Carl Barks il signore di Paperopoli

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Collana «Prospettive» 3

Testo originale: Thomas Andrae Traduzione dall’inglese: Prospettiva Globale Supervisione traduzione: Maurizio Villotta Supervisione editoriale: Matteo Scaldaferri Supervisione testi: Gianluca Aicardi Progetto grafico e impaginazione: Andrea Gellato Copertina: Corrado Mastantuono Ringraziamenti: a Giovanni Agozzino, Marco Guasti, Francesco Spreafico, Giovanni Scanzo e Luca Ventimiglia, per il loro prezioso aiuto; ad Andrea Viale e Maurizio Libertino, per la loro attiva collaborazione; a Carlo Gianello e Ružica Babić (Galleria dell’Arco – Santa Margherita Ligure) e ad Antonella Ferrara (Centro Artistico Art’Intorno – Genova), per l’organizzazione delle mostre collegate al volume; e a Luca Boschi, per i suoi amichevoli consigli. Un “ringraziamento” speciale a Stefano Priarone, senza il quale questo libro non sarebbe mai uscito in questa forma. Titolo originale: Carl Barks and the Disney Comic Book: Unmasking the Myth of Modernity, University Press of Mississippi, Jackson, 2006 Per l’edizione originale: © University Press of Mississippi Per l’edizione italiana: © 2009 Prospettiva Globale Edizioni Prima edizione: febbraio 2009 Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo volume può essere riprodotta senza autorizzazione scritta, salvo per motivi di recensione o citazione critica. Per le illustrazioni disneyane: © The Walt Disney Company Per tutte le altre illustrazioni: © degli autori, ove non diversamente specificato Uncle Scrooge, Donald Duck e tutti gli altri personaggi disneyani citati: © e TM Walt Disney Company

Prospettiva Globale Edizioni Stradone di Sant’Agostino 29/7 16123 Genova (GE) www.progloedizioni.com info@progloedizioni.com Presidente: Luca Ventimiglia luca.ventimiglia@progloedizioni.com Ufficio stampa: Giovanni Agozzino e Eleonora Buffagni ufficiostampa@progloedizioni.com Stampa: Arti Grafiche BCD Via San Felice 37d rosso 16138 Genova (GE) www.bicidi.it bicidi@bicidi.it


Sommario Introduzione all’edizione italiana

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Rileggere Paperino

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L’uomo dei paperi

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Da Burbank a Paperopoli

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Gotico Americano

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L’eden in primo piano

143

La resurrezione del Self-made man

169

Il disastro postmoderno

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Appendice I, fi lmografia di Carl Barks

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Appendice II, bibliografia di Carl Barks

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Galleria di omaggi a Carl Barks

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Introduzione all’edizione italiana È con grande piacere che presento ai lettori italiani il mio libro su Carl Barks. E forse sarebbe il caso di spendere qualche parola su come ho conosciuto l’opera di Barks e lo stesso Uomo dei Paperi. Come molti figli del baby boom1, sono cresciuto leggendo gli albi a fumetti della Disney, che all’epoca erano i fumetti più popolari d’America, al punto che era mia madre a leggermeli quand’ero bambino. Ho così imparato a leggere sulle storie di Barks, anche se naturalmente all’epoca ancora non conoscevo il suo nome. Però riuscivo sempre a riconoscerne lo stile, sia grafico che narrativo. Era un momento davvero speciale per me quando mio padre mi portava a casa un nuovo albo Disney che conteneva una storia di Carl. All’epoca non si sapeva nulla della genesi di questi fumetti e dei loro autori: erano un mistero per me, un mistero davvero stuzzicante. Ricordo di aver trovato una copia mezza rovinata di The Old Castle’s Secret (Paperino e il segreto del vecchio castello, su Donald Duck Four Color n. 189, 1948) nella sala d’aspetto di un medico, o in un posto del genere. Ero eccitato per aver scoperto un fumetto di paperi che non avevo mai visto e del quale nemmeno sospettavo l’esistenza. In quei tempi remoti si potevano comprare due albi usati al prezzo di un nichelino, e fra i miei ritrovamenti voglio ricordare anche il numero di Walt Disney’s Comics & Stories con quella bellissima copertina con la barca (WDC&S #108, 1949), che mi piacque subito moltissimo2 . Crescere con questi fumetti conferisce loro un effetto viscerale sull’immaginazione e ce li fa rimanere impressi nella memoria in maniera permanente. Anni dopo aver venduto la mia collezione ai tempi dell’adolescenza, riuscii a recuperare alcuni di questi numeri, e fu come ritrovare dei vecchi amici che avevo perduto: mi ha reso felice. Ricordavo ogni battuta, ogni vignetta… Ho appreso per la prima volta il nome di Barks dalle fanzine che uscivano in quel periodo, come quelle realizzate da Mike Barrier e da Don e Maggie Thompson. Quando sono tornato a collezionare fumetti negli anni Sessanta mi sono specializzato in quelli disneyani, specie se di Barks, che erano i miei preferiti. In seguito, nel 1970, sono venuto a sapere che l’Uomo dei Paperi stava vendendo alcu1 Andrae si riferisce al grande incremento del tasso di fertilità registrato negli Stati Uniti (e in altri Paesi) dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e durato fin quasi alla metà degli anni Sessanta, quando calò anche a causa dell’introduzione, nel 1960, della piccola anticoncezionale. [NdR] 2 Per la cronaca, in quell’albo c’era la storia di Barks Paperino e le rane. [NdR]

