggiato prima di far ritorno al lido dove ha visto la luce, la tartaruga Sammy ha osservato i mutamenti del mondo e ha imparato ad affrontare e superare le difficoltà. Vi è riuscita seguendo uno stile di vita sano, nutrendosi in modo equilibrato di quello che la natura gli ha messo a disposizione, senza prevaricare nessuno e nel pieno rispetto di tutte le creature viventi.
La tartaruga tra leggenda e realtà “La bella tartaruga nel mare va perché ma perché, ma perché fa il bagno e poi si asciuga dai tempi di Noè eh eh eh , eh eh eh la tartaruga lenta com’è afferra al volo la fortuna quando c’è” […] Bruno Lauzi, La bella tartaruga (1975)
vano aspettare, e che dopo essersi pettinata, con molta calma, avrebbe affrontato il viaggio verso l’Olimpo.
In molti miti cosmogonici indiani e africani la tartaruga raffigura il mondo: il cielo è il suo carapace ricurvo, la terra il suo corpo. In Cina e in altri paesi asiatici è il simbolo della stabilità del mondo, l’universo ne viene sostenuto e contemporaneamente rappresentato. Un’antichissima leggenda cinese descrive la Terra come sorretta da quattro tartarughe. In generale, però, la tartaruga è un simbolo prettamente femminile e rappresenta la Madre Terra.
Accecato dalla rabbia per la flemma e per la risposta della ninfa, Ermes la scaraventò in mare insieme alla sua abitazione. Quando Chelone riemerse la casa le si era appiattita addosso, trasformandosi in un guscio duro come la pietra. Dalla porta mise fuori la testa calva, gli occhietti tristi e il collo grinzoso, e dalle altre aperture fuoriuscirono le zampe squamate. Mentre avanzava goffamente verso gli scogli, Ermes le ricordò l’eterna punizione condannandola a strisciare muta per la terra e lungo le rive del mare. Curioso notare che allo stesso messaggero degli dei, in tenera età, viene attribuita l’invenzione della lira, ottenuta adattando le corde alla corazza di una tartaruga, utilizzata come cassa armonica. Dello strumento Ermes fece dono ad Apollo.
Nelle leggende olimpiche, invece, si spiega l’origine di questa creatura con la curiosa storia di Chelone, la bellissima ninfa del mare, che per pigrizia non rispose all’invito di presenziare alle nozze di Zeus ed Hera. Ermes fu inviato a indagare sulle ragioni di tale assenza. Ma ella se ne stava tranquilla a pettinarsi davanti allo specchio nella sua casetta in pietra arrampicata sugli scogli in faccia al mare. Ermes la rimproverò dello sgarbo, ma lei rispose sorridendo che gli dei pote-
Se rimaniamo in Grecia non possiamo trascurare il più noto tra i paradossi di Zenone: Achille e la tartaruga. Esso afferma che se l’eroe degli Achei sfidasse una tartaruga in una gara di corsa, e le concedesse un piede di vantaggio, non sarebbe più in grado di recuperare perché, nel tempo necessario ad Achille per raggiungere la posizione della tartaruga, questa si sarebbe spostata più avanti, e così via all’infinito. Riportando il paradosso al campo artistico, Takeshi Ki-
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tano, idealisticamente in ritardo come il guerriero greco, realizza nel 2008 un film omonimo in cui mette in evidenza la natura aleatoria del successo di un artista e del suo rapporto rispetto alla morte. Ancora il mondo classico ed Esopo con Zeus e la tartaruga, una sorta di variante del mito di Chelone in forma di favola, e con la nota La Lepre e la Tartaruga che ha insegnato l’antico adagio: “chi va piano va sano e va lontano”. Questo breve racconto venne ripreso nel 1935 da un corto di animazione dall’omonimo titolo appartenente alla serie delle “Silly Symphonies” di Walt Disney. Stesso titolo ancora, e regia di Alessandro Blasetti, per uno dei quattro episodi del film “a quattro mani” Le quattro verità (1962) con Monica Vitti, Sylva Koscina, e Rossano Brazzi protagonisti della vicenda di una donna che tenta di riconquistare il marito infedele. La tartaruga non poteva rimanere esclusa da Le Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie: il capitolo nono, dedicato a La Storia della Finta Tartaruga, è anch’esso pieno di simpatici nonsense. Un’altra storia alquanto particolare riguarda, però, il pilota Tazio Nuvolari, il quale raccontava di un incidente avvenutogli nell’ottobre del 1938, durante le prove del Gran Premio d’Inghilterra allorché un cervo si parò di fronte alla sua automobile lanciata a tutta velocità. L’impatto fu miracolosamente evitato dal Nivola (così era soprannominato il campione) grazie a un amuleto che gli aveva donato Gabriele D’Annunzio alla fine dell’aprile 1932 al Vittoriale. Si trattava
