Longshot Comics - La lunga e inutile vita di Roland Gethers

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Shane

Simmons


Collana «Sequenze» 2

Testi e disegni: Shane Simmons Lettering: Giovanni Agozzino Traduzione dall’inglese: Maurizio Villotta Supervisione editoriale: Maurizio Villotta Redazionali: Gianluca Aicardi Consulenza storica: Matteo Scaldaferri Supervisione testi: Gianluca Aicardi Assistenza supervisione: Luca Ventimiglia Progetto grafico e impaginazione: Andrea Gellato Retro copertina: E. W. Kemble, Uncle Tom’s Cabin (1891) Titolo originale: The Longshot Comics Book 1: The Long and Unlearned Life of Roland Gethers Per l’edizione originale: © Shane Simmons 1993/1995 Per l’edizione italiana: © 2007/2011 Prospettiva Globale Edizioni Prima edizione: Ottobre 2007 Ristampa: Ottobre 2011 ISBN: 978-88-90307-12-6 Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo volume può essere riprodotta senza il consenso scritto degli aventi diritto, fatto salvo per recensioni, citazioni o altre forme di spudorata piaggeria. In questi casi, va bene. Ogni similitudine con persone reali, vive o morte, è solo nella vostra mente. Se insistete a credere che ci sono similitudini, cercate aiuto professionale serio, perché proprio non ce ne sono.

Prospettiva Globale Edizioni Stradone di Sant’Agostino 29/7 16123 Genova (GE) www.progloedizioni.com info@progloedizioni.com Presidente: Luca Ventimiglia luca.ventimiglia@progloedizioni.com Ufficio stampa: Eleonora Buffagni ufficiostampa@progloedizioni.com Stampa: Borè s.r.l. via Roma 73 73039 Tricase (LE) www.youcanprint.it amministrazione@boresrl.com


La lunga e utile sfida di Shane Simmons Come tante altre idee, mi venne mentre ero sotto la doccia. Quando mi arrivò in mente, mi trovavo in piedi sulla piattaforma di ceramica, nudo e insaponato. Non cercate di figurarvi la scena, non è una bella immagine. Me ne stavo lì, con battute su battute che fiorivano liberamente nella mia testa, e niente carta e penna per annotarle. Dopo essermi asciugato di corsa, tirai fuori il mio blocco note e cominciai a trascrivere quello che riuscivo a ricordarmi. Molte pagine dopo, sentii che ero incappato in qualcosa di notevole. Sapevo di aver appena scritto scene che si combinavano insieme riferendosi l’un l’altra. Erano sicuramente parte di un’opera più vasta. A quell’epoca, non avevo ancora idea di quanto vasta fosse. In breve, mi resi conto che stavo scrivendo un fumetto. Un fumetto epico. Uno che non avrei potuto sperare di riuscire a disegnare neanche mettendoci tutta la vita. A meno che… Nel novembre del 1991, quando uscì il terzo numero della mia serie di minicomic intitolata Angry Comics, all’interno figurava una storia di due pagine comprendente un totale di novantasei vignette. Parlava di due puntini di nome Nathaniel ed Ellen. L’avevo chiamata Longshot Comics, e la battuta era che i personaggi erano così in distanza da apparire come minuscole macchioline. Avevo raggiunto un nuovo livello di minimalismo, ma senza riflettere molto sul suo potenziale. Molto tempo dopo, mi accorsi che era un trucchetto che avrei dovuto usare ancora, se volevo che la storia della vita di Roland Gethers vedesse la stampa. Un anno e centocinquantanove pagine di sceneggiatura dopo, mi misi ad affrontare la parte grafica. Se pensate che realizzare il tutto usando solo puntini e dialoghi lo rese uno scherzo, vi sbagliate VERAMENTE di grosso. Tremilaottocentoquaranta vignette restano tremilaottocentoquaranta vignette, puntini o no. I minicomics di solito non vanno proprio a ruba. Ho seguito abbastanza la scena degli indipendenti autoprodotti , e ho contribuito stampando di mio un numero sufficiente di fumetti da sapere che quegli albi possono tranquillamente ingiallire, sfaldarsi, o finanche tramutarsi in polvere prima che qualcuno oltrepassi tutti gli scaffali dei fumetti “veri”, quelli più vacui e vistosi, e si accorga della tua cartaccia fotocopiata. Longshot fu un caso differente, però. Oltre ad essere il primo minicomic epico, nonché il più grosso che si fosse mai visto, fu un best seller. Il primo giorno in cui uscì, mi arrivò subito un ordine di cinquanta copie da un singolo negozio. Di lì a poco, quello stesso negozio ne avrebbe smerciata una pari quantità parecchie altre volte. Intere tirature venivano vendute in pre-ordine prima che io potessi portare gli originali al negozio di fotocopie per produrne un’altra infornata fresca. Giravano storie di fan che ne avevano comprate due copie extra, o quattro, o addirittura venti, da regalare ad amici e parenti. Notizie del genere mi venivano riferite ogni settimana, quando facevo il giro dei negozi locali per raccogliere i nuovi ordini. Mi piace pensare che accadde perché il fumetto era valido, ma quel misero dollaro di prezzo di copertina potrebbe aver avuto �� ������������������������������������������� Fumetti autoprodotti di piccole dimensioni. ���������������� In originale: “small �������������� press”.

