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INTERVISTE Paolo Ferrari Riccardo Tozzi Paolo Del Brocco Osvaldo De Santis Domenico Procacci
FOCUS • La nuova stagione del cinema civile italiano
ANNO 8 APRILE 2012
Paolo Del Brocco
Riccardo Tozzi
Amministratore Delegato
Presidente dell'Anica
RaiCinema
e di Cattleya
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Osvaldo De Santis
Domenico Procacci
Presidente e A.D.
Presidente di Fandango
20th Century Fox Italia
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Paolo Ferrari
FOCUS
Presidente per la Fondazione
La nuova stagione del cinema
Cinema per Roma
civile italiano
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Reg. Trib. Roma n. 103 del 24/03/2005
direttore responsabile PI E RO C I N E L L I condirettore M AR C O S PAG N O L I Direttore editoriale PAOL O S I V O R I
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hanno collaborato a questo numero MA R CO SPAGNOLI NICOLETTA GEMMI
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editore MU LT IV IS IO N S. R. L. Via Fabio Massimo, 107 • 00192 - Roma tel. fax. +39 0645437670
A N N O 8 A P R I L E 2 012
interviste Paolo Del Brocco
di Piero Cinelli
Il cinema italiano al tempo della crisi
Paolo Del Brocco, Amministratore Delegato RaiCinema
Magnifica presenza
La crisi economica del paese ha influito sulla linea editoriale di RaiCinema? La linea editoriale di RaiCinema non è cambiata e non cambierà. Sia sul piano dei contenuti che su quello degli investimenti. Continuiamo a raccontare la società e la realtà in cui viviamo, con tante storie che attraversano tutti i generi possibili, quindi dalla grande commedia popolare, al film d’autore, al film drammatico, al film di genere. Con uno spettro di racconto il più ampio possibile. come si addice ad un’azienda di servizio pubblico. Come si articola il listino? E’ un listino importante, che rispecchia esattamente questa nostra vocazione e che d’altro canto testimonia la grande fiducia che il cinema italiano ci rivolge. Dalla commedia sofisticata di Magnifica presenza di Ozpetek all’impegno civile di Romanzo di una strage di Giordana, al cinema di genere di Acab di Sollima,
al cinema d’autore di Amelio con Il primo uomo o di Garrone con Big House, al cinema contemporaneo di Un giorno questo dolore ti sarà utile di Faenza, allo straordinario esperimento di Cesare deve morire dei fratelli Taviani, che in questo caso abbiamo solo prodotto e non distribuito, alla nuove commedie di Virzì (Tutti i santi giorni), di Massimiliano Bruno (Viva l’Italia) e di Fausto Brizzi (Pazze di me). Accanto a questi ci sono poi i grandi film americani, come ad esempio Hugo Cabret di Scorsese che è ancora nelle sale, Le Idi di marzo di Clooney, Biancaneve di Tarsem Singh che uscirà a Pasqua e Cosmopolis di Cronenberg che uscirà invece a Natale. Questa linea editoriale sembra funzionare anche sul piano degli incassi? Dal punto di vista del box office nel 2011 ci siamo piazzati al quarto posto con una quota di mercato che
sfiora il 12%, e un fatturato di 73 milioni di euro. Il più alto risultato nella storia di RaiCinema e 01 Distribution. Quindi non ci sarà nessun ridimensionamento a livello produttivo e distributivo? Gli investimenti nella produzione di cinema italiano per il 2012 sono stati confermati al livello del 2011 ed ho ragione di credere che anche per il futuro non ci saranno tagli. Certo ci sono delle criticità che non provengono dall’interno della nostra azienda, ma se si continua ad avere una evasione del canone così alta, si parla di circa 700 milioni di euro, è comprensibile che la Rai possa avere delle difficoltà a continuare a svolgere tutto quello che viene richiesto al servizio pubblico. Inoltre noi produciamo anche molti altri film, che non distribuiamo. In questo senso RaiCinema negli ultimi due anni ha allargato la quota produttiva rispetto al passato, per cercare di dare una mano ad un settore che stava incontrando delle difficoltà a causa del taglio dei finanziamenti pubblici. Tanto che negli ultimi due anni abbiamo quasi raddoppiato il numero dei film finanziati, sempre nell’ottica della diversificazione, dal grande film popolare al piccolo film di un giovanissimo autore, Questo discorso vale anche per l’acquisizione dei film stranieri? L’investimento per l’acquisizione di titoli stranieri è già diminuito da qualche anno a questa parte. Nel 2011 abbiamo speso un terzo di quanto spendevamo nel 2005-2006. Questo non perché non consideriamo strategici i titoli stranieri, ma perché il cinema italiano è diventato
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più forte ed inoltre come azienda pubblica abbiamo inteso di privilegiare gli investimenti sulla parte italiana rispetto a quella internazionale. Non c’è dubbio che i film americani servano ad un listino, ed infatti noi dopo Hugo Cabret abbiamo Biancaneve, Cosmopolis, il nuovo film di Malik, di cui ancora non è dato conoscere il titolo, poi abbiamo preso un colossal come Pompei, un autentico colossal, quindi non è che ci siamo fermati, ma se dobbiamo fare una scelta la nostra priorità resta quella di salvaguardare il cinema italiano. Come valuta l’inizio dell’anno della Vs società? Non posso che valutarlo positivamente. Hugo Cabret che è arrivato a 7,5 milioni, Acab, che ne ha incassati 3, che per un film di genere è una cifra estremamente positiva, anche Magnifica presenza è partito decisamente bene. La nostra missione non si esaurisce negli incassi, pur ovviamente tenendoli nella massima considerazione. Un cinema più sofisticato va fatto, ed è chiaro che facendo un cinema più sofisticato si può andare incontro a situazioni più complesse, ad esempio il film di Faenza, che è un bellissimo film non ha incassato sicuramente grosse cifre, ma noi cerchiamo di trovare il giusto equilibrio tra la qualità e il mercato.
