P R O G L O
E D I Z I O N I
Collana «Prospettive» 1
Testo originale: Carlos Trillo e Guillermo Saccomanno Traduzione dallo spagnolo: Giovanni Scanzo, Marco Guasti e Maurizio Villotta Supervisione editoriale: Giovanni Scanzo Integrazioni e schede: Giovanni Scanzo e Maurizio Villotta Note: Gianluca Aicardi, Marco Guasti e Giovanni Scanzo Collaborazione a revisioni e note: Matteo Scaldaferri e Luca Ventimiglia Supervisione testi: Gianluca Aicardi Progetto grafico e impaginazione: Andrea Gellato Copertina: elaborazione grafica di Andrea Gellato Retro copertina: Héctor G. Oesterheld e Alberto Breccia, El Eternauta. Ringraziamenti degli autori per l’edizione originale: a Juan Sasturain, per aver ceduto le sue interviste a Oski, Roume, Casalla, Ciocca e Hugo Pratt affinché questo lavoro fosse più completo; ad Alfredo Scutti, per aver pubblicato su Tit-Bits molti degli articoli che sono serviti come base per questo libro; ad Alberto Zerboni, per averne incoraggiato la pubblicazione da Roma. Ringraziamenti per l’edizione aggiornata: a Hernán Ostuni, Fernando Ariel García, Andrés Ferreiro e Norberto Rodríguez Van Rousselt, per i contributi alle ricerche bibliografiche; a Vincenzo Oliva e Marco Pesce, per il prezioso aiuto nella stesura e revisione dei testi integrativi; alla Fondazione Casa America, per aver incoraggiato la pubblicazione italiana. Un ringraziamento particolare a Carlos Trillo per la disponibilità dimostrata durante i lavori di revisione e aggiornamento del testo. E per essere stato l’impulso che ha dato l’avvio a tutta questa avventura. ¡Gracias, Carlos! Titolo originale: Historia de la historieta argentina, Ediciones Récord, Buenos Aires, 1980 Per l’edizione originale: © Carlos Trillo e Guillermo Saccomanno Per l’edizione italiana rivista e le integrazioni: © 2007 Prospettiva Globale Edizioni Prima edizione: ottobre 2007 Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo volume può essere riprodotta senza autorizzazione scritta, salvo per motivi di recensione o citazione critica. Per tutte le immagini: © degli aventi diritto.
Prospettiva Globale Edizioni Stradone di Sant’Agostino 29/7 16123 Genova (GE) www.progloedizioni.com info@progloedizioni.com Presidente: Luca Ventimiglia luca.ventimiglia@progloedizioni.com Ufficio stampa: Eleonora Buffagni ufficiostampa@progloedizioni.com Stampa: Arti Grafiche BCD Via San Felice 37d rosso 16138 Genova (GE) www.bicidi.it bicidi@bicidi.it
Sommario Prefazione all’edizione italiana Capitolo 1. Preistoria, origini e mitologie Brevi note su un’origine incerta Arrivano le riviste Il primo antenato diretto: El mosquito Nasce la prima rivista che pubblicherà historietas I problemi della satira Il nuovo secolo La prima emulazione Gli immigrati, le famiglie, i porteñi: tutto diventa historieta Più riviste, più personaggi
Capitolo 2. El Tony: la prima rivista interamente dedicata alle historietas Raúl Roux, la colonna grafica di El Tony Eroi importati
Capitolo 3. Gli anni Trenta: altre riviste, le strisce e i supplementi dei giornali Il primo creatore di strisce giornaliere I giornali e la historieta “seria” I fumetti del cittadino Botana Proposte affini a Crítica Prime precisazioni critiche
Capitolo 4. Dante Quinterno: Patoruzú e la prima syndication del fumetto argentino Il passato di un indio «Prenotala prima che si esaurisca!» La filosofia di Quinterno Un acuto autore di costume In favore di Patoruzú Il rafforzamento di una linea, il suo successo I collaboratori di Quinterno Gli scrittori umoristici
Capitolo 5. José Luis Salinas: la rivoluzione del decennio I grandi adattamenti
Capitolo 6. Interazione fra i generi Una nuova generazione comincia a disegnare Gli ultimi anni Trenta Breve storia di un disegnatore schierato
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Le ultime riviste Nota finale
Capitolo 7. Cominciano i Quaranta Alcune novità su Patoruzú Squilla un campanello Altri eventi dell’inizio dei Quaranta Un marinaio e un papero diffondono il fumetto importato Gli scrittori di nuvolette Leonardo Wadel: entra in scena il primo vero sceneggiatore Alcuni disegnatori dei Quaranta Ultima intervista a Oski I travagli dello studente Conti Bambini che entrano ed escono Essere e non essere Un genio…
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Capitolo 8. Rico tipo, o un nuovo modo di declinare lo humour
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Capitolo 9. Intervalo: il fumetto a puntate
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Il romanticismo non muore mai Gli illustratori dell’intrigo Un fuoriclasse Storie brevi, goliardia e pubblicità Gli stranieri
Capitolo 10. Arriva Patoruzito
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Le scorribande di Patoruzito Il materiale umoristico Battaglia e Ferro Mangucho e i suoi amici Langostino, o della libertà di navigare La parte non umoristica Il materiale non umoristico nazionale
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Capitolo 11. L’avventura di Aventuras
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Gli adattamenti di un duro La voce delle celebrità I fumetti di Aventuras I parenti dall’estero
Capitolo 12. Un aprile argentino Quando Salgari fece l’America Tuttavia, la meditazione La pirateria presa in giro I fumetti di Salgari La duttilità di un classico: Rino Albertarelli Il piatto forte: Salgari alla Paparella Un pioniere degli spaghetti western Le altre avventure di Salgari I “pezzi forti” Misterix: un grande fra i grandi As de Espadas sulle orme di Spirit Hombres de la jungla o la Guinea italiana Misterix: 420 vignette a 30 centesimi
