Progetto grafico 30 - Tecnologie aperte / Open Technologies

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Rivista internazionale di grafica

International graphic design magazine

Autunno

Autumn 2016

Progetto grafico 30

Oliver Laric, Ninfa che si prepara per il bagno, John Gibson, XIX sec., pietra e marmo. — Oliver Laric, Nymph preparing for the bath, John Gibson, 19th Century, Stone, Marble. Š The Collection, Lincoln & Oliver Laric

Tecnologie aperte Open Technologies



Tecnologie aperte

Open Technologies

La cultura maker e open source è arrivata e investe anche il mondo della comunicazione visiva. Qual è l’impatto delle tecnologie aperte sulla progettazione grafica? Quali i vantaggi e le applicazioni possibili? Maker and open source culture is here to stay and it is profoundly affecting the world of visual communication. What are the implications of open technologies on graphic design? What advantages are there and how can these technologies be used?

Progetto grafico 30

Autunno

Autumn 2016


copertina cover L’immagine di copertina è stata renderizzata a partire da un file opensource del progetto Lincoln 3D Scans dell’artista Oliver Laric. Il progetto consiste nella creazione e nella pubblicazione di un database delle scansioni 3D della collezioni scultoree della Usher Gallery e di The Collection di Lincoln. Tutti i file delle sculture sono di libero accesso e possono essere scaricate e utilizzate senza restrizioni di copyright dal sito lincoln3dscans. co.uk. L’utilizzo dei modelli può essere un punto di partenza per creare nuove sculture o nuove immagini, Oliver Laric invita a pubblicare l’utilizzo dei file sul sito: lincoln3dscans.co.uk/gallery dove troverete anche la copertina di «Progetto grafico» 30. A cura di Lupo & Burtscher — The cover image is rendered from an open source file of the Lincoln 3D Scans project by artist Oliver Laric. The project involves creation and publication of a database of 3D scans of the Usher Gallery and The Collection Museum of Lincoln sculpture collections. All the sculpture files are freely accessible and can be downloaded and used without copyright restrictions from lincoln3dscans.co.uk. The models may provide a starting point for creating new sculptures or new images. Oliver Laric invites us to show how we have used the files on the site: lincoln3dscans.co.uk/gallery where you will find the cover of Progetto grafico 30. Edited by Lupo & Burtscher

direttore responsabile Silvia Sfligiotti direzione editoriale Davide Fornari Silvia Sfligiotti

editor in chief

editors

comitato di redazione editorial board Emanuela Bonini Lessing Serena Brovelli Maria Rosaria Digregorio Caterina Di Paolo Claude Marzotto Jonathan Pierini Giorgio Ruggeri Carlo Vinti Stefano Vittori coordinamento redazionale editorial coordination Serena Brovelli progetto grafico graphic design Lupo & Burtscher impaginazione layout Angelika Burtscher, Claudia Polizzi, Daniele Lupo

cura redazionale editing lif lectorinfabula – laboratorio per redattori editoriali traduzioni translations Isobel Butters Giuseppe Giarratana sede editorial office via Amilcare Ponchielli 3 20129 Milano, Italia contatti email contact redazione_progettografico@aiap.it collaboratori di questo numero contributors in this issue Erica Apolloni, Alessandro Argenio, Roberto Arista, Massimo Banzi, Tita Brugnoli, Serena Cangiano, Alessandro Contini, Alessio D’Ellena, Fabian Frei, Matteo Loglio, parcodiyellowstone, Luciano Perondi, Alice Pintus, Giovanni Profeta, Zoe Romano, Ginevra Rudel, Gianni Sinni, Amedeo Spagnolo impianti e stampa prepress and printing CTS Grafica srl via Vito Vincenti 23 – Loc. Cerbara 06012 Città di Castello (PG) distribuzione in libreria distribution (I) Joo info@joodistribuzione.it distribuzione per l’estero distribution (other countries) Central Books contactus@centralbooks.com caratteri tipografici typefaces Bagnard, Sebastien Sanfilippo Times Ten, Stanley Morison Univers, Adrian Frutiger copertina stampata su cover printed on Rives Sensation Matt Tactile Bright White 270 g by Arjowiggins interno stampato su pages printed on Opale Reference Pure White 100 g by Arjowiggins, Pop’Set Cloud 90 g by Arjowiggins partner tecnici

technical partners

Aiap via Amilcare Ponchielli 3 20129 Milano tel. [+39] 02 29 52 05 90 aiap@aiap.it www.aiap.it consiglio direttivo national board Cinzia Ferrara Presidente President Carla Palladino Vicepresidente Vice-President Stefano Tonti Segretario generale General Secretary consiglieri directors Gianluca Camillini Roberta Manzotti Monica Nannini Luca Pitoni probiviri panel of arbitrators Elena Camilla Masciadri Presidente President Susanna Vallebona Segretario Secretary Luciano Perondi Roberto Pieracini Aldo Presta revisori dei conti auditors Piergiorgio Capozza Luciano Ferro Paola Lenarduzzi tesoriere treasurer Ino Chisesi segreteria secretariat Elena Panzeri segreteria amministrativa Lucia Leonardi

administrative secretariat

responsabile CDPG (centro di documentazione sul progetto grafico) biblioteca aiap head of CDPG (graphic design documentation center) aiap library Lorenzo Grazzani consulente per i progetti speciali special project consultant Maria A. Di Pierro www.memeconsulting.it licenza license Tutto il materiale scritto dai collaboratori è disponibile sotto la licenza Creative Common Attribuzione-Non commerciale-Condividi allo stesso modo 3.0. Significa che può essere riprodotto a patto di citare «Progetto grafico», di non usarlo per fini commerciali e di condividerlo con la stessa licenza. — All material written by the contributors is available under Creative Commons license AttributionNoncommercial-Share Alike 3.0. This means it can be reproduced as long as you mention Progetto Grafico, do not use it for commercial purposes and share it with the same license.

Per questioni di diritti non possiamo applicare questa licenza ai materiali visivi che ci vengono concessi da terzi per la pubblicazione. Le immagini utilizzate in «Progetto grafico» rispondono alla pratica del fair use (Copyright Act, 17 U.S.C., 107) essendo finalizzate al commento storico-critico e all’insegnamento. — For questions of rights we cannot use this license for visual materials that are provided by third parties for publication. The images used in Progetto Grafico respond to the practice of fair use (Copyright Act, 17 U.S.C.,107), being aimed at historical and critical commentary and teaching.