Biancaneve
sono totalmente prive di strutture di questo tipo. Questo problema va ad incidere soprattutto sul segmento del cinema di qualità, in particolare quello italiano, e quindi ci crea molte preoccipazioni. Un’ultima domanda sui festival. Mentre Garrone sembra in avvicinamento a Cannes, pensa che il binomio Ferrari-Muller potrebbe spostare l’interesse dei distributori a favore di Roma, a discapito di Venezia? Non ho mai creduto alla competizio-
ne tra questi due Festival. Sono due realtà diverse con localizzazioni e funzioni completamente diverse. Non credo poi si possa fare una distinzione di merito. Marco Muller è un uomo di cinema di grande esperienza e con eccellenti contatti internazionali, ma anche ha lavorato molto bene. Ovviamente quando si mettono in gioco persone di provata esperienza e competenza non possono esserci che risultati positivi. Questo vale in linea generale, non solo per i festival.
Romanzo di una strage
Il fenomeno della crisi delle sale cittadine le crea qualche preoccupazione? E’ uno dei problemi maggiori che potrebbe accentuare quello del calo di spettatori legato alla crisi economica. Le statistiche ci dicono che oltre il 50% degli italiani non va mai, nemmeno una volta all’anno, al cinema. Questo pubblico si può conquistare sicuramente con il prodotto, ma anche con la disponibilità e la qualità delle sale. Quindi è fondamentale non solo che le sale cittadine, soprattutto quelle di provincia che sono le più colpite, non chiudano, ma che vengano aperte nuove sale nelle zone del sud che aprile • PRIMISSIMATRADE 5
interviste Osvaldo De Santis
di Piero Cinelli
E la nave va Dopo tre mesi consecutivi di consistente diminuzione di spettatori, sembra che anche il cinema, soprattutto nel nostro paese, debba porsi il problema della crisi economica. Ne parliamo con Osvaldo De Santis, Presidente e AD di 20th Century Fox Italy.
Osvaldo De Santis, Presidente e A. D. 20th Century Fox Italia
Era Glaciale 4
Si può parlare di un allineamento del cinema alla crisi generale dei consumi oppure si tratta solamente di un problema di offerta? Il mercato risente di una situazione economica globale che nel nostro paese è diventata recessione. Una situazione che ha provocato una contrazione evidente dei consumi. Sebbene il cinema continui ad essere uno degli spettacoli più economici, credo che in questo momento di crisi, anche per un condizionamento psicologico, le persone abbiano cominciato a fare caso ad ogni singolo euro di spesa. Mentre per le fasce più deboli della popolazione che si sono ingrossate notevolmente in questi ultimi anni c'è anche un problema concreto: il costo dello spettacolo 'cinema' non si esaurisce con il biglietto, ma si somma a quello degli spostamenti per raggiungere la sala,
del parcheggio, la eventuale pizza, i pop corn se ci sono i bambini... Quindi la presunta anticiciclicità del settore stavolta è saltata? In un momento in cui si assiste per la prima volta alla contrazione dei consumi alimentari è inevitabile che si stia più attenti anche alla spesa del cinema. Il calo colpisce soprattutto il cinema americano e un pò meno quello italiano. Il prodotto americano ha in questo momento un minore appeal a causa di una eccessiva ripetitività. Pertanto si deve confrontare con due problemi. Uno è quello della crisi economica, l'altro è il problema della crisi dei generi. A questi si aggiunge una crescente richiesta di cinema italiano, favorita anche da questo minore
appeal del prodotto americano. Cosa c'è che non funziona nei generi? Ci sono alcuni generi del cinema americano che in Italia non funzionano. Come la commedia che, a parte Woody Allen, sta praticamente scomparendo, perché il pubblico italiano tra una commedia italiana ed una americana sceglie quella italiana. Anche il genere action, che nella stragrande maggioranza dei mercati, e principalmente in quello 'domestico' continua a funzionare, da noi non attira più, da tempo. Ma non tutti i generi sono in crisi. C'è il prodotto per famiglie che continua ad andare benissimo. Non a caso è un genere che gli italiani non sanno fare, e quindi non c'è una concorrenza. Per quanto riguarda la nostra Società i risultati migliori li abbiamo ottenuti con Alvin, con Gulliver, con i titoli mirati al pubblico delle famiglie.
Eppure l'interesse nei confronti del cinema non è stato mai così forte. Grazie ad internet la gente adesso è informatissima. Internet, i blog ed i social network nella loro anarchia e vastità stanno facendo saltare i meccanismi classici di promozione del cinema. Fino a qualche tempo fa con una forte campagna pubblicitaria ci si assicurava una buona partenza per un film. Adesso una campagna massiccia sui mezzi tradizionali non sempre funziona. E assistiamo spesso a
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film ben pubblicizzati e che magari hanno affrontato spese pubblicitarie consistenti, che da subito non funzionano, e viceversa ad altri film, poco conosciuti e pubblicizzati che ottengono risultati eccellenti. E' una specie di passaparola preventivo e ingovernabile.