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Misterix, un eroe del dopoguerra Amok, un altro parente di Phantom Jim Toro, il forzuto dalla faccia pulita Pantera Rubia, o la versione femminile di Tarzan Altri fumetti della Abril: contatti a Buenos Aires Rayo rojo, la più piccola rivista d’avventura I nuovi inquilini di Rayo rojo Cinemisterio, dove fotoromanzo e fumetto si uniscono
Capitolo 13. Un decennio importante
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Con due riviste se ne fa una I due fronti di Dante Quinterno Muchnick: i supereroi yankee Superhombre parla ai suoi lettori E arriva il supplemento La rivista di Robin Altre riviste della Muchnick La Códex Altre riviste della Códex Pancho López: una rivista con nome e cognome I gauchos a fumetti Roume non discute con Dio Casalla, un’esposizione quotidiana Lindor Ciocca e Walter Covas
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Capitolo 14. Qualcosa muore nei Cinquanta
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Un tentativo interessante La Columba agli inizi dei Cinquanta Altri tentativi Requiem per il vecchio stile
Capitolo 15. Il 1957 Nuovi modi di guardare le cose Hora cero e Tía Vicenta, riviste d’autore
Capitolo 16. Hora cero e Frontera Le memorie di un navigante del futuro La decadenza di Hora cero
Capitolo 17. Héctor Germán Oesterheld: un’avventura interiore Elogio dell’ombra Uno scrittore di avventure Fra le scienze naturali e la poesia Da lettore a narratore Cosa non sappiamo dell’italiano Pratt I personaggi della Abril Il sogno di una propria casa editrice La guerra: un tema antico e nuovo Il buono, il brutto e il cattivo Quelli di Hora cero La semplice arte di amare L’Eternauta, vicissitudini di un capolavoro Dopo Hora cero Mort Cinder: un eroe costruito con mestiere A ogni eroe il suo Sancho Panza
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La fine dell’epoca d’oro: i racconti illustrati Il mercato delle historietas Tempo per sognare Altre indagini sul mestiere di narrare L’ultima domanda Le parti mancanti: politica e yankee Giudizi (talora) trancianti Borges fumettista mancato La vera storia del secondo Eternauta Nei meandri di una produzione sconfinata La Columba, da Oesterheld a Wood Che Guevara, il più grande scrittore argentino Il ragionevole compromesso: offrire un utile apporto Cronologia di Oesterheld Oesterheld parla della sua opera Un testo autobiografico
Capitolo 18. Hugo Pratt: un’esistenza a fumetti Un romanzo d’avventura L’arte di raccontare col disegno Un monologo La ballata di Corto Maltese
Capitolo 19. Dopo Hora cero Di nuovo Misterix Zappietro: la semplice arte del narrare Piombo e sangue Mentre la città dorme Watami: un eroe americano Epilogo per un grande personaggio
Capitolo 20. Alberto Breccia: il disegno e la vita La ricerca di un’identità grafica La dignità di un linguaggio acquisito Seconda conversazione nella cattedrale Niente a che vedere con l’arte plastica Nessuna urgenza creativa Non mi pongo di questi problemi Il problema sono gli editori Breccia spiega
Capitolo 21. L’umorismo fra il 1955 e il 1970: dal politico al sociale Tía Vicenta o i precursori del nuovo umorismo Altri tentativi I quotidiani e le altre riviste Sábat e i politici: diritti e disordine Quando un disegnatore dice basta. Un po’ di storia Lavoro, lavoro, lavoro Mafalda di Quino L’umorismo non serve a nulla Un triste e solitario finale per gli anni Sessanta
Capitolo 22. Cronologia di un decennio di umorismo Satiricón per chi lo faceva I supplementi
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Black humour Il cammino indicato da Satiricón Ultimi dati per una storia che continua Il Caloi di Clemente e Bartolo: un modo di vedere il mondo Chi ha sconfitto Clemente? Un tipo unto, un rinnegato e un disegnatore di Rosario Il nostro Inodoro Ma chi è Fontanarrosa? Umorismo e conclusioni
Capitolo 23. Cronologia di un decennio di fumetti
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Il Di Tella LD Di nuovo El Eternauta I malati del Settanta Gli exploit del 1972 Oesterheld ‘73 Le novità del 1974 Il mondo del grande fumetto Le creature della Récord Altri avvenimenti del 1974 Il 1975 Il 1976 Il 1977 Il 1980
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Capitolo 24. Ultimo capitolo
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Un medium nell’età dello sviluppo Il fumetto argentino “di confine”: precursori Affari e nuvolette Quelli che hanno cose nuove da dire Un altro Paese, un altro modo di essere “di confine” Conclusioni? Il fumetto e l’umorismo grafico negli anni Settanta
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Epilogo
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Appendice 1. Dagli anni Ottanta a oggi
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Aria di risveglio SuperHum® Qualcosa resta fermo, qualcosa si muove Un esiliato torna in patria Fare i conti col passato: Fierro Non solo Fierro: exploit, nascite e addii L’invasione dei supereroi Un nuovo colpo messo a segno dalla Urraca Il boom delle autoproduzioni Un importante addio Eternauti vecchi e nuovi Dal Sol Levante Un altro importante addio Resurrezione?