di una piccola tartaruga d’oro sulla quale era incisa la dedica: “All’uomo più veloce, l’animale più lento”. In cambio il poeta gli chiese di vincere la “Targa Florio”, cosa che puntualmente avvenne. In seguito Nuvolari fece dipingere la figura dell’animale sulle vetture da corsa, sulla sua maglia da competizione e sul proprio aeroplano. In prossimità della morte chiese di farsi seppellire con quel talismano al collo. Anche l’arte barocca ha versato il suo tributo a questi rettili, con la Fontana delle tartarughe di Piazza Mattei, a Roma, che sorprende per la collocazione e le sue esatte proporzioni. E in un certo senso anche le Tartarughe Ninja si rifanno all’art e italiana, dal momento che i protagonisti dei fumetti, delle serie animate per la TV e dei quattro film con attori in carne e ossa, realizzati tra la metà degli anni Ottanta e oggi, portano il nome di Raffaello, Leonardo, Michelangelo e Donatello. Nella miriade di pellicole dedicate alla corazzata bestiolina esistono anche degli esempi in cui essa è rappresentata come un acerrimo antagonista, come ne La profezia delle ranocchie (2004) di Jacques-Rémy Girerd, disegni animati fatti a mano, con Anna Marchesini che dà la voce alla tartaruga cattiva, oppure un mostro malvagio come Gamera, una specie di gigantesca tartaruga risvegliata dall’ibernazione da un’esplosione atomica
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che le ha conferito invulnerabilità e superpoteri: vola e sputa fiamme. Protagonista di alcuni film giapponesi del filone horror e catastrofico, la troviamo anche contrapposta al più conosciuto lucertolone Godzilla. Per il resto solo rappresentazioni positive, come in Kung Fu Panda (2008), di Mark Osborne e John Stevenson, in cui compare nelle vesti di Oogway, l’anziano maestro di Shifu, saggio in tutte le sue decisioni; come in Momo alla conquista del tempo (2001) diretto da Enzo D’Alò, e tratto da Momo, romanzo di Michael Ende, dove il piccolo eroe riuscirà a sventare i loschi piani dei signori grigi, anche grazie all’aiuto di Cassiopea, una tartaruga veggente di 180 anni; come in Alla ricerca di Nemo (2003) di Andrew Stanton, con la simpaticissima Scorza: “Ci sei dentro bello!”; e infine con La gang del bosco (2006) di Tim Johnson e Karey Kirkpatrick, con la tartaruga Verne capogruppo degli animali che si battono contro gli esseri umani in una favola ecologica contro il consumismo. Concludiamo la rassegna con tre lungometraggi live-action: la commedia Tartaruga ti amerò (1966) di John Irving, una commedia ecologica in cui un libraio (Ben Kingsey) e una scrittrice (Glenda Jackson), incontratisi allo zoo di Londra, rapiscono tre testuggini giganti per restituirle al mare; il documentario L’incredibile viaggio della Tartaruga (2009) di Nick Stringer, che narra (voce di Paola Cortellesi) l’odissea della tartaruga marina (solo una su mille ce la fa) avanti e indietro per l’Oceano Atlantico; e Oceani 3D (2010) di Jean-Jacques Mantello, un film naturalistico dalle immagini strepitose, e nel contempo piacevole intrattenimento umoristico, grazie alle voci di Aldo, Giovanni e Giacomo. Stavolta la tartaruga è la guida di un itinerario che tocca alcuni dei paradisi marini (oasi e fondali, scogli e barriere coralline…) e molte delle specie più affascinanti e in pericolo d’estinzione dell’intero ecosistema liquido.
schede film
Claudio Lugi
Natale al cinema con un eroe supercattivo “Nessuno merita lodi per la sua bontà, se non ha la forza di essere cattivo.” François de La Rochefoucauld, Massime.
Megamind Regia: Tom McGrath Distribuzione: Universal
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on è improbabile che l’uomo del quarto millennio si presenti con una conformazione fisica alquanto diversa rispetto a quello contemporaneo. È già accaduto qualche milione di anni fa nel passaggio dall’Australopiteco all’Homo Habilis, cui è succeduto il genere Erectus, e così via fino all’odierno Sapiens Sapiens. Le modificazioni della colonna vertebrale e del cranio, della dentatura e degli arti, l’aumento della statura e il colore della carnagione sono avvenute grazie all’adattamento all’ambiente, e per via della scoperta del fuoco, che ha cambiato radicalmente molte abitudini.
Si può dunque pensare all’uomo del Tremila completamente condizionato dalla tecnologia, forse carente dal punto di vista motorio e visuale, con dita dei piedi e dentatura atrofizzati, capelli e peluria radi, o del tutto scomparsi, e un capo decisamente sviluppato, atto a contenere un cervello almeno triplicato nel volume rispetto a quello attuale. Allora l’ideale di bellezza avrà già canonizzato un tipo umano calvo e ipercefalo, suggello del progresso psico-intellettivo della società. Tale evoluzione, però, come narra Megamind, la nuova realizzazione animata della DreamWorks, potrebbe essere già avvenuta, magari presso comunità di altri sistemi solari.
