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Anticipazioni A Christmas Carol Nemico Pubblico L'Uomo Che Fissa Le Capre Segreti di famiglia – Tetro 2012 La Principessa e il Ranocchio
Giuseppe Corrado La rivoluzione dell'esercizio Venezia al botteghino
INTERVISTE Bush, Corrado, De Santis, Giometti, Lasseter, Zonderland
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Osvaldo De Santis Tra Era Glaciale 3 e Avatar: una stagione molto intensa
Giuseppe Corrado
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La Rivoluzione dell'esercizio
John Lasseter
David Bush
Pixar Story: Lasseter & Co.
La prima societĂ di
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postproduzione italiana in 3D
Giovanni Giometti
Disney per l’Estate
Giometti ancora piĂš grande
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Venezia al botteghino
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Reg. Trib. Roma n. 103 del 24/03/2005
condirettore M AR C O S PAG N O L I Direttore editoriale PAOL O S I V O R I
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Paul Zonderland
Anticipazioni A Christmas Carol Nemico Pubblico L'Uomo Che Fissa Le Capre Segreti di famiglia – Tetro 2012 La Principessa e il Ranocchio
direttore responsabile PI E R O C I N E L L I
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pubblicitĂ P RIMIS S IMA S RL editore M U LT IV IS IO N S.R.L. 7JB 'BCJP .BTTJNP t 3PNB UFM GBY
hanno collaborato a questo numero NICOLETTA GEMMI FR A NCO MON TIN I CR ISTIN A MA R ELLA PA LMIER I
art & grafica LUCA F OD D IS luca.foddis@primissima.it PATR IZIA MOR FĂ™ patrizia.morfu@primissima.it
DAL 16 OTTOBRE AL CINEMA
intervista Osvaldo De Santis
di Piero Cinelli
Tra Era Glaciale 3 e Avatar: una stagione molto intensa Con quasi 30 milioni di euro Era Glaciale 3 L’alba dei dinosauri è in Italia il terzo incasso di tutti i tempi. Se lo aspettava?
Osvaldo De Santis Presidente e Amministratore Delegato 20th Century Fox Italy
Era Glaciale 3
4 ottobre t PRIMISSIMATRADE
“La prima stima che ho dato, sulla carta e senza aver visto il film, è stata di 21 milioni. 1 milione più del precedente. Il numero due aveva lasciato una traccia molto forte sul pubblico, e sulla base dei risultati e della simpatia generati da quel film, e dall’effetto 3D, eravamo certi che avremmo incrementato il pubblico. Poi dopo averlo visto e pesato meglio, ho aumentato la stima a 25 milioni.” Pensa che la data di uscita abbia contribuito a questo risultato? “Premesso che al di là della data Era glaciale 3 se lo meritava tutto questo successo, quando ho annunciato la data del 28 agosto è successo il finimondo. Ed è partita una specie di crociata, con pressioni varie, sia dirette che indirette, lettere ai giornali ed alla nostra casa madre, per farci desistere e far uscire il film a luglio. Io ho evitato di fare polemiche, ma ho mantenuto la mia decisione. Adesso - e fa sempre piacere - alcuni esercenti mi hanno scritto una lettera dove mi ringraziano per ‘l’enorme successo del film’. Un successo che il film non avrebbe potuto avere se fosse uscito a luglio, come chiedevano gli esercenti. Credo che avrebbe raggiunto 22 milioni. Il 28 agosto è stata la nostra prima ed unica opzione. Frutto di un calcolo ben preciso. Intanto perché secondo me sono molto più pericolosi i primi caldi che quelli di fine estate. Con i primi caldi la gente è più disponibile ad andare fuori città la domenica o per il week end, perché dopo l’inverno si ha voglia di uscire, di andare all’aria aperta. A fine estate invece, dopo aver fatto il pieno di sole e di mare, non si ha più tanta smania di spostarsi, di andare fuori città, dovendo poi affrontare il rientro. E torna anche la voglia di cinema, anche perché è da un pò che non ci si va.”
Insomma una data da raccomandare? “C’è da dire che la data di fine agosto è sempre stata molto buona, Noi abbiamo posizionato in quelle date anche film meno forti, ad esempio tipo Pathfinder, che è stato un disastro quasi dappertutto. Da noi ha fatto un milione e cento. Che non è niente, ma in confronto ai risultati degli altri paesi, in molti dei quali non è nemmeno uscito, è comunque qualcosa. Mi sembra poi che non siamo gli unici ad averlo capito, perché ho visto che le date di fine agosto sono state già prenotate fino al 2012. Il 27 agosto 2010 da Shrek 4, il 26 agosto del 2011 da Kung Fu Panda 2 ed il 24 agosto del 2012 da Madagascar 3.” Parliamo di un altro fenomeno: Avatar. Può spiegarci perché ha deciso di spostare l’uscita al 15 gennaio? Prendo sempre in debita considerazione i suggerimenti degli esercenti. Poi posso non seguirli, come nel caso di Era glaciale 3, se sono convinto del contrario. Invece ho trovato molto giuste le osservazioni che mi sono state fatte riguardo all’uscita di Avatar al 18 dicembre. Perché siamo di fronte ad un film che dura circa tre ore, un film perfetto per i multplex, ma che, proprio per la sua lunghezza, ha bisogno di più sale all’interno dello stesso multiplex. In modo che ad esempio, in una sala possa iniziare alle 3 ed in un’altra alle 4. Dando la possibilità al pubblico di non perderlo. Questo è il grande vantaggio del multiplex. Ne abbiamo fatto in modo molto pragmatico, una ragione di mercato. Uscendo al 15 gennaio noi siamo in grado di garantire al film le migliori sale in 3d. Se noi fossimo usciti a Natale questo vantaggio l’avremmo perso. Perché con l’affollamento di film che c’è in quel periodo, non è possibile avere più sale per un film di questa durata all’interno di una multisala. Poi c’è un altro problema. Avatar è un film che ha bisogno fisiologicamente di avere gli schermi più grandi e ovviamente quelli in 3D. Gli schermi più grandi in genere corrispondono con le sale più grandi, che avremmo occupato con un film di circa tre ore. E quindi costringendo gli esercenti a fare tre spettacoli al giorno, invece di cinque, quanti presumibilmente farebbero con il cinepanettone con De Sica o il film di Pieraccioni, che in genere hanno una durata standard di circa un’ora e mezzo. Provocando, in un periodo importantissimo per l’esercizio, una minore redditività economica. Sicuramente Titanic, con le sue tre ore e un quarto, ha dimostrato che un film molto lungo può fare incassi record, da 64 milioni di euro. Per il semplice fatto che la gente comunque a vederlo ci va. Ma non scordiamoci che Titanic è uscito proprio il 15 gennaio.
Non pensa che uscire un mese dopo gli Stati Uniti potrebbe danneggiare il film a causa della pirateria? L’era glaciale 3 è uscita addirittura due mesi dopo gli Stati Uniti. La pirateria per il theatrical non è un problema in Italia. Noi abbiamo una barriera linguistica che in questo caso ci viene in aiuto. Per quanto riguarda l’homevideo invece il problema c’è, anche a causa di una finestra, secondo me troppo lunga, tra l’uscita in sala e l’uscita del dvd. Lo slittamento di Avatar a gennaio, potrebbe significare anche mettersi sulla scia degli Oscar? Anch’io credo che il film avrà delle nomination all’Oscar, però questo fatto non ha influito più di tanto nella decisione dello spostamento di data. Anche perché le nomination e gli eventuali Oscar funzionano anche se il film è uscito prima. E’ comunque una motivazione accessoria che aiuta a prendere una decisione. Cosa cambia nel piano promozionale questo cambiamento di data? Ci sarà sotto Natale qualcosa di simile all’Avatar Day di fine agosto? Stiamo lavorando a due, tre operazioni importanti. Diciamo che questo film rappresenta realmente qualcosa di mai visto prima al cinema, perché non è un film fatto anche per il 3d, è un film che nasce con la tecnica e con lo spirito del 3D, e quindi noi stiamo cercando, nei limiti del possibile, di fare delle operazioni che siano fuori dal consueto. Ma è ancora troppo presto per parlarne. Può dirci con quante copie uscirà il film? Circa 700 copie, ovviamente tra 3D, digitale e analogico. Altre uscite nella prima parte del 2010?
Avatar
Parlo solamente di quello che ho visto, almeno in parte. A Natale abbiamo Amelia con Richard Gere ed Ilary Swank, uno spettacolare biopic sulla vita di Amelia Earhart, la prima aviatrice americana, ma soprattuto una grande storia d’amore. Ed è per questo che ho voluto posizionarlo a Natale. Poi mi ha molto impressionato Percy Jackson & The Olimpians, un fantasy tratto da un libro della saga letteraria di Rick Riordan, La storia è quella dell’adolescente Percy, interpretato dal giovanissimo Logan Lerman, che scopre di essere figlio di una umana e del dio greco Poseidone. Per evitare che si scateni una guerra tra gli dei, che ora abitano nell’Empire State Building, dovrà ritrovare le saette rubate a Zeus. Il film, diretto da Chris Columbus è interpretato da Uma Thurman, impressionante nel ruolo di Medusa, Sean Bean, Pierce Brosnan e Rosario Dawson, uscirà a febbraio. In primavera arriveranno la commedia Death night,
con James Franco, di cui abbiamo visto delle parti molto divertenti, e, ancora in lavorazione, Wall Street Oggi, sempre ovviamente con la coppia Oliver Stone e Michael Douglas, ambientato a New York nei giorni del crollo delle Borse dell’autunno 2008. Poi abbiamo A Team, il film tratto dalla celebre serie televisiva, e aggiungo anche un altro titolo, anche se ancora non l’abbiamo pubblicato: Innocenti bugie (Wichita) Un thriller romantico, con Tom Cruise e Cameron Diaz. Non c’è lo sleeper della stagione, come negli anni passati Borat o Juno per intenderci? C’è un piccolo gioiello che si chiama My name is Khan, un film indiano, interpretato da una grandissima star di Bollywood, Shahrukh Khan. Non mi vergogno a dire, uno dei film più belli e commoventi che abbia mai visto: si piange almeno sette otto volte.” Siamo sul genere The Millionaire? “Ricorda vagamente Forrest Gump. E’ la storia di un indiano sempliciotto, per certi versi non particolarmente dotato sul piano intellettuale, per altri molto intelligente, che per una serie di ragioni si trasferisce in America, dove sposa una ragazza indiana come lui. Il problema è che lei è indù e lui mussulmano, ed anche in America le due comunità non si frequentano. Poi scoppia l’11 settembre e lui come mussulmano finisce tra i sospettati. Il film si chiama Il mio nome è Khan perché lui ad un certo punto decide che deve assolutamente parlare con il Presidente degli Stati Uniti.”