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Appendice 2. Sette giganti contemporanei
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Enrique Alcatena: l’immaginazione al potere Enrique Breccia: disegnare il silenzio Domingo Mandrafina: il più imitato in patria Eduardo Mazzitelli: il centometrista Alberto Salinas: il classicista dell’avventura García Seijas: un modello Robin Wood: vivere per narrare
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Appendice 3. Gli autori di questo libro Carlos Trillo: il coraggio degli umoristi Guillermo Saccomanno: dalla parte dei vinti
Bibliografia essenziale Testi Internet
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Prefazione all’edizione italiana Nel 1979, io e Guillermo Saccomanno cominciammo a scrivere una specie di storia della historieta argentina a puntate, per una rivista mensile di fumetti. Nel 1980, poco prima dell’allestimento del Salone del Fumetto di Lucca, che quell’anno ospitava mostre dedicate ai nostri disegnatori, ci venne chiesto di organizzare quel materiale in un libro che fungesse in qualche modo da catalogo della mostra, da offrire a un certo numero di studiosi e appassionati italiani. Per finanziare il progetto, in più, si sarebbe venduto il libro in Argentina, sotto il marchio delle Ediciones Récord. Martín Mazzei realizzò l’illustrazione di copertina di allora, e Juan Zanotto si occupò della grafica interna e del reperimento di molte delle immagini che arricchivano il libro. Collaborarono anche alcuni amici giornalisti, autorizzandoci alla pubblicazione di alcune interviste che ci sembravano di enorme interesse. Nella pubblicazione originale su rivista avevamo lasciato perdere gli anni più complicati della storia, quelli anteriori alle memorie nostre e dei nostri amici. Ci eravamo messi, così, a scrivere velocemente di quanto conoscevamo molto bene come lettori: l’apparizione di Patoruzito e Misterix, riviste della nostra infanzia, il fenomeno di Hora cero e Frontera, che aveva alimentato la nostra adolescenza, l’avvento dell’umorismo e della satira politica con Tía Vicenta, il settimanale che ebbe un esplosivo successo alla fine degli anni Cinquanta. E infine gli anni seguenti, nei quali noi stessi stavamo effettuando il passaggio dallo status di semplici lettori a quello di osservatori critici e autori di fumetti. Visto che Guillermo e io provavamo un certo pudore a parlare della nostra produzione degli anni Settanta, chiedemmo a un appassionato studioso del mezzo, Juan Sasturain (ideatore e poi direttore della rivista Fierro nelle sue due incarnazioni, nonché egli stesso sceneggiatore, saggista e scrittore), di redigere un ultimo capitolo in cui, ovviamente, eravamo inclusi anche noi. Questo finale ha smesso di essere tale quando, pochi mesi fa in Italia, Giovanni Scanzo e i suoi collaboratori di Prospettiva Globale hanno fatto lo sforzo d’incorporare nel libro gli anni che mancavano, per arrivare fino a oggi. Quindi, eccoci qui, attualizzati e splendenti, in questo libro che parla di historias e di historietas.
Carlos Trillo Buenos Aires, Agosto 2007
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A HÊctor G. Oesterheld, che scrisse i migliori fumetti argentini della storia Ad Alberto Breccia, che li disegnò
1. Preistoria, origini e mitologie
Capitolo 1. Preistoria, origini e mitologie Negli Stati Uniti, la nascita e l’espansione del fumetto ebbero luogo grazie al perfezionamento delle grandi rotative, alle nuove tecniche di stampa a colori e alla possibilità di realizzare tirature di centinaia di migliaia di copie, dirette a un pubblico di massa perlopiù indifferenziato. In Argentina il percorso fu diverso: qui i giornali cominciarono solo più tardi a ospitare fumetti nelle loro pagine, e all’inizio questi fumetti erano (così come, nella quasi totalità dei casi, i supplementi a colori) tutti di origine yankee. Fu così che il genere dovette aprirsi la strada attraverso le riviste. In principio si trattava solo di un complemento quasi senza importanza, ma ben presto l’entusiasmo del pubblico trasformò l’indifferenza iniziale in un’imperiosa necessità.