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Tecnologie aperte A cura di

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Edited by

Tecnologie aperte: le ragioni di un numero Open technologies: the reasons for an issue Massimo Banzi, Serena Cangiano, Davide Fornari

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Coding come modo di pensare Intervista a Casey Reas Coding as a way of thinking Interview with Casey Reas

Open Technologies

Massimo Banzi, Serena Cangiano, Davide Fornari

Tecnologie aperte: una rassegna Open technologies: an overview

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Le esperienze visive interattive come community practice. Intervista a Theo Watson Interactive visual experiences as a community practice. Interview with Theo Watson Serena Cangiano

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Materiali di base Basic materials

103 Più immagini per tutti? More images for all? Silvia Sfligiotti

Serena Cangiano

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Auguri, OSP! Happy birthday, OSP! Alessio D’Ellena

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La pubblica utilità è open source Public utility service is open source Gianni Sinni

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RoboTools. L’influenza dell’open source sugli strumenti di produzione del carattere tipografico

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Macchine e semilavorati Machines and semi-finished materials 78

Progetti e sistemi Projects and systems

112 P2P Design Strategies. Metodologie e strumenti per l’organizzazione non gerarchica del progetto grafico P2P Design Strategies. Methodologies and tools for non- hierarchical organization of graphic design parcodiyellowstone

120 Tipografia parametrica come metodo didattico: uno sguardo sulle modalità di lavoro Parametric typography as a teaching method: a look at working tools

RoboTools. The influence of open source on typeface production tools

Luciano Perondi, Alessio D'Ellena, Roberto Arista

Roberto Arista

Fuori tema Off Topic 129 Rassegna: (Storie di Architetture del Pensiero) Rassegna: (Stories on the Architecture of Thought) Serena Brovelli

134 La montagna inchiostrata The inked mountain Erica Apolloni, Tita Brugnoli

138 Booksfromthefuture: pubblicare è una perfomance Booksfromthefuture : publishing is a performance Claude Marzotto


Coding

— English text on p. 16

come modo di pensare as a way of thinking

Intervista a Casey Reas

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Tecnologie aperte

Interview with Casey Reas

Open Technologies


Il codice non è né un nuovo cacciavite e né una matita per disegnare. Casey Reas spiega come il coding può essere paragonato a una coreografia di azioni e decisioni: un modo di concepire l’arte e i progetti di design. S C Nel 2001, con Ben Fry, hai lanciato Processing.

Oggi parlarne agli studenti di arte e design comporta nuove sfide ed esigenze derivanti dal lavorare con loro?

Intervista a Casey Reas di Serena Cangiano

Casey Reas è un artista e docente all’Università della California di Los Angeles. Come lui stesso usa definirsi, scrive software per analizzare sistemi condizionali come arte. Insieme a Ben Fry, a partire dal 2001 produce e sviluppa Processing, ambiente di programmazione che ha permesso di far conoscere concetti tipici della programmazione informatica come variabile, vettore e metodi a studenti di arte e design di tutto il mondo. Casey Reas rappresenta la figura di riferimento quando si pensa al design di esperienze visive costruite partendo dal codice inteso come medium e dallo sviluppo di tool aperti e divulgabili attraverso le community. I suoi lavori, esposti in personali e collettive, comprendono sia installazioni interattive totalmente digitali, sia artefatti visivi stampati o incisi su diversi materiali, a riprova del fatto che il codice, più che un mero strumento, è un modo versatile di pensare il design.

Casey Reas, ritratto — Casey Reas, portait Photo © Mark Blower

Coding come modo di pensare

C R Se raffrontiamo a oggi gli studenti del 2001, le

differenze non sono tante. Il modo di programmare è sempre lo stesso a prescindere da che anno sia, ai non specialisti lo si insegna dagli anni Sessanta. Come community, con la pratica e la condivisione, si sta assistendo a un miglioramento del modo di insegnare. In controtendenza, il sistema educativo è cambiato. Oggi più che mai c’è da imparare a codificare e a lavorare con l’elettronica nei percorsi di studio delle arti visive, e non è infrequente che questo genere di approccio lo si ritrovi inserito nei programmi di ingegneria, anzi è riscontrabile in entrambe le direzioni. I nostri obiettivi sono rimasti gli stessi: promuovere l’acquisizione sia della competenza nell’uso dei software nell’ambito delle arti visive, sia della competenza visiva in ambito tecnologico, e rendere questi ambiti accessibili da parte delle varie community. Come piattaforma per l’apprendimento, uso Processing per focalizzare la mia attenzione sulle nozioni di base della programmazione che nei decenni non hanno subito grossi cambiamenti: variabili, loop, condizionali. Una volta acquisite tali nozioni, gli studenti possono permettersi di spaziare in ambiti diversi soggetti a rapidi cambiamenti, come il web, i dispositivi mobili, la motion graphic, le installazioni interattive, la visualizzazione. S C Condividerebbe con noi il discorso introduttivo

dei primi cinque minuti di una sua lezione? Cosa

Coding as a way of thinking

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Auguri, OSP! Happy birthday, OSP! — English text on p. 23

Testo di Alessio D’Ellena

Collaborano con progettisti di tutto il mondo, assemblano idee come fossero ricette e hanno una forte visione di cosa è il design oltre i software proprietari. OSP da dieci anni lavora in intimità con gli strumenti digitali al di là dei concetti di produttività ed efficienza.

Fine del 2005: Macromedia viene acquisita da Adobe. Da quel momento «gli strumenti di lavoro standard, in ogni parte del mondo, possono essere acquistati tramite una sola azienda. Anche se Adobe continua a sviluppare brillanti pacchetti di strumenti, è scoraggiante che un singolo gruppo sia virtualmente responsabile della produzione di tutti i tool digitali disponibili». Questo nuovo scenario, nell’ambito dei software digitali per il design, ha dato impeto alla nascita di OSP. I printing party sono tra le prime iniziative del collettivo; happening pubblici nei quali la produzione dei contenuti, il loro arrangiamento e la stampa avvengono live nel corso della serata. Durante i party le varie fasi di produzione sono comparate a delle ricette: i file infatti vengono arrangiati parallelamente alla preparazione del cibo che