Avatar ottobre t PRIMISSIMATRADE 5
intervista John Lasseter
di Marco Spagnoli
Pixar Story: Lasseter & Co.
Dopo il Leone d’Oro al Festival di Venezia, la Pixar torna al lavoro per proporre una serie interessante di nuovi titoli a partire dal 7 luglio, uscirà Toy Story in versione 3D preceduto – il 30 aprile e il 7 maggio – dall’uscita tridimensionale dei due capitoli così come l’abbiamo visti presentati al Lido in occasione della celebrazione del lavoro di John Lasseter & Co. Nel 2011, poi, arriverà il tanto atteso Cars 2 che come Madagascar 3 sarà ambientato parzialmente anche in Italia. “L’idea per Toy Story 3 è nata in parte quando ancora stavamo lavorando al secondo film.” Spiega il produttore John Lasseter “Il film prende le mosse da quando finisce il secondo e il bambino proprietario dei giocattoli parte per il college. E’ una storia ispirata dalla mia esperienza personale di padre che ha visto i suoi figli crescere e lasciare casa per andare all’Università. Un’esperienza commovente in maniera inimmaginabile quando entri nella loro stanza vuota. Ho, così, chiesto al regista Lee Unkrich di dirigerlo e sono ormai tre anni che lui è totalmente immerso in questa storia dopo avere co-diretto sia Monsters & Co. che Alla ricerca di Nemo.”
John Lasseter fondatore della Pixar
A
Natale, realizzato in 2D, vedremo La principessa e il ranocchio: perché – come supervisore di Walt Disney Motion Pictures Studios Animation – ha chiesto al Presidente Bob Iger di riportare la tecnica tradizionale in auge? Perché è un’arte che ha ancora moltissimo da dire e da dare. Si è confusa la qualità di storie non all’altezza con quella tecnica che, invece, può rivelarsi ancora foriera di grandi sorprese. Il 2D non può essere il capro espiatorio di brutte storie e di pessimi film. Noi adoriamo lavorare sulla tecnologia, ma quest’ultima deve essere sempre al servizio della storia che racconta. E’ la narrazione a definire un film e – ad un certo punto – si è pensato che una pessima trama fosse colpa del 2D. Non è, ovviamente, così. Noi crediamo molto nelle possibilità di questo tipo di animazione che con La Principessa e il Ranocchio, diretto dai due registi di capolavori come Aladino e La Sirenetta, Ron Clements e John Musker si rivelerà, ne siamo certi, una vera e propria sorpresa per tutti. L’animazione non è un genere, noi facciamo questi film per il pubblico, per noi stessi, per i nostri colleghi. Qual è la vostra preoccupazione principale? Soprattutto la qualità che noi riusciamo sempre a controllare in quanto Pixar è il frutto di un lavoro collettivo di persone che si aiutano. Il nostro è uno Studio guidato
John Lasseter
6 ottobre t PRIMISSIMATRADE
da dei cineasti e non dai dirigenti con una cultura aziendale. Noi puntiamo al prodotto sempre e comunque a dispetto delle ottimizzazioni che potrebbero portarci a guadagnare ancora di più. Noi cerchiamo di concentrarci sulla storia, sui personaggi, sull’arte e sulla tecnologia. Il resto viene dopo. Qual è l’evoluzione che voi prevedete per le vostre storie? Anno dopo anno, il nostro cinema sta diventando sempre più internazionale in termini di tematiche e di storie. Cerchiamo di avere un appeal più universale possibile, perché questo è quello che ci interessa maggiormente. Vogliamo intrattenere il pubblico di tutto il mondo, perché quando giriamo per promuovere i nostri film ci accorgiamo di come questi possono colpire la fantasia e l’immaginazione di persone così diverse da noi. Per questo motivo, Cars 2 sarà ambientato in parte in Italia. E’ un’esperienza che abbiamo voluto mutuare dal nostro amore personale per le auto e – in particolare –per la Ferrari. Disney fa un lavoro incredibile nel tradurre il nostro lavoro in oltre quaranta lingue differenti e noi dobbiamo onorare la fiducia del pubblico di tutto il mondo. Parliamo del 3D? Uno strumento straordinario, ma – anche qui – si tratta
di una tecnologia e non di un contenuto. Siamo entusiasti di poterlo usare per rendere più emozionanti e spettacolari le storie che vogliamo raccontare, ma – certo – non è quello il cuore del nostro lavoro. E’ una tecnica che apprezziamo e che intendiamo usare e migliorare, ma il cuore è il contenuto. Personalmente adoro il 3D al punto che nel 1989 abbiamo inventato un’animazione computerizzata tridimensionale che, fino ad oggi, è stata proiettata in 2D. E’ uno strumento per rendere al meglio le storie, ma – come diceva Walt Disney – è il contenuto a determinare la riuscita di un film più che la sua forma. A cosa state lavorando, oggi? Uno dei film che ci emoziona di più è quello su cui sta lavorando Brenda
Chapman, The Bear and the Bow: la nostra prima fiaba e l’antagonista è una donna. Qual è la sfida principale? Riuscire a raccontare storie che ci emozionano e, al tempo stesso, seguire con attenzione lo sviluppo delle tecnologie d’animazione senza restare indietro. La nostra sfida più grande è fare un film il meglio possibile. Siamo fortunati, perché non c’è nessun ostacolo di fronte a noi. La Disney ci lascia la massima libertà e, quindi, tutto dipende da noi e dal nostro lavoro. La cosa importante è continuare a sperimentare, imparare ad ogni passo e continuare a crescere.
La Principessa dell’Era di Obama Anteprima di La Principessa e il Ranocchio
Di Marco Spagnoli La Principessa e il Ranocchio (The Princess and the Frog, Usa, 2009) Regia di Ron Clements e John Musker Walt Disney, animazione Protagonista della pellicola la principessa Tiana, per la prima volta nella storia Disney afro- americana. Stabile nel quartiere francese di New Orleans, Tiana, inizialmente serva e solo dopo principessa, è alle prese con un ranocchio, che si potrebbe trasformare in un principe con un suo bacio….
I
registi Ron Clements e John Musker infondono una straordinaria verve e una grande comicità ne La Principessa e il Ranocchio. Ambientato nella scintillante atmosfera della New Orleans degli anni Trenta, il film propone la prima protagonista nera della storia di casa Disney. Un personaggio che può ricordare fisicamente in parte Michelle Obama, ma che è soprattutto l’espressione di un’epoca nuova, figlia di un immaginario collettivo multietnico culturalmente rilevante e adatto ai tempi. Ed è Anika Noni Rose a prestare la voce alla Principessa Tiana. L’attrice diventata famosa grazie alle varie nominations ai Grammy per la sua straordinaria partecipazione al musical Dreamgirls presta la voce ad una cameriera impegnata in più lavori che ha il grande sogno di riuscire – come avrebbe voluto suo padre – ad aprire un ristorante. Cresciuta ascoltando le favole che sua madre raccontava alla figlia di una famiglia ricca dove la donna lavorava come sarta, la ragazza continua la sua vita faticosa risparmiando ogni soldo possibile. Soltanto che, anche qui, le favole possono diventare realtà è Tiana proverà in prima persona gli effetti magici (ed esilaranti…) derivati dal baciare un simpatico ranocchio… Straordinaria la colonna sonora che richiama l’era d’oro del Jazz di New Orleans composta da Randy Newman e notevolissimo il cast delle voci originali che include Oprah Winfrey, Terrence Howard, John Goodman, La Principessa e il Ranocchio è un film molto divertente che pur sorprendendo lo spettatore per la sua classicità che lo mette sullo stesso livello del
grande passato e dell’inimitabile tradizione di Casa Disney, lascia percepire una sensibilità nuova in cui l’animazione in 2D restituisce tutto il suo grande fascino di colori ed eleganza. Brillante, ma anche molto intelligente, senza scivolare nel realismo, il film porta lo spettatore indietro verso un’altra epoca, conquistandolo con la sua fantasia e la sua capacità di divertirlo. Una vera sorpresa che segnerà, probabilmente, il ritorno in auge della tecnica d’animazione tradizionale che sembra avere ancora molto da mostrare e raccontare a patto di essere utilizzata da dei veri talenti.
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intervista Paul Zonderland
di Marco Spagnoli
Disney per l’Estate
Paul Zonderland Senior Vice-President & General Manager di Walt Disney Studios Motion Pictures Italy
Tre titoli per l’estate 2010 e l’annuncio di Pirati dei Caraibi 4 per quella del 2011 costituiscono le principali novità del line up Disney 2009 – 2010: Il 28 maggio dell’anno prossimo sarà nelle sale Prince of Persia – Le Sabbie del Tempo il primo capitolo della possibile nuova franchise prodotta da Jerry Bruckheimer e diretta dal regista di uno degli ultimi Harry Potter, Mike Newell. Protagonista Jake Gyllenhall nei panni del protagonista di una delle saghe più apprezzate in videogioco. Il 7 luglio, in coincidenza con la fase finale dei campionati mondiali di calcio in Sudafrica uscirà anche Toy Story 3, disponibile anche in 3D. Il 28 agosto, poi, arriverà sugli schermi un’altra produzione targata Bruckheimer che riunisce Nicolas Cage al regista de Il mistero dei templari, Jon Turteltaub ne L’apprendista stregone ispirato al celeberrimo cortometraggio animato visto in Fantasia in cui due maghi si sfidano nelle strade della New York di oggi. Il brand Disney è arricchito dalla recente acquisizione della Marvel, dalle produzioni Pixar, dai titoli della Miramax e dal contributo determinante di produttori come Jerry Bruckheimer e la sua Touchstone e di grandi registi come Steven Spielberg recentemente approdato anche lui presso lo studio di Burbank, ma anche come Tim Burton il cui Alice nel paese delle meraviglie sarà distribuito il prossimo marzo e come Robert Zemeckis che dopo l’uscita di fine novembre di A Christmas Carol in 3D sta già lavorando al remake di Yellow Submarine dei Beatles. Nel listino Disney dove sono complessivamente presenti dieci film in 3D non mancano film d’azione come Surrogates – Il mondo dei replicanti con Bruce Willis a gennaio, seguito dalla commedia con John Travolta e Robin Williams Old Dogs e dal nuovo film con protagonista Hannah Montana, Lili e la strega, When in Rome nonche The boys are back con Clive Owen diretto dal regista di Shine, Scott Hicks. Tra le anticipazioni da non dimenticare la versione rimasterizzata in 3D de La bella e la bestia, il film di Natale 2010 Raperonzolo seguito, a gennaio del 2011, dall’attesissimo Tron Legacy. “Una scelta tecnica che contraddistinguerà tutte le nostre prossime uscite è quella di arrivare nelle sale di martedì o di mercoledì.” Dice il Direttore Generale di Walt Disney Motion Pictures Studios Paul Zonderland “Il nostro scopo è di massimizzare gli incassi del primo week end.”