Brevi note su un’origine incerta Non è possibile parlare di fumetti argentini – intesi secondo l’accezione moderna – in tempi precedenti l’apparizione dei giornali e delle riviste di grande diffusione. Si possono però menzionare precursori, segni, tracce a volte remote che contrassegnano l’inizio di un cammino. Già al tempo del viceregno di Río della Plata1 è possibile imbattersi in alcune tavole di qualche interesse. Era allora costume, fin dalla fine del XVIII secolo, stampare con rudimentali strumenti tipografici fogli recanti versi che satireggiavano i personaggi dell’epoca. Ne citeremo due come esempio. Il primo punta i suoi strali sul viceré Sobremonte2, in seguito alla sua fuga a Córdoba durante le invasioni inglesi a Buenos Aires: Un quintal d’ipocrisia, ventidue di fanfarone e cinquanta di ladrone, quindici di fantasia, e duemil vigliaccheria; mescolando molto e bene in un calderone inglese con galline e con capponi estrarrete voi i blasoni dell’indegno gran Marchese.
Un quintal de hipocresía, veintidós de fanfarrón y cincuenta de ladrón, con quince de fantasía, dos mil de follonería; mezclarás bien y después en un gran caldero inglés con gallinas y capones extractarás los blasones del más indigno Marqués.
� Il����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������� Viceregno del Río de la Plata (1776-1810) comprendeva possedimenti della Corona Spagnola coincidenti grosso modo con l’attuale Argentina, la Bolivia, il Paraguay e l’Uru� guay. 2 Rafael de Sobremonte (1745-1827), terzo marchese di Sobremonte e viceré del Río de la Plata. Quando nel 1806 gli inglesi attaccarono approfittando del caos in Europa dovuto alle guerre napoleoniche, Sobremonte si diede a una fulminea fuga. Dopo che gli inglesi furono finalmente respinti, il popolo stesso impedì la sua riassunzione del mandato di viceré.
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Il secondo esempio si riferisce di nuovo alle invasioni inglesi e racconta la storia di un altro signore non molto eroico: C’era un certo signoron che qui tutti san chi è ben valente nei caffè, ben codardo all’occasion, che mollando lì il cannon e senz’armi, voce o fama corse via come una gama3 e se tu chiedi chi è lo conosco molto ben ma non so come si chiama.
Hubo cierto señorón que todos saben quién es muy valiente en los cafés, muy cobarde en la ocasión, que abandonando un cañón sin armas, ni voz, ni fama corría como una gama y si me preguntan quién yo le conozco muy bien mas no sé cómo se llama.
Anche in campo grafico si ricordano alcune pungenti illustrazioni degli anni precedenti il 1810. Una di queste – attribuita al frate francescano Francisco de Paula Castañeda4 – mostra un asino che raglia sonoramente. Nel suo ragliare dice «Viva il re!», con le parole disegnate in una lunga linea che sale dalla bocca e ondeggia nell’aria come una bandiera. Il significato è evidente: solo un sempliciotto o un ignorante poteva esaltare un monarca che asfissia economicamente le sue colonie. Dopo la Rivoluzione di Maggio5 lo stesso padre Castañeda si assume il compito di portare avanti le sue corrosive ironie: per 15 anni questo irriverente sacerdote edita, scrive e disegna periodici di breve vita, alcuni dei quali appaiono anche solo una volta, per far piovere metaforiche legnate su diverse figure di spicco del governo di Buenos Aires. El desengañador gauchipolítico (Il disingannatore gauchipolitico6), Doña María Retazos, El paralipomenon, sono alcuni dei titoli da lui pubblicati. Lo storico Adolfo Saldías, riferendosi a Castañeda (primo disegnatore di satira politica del Río de la Plata), ricorda che in sostanza fu proprio lui il fondatore a Buenos Aires di quel potere chiamato stampa, e che fu «principalmente grazie a lui e contro di lui che si crearono certe leggi sulla libertà di stampa che perdurarono per più di sessant’anni»7. Per dare un’idea della ferocia con cui Castañeda realizza i suoi testi e disegni, diciamo che, secondo il parere di José Ingenieros8, i fogli prodotti dal sacerdote sono «i più grandi squilli di tromba mai uditi nella storia della stampa argentina». Le guerre d’indipendenza daranno lavoro ai disegnatori di entrambe le fazioni: appaiono così frequentemente vignette ridicolizzanti l’esercito spagnolo in America, e allo stesso tempo appaiono le risposte a queste vignette, con disegni che ironizzano sulla capacità, l’intelligenza e il valore dei creoli. Questi fogli, schierati con l’una o l’altra parte durante il conflitto per l’emancipazione americana, vengono distribuiti 3 Un daino. 