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Tecnologie aperte

Open Technologies


si mangia durante la serata. C’è una relazione diretta tra il concetto di ricetta e i contenuti aperti, affermano. I ragazzi e ragazze di Open Source Publishing si sono appropriati così della metafora che Richard Stallmann 1 usa spesso per spiegare la cultura free software: una ricetta è per natura modificabile e condivisibile, in caso

contrario, se fosse protetta da copyright, non avresti il diritto di cambiare un ingrediente o di aggiungere qualcos’altro. Al contrario, invece, «non ti è permesso modificare il software proprietario che stai usando, quindi non puoi costruirci nulla sopra. Questo produce una strana relazione tra te e i tuoi strumenti perché come creatore hai bisogno di conoscerli profondamente e di essere in intimità con essi». OSP nasce a Bruxelles, inizialmente affiliata all’associazione Constant 2 che si occupa di attività artistiche, cultura digitale e pratiche collaborative. Il gruppo di lavoro agisce su tre principali assi: pedagogia, ricerca e graphic design, con il principale intento di diffondere la cultura free e open source. In dieci anni di vita hanno portato avanti progetti sperimentali, testando le reali possibilità di fare graphic design utilizzando un gamma di strumenti free e open, verificandone vantaggi e limitazioni in ambiente professionale. Il loro principale auspicio è quello di trovare quanti più possibili approcci diversi dal loro, sperimentando negli spazi interstiziali del software. La vera espressione del paradigma open nel «caravan» OSP è il costante ricambio di energie, possibile grazie a un gruppo variegato e composto da elementi appartenenti a differenti aree della progettazione, con molteplici competenze a disposizione, la cui miscela fa sì che si ottengano inaspettate sinergie. OSP agisce in diversi campi di ricerca: tipografia, grafica, cartografia, programmazione, matematica, scrittura e performance. La metafora dell’apertura infatti non è solo legata alle licenze dei progetti che vengono rilasciati o degli strumenti realizzati, ma intesa anche come approccio e accesso alle risorse, soprattutto umane, e ai processi; sviluppando un’anima essenzialmente cooperativa. La conseguenza è un dinamico e flessibile rapporto con le pratiche di lavoro: hanno collaborato con grandi e piccole organizzazioni, ma anche con singoli artisti, organizzato diversi workshop in molte scuole d’arte (RCA, Merz Akademie, Piet

Auguri, OSP!

Happy birthday, OSP!

Zwart Institute) e partecipato a vari festival. Privilegiato è il rapporto con le istituzioni culturali. Il sito web è strutturato come un ricettario aperto. L’architettura ha una struttura gerarchizzata che funziona come vero e proprio archivio in progress, la metafora della cucina viene esplicitata letteralmente nell’url stesso del sito e nel breve testo introduttivo: 3 “Stai guardando dentro i nostri armadi. Nella cucina di OSP, file sorgente = ingredienti. Queste configurazioni di blocchi di testo e immagini rappresentano progetti recenti, i loro racconti, alcuni materiali visivi selezionati e come tutte queste cose sono nate. Ti diamo il benvenuto se vuoi studiare, migliorare, ridistribuire copie di tutto questo e rilasciare i tuoi miglioramenti. Siamo imbarcati [in francese nel testo originale, ndt].”

Ogni link immagine o testo è una risorsa o uno strumento, tutto diventa una «copia» distribuita. Questo è il punto fondamentale: la centralità del concetto di pubblicazione, per cui necessariamente ogni pratica di interazione, o legata al workflow, nonché l’output stesso diventa un prodotto da pubblicare, distribuire e in accordo con le pratiche open source: utilizzare, implementare, modificare e redistribuire. Dal loro punto di vista rimane cruciale la connessione tra come il contenuto è prodotto, come viene ad esistere e la licenza con

Pagina precedente Previous page OSP nella reception della Tower1-World Trade Center, Bruxelles — in the reception of Tower1-World Trade Center, Brussels: Gijs De Heij (1989), Ludivine Loiseau (1983), Stéphanie Villayphiou (1984), Colm O’Neill (1991), Sarah Magnan (1985), Alexandre Leray (1984), Pierre Marchand (1976), Eric Schrijver (1984), Pierre Huyghebaert (1969). Photo © OSP

Gli spazi destinati a OSP all’interno della Tower1-World Trade Center, Bruxelles. — The areas designated for OSP in Tower1-World Trade Center, Brussels. Photo © Alessio D’Ellena

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La pubblica utilità è Public utility service is

open source

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Tecnologie aperte

Open Technologies

— English text on p. 30


La pubblica amministrazione, sulla spinta del progetto Italia Login, si avvia verso una radicale riprogettazione dei suoi servizi online, cui i designer possono contribuire efficacemente, attraverso modelli open source, per una rinnovata comunicazione di pubblica utilità. grafica autoriale e impegnata al linguaggio pubblicitario, annullando quella suddivisione che era maturata fra coloro che, virtuosamente, operavano al servizio del cittadino e chi, viceversa, prestava la propria attività all’interesse del mercato. 1

Testo di Gianni Sinni

La comunicazione della pubblica amministrazione italiana non brilla per efficacia e coerenza. In particolare c’è un settore nel quale risulta lampante la totale asincronia che caratterizza la comunicazione pubblica rispetto all’esperienza quotidiana dei cittadini, quello dei servizi digitali. Il nostro livello di utilizzo dei servizi pubblici online risulta tra i più bassi in Europa. Il design della comunicazione, fin da quella dichiarazione d’intenti che fu First Things First, ha sempre individuato nella committenza pubblica la principale alternativa alla grafica commerciale. La singolare stagione della grafica di pubblica utilità, che si sviluppò negli anni Settanta e Ottanta del Novecento, prese le mosse dalla particolare convergenza di interessi che portò i graphic designer – in cerca di una sostenibilità etica della propria professione – e le istituzioni locali – tese ad aprire nuovi canali informativi verso i cittadini – a incrociare, per un certo periodo, i loro destini comunicativi. Come sappiamo, l’esperienza della grafica di pubblica utilità andò col tempo esaurendosi con lo spostamento della comunicazione pubblica dal linguaggio della

La pubblica utilità è open source

A distanza di qualche decennio e dell’intera rivoluzione digitale, alcuni spunti di riflessione posti dalla grafica di pubblica utilità, in particolare sulla centralità del cittadino, sembrano oggi rivestirsi di un nuovo e più profondo significato. A cominciare da quell’asserzione – quasi secondaria nella Carta del progetto grafico – «noi dichiariamo pertanto il punto di vista dell’utenza fondamento costante del nostro operare», 2 nella quale si prefigura l’intera filosofia alla base dello user-centered design, oggi irrinunciabile in qualunque forma di comunicazione. La pubblica amministrazione ha urgenza di recuperare il rapporto con il mondo del design della comunicazione se vuole dare compimento agli obiettivi di digitalizzazione e semplificazione dei servizi ai cittadini. Allo stesso tempo, la professione del designer profondamente trasformata è in grado di offrire al committente pubblico quelle risposte funzionali e strutturate nel metodo – con processi quali il Design thinking o il Service design o, ancora, attraverso il progetto della user experience – che il linguaggio pubblicitario non può soddisfare.