Prometheus
A proposito di passaparola è soddisfatto del risultato di Paradiso Amaro? Era il risultato che ci aspettavamo, abbiamo azzeccato in pieno le previsioni. E' un film molto bello, ma piuttosto sofisticato e con una certa distanza e freddezza nella vicenda interiore che lo rende meno fruibile ad un pubblico più vasto. Tra poco arriva Titanic 3D. Cosa vi aspettate da questa importante riedizione? Inoltre pensa che la vicenda della Costa Concordia possa influire emotivamente sul pubblico? No. La vicenda della Costa Concordia è una brutta storia di mare, legata alla cronaca giudiziaria, mentre la vicenda del Titanic, sebbene rifletta una storia vera, è una storia d'amore. Anzi è una delle più belle storie d'amore mai raccontate. Per questo motivo siamo sicuri che il film andrà molto bene. Certamente gli incassi non potranno essere misurati con quelli, eccezionali, del film originale (42 milioni di euro nel 1997), ma siamo comunque molto ottimisti.
ciatore di vampiri in 3D). Non è sicuramente un film di genere, perché c'è la mano di Tim Burton, che lo ha prodotto e anche diretto in buona parte, pertanto pieno di creatività sia nella storia che a livello visivo. Degli altri due titoli Prometheus di Ridley Scott ed Era Glaciale 4, credo sia inutile parlare. Cosa pensa della nomina di Paolo Ferrari alla Presidenza della Fondazione Cinema per Roma? E' la scelta migliore in assoluto che potevano fare. Non solo conosce
come si fanno i festival, ma sa anche cosa i festival devono dare al cinema. Il prossimo binomio Ferrari-Muller potrebbe spostare l'interesse dei distributori a favore di Roma, a discapito di Venezia? Molto spesso le scelte non sono dettate da preferenze particolari, ma semplicemente dalle date di approntamento di un film che può essere pronto per Venezia o per Roma. Comunque ritengo positivo vedere una certa competitività anche in questo settore.
Titanic 3D
A proposito di successi, la Vostra Società presenta uno skyline di fine estate a dir poco esplosivo, con tre 'tentpole' in sequenza: Lincoln, Prometheus ed Era Glaciale 4. Diciamo che abbiamo un settembre scoppiettante. Partiamo con un inizio stagione decisamente robusto. Li abbiamo messi in sequenza perché parliamo di tre film molto importanti ma completamente diversi. Si parte a fine agosto con l' horror, che un tempo rappresentava la classica offerta di fine estate, con Abraham Lincoln: Vampire Hunter (il titolo italiano sarà La leggenda del cacaprile • PRIMISSIMATRADE 7
interviste Paolo Ferrari
di Marco Spagnoli
Una squadra di numeri uno
Paolo Ferrari Presidente della Fondazione Cinema per Roma
“Mettiamoci alle spalle tutte le polemiche e pensiamo solo a fare un grande Festival.” Con lo spirito che per anni ha contraddistinto la sua attitudine nei confronti del lavoro, facendolo diventare il numero uno dell’industria cinematografica del nostro paese, il neo eletto Presidente della Fondazione Cinema per Roma Paolo Ferrari chiude ufficialmente la stagione dei contrasti per aprire quella del lavoro sul campo al fianco del nuovo Direttore Artistico del Festival, Marco Muller eletto dal consiglio di amministrazione al posto di Piera De Tassis. “Speriamo di riuscire a migliorare la situazione: il nostro impegno sarà sempre costante e moltiplicheremo gli sforzi.” Continua Ferrari “perché una città generosa come Roma si merita un grande Festival. Sono molto fiducioso e presto il progetto sarà illustrato nei suoi dettagli dal Direttore. Piera Detassis e Gianluigi Rondi hanno fatto un ottimo lavoro e noi dovremo impegnarci per riuscire a dare vita ad un evento tanto importante e bello.”
Qualcuno ha salutato la sua nomina a Presidente alla luce di un rinsaldato rapporto con del Festival di Roma con Hollywood e gli Studios: porterete di nuovo gli Americani a Roma? Non solo la cinematografia americana sarà presente al Festival, ma
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anche tutte le cinematografie e le nuove tendenze del cinema insieme a chi vuole fare degli esperimenti… siamo aperti a tutte le proposte possibili in termini di qualità. Intendiamo, inoltre, andare oltre la durata del Festival e fare qualcosa per la città anche nei giorni successivi.
Si parla di ‘attività permanenti’… Da questo punto di vista la Fondazione ha già fatto molto: è nostra intenzione creare un polo dell’entertainment e della cultura, perché da un lato c’è l’Auditorium, dall’altra parte c’è il Maxxi e sfruttando questi e altri spazi si può arrivare a creare
uno dei centri culturali più importanti del mondo. E’ una delle idee che attualmente abbiamo in cantiere insieme ad una serie di progetti che presenteremo appena possibile.