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qualcosa a che fare con il suo successo. Una più ampia celebrazione arrivò un po’ più tardi, sotto forma della menzione da parte di alcune personalità piuttosto famose nel mondo del fumetto, delle recensioni superlative sulle riviste specializzate, e del semplice passaparola. In breve, nei limiti di un fumetto pubblicato a mano e dalla distribuzione ridotta, La lunga e inutile vita di Roland Gethers riuscì a crearsi da solo una sua fama. Abbastanza perché la sua reputazione lo precedesse quando finalmente mi decisi a cercare un editore che potesse offrirgli una più vasta diffusione. Una settimana dopo averne inviato via posta una copia a San Jose, fui richiamato dai ragazzi della Slave Labor . Avevano già sentito parlare di Longshot, e ne avevano anche cercato una copia per leggerlo, ma presso il più vicino distributore di materiale autoprodotto risultava esaurito. Ditemi se non è tempismo questo. In ogni caso, ora avevano finalmente potuto vederlo, e il risultato fu che mi guadagnai un editore. Un po’ di lavoro di rimontaggio per adattarsi a un albo di forma e dimensioni differenti , ed eccoci qua. Voglio solo dire «grazie» a tutti quelli che hanno comprato questa edizione di Longshot Comics o la precedente. E un grosso ringraziamento extra per quelli che hanno comprato entrambe. Sentitevi liberi di coinvolgere i vostri amici e parenti anche stavolta. Non mi aspetto che ne compriate altrettante copie extra quante la prima volta. Lo so, non costa più un pulcioso dollaro. Quindi trascinateli con la forza e costringeteli a comprarsi la loro dannata copia personale. E se poi non dovessero ringraziarvi per questo, lo farò io. Shane Simmons, novembre 1994 Da quando ho scritto queste parole, sono state stampate molteplici edizioni di Longshot Comics (e un sequel: La promessa mancata di Bradley Gethers), in una varietà di formati e lingue differenti. È quindi con immenso piacere che presento quest’ultima incarnazione del mio famigerato “fumetto di puntini” a un nuovo pubblico, quello italiano. Posso solo sperare che il mio deviato sense of humour anglo-canadese si presti bene alla traduzione nella vostra lingua. Ma i puntini, quantomeno, restano un linguaggio universale. Shane Simmons, novembre 2007

������������������������������������������������������������������������������������������� Casa editrice indipendente americana fondata nel 1986, con sede a San Jose in California. ������������������������������������������������������������������ L’edizione Slave Labor era in formato comic book, cioè 17x26 cm.