colui che proviene dallo stesso astro, ma che primeggia in tutto godendo dei vantaggi che la fortuna gli ha riservato. Il suo nome, Metro Man, suona come una solenne designazione. È lui il supereroe difensore di Metro City: bello, aitante, intrepido, amato e benvoluto da tutti, protegge la città da ogni pericolo. All’altro, smilzo come un cadavere, carnagione bluastra e testa spropositata, a cui s’addice senza dubbio alcuno il nome di Megamind, non resta che proporsi come “paladino del male”, un ruolo che svolge egregiamente essendo egli dotato di una grande inventiva, dell’assistenza di servitori ipertecnologici e dell’apporto pratico e morale del fido aiutante Minion. Dal look rigorosamente dark, e dagli accessori esclusivi, come gli stivali in pelle di cuccioli di foca, il supercattivo è pronto a ideare insidie sempre più sofisticate per sottomettere la metropoli ed eliminare il borioso avversario, il quale, riesce ogni volta a rovesciare la situazione a proprio van-
Difatti, in un lontano pianeta della galassia, poco prima della distruzione, un bimbo di rara intelligenza, e dalla testa grossa, ad appena otto giorni dalla nascita, e per mezzo di una capsula di salvataggio, viene spedito nello spazio in compagnia di Minion, una sorta di pesce spaziale, ovvero una curiosa creatura “tascabile” superdotata, al fine di conquistarsi altrove un futuro grandioso. Nel frattempo, un altro neonato d’aspetto più gradevole, è in viaggio per la stessa destinazione e i medesimi scopi. Ma come si sa i capricci del fato regolano i destini degli individui, così che entrambi approderanno sul pianeta Terra: il secondo finirà in una lussuosa magione, adottato da una famiglia ricchissima, mentre il primo in un penitenziario, allevato da un gruppo di ergastolani. È certo che cattivi non si nasce, del resto il ragazzino cresce educato ai disvalori più comuni. Fuori dalla prigione, però, frequenta una scuola normale, in cui combina vari disastri, e dove viene bistrattato, emarginato, dileggiato, anche, e specialmente, da •
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taggio lasciando Megamind sconfitto e pubblicamente beffato, considerata la solerzia dei media, ovvero della giornalista Roxanne Ritchi e del suo cameraman Hal Stewart, che non perdono occasione di esaltare le gesta di Metro Man con il quale la reporter è pure fidanzata. Gli insuccessi si susseguono ai fallimenti, finché Megamind, in seguito al rapimento di Roxanne, riesce ad attirare Metro Man in una trappola, cervellotica e macchinosa, che tuttavia sarà letale al supereroe. Con l’uscita di scena di questi, Megamind si può godere
il sospirato predominio su Metro City. La popolazione attende terrorizzata lo sviluppo degli eventi che invece, giorno dopo giorno tornano ordinari, consueti, finanche noiosi, seguendo un progressivo calo di tensione che coinvolge anche il cianotico supercattivo, il cui livello di depressione lo inchioda a una logorante inattività, in parte compensata da un nuovo sentimento che si fa strada dentro di se, e che ha come oggetto la bella Roxanne. Ma che senso ha lo Yin senza Yang? E un supercriminale, senza un supereroe che lo contrasti? Megamind è turbato dalla nostalgia dell’isolamento in gattabuia, delle fughe geniali dalla prigione e delle immediate vendette, perciò decide di clonare il suo nuovo supernemico attraverso il dna d i
Metro Man da inoculare in un essere umano per mezzo di un’arma appositamente realizzata. La scelta ricade sul pingue Hal Stewart, il cameraman di Roxanne, un nerd imbranato e piuttosto frustrato. Addestrato, fornito di un costume adeguato, e di un nome, Titan, all’altezza del compito prefissato, il supereroe di turno si svela immediatamente alla città. E non sarà una buona presentazione visto che Titan si dimostra arrogante e perfido, astioso e nocivo, impaziente di diventare il tiranno di Metro City, e magari raderla al suolo, eliminando il suo patetico mentore in costume di pelle nera. Il geniale Megamind stavolta è spiazzato. Che fare? Come neutralizzare l’invasato in calzamaglia rossa che l’ha superato in malvagità? Sacrificare il mondo per restare coerente a se stesso? O trasformarsi nell’eroe che ha sempre osteggiato? E che penserebbe Roxanne di tutto ciò? Da che parte starebbe ora che, assunte le sembianze di Bernard, il curatore del museo, sembra averne catturato l’interesse? Queste e altre risposte potranno essere soddisfatte dal prossimo 17 dicembre nei cinema italiani. Intanto possiamo solo attendere la data fatidica compiaciuti dei risultati strabilianti che Megamind, diretto dall’ottimo Tom McGrath (già acclamato regista di entrambi gli episodi di Madagascar in coppia con Eric Darnell) sta ottenendo al box office americano. La versione uscita negli USA si avvale, inoltre, di un cast di voci assoluta•
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mente carismatico con Will Ferrell (Megamind), Brad Pitt (Metroman), Tina Fey (Roxanne), Jonah Hill (Titan / Hal), David Cross (Minion) e perfino Ben Stiller (Bernard) che compare anche come coproduttore della pellicola. Detto del talento dei doppiatori, apprezzabile tuttavia dai soli fruitori della versione in lingua originale, le attrattive di questo riuscitissimo family movie risultano molteplici: dai dialoghi intelligenti e ironici alla storia intrigante e originale, che dopo il meritato successo di Cattivissimo me si fonda nuovamente sull’eroismo di un villain; dal messaggio semplice, manicheo, del racconto, che riguarda la contrapposizione tra il bene e il male e la loro reciproca attrazione e complementarità, alle numerose citazioni che susciteranno l’approvazione dei cinefili incalliti, tra cui spicca quella kriptoniana dell’incipit che magnifica il Superman di Richard Donner. Il lungometraggio animato in 3D, quindi, potrà essere apprezzato dai bambini e dagli adulti per gli effetti visivi, i colori, il ritmo e i continui colpi di scena, per la simpatica galleria dei personaggi, tra i quali si distingue il buffo protagonista, che si agita alla maniera di una rockstar sotto le note dell’inossidabile Highway to Hell degli AC/DC, e il piccolo Minion, quando nel corpo di un robot, finito ko, si esibisce da scaltro teatrante fingendo di agonizzare. E per gli amanti delle curiosità appare pure Barack Obama in un manifesto gigante che pubblicizza il suo ben noto slogan elettorale, che qui non poteva che comparire rovesciato: “No we can’t”. Tale ironia da sola vale il prezzo del biglietto!