Paolo Ferrari Marco Muller
Le date del Festival sono inamovibili? Per il 2012 le date sono già fissate e non c’è alcun motivo di cambiarle. Per quello che riguarda il futuro la Fondazione Musica per Roma è molto aperta a discutere la situazione. Cercheremo di capire insieme a loro quello che si potrà fare e non c’è dubbio che tutti i soggetti coinvolti opereranno per il bene del Festival. Dalla sua esperienza come Presidente di Columbia e Warner Bros, nonché dell’Anica, ritiene che i Festival abbiano davvero un’utilità per il mercato? Spesso tale assunto viene messo in dubbio da molti distributori e produttori internazionali… Un Festival può fare molto per i film che presenta. Alla base di tutto, però, ci deve essere la credibilità di chi lo fa e deve avere un progetto serio e a lunga scadenza. Spesso a determinare il successo di un singolo titolo è anche l’intero line up di film insieme ai quali viene presentato. Gli Studios e i produttori si lasciano convincere, però, soprattutto dalla progettualità che viene loro presentata dalla Direzione Artistica che, in più, deve avere la fortuna di potere trovare in giro dei buoni prodotti da presentare.
Festival di roma
Il Festival di Roma ha già questa credibilità? Certamente: il nostro compito è quello di fare ancora di più e di portarlo al livello dei principali Festival del mondo. Tutto, però, si basa sul progetto che andiamo a costruire per i quattro anni del nostro mandato e non per quello che può accadere in una singola edizione. È vero che state lavorando ad un ‘piano quinquennale’? In un certo senso sì, con l’unica differenza che gli anni del nostro mandato sono solo quattro… aprile • PRIMISSIMATRADE 9
interviste Riccardo Tozzi
di Marco Spagnoli
Non è tempo di polemiche
Riccardo Tozzi, Presidente dell’ANICA e di Cattleya
Acab
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“Non ci sono dubbi che Marco Muller fosse un professionista di grande valore, assolutamente degno di prendere le redini di un Festival che speriamo possa diventare sempre più importante come quello di Roma.” Il presidente dell’ANICA e di Cattleya Riccardo Tozzi è sensibilmente soddisfatto della nomina di Muller a Direttore del Festival di Roma. Anche Tozzi chiude ogni spazio ad ogni ulteriore polemica, insistendo sul fatto che la scelta del consiglio di amministrazione ha impedito il rischio concreto che il Festival stesso entrasse in crisi a causa della sua ingovernabilità. “Si è scatenata una singolare ‘guerra civile’ su tale questione che, invece, rientrava in canoni abbastanza ‘classici’.” Osserva Tozzi “Alla scadenza di un mandato si decide se rinnovare o meno il rapporto con la persona in questione. Così, Muller era scaduto a Venezia e Piera De Tassis era scaduta a Roma. L’importante è che questi ruoli siano stati occupati da persone dello stesso valore dei loro predecessori. Adesso, tutto deve rientrare nei parametri di assoluta normalità.” Sulla carta il progetto di Muller, per quello che se ne sa al momento, vi convince? Si può e si deve ragionare sulle date migliori: la ricerca di date giuste è un problema che ha toccato il Festival di Roma sin dal suo inizio: cambiare queste date non va considerato come la ‘rottura delle tavole della legge’. Non ci sarebbe nel caso alcun “sacrilegio”. Bisogna, però, che questa decisione venga
concordata con l’Auditorium Parco della Musica e coordinata con gli altri due grandi Festival italiani. Noi vogliamo un sistema di Festival che funzioni nell’insieme. In questo senso all’Anica stiamo costituendo un punto di raccordo e di discussione sull’ottimizzazione dei Festival italiani. Vogliamo lavorare in questa direzione di coordinamento. Per il resto è evidente che Roma è rimasta da sempre ‘orfana’ di Massenzio: che il Festival possa dare nuova linfa a questa tradizione è un qualcosa che farebbe felice qualsiasi cinefilo. Così come la possibilità, in coordinamento con la Casa del Cinema, di creare a Roma una Cinemateque che qui manca. Riuscire a creare un’intesa tra la Festa di Roma, la Casa del Cinema e una sorta di “Cineteca diffusa” utilizzando strutture non in uso può essere molto interessante. Il Festival deve farsi portatore nella città della capacità di costituire momenti importanti attraverso una serie di attività permanenti. Parliamo del mercato: qual è la sua analisi del primo trimestre 2012? L’Italia continua ad essere un paese
che non ha un numero adeguato di schermi e dove, per quello che riguarda il cinema italiano, la stagione dura sette mesi e non dodici. Nei centri urbani manca la qualità delle sale e non dal punto di vista tecnico, ma del confort. Aumenta il numero di film italiani che aspirano ad una posizione larga e di vocazione commerciale. Con la crisi è diminuito il numero di spettatori. Tutti questi fattori portano ad una situazione dove i film italiani escono uno sopra l’altro, si ‘cannibalizzano’ e fanno meno di quello che potrebbero fare. I film medi arrivano appena alla visibilità, mentre quelli piccoli svaniscono rapidamente senza che nessuno si sia accorto della loro apparizione. Una situazione che, alla fine, pesa sulle scelte di produzione. Al tempo stesso questa stagionalità impedisce la distribuzione di titoli italiani in estate… E’ vero, ma lo dico ai produttori, a partire da me stesso, dobbiamo vincere questa situazione con dei film commerciali in estate. E’ un discorso da riprendere quanto prima dopo gli esperimenti di Medusa che, però, nessuno ha seguito.