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Thomas Andrae ne sue tavole originali. Il prezzo era già aumentato dagli iniziali venticinque dollari l’una a cento, che all’epoca erano davvero tanti per uno studente squattrinato come me, ma inviai lo stesso un assegno, allegando una lettera nelle quale mi lanciavo in lodi sperticati dell’opera di Barks. Mi arrivò una bella pin-up di Paperino, disegnata sulla carta che Barks aveva utilizzato per fasciare la tavola. Sono anche stato abbastanza fortunato da riuscire a vedere il primo dipinto di Barks, quando Glenn Bray lo portò nell’area di San Francisco per mostrarcelo. Era pazzesco: i paperi sembravano più tridimensionali che in ogni altra copertina dipinta che mai avessi visto, e la scena della nave era felice e spensierata, una gioia per gli occhi. Era così luminoso che solo guardarlo mi rendeva felice. In quel periodo avevo fatto conoscenza con Don Ault, che stava insegnando a Berkeley, dove studiavo. Siamo subito diventati amici e Don fu così gentile da mettermi in lista come acquirente di un dipinto di Barks. Insieme abbiamo organizzato la prima mostra dei suoi dipinti disneyani in un hotel a Berkeley, in California. Quella fu la prima volta che incontrai Carl: mi ricordo di averlo salutato nel parcheggio mentre stava prendendo i quadri per noi. Don comprò il secondo dipinto di Barks, nel quale aveva ricreato la copertina del primo albo della serie Uncle Scrooge3, e io il terzo, la copertina di Sheriff of Bullet Valley (Paperino sceriffo di Valmitraglia, su Donald Duck Four Color n. 199, 1948). Carl aveva realizzato due quadri con questo stesso soggetto perché non era soddisfatto del modo in cui il cielo rosso appariva nel mio quadro (e così lo aveva cambiato in azzurro). L’altro quadro mostrava un tramonto di un rosso fiammeggiante, che gli dava l’aspetto della copertina di un romanzo pulp-western. È stato difficile scegliere quale comprare, sebbene fossi più incline a scegliere quello con il cielo azzurro; quando anche Carl confermò la mia opinione, lo comprai subito. Passammo una cena molto piacevole nell’albergo dove alloggiavano Carl e sua moglie Garé. Non ricordo molto su cosa ci siamo detti, se non che Carl mi era apparso subito come un uomo molto umile, che si mostrava grato per tutte le lodi e l’attenzione che gli rivolgevamo. Dopo cena gli chiedemmo del suo lavoro, ma i suoi problemi di udito rendevano difficile per lui rispondere alle domande del gruppo. In seguito ho saputo che Carl e Garé erano stati incerti se venire o meno Berkeley, pensando di poter essere aggrediti dalle Pantere Nere: come molti altri a quel tempo, si erano lasciati influenzare dagli stereotipi che dipingevano la cittadina universitaria come il covo dei radicali e le sue strade infestate dalla violenza, sebbene per brevi periodi effettivamente c’erano stati scontri anche piuttosto duri. Dopo la visita di Barks, Don e io c’incontrammo di frequente per guardare gli ultimi dipinti del maestro. Erano incredibili. Ho sempre pensato che Carl abbia realizzato i quadri migliori nei primi anni in cui cominciò a farli, quando erano ancora semplici adattamenti dei fumetti originali creati apposta per i suoi fan. Ma l’abilità di Carl era tale che in pratica tutti i suoi dipinti finivano per essere di alto livello. Uno dei ricordi di Carl a cui sono più legato risale a quando gli feci visita a casa sua assieme a Don per fi lmare una video-intervista. Barks era stato ripreso raramente in passato, quindi quella per noi era un’opportunità stimolante: eravamo molti eccitati e al tempo stesso estremamente nervosi di fronte a quella che ci sembrava un’occasione storica. Ancora adesso ritengo che la vera personalità di Carl sia emersa al meglio proprio in quel video amatoriale in bianco e nero; forse perché Don e Carl erano molto amici e Carl 3 Cioè Only a Poor Old Man, in Italia Zio Paperone e la disfida dei dollari. [NdR]