Che buoni questi cattivi! preservare la propria solitudine… “È assurdo dividere le persone in buone e cattive. Le persone si dividono in simpatiche e noiose” Oscar Wilde Ironica rilettura del ruolo del supereroe cattivo, Megamind si appresta ad accodarsi a una sparuta galleria di personaggi che dopo una certa militanza nella parte dell’antagonista, confusi dallo stress e dallo scontato interesse generale per i malvagi, si schierano con l’opposta fazione, oppure vivono il proprio stereotipo con noia e disincanto. Nel caso della fortunata serie di pellicole dedicate a Frankenstein prodotta dalla Universal, a partire dal film di James Whale (1931), il mostro appare spesso più una vittima della scienza che un rappresentante archetipo del male. E nella versione comica - di maggior successo, Frankenstein junior (1974), meravigliosa commedia in bianco e nero di Mel Brooks, con gli indimenticabili Gene Wilder, Marty Feldman, e perfino Gene Hackman nella parte di un cieco, la gigantesca creatura (Peter Boyle) assemblata in laboratorio è di una bontà assoluta. Presente specialmente nei fumetti, negli action-movie, e nella fantascienza, la variante maggiorata del criminale possiede spesso un nome eccentrico ed eccessivo, dei costumi o travestimenti colorati, prepara stratagemmi complessi e ambiziosi allo scopo di sopprimere i propri avver-
sari e conquistare il mondo. Acclarato che i cattivi siano implicitamente più interessanti degli eroi che gli si oppongono, essi risultano talmente indispensabili nelle trame al punto da condizionarne la riuscita. Che interesse avremmo, infatti, per Batman senza gli agguerritissimi avversari che rispondono al nome di Joker, Due Facce o Il Pinguino? E che senso avrebbero le gesta dell’Uomo Ragno privo di Goblin, Venom e del Dottor Octopus? Non è nostra intenzione analizzare in questa sede tutto l’universo che gravita intorno ai supereroi e ai loro attraenti avversari visto che non basterebbe un ponderoso volume di notazioni e riflessioni. Tuttavia, possiamo affermare che il ventaglio delle caratteristiche comuni dei supercattivi, pur nell’originalità dei rispettivi caratteri, è valido anche per i cartoni animati, di cui, più specificatamente ci occupiamo. Allora, nella lista di tali tipiche peculiarità possiamo annoverare facoltà speciali o sovrumane, un’intelligenza fuori del comune e una brillante mente scientifica adoperata per promuovere il male, una natura sadica e sociopatica, il desiderio di vendetta, di commettere crimini spettacolari e di sfidare chiunque si metta sulla loro strada, un nascondiglio oscuro, cupo o un covo inaccessibile dove
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Considerazioni, queste, senz’altro valide anche per Megamind, almeno prima della particolare evoluzione del personaggio, che come detto si delinea come un classico cattivo, ma in assenza della sua nemesi si trasforma in eroe positivo. Ciò sembra rispondere a una svolta espressiva tipica dell’animazione a marchio DreamWorks degli ultimi mesi. Il riferimento, quindi, non tira in ballo solamente quest’ultimo successo, ma va perlomeno esteso al recente Cattivissimo me (2010) di Pierre Coffin, Chris Renaud e Sergio Pablos, che negli USA è stato già catalogato come antesignano del genere “cynical movie”. Prima ancora va dato atto alla casa di produzione fondata da Steven Spielberg, Jeffrey Katzenberg e David Geffen di aver sfumato, o addirittura rovesciato la netta demarcazione tra buoni e cattivi tipica del racconto animato classico, a iniziare da Shrek (2001) di Andrew Adamson e Vicky Jenson, il lungometraggio di animazione che vanta il maggior successo della storia del cinema al botteghino. In seguito all’affermazione planetaria dell’orco verde e puzzolente, scontroso ma bonario, le fiabe e le favole animate hanno subito un ribaltamento epocale che obbliga oggi gli sceneggiatori e gli animatori a una maggiore considerazione dell’umorismo, della comicità e del citazionismo, elementi che re ndo no t a l i produzioni sempre più sofisticate, dunque adatte non più al solo pubblico dei bambini, orfani oramai di un cattivo realmente spaventoso, ma intenzionalmente indirizzate anche ad adolescenti e adulti. Non sappiamo se questa rivoluzione del gusto iniziata nel terzo millennio potrà causare eventuali squilibri alla formazione etica ed educativa dei recettori più giovani, ma crediamo che la partecipazione condivisa di adulti e minori allo spettacolo animato sia da valutarsi positivamente, al di là di ogni considerazione di ordine psico-pedagogico.