Parliamo dell’estate? Tutte le nostre uscite, da ora in poi, saranno sempre più ravvicinate con il mercato americano. Per questo motivo abbiamo deciso di distribuire in estate tre titoli importantissimi con - in particolare - Toy Story 3 è un film fondamentale per la Disney, ma noi siamo certi che la risposta del mercato italiano non potrà essere altro che ottima. Abbiamo deciso di posizionarlo nel bel mezzo dell’estate il 7 luglio perché vogliamo aiutare l’esercizio e perché noi crediamo nelle potenzialità del mercato italiano. Desideriamo rivolgerci alla fascia familiare e siamo fiduciosi che grazie al 3D per otto settimane potremo dominare il mercato, in virtù anche delle sinergie con le altre divisioni Disney. Uno dei nostri obiettivi è rilanciare questa franchise anche grazie alla riproposizione dei primi due capitoli. Noi crediamo molto anche in Prince of Persia – Le Sabbie del Tempo. Un film fortissimo che siamo sicuri diventerà un grande successo nonostante maggio, con il suo primo sole, possa risultare sempre un po’ pericoloso. L’allungamento della stagione è uno dei modi per risolvere uno dei grandi mali del mercato cinematografico italiano: una tenitura molto breve, inferiore a quella degli altri territori… E’ uno degli argomenti che mi preoccupano di più: la breve tenitura delle copia, forse, la più veloce del mondo. Oltre all’estate, un’altra maniera per risolvere questo problema è lanciare un numero inferiore di titoli sul mercato. L’Italia non riesce ad assorbire quattrocento film all’anno e gli esercenti devono diventare finalmente consapevoli di questo problema. La chiusura delle sale urbane la preoccupa? Certamente: i titoli italiani che produrremo e i film di qualità provenienti dalle acquisizioni di Miramax non possono funzionare al meglio solo nei Multiplex. Cosa pensa della situazione del 3D in Italia?
8 ottobre t PRIMISSIMATRADE
Mi sembra ottima: da fine agosto ad oggi siamo arrivati quasi a trecentocinquanta schermi. Il mercato ne sta beneficiando soprattutto, perché i Multiplex stanno tutti costruendo la seconda sala di proiezione in 3D. Titoli come A Christmas Carol e Alice nel paese delle meraviglie beneficeranno grandemente della presentazione in questa nuova tecnologia. Ovviamente dobbiamo capire quanto durerà questa novità: se si affermerà come un’altra possibilità per raccontare certe storie, oppure sarà una moda passeggera. Il vostro listino è uno dei migliori degli ultimi anni… Sì, grazie all’apporto di società come Pixar, Miramax, Touchstone e adesso con l’arrivo della Marvel possiamo dire che Disney sta vivendo un momento molto fortunato. Nel frattempo stiamo lavorando sullo sviluppo di alcune franchise che ci consentono di sfruttare al meglio le possibilità del nostro brand.
News Le sale d’essai rappresentano il 15% del mercato Ma l’emorragia continua. In Italia sono attivi 861 schermi di qualità di cui 427 monosale, 358 in multisale e 76 nei multiplex (da 8 schermi in su). Nel periodo 1/12/2008-1/10/2009 i cinema d’essai hanno raccolto 12 milioni di spettatori (70 milioni di euro di incasso), pari al 15,23% del mercato complessivo theatrical. Un film come The Millionaire ha registrato il 62% del totale delle sue presenze proprio nei cinema díessai. Una fetta di mercato importantissima sul piano culturale, per la diffusione del cinema di qualità, ma in difficoltà, come dimostrano i numeri relativi alle chiusure delle sale cinematografiche, che in buona parte si riferiscono a questa tipologia.
dranno all’esercizio. “L'essai ha un valore straordinario sociale e di aggregazione che va sostenuto. - Ha commentato Blandini.- A questo devono lavorare tutti i protagonisti del settore, anche produttori e distributori. Dal punto di vista delle regole c'è bisogno di una legge di sistema a cui bisogna dare un'accelerazione.” Dal punto di vista dei produttori, Angelo Barbagallo, ha evidenziato come la sofferenza dei cinema díessai penalizzi il cinema italiano di qualità. Valerio De Paolis ha collegato la deriva delle sale d’essai all'invecchiamento del pubblico ed al disinteresse dei nuovi spettatori più giovani.
Dal 2001 hanno cessato l’attività 615 cinema per 725 schermi. La Regione in cui sono presenti più sale d’essai è la Lombardia (158) davanti al Lazio (112) e all’ Emilia Romagna (94). I contributi pubblici per le sale d’essai sono passati da 1,5 milioni di euro circa del 1994 (214 schermi) a 2,5 milioni di euro per 861 schermi nel 2008. Lo ha reso noto Lionello Cerri, esercente milanese e produttore, in occasione della tavola rotonda ‘Ruolo e identità del cinema d’essai oggi: un’impresa possibile’ che si è tenuto a Mantova nell’ambito degli incontri organizzati dalla Fice. Alla tavola rotonda hanno partecipato Luigi Lonigro, direttore Distribuzione Theatrical di 01; Valerio De Paolis, presidente Bim; il produttore Angelo Barbagallo, il critico del ‘Corriere della Sera’ Paolo Mereghetti ed il DG Cinema del Ministero della Cultura Gaetano Blandini. Quest’ultimo ha ricordato che in un anno di tagli generalizzati sono stati recuperati 24 milioni per il cinema. 6 milioni dei quali an-
Rich Ross nuovo presidente dei Walt Disney Studios Rich Ross, già Presidente dei Disney Channels, è stato nominato Presidente dei Walt Disney Studios. Lo ha annunciato il Presidente e CEO della Disney Robert A. Iger. Ross prende il posto di Dick Cook, che ha lasciato l’azienda a fine settembre. Ross supervisionerà la produzione, la distribuzione e il marketing mondiale per le varie etichette di film live-action e di animazione della società, tra cui Walt Disney, Touchstone, Miramax e Disney/Pixar. Nel suo nuovo ruolo, che ricoprirà immediatamente, sarà anche responsabile dei settori teatrali e musicali della Disney. “Rich è sempre stato bravissimo a creare un intrattenimento per famiglie di alta qualità, in grado di deliziare il pubblico di tutto il mondo”, sostiene Iger. “Considerando il suo successo nel costruire il marchio Disney in molti nostri settori economici, la sua notevole sensibilità nel marketing, la sua comprovata capacità nel lavorare bene con gli artisti e le sue doti nell’affrontare dei complessi mercati globali, sono convinto che sia il leader perfetto per
Lionello Cerri
gestire lo studio”. Sotto la guida di Ross, i risultati dei Disney Channel nel mondo sono stati notevoli sia a livello creativo che economico, negli Stati Uniti e nel resto del pianeta. Il gruppo ora comprende un totale di 94 canali disponibili in 163 nazioni in 32 lingue, oltre a marchi come l’ammiraglia Disney Channel, la specializzata in ragazzi Disney XD e Playhouse Disney per i più piccoli.
Rich Ross
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intervista Giuseppe Corrado
di Marco Spagnoli
La Rivoluzione dell'esercizio
Giuseppe Corrado, Presidente e Amministratore Delegato di Medusa Cinema
Piemontese, cinquantenne, coniugato e padre di due figli, Giuseppe Corrado si è laureato in economia e commercio alla facoltà di Torino. Dopo, brevi esperienze nelle aree di controllo di gestione e marketing di Olivetti , Itt e Fiat entra agli inizi degli anni Ottanta in Barilla dove resta diciassette anni ricoprendo in successione gli incarichi di direttore delle consociate , direttore divisione merende, direttore generale Mulino bianco, Amministatore delegato Barilla diversificazione ( Le tre Marie, Sanson, ecc ). Dal 1998 Corrado entra nel gruppo Fininvest con l’incarico di Amministratore delegato della società Pagine Utili. La società costituita alla fine del 1995 aveva consolidato nel 1999 una perdita di circa 95 milioni di Euro . Corrado, con una riorganizzazione della rete commerciale, il rifacimento totale della guida, una radicale riduzione dei costi di produzione e distribuzione e un cambiamento del posizionamento del prodotto riuscì , in 3 anni, a portare la società in profitto e a chiudere, qualche anno, la cessione della stessa con il completo recupero dell’investimento sul progetto da parte della Fininvest. All’inizio del 2008 gli viene affidato l’incarico di amministratore delegato delle società Medusa Cinema e Medusa Multicinema acquisite pochi mesi prima da Mediaset. L’obiettivo dato a Corrado è, ancora una volta, di rilanciare un business strutturalmente debole ed in difficoltà. Dopo pochi mesi Corrado avvia il progetto di patnership strategica tra R.T.I ( Mediaset) e il Fondo 21 Investimenti (Benetton) e porta alla conclusione l’operazione di fusione del circuito Warner Village, acquisito dal Fondo 21, con Medusa Multicinema. Viene costituito così il più importante circuito nazionale di sale cinematografiche di cui Giuseppe Corrado diventa il Presidente e l’Amministratore delegato. “I cambiamenti di tutti i mercati partono dalla metamorfosi strutturale del mercato stesso. Quello del cinema è un mercato strutturato secondo retaggi e preconcetti che, oggi, non possono più esistere. E’ un mercato che mi ricorda quello degli anni Ottanta del largo consumo. All’epoca lavoravo per la Barilla come neolaureato e ho avuto l’opportunità di capire come i mercati possono e, come in questo caso, devono avere la possibilità di cambiare.” Giuseppe Corrado, Presidente e Amministratore Delegato della nuova società che riunirà i cinema Medusa e Warner e che entro i prossimi giorni annuncerà il nuovo marchio e logo, non ha dubbi sulle potenzialità del mercato delle sale, ma è anche consapevole che il mercato delle sale in Italia deve evolversi per potere crescere e sopravvivere. “Quel mercato e quello delle sale si assomigliano molto.” Spiega Corrado “Polverizzazione dell’esercizio al dettaglio, primi segnali di integrazione dei grandi gruppi come Coop, Conad e Esselunga in un mercato che, all’epoca, lasciava alla grande distribuzione appena il 22%. I grandi produttori come Coca-Cola, Buitoni, Barilla, Ferrero si trovavano ad avere a che fare con i primi segnali di cambiamento, affrontando metodologie e regole completamente nuove legate sia allo ‘scaffale’ che alle piattaforme distributive nuove.”. Dopo un periodo di contrapposizione e battaglia sulle condizioni commerciali, esercenti e produttori arrivarono a condividere nuove regole di negoziazione che portarono il mercato a svilupparsi con vantaggi reciproci.