4 Padre Francisco de Paula Castañeda (1776-1832), figura pubblica di grande rilevanza nella vita sociale di Buenos Aires all’inizio del XIX secolo. Fu cappellano militare durante le invasioni inglesi del Río de la Plata, ed educatore al servizio soprattutto dei bambini meno fortunati, per i quali nel 1814 fondò l’Academia de Dibujo (Accademia di Disegno), e nel 1815 la Sociedad Filantrópica de Amantes de la Educación. 5 Insurrezione armata che nel 1810 espulse infine da Buenos Aires il viceré spagnolo. Successivamente avrà luogo la formazione del primo governo locale, con una maggioranza di creoli (discendenti degli europei nati nelle colonie latinoamericane. Spesso grossi proprietari terrieri, erano interdetti dalle cariche pubbliche, riservate ai nati in città. Per estensione il termine indica i meticci). 6 Il termine gauchipolítico, o gauchi-político, fu coniato dallo stesso Castañeda, con riferimento ironico ai politici di bassa estrazione culturale, assimilati ai gauchos, i guardiani del bestiame argentini. Una definizione precisa è la seguente: «Gaucho che pretende di salire di livello, ma che essendo un ignorante s’intromette nelle discussioni politiche per pura presunzione, perché possiede un considerevole patrimonio personale o perché il caso o la buona sorte gli hanno procurato un incarico ufficiale per il quale non è preparato» (VIGNATI, Milcíades Alejo: El vocabulario rioplatense de Francisco Javier Muñiz, in «BAAL» (Boletín de la Academia Argentina de Letras), t. V, n. 19, p. 14, Buenos Aires, luglio-settembre 1927; trad. it. del curatore). 7 Citazione originale perduta. 8 José Ingenieros (1877-1925), medico, psichiatra, scrittore, insegnante, filosofo e sociologo. La citazione proviene da: INGENIEROS, José: La locura en la Argentina, Cooperativa Editorial Limitada, Buenos Aires, 1920.
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1. Preistoria, origini e mitologie
per tutto il continente attraverso un sistema che oggi potremmo definire “volantinaggio”. Naturalmente c’è una ragione per il predominio assegnato al disegno nella diffusione delle idee: all’epoca, la quasi totalità della popolazione è analfabeta. In questi volantini, inoltre, è all’ordine del giorno la presenza di figure animali: gli spagnoli sono rappresentati come maiali e tartarughe; il generale San Martín9 è uno spietato leopardo; O’Higgins10, il patriota cileno, una pecora sottomessa e stupida. Nel 1828, il ginevrino Hipólito Bacle installa a Buenos Aires una pressa litografica e realizza una serie di caricature di costume. Nel 1835, lo stesso Bacle fonda poi El museo americano, il primo periodico illustrato conosciuto nel Río de la Plata. Tutt’intorno, intanto, continuano ad apparire i volantini con figure animali: c’è per esempio un toro che rappresenta le forze anglofrancesi durante l’assedio del Río de la Plata. Toro vigoroso e potente che comunque viene tenuto a bada dal preciso colpo di lazo di don Juan Manuel de Rosas11. Nelle caricature federali gli unitari sono cani impauriti; nelle caricature unitarie, i federalisti insaziabili belve assetate di sangue12. Tra il 1839 e il 1842, Alberdi, Alsina, Cané, Mármol, Lamas e Gutiérrez pubblicano da Montevideo due periodici contro il governo della provincia di Buenos Aires: El grito argentino (Il grido argentino) e Muera Rosas (Che muoia Rosas); gli autori di El grito spiegano nel numero 1 che il loro periodico è diretto «non agli uomini istruiti, i quali non ne hanno bisogno, ma ai poveri e agli ignoranti, al gaucho e al portatore, al negro e al mulatto». E sarà per questo pubblico che pubblicheranno sulle loro pagine numerose caricature intese a mostrare costantemente Rosas come un essere mostruoso, insieme codardo e prepotente.