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Carl Barks il signore di Paperopoli si sentiva perfettamente a suo agio con lui. Non vidi mai Carl tanto brillante e divertente quanto in quell’intervista, e mi considero davvero un privilegiato per avervi preso parte. In seguito ho avuto la fortuna di essere uno degli editor della Carl Barks Library pubblicata da Bruce Hamilton e Russ Cochran. Avrò sempre un debito di riconoscenza con loro per avermi offerto l’opportunità di tempestare Carl con una miriade di domande e di fare cinque anni di ricerche allo studio Disney sul lavoro di Barks nell’animazione. Così io e il mio collega Geoffrey Blum abbiamo potuto ottenere importanti informazioni sulla vita e sulla carriera dell’Uomo dei Paperi, e al tempo stesso siamo stati liberi di scrivere su quello che più ci piaceva e interessava. E anche dopo la fine di quel progetto sono rimasto in contatto con Carl e il suo lavoro. Era sempre affascinante testimoniare un nuovo capitolo nella saga del grande Uomo dei Paperi. Come molti, pensavo che sarebbe andato avanti per sempre. Era stato un punto fermo nelle nostre vite per quasi trent’anni come amico, ma anche prima di conoscerlo di persona, quando eravamo bambini e leggevamo le sue storie. Fu uno shock per me scoprire che aveva contratto la leucemia, e che stava morendo. Grazie al dottor Gerry Tank, un suo vecchio amico, ho potuto mandargli un’ultima lettera di commiato: è stato come dire addio a mio padre. Nella lettera ho cercato di esprimere a Carl quanto la sua opera abbia significato per me. Penso che non sia stato soltanto un grande scrittore e disegnatore, ma anche un meraviglioso essere umano da prendere a modello. La sua umiltà, la sua etica del lavoro, la sua tolleranza e la sua generosità verso chi si trovava ad avere bisogno erano parte del suo carattere, valori ben presenti nei suoi fumetti e che ho portato con me per tutto il corso della mia vita. Thomas Andrae San Francisco, ottobre 2008

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Carl Barks il signore di Paperopoli

1. Rileggere Paperino1 Prima dell’avvento della televisione, della musica rock e dei videogame, i fumetti erano il pilastro del divertimento per i bambini negli Stati Uniti. Il loro costo di soli dieci centesimi e le enormi tirature li resero un’esperienza quasi universale per i ragazzi cresciuti fra la Grande Depressione e gli anni del Baby Boom2 . Stampati su carta di qualità infima e racchiusi da copertine patinate, i fumetti rappresentavano in pieno l’estetica a buon mercato dei prodotti culturali di massa, e non si supponeva che dovessero sopravvivere a letture ripetute. Il pensiero che fossero degni di essere conservati, o addirittura collezionati per il loro valore artistico o economico, sarebbe sembrato assurdo agli adulti che li buttavano via a migliaia durante le raccolte di carta per beneficenza e le pulizie di primavera. Eppure i bambini che li leggevano li conservavano e li collezionavano, trattandoli come tesori inestimabili che davano voce alle loro esperienze e ai loro desideri come nessun altro fenomeno culturale faceva. A partire dagli anni Sessanta si è verificato un cambiamento di percezione. I fumetti, così come altri fenomeni effimeri della cultura popolare, sono diventati costosi oggetti da collezione in un mercato in rapida espansione basato sulla nostalgia. Ma in ogni caso i fumetti vengono apprezzati anche per ragioni che vanno oltre il valore sentimentale o economico. Oggi sono celebrati come opere d’arte, e un pubblico di appassionati ha beatificato un vero e proprio pantheon di artisti, ritenuti i più grandi autori di fumetti di tutti i tempi. Tra loro ha una posizione preminente Carl Barks, un ex sceneggiatore della Disney che è stato acclamato come il più importante narratore a fumetti della sua era. All’epoca, pochi avrebbero compreso il significato della scritta “Barks’ Jiff y Chicken Dinner3” che si trova sul lato di una scatola nella copertina del numero del marzo 1947 di Walt Disney’s Comics and Stories. Né avrebbero potuto sapere che un barattolo con l’etichetta “Barks’ Dog Soup4”, presente nella credenza del protagonista in una storia di Paperino del 1946, citava il nome dell’autore. La politica dello Studio Disney e del suo licenziatario per i fumetti, la Western Publishing, prevedeva che i nomi degli autori rimanessero segreti. Questo per mantenere l’illusione che Walt Disney stesso fosse responsabile 1 Per aumentare la scorrevolezza del testo agli occhi del lettore italiano, si è scelto di tradurre i nomi di tutti i personaggi usando il corrispettivo italiano classico; tra parentesi vengono forniti i nomi originali. [NdT] 2 Col termine “Baby Boom” si indica il periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale (dal 1946 al 1964), durante il quale il numero delle nascite negli Stati Uniti ebbe un notevole incremento, passando da poco più di 250 mila all’anno a quasi 450 mila. [NdR] 3 “Cena istantanea a base di pollo Barks”. [NdT] 4 “Minestra per cani Barks”. [NdT]