P
arliamo di quello che accade oggi… E’ la prima volta che mi trovo dalla parte di chi compra: so, quindi, bene che chi vende rifiuta aprioristicamente qualsiasi cambiamento che , in prima approssimazione, può apparire come una riduzione della marginalità. Ho imparato però che la marginalità finale di un business deriva dalla somma algebrica di molti fattori. Per esempio il miglioramento della resa della copia distribuita può portare alla riduzione globale del costo del prodotto per il distributore. Un imprenditore capace come Pietro Barilla, anni fa, mi spiegò chiaramente come lavorare per generare valore sul prodotto, tenendo presente però che senza avere il contributo dello ‘scaffale’ a disposizione non si arriva al consumatore. In questo business, lo scaffale è lo schermo, quindi sta a noi e ai distributori dividerci il lavoro. Soprattutto in un momento in cui le persone vanno al cinema non avendo sempre chiara l’idea di quale film, poi, andranno a vedere. La decisione arriverà, magari, dopo avere visto un trailer che passa nella hall della multisala o grazie ad una pubblicità convincente tramite i materiali locati nel punto vendita. La stessa cosa è stata fatta dalle grandi aziende nei
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supermercati e nei centri commerciali dove le aziende hanno lavorato per attirare il pubblico sui propri prodotti rispetto a quelli della concorrenza. Noi siamo i ‘grandi magazzini’ del cinema: il fatto che, all’interno delle nostre strutture, lo spettatore vada in una sala piuttosto che in un’altra è assolutamente indifferente. La differenza invece è fondamentale per il distributore che deve, con i propri mezzi, convincere lo spettatore a vedere il proprio film. Noi vogliamo creare valore attraendo più persone verso le nostre strutture. In Italia il mercato dei Multiplex è solo al 30%, mentre nel resto d’Europa è all’80%. Qui da noi gli esercenti hanno seguito un tipo di evoluzione ‘fisica’ senza, di fatto, guardare alla qualità dell’offerta. L’unico media di comunicazione è lo schermo, dimenticando come, invece, i cinema siano soprattutto delle piazze dove potere contattare e coinvolgere lo spettatore. Come? Questa è la nostra sfida che ha convinto soci importanti come Mediaset e Benetton ad investire in maniera significativa nel mondo dell’esercizio cinematografico. Attraen-
do popolazione e generando valore. Basta pensare a come si sono evoluti negli ultimi due decenni gli autogrill dove, una volta, ci si fermava solo per andare alla toilette, dare benzina e bere un caffè. Oggi si continua ad andare alla toilette, fare benzina e a bere dei caffè in quelli che, al tempo stesso, sono diventati dei veri centri commerciali dove la gente si ferma per comprare. E’ importante, quindi, che il distributore capisca come, attraverso di noi svilupperà ulteriormente la sua quota di mercato. Se così staranno le cose, noi chiediamo di essere ‘premiati’. Non esiste – in nessun mercato al mondo, in nessuna categoria merceologica – che i prodotti costino tutti lo stesso prezzo. Ci sono prezzi che si adattano ai periodi dell’anno e alla tipologia dei clienti: un film importante può diventarlo ancora di più in un momento storico particolarmente rilevante come l’estate. Nel caso dell’ultimo Harry Potter, ad esempio, un prodotto particolarmente importante, in un periodo di bassa stagionalità, lo può diventare ancora di più e può, quindi, essere pagato, una cifra maggiore che in altri periodi dell’anno. Un film che fa oltre venti milioni di incasso non può costare come un altro film che potenzialmente ne fa solo due. Noi siamo pronti ad accettare e condividere una scommessa con i distributori pagando percentuali a seconda del risultato al Box Office. Questo cambiamento porterà allo sviluppo del mercato. Se una copia, su una nostra sala, incassa 50.000 Euro non può essere pagata come quella che, presso un altro esercente, ne incassa 5.000. Se io fossi il produttore – distributore – cercherei, nell’interesse della mia azienda, di premiare la resa delle copie, soprattutto quando superano la media nazionale.
Lo scaffale centrale rende più di quello in alto o in basso e, nei supermercati, qualsiasi distributore sa di dovere pagare in ragione del posizionamento e della resa relativa. Noi puntiamo ad un’evoluzione fisiologica del mercato in questa direzione. Bisogna pagare in ragione di quello che si può dare e di quello che si genera. I distributori, come lei stesso riconosceva, non sembrano avere preso troppo bene queste novità? Come sempre il cambiamento non è facile da digerire. Qualcuno ci accusa di volere solo ridurre i costi di noleggio. ma non è questo il nostro obiettivo, bensì l’opportunità di pagare in maniera diversa potendo magari ‘scommettere’ con il distributore sulla resa delle copie, sulle fasce di fatturato e sulla resa di un film. Solo il risultato finale potrebbe essere, per noi, un costo più contenuto sul noleggio, da reinvestire però sui servizi delle sale e quindi a vantaggio di tutto il sistema. Quello del cinema è sicuramente un mercato dove gli operatori hanno una grande cultura del loro tipo di prodotto, ma, purtroppo, non vedono oltre questo tipo di bene. Oggi, invece, abbiamo la possibilità di mutuare esperienze differenti da mercati diversi. La passione e il senso di appartenenza vanno benissimo, ma chi da trent’anni fa sempre la stessa cosa, deve rendersi conto che un mercato per crescere ha bisogno anche di evolversi. L’esercizio e la resa dello scaffale ( la sala ), però, sono un altro mestiere, dove ci vuole una cultura trasversale e diversificata per progredire. Quello del cinema non è un altro mercato, a se stante. Negli ultimi tempi, fortunatamente, ho anche incontrato
distributori che nonostante abbiano le loro idee, guardano con attenzione alle nostre proposte e sono pronti a valutare le nostre iniziative. Abbiamo anche ricevuto proposte addirittura più avanzate delle nostre da parte di chi mette in palio delle quote di mercato a seconda del risultato finale dove potranno essere dati o stornati dei premi di risultato. Una delle fortune è che noi non siamo concorrenti di altri esercenti. Non abbiamo mai chiesto l’esclusiva delle copie, perché vogliamo provare ad essere più bravi di altri. Negli ultimi tempi, esercenti prossimi a noi, preferiscono programmare titoli che noi non abbiamo, perché si sono resi conto che il pubblico, a parità di film, privilegia le nostre strutture. Al tempo stesso, però, noi non abbiamo mai chiesto di avere delle esclusive particolari. Noi vogliamo essere corretti e giocare secondo le regole della competizione. Attenzione, poi: in un mercato normale nessuno si scandalizza se un prodotto non viene comprato perché non ci si trova d’accordo sulle condizioni commerciali. Nel caso recente di Terminator Salvation noi non abbiamo aderito alla richiesta del distributore e, oggi, abbiamo comunque dei rapporti ottimi con Sony e con l’Amministratore Delegato Paulo Simoes con il quale, stiamo pensando di avviare delle ipotesi di collaborazione che potrebbero diventare molto interessanti . Noi ci consideriamo un punto di riferimento del mondo dell’esercizio italiano. Per questo motivo, la piccola contribuzione che noi andiamo a cercare da parte dei distributori non sulla quantità, ma sulla qualità, verrà reinvestita sulla comunicazione e sulla possibilità di attirare ancora più spettatori nelle nostre strutture.
