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A TRENTO IL CALCIO È INSIEME

Ho conosciuto Michele Comai, venticinque anni, di Trento e i suoi compagni di squadra attraverso le parole di papà Franco, cofondatore e presidente dell’associazione Calcio Insieme. Mi piacerebbe presentarveli con i loro ruoli in squadra: centrocampista, terzino sinistro, portiere. O attraverso le professioni che hanno scelto di intraprendere: magazziniere, cuoco, operatore dei servizi. Vorrei raccontarvi che ogni anno, da ottobre a maggio, si allenano nella palestra del liceo Da Vinci e che, in caso di derby, nel loro spogliatoio partono canti e sfottò a seconda delle rispettive preferenze sulla serie A. Al fatto che sono giovani, o meglio sportivi dai sedici ai cinquant’anni, con disabilità cognitive vorrei accennare solo di striscio. Perché troppo spesso la dimensione della diversità finisce per sovrapporsi, se non addirittura sormontare, tutto il resto. Quando invece, forse, pochi amori sono universali e trasversali come quello dei bambini di ogni luogo, epoca e cultura per il gioco del pallone. E infatti, tredici anni fa, Michele e altri ragazzi dell’Associazione Italiana Persone Down formularono ai genitori proprio la richiesta di iscriversi a calcio. La notizia giunse all’allora allenatore del Mezzocorona, che si offrì di aiutarli, e allo storico giocatore del Trento Walter “Sandokan” Dal

Dosso, tra i primi supporter dell’iniziativa. «All’inizio – spiega Franco Comai – giocavamo con i palloni di gommapiuma per paura che i ragazzi si facessero male. Poi, a piccoli passi, siamo andati sempre avanti e in seguito all’approvazione della nuova legge provinciale sullo sport del 2017, più attenta al tema della disabilità, ci siamo costituiti come associazione sportiva dilettantistica Calcio Insieme». Ma già una seconda sfida era alle porte: trovare gli avversari! Spesso, infatti, le squadre per persone con disabilità cognitive vengono costituite all’interno di cooperative o progettualità educative dove gli operatori lavorano nei giorni feriali. Come gestire quindi una partita il sabato o la domenica? Grazie all’incontro con il circuito Special Olympics Italia, che organizza, nelle diverse regioni, tornei e amichevoli per ragazzi con disabilità nelle più disparate discipline: dalle bocce al calcio, appunto. E proprio tramite questo circuito, i tredici calciatori guidati dai Mister Ivano Osele e Antonio Schifano hanno preso parte quest’anno al campionato nazionale Special Football Nordest. In questo contesto, ogni squadra che lo desidera e sente di avere la struttura per farlo, può organizzare un torneo nella sua città. E Calcio Insieme lo ha fatto, portando a Trento, nel penultimo weekend di maggio, la squadra di Treviso e due squadre altoatesine entrate da poco nel circuito: il Bolzano e il Vipiteno. «La mia soddisfazione più grande – confessa Comai – è vedere la squadra crescere. Se quando abbiamo cominciato mi avessero detto che avremmo addirittura organizzato un torneo, avrei pensato: è fantascienza». E invece da qualche mese la squadra si è arricchita con una partnership con l’AC Trento 1921, squa-

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L’AZZURRO LORENZO IANNETTI:

È in acqua praticamente da quando è nato, Lorenzo Iannetti. Classe 2003, di Belluno, è un ragazzo con sindrome di Down, sveglio, brillante e sicuro di sé. Per raccontare la sua vicenda, non si può non partire dai flash più recenti: quelli dello scorso novembre ai mondiali DSISO in Portogallo, ad Albufeira. «Ho gareggiato nei 200, 400, 800 e 1500 metri. E anche in una staffetta da 200. Alla prima partecipazione, due quarti posti, negli 800 e nei 1500», ricorda. Un’avventura, dunque, positiva ed emozionante. «Partecipare a questi eventi mi rende felice». Riavvolgiamo però il nastro e ascoltiamo da Lorenzo come nasce questa sua pas- sione: «Nuoto da quando avevo un anno. Ho cominciato con la Sportivamente Belluno, con la quale mi alleno ancora, all’inizio con Maria Elena Canova, poi con altre allenatrici, e adesso con Daniela Piermarini. Pian piano mi sono avvicinato alla Sport Life Onlus di Montebelluna, società che promuove lo sport per ragazzi con disabilità cognitive, che mi ha permesso di fare le gare, inserendomi in un circuito. Questo da cinque anni». I risultati non hanno tardato ad arrivare. «Nelle competizioni regionali, interregionali e nazionali», spiega mamma Chiara, «è riuscito più volte ad arrivare a podio, ottenendo diverse vittorie. Così è stato notato dagli allenatori della nazionale, che dall’anno scorso l’hanno inserito in squadra. Con la rappresentativa tricolore si allena due o tre volte l’anno». All’ultima rassegna iridata i frutti del lavoro si sono visti: e i margini di crescita ci sono eccome. E mamma Chiara e papà Andrea come seguono Lorenzo in questo suo percorso? «Noi diciamo, sorridendo, che Lorenzo è lento in genere, ma sempre molto veloce in acqua», risponde la mamma. «Ed è piuttosto autonomo. Per gli allenamenti a Belluno, cinque giorni su sette, si organizza, prende la bicicletta, va e torna da solo. Noi lo accompagniamo a Montebelluna una volta alla settimana, e spesso duran- dra che milita in serie C. Il progetto “Diversamente uguali” ha preso il via il 19 marzo scorso con una magica domenica del pallone. La mattina, i Calcio Insieme hanno sfidato la squadra omologa Bottagisio Sport Center al Chievo e poi il pomeriggio sono stati invitati in tribuna d’onore allo stadio Gavagnin-Nocini per supportare i gialloblu nella partita di campionato contro la Virtus Verona. «Di quel giorno – commenta il presidente dell’AC Trento 1921 Mauro Giacca – porterò sempre con me il ricordo dell’espressività e della spontaneità degli atleti del Calcio Insieme. Vederli esultare entusiasti e disperarsi con estrema serietà a seconda di quanto stava avvenendo in campo è stato davvero emozionante». La collaborazione prevede inoltre un supporto tecnico e pratico da parte dell’AC Trento 1921 a Calcio Insieme e, conclude Giacca «è solo l’inizio di un percorso sportivo e sociale duraturo ed efficace».

Per saperne di più o entrare in squadra: calcioinsieme2011@gmail.com te le gare. Siamo contenti: per lui è un’occasione di realizzazione, per sentirsi bene e in salute». Ma oltre all’aspetto agonistico c’è anche una forte dimensione umana e sociale. «Il nuoto mi dà la spinta per fare tante altre cose», evidenzia Lorenzo; «andare a mangiare qualcosa con i compagni, per una pizza o un compleanno, o semplicemente sentirsi sui gruppi Whatsapp. Un’occasione per stare insieme agli altri».

ROBERTO MADINELLI:

Roberto Madinelli, 32 anni, vive in provincia di Verona. Impiegato in una segreteria di reparto dell’ospedale cittadino, studia Scienze Politiche all’Università di Padova e due volte a settimana gioca a basket con l’ASD Albatros Trento al centro sportivo Manazzon. La società vanta un’esperienza pluridecennale nel campo dello sport per disabili ed è attiva in tutta la regione. Oltre alla squadra di pallacanestro, l’ASD Albatros ha una squadra di curling in carrozzina che si è già laureata campione d’Italia e nella quale militano giocatori di livello nazionale. In passato, inoltre, alcuni atleti che hanno praticato basket e curling hanno partecipato singolarmente a diverse edizioni delle paralimpiadi invernali.

Roberto, da quanto tempo pratichi questa disciplina e in che campionato militi ora?

Gioco a basket dalla stagione 20042005. Attualmente partecipiamo al campionato italiano di serie B, che è la divisione nazionale di secondo livello. Un aspetto interessante di giocare nell’ASD Albatros è il fatto che, un po’ per la posizione geografica di Trento e un po’ grazie alle esperienze internazionali dei nostri atleti, la società è riuscita a farsi conoscere al di fuori dei confini nazionali. Capita quindi abbastanza di frequente di essere invitati a tornei all’estero – proprio qualche mese fa abbiamo disputato un torneo a Valenciennes, in Francia, concluso con un buon terzo posto – e di poter ricambiare l’invito ogni volta che si presenta la possibilità di organizzare qualche competizione in casa. Le esperienze internazionali contribuiscono parecchio alla crescita di un atleta perché, nonostante la lingua del basket sia una sola, esistono molti modi di metterla in pratica. A livello societario, invece, il confronto con organizzazioni operanti all’estero è utile per esplorare metodi di gestione e organizzazione magari mai presi in considerazione. Personalmente, infine, sono sempre felice di poter rappresentare il mio Paese all’estero.

Qual è la soddisfazione più grande che hai e avete vissuto come squadra?

Negli ultimi quattro anni mi sono dovuto fermare per due stagioni, e altre due le ho passate in un’altra società. Tornare a giocare a Trento dopo quattro anni e farlo su richiesta della Albatros stessa è stata una grande soddisfazione, perché credo che per un atleta la stima di ex compagni di squadra e avversari competa quanto a importanza con il raggiungimento di un traguardo sportivo. A livello di squadra, gli innesti effettuati dalla società negli ultimi anni e soprattutto in occasione della stagione appena conclusa ci hanno permesso di essere molto più competitivi rispetto alle stagioni precedenti e di dire la nostra contro qualunque squadra, comprese quelle che in questo periodo stanno giocando i playoffs che valgono la promozione in serie A.