Con l’evidente crisi del prodotto americano, il cinema italiano, però, sembrerebbe non riuscire a reggere la pressione di un intero mercato… Dobbiamo fare un’analisi corretta della situazione in cui ci troviamo: quando vediamo film come Midnight in Paris e Quasi Amici ottenere certi risultati sembra che il pubblico ci stia mandando un messaggio. C’è, infatti, bisogno di un cinema popolare, ma anche di qualità. La produzione italiana, in questo momento, è polarizzata tra una produzione commerciale francamente ‘troppo semplice’ e un cinema d’autore francamente troppo complicato. Abbiamo perso quella via di mezzo che è stata la chiave del rilancio del cinema italiano caratterizzando titoli come Matrimoni, L’Ultimo Bacio, Pane e Tulipani, Le Fate Ignoranti e Radiofreccia. Produzioni che a cavallo del millennio erano titoli inattesi, perché sebbene di qualità erano destinati ad un pubblico vasto. Una strada importante che, per colpa della radicalizzazione degli autori, si è un po’ persa nel corso degli anni. La commedia è diventata troppo facile rispetto a quello che accade in Francia. Oggi noi siamo un passo indietro rispetto a loro. Rispetto ad alcuni film siamo andati un po’ troppo per le spicce e questa situazione va recuperata quanto prima. Dobbiamo cercare una maggiore qualità. Se si polarizza l’offerta tra cinema facile e difficile noi rischiamo di perdere il pubblico che poi premia, invece, eventi come il film di Woody Allen. In questo senso l’esperimento di ACAB legato al cinema di genere può ritenersi un successo… Abbiamo avuto la sfortuna di uscire durante il week end della neve in tutta Italia e abbiamo perso la possibilità di raggiungere i quattro milioni di incasso che costituiscono, certamente, la dimensione del valore di quella pellicola. Un’opera prima di grande qualità che si è giovata di un lavoro fatto molto bene. Considera un segnale importante l’uscita di due film di ispirazione civile come Romanzo di una stra-
ge e Diaz prodotti dalle due major della produzione italiana Cattleya e Fandango? Non c’è dubbio che si tratti di due film opera di due case di produzione coraggiose. Sono pellicole al di fuori di questi tempi che andranno valutate con grande attenzione per i loro risultati economici e culturali, per l’impatto che avranno sul pubblico italiano e l’eventuale praticabilità di questo cinema anche in futuro. In comune i due film hanno un utilizzo “del genere” per raccontare storie importanti e impegnate da parte di due autori. E’ una scelta giusta per coinvolgere emotivamente il pubblico che speriamo “paghi”. Gli spettatori cercano emozioni che questo tipo di cinema può restituire. Noi dobbiamo fare film complessi, che utilizzano un linguaggio tale in grado di farli arrivare al pubblico giusto. Negli ultimi tempi questo non è accaduto sempre, ma noi dobbiamo recuperare la dimensione che gli Americani chiamano ‘crossover arthouse’. Una sorta di ‘grande centro cinematografico’ in cui il cinema degli autori è comunque orientato verso il pubblico. Un fenomeno importante che è osteggiato e detestato dalla critica italiana. Il cinema di qualità popolare risulta scomodo, perché dà noia andando oltre gli schematismi del commerciale che incassa e della qualità che non fa una lira. Il timore è che nel 2012 il pubblico per i film italiani non aumenterà, ma si arresterà, pur non andando in flessione. Resteremo sulla quarantina di milioni di biglietti venduti. O ricominciamo a progettare le nostre produzioni in termini di originalità e di qualità oppure rischiamo un’involuzione di mercato. E’ possibile diversificare l’offerta? Sì, a patto, però, di risolvere quei problemi di circuito e di stagionalità cui accennavamo prima. In più vanno ripensati i metodi di sfruttamento. Non tutti i film vanno pensati per la sala. Il sistema deve diventare flessibile e sfruttare di più il video on demand. Ogni film deve avere la sua catena di diritti e di sfruttamento. Le window vanno mantenute per alcuni titoli e non per altri per i quali si rive-
lano disastrosi. Dobbiamo, ad esempio, essere liberi di pensare ad anteprime video on demand per Sky. Va costruito un sistema alternativo di sfruttamento per certi film. Non si può distribuire un film come accadeva vent’anni fa. Bisogna ripensare tutto e cercare lo sfruttamento migliore per ogni titolo. Qual è il line up di Cattleya? Stiamo girando La bella addormentata di Marco Bellocchio. A giugno gireremo il film di Alessandro Siani seguito dai nuovi lavori di Daniele Luchetti e di Luca Miniero. Quest’ultimo è una commedia sullo stile di Terapia e Pallottole. A seguire arriverà la pellicola di Francesco Amato che avrà come protagonista una coppia comica molto importante. Attualmente stiamo terminando il montaggio di Educazione Siberiana di Gabriele Salvatores distribuito da 01.