Arrivano le riviste Nel 1852 cade Rosas. A Buenos Aires ritornano gli intellettuali unitari esiliati, e con loro arrivano anche alcune nuove macchine stampatrici. Buenos Aires si riempie così di giornali e periodici13: La tribuna, di Varela e Alsina (1853); El nacional (Il nazionale), dove scrive Sarmiento, e La nación argentina (La nazione argentina), di Bartolomé Mitre, «posto di combattimento» che nel 1870 si trasformerà in «tribuna di dottrina», cioè l’attuale quotidiano La nación. Ci sono altri periodici, come The Standard, diretto alla sempre più popolosa colonia britannica nel Paese, El argentino, El imparcial (L’imparziale), El porvenir (Il futuro), El progreso (Il progresso), El siglo (Il secolo), La crónica (La cronaca), La cencerrada (La scampanellata). Anche i fogli dedicati a caricature e critica raggiungono la periodicità, sebbene siano per la gran parte effimeri: tra questi si possono citare El trueno (Il tuono), El diablo en Buenos Aires (Il diavolo a Buenos Aires), El chismoso (Il pettegolo), El Chimborazo14 e La bruja duende (La strega folletto). Tutte queste pubblicazioni, serie o umoristiche che siano, si attaccano tra loro, difendendo le proprie idee e denigrando quelle avversarie: i giornali seriosi pubblicano editoriali tonanti, con indignazioni argomentate e titoli iracondi; i periodici umoristici, al contrario, ricorrono all’ironia, un’ironia disegnata e subito dopo spiegata con testi generalmente molto brevi. Ecco un esempio preso da La bruja duende; l’illustrazione mostra i redattori di alcuni giornali “alti” e il testo 9
José Francisco de San Martín Matorras (1778-1850), uno dei massimi leader militari nelle lotte per l’indipendenza dell’Argentina, del Cile e del Perù. È considerato il padre della patria argentina. 10 Bernardo O’Higgins Riquelme (1778-1842), fu anch’egli, come San Martín, una figura di rilievo nelle campagne militari per l’indipendenza del Sudamerica. È uno dei padri della patria in Cile. 11 Juan Manuel José Domingo Ortiz de Rozas y López de Osornio (1793-1877), militare e politico di primissimo piano nella storia dell’Argentina del XIX secolo. Due volte gover� natore di Buenos Aires, nel 1842 si autoproclamò tiranno con potere su tutto il territorio nazionale, adoperando spregiudicati metodi dittatoriali. Perse il potere nel 1852, in seguito alla battaglia di Caseros. Il blocco anglo-francese cui si fa riferimento nel testo risale al 1845 e riguarda controversie commerciali con Francia e Gran Bretagna, dovute alla proibizione stabilita da Rosas di navigare sui fiumi dell’entroterra. 12 Nel periodo in questione, gli “unitari”, componenti il Partido Unitario, erano i sostenitori di una forma di stato centralizzata. Il gruppo era composto perlopiù da notabili, intellettuali e militari della città di Buenos Aires, e si opponeva ai membri della Liga de los Pueblos Libres (Lega dei Popoli Liberi), che appoggiavano una struttura federale dello stato e che per questo erano detti “federalisti”. Gli scontri, anche e soprattutto armati, fra le due fazioni avrebbero caratterizzato la storia argentina della prima metà del XIX secolo, e sarebbero culminati nella battaglia di Caseros, di cui si parla altrove. 13 Come convenzione, da qui in poi scriveremo i nomi di tutti i quotidiani con l’iniziale maiuscola soltanto per la prima parola, come è costume per tutti i titoli in italiano e spagnolo (libri, fumetti, film, eccetera), sebbene in realtà molti quotidiani usino comunemente la maiuscola anche per la seconda parola: La Nación, La Prensa, La Razón. 14 Il Chimborazo è un vulcano che si trova in Ecuador, la più alta cima del Paese.
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annuncia: «Si vende a prezzo molto basso la collezione completa dei redattori de La tribuna e di El nacional. Chiunque sia interessato all’acquisto di queste gemme può rivolgersi a La bruja duende in persona».
Il primo antenato diretto: El mosquito Dopo tanti e tanto vari tentativi di attirare il pubblico di Buenos Aires con le armi della caricatura e della satira, domenica 24 maggio 1863 appare El mosquito (Il moscerino): si tratta di un «periodico satirico-burlesco» i cui editori sono Meyer e soci; gli uffici si trovano all’indirizzo Florida 292, e la stampa è realizzata nelle officine di P. Buffet e soci. Gli abbonati (per un costo di 20 pesos all’anno) hanno diritto a una dozzina di fotografie realizzate gratuitamente da Sigismundo, professore la cui galleria si trova nello stesso edificio del periodico. La parte letteraria di quel numero 1 inizia con un’incitazione alla lettura: «Ascoltate, mortali! Abbonatevi a El mosquito!». Meyer stesso è il primo caricaturista di El mosquito. In una prima fase lo affianca Monniot: insieme, i due disegnano ogni vicissitudine, speculazione, costume, battaglia, visita illustre, legge criticabile e guerra (come quella del Paraguay) occorse durante la presidenza di Bartolomé Mitre15. Nel 1868, proprio alla fine del periodo Mitre, Enrique Stein comincia a collaborare a El mosquito con le sue acute caricature: una delle prime, molto discussa per la sua audacia, è quella che mostra Mitre mentre abbandona il letto coniugale che divideva con la Repubblica. Mitre, che all’epoca stava per concludere il suo mandato costituzionale, si lamenta tristemente: «Mi cacci dal tuo letto perché venga un altro a prendere il mio posto, e io devo starmene zitto». Al che la donna risponde: «Che t’importa? Consolati sapendo che mi lasci un ragazzo brutto, cattivo e molto costoso da mantenere». Il ragazzo in questione, orribile e vorace, è seduto accanto alla Repubblica e ha il proprio nome scritto su una gamba: «Guerra del Paraguay». Enrique Stein, francese d’origine ed ebanista di professione, dà inizio in queste terre alla scuola della caricatura politica e, assieme al capo redattore di El mosquito, Eduardo Wilde, nel corso del successivo quarto di secolo aguzzerà il suo ingegno per offrire al pubblico una talentuosa trascrizione della realtà. C’è un dettaglio importante da sottolineare, scoperto dallo studioso Suárez Danero nel suo libro El cumpleaños de El mosquito (Il compleanno di El mosquito): «Quando la fazione di Mitre volle avere anch’essa un suo svago umoristico su richiesta di Eduardo Costa16, Stein, da La presidencia, con lo pseudonimo di Carlos Monet, prese a criticare El mosquito, che era invece alsinista17. Questo doppio lavoro durò due anni»18. Su El mosquito Stein pubblica le prime caricature politiche organizzate in sequenza, in modo da raccontare le fasi di un aneddoto impossibile da riassumere in un’immagine sola. È qui, finalmente, che comincia a intravedersi nitidamente il fumetto così come lo stiamo cercando. El mosquito viene stampato per trentuno anni (dal 1863 al 1893); Stein vi collabora per venticinque e ne è direttore e proprietario durante gli ultimi diciotto. Il 16 luglio 1893, con il numero 1580, si chiude una delle riviste umoristiche più longeve del giornalismo nazionale; Stein le sopravvive fino al 1910, ma non prenderà mai più in mano le matite per mettere in caricatura la realtà: per il resto dei suoi anni si limiterà a vendere gli originali delle sue opere in una piccola libreria di sua proprietà.