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intervista
Questi sono i cambiamenti che noi riteniamo necessari per sviluppare un mercato che da dieci anni sembra restare ancora ai cento milioni di spettatori. Non è colpa del prodotto e non possiamo aspettare tutti i mesi un Titanic, un Ice Age o un Harry Potter. Noi gli incassi li dobbiamo fare anche con i titoli medi. Perché a comprare un capolavoro sono capaci tutti. In un mercato stagnante non è solo l’offerta a determinare i risultati, ma la sua comunicazione, le iniziative a sostegno e la capacità di attrarre il pubblico. Anche per il cinema italiano e di qualità? Certo! Dove sta scritto che i Multiplex non possano programmare questo tipo di film? Noi lavoriamo sui contenitori che possono e devono ospitare qualsiasi contenuto. Il nostro dovere è quello di sviluppare il mercato dove non tutti i film possono essere comunicati e promossi alla stessa maniera e sugli stessi media. Si potrebbero risparmiare i soldi spesi su media televisivi che parlano ad un pubblico che al cinema non ci va o che al massimo ci va una volta all’anno. Noi dobbiamo guardare innanzitutto ai nostri clienti, ovvero a quei cinque milioni di spettatori che il cinema lo amano, lo vanno a vedere e che ci ritornano più volte nel corso dell’anno. Qual è il senso di parlare con loro attraverso affissioni e flani? Il pubblico lo devi raggiungere sul punto vendita 8 le sale), evitando la dispersione. Sinceramente, dal nostro punto di vista, è più importante investire su un giornale che viene distribuito nelle sale come Primissima e che raggiunge il pubblico al cinema, che altri. La dispersione delle risorse è gratificante, forse, per i direttori marketing, ma abbastanza inutile per quello che ci riguarda. In base alla mia esperienza, il lavoro sul punto vendita dà risultati più efficaci ed economici. Sull’estate ci deve essere un concorso di valore: noi dobbiamo supportare i distributori che tramite le uscite estive intendono modificare le abitudini degli Italiani. Dobbiamo sostenere in pieno il distributore che mette a disposizione del mercato dei film importanti come Harry Potter. A noi tocca aggiungere valore, facendo capire al nostro pubblico che andare al cinema a luglio e agosto avrai un’offerta di cui, invece, non potrai usufruire in altri periodi dell’anno. Dobbiamo puntare sul collaterale per portare al cinema non chi ci sarebbe venuto, comunque, ma quelli che sono ancora convinti che in estate
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le sale cinematografiche chiudono. L’esercizio, però, non può dipendere esclusivamente dai distributori, ma dobbiamo tutelare i cinque milioni di spettatori che vanno sempre al cinema offrendogli qualosa di diverso creando qualcosa di particolare, rivedendo film o anticipando contenuti. Dobbiamo essere proattivi. Non si può stare dietro alla cassa di un cinema in attesa degli eventi: le opportunità vanno create. Dal mio punto di vista è troppo facile pensare di coinvolgere i media, chiedere sostegni allo Stato e farne un fatto di categoria. Non possiamo aspettare di essere trainati da qualcuno, ma dobbiamo trainare noi il mercato per conto nostro, lavorando sull’ampliamento e il riposizionamento dell’offerta nei mesi estivi. Del resto il nostro circuito registra diciotto milioni di visitatori con cui dobbiamo iniziare a dialogare. Non possiamo superare il problema della destagionalizzazione chiedendo ai produttori di fare solo dei film. Qualcuno, i nostri cugini di Medusa Cinema, ci hanno provato: il primo anno ha funzionato, il secondo un po’ meno. Il prodotto è primario, ma noi dobbiamo aggiungere qualcosa da offrire agli spettatori. Come i contenuti alternativi? Il nostro obiettivo è sviluppare il core business, ma – al tempo stesso – dobbiamo provare a capire cosa potere fare con i contenuti alternativi. L’importante è che, qualsiasi cosa si faccia, serva ad attirare gente per venire al cinema. Non ci interessa utilizzare dei prodotti alternativi per distrarre il
pubblico. Noi vogliamo offrirgli altro, ma catturando così la sua attenzione sulle nostre sale e sull’offerta. I distributori possono stare tranquilli. La sala cinematografica è pensata per il cinema. Questi altri prodotti sono pensati per la bassa stagionalità e per date come quella del lunedì e martedì dove dobbiamo portare degli spettatori in più se vogliamo progredire. Quindi, più che di contenuti alternativi, parlerei di ‘attrattive alternative’ che diventano un corollario della scelta principale complementare al core business. La digitalizzazione della sala può essere un’opportunità interessante per il futuro dei contenuti alternativi. Per il presente? No. I dati in nostro possesso relativi ad alcune esperienze pilota su offerte alternative ci fanno pensare che sarebbe bastato anche solo un ‘mezzo film’ per fare di meglio. Questo conferma che la sala cinematografica serve soprattutto al cinema. L’opera, lo sport, i concerti rock sono un corollario, interessante, ma restano qualcosa di collaterale che non potrà mai portare i cinema a diventare ‘polifunzionali’. Detto questo quella del digitale è una strada interessante e da percorrere con passione. Del resto se non ci fosse la grande passione dell’esercizio cinematografico, forse, negli ultimi sarebbe valsa la pena di cambiare mestiere.
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News di Franco Montini
Venezia al botteghino In contemporanea o subito dopo la conclusione della Mostra di Venezia, nei quattro week end di settembre, sono approdati in sala undici film lanciati dalla Biennale Cinema. Ancora una volta, come spesso accaduto in passato, gli esiti sul mercato dei film veneziani sono complessivamente assai contraddittori. Si conferma la regola secondo cui il festival di Venezia ogni anno è in grado di premiare uno o al massimo un paio di film, mentre risulta del tutto irrilevante, se non addirittura penalizzante, nei confronti della maggioranze degli altri titoli. La cosa vale in particolare per le produzioni nazionali, per la quali andare a Venezia è nello stesso tempo una grande occasione e un grande rischio.
Q
uest’anno, l’effetto Venezia sembra aver funzionato positivamente in particolare per “Baaria” di Giuseppe Tornatore, che, uscito in sala il 25 settembre con 518 copie nelle sale monitorate da Cinetel, nei primi dieci giorni di programmazione ha rastrellato 5,5 milioni di euro, ottenendo nel secondo week end un risultato praticamente analogo al fine settimana d’esordio, nonostante fosse nel frattempo approdato in sala un concorrente agguerrito come “Bastardi senza gloria” di Tarantino. Anche se non ha ottenuto alcun riconoscimento ufficiale dalla Giuria della Biennale, cosa che poteva essere prevedibile, a giudicare dell’accoglienza critica ricevuta, “Baaria” ha comunque avuto, grazie alla presentazione lagunare, una straordinaria attenzione da parte dei media, che si è immediatamente riflessa sugli incassi. Qualcosa di analogo, anche se in misura più contenuta, è avvenuto con “Il grande sogno” di Michele Placido, il cui incasso, al quarto week end di programmazione, ha superato i 3 milioni di euro. Non si tratta di una cifra straordinaria, ma c’è da notare che nell’ultima stagione il cinema italiano d’autore, genere a cui appartiene “Il grande sogno”, ha stentato molto e nell’annata 2008/09 solo tre titoli (“Come Dio Comanda”, “Il papà di Giovanna“, “Un giorno perfetto”) erano riusciti a raggiungere
questa soglia, mentre l’esito di molti altri film dello stesso genere, anche se di ottima fattura e qualità, come ad esempio “Questione di cuore” e “Vincere”, si era fermato abbondantemente sotto i 3 milioni. Tra l’altro c’è anche da notare che i film di Venezia 2009 hanno dovuto affrontare anche la concorrenza di un film fenomeno come “L’era glaciale 3”, che si è rivelato il maggior incasso assoluto sul mercato italiano dall’avvento dell’euro. Tornando ai film veneziani di quest’anno, qualche vantaggio dalla presentazione lagunare sembrano averlo ottenuto anche due piccoli film di nicchia: l’opera prima di Susanna Nicchiarelli “Cosmonauta” e il documentario di Erik Gandini “Videocracy”, che, alla data del 4 ottobre, avevano incassato rispettivamente 327mila e 810mila euro. Si tratta di cifre in assoluto modeste e tuttavia da considerarsi buone per un esordio privo di grandi elementi di richiamo e per il film di un genere, il documentario appunto, che da noi ha scarsissimo appeal sul mercato. Tuttavia, almeno al momento, da Venezia quest’anno non sembra essere esplosa nessuna autentica sorpresa, come era accaduto nelle due più recenti edizioni del festival con “La ragazza del lago” e “Il pranzo di Ferragosto”, due piccoli film lanciati dalla “Settimana della Critica”, che
“Baaria” di Giuseppe Tornatore
Twilight
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avevano incontrato un favore di pubblico, oltre che di critica, superiore ad ogni aspettativa e ad ogni più rosea previsione. L’esito commerciale degli altri sette film “veneziani” di quest’anno già approdati sul mercato è stato invece deludente, a dimostrazione che il lancio della Biennale è stato del tutto ininfluente ed anzi probabilmente penalizzante, perché l’uscita in tempi ristretti, per approfittare del clamore lagunare, di un numero di film dello stesso genere ha determinato, come era inevitabile, un eccesso di concorrenza che ha prodotto effetti negativi. Più che su una serie di film produttivamente piccoli, destinati in partenza ad un consumo di nicchia, come è il caso del documentario “L’amore e basta” di Stefano Consigli, della commedia scandinava ”Una soluzione razionale” o di due film a firme illustri, ma di contenuti commercialmente piuttosto ostici come “Ombre rosse“ di Maselli e “Questione di punti di vista” di Rivette, per i quali non c’era in ogni caso la speranza di grandi incassi, gli effetti negativi si sono riversati su due film americani “The informant!” e “Il cattivo tenente”, che, non fosse altro per la presenza di nomi di richiamo come quello da Matt Damon nel primo caso, di Nicolas Cage e Eva Mendes nel secondo, hanno ottenuto risultati economici assai sconfortanti. “The informant!”, sempre alla data del 4 ottobre, aveva incassato 465mila; “Il cattivo tenente” 350 mila. Una cocente delusione ha coinvolto anche una pellicola italiana, “Tris di donne ed abiti nuziali” di Vincenzo Terracciano, dalla quale, sia per esiti artistici; che per il genere, la commedia; che, infine, per la presenza di Sergio Castellitto, era lecito attendersi un incasso per maggiore dei 160 mila euro rastrellati in tre week end. Stritolato dalle uscite di altre due produzioni nazionali più forti, “Baaria” e “Il grande sogno”, che hanno potuto contare anche sul fatto di essere in concorso a Venezia, “Tris di donne e abiti nuziali” non è proprio riuscito ad intercettare il pubblico. Non è un caso che, per evitare scontri titanici, le uscite del terzo e quarto film in corsa per il Leone d’oro, “Lo spazio bianco” di Francesca Comencini e “La doppia ora” di Giuseppe Capotondi, siano state procrastinate a metà ottobre, quando la concorrenza di altre produzioni nazionali dovrebbe essere minore, sempre che dal Festival del Cinema di Roma non arrivino imprevisti successi. La vicinanza temporale fra le due maggiori kermesse cinematografiche italiane resta, infatti, un altro problema aperto. “Il grande sogno” di Michele Placido
“Bastardi senza gloria” di Quentin Tarantino
“Cosmonauta” di Susanna Nicchiarelli
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intervista %BWJE #VTI
di Marco Spagnoli
La prima società di postproduzione italiana in 3D
David Bush, E-Motion
“Non vedo alcun ostacolo: siamo all’inizio di un nuovo mercato nei cui confronti il pubblico per primo nutre grande interesse. Il 3D rappresenta il futuro del cinema e a dirlo sono gli incassi come quelli de L’era glaciale 3 che hanno riportato la gente nelle sale così come non accadeva da anni. Ignorare questo stato di cose sarebbe sbagliato.” David Bush, mago degli effetti visivi per film come Vajont di Renzo Martinelli e Oliver Twist di Roman Polanski, fondatore di Cinecittà Digital e oggi di E-Motion, società specializzata nella ripresa tridimensionale non ha dubbi sulla rilevanza artistica ed economica della tecnologia tridimensionale. E’ per questo motivo, che Bush ha sviluppato un sistema di ripresa e di postproduzione, primo in Italia che è stato presentato a produttori e registi del nostro paese e che ha riscosso un grande interesse tra gli addetti ai lavori: “Questo è un passaggio altrettanto importante quanto quelli dal bianco e nero al colore, dal suono monofonico al dolby digital.” Dice Bush “L’importante è che non si faccia del cattivo 3D in grado di scoraggiare lo spettatore e di rovinare le potenzialità del mercato. Il settore può crescere solo se al pubblico viene offerta sempre e comunque la massima qualità.” Il 3D non è, quindi, una moda? No, semmai è un toccasana per un mercato che era in ‘retromarcia’ e che oggi è tornato a crescere in termini di incassi. Cosa fa E-Motion per il 3D? Ho trascorso l’ultimo anno a mettere appunto una filiera di ripresa e post produzione per prodotti in 3D. Un sistema che abbiamo presentato ai registi e produttori italiani che hanno capito come diventi sempre più fondamentali essere pronti a lavorare con questa nuova tecnologia. Quanto incide in più il costo del 3D? Non è necessariamente un costo in più: abbiamo sviluppato una postproduzione più efficiente che parte dal primo giorno di ripresa. Si risparmia rispetto a quanto accade dopo. Su prodotti specifici si può perfino arrivare a risparmiare.