Usciamo un momento dal campo e parliamo di accessibilità. A che punto siamo in Italia?

Credo che il livello non sia bassissimo, ma che si possa comunque fare di più. Tolti i casi in cui l’accessibilità non è proprio possibile, penso che il limite più grande sia imposto da ciò che si è disposti a fare e quello che si ritiene sufficiente fare per dire di aver fatto qualcosa a favore dell’accessibilità. Per quanto riguarda l’aspetto più concreto, in alcuni casi è stato fatto molto per rendere accessibili, interamente o parzialmente, edifici e luoghi pubblici (amministrazioni locali, servizi, musei, teatri, scuole, palestre, spiagge, vie montane e via dicendo). Allo stesso tempo, però, alcune opere sono state realizzate rimanendo verso il minimo imposto dalle normative e/o senza considerare l’effettiva efficacia di quanto realizzato. Per quanto riguarda, invece, l’accessibilità intesa come incontro della società con la disabilità, purtroppo, molte volte l’enorme numero di iniziative informative e d’inclusione proposte si rivelano fine a se stesse. Come se l’obiettivo finale fosse semplicemente avere la coscienza a posto. Tornando all’ambito sportivo, credo che organizzare manifestazioni dedicate esclusivamente agli sport paralimpici o riservare loro un posto appartato senza cercare un coinvolgimento all’esterno abbia il risultato di attirare l’attenzione solo per un periodo di tempo limitato, quando va bene. Il problema di fondo è la considerazione che la società ha della disabilità: in molti casi questa è vista come una debolezza, e il disabile qualcuno di cui ci si deve occupare perché non ha i mezzi per condurre una vita “normale” o che si deve accontentare perché la morale lo impone. Purtroppo, tutto ciò è frutto della scarsa conoscenza della quotidianità della disabilità, tanto di ciò che in quanto disabili è effettivamente difficile raggiungere quanto di ciò che un disabile può tranquillamente fare autonomamente.

Quali sono i tuoi prossimi obiettivi personali e sportivi?

Ho da poco comprato casa, quindi l’obiettivo più importante a breve termine è dimostrarmi in grado di gestire la mia vita personale in maniera totalmente indipendente. E poi c’è il rag-

CONGRATULAZIONI, MICHELE!

Il nostro amico Michele Oberburger non smette di stupirci e in sella alla sua moto continua a trionfare. Il 21 maggio, ad Asiago, ha vinto la seconda gara del trofeo nazionale Master Beta. Ma oltre ad allenarsi, da qualche mese, è protagonista di un nuovo percorso unico nel suo genere, che speriamo diventi presto la normalità. Molti giovani con autismo non verbale come lui, infatti, vengono ammessi ai tirocini formativi durante il percorso scolastico, ma una volta finiti gli studi, vengono definiti “inabili al lavoro” dalle Commissioni mediche e quindi non possono accedere ai tirocini formativi post-diploma. Papà Roberto, però, non si è arreso, ha aperto un dialogo con le istituzioni trentine ed è riuscito ad attivare per il figlio un tirocinio come aiuto cuoco nella caserma dei Vigili del fuoco permanenti di Trento. Ora, Michele è impegnato due mattine a settimana e si occupa di preparare le insalate per circa cinquanta persone, in particolare per il Nucleo elicotteri. Inoltre, impana le cotolette, sbuccia uova, patate e a volte – supervisionato – usa l’affettatrice. Tutte le operazioni che per un cuoco neurotipico potrebbero risultare ripetitive, a lui vanno a genio. Finisce addirittura i compiti in anticipo rispetto al tempo assegnatogli e di volta in volta si vede assegnare nuove attività. Con orgoglio, stima e affetto gli auguriamo buon lavoro e ogni fortuna e successo nelle sue gare di trial. giungimento della laurea. Dal punto di vista sportivo, invece, la stagione appena conclusa è stata una delle più istruttive che abbia mai attraversato; quindi, in futuro cercherò di far fruttare tutte le nozioni apprese e le consapevolezze maturate per diventare un atleta e uno sportivo migliore.

Cosa ti ha insegnato il basket?

Per una persona con la mia dose di agonismo praticare uno sport significa innanzitutto mettersi alla prova e dimostrarsi all’altezza di una sfida. Inoltre, dire che lo sport insegna a crescere non è una dichiarazione di facciata. Lo sport insegna innanzitutto ad accettare l’altro, che si tratti di un compagno di squadra, di un ufficiale di campo o di un avversario, ma insegna anche a riconoscere i propri limiti, a lavorarci e ad accettarli nell’eventualità in cui non si riesca a superarli.

Per saperne di più: albatrostrento.it albatrostrento@virgilio.it ASD Albatros Trento @albatrostrento

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