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Annotazioni Longshot Comics: La lunga e inutile vita di Roland Gethers è senz’altro un’opera fortemente sperimentale sul piano visivo, che spoglia la grammatica del fumetto di ogni orpello grafico, lasciandoci di fronte ai suoi elementi costitutivi, messi in scena da personaggi di cui possiamo conoscere soltanto la posizione, segnalata dai puntini “in campo lungo” (il “longshot” a cui allude il titolo). Ma è anche un “romanzo di formazione”, perfettamente calato nelle sue coordinate storiche (il Galles e la Francia tra il 1860 e il 1949), e fra le cui righe emerge la voce della modernità, attraverso domande che i personaggi dell’epoca avrebbero comunque potuto farsi e che sottilmente scardinano costumi e consuetudini sociali, allora come oggi. La conformità storica al contesto britannico richiede però qualche nota di lettura. Pag. 8: nomi biblici. Tutti i figli di Bob Gethers (tranne, ovviamente, Roland) portano come nome il titolo di un libro del Vecchio Testamento. Simmons non usa però i nomi della tradizione cattolica, malgrado sia la confessione tanto orgogliosamente rivendicata dai Gethers, bensì quella protestante. I nomi dei fratelli di Roland che ci è dato conoscere sono: Joshua, che per un britannico cattolico sarebbe stato Josue (il nostro Giosuè); Samuel, i cui due libri nella tradizione cattolica sono accorpati a quelli dei Re; Daniel, che corrisponde (nella versione italiana è ovviamente il profeta Daniele); Jonah, che dovrebbe essere Jonas (per noi: Giona); Deuteronomy (Deuteronomio), che anch’esso corrisponde, non essendo il nome proprio di un profeta; Habakkuk, che diventa Habacuc (in italiano: Abacuc); e infine Ezra, che per i cattolici anglosassoni è Esdras (per noi: Esdra). I nomi proposti per battezzare Roland corrispondono tutti, tranne Solomon/Salomone, che nella Bibbia cattolica non dà nome a un libro: la Song of Solomon diventa il Cantico dei Cantici. Pag. 10: decadenza dell’Impero Britannico. La “grossa zona gialla” che non è più possedimento britannico da 84 anni sono ovviamente gli Stati Uniti, resisi indipendenti con la Rivoluzione Americana. La scena si svolge nel 1867, e il riferimento temporale non è dunque la Dichiarazione d’Indipendenza del 1776, ma il Trattato di Parigi del 1783, con cui l’Impero Britannico riconosceva la sovranità alle tredici colonie ribelli. Pag. 20: hic sunt leones. Non ci sono tigri in Africa. Pag. 33: Fritz. Il tipico e diffuso diminutivo di nomi tedeschi come Friedrich o Frederick divenne il soprannome dato dalle truppe britanniche a quelle tedesche all’inizio della Prima guerra mondiale. Un altro epiteto dispregiativo rivolto ai tedeschi era “boche” (dal francese “caboche”, testone), che in Longshot è stato tradotto con “crauti”, benché questo termine italiano sia in realtà posteriore.

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Pag. 34: The Tramp. Uno dei più noti film muti di Charlie Chaplin, uscito al cinema nel 1915. In Italia fu intitolato Charlot vagabondo, ma il nome “Charlot” non avrebbe significato per il pubblico anglosassone, che conosce il personaggio soltanto come “the tramp”, ossia “il vagabondo”. Pag. 36: «un tenente colonnello da Arras». La Battaglia di Arras, combattuta fra il 9 aprile e il 16 maggio 1917, fu un’offensiva congiunta delle truppe britanniche, canadesi e australiane contro le trincee tedesche nell’estremo nord della Francia. Questo tentativo (fallito) di spezzare la situazione di stallo che caratterizzò tutta la Prima guerra mondiale causò più di 158 mila morti tra gli Alleati, e almeno 120 mila tra le fila tedesche. Pag. 38: la Somme. Fiume della Piccardia (nel nord della Francia), teatro di alcuni degli scontri più sanguinosi della Prima guerra mondiale e di tutta la storia umana. L’offensiva del 1916 (la più nota Battaglia della Somme, combattuta dal 1° luglio al 18 novembre) costò la vita a più di un milione di soldati. Pag. 41: soubrette e sgualdrinelle. Nel testo originale al posto di “soubrette” si trova “flapper”, termine in uso negli anni ruggenti del primo dopoguerra, a indicare una ragazza in cerca di fortuna che si esibisce come cantante e ballerina nei night club, e che è considerata un tipo “facile”, dai costumi sessuali molto liberi per l’epoca. Un celebre personaggio di flapper fu Betty Boop. Pag. 45: «The Blitz». È il nome con cui viene chiamata l’offensiva di attacco delle forze aeree tedesche (la Luftwaffe) contro il Regno Unito in generale e Londra in particolare, nell’ambito della cosiddetta «Battle of Britain», la campagna per la conquista delle isole britanniche da parte dei nazisti. I bombardamenti cominciarono il 7 settembre 1940 e terminarono il 10 maggio 1941, provocando più di 43 mila morti fra i civili, e distruggendo o danneggiando più di un milione di edifici.

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Stampato per conto di Prospettiva Globale Edizioni presso Borè s.r.l., Tricase (LE), nel mese di Ottobre 2011. Stampato in Italia – Printed in Italy


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