schede film
Piero Cinelli
C’era una volta il futuro Arriverà nelle sale cinematografiche equipaggiate con sistema di riproduzione 3D il 29 dicembre, ed in tutte le altre sale il 5 gennaio Tron: Legacy, sequel in formato colossal del film avveniristico uscito nel 1982. Con un budget di 170 milioni di dollari, ed una tecnologia stereoscopica portata al massimo livello - il film è stato girato in Canada direttamente in 3D adoperando una versione perfezionata delle cineprese digitali utilizzate da James Cameron per Avatar - Tron: Legacy porta alle estreme conseguenze il mondo di Tron. Avventurandosi nel lato oscuro della tecnologia, quello che ti avvolge e ti imprigiona nella rete, abbandonandoti in un mondo dove nessuno può sentirti o aiutarti. “TRON: Legacy è l’upgrade dell’originale - ha dichiarato il regista esordiente Joe Kosinski.- Per crearlo mi sono fatto aiutare da esperti di computer, architetti, e designer industriali”. Lui stesso è un architetto specializzato nel campo della modellazione tridimensionale e grafica.
Il progenitore Ventotto anni fa Tron ci ha fatto entrare per la prima volta all’interno di un computer, di un mondo virtuale, interpretando, in assoluto anticipo rispetto ai tempi, la tecnologia, non solo sul piano scientifico e sul piano grafico, ma soprattutto anticipando con impressionante precisione temi che sarebbero diventati attuali negli anni a venire come la realtà virtuale, il cyberspazio, gli avatar, i giochi di ruolo. Internet non era ancora nato, mentre il mercato dei videogiochi nato da pochi anni stava crescendo ad una velocità impressionante grazie al successo di Pac-Man e Invaders, e grazie anche alla proliferazione delle sale di videogiochi. Tron, generato dalla visionaria fantasia dello scrittore e regista Steven Lisberger, oggi produttore di Tron: Legacy, fu un grande successo della Walt Disney che sperimentò per la prima volta l’utilizzo della computer grafica, dei set virtuali e degli effetti di retroilluminazione. Tron: è divenuto un classico di culto della storia cinematografica mondiale,
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riconosciuto come un momento di svolta per il modo di guardare allo sviluppo della tecnologia, oltre all’elaborazione visiva degli effetti speciali. Immaginando per la prima volta l’esistenza di mondi completamente virtuali e paralleli nei quali le macchine, i programmi ed i software, comandano gli uomini, Tron è stato il precursore di una molteplicità di film visionari con al centro la lotta tra l’intelligenza artificiale e l’uomo che l’ha creata.
Tron: Legacy
Gli straordinari sviluppi tecnologici avvenuti negli ultimi ventotto anni - tra cui la crescita inarrestabile della ‘rete’, il Wi Fi, gli smart phone, i tablet, i giochi di gruppo online, etc. - erano solo un sogno quando è nato Tron. Adesso, le tecnologie all’avanguardia offrono a Tron: Legacy la possibilità di entrare nella realtà virtuale ancora più da vicino, esaltando lo spirito visionario di Lisberger. Il film miscela riprese in live action ad animazioni computerizzati che
in passato neanche erano immaginabili. Secondo quanto afferma il produttore: Jeffrey Silver: “È chiaro che Tron:, che ha dato inizio alla rivoluzione negli anni ’80, abbia un sequel che sia all’avanguardia nel 21° Secolo”.
Padri e figli
“Dall’inizio Sean [Bailey] ed io sapevamo che questo film avrebbe raccontato la storia di un padre e di un figlio. E questo è proprio ciò che è il nucleo di Tron: Legacy”. (Joseph Kosinski) “Era molto importante per noi, oltre agli effetti visivi spettacolari, concentrarci sulla storia padre/figlio; quella di un ragazzo che perde suo padre e ormai adulto, ne porta ancora delle cicatrici. Più tardi capisce che la scomparsa del padre potrebbe esser qualcosa di diverso rispetto a quanto lui aveva immaginato e ci potrebbe essere per loro la possibilità di ricostruire il rapporto”, racconta il produttore Sean Bailey. L’estraneità e la riscoperta tra padre e figlio è lo stato emotivo di partenza della storia. “Sei entrato in questo mondo e hai bisogno di qualcuno che ti guidi per conoscerlo. Questo è stato l’approccio per sviluppare il personaggio di Sam. Il pubblico scopre il mondo virtuale attraverso gli occhi di Sam e allo stesso modo conosce il
personaggio di Flynn”, racconta Adam Horowitzm che ha scritto la sceneggiatura con Edward Kitsis.