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Perché si dovrebbe girare in 3D? Perché basta frequentare qualsiasi mercato per rendersi conto che un film tridimensionale ha moltissime più chance di essere venduto anche all’estero. Le sale stanno aumentando e c’è fame per questi prodotti che, in realtà, non sono molti sul mercato. Un film italiano in 3D può essere venduto facilmente, perché chi cerca prodotti in 3D è disposto anche a fare le prevendite. Cosa che accade sempre più di rado. Del resto la reazione del mercato è stata superiore alle nostre stesse aspettative. Stiamo già lavorando a quattro titoli diversi stranieri e crediamo che potremo avere ancora delle sorprese nelle prossime settimane dal mercato italiano. Uno di questi film, una versione di Casa di Bambola di Ibsen è diretto da una regista russa settantaseienne e sarà girato in parte in Italia. Il film ha come direttore della fotografia Blasco Giurato e montatore, Roberto Perpignani. Bisogna pensare al 3D come ad un mezzo per fare film normali con le immagini, però, molto più belle.
Giovanni Giometti
Giometti ancora più grande Giovanni Giometti
Con il nuovo multiplex di Prato la Giometti Multiplex si espande anche in Toscana, raggiungendo i 103 schermi complessivi e confermandosi come il principale esercente ‘privato’ (non legato ad un gruppo cinematografico) italiano. Inoltre dall’inizio di ottobre il Circuito Giometti viene programmato da Gian Luigi Della Casa. Come è nata questa nuova realizzazione? Abbiamo rilevato questo complesso in fase di realizzazione da un gruppo spagnolo. Ci abbiamo lavorato molto, e ci stiamo lavorando ancora, perché abbia tutte le caratteristiche, sia estetiche che innovative, che tutti i nostri multiplex devono possedere. Quando aprirà questo complesso? Dovremmo aprire il 13 novembre. Come si presenta? Erano previste 16 sale ma ce ne saranno 14 perché abbiamo tolto le due sale che stavano vicino all’ingresso, per rendere più spazioso il foyer. Le abbiamo sacrificate per avere un ingresso più grande, più comodo e più arioso. Inoltre 14 sale per 3200 posti sono più che sufficienti.
Sono tutte digitali, è corretto? Sì è vero. Abbiamo cercato di fare un multiplex che guarda al futuro, non al passato come purtroppo ancora il cinema sta facendo. Le sale sono tutte equipaggiate per il digitale e per il 3D, ma possono proiettare anche in analogico. Bisogna guardarsi attorno e costruire quello che si vende, e non vendere quello che si costruisce. Questo è lo spirito che ci ha sempre accompagnato. Con Prato il circuito Giometti si allarga anche a livello territoriale. E’ l’inizio di una strategia nazionale? Non è voluto. E’ una eccezione che conferma la nostra regola di avere delle radici molto solide nel nostro territorio. Mio papà, che purtroppo ho perso quando ero piccolo, mi ha insegnato che le piante vanno piantate vicino casa.
Gianluigi Della Casa Direttore Programmazione del circuito Giometti Multiplex
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Charles Dickens Reloaded
di Marco Spagnoli
A Christmas Carol Dopo gli interessanti, ma non del tutto riusciti Polar Express e Beowulf, Robert Zemeckis, prima di dedicarsi al remake di A Yellow Submarine dei Beatles, porta sullo schermo un altro film realizzato con la tecnica Motion Capture che sfrutta al massimo le potenzialità del 3D per intrattenere, divertire e sorprendere lo spettatore.
A
Christmas Tale ovvero Il racconto di Natale di Charles Dickens vive così un nuovo adattamento dopo le tante variazioni sul tema come quella moderna con Bill Murray in S.O.S. Fantasmi (Scrooged, 1988) per la regia di Richard Donner e quella più recente con Sir Michael Caine in Natale in Casa Muppet (1994). Con protagonista uno scatenato Jim Carrey la cui mimica e le cui movenze uniche sono adattate in maniera davvero notevole al protagonista Ebenizer Scrooge, il film annovera nel cast altri tre attori altrettanto riconoscibili: Colin Firth, Robin Wright Penn e Gary Oldman che interpretano rispettivamente il ruolo del maltrattato nipote di Scrooge, della sua fidanzata abbandonata e del suo fedele e sfortunato impiegato Bob Cratchit. Da non dimenticare, inoltre, la partecipazione di altri importanti attori britannici come Imelda Staunton e Bob Hoskins in ruoli minori. Fedele allo spirito del libro, Zemeckis ha voluto dichiaratamente insistere sull’aspetto visivo e sulle possibilità offerte dal 3D per un film che uscirà in circa quattrocento copie il prossimo 3 dicembre, di cui oltre duecentocinquanta dovrebbero potere essere viste nelle sale attrezzate per il nuovo sistema di proiezione tridimensionale. Prodotto, scritto e diretto da Zemeckis stesso, A Christmas Tale – Il Racconto di Natale si basa sull’omonima novella scritta da Charles Dickens di cui il regista di Ritorno al Futuro, Forrest Gump, Contact, Le Verità Nascoste e Castaway coglie in pieno l’anima vittoriana, presentandola nel contesto di un’ambientazione tetra e deprimente.
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Tutt’altro che mitigata dal lessico ottocentesco, l’anima perduta di Scrooge ci viene restituita in tutta la sua abiezione e presentata, forse per la prima volta, nella sua logorata malvagità di risulta. La notte della vigilia di Natale, però, Scrooge, avvertito dal fantasma del suo ex socio avrà la sua ultima possibilità di redenzione, incontrando tre spiriti che lo porteranno a rivivere i Natali passati, a scoprire il Natale presente e a prevedere cosa potrà accadere un giorno di Natale del futuro. Lugubre e avvincente, A Christmas Tale – Il Racconto di Natale gioca sulla tecnologia la propria forza visiva e la sua capacità di impattare l’immaginazione dello spettatore. Per quanto fedelissima in tutto per tutto alla novella di Dickens, anche grazie al protagonista Jim Carrey, la regia di Zemeckis dinamizza la narrazione che viene spettacolarizzata facendo dell’avventura di Scrooge un perfetto strumento per sfruttare in pieno le capacità tecniche del 3D e dell’Imax. Il primo film diretto da Zemeckis per la Disney dai tempi di Chi ha incastrato Roger Rabbit? sfrutta in pieno la tecnica a disposizione per mettere in risalto il talento di Carrey che oltre a Ebenizer Scrooge presta movenze, postura e anima anche ai tre spiriti del Natale, per i quali il regista immagina una fisionomia adatta ai tempi che colpisce per la sua visionarietà. A Christmas Tale – Il Racconto di Natale non è da considerarsi solo un film per famiglie, perché la sua costruzione visiva unica può attirare un pubblico molto più vasto che potrebbe restare non solo divertito e commosso, perfino ‘spaventato’ dal talento visivo di un grande regista come Robert Zemeckis.
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LA TRAMA DEL FILM A Christmas Carol (Christmas Carol USA 2009) Regia di Robert Zemeckis con Jim Carrey, Gary Oldman, Colin Firth, Robin Wright Penn, Cary Elwes. 90’, Walt Disney, Animazione/Fantastico Il tirchio Ebenezer Scrooge (Jim Carrey) entra nello spirito natalizio mostrando il suo solito disprezzo e urlando contro il suo fedele impiegato (Gary Oldman) e il gioviale nipote (Colin Firth). La notte prima di Natale Scrooge riceve una visita speciale: gli spiriti del Natale Passato, Presente e Futuro lo portano in un viaggio che gli rivela delle verità che il Vecchio Scrooge non ama affrontare. Capisce di dover aprire il suo cuore, prima che sia troppo tardi. 3 Dicembre 2009
Anni ruggenti
di Marco Spagnoli
LA TRAMA DEL FILM
Nemico Pubblico
Nemico Pubblico – Public Enemies (Usa, 2009) Regia di Michael Mann con Johnny Depp, Christian Bale, Billy Crudup, Marion Cotillard, Channing Tatum 143’, Universal Pictures, drammatico/storico/action L’incredibile storia del criminale (ed eroe popolare) John Dillinger (interpretato da Johnny Depp), la cui catena di rapine, e relativa caccia all’uomo da parte dell’FBI, affascinò e tenne con il fiato sospeso gli Stati Uniti negli anni ‘30. Uscita: 6 novembre
Michael Mann firma uno dei suoi film più interessanti degli ultimi anni in cui la ricerca artistica va di pari passo con un’ambiziosa quanto complessa sperimentazione visiva.