Public utility service is open source

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The second point concerns the choice of preparing the Design Guidelines, a list of directions about design, usability and content writing so as to ensure the user’s experience of the services is consistent rather than simply having a graphic identity. Third point: visual identity – colour palette, typography, grids – is reduced to a minimum, to make the system wholly adaptable so that it can be developed as required by local government and its suppliers. The system is widespread but not one-way only, which is why the designer.italia.it community has been set up on the GitHub platform – and it is the first time for public administration – for sharing and discussing best practices. The system is constantly updated and deliberately open ended. The Guidelines are in alpha version, the Italia Login project is only just beginning and we do not know for certain how it will develop, but it is undeniably significant that the process to improve the quality of public services involves designers directly, right from the start.

Editor's note The author is a member of the Steering Committee of AgID, Agenzia per l’Italia Digitale, which issued the Design guidelines for public administration websites.

Il logo di Italia.it. — The Italia.it logo. © Lcd per AgID Colore istituzionale di Italia.it. — Official Italia.it colour. © Lcd per AgID

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Tecnologie aperte

Open Technologies

1 Annick Lantenois, Le Vertige du funambule. Le design graphique entre économie et morale, B42, Paris, 2013, p. 25. 2 Carta del progetto grafico. Tesi per un dibattito sul progetto della comunicazione (1989), in: http://www.aiap.it/documenti/8046/71 (last accessed April 12 2016). 3 Carlo Ratti, Architettura Open Source, Einaudi, Turin, 2014, p. 118. 4 Ezio Manzini, Design, When Everybody Designs. An Introduction to Design for Social Innovation, The MIT Press, Cambridge (MA), 2015, p. 35. 5 Simon Anholt, Competitive Identity: The New Brand Management for Nations, Cities and Regions, Palgrave Macmillan, 2007.


RoboTools

L’influenza dell’open source sugli strumenti di produzione del carattere tipografico The influence of open source on typeface production tools — English text on p. 37

Testo di Roberto Arista

Nel corso degli ultimi venti anni un gruppo di progettisti ha sistematicamente messo in discussione l’offerta sul mercato di strumenti per il type design. Un invito a riappropriarsi dei mezzi di produzione di lavoro unendo licenze retail e open source.

RoboTools

Nel marzo 2015 il quieto caos che anima l’Accademia di Belle Arti dell’Aia subisce una lieve increspatura per un paio di giorni, è ora del Robothon, la conferenza dedicata allo sviluppo di strumenti per la progettazione tipografica che l’accademia ospita ogni tre anni. L’atmosfera è quella delle riunioni di famiglia: c’è un po’ tutta l’Olanda e la Berlino del type design più una discreta delegazione dalle coste Ovest ed Est degli Stati Uniti. Dopo il rituale giro di convenevoli, la folla sciama verso l’auditorium, pronta ad immergersi in un fitto

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Tecnologie aperte

Open Technologies

UNA RASSEGNA Una serie di progetti che dimostrano come le tecnologie aperte possono rivoluzionare la comunicazione visiva. Materiali di base, macchine da stampa, semilavorati, progetti e sistemi: le porte dell’innovazione sono aperte e le loro conseguenze ci riguardano.

AN OVERVIEW A series of projects that demonstrates how open technologies can revolutionise visual communication. Basic materials, printing machinery, semi-finished products, design projects and systems:

the innovation doors are open and their consequences affect us.


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Materiali di base Basic materials

Macchine e semilavorati

Progetti e sistemi Projects and systems

Machines and semi-finished materials

Christopher Simpkins

Raquel Quevedo, Kentaro Terajima et al.

H ACK

DEMO

Alessandro Argenio

parcodiyellowstone

TW IZZINE Alessandro Argenio

Davide Fornari

Ted Davis, Benedikt GroÃ&#x;, Ludwig Zeller

BASILJS Amedeo Spagnolo

Free Art and Technology (fat), openFrameworks, Graffiti Resarch Lab

Ana Isabel Carvalho, Ginger Coons, Ricardo Lafuente

LIBRE GR APHICS Serena Cangiano

EY EW RITER TheNounProject.com et al.

THE NOUN PROJECT Serena Cangiano

Serena Cangiano

Thibault Brevet

TODO

CODEMOJI Fabian Frei

GR AND CENTR AL Google Design

Davide Fornari

M ATERIAL DESIGN Alice Pintus

BARE CONDUCTIVE

Karsten Schmidt (toxi) Matteo Loglio

Folder et al. Technology will save us

ITALIAN LIMES

DIY ELECTRO DOUGH KIT

Davide Fornari

Varvara Guljajeva, Mar Canet, Sebastian Mealla

NEUROKNIT TING Zoe Romano

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Tecnologie aperte

Open Technologies

RECODE PROJECT Serena Cangiano

THI.NG

Alessandro Contini

Ginevra Rudel

Matthew Epler

Opendot et al.

VISUAL M AKING Giovanni Profeta

Plug and Try Again Lab et al.

PRINT CLUB TORINO Giovanni Profeta


Le esperienze visive interattive come Interactive visual experiences as a

— English text on p. 99

community practice

Intervista a Theo Watson

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Tecnologie aperte

Interview with Theo Watson

Open Technologies


Il creative coding è una pratica che vede la collaborazione online tra artisti, hacker e sviluppatori. Una community che crea nuovi tipi di esperienze visive attraverso strumenti di progetto algoritmico. Theo Watson è un artista e designer, conosciuto come uno degli sviluppatori di openFrameworks, un toolkit open source che si basa sul linguaggio C++, usato per il creative coding. Nei suoi lavori, esposti al MoMA di New York, alla Tate Modern e presso Ars Electronica, trovano combinazione le componenti interattive all’interno di contesti suggestivi con una forte componente visiva. Theo Watson contribuisce costantemente allo sviluppo di tool ICT open source di supporto all’espressione artistica, proprio perché ritiene che la condivisione diffusa online di risorse e codici, unitamente alla reciproca collaborazione tra artisti, permetta di creare nuove opportunità nel campo dell’interaction design, delle arti multimediali e della comunicazione visiva.