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Thomas Andrae non solo dei cartoon che portavano il suo nome, ma anche della miriade di libri per bambini e di fumetti che portavano il marchio Disney. Il nome di Barks, quindi, non apparve mai nelle storie con protagonisti i paperi disneyani da lui realizzate nel periodo tra il 1942 e il 1966. Ma i ragazzi riconoscevano lo stile caratteristico di quello che chiamavano “il bravo disegnatore”, e si lamentavano prontamente quando veniva rimpiazzato da autori di minor talento. Sfortunatamente, Barks non vide mai nessuno comprare uno dei fumetti da lui realizzati: «Mi capitava di andare nei drugstore o ovunque ci fosse un espositore di riviste, e se avevo un po’ di tempo libero gironzolavo, facendo finta di dare un’occhiata a Popular Mechanics 5 o a qualcos’altro, e guardavo i bambini che entravano… Speravo sempre di vederne uno comprare un numero di Walt Disney’s Comics and Stories o di Uncle Scrooge. Non accadde mai. Prendevano sempre Superman oppure un fumetto della Harvey6 o un numero di Oswald Rabbit 7, ma nessuno di loro degnava mai neanche di uno sguardo gli Uncle Scrooge o i Donald Duck… Penso che sarebbe stata la più grande emozione della mia vita vedere un bambino pagare dieci centesimi per una copia di Uncle Scrooge»8 . Barks inventò un’intera famiglia di parenti di Paperino/Donald Duck, inclusi suo cugino, Gastone Paperone [Gladstone Gander], un dandy dai capelli ondulati che riusciva a vivere senza lavorare grazie alla sua incredibile fortuna; lo scienziato eccentrico, Archimede Pitagorico [Gyro Gearloose]; il miliardario spilorcio, Zio Paperone [Uncle Scrooge], e i suoi nemici, la gang di ladri inetti della Banda Bassotti [The Beagle Boys]; la maga italiana, Amelia [Magica de Spell]. I nipoti di Paperino e la sua fidanzata Paperina [Daisy Duck], già presenti nei disegni animati, completavano il cast. In genere le storie di Barks erano di due tipi. Il primo era rappresentato da una serie di storie di Paperino di dieci pagine pubblicate mensilmente su Walt Disney’s Comics and Stories. Queste storie si svolgevano nella città immaginaria di Paperopoli [Duckburg], che Barks aveva creato per il suo cast pennuto, e riguardavano soprattutto la vita di tutti i giorni di Paperino. Il secondo tipo di storie di Barks consisteva nelle avventure più lunghe per la serie di Paperino pubblicata su Four Color9 e su Uncle Scrooge, e che portava i paperi in ambientazioni esotiche, in cerca di tesori nascosti e civiltà perdute. Barks scrisse e disegnò più di cinquecento storie alla velocità di una storia ogni due settimane, un record di prolificità incredibile per uno sceneggiatore o un disegnatore. Le narrazioni fantasiose di Barks resero gli appassionati desiderosi di sapere qualcosa di più riguardo al misterioso creatore delle storie dei paperi. Nel 1960 un fan di nome John Spicer usò uno stratagemma per dissipare la cortina di silenzio, e la Western Publishing per la prima volta rivelò il nome di Barks a un lettore. Quando Barks ricevette la prima lettera da parte di un fan era così poco abituato al riconoscimento del suo lavoro che da princi5 Rivista americana dedicata alla scienza e alla tecnologia. [NdR] 6 Casa editrice statunitense fondata nel 1941. Tra i suoi personaggi più famosi si ricordano Casper e Richie Rich. [NdR] 7 Oswald the Lucky Rabbit è il coniglio antropomorfo creato nel 1927 da Walt Disney e Ub Iwerks come protagonista di alcuni dei loro primi cartoon. La sua complessa vicenda produttiva, che lo avrebbe visto passare presto nelle mani della concorrenza, farà del suo design il prototipo di quello usato per il successivo Mickey Mouse. [NdR] 8 Barks intervistato da Donald Ault e Thomas Andrae, 4 agosto 1975. Per una raccolta di interviste a Barks, cfr. Donald Ault (a cura di), Carl Barks Conversations (University Press of Mississippi, Jackson 2003) 9 Testata antologica pubblicata dall’editore Dell tra il 1939 e il 1962 e che presentava in ogni numero un differente personaggio. Paperino apparve in almeno 25 numeri di Four Color prima di ottenere una testata a suo nome.