15 Bartolomé Mitre (1821-1906), politico, militare, storico, uomo di lettere, giornalista e statista. Presidente della Repubblica Argentina dal 1862 al 1868. Fu tra i principali fautori della sanguinosa Guerra del Paraguay, cui si fa riferimento. 16 Ministro durante la presidenza Mitre. 17 Il partito alsinista (dal nome del suo principale fondatore, Adolfo Alsina) era un partito autonomista di opposizione. 18 SUÁREZ DANERO, Eduardo María: El cumpleaños del Mosquito, Eudeba, Buenos Aires, 1964.
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1. Preistoria, origini e mitologie
Nel 1884, mentre ancora El mosquito è in vita, appare Don Quijote, periodico dello spagnolo Eduardo Sojo, che avrebbe avuto un ruolo nella “Revolución del 90” contro il presidente Juárez Celman19. Ma forse il merito più importante di questo settimanale dalla vita non molto lunga è il fatto che sulle sue pagine pubblicheranno le loro prime caricature Manuel Mayol (con lo pseudonimo di “Heráclito”) e José María Cao (“Demócrito II”). Sempre durante il periodo di El mosquito, a Montevideo era apparsa un’altra rivista di tono simile: il suo nome era Caras y caretas (Facce e maschere); il suo editore, uno spagnolo chiamato Eustaquio Pellicer (1859-1937).
Nasce la prima rivista che pubblicherà historietas El mosquito è morto. Don Quijote è moribondo. Ed è proprio allora (nel 1897) che Pellicer si sposta da Montevideo a Buenos Aires alla ricerca di un ambiente più propizio per la sua Caras y caretas. Qui incontra il suo compatriota Manuel Mayol (caricaturista) e insieme decidono di ritentare l’esperimento uruguaiano. Con la collaborazione di Bartolomé Mitre y Vedia20, che sarebbe stato il primo direttore della nuova edizione, parte così l’8 ottobre 1898 il «periodico settimanale di comicità, letteratura, arte e attualità» Caras y caretas. Mitre y Vedia abbandona subito la testata, e già dal numero 2 la direzione della rivista viene affidata a un giornalista di grande esperienza ma poco conosciuto chiamato José S. Álvarez, che comincia a firmarsi con lo pseudonimo di “Fray Mocho” (Fra’ Tronco)21. Nel numero 1, Caras y caretas si rivolge al «lettore delle nostre speranze e delle nostre angosce» per informarlo che l’intenzione è quella di «occupare un posto a parte tra gli altri del gruppo, e non diciamo – usando un’espressione abusata – “di riempire un vuoto”, perché non un vuoto solo bensì molti sono i vuoti che cercheremo di riempire. Qual è il nostro programma? Se lo avessimo te lo daremmo, commenti inclusi. Però capita che l’unica cosa che per ora ci sia venuta in mente è di fare una gran scorta di coraggio per questo primo passo nell’accidentato sentiero intrapreso da tutti gli editori che hanno fallito prima di noi». Caras y caretas si distingue molto presto tra le più di cento pubblicazioni allora esistenti a Buenos Aires e dimostra fin dal principio un profondo interesse per l’idea di far maturare la caricatura e la satira disegnata e di portarle fino alle vette più alte. I suoi disegnatori rispondono a questo proposito producendo vignette, sequenze e acquerelli di alto livello. José María Cao, Aurelio Giménez, Villalobos, Steiger, Foradori, Vaccari, Castro, Rivera, Sanuy, Eusevi, Sartori, Bosco, Mayol: ecco le firme che appaiono sotto i disegni nel primo anno di vita della rivista; e tra questi disegnatori iniziali a distinguersi come giganti sono in particolare Cao e Giménez. Cao sa mostrare ogni debolezza umana con un solo dettaglio: “camuffa” così costantemente da Nerone e da Caligola i vari governanti, e arriva anche a mostrare Roque Sáenz Peña22 – presidente che durante il suo governo si divertiva dando feste alla Casa Rosada in cui la servitù vestiva calzoncini corti, calze bianche e casacche gallonate – come un re 19 Miguel Juárez Celman (1844-1909), avvocato e uomo politico, fu uno dei fondatori del Partido Autonomista Nacional (PAN) e Presidente della Repubblica tra il 1886 e il 1890. Dovette dimettersi in seguito a una tumultuosa ribellione del Paese, appunto la “Revolución del 90”, nota anche come “Revolución del Parque”, perché la sommossa si originò nel Parco d’Artiglieria di Plaza Lavalle, a meno di un chilometro dalla Casa Rosada, sede dell’esecutivo. 