La Storia
Legata a doppio filo con il film originale, la storia è incentrata sul personaggio di Sam, un giovane esperto di computer, tormentato dalla scomparsa del padre Kevin (protagonista del primo Tron:), avvenuta verso la fine degli anni 80. Richiamato da un misterioso segnale proveniente dalla vecchia, e chiusa da anni, sala giochi del padre, Sam (Garrett Hedlund) si ritrova proiettato nella versione riveduta e potenziata di quel mondo virtuale, dove suo padre è stato imprigionato per 20 anni. Lì inizia per lui un viaggio che cambierà per sempre la sua vita e la vita del padre. Tron: Legacy (Usa, 2010) Regia di Joseph Kosinski con Jeff Bridges, Garrett Hedlund, Olivia Wilde, Michael Sheen, James Frain, Bruce Boxleitner Walt Disney, avventura/fantascienza 29 dicembre in 3D e 5 gennaio in tutti i formati in Disney digital 3D
Tron è un fenomeno di life-style che coinvolge spettacolo, musica, fashion e design. Tron è un mondo. Una nuova entusiasmante avventura virtuale ancora più travolgente grazie alla magia del 3D. L’uscita del film è arricchita anche da un nuovissimo videogioco, proposte dal mondo fashion, libri illustrati e giocattoli high tech.
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I Personaggi Sam Flynn (Garrett Hedlund)
Kevin Flynn (Jeff Bridges)
Sam è nato nel 1983 e fino al giorno della scomparsa di Kevin, nel 1989 padre e figlio hanno condiviso un legame molto forte. Kevin era tutto per Sam, che sembrava destinato a seguire le orme del padre. Quando però Kevin scompare, il suo amico e collega alla ENCOM Alan Bradley si dedica a Sam come un vero padre. Ora dopo 20 anni Sam è un ragazzo solitario la cui passione è saltare dai palazzi o correre in motocicletta. Quando Bradley informa Sam di aver ricevuto un messaggio che certamente proviene dal vecchio Flynn, Sam inizia riluttante a fare delle ricerche sul vecchio gioco del padre e presto si ritrova egli stesso intrappolato nel mondo che tiene prigioniero suo padre da oltre vent’anni. Lì, invece di scontrarsi con manager e dirigenti, si trova ad affrontare un mondo digitale al di là di ogni immaginazione e gli viene data la possibilità di trovare e salvare il padre che credeva lo avesse abbandonato anni prima.
Flynn che aveva interpretato in TRON, ben 28 anni fa. Brillante sviluppatore di videogiochi, Kevin Flynn ha sempre voluto il meglio sia per il mondo reale sia per quello virtuale. Dopo esser stato il primo uomo ad entrare nel fantastico mondo di Grid, ha deciso che il miglior modo per raggiungere il suo obbiettivo era quello di combinare i due modi. Così ha creato il sofisticato programma CLU 2.0 utilizzandolo in segreto per ricreare un’esistenza utopica che combinasse gli alti ideali umani e il mondo digitale. Di giorno prodigio della società di notte ideatore del mondo virtuale. Un giorno, nel 1989, Kevin Flynn scompare misteriosamente. Ha ora capito il vero significato delle parole attento a ciò che desideri, intrappolato nel mondo da lui creato, tutto quello che può fare è sperare che qualcosa cambi e che potrà un giorno avere l’occasione di tornare a casa da suo figlio.
Clu (Jeff Bridges) Un programma principale creato ad immagine di Kevin Flynn per controllare l’espansione del mondo digitale ma che è divenuto malvagio sequestrando il mondo di Grid e i suoi abitanti.
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Quorra (Olivia Wilde)
Il programma unico Quorra è una sorta di figlia replicante di Flynn, una confidente dotata di intelligenza, curiosità e abilità combattive in grado di allontanare chiunque. Lui le ha parlato del mondo reale e lei per sdebitarsi gli ha promesso fedeltà. Come risultato di questa sua educazione però Quorra assume la sete di conoscenza di Flynn e non vede l’ora di poter sperimentare l’esperienza di user, che si trova ben oltre la sfera del possibile. Così, quando incrocia il cammino di Sam Flynn, lui sembra essere la persona che sia lei sia Kevin stavano aspettando.
Castor (Michael Sheen) Il programma Castor è progettato per contenere una grande quantità di informazioni ed è capace di adattarsi e sopravvivere a qualsiasi tipo di cambiamento dell’ambiente. La particolare combinazione di queste qualità lo rende il programma perfetto per gestire un bar, in particolare l’End of Line Club, sulla cima della torre più alta da cui si osserva tutto il mondo virtuale. Eccentrico e spudorato, la sua priorità è sempre di ottenere ottimi profitti.
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schede schede film film
Cristina Marella Palmieri
I fantastici viaggi di Gulliver uscirà nelle sale cinematografiche (anche in 3D) il 4 febbraio 2011
Grandi si diventa
La scoperta di nuovi mondi ha da sempre affascinato l’essere umano. Attraverso la conoscenza dell’altro e della sua cultura si può comprendere, tra le tante cose, che la ‘grandezza’ di un uomo non è data nè da ciò che possiede o che si finge di possedere, non dall’arroganza, né dalla forza che si usa a discapito degli altri ma dalla nobiltà d’animo, la forza più grande che si possa possedere. Questa è la storia del nostro Gulliver!
I
l classico di Jonathan Swift mostra la sua faccia goliardica nel nuovo adattamento firmato da Rob Letterman. A dar vita ad un moderno quanto strampalato Lemuel Gulliver, è il professore ‘matto’ di School of Rock oltre alla ‘voce’ originale di Po in Kung Fu Panda, Jack Black. Uno degli attori meno convenzionali sulla scena americana, lontano dai modelli divistici di Hollywood e vicino invece alla gente comune, di cui interpreta i difetti ed i sogni, uniti ad una ingenuità quasi adolescenziale e ad una innata simpatia.