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Carl Barks il signore di Paperopoli pio pensò che si trattasse di uno scherzo del suo amico Bob Harmon, un gag writer10 che scriveva per Dennis the Menace11 ed era noto per le sue burle. Solo dopo che Harmon ebbe negato ripetutamente di essere l’autore della lettera, e dopo averla «guardata con sospetto per parecchie settimane», Barks decise di rispondere vista la possibilità che potesse essere autentica. In seguito commentò: «La segreteria di redazione mi dice che ricevono molte lettere, ma negli ultimi diciassette anni ne ricordo solo tre… due delle quali erano stroncature che mi hanno causato il mal di testa per settimane»12 . I critici hanno ipotizzato che la Western abbia lasciato Barks all’oscuro della reale quantità di lettere di appassionati che riceveva, per evitare che si montasse la testa e chiedesse maggior considerazione e un compenso più alto, mentre la maggior parte degli autori Western lavorava in modo anonimo sui vari personaggi su licenza che erano la base della casa editrice. Ma da quando l’identità di Barks è stata svelata, la sua fama è cresciuta a dismisura. Il suo lavoro è stato ospitato in mostre nei musei, e Time, Newsweek e il New York Review of Books lo hanno riconosciuto come uno dei più grandi umoristi americani. Barks ha avuto anche un impatto notevole sulla cultura popolare statunitense. Decani del cinema fantastico come George Lucas e Steven Spielberg hanno citato le sue storie avventurose come fonte d’ispirazione per i fi lm della saga di Indiana Jones. Duck Tales, serie televisiva animata che esordì negli anni Ottanta, aveva come protagonista una creatura di Barks, Zio Paperone, e presentava adattamenti di alcune delle sue storie più famose. Le opere di Barks vengono continuamente ristampate da parecchi anni negli Stati Uniti, e ciò contribuisce al riconoscimento del loro valore. Tuttavia, egli ha raggiunto una popolarità anche maggiore in Europa, dove le sue storie sono ristampate in albi settimanali che pubblicano le storie a fumetti di Paperino, e il nome di Barks è molto noto. I fumetti Disney apparvero per la prima volta sul Mickey Mouse Magazine, che iniziò a essere pubblicato nel 1935. Si trattava di un tabloid di grande formato che conteneva giochi, barzellette e ristampe delle strisce a fumetti di Topolino e Paperino. L’enorme successo di Superman alla fine degli anni Trenta trasformò i fumetti da un’attività artigianale a un fiorente mezzo di comunicazione di massa. La K.K. Publications, che stampava la rivista, cercò di capitalizzare su quel mercato in rapida espansione, cominciando a modificare formato e contenuti. Quando fu pubblicato il suo ultimo numero nel 1940, il Mickey Mouse Magazine conteneva quasi solo ristampe di fumetti, e le sue dimensioni erano diventate identiche a quelle di un comic book. Walt Disney’s Comics and Stories mantenne lo stesso format quando debuttò nell’ottobre del 1940. Prima dell’arrivo di Barks le apparizioni di Paperino nei fumetti erano limitate alle strip giornaliere autoconclusive disegnate da Al Taliaferro. Barks disegnò la prima storia di Paperino destinata appositamente al formato comic book (“Donald Duck Sails for Pirate Gold”, su Four Color n. 9) nel 1942, quando lavorava ancora per lo Studio Disney. In seguito gli fu chiesto di disegnare una storia inedita di Paperino anche per Walt Disney’s Comics and Stories, nel numero 31 dell’aprile 1943. Barks avrebbe continuato a scrivere e disegnare fumetti Disney per i ventitré anni successivi. I fumetti Disney erano molto popolari negli anni Quaranta e Cinquanta, periodo in cui giunsero all’apice del loro successo. La tiratura di Walt Disney’s Comics and Stories era cresciuta dalle 252 mila copie del primo numero a più di un milione di copie nel 194213. 10 Scrittore specializzato in battute o situazioni comiche. [NdT] 11 Striscia giornaliera a fumetti creata da Hank Ketcham nel 1951. [NdR] 12 Barks intervistato da R.O. Burnett, 13 dicembre 1960. 13 Malcolm Willets, “An Interview with George Sherman”, su Duckburg Times n. 12, luglio 1981 (rist. su Vanguard n. 2, 1968), pag. 12.