Romanzo di una strage
Diaz
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interviste Domenico Procacci
di Marco Spagnoli
Il cinema di impegno civile
Domenico Procacci, Presidente Fandango
“Diaz non è il primo film legato al cinema civile prodotto da Fandango: Le mani forti di Franco Bernini e Segreti di Stato di Paolo Benvenuti hanno già provato ad esplorare in maniera diversa stragi come quelle di Piazza della Loggia e di Portella della Ginestra. In parte anche un film scanzonato come Ora o mai più di Lucio Pellegrini rifletteva su quanto accaduto al G8 di Genova nella caserma Bolzaneto. Penso che si potrebbe e si dovrebbe fare più ‘cinema civile’. E’ una linea di produzione che mi interessa molto.”
Diaz
Domenico Procacci, presidente e fondatore di Fandango insiste sul fatto che Diaz è un po’ il coronamento di un percorso produttivo ed editoriale molto complesso: un film diretto da Daniele Vicari che dieci anni dopo i tragici fatti di Genova prova a raccontare la verità su quanto accaduto nella scuola Diaz di Genova in seguito ad un lavoro meticoloso di documentazione. E’ un po’ la summa di un lavoro portato avanti attraverso altri film e documentari. Forse non un punto d’arrivo, ma certo un momento molto importante del lavoro che Fandango porta avanti con libri, film e documentari rispetto ai fatti di Genova.” Spiega
Procacci “Una storia troppo importante per essere dimenticata come tanti altri misteri italiani raccontata attraverso un film “anomalo” anche per come è stato prodotto.” Non crede che proprio grazie a questo lavoro peculiare e ‘anomalo’ che Fandango è diventata se non un marchio di qualità, certamente, un punto di riferimento per una generazione di persone che non si riconosce nel cinema mainstream legato alle commedie? Non sono sicuro che il pubblico o parte di esso abbia questa percezione del prodotto Fandango. Purtroppo non sono anche del tutto certo che per un tipo di storie esista un numero di spettatori tale da giustificare il loro racconto. Certi film più difficili come Gomorra e Diaz sembrano trovare noi come interlocutore naturale, perché qui, rispetto a certi progetti, prevale sempre un certo interesse di carattere sociale rispetto all’esigenza, peraltro fondamentale, di potere, invece, fare sempre quadrare i conti a priori. E’ vero, però, che alcuni progetti come Diaz non sarebbero mai stati realizzati da suoi colleghi. Anche Qualunquemente ha avuto Fandango come unico interlocutore…
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E’ vero, ma in quest’altro caso era talmente divertente potere raccontare la politica attraverso quel tipo di sguardo e la genialità di Albanese: era un’occasione da non perdere. Quella rappresentazione della “malapolitica” mi attirava molto. Non so se altri non l’avrebbero fatto: è vero, qualcuno l’ha rifiutato, ma, forse, alla fine avrebbe comunque trovato uno sbocco. Diaz, invece, probabilmente non l’avrebbe mai prodotto qualcun altro, ma perché le motivazioni che ti spingono a produrre un film del genere si devono necessariamente confrontare con un rischio molto alto. Non sono operazioni che fai a cuor leggero. Eppure le devi fare, perché non si può lasciare il cinema italiano ad un modello unico di cinema e con un’offerta fondata esclusivamente sulla commedia. Nel nostro campo la domanda viene formata anche dal tipo di offerta. Noi vogliamo continuare a mantenere alta e salda un’attenzione per i contenuti sociali. Fandango distribuisce direttamente Diaz… Non c’è un obbligo a comprare e distribuire dei film da parte di nessuno. Non mi ha costretto nessuno a produrre questo film e io non posso costringere nessuno a farlo. Del resto in ogni paese ci sono storie che
non fa piacere vengano raccontate. Noi l’abbiamo fatto e questo è l’importante, perché speriamo possano essere raggiunti dei risultati concreti come, ad esempio, l’apertura di una discussione sul fatto che i poliziotti possano essere identificati attraverso un codice alfanumerico o che in Italia venga introdotto il reato di tortura assente nel nostro ordinamento. Se Diaz permettere di raggiungere questo risultato, sarei l’uomo più felice del mondo. Il cinema può dare un contributo importante alla vita sociale del paese soprattutto quando racconta i fatti realmente accaduti che non sono mai stati contestati da nessuno. Non ci sono dubbi rispetto a quanto si vede nel film. Diaz arriva nelle sale immediatamente dopo Romanzo di una strage: l’inizio di un cambiamento o solo ‘coincidenze’? Le uscite dei film sono dettate sempre da una forte casualità. Il tempo di gestazione e di realizzazione porta a delle insolite coincidenze che, poi, agli occhi del pubblico prendono altri contorni. Anche nel caso di Acab un film molto diverso da Diaz che, però, ha qualche innegabile punto in comune. Si tratta, in ogni caso, di segnali positivi. Il primo risultato importante, però, è che film come Diaz oggi esistono e possono arrivare nelle sale dopo avere vinto un premio ad un Festival importante come quello di Berlino. Cattleya e Fandango, oggi, possono affrontare progetti più difficili. A cosa sta pensando? Abbiamo progetti belli e molto difficili che stiamo provando a realizzare: Un uomo tratto dal romanzo di Oriana Fallaci, Q del gruppo Luther Blisset, poi, Wu Ming. Film che hanno bisogno di molto lavoro e che vanno pensati per un mercato ampio, necessitando di un’impostazione diversa. Sarei felice di potere produrre il prossimo film di Gabriele Muccino se pensasse di tornare qua in Italia. Ligabue? E’ una delle persone con le quali mi
Romanzo di una strage
diverto di più a lavorare. Non è un talento inespresso, ma che continua ad esprimersi in modalità diverse e con grandi risultati. Dipende da lui: da quando avrà voglia di raccontare una storia adatta ad un film. Certo mi piacerebbe molto. Sono molto contento dei registi con cui ho lavorato in questi anni. Parliamo di televisione? Produciamo il programma di Serena Dandini e continueremo a farlo. Per il resto è molto difficile entrare nel mercato della produzione televisiva che è molto chiuso. Le proposte fatte non hanno suscitato grande interesse a parte la vita di Oriana Fallaci su cui stiamo ancora lavorando. Un progetto molto bello che richiede un budget adeguato per essere raccontato. Lo stesso dicasi per la serie di Gomorra che è attualmente in via di sviluppo. In un mondo ideale sarebbe bellissimo vedere una miniserie legata ai fatti di Genova che parte dall’addestramento dei reparti prima del G8, prosegue con la morte di Carlo Giuliani, continua con gli eventi della Diaz e di Bolzaneto, e segue i processi. Raccontare questi dieci anni in forma di serie tv sarebbe davvero molto interessante.