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irato in digitale con la fotografia di Dante Spinotti, Public Enemies gioca su un’estetica cinematografica del tutto nuova la sua personalissima rilettura dei ruggenti anni Trenta popolati di gangsters, uomini di legge, donnine facili e tanti soldi su cui mettere le mani. Mann utilizza il digitale per trasfigurare in maniera molto realistica i volti e gli ambienti di un’epoca attraverso la fredda profondità della macchina da presa, ormai non più in pellicola. Facce, sguardi, rughe, espressioni di dolore, di piacere e sudore fanno di questo film un viaggio insolito indietro nel tempo, deglamourizzando un’era affrontata molte volte dal cinema negli ultimi settanta anni. Public Enemies non è né Il Nemico Pubblico Numero 1 con James Cagney, né tantomeno Gli Intoccabili diretto da Brian De Palma: la sua narrazione veloce e spettacolare come nelle corde del suo regista punta a proiettare lo spettatore all’interno di qualcosa che crede di avere già visto e che, invece, viene ricondotto alla nostra esperienza sensoriale moderna, pur nel rispetto e nella fedeltà dei canoni estetici e culturali di quel decennio. E’ per questo motivo che Mann indugia sulla trasformazione dei cosiddetti newsreel, ovvero dei Cinegiornali in immagini moderne e viceversa. E’ come se il regista evidenziasse che l’immaginario collettivo associato a quell’epoca deriva dalle imperfette tecnologie di quegli anni, mentre la realtà della Chicago del 1933 è quella mostrata con notevole forza immaginifica dal suo film intenso e doloroso. Public Enemies racconta la storia della caccia all’uomo contro il criminale John Dillinger interpre-
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tato da Johnny Depp che dopo il protagonista di Blow e, in un certo senso, il Capitano Jack Sparrow, aggiunge un altro ambiguo ammaliatore alle prese con la giustizia che vuole vederlo morto per la sua redditizia attività di rapinatore di banche e di sovversivo in nome del denaro. Questo “Nemico Pubblico Numero Uno”, elegante e sornione, ma anche al tempo stesso astuto e capace di grande ferocia negli scontri a fuoco con la polizia, è l’uomo cui Mann oppone il poliziotto integerrimo e riflessivo interpretato da Christian Bale. Lo scontro Bale – Depp risulta decisamente notevole, con un rovesciamento continuo di ruoli e posizioni, che fa di questo film un’occasione per trovarsi al centro di una guerra contro il crimine. In Public Enemies la dimensione psicologica dei personaggi emerge da circostanze violente e pericolose: l’America che se ne resta sullo sfondo segue con impazienza il duello tra i buoni e i cattivi, tra guardie e ladri consapevoli di trovarsi davanti alla necessità di uno scontro che potrà avere un solo vincitore. L’attrice francese Marion Cottillard dona una prospettiva diversa al personaggio di John Dillinger che oltre ad essere un killer e un rapinatore, è anche un uomo che segue un codice personale in grado di farlo assomigliare se non proprio all’ideale del bandito gentiluomo, perlomeno ad uno di quei gangster hollywoodiani, quelli sì in bianco e nero, che sembrano davvero appartenere ad un’altra epoca. Ed è qui che Mann gioca, ancora una volta, con il cinema sul cinema: Dillinger era un amante dei film e il regista cattura l’immagine di Depp mentre guarda Clark Gable interpretare un personaggio chiaramente ispirato a Dillinger stesso. E’ un po’
come se due simulacri ispirati alla stessa persona, si specchiassero l’uno nell’altro per portare lo spettatore verso la forza di un personaggio certamente negativo, ma che, al tempo stesso, con il suo fascino e carisma ha fortemente segnato un’epoca. La caccia spietata ai criminali, il duello tra Depp e Bale, le astuzie psicologiche, le rabbiose raffiche di mitra, la speranza che la storia così come la conosciamo possa avere altri risvolti, fa di questo film un’opera epica e unica, in cui la distanza ravvicinata cui il regista obbliga il pubblico tramite l’altissima definizione dell’immagine digitale, rende la sua visione una vera e propria esperienza potente e a momenti travolgenti, nonostante tutta la storia d’amore tra Depp e la Cotilliard sembri avere qualcosa di meccanico, anziché di sensuale. Paradossalmente, però, la storia in quanto tale, passa quasi in secondo piano rispetto alla grande emozione di trovarsi fianco a fianco dei buoni e cattivi durante scontri a fuoco furiosi e spaventosi. Il suono digitale rende i colpi di fucile e le mitragliate assolutamente spaventosi: le immagini in bianco e nero di Cagney, Bogart e Edward G . Robinson lasciano spazio oggi a qualcosa di molto diverso. La sottrazione della prospettiva visiva iconica e classica del bianco nero ad opera del digitale, rende tutto umano, forse, ‘troppo’ in certi momenti quando il sudore tra i peli della barba, il rosso del sangue, e le lacrime rendono l’esperienza cinematografica molto corporea e sensibile. Public Enemies è un film che racconta il passato ma che appartiene al futuro. Un film che, per la sua ironia ed intelligenza stilistica rappresenta una vera e propria perla tutt’altro che facile da assimilare.
Il Ritorno dello Jedi
di Marco Spagnoli
L’uomo che fissa le capre Presentata all’ultimo Festival di Venezia, questa divertente ed intelligente commedia interpretata da George Clooney e Ewan McGregor è diretta da Grant Heslov, da lungo tempo amico e collaboratore di Clooney, nonché suo produttore.
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ratto dal libro di Jon Ronson, L’uomo che fissa le capre (The Men who stare at goats) racconta dello strano incontro tra un giornalista alla ricerca del suo grande scoop durante la guerra in Iraq e un ambiguo ex soldato che sta indagando sul proprio passato dopo avere avuto una “visione”. Un po’ X files, un po’ M.A.S.H., L’uomo che fissa le capre racconta di un’unità segreta militare guidata da un eccentrico guru portato sullo schermo da un Jeff Bridges alla sua più esilarante interpretazione dai tempi di Il Grande Leboski. Bill Django, questo il nome del suo personaggio, dopo avere avuto un’esperienza di quasi morte in Vietnam viene incaricato di costituire un’unità di soldati supersegreta chiamata – in codice – gli Jedi. Addestrati e allenati con tecniche ora grottesche, ora eccentriche, gli Jedi annoverano nelle loro file, soldati dall’innegabile talento psichico come il Lyn Cassidy interpretato da Clooney e personaggi più ambigui come il Larry Hopper portato sullo schermo da un sempre irresistibile nei ruoli da cattivo, Kevin Spacey. Nel corso della storia narrata come un lungo flashback, si dipana così una strana ed insolita trama in cui verità e bugia, suggestioni e situazioni inspiegabili si rincorrono in un crescendo esilarante e sorprendente. Una commedia destinata soprattutto ad un pubblico di giovani in grado di cogliere in pieno i continui riferimenti scherzosi alla cultura pop, ma anche a tanto cinema che in questo film viene riletto, digestito e citato in maniera sorniona e volutamente irriverente. A partire dall’evidente “in-joke”, ovvero dal fatto che Clooney racconta degli Jedi al personaggio interpretato da Ewan McGregor quando proprio l’attore scozzese è stato
nientedimeno che Obi Wan Kenobi nella seconda trilogia di Star Wars. Una citazione divertente che il pubblico a Venezia ha apprezzato con gusto e che rende questo film particolarmente gradevole nel suo rileggere con ironia la suggestione del lontanissimo rapporto tra magia e cultura militare. George Clooney, come sempre, risulta particolarmente bravo nel rendere un personaggio dalla vocazione farsesca in maniera intelligente e brillante, senza mai essere sopra le righe. Lo sfondo della guerra in Iraq dona un tocco di attualità ad una commedia sofisticata in cui il grande impegno di tutti gli attori rende questo film particolarmente riuscito e piacevole, pur mantenendo un tono leggero alla portata di tutti. Merito della riuscita visiva del film è ovviamente anche del talentuosissimo direttore della fotografia Robert Elswit che, alle sue spalle, annovera titoli di grande impatto visivo come The Burning Plain, Il Petroliere - There Will Be Blood, Magnolia, Michael Clayton, Syriana e lo straordinario bianco e nero di Good Night, and Good Luck diretto proprio da Clooney. Elswit, infatti, rende particolarmente caldi e seducenti i colori nelle scene ambientate nel deserto, ma anche all’interno della base militare dove nasce questo gruppo di soldati che seguiamo dalla metà degli anni Settanta fino ad oggi. Da notare, inoltre, che le capre citate nel titolo sono le divertenti e, forse, perfino divertite co-protagoniste della storia in quanto parte degli esperimenti paranormali e telecinetici degli Jedi per i quali, uccidere una capra, con lo sguardo significa quasi cedere al lato oscuro della loro personalissima quanto improbabile ‘forza’.
LA TRAMA DEL FILM L’uomo che fissa le capre (The Men Who Stare At Goats, Usa, 2009) Regia di Grant Heslov con Ewan McGregor, George Clooney, Jeff Bridges, Robert Patrick, Kevin Spacey 90’, Medusa, commedia Bob Wilton (McGregor) è un reporter la cui vita personale e matrimoniale è stata un fallimento e che cerca così riscatto attraverso il lavoro. L’occasione sembra capitare quando viene mandato in Iraq, dove incontra un uomo, Lyn Cassady (Clooney) che dice di appartenere a un corpo speciale e supersegreto dell’esercito dove si impiegano persone dotate di poteri paranormali. Uscita: 6 novembre
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Un’altra vita
di Marco Spagnoli
LA TRAMA DEL FILM Segreti di famiglia (Tetro, Usa, 2009) Regia di Francis Ford Coppola con Vincent Gallo, Maribel Verdú, Alden Ehrenreich, Klaus Maria Brandauer, Carmen Maura 127’, Bim, drammatico Il giovane Bennie arriva a Buenos Aires in cerca del suo fratello maggiore, scomparso da oltre dieci anni. La loro famiglia è originaria dell’Italia, da dove era migrata in Argentina. Il successo del padre Carlo, direttore d’orchestra, li ha però poi portati a New York. Quando Bennie ritrova il fratello, è molto diverso da quello che si aspettava.