Intervista a Theo Watson di Serena Cangiano

S C Com’è iniziata la tua collaborazione con Zachary

Lieberman per lo sviluppo di openFrameworks? T W Ero un alunno di Zachary Lieberman alla Parsons School of Design. Come compito del corso chiese agli studenti di lavorare su una primissima versione di openFrameworks (of). Dopo la fase di elaborazione, Zach volle un toolkit open source in linguaggio C++ da usare sia per il suo lavoro sia per l’insegnamento. Dopo la mia laurea alla Parsons, io e Zach continuammo a lavorare su of, perfezionandolo ulteriormente e condividendolo poco alla volta con amici e colleghi per conoscerne il parere. Inizialmente ne producemmo numerose versioni per alcuni privati prima della pubblicazione definitiva. S C Cosa significa sviluppare strumenti che permet-

tano ad altre persone creative di esprimersi con le tecnologie? T W È stato molto divertente. Agli esordi di of, non

Theo Watson, ritratto. — Theo Watson, portrait. Photo © Jean-Baptiste Labrune.

immaginavamo come lo avrebbe utilizzato la gente, pur sapendo di avere avuto una buona intuizione. Era improbabile che gli utenti ci facessero sapere che un loro progetto era fatto con of, come pure molte aziende non condividevano i processi di sviluppo, ma poi ci stupivamo che lo sviluppo realizzato con of fosse maggiore di quanto ne avessimo realizzato noi. Per esempio, soltanto di recente abbiamo scoperto che l’area

Le esperienze visive interattive come community practice Interactive visual experiences as a community practice

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T W I think there is a lot of experimentation going on

today and there are also a lot more people doing this type of work. There is also a lot more hardware accessible than when I started doing this work. I think in some way we are maybe a little spoilt in terms of the technology that is available today, there are so many possibilities. I do worry that we are being overwhelmed with possibilities. It is so easy to skim the surface of what is possible and make demos/projects that are not really diving deep. I would love to find a way to slow down a bit and really look into the creative limitations of some of these new technologies. Overall I think it is great, and as more and more people come into this field it makes me really excited to see what all these different brains come up with. I especially see a big shift away from big manufactured products and experiences towards much more diy and small, group lead projects that solve really local problems, and I think that is a really nice trend to see emerging.

Design I/O, Night Bright: installazione interattiva di scoperte notturne in cui i bambini usano il loro corpo per illuminare la foresta di notte e scoprire le creature che vi abitano. — Design I/O, Night Bright: an interactive installation of nocturnal discovery where children use their bodies to light up the nighttime forest and discover the creatures that inhabit it.

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Tecnologie aperte

Open Technologies

Tutte le immagini All images Š Design I/O – http://design-io.com


Più immagini per tutti ? More images for everybody ? — English text on p. 105

Testo di Silvia Sfligiotti

Un’indagine, ancora parziale, sull’accessibilità delle immagini digitali di istituzioni museali, archivi e biblioteche, e sulle loro possibilità di utilizzo. Per la loro natura, musei e archivi hanno approcci diversi all’accessibilità del loro patrimonio: i primi sono orientati a una fruizione ampia, accessibile da parte di un pubblico vasto e con finalità diverse, mentre i secondi si rivolgono prevalentemente a utenti orientati a uno scopo preciso. La crescente presenza in rete di entrambi i tipi di istituzioni sta cambiando gradualmente la percezione del pubblico: i musei possono finalmente dare conto dell’ampiezza delle loro collezioni, mentre archivi e biblioteche rendono fruibili oggetti che normalmente non sono esposti, guadagnando una visibilità inimmaginabile fino a poco tempo fa. Questo passaggio comporta un lungo e oneroso processo di digitalizzazione e catalogazione. È nella fase della pubblicazione online che emergono modi diversi di rendere disponibile il materiale digitale: da una parte vi è quello orientato alla massima protezione e vincolo, tanto che spesso le opere vengono mostrate a risoluzione molto bassa e con evidenti watermark che ne

sanciscono origine e copyright; dall’altra si sta diffondendo – stimolato da progetti come Rijksstudio, l’iniziativa del Rijksmuseum di cui abbiamo parlato nel numero 23 di «Progetto grafico»1 – un atteggiamento che vede nella visibilità, nella circolazione e nell’uso dei materiali non solo un contributo allo studio e alla conoscenza, ma anche (e soprattutto, nel caso di alcuni musei) un elemento centrale per la costruzione della reputazione internazionale dell’istituzione. Questo approccio viene messo in pratica con diversi gradi di apertura: si va dall’autorizzazione all’uso personale o non commerciale, alla disponibilità con licenze Creative Commons, fino alla completa libertà d’uso, scelta per esempio dal Museum of New Zealand e dalla Biblioteca Nazionale della Nuova Zelanda, per un’ampia parte dei materiali resi disponibili. Si apre così un enorme bacino di materiale potenzialmente utilizzabile, la cui fruibilità dipende strettamente 1 Silvia Sfligiotti, La collezione è di tutti, «Progetto grafico», n. 23, primavera 2013. Dal 2013 Rijksstudio autorizza pieno accesso alle immagini della collezione per uso personale, concedendo il download di immagini ad alta risoluzione.

Più immagini per tutti?

More images for everybody?

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P2P Design Strategies Metodologie e strumenti per l’organizzazione non gerarchica del progetto grafico. Methods and tools for non- hierarchical organization of graphic design.

— English text on p. 115

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Tecnologie aperte

Open Technologies


Il progetto P2P Design Strategies propone un framework di metodologie e strumenti teso a massimizzare gli effetti della collaborazione tra pari attraverso tutte le fasi del progetto. Cercheremo di capire quali sono i vantaggi di questo modello contrapposto al tradizionale sistema piramidale. Testo di parcodiyellowstone

«Un cammello è un cavallo progettato da un comitato»: quest’espressione, pubblicata per la prima volta nel 1958 su «Vogue» e attribuita a Sir Alec Issigonis, riassume bene il pensiero dominante, nell’ambito del design grafico, sulla migliore struttura organizzativa per realizzare un progetto. In assenza di un «leader visionario», un lavoro progettuale risulta inevitabilmente inconsistente o, nella migliore delle ipotesi, scarsamente incisivo. Una semplice ispezione del metodo di lavoro usato negli studi di graphic design mostrerebbe infatti come il processo top-down sia ancora la pratica più diffusa. Senza soffermarci sulle ragioni economiche e organizzative di tale modello, proviamo a interpretarne le conseguenze in termini di qualità della ricerca e del risultato: un progetto in cui la soluzione venga costantemente imposta dall’alto risulterà sempre come l’interpretazione soggettiva di un problema da parte di un individuo – col proprio gusto e bagaglio culturale, ma anche con le proprie limitazioni – traducendosi inevitabilmente nell’affermazione dell’ego del designer. A guardare bene, questo approccio non è però l’unico possibile. Prendiamo a prestito una riflessione di