con La versione di Barney. Ovviamente dipende dal tipo di impegno e dal progetto. Quali sono i progetti che stanno per partire? Stiamo lavorando a Tutto tutto niente niente le cui riprese inizieranno a fine maggio e che dovrebbe uscire distribuito da 01 il 4 gennaio 2013. Tra gli altri progetti Rolando Ravello porta al cinema la sua piéce teatrale Agostino e Sergio Rubini inizierà presto le riprese del suo nuovo film. Titoli differenti da Diaz: nel frattempo stiamo lavorando anche su progetti di forte rilievo sociale.
ACAB
Quale posizione ha Fandango per le coproduzioni internazionali? Siamo aperti a valutare ogni proposta come abbiamo fatto in passato aprile • PRIMISSIMATRADE 13
focus di Marco Spagnoli
Giordana, Vicari, Amelio e la nuova stagione del cinema civile italiano Dopo un lungo periodo caratterizzato dall’egemonia della commedia, tra la fine di marzo e la metà di aprile, il cinema italiano vede arrivare nelle sale tre film uniti dalla volontà di affrontare caparbiamente e ‘senza sconti’ importanti temi civili, intimamente legati alla società in cui viviamo. Storie vere provenienti da un passato più o meno recente, in cui il cinema italiano racconta la realtà in maniera importante e lungimirante. Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana (01 distribution), Diaz di Daniele Vicari (Fandango) e Il Primo Uomo di Gianni Amelio (01 distribution) costituiscono una reazione interessante del nostro cinema rispetto ad una stagione, forse, troppo lunga dominata principalmente da commedie commerciali e, più in generale, da quella volontà di fuga dai problemi reali che in America viene definito come ‘escapism’. Vicissitudini produttive complesse e circostanze casuali portano, così, tre film importantissimi ad uscire a breve distanza di tempo tra loro nei cinema in una primavera del 2012 in cui autori molto diversi tra loro offrono il loro punto di vista su fatti che hanno segnato la storia recente, come la strage di Piazza Fontana del 1969, le violenze contro pacifisti e studenti inermi durante il G8 di Genova nel 2001, i prodromi dello scoppio della guerra in Algeria e l’inizio degli atti di terrorismo contro i civili nella visione del grande scrittore Albert
Romanzo di una strage
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Camus da cui è tratto il lavoro di Gianni Amelio. Un momento molto interessante anche per l’industria che, dopo il successo in anni recenti di film come Gomorra e Il Divo potrà verificare le reazioni del pubblico e dei media rispetto a queste produzioni che riflettono su ferite più o meno tecenti e mai rimarginate inflitte nel tessuto civile della nostra società. Romanzo di una strage diretto da Marco Tullio Giordana che lo ha scritto insieme a Sandro Petraglia e Stefano Rulli è interpretato da Valerio Mastandrea, Pierfrancesco Favino, Michela Cescon, Laura Chiatti, Fabrizio Gifuni, Luigi Lo Cascio, Giorgio Colangeli. Giordana, torna al passato e alle atmosfere e all’era di Pasolini – Un delitto italiano e La Meglio Gioventù per partire da quanto accadde a Milano il 12 Dicembre 1969 quando, alle ore 16.37, a piazza Fontana un’esplosione ha devastato la Banca Nazionale dell’Agricoltura, ancora piena di clienti. Morirono diciassette persone e altre ottantotto rimasero gravemente ferite. Nello stesso momento, esplosero a Roma altre tre bombe, e un altro ordigno venne trovato inesploso a Milano. Un piano eversivo che portò la Questura di Milano a indirizzare le indagini verso la cosiddetta “pista anarchica”. Il film di Giordana esplora non solo la psicologia dei vari protagonisti di quel momento storico, ma riflette anche sul rapporto tra il commissario Luigi
Calabresi e l’anarchico Giuseppe Pinelli interpretati rispettivamente da Mastandrea e Favino. Altro film corale è, invece, Diaz vincitore del Premio del Pubblico all’ultimo Festival di Berlino e film d’apertura del Bifest diretto da Felice Laudadio, prodotto da Domenico Procacci e dalla sua Fandango che è anche la società che lo distribuirà nelle sale dopo una campagna promozionale che, in maniera molto interessante e intelligente, è partita da Internet per il suo lancio promozionale. La regia è stata affidata a Daniele Vicari autore di film come Velocità Massima e Il passato è una terra straniera che così spiega la scelta di partire da Internet per la promozione del film. “Fin dall’inizio noi siamo stati vicini ai fatti realmente accaduti e alle persone che li hanno vissuti in prima persona. Per questo, per noi, è molto importante partire da tali testimonianze e da questi documenti e metterli a disposizione del pubblico che su Internet arriverà al sito del film collegato a tutti coloro che, in questi anni, hanno accumulato documenti e immagini sul G8 di Genova. Per noi la rete ha quella garanzia di verità e di pluralismo che sono essenziali nel lancio di questo film.” Interpretato, tra gli altri, da Claudio Santamaria, Alessandro Roja, Rolando Ravello, Mattia Sbargia, Renato Scarpa, il film è una coproduzione italo – franco – rumena realizzata con il sostegno del Ministero dei Beni Culturali e