Segreti di famiglia – Tetro Dopo Un’altra giovinezza (Youth without Youth) presentato due anni fa, al Festival di Roma, con Segreti di famiglia (Tetro) Coppola rilancia il ‘suo’ cinema indipendente, con una storia familiare, girata in b/n, dove sembra ritrovare la sua grande ispirazione per storie e personaggi, in un certo senso, estremi e, addirittura, inconfondibili per la loro originalità.
Uscita: 20 novembre l centro della trama ci sono due fratelli, incontratisi di nuovo in Argentina dopo anni di separazione. Benjamin, non ancora diciottenne, è scappato dalla scuola militare dove il padre lo aveva spedito e, trovandosi, forse, non del tutto per caso a Buenos Aires, va alla ricerca del fratello maggiore fuggito da New York alcuni anni prima. Angelo che, adesso, si fa chiamare Tetro ha eretto intorno a sé un muro di silenzio e di rispetto. Non vuole parlare del proprio passato, mentre Benjamin vuole sapere tutto del proprio genitore, uno dei più famosi direttori d’orchestra del mondo con cui nessuno dei due fratelli riesce più a comunicare. Tetro ha scritto ‘qualcosa’: appunti codificati nascosti in una valigia abbandonata su un armadio dell’appartamento della capitale argentina dove vive con la sua compagna, una psicologa che si è innamorata perdutamente di lui durante il loro incontro in un ospedale psichiatrico. Tetro ha raccontato solo a quei appunti il proprio passato contraddistinto, tra l’altro, dal terribile incidente d’auto dove anche un po’ per colpa sua, la madre, celebre cantante lirica, e’ morta. Sempre tra quelle pagine scarabocchiate e scritte da destra verso sinistra, Benjamin legge la storia del successivo matrimonio del padre con sua mamma: un’intraprendente fidanzatina di Tetro non ancora ventenne che dopo nove anni di vita con il musicista, era finita misteriosamente in un coma da cui non si e’ mai risvegliata, all’indomani del quale, il fratello
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maggiore aveva deciso improvvisamente di partire e di lasciarsi tutto alle spalle. La fuga dal padre, egocentrico e geniale artista interpretato da Klaus Maria Brandauer e la conquista di un’addolorata normalità diventa l’oggetto del viaggio di Benjamin attraverso le parole scritte dal fratello. Le sorprese sembrano infinite e il ragazzo scoprirà, alla fine, qualcosa in grado, al tempo stesso, di salvare la vita e di sconvolgere per sempre l’esistenza di Tetro. Francis Ford Coppola dirige un melodramma che, ancora una volta, sconfina sensibilmente nel territorio della tragedia greca. Una pellicola densa di emozioni forti e sanguigne, realizzata in un bianco e nero reso luminoso dalla tecnologia digitale. Il presente è raccontato così da Coppola, mentre il passato, veritiero o sognato, è contraddistinto da toni sgargianti. Tetro è un film dalla forte vocazione esistenziale che affronta temi complessi al limite del tabù. Rivalità familiari, desiderio e ricerca della propria identità sono all’origine di questo film dove ancora una volta il cinema di Coppola si misura con un viaggio rivelatore che passa obbligatoriamente per l’ introspezione. Imperniato da una grande sensualità e da un forte celebrazione dell’affetto paterno, il film è impreziosito dalla recitazione di un attore straordinario come Vincent Gallo che restituisce allo spettatore tutta la solitaria inquietudine del proprio personaggio, addolorato da un segreto che gli ha sconvolto l’esistenza.
Tetro segna il vero ritorno di Francis Ford Coppola ad un cinema d’autore personale e moderno in cui eros e thanatos, i grandi temi esistenziali della sua filmografia, tornano ad incontrarsi in un dramma famigliare intrigante e affascinante che sembra affondare le proprie radici in una matrice arcaica. Un film intenso nato sul punto di equilibrio di una forte e rarefatta eleganza stilistica, mediata attraverso la grazia e l’erotismo di un cinema figlio di una grande inquietudine artistica.
Conto alla rovescia per la fine del mondo
di Nicoletta Gemmi
LA TRAMA DEL FILM (Usa, 2009) Regia di Roland Emmerich con John Cusack, Thandie Newton, Amanda Peet, Woody Harrelson, Danny Glover Sony Pictures, catastrofico Nell'anno 2012, che segna nel calendario Maya la fine del mondo, una serie di cataclismi colpiscono la Terra costringendo un gruppo di eroici supersititi a una dura lotta per la sopravvivenza.
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Uscita:13 novembre
Secondo le profezie Maya nel 2012 una catastrofe naturale provocherà la fine del mondo. Il maestro dei film catastrofici Roland Emmerich ha riletto questo avvertimento rivisitandolo in chiave moderna. Che cosa accadrà al nostro pianeta in quell’anno? Stiamo davvero distruggendo la Terra?
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ecoli fa, i Maya, una popolazione che aveva sviluppato una notevole conoscenza dei fenomeni astrali, ci ha lasciato il loro calendario, con una inquietante particolarità. Un calendario con la parola fine, fissata nel 2012. Da allora la profezia è stata analizzata dagli astrologi, dai geologi e vari scienziati che sostengono che un cataclisma di proporzioni eccezionali è un evento da attendersi. Nel 2012 Non c’è dubbio che la profezia nata con i Maya ha incontrato molti illustri proseliti. Tra questi il regista Roland Emmerich (Indipendence day, L’alba del giorno dopo) che, nonostante avesse dichiarato l’intenzione di non voler più realizzare film catastrofici, si è appassionato così tanto a questa teoria da decidere di portarla sullo schermo, rielaborando una storia con componenti filosofiche, politiche e religiose che narrano di un nuovo Diluvio Universale. Per differenziare 2012 da altre pellicole catastrofiche, Emmerich alterna scene molto imponenti a storie molto intime. Questo per non rischiare di sopraffare lo spettatore solo con scene grandiose, schiacciandolo al pari degli attori/personaggi del film. Quindi i personaggi che vivono sulla propria pelle questi stravolgimenti, sono altrettanto importanti degli spaventosi fenomeni, poiché sono loro a farci vedere con i loro occhi il disastro. Il personaggio principale, interpretato da John Cusack, è uno scrittore la cui ossessione per il suo romanzo, lo ha portato a distruggere il suo matrimonio e la sua famiglia, che cercherà in tutti i modi di portare in salvo. Ma il film spazia anche nei piani alti dei governi della terra, dove poche persone sono a conoscenza di quanto sta per succedere, e stanno segretamente cercando di elaborare un piano di salvezza. Non essendo possibile salvare l’intera razza umana, dovranno selezionare alcune persone che dovrebbero avere la possibilità di ricominciare una società da zero. Il Presidente degli Stati Uniti Thomas Wilson, impersonato da Danny Glover, per prevenire un’isteria di massa decide di mantenere il segreto sul cataclisma in arrivo, mentre Adrian Halmsley (Chiwetel Ejiofor), assistente scientifico del Presidente, cerca di aiutare il maggior numero di persone possibile. In questa missione sono coinvolti anche il responsabile dello staff presidenziale, la figlia del Pre-
sidente e Charlie Frost (Woody Harrelson), l’unico uomo che non fa parte del governo - insieme al personaggio di Cusack – e con un’idea chiara di quello che sta per accadere. Frost è un conduttore radiofonico, una sorta di profeta dell’apocalisse che dal parco di Yellowstone, trasmette via etere le sue previsioni. La catastrofe non tarda ad arrivare, a partire dalla California per diffondersi a macchia d’olio nel mondo intero cvon un crescendo di esplosioni, terremoti, maremoti, uragani e tornado. Cataclismi su scala mondiale, a seguito dei quali crolla sia la Tour Eiffel che la cupola di San Pietro, e che sconquassano la terra dalla fossa delle Marianne fino alle cime del Tibet. Finché la Terra sarà tumulata in un sepolcro di acqua, come ai tempi di Noé. Tutto si fa oceano, il mondo è una distesa di acque scure, tumultuose.... Amen. La fine del mondo. Forse… Venuto a Roma per presentare questa sua monumentale impresa Roland Emmerich ci ha spiegato quali sono le implicazioni religiose e politiche legate al film: “All’inizio avevo l’idea di raccontare in chiave moderna la storia dell’Arca di Noé. Poi ho letto un libro, ‘Le impronte di Dio’, dove si narra che questi cataclismi tendono a ripetersi nel corso del tempo, ciclicamente. Nel libro si parla dello spostamento, dello scivolamento della crosta terrestre e ho approfondito questa teoria e mi sono reso conto che questa potrebbe essere l’unica spiegazione possibile per l’arrivo di un ulteriore Diluvio Universale. A questo punto era essenziale stabilire chi sarebbe oggi Noé? E inoltre chi è a sceglierlo e ad avvisarlo di quanto sta per avvenire? Una decisione molto difficile visto che nella Bibbia era stato Dio. Dopo molte discussioni fra di noi abbiamo pensato che il Dio di oggi potrebbe essere un insieme di capi di governo. Noé quindi sarebbe il governo ispirato dalla scienza. Ma la cosa che ci ha intrigato maggiormente è stata il chiederci che cosa faranno i governi, una volta che fossero a conoscenza della imminente fine del mondo. Lo rivelerebbero alla popolazione? Io credo di no. Il film è incentrato su questo”. 260 milioni di dollari di budget, effetti speciali sorprendenti, senza mai dimenticare che prima di tutto si sta raccontando una storia. ottobre t PRIMISSIMATRADE 23
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