La Storia
Lemuel Gulliver è un semplice addetto alla posta di un quotidiano di New York con il sogno di diventare un grande scrittore di viaggi. L’occasione si presenta quando Darcy, redattrice della sezione viaggi, gli offre l’opportunità di scrivere un reportage sul triangolo delle Bermuda. Gulliver parte alla volta delle Bermuda, ma durante la
navigazione una terribile tempesta lo inghiottisce…Quando apre gli occhi si rende conto di essere immobilizzato, saldamente incollato al suolo da sottili legacci che gli attraversano il corpo dalle ascelle alle gambe. Neanche la testa è libera. I capelli, ciocca a ciocca sono anch’essi legati al terreno. È approdato a Lilliput un fantastico mondo in cui gli abitanti sono alti non più di quindici centimetri… In questo luogo di piccole creature, Gulliver ha l’opportunità di diventare in tutti i sensi ‘una grande persona’! Dapprima temuto dagli abitanti di Lilliput, Gulliver comincia a conquistare i suoi piccoli carcerieri: prendendosi il merito delle maggiori invenzioni del suo mondo, e collocandosi al centro degli eventi storici più rilevanti, Gulliver diventa in breve tempo una personalità. Il suo potere diventa incontrastato quando da solo e a petto nudo sconfigge l’armata dei blefuscudiani, nemici storici dei lillipuziani…ma l’essere un ‘Uomo
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Montagna’ non ti trasforma automaticamente in una grande persona e Gulliver dovrà rivedere la sua posizione… Per rendere attuale la storia narrata da Jonathan Swift nel 1726, periodo in cui il mondo non era stato ancora completamente esplorato, il produttore John Davis, il protagonista Jack Black, il regista Rob Letterman e il cosceneggiatore Joe Stillman hanno cercato di rendere la storia divertente e soprattutto credibile anche per il pubblico contemporaneo. Hanno quindi deciso che Gulliver avrebbe inconsapevolmente varcato la soglia di un portale dimensionale, entrando in un mondo alternativo, dove sensibilità moderne e antiche potessero ancora coesistere. Quando incontriamo il Lemuel Gulliver di Black, lui è una piccola insignificante puntino confuso tra milioni di altre persone che si muovono in mezzo ai giganteschi grattacieli di Manhattan. Lemuel è l’ad-
Partecipa al Concorso “Gulliver grande o piccolo, vero e falso” è il concorso risevato alle scuole primarie e secondarie di primo grado, indetto da Twentieth Century Fox Italy e Primissima. Vinci un viaggio con la tua classe al parco "ITALIA IN MINIATURA" di Rimini, con pernottamento in hotel, ingresso e pranzo al Parco e inoltre n. 4 cofanetti dvd di documentari Discovery Channel per la tua scuola. Vedi le modalità del concorso su http://ifantasticiviaggidigulliver.primissima.it
detto alla posta di un quotidiano di New York. Ha grandi aspirazioni, ma ottiene poco perché ha sempre paura di cadere. “Gulliver sogna di diventare uno scrittore di viaggi e aspira a qualcosa di meglio”, sostiene Black. “Ma non ha il coraggio di mettersi in gioco e la paura lo blocca. Solo quando arriva a Lilliput, diventa un re”. Rob Letterman conferma che “a New York, Gulliver si sente veramente piccolo e anche se desidera fare grandi cose, ha paura di fallire. Quando giunge a Lilliput, inizia a sentirsi veramente grande, ma è tutta un’illusione”. Dopo un inizio difficile, con i lillipuziani che legano Gulliver e lo trascinano verso la piazza della città, per poi controllare ogni sua mossa attraverso un sistema di leve e ingranaggi, Gulliver incomincia a conquistare i suoi carcerieri. Li impressiona soprattutto spacciandosi come l’inventore e l’autore di numerose imprese leggenda-
rie, comprese le avventure in cui sconfigge Darth Fener, sopravvive a un’esperienza quasi mortale nelle acqua gelate dell’Atlantico dopo l’affondamento del Titanic e governa il mondo nel suo incarico di Magnifico Presidente (il suo vice è Yoda). Gulliver aiuta anche una persona comune (Jason Segel) a conquistare una principessa (Emily Blunt), impiegando un “corteggiamento di alto livello”, mentre da solo sconfigge un’armata dei nemici storici dei lillipuziani, i blefuscudiani. Come afferma il produttore Davis “uno dei nostri obiettivi principali era che il pubblico potesse ancora credere in Lilliput. Volevamo che la gente sentisse di stare lì con Gulliver”. Altrettanto importante era rendere il personaggio di Gulliver credibile, e la presenza del vulcanico protagonista di Super Nacho, School of Rock e Tropic Thunder lo rendevano perfetto. Considerato uno de-
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gli attori comici più completi e originali della sua generazione, definito l’erede di John Belushi, Black non si lascia sfuggire l’occasione: “Ho colto al volo un ruolo del genere” dichara l’attore. “Era irresistibile: io, Gulliver, il viaggio ed essere un gigante in un altro mondo. C’erano tutti gli elementi necessari per realizzare un grande film”. Come afferma il regista Rob Letterman “Jack rappresenta il cuore del film. Offre una grande innocenza a Gulliver, c’è qualcosa nei suoi occhi che è allo stesso tempo affascinate e forte. É come un bambinone cresciuto troppo”. Accanto a lui, protagonista gigante, compaiono gli altri personaggi, tutti in dimensione ridotta, ma in ruoli altrettanto importanti, a cominciare da Jason Segel nei panni di Horatio, un giovane umile con un desiderio più grande di lui: conquistare la principessa Mary. Quest’ultima, interpretata da Emily Blunt, è promessa sposa al