del Fondo BLS. “Ci piacerebbe che tutte le persone presenti a Genova in quel periodo ci inviassero le loro testimonianze per ricostruire interamente la storia di quanto accaduto seguendo punti di vista differenti.” Dice Vicari “E’ una sforzo che chiediamo a tutti perché solo entrando nelle cose e provando a capirle si possono anche modificare, provando a non commettere più certi errori.” Il legame tra Fandango e il mondo dei Social Network si intensificherà nelle prossime settimane, facendo del sito ufficiale una vera e propria piattaforma sulla quale ospitare i materiali provenienti da tutto il mondo, nonché favorendo l’interazione tra gli utenti e gli spettatori. “E’ un’iniziativa in cui crediamo molto.” Aggiunge Vicari “E’ una quantità enorme di materiali che potrebbe dare vita ad una sorta di film collettivo. Un lavoro multimediale innovativo e importantissimo sul piano internazionale.” Diaz, infatti, anche nell’edizione italiana manterrà la sua natura multi linguistica e sarà distribuito con i sottotitoli anche sul mercato italiano. Il primo uomo di Gianni Amelio è il film di chiusura del Bifest ed è una coproduzione italo – francese che ha avuto la benedizione della figlia dello scrittore morto nei 1960 durante l’infuriare del conflitto tra francesi e algerini. Tratto dal romanzo postumo di Albert Camus, il film ha avuto una lunga gestazione e ha coinvolto profondamente Amelio che lo ha realizzato non senza le inevitabili difficoltà proprio in Algeria. “Penso che Il primo uomo sia un libro politico nel senso più ampio del termine, cioè urgente e profondo, un libro “necessario” nel momento in cui è stato scritto, e non solo.” Spiega il regista “Il primo uomo è l’intervento potente di un grande scrittore sulla tragedia del proprio Paese e del proprio tempo, la confessione che sgombra il campo da ogni sospetto di reticenza e di ambiguità rispetto alla guerra di liberazione algerina, di cui Camus ha faticato a liberarsi.” Interpretato da Jacques Gamblin, Maya Sansa, Catherine Sola, De-
Diaz
nis Podalydés. Ulla Baugè, Nicolas Giraud il film è prodotto da Bruno Pesery e Philippe Carcassone insieme alla Cattleya di Riccardo Tozzi, Marco Chimenz e Giovanni Stabilini. “Il titolo Il primo uomo allude ad un ‘primo essere’ che in qualche modo è libero e padrone di se stesso.” Continua Gianni Amelio “. Un essere umano libero di contrastare quello che la storia ti dà come dono e come, talora, come condanna. Spesso, infatti, gli eventi ti obbligano a vivere qualcosa di cui non sei responsabile. Una delle idee che tormentano sempre Camus per tutto il libro è l’idea di dovere parlare di persone che hanno una storia piccola peduta all’interno di una Storia più grande: vittime che non conoscono i loro carnefici, ovvero quelli che hanno manovrato le loro esistenze. La grande forza del libro, il senso di commozione che esso trasmette, è quello di non vedere mai in faccia i colpevoli. Difficilmente c’è qualcuno del tutto innocente. Nel mio film mi sono spinto fino a fare pronunciare la frase: “Solo i morti sono innocenti, perché non vi è innocenza da una parte né dall’altra.” Al regista di film come Lamerica, Il ladro di Bambini e La stella che non c’è in grado di anticipare molto spesso temi che hanno profondamente toccato la nostra società negli anni successivi, non sfugge la rilevanza oggi dei temi affrontati ne Il Primo Uomo.
“Noi sappiamo quanto è attuale il momento in cui il protagonista è seduto in un bar e osserva una bella ragazza che balla. Preso da questa immagine di bellezza e seduzione, straordinariamente e dolce, avvolta da una musica soave, l’uomo viene travolto dagli eventi. Il momento “fuori dal mondo” è lacerato dall’esplosione di un autobus che scoppia uccidendo della gente. L’impossibilità della vita nel quotidiano per colpa della violenza.” Conclude Amelio “Il protagonista non accetta mai l’assunto secondo cui la violenza è necessaria, anche quando a dirlo è il suo vecchio maestro. Lui rifiuta tutto questo.”
Il primo uomo
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