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Thomas Andrae Nel 1947, dopo anni di storie realizzate da Barks per la rivista, la tiratura era salita a due milioni di copie. Il picco arrivò nel 1953, quando la testata vendeva più di tre milioni di copie al mese, il che la rendeva uno dei fumetti più diff usi di sempre. Oltre uno statunitense su cinque leggeva le storie di Barks, e i fumetti Disney restavano secondi in popolarità fra tutte le pubblicazioni in commercio solo a Time e al Saturday Evening Post. Una tale influenza avrebbe portato il critico cinematografico Leonard Maltin a dichiarare nel 1983 che Barks era «l’autore completo di fumetti più famoso al mondo»14. Parte del successo dei fumetti di Barks derivava dal fatto che non si rivolgeva ai suoi giovani lettori in modo paternalistico. Anzi, le sue storie potevano essere lette su più livelli, risultando gradevoli a bambini e adulti allo stesso modo. «I bambini non sono bambole con la testa vuota, e non lo erano neanche trent’anni fa», osservava Barks nel 1972. «Non riesco a ricordare un momento della mia vita in cui fossi abbastanza giovane da ignorare la maggior parte delle questioni quotidiane più comuni. Né ho mai conosciuto un ragazzino che non sapesse un bel po’ di cose su meccanica, geografia, animali, valori, morale, responsabilità, eccetera. I piccoli e insulsi Bobby e Billy e Jane dei libri per bambini standard sono prodotti dell’immaginazione di redattori puritani che hanno dimenticato da tempo quello che avevano in testa quando erano bambini»15. Come fa notare James Freeman, le storie di Barks trattavano quasi esclusivamente di desideri e attività da adulti: «Paperino viene truffato in una transazione immobiliare; Paperino perde un lavoro dopo l’altro; Paperino vuole solo un cane con il pedigree; Paperino viene continuamente disturbato da dei venditori mentre è in vacanza; Paperino prova a far colpo sull’alta società di Paperopoli organizzando una festa con pranzo nella giungla; e così via»16. Ma tutto questo trovava una corrispondenza nel desiderio di diventare adulti dei bambini, che vivevano in un mondo dominato dagli adulti stessi. Questa elisione della distanza fra adulto e bambino sarebbe diventata una caratteristica centrale dell’opera di Barks. Il mercato dei fumetti in generale è sempre stato suddiviso in base all’età e al genere. I bambini più piccoli si orientano sui fumetti con animali antropomorfi17, le ragazzine preferiscono fumetti che trattino temi adolescenziali e problematiche sentimentali, e i fumetti di fantascienza e di supereroi sono letti in prevalenza da maschi. I fumetti di Barks avevano una capacità unica di trascendere queste divisioni. Uno studio del 1950 sulle abitudini di lettura di bambini e adolescenti, per esempio, mostrò come i fumetti di Paperino fossero letti da tutti, indipendentemente dal gruppo anagrafico e dal sesso di appartenenza18. Questi fatti testimoniano l’appeal universale delle storie di Barks, e la loro attitudine a trascendere le barriere di età, sesso e nazionalità. Da quando Superman è diventato un’icona popolare alla fine degli anni Trenta, il genere supereroistico ha dominato l’industria fumettistica. Questi fumetti sciorinano fantasie da adolescenti popolate di personaggi che combattono il crimine vestiti in costumi sgargianti, dotati di poteri magici, in grado di offrire ai lettori una via di fuga dalle restrizioni 14 Leonard Maltin, “The Carl Barks Story: The Creator of Uncle Scrooge Moves into the Limelight”, su Disney News n. 19 (inverno 1983-1984). 15 Barks intervistato da Paul Ciotti, 28 settembre 1972. 16 James Freeman, “Donald Duck: How Children (Mainly Boys) Viewed Their Parents (Mainly Fathers), 1943-1960”, su Children’s Literature n. 5 (1977), pag. 151. 17 Nel mondo anglosassone questo genere viene indicato con il termine furry animals, “animali pelosi”, dato che generalmente questi personaggi erano versioni antropomorfe di animali tipicamente usati per i peluche dei bambini: coniglietti, orsetti, scoiattoli e simili. [NdT] 18 Paul Lyness, “The Place of the Mass Media in the Lives of Boys and Girls”, su Journalism Quarterly n. 29 (1952), pag. 43.

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Carl Barks il signore di Paperopoli e dalla banalità della loro vita quotidiana. Le opere di Barks, invece, erano più realistiche e concrete. Le sue storie brevi proponevano un ritratto di ordinari mortali che cercano di affrontare i travagli della vita quotidiana. E mentre le sue epopee più lunghe offrivano abbastanza avventura piena di eccitazione da soddisfare i bambini, le summenzionate storie brevi trattavano invece proprio i desideri e le ansie degli adulti. Le storie barksiane richiedevano a quel tempo una visione morale e sociale più complessa di quella dei fumetti di supereroi, e Barks evitava i conflitti fra buoni e cattivi, rendendo tutti i paperi dei personaggi moralmente ambigui con illusioni e difetti umani. Barks stesso così commentava questo aspetto nel 1973: «La cosa più importante da sottolineare riguardo ai miei fumetti è questa: io dicevo le cose come stavano. Dicevo ai bambini che i cattivi hanno in sé un poco di bontà, che non si può fare troppo affidamento su niente, e che le cose non andranno sempre per il meglio»19. Le storie di Barks demoliscono un mito sostenuto a lungo dal pubblico generalista e dai censori dei fumetti: vale a dire che i fumetti stessi sono letti quasi esclusivamente dai bambini. Gli studi sulle abitudini di lettura negli anni Quaranta rivelano che, benché i fumetti rimanessero principalmente un medium infantile, godevano anche di un’ampia audience adulta. Certo, circa il 90% dei bambini leggeva regolarmente fumetti, ma uno stupefacente 41% degli uomini adulti e il 28% delle donne erano allo stesso modo consumatori abituali di fumetti negli anni Quaranta20. E i fumetti, di fatto, erano stati il tipo di lettura più popolare tra le forze armate durante la Seconda Guerra Mondiale21. Il dopoguerra vide aumentare nei fumetti l’uso di tematiche più sofisticate e un’attrattiva esplicita nei confronti di un pubblico più adulto, e le storie di Barks costituirono l’avanguardia di una crescente sofisticazione e complessità del medium, rendendolo uno degli artisti grafici più innovativi del suo tempo. Questo libro tratta le fasi più importanti della carriera di Barks come artista Disney, dal suo lavoro sui disegni animati di Donald Duck all’attività di scrittore e disegnatore per i fumetti Disney. Questo tipo di approccio è piuttosto nuovo nel campo degli studi sulla cultura popolare. Mentre il cinema, il jazz e i video musicali sono già stati elevati al rango di forme d’arte, i fumetti vengono tradizionalmente considerati come letteratura di livello infimo. Inoltre, i lavori accademici sul fumetto si concentrano prevalentemente sui supereroi e i loro creatori. Il fumetto di animali antropomorfi, genere in cui Barks operava, è stato poco considerato a causa di un equivoco di fondo: dato che quelle riviste erano indirizzate ai lettori più giovani, si è supposto che il loro contenuto fosse meno sofisticato rispetto a quello di altri ambiti fumettistici. Questa convinzione è evidente ad esempio in Comic Book Nation di Bradford Wright, fondamentale storia culturale del fumetto. Citando proprio Wright: Ho scelto di non includere in questo studio le serie che trattano animali antropomorfi, quelle con i personaggi dei cartoon e le serie umoristiche per ragazzi. Anche se testate come Donald Duck, Richie Rich22 e Archie23 hanno goduto di un successo di pubblico molto vasto 19 Barks intervistato da Donald Ault, 5 maggio 1973. 20 Norbert Muhlen, “Comic Books and Other Horrors”, su Commentary del 1° gennaio 1949, pag. 81. 21 ibid. 22 Il bambino più ricco del mondo è un personaggio apparso per la prima volta nel 1953 sul primo numero della rivista Little Dot della Harvey Comics. Nel 1960 esordirà con una sua testata. [NdR] 23 Il celebre teen-ager e il suo mondo all-american di “personaggi della porta accanto” furono creati nel 1941 su Pep Comics n. 22 dal disegnatore Bob Montana (su testi di Vic Bloom) e dall’editore John L. Goldwater, co-fondatore della MLJ Comics. Il successo del personaggio sarebbe stato tanto travolgente da spingere Gol-