P2P Design Strategies

Andy Altmann di Why Not Associates: «Con la collaborazione si arriva tutti ad un punto dove nessuno dei coinvolti sarebbe potuto arrivare da solo». Negli ultimi anni si è parlato molto di modelli basati sulla collaborazione, ci teniamo quindi a chiarire che non stiamo parlando né di «design collaborativo» né di «design partecipato». La collaborazione a cui facciamo riferimento è quella tra designer che condividono le stesse competenze e le stesse responsabilità su tutte le fasi del progetto: dall’ideazione alla produzione, passando per ogni nodo decisionale. Lo scetticismo diffuso verso questo tipo di pratiche deriverebbe dalla naturale tendenza del gruppo a omogeneizzarsi e a livellarsi verso il basso, secondo le dinamiche di groupthink note agli psicologi. L’aspetto meno noto è come questo appiattimento derivi dell’assenza di metodologie strutturate per favorire le interazioni all’interno del gruppo. Metodologie e strumenti che devono essere finalizzati a valorizzare i punti di forza e limitare le possibili fonti di fallimento, massimizzando il contributo di ogni individuo per arrivare a una decisione condivisa dalla collettività. Nel 2009, con P2P Design Strategies abbiamo progettato e analizzato attraverso una serie di workshop alcune tecniche e strumenti, adattando alla progettazione grafica alcune pratiche già ampiamente diffuse nella cultura open source e in altri ambiti. Gli esempi

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Tipografia parametrica

come metodo didattico: uno sguardo sulle modalità di lavoro

Parametric typography

as a teaching method: a look at working tools — English text on p. 124

Testo di Roberto Arista, Alessio D'Ellena, Luciano Perondi

Una metodologia aperta per imparare a lavorare sulla tipografia parametrica: tre scuole hanno sperimentato un sistema integrato di teoria e pratica in cui copiare è non solo possibile, ma indispensabile.

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Tecnologie aperte

Open Technologies

In questo testo vengono analizzati i risultati dei corsi Tecniche tipografiche 1 presso l’ISIA di Urbino e Lettering presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino, finalizzati alla conoscenza della micro-tipografia e a definire, riconoscere e governare le principali variabili tipografiche, ponendo lo studente di fronte allo sviluppo di sistemi complessi come propedeutica alla progettazione. Gli studenti erano al primo anno del percorso di studi triennale, privi di conoscenze preliminari di design. Complessivamente, il metodo è stato applicato dal 2008 in tre istituzioni di livello universitario (Politecnico di Milano 2008 - 11, Accademia di Belle Arti di Urbino 2010 - 13, ISIA di Urbino 2010 -15) da Giovanni Lussu, Michele Patanè e Luciano Perondi e concepito ed elaborato con l’aiuto di Paolo Mazzetti, Giorgio Caviglia e di tutti gli studenti che hanno partecipato al corso.


Approccio open alla didattica

WYGIWYW Gli studenti partivano dall’analisi metrica delle variabili di un gruppo di caratteri, studiandone le correlazioni e le influenze reciproche anche attraverso lo studio di funzioni. Queste correlazioni venivano poi tradotte in script parametrici in grado di generare font in base a variabili quantitative impostate tramite la libreria RoboFab. Il metodo proposto non prevedeva l’utilizzo di interfacce WYSIWYG (What You See Is What You Get, «ciò che vedi è ciò che ottieni») vincolanti rispetto alle possibilità progettuali e di apprendimento, ma si sviluppava a partire dall’elaborazione di modelli teorici e dalla conseguente elaborazione di algoritmi attraverso una non-interfaccia WYGIWYW (What You Get Is What You Want, «ciò che ottieni è ciò che vuoi»). In questo modo quanto ottenuto dallo studente corrispondeva ad un effettivo riscontro delle competenze elaborate e permetteva di sviluppare strumenti di osservazione, analisi e descrizione che hanno una validità più generale. Allo studente veniva inoltre richiesto di scrivere un paper in cui venissero descritte le scelte intraprese secondo una struttura standard che lo rendesse facilmente confrontabile con gli altri elaborati d’esame.

L’approccio che si è tentato di costruire era orientato alla trasmissione di uno specifico modello agli studenti, individuando una modalità di condivisione delle informazioni. I meta-strumenti didattici utilizzati erano poveri: ogni studente aveva a disposizione l’accesso a una cartella pubblica1 in cui erano collezionati i paper e gli script degli studenti che avevano seguito il corso negli anni precedenti. In questo modo il paper e lo script divenivano parte integrante di un sistema nidificato: la collezione, oltre a essere un supporto pratico per il lavoro dello studente, diveniva anche una libreria di strategie progettuali. Per produrre gli elaborati d’esame non solo copiare era possibile, ma era condizione necessaria per progettare il proprio algoritmo e il proprio paper: ognuno attingeva al lavoro già sviluppato, analizzando i moduli a disposizione e decidendo in autonomia le relazioni da definire, integrando soluzioni esistenti per creare la propria. La ricerca di razionalizzazione delle forme tipografiche e dei metodi per ottenerle porta vantaggi nello studio approfondito delle questioni micro e macro-tipografiche, avvicinando lo studente all’elaborazione di metodi e criteri per la progettazione, la scelta e la composizione di un carattere. Ciò è propedeutico allo studio di problemi progettuali più ampi, che permettono una formazione preliminare applicabile anche in ambiti non strettamente legati al design.2

L’immagine presenta i glifi «b» e «q» in due differenti pesi: regular e bold. All’aumentare del peso, l’altezza delle x e la lunghezza di ascendenti e discendenti varia in modo da compensare otticamente la percezione delle proporzioni. Gli studenti prendono in esame le funzioni che mettono in relazione queste variabili. — The image shows glyphs b and q in two different weights: regular and bold. The greater the weight, the more the height of the x and the length of the ascending and descending lines vary so as to optically compensate the perception of proportions. Students examine the functions that relate these variables. © Luciano Perondi

Tipografia parametrica come metodo didattico

Parametric typography as a teaching method

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Alcune variazioni generate tramite l’algoritmo sviluppato per il progetto di tesi di Francesca Mangiaracina Siraff. — Variations generated by the algorithm developed for Siraff, Francesca Mangiaracina’s dissertation project. © Francesca Mangiaracina

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Tecnologie aperte

Open Technologies


Fuori tema

Rassegna: (Storie di

Off Topic

Architetture del Pensiero)

La montagna inchiostrata The inked mountain

Rassegna: (Stories on

Erica Apolloni, Tita Brugnoli

Booksfromthefuture: pubblicare è una perfomance

Booksfromthefuture:

the Architecture of Thought)

publishing is a performance

Serena Brovelli

Claude Marzotto

Progetto grafico 30

Autunno

Autumn 2016


30/Piet Zwart: l’opera tipografica 1923 - 1933 (1987). — Piet Zwart: the Typographic Work 1923 - 1933 (1987).


— English text on p. 132

Rassegna: (Storie di

Architetture del Pensiero) (Stories on the Architecture of Thought) La rivista «Rassegna» fu un punto di riferimento significativo nella cultura del progetto. Con un’attenzione particolare alla grafica.