noioso e pedante Generale Edward, capo dell’esercito di lillipuziani. Buona parte delle riprese si sono svolte negli imponenti set inglesi di Pinewood Studios, dove i produttori avevano collocato la loro base. A Pinewood, lo scenografo Gavin Bocquet (i tre episodi della nuova trilogia di Star Wars) ha creato buona parte del mondo di Lilliput. Per raggiungere l’obiettivo del realizzatore di mettere assieme mondo fantastico e reale, Bocquet ha evitato i prevedibili set enormi per i Lillipuziani e quelli in miniatura per Gulliver. Il rapporto tra Gulliver e Lilliput era di 22:1 ed è stato un elemento fondamentale nelle decisioni creative. “Io avevo sempre in mente i problemi di scala e il modo in
I fantastici viaggi di Gulliver
(Gulliver’s Travels, Usa, 2010) Regia di Rob Letterman con Jack Black, Jason Segel, Amanda Peet, Emily Blunt, Catherine Tate 20th Century Fox, Commedia Uscita 4 febbraio 2011
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cui i lillipuziani avrebbero costruito un’abitazione per qualcuno molto più grande di loro”, conferma Bocquet, che segnala l’esempio della casa sulla spiaggia/residenza da scapolo di Gulliver a Lilliput. “Le sue pareti sembrano alte quasi 40 metri ai lillipuziani, quindi dovevamo capire come lo avrebbero costruito”, spiega lo scenografo. “Se socchiudiamo gli occhi, la casa sembra normale. Ma se guardiamo attentamente i dettagli, come l’immensa (per i lillipuziani) macchina del caffé, così come le finestre e i dettagli del pavimento, tutto è stato realizzato come se a costruirlo fossero state delle persone alte nove centimetri. Ci sono tanti bastoncini che rappresentano le tavole del pavimento!”.
in collaborazione con
CONCORSO
GULLIVER GRANDE O PICCOLO, VERO O FALSO? Il concorso è indetto da Twentieth Century Fox Italy e Primissima in collaborazione con Discovery Channel e risevato alle scuole primarie e secondarie di primo grado. Fai partecipare al Concorso i tuoi compagni ed i tuoi insegnanti (per loro ci sono 4 cofanetti dvd di fantastici documentari Discovery Channel) e fai vincere a tutta la classe una bellissima gita al parco Italia in Miniatura di Rimini. Il premio consiste in: ingresso e pranzo al parco "ITALIA IN MINIATURA", soggiorno di una notte in hotel 3 stelle in B&B (riservato ad una classe formata da 27 studenti e 3 accompagnatori). Per leggere il regolamento e partecipare al Concorso e VINCERE devi rispondere alle seguenti domande collegandoti al sito http://ifantasticiviaggidigulliver.primissima.it DOMANDE
RISPOSTA
1
La flora e’ l’insieme di tutti gli esseri vegetali presenti in un territorio. In Africa Vero o falso? esistono piu’ di 10.000 specie vegetali differenti?
2
I predatori del mare sono moltissimi. Ma il piu' piccolo squalo del mondo e' lungo appena 1 metro?
Vero o falso?
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In Natura esistono squali davvero molto differenti tra loro. Lo squalo balena riesce a raggiungere I 15 metri di lunghezza?
Vero o falso?
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Prima dell’avvento del’Uomo, la Terra era popolata giganteschi animali. Il Diplodocus Vero o falso? riesce a raggiungere i 30 metri di lunghezza?
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I dinosauri avevano svariate forme, alcuni erano notevolmente grandi, altri di dimensioni ridotte. Il Vero o falso? Microraptor era un piccolo dinosauro che misurava meno di 60 cm?
6
Il mare e’ abitato da mammiferi di dimensioni notevolissime. La balena azzurra misura meno di 30 metri di lunghezza?
Vero o falso?
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Alcuni calamari riescono a raggiungere dimensioni ragguardevoli. Il cefalopode piu' grande al mondo puo’ misurare piu’ di 10 metri?
Vero o falso?
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Nelle profondita’ degli abissi si nascondono animali davvero bizzarri. Il piu' grande calamaro al mondo Vero o falso? mai catturato riesce a raggiungere I 500 kg di peso?
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Al mondo esistono strutture davvero mozzafiato. Il parco piu' alto del mondo si trova a Singapore ed e' posto a 200m d'altezza, sopra ad un grattacielo?
Vero o falso?
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Nel cuore della Cine sono state recentemente costruite strutture all’avanguardia. Il piu' alto grattacielo della Cina e' lo Shangai World Financial Centre, alto quasi 500 metri?
Vero o falso?
in collaborazione con
Collegati al sito di http://ifantasticiviaggidigulliver.primissima.it, scarica il regolamento del Concorso, e rispondi alle domande. La scadenza del Concorso è l'8 febbraio 2011. •
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