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Thomas Andrae anche fra i preadolescenti, suscitano tutte un fascino senza tempo e immutato nei confronti dei bambini che le rende relativamente poco utili dal punto di vista di una storia culturale (…) Si potrà trovare un terreno più fertile esplorando i fumetti indirizzati a lettori di età lievemente più adulta – lettori che, in altre parole, abbiano raggiunto uno stadio del loro sviluppo nel quale sono in grado di percepire i testi all’interno di un contesto sociale e politico più ampio24.

In altre parole, i fumetti con animali antropomorfi sono per bambini, mentre agli adulti interessano i supereroi. Sia come sia, la verità è che i fumetti di Barks infrangono con decisione questa dicotomia adulto/bambino e risultano universali nel loro appeal, riuscendo a offrire uno sguardo penetrante sulla società e sulla cultura americane. Parte del problema citato risiede nella quasi totale mancanza di letteratura accademica dedicata alle opere di Barks. How to Read Donald Duck: Imperialist Ideology in the Disney Comic25 di Ariel Dorfman e Armand Mattelart è l’unico vero lavoro di critica sui fumetti Disney che sia disponibile in lingua inglese. Scritto all’apice del tentativo da parte del Cile di liberarsi dall’influenza degli Stati Uniti, il libro di Dorfman e Mattelart è stato definito «un classico sull’imperialismo culturale e la letteratura per bambini» e «tra tutte le analisi sui fumetti, forse la più importante»26. Malgrado ciò, il saggio ha dei seri difetti, ed esaminandolo criticamente possiamo non solo correggere alcuni giudizi erronei sull’opera di Barks, ma anche acquisire dimestichezza con metodi più appropriati allo studio dei fumetti. How to Read Donald Duck venne pubblicato in Cile nel 1971, un anno dopo l’ascesa al potere del governo socialista di Salvador Allende. Sia Dorfman che Mattelart erano consulenti per l’editore di stato, Quimantù27, e consideravano il loro lavoro come una parte importante dell’avvento del socialismo nel Cile. Il governo venne rovesciato nel 1973 da un golpe militare avvenuto con la complicità degli Stati Uniti, che fece salire al potere una giunta militare guidata da un brutale dittatore, il generale Augusto Pinochet, costringendo Dorfman e Mattelart all’esilio. Il saggio venne tradotto in inglese e fu messo inizialmente al bando negli Stati Uniti perché gli avvocati della Disney sostenevano che costituisse una violazione dei loro copyright. In seguito fu pubblicato negli Stati Uniti e nel resto del mondo, e quando venne realizzata una seconda edizione nel 1984 era già stato tradotto in quindici lingue e aveva venduto più di mezzo milione di copie. Come suggerisce il titolo, Dorfman e Mattelart cercano di rivelare la concezione imperialistica del mondo celata dietro la facciata apparentemente innocente e sana dei fumetti Disney. Gli autori affermano che i fumetti Disney sono un potente strumento dell’imperialismo statunitense proprio perché fingono di essere un innocuo prodotto d’intrattenimento per bambini. Dorfman e Mattelart sostengono che i fumetti Disney sono forme di propaganda capitalista e strumenti di vendita per l’intero impero Disney. Gli autori fanno notare la curiosa assenza di padri e madri nei fumetti Disney, popolati da numerosi zii, nipoti e cugini, ma usi a cancellare ogni riferimento alla paternità e alla maternità biologiche. Dorfman e Mattelart considerano ciò non soltanto un esempio dwater a cambiare nome alla sua stessa casa editrice, trasformata nel 1946 in Archie Comics, e che continua a tutt’oggi a gestirne le pubblicazioni e i diritti derivati. [NdR] 24 Bradford Wright, Comic Book Nation: The Transformation of Youth Culture in America (Johns Hopkins University Press, Baltimora 2001), pag. XVII. 25 “Come leggere Donald Duck: l’ideologia imperialista nei fumetti Disney”. [NdT] 26 Martin Baker, Comics: Ideology, Power, and the Critics (Manchester University Press, Manchester 1989), pag. 292. 27 Traducibile come “il sole della conoscenza”.