Negli anni Settanta si vissero momenti di apertura, di (ri)scrittura di alcune professioni e di autentico confronto. In quegli anni anche gli architetti provarono a rendersi protagonisti della scena culturale come artefici e pensatori. È in questo clima che «Rassegna» inizia le pubblicazioni (editore cipia, Bologna); tra il 1979 e il 1999 escono 77 numeri monografici diretti da Vittorio Gregotti e curati ciascuna da un diverso autorevole esponente della cultura coeva (tra cui Renate Eco, Gabriele Basilico, Giampiero Bosoni, Bruno Monguzzi).

È facile intuire che il sottotitolo della rivista «Problemi di architettura dell’ambiente» abbia un effetto riduttivo: il punto di vista che le monografie propongono è multidisciplinare e centripeto. L’architettura è la professione che sta al centro delle altre discipline che la completano e le danno statura culturale. Grafica, fotografia, disegno del prodotto industriale, urbanistica sono tutte sfaccettature di un unico approccio progettuale che, citando Ernesto Nathan Rogers, va «dal cucchiaio alla città», passando, sempre e comunque, dall’architettura. Questo perché proprio in quegli anni la provenienza formativa di tutti questi progettisti, specializzati poi nelle varie discipline, è la stessa: la Facoltà di Architettura. Questo non trascurabile punto di vista, che spiega e giustifica l’approccio dell’intera collezione, è rilevato dalle parole di Giovanni Anceschi che, in 6 / Il campo della grafica italiana (1981), afferma: «Del resto in Italia i grafici che non vengono dall’apprendistato di officina, […] sono perlopiù di formazione architettonica […]». E lo stesso si potrebbe dire dei progettisti del prodotto industriale, degli urbanisti… Enzo Mari, Gabriele Basilico, Franco Grignani, lo stesso Pierluigi Cerri, provengono dallo stesso ambito disciplinare: tutti figli di un’unica grande famiglia, dove ognuno poi ha approfondito la propria strada.

Il progetto grafico è di Pierluigi Cerri e rimarrà pressoché invariato fino al termine delle pubblicazioni. L’impostazione è modernista, un’immagine colta, specializzata. Le copertine sono l’orchestrazione di pochissimi elementi: il titolo e un’immagine a pagina piena oppure riquadrata su uno sfondo monocromo. Il tema-titolo della monografia è in alto, tra parentesi, quasi a suggerire che ogni argomento non è importante in sé ma fa parte di un discorso più ampio che trova la sua ragione solo se considerato nel suo complesso.

Nei temi che si avvicendano il “progetto” è un atteggiamento culturale, più che un mestiere, un pensiero più che un insieme di discipline. Tutti i campi progettuali sono scandagliati e offerti: dai più affini all’architettura, come il disegno dei giardini (8 /La natura dei giardini, 1981), gli allestimenti (10 /Allestimenti, 1982) o l’ornamento (41 /I sensi del decoro, 1990), ai più distanti come la moda (73 /Rivestimenti, 1998), il modellismo (32 /Maquette, 1987), il packaging (71 /Piccoli oggetti, 1997).

Testo di Serena Brovelli

Rassegna: (Storie di Architetture del Pensiero)

Rassegna: (Stories on the Architecture of Thought)

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— English text on p. 136

La montagna inchiostrata The inked mountain

Il piccolo mondo tipografico di un giovane maestro di provincia nell’Italia dell’immediato dopoguerra: breve storia di un’avventura intagliata e impressa sui banchi di una scuola elementare di montagna.

Testo di Erica Apolloni, Tita Brugnoli

L’insolita notizia affiora nel maggio del 1955. 1 A Sant’Andrea di Badia Calavena, «un piccolo paese dimenticato dal mondo, senza farmacia né telefono, senza asilo né cinematografo» e nemmeno acqua corrente e gas nell’estrema porzione nord-orientale della provincia di Verona, si stampa un giornale la cui produzione è gestita dai bambini e dalle bambine di una scuola elementare. Terminato l’orario scolastico, le quotidiane occupazioni degli studenti consistono nel portare le mandrie al pascolo, nel raccogliere legna nei boschi e nell’aiutare la famiglia nei campi. L’attività editoriale inizia qualche anno prima, nel 1949, quando il maestro Gianni Faé osserva come gli alunni, con «furtive e laboriose operazioni […], temperino alla mano, molto spesso e volentieri aggredivano il legno dei banchi di scuola […] durante le sue lezioni»; 2 il maestro decide di far leva su questa predisposizione all’intaglio invitandoli a incidere però su fogli di linoleum per illustrare le materie scolastiche, le canzonette paesane e i cori alpini.

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Fuori tema

Off Topic

L’iniziativa prosegue fino al 1953, con la creazione del giornalino «Piccole Dolomiti», i cui primi numeri sono di quattro pagine interamente manoscritte in stampatello. Gli studenti si dedicano anche alla stampa di cartoline illustrate con rappresentazioni delle macchine del lavoro quotidiano nei campi. Conquistato dalla «poesia delle macchine», il poeta Leonardo Sinisgalli chiede al maestro altre illustrazioni: alcune verranno pubblicate nel numero di luglio del 1954 di «Civiltà delle Macchine» e altre venti nel volume I bambini e le macchine delle Edizioni del Gatto di Franco Riva. In breve l’aula viene attrezzata come una «minuscola ma completa» tipografia, in cui il giornale viene «stampato mensilmente […] dagli stessi bambini […] tramutati in attivissimi e brillanti “artieri”», 3 ansiosi di tornare a scuola nel pomeriggio per proseguire l’attività. «La vita domestica, la miniera, i boschi, i campi, i mestieri quotidiani hanno dunque ispirato i ragazzi. Per questo non ci sono ippogrifi e astronavi, non c’è Verne e non ci sono i fumetti, non c’è né astrazione né fantascienza. […]. C’è la storia di una infanzia senza fumisterie e senza illusioni», 4 un’intima comunità rurale sempre ferma rispetto al resto del mondo, ancorata alle consuetudini dettate dal lavoro. Due anni dopo, nel 1955, Faé propone agli allievi testi poetici di Montale, Quasimodo, Saba, Sinisgalli, Ungaretti e li stampa in aula, all’insegna delle Edizioni della Stella Alpina. La tiratura di Cinque poeti e i bambini è di appena venticinque esemplari: 5 nel grande formato dell’edizione su carta di Fabriano, accanto alle illustrazioni a colori brillanti il nero dei testi talvolta traballanti per una troppo morbida chiusura della forma è profondamente impresso. A ciascuna poesia è riservato un quartino sciolto: cinque cartelle, ciascuna da sei quartini, sono raccolte all’interno di una copertina di cartone rivestita di tela, sul cui dorso risalta il titolo in lettere dorate. Il tutto protetto da un astuccio di cartone rigido.