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Carl Barks il signore di Paperopoli della pruderie di Disney, ma anche un sistema per intrappolare i bambini nella ragnatela del potere e dell’ideologia patriarcali tradizionali. Fanno notare come l’irresponsabile e incompetente Paperino reciti il ruolo dell’adulto infantile, mentre sono i tre nipotini a essere rappresentati come i veri adulti, più maturi, virtuosi e abili dello zio. Di conseguenza, quando i nipoti si ribellano ai misfatti di Paperino, lo fanno nel nome dei valori degli adulti. Identificandosi nei nipoti, i giovani lettori arrivano ad adottare quei valori, abbandonando la loro naturale inclinazione verso la spontaneità, l’immaginazione e l’eversione nei confronti dell’autorità degli adulti. «Dato che il bambino s’identifica nella controparte presente nelle storie», sostengono gli autori, «contribuisce egli stesso alla propria colonizzazione culturale. La ribellione dei giovani protagonisti dei fumetti è percepita come modello per l’effettiva ribellione del bambino stesso nei confronti delle ingiustizie; ma ribellandosi nel nome dei valori degli adulti, i lettori di fatto li stanno interiorizzando»28. In questo modo, tale “inversione” fra adulti e bambini presente nei fumetti Disney intrappolerebbe questi ultimi in un inflessibile sistema circolare di regole dal quale non possono più affrancarsi. Dorfman e Mattelart trovano nell’ideologia imperialista dei fumetti Disney un’analogia inversa fra la rappresentazione dei bambini e quella dei cittadini del Terzo Mondo, la cui natura stessa li infantilizza e li fa restare “sottosviluppati”. Gli abitanti del Terzo Mondo sarebbero dipinti come “nobili selvaggi” fanciulleschi, amichevoli, spensierati, ingenui, felici e pronti a fidarsi degli altri. A differenza dei “bambini adulti” di Paperopoli, che si ritrovano costantemente a correggere i loro parenti più grandi, gli abitanti del Terzo Mondo scarseggiano in «intelligenza, astuzia, disciplina, sapere enciclopedico e abilità tecniche»29. Ignari del valore di mercato delle ricchezze del loro Paese, sono felici di permettere ai paperi di espropriarli dei loro averi in cambio di qualche ninnolo. Portando i lettori del Terzo Mondo, affermano Dorfman e Mattelart, a internalizzare un’immagine di se stessi come ingenui primitivi, i fumetti Disney rinforzano una relazione di dipendenza tra gli Stati Uniti e il mondo sottosviluppato che legittima il «saccheggio imperialista occidentale e il soggiogamento coloniale»30. Oltre a eliminare i riferimenti alla sessualità e alla riproduzione biologica, i due autori cileni denunciano il modo in cui i fumetti Disney cancellano l’immagine del lavoratore industriale e i meccanismi di produzione della ricchezza, sostituendoli con un mondo di consumatori e consumi: «Nell’universo Disney nessuno ha bisogno di lavorare per produrre. I personaggi comprano, vendono e consumano continuamente, ma apparentemente nessuno dei prodotti coinvolti ha richiesto uno sforzo per essere generato»31. Questa esclusione del lavoro industriale prende spunto dalla nozione di Marx del feticismo dei beni, secondo la quale il valore di un prodotto è rappresentato dal lavoro necessario a produrlo, e si suppone che emani dal prodotto stesso. Gli autori fanno notare come nei fumetti Disney il lavoro sia rappresentato principalmente nell’ambito del settore terziario: i cittadini di Paperopoli sono parrucchieri, venditori, guardiani notturni, fattorini e così via, ma non sono mai operai. Di conseguenza, secondo Dorfman e Mattelart, queste storie cancellerebbero il regno della produzione industriale e la classe lavoratrice, vera forza generatrice della ricchezza nella società capitalistica. Potremmo chiederci se Paperino non provi disagio per la sua condizione di lavoratore 28 Ariel Dorfman e Armand Mattelart, How to Read Donald Duck: Imperialist Ideology in the Disney Comics (International General, New York 1975), pag. 36. 29 op. cit., pag. 46. 30 op. cit., pag. 64. 31 op. cit., pag. 16.

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