Di lì a poco però la stamperia sarà destinata a chiudere e a cadere nell’oblio: il 27 maggio 1956 Gianni Faè viene eletto sindaco di Badia Calavena e l’attività didattica cessa. Alcuni studenti, in seguito, frequenteranno le scuole per diventare tipografi. Segno di quanto la prassi della «buona scuola», oggi come allora, sia soltanto un vacuo involucro se a gestirlo non ci sono quei «piccoli maestri» che sanno come tirar fuori il meglio anche da poco, anzi, quasi dal nulla. L’articolo si basa sulle informazioni raccolte dall’autrice Erica Apolloni nella sua tesi Umanisti del torchio e “dimestiche” stamperie. La privatissima arte nera nella Verona del Novecento (Università degli Studi di Verona, Dipartimento di Culture e civiltà, corso di laurea in Editoria e Giornalismo, a.a. 2013-14, relatore Tita Brugnoli). 1 Carlo Bavagnoli, I giornalisti della quarta elementare, «Tempo», anno XVII, n. 20, 19 maggio 1955, pp. 57-58. 2 Renzo Sommaruga, Ricordo di un interessante esperimento didattico, archivio privato Sommaruga. 3 Ibid. 4 Leonardo Sinisgalli, prefazione a I bambini e le macchine, Edizioni della Stella Alpina, Verona, 1956, p. 11. 5 Ripubblicati da Vanni Scheiwiller per la Strenna del Pesce d’Oro 1957 e stampati in mille copie dalla Stamperia Valdonega di Giovanni Mardersteig.

L’articolo di «Piccole Dolomiti» che descrive le riprese video con cui la classe è stata immortalata. — Article in Piccole Dolomiti describing the film immortalizing the pupils.

Il maestro Gianni Faé spiega ad alcuni alunni come si compone un testo con i caratteri in piombo. — The school master Gianni Faé explaining how to set a text with lead type.

La montagna inchiostrata

L’articolo di «Piccole Dolomiti» che descrive un’intervista radiofonica. — Article in Piccole Dolomiti describing a radio interview.

The inked mountain

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Una conversazione con Joshua Trees e Yvan Martinez, docenti, editori e blog curator a Londra

Booksfromthefuture:

pubblicare è una performance publishing is a performance A conversation with Joshua Trees and Yvan Martinez, London-based design teachers, publishers and blog curators.

Testo di Text by Claude Marzotto

bookness, bookwork

bookness, bookwork

C M Cosa significano per voi «book-

C M What do bookness and bookwork

ness» e «bookwork»? Questi due concetti, di cui non esiste un equivalente italiano, sembrano essenziali nel vostro lavoro.

mean to you? These two concepts, which do not have an Italian equivalent, seem to be essential to your practice.

J T La loro natura provvisoria ci ha spinto a sfidare, accrescere ed espandere le definizioni esistenti, in relazione con le condizioni attuali della comunicazione e dell’editoria.

J T The provisional nature of both concepts – bookness and bookwork 1 – has invited us to challenge, enhance and expand existing definitions in relation to current conditions of communication and publishing.

Y M L’aspetto più significativo per noi sono i dibattiti intorno a questi concetti che continuano a modellare la nostra esperienza dei libri, e il modo in cui le loro definizioni instabili possono agire come catalizzatori per la pratica.1

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Fuori tema

Off Topic

Y M What’s meaningful to us are the debates surrounding these concepts which continue to shape the way we experience books, and how their unstable definitions can serve as catalysts for practice.

Masaki Miwa, Ying Tong Tan, Yvan Martinez, Joshua Trees, But now space was part of the object. ¹ Print on demand. Zyxt / Booksfromthefuture: First edition 2015 — Masaki Miwa, Ying Tong Tan, Yvan Martinez, Joshua Trees, But now space was part of the object.¹ Print on demand. Zyxt / Booksfromthefuture, prima edizione 2015


Yvan Martinez, Joshua Tree (a cura di), Thought Experiments in Graphic Design Education. Edizione di 500 copie a stampa Riso. Booksfromthefuture, Londra 2013 — Yvan Martinez, Joshua Tree (ed.), Thought Experiments in Graphic Design Education. Edition of 500, Riso printed. London: Booksfromthefuture 2013

Yvan Martinez, Joshua Tree, Dante Carlos (a cura di), Flatland, see Flatland. Print on demand. Booksfromthefuture, prima edizione 2014 — Yvan Martinez, Joshua Tree, Dante Carlos (ed.), Flatland, see Flatland. Print on demand. Booksfromthefuture: First edition 2014

Yvan Martinez, Joshua Tree, Krister Olsson (a cura di), The multiple lives of a blank book (MLBB053). Print on demand. Booksfromthefuture, prima edizione 2015 — Yvan Martinez, Joshua Tree, Krister Olsson (ed.), The multiple lives of a blank book (MLBB053). Print on demand. Booksfromthefuture: First edition 2015

Booksfromthefuture: pubblicare è una performance

Booksfromthefuture: publishing is a performance

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Tecnologie aperte

Open Technologies

A cura di Massimo Banzi, Serena Cangiano, Davide Fornari

Edited by Massimo Banzi, Serena Cangiano, Davide Fornari

In un momento in cui più che mai l’innovazione tecnologica tocca profondamente gli ambiti professionali legati al design, alla comunicazione e all’editoria, ci è sembrato importante riflettere sul rapporto tra tecnica e grafica.

At a time when technological innovation is influencing professional spheres connected with design, communication and publishing more than ever before, we felt it was important to reflect on the relationship between technology and graphics.

La democratizzazione e la semplificazione delle tecnologie del publishing digitale si estendono al mondo dell’elettronica, della robotica e dei sistemi di computazione fisica: i graphic designer oggi più di ieri sono in grado di costruire i propri strumenti di progettazione e di sperimentare nuovi linguaggi.

Democratisation and simplification of the digital publishing technologies also affect electronics, robotics and physical computing systems: today’s graphic designers can make their own design tools and experiment with new languages.

«Progetto grafico» 30 affronta questi temi e si interroga sul futuro della grafica attraverso due interviste (a Casey Reas e Theo Watson), un’inchiesta sulle sperimentazioni che mettono le tecnologie aperte al centro del progetto e una serie di articoli dedicati a esperienze italiane e internazionali nel mondo dell’open source.

Progetto grafico 30 addresses these issues, considering the future of graphic design through two interviews (Casey Reas and Theo Watson), an investigation into the experiments that put open technologies at the centre of the project, and a series of articles on Italian and international experiences in the world of open source.

ISSN 1824-1301

Poste italiane s.p.a. – Spedizione in abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. In L- 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1. DCB Milano

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