20 Bartolomé Mitre y Vedia (1945-1900), da non confondere col Bartolomé Mitre politico e fondatore del già nominato quotidiano La nación, che era suo padre. 21 Il “mocho” è anche il calcio del fucile. 22 Roque Sáenz Peña (1851-1914), avvocato e uomo politico, fu presidente dal 1910 al 1914. I suoi sforzi come presidente si concentrarono sul tentativo di democratizzare la vita politica. Dovette infine dimettersi anticipatamente per questioni di salute.
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assolutista e raffinato. A proposito di Cao, Leoncio Lasso de la Vega, redattore di Caras y caretas nel primo periodo, dice: «Penso che le sue matite siano simili a penne con serbatoio d’inchiostro; solo che in queste il serbatoio è pieno di un ingegno che si versa goccia a goccia man mano che disegna. La caricatura, arte difficilissima a causa delle complesse abilità che richiede, ha un’anima delicata e sottile che pochi Goya sanno vedere. Cao sa comunicare con essa, e caricaturizzando l’esteriore è riuscito a disegnare l’interiore»23. Aurelio Giménez nacque a Montevideo il 5 novembre 1876. A 22 anni arrivò a Buenos Aires assunto da Pellicer per lavorare come disegnatore nella sua rivista. Sebbene non avesse mai studiato disegno si guadagnò da vivere insegnando la materia nei collegi «Mariano Moreno» e «Manuel Belgrano», finché, avendo offeso Carlos Pellegrini24 con una sua caricatura, fu licenziato. Morì tisico il 4 novembre 1910, un giorno prima di compiere 34 anni.
I problemi della satira La nascita del fumetto argentino ha luogo, quindi, nella satira dell’attualità, e i primi segni di narrazione sequenziale si incontrano in riviste che offrono una visione ironica della realtà. Non vogliamo andare avanti senza fare prima un paio di riflessioni. In primis, per sottolineare una notevole coincidenza: tutti gli artefici di questo tipo di pubblicazione erano stranieri. Sojo, Pellicer e Mayol erano spagnoli; Meyer e Stein, francesi. E, in secondo luogo, per menzionare brevemente i problemi che la satira causò ai suoi cultori. Uno dei primi periodici a vedere la luce dopo la battaglia di Caseros è El padre Castañeta: secondo i suoi autori (Eusebio Ocampo, Benjamín Victorica e Miguel Navarro Viola), la rivista rappresentava lo scomparso padre Castañeda, ritornato in vita per insultare i suoi connazionali. El padre Castañeta compare il 1° marzo del 1952, e appena sette giorni dopo ha già un imitatore in La avispa (La vespa), altra vivace pubblicazione, realizzata da Toro e Pareja. Durante il governo di Vicente López25 questi due periodici, insieme a El torito (Il torello) e La nueva época (La nuova epoca), saranno qualificati dai quotidiani dell’epoca come «ricettacolo di calunnie anonime, che in quanto tali non possono contribuire all’acculturazione del popolo, cosa che è l’unico oggetto al quale dovrebbe dedicarsi la stampa pubblica». Nel 1884 anche El mosquito ha problemi giudiziari, con un processo per ingiurie intentato da un funzionario pubblico. A difendere la rivista sarà proprio Carlos Pellegrini.
Il nuovo secolo Il Novecento arriva per trovare Caras y caretas non più nelle preferenze del pubblico già da due anni. All’epoca sono tre i quotidiani maggiori di Buenos Aires: La nación, La prensa (La stampa) e il serale El diario (Il giornale). Quest’ultimo era stato fondato nel 1881 da Manuel Láinez, editore che avrebbe in seguito lanciato a Buenos Aires la prima grande rivista di storie d’avventura, la leggendaria Tit-Bits (1909), il cui titolo era preso da una celebre e analoga rivista inglese. Per completare il quadro citeremo alcune delle pubblicazioni che vedono la luce a Buenos Aires durante i primi anni del XX secolo: il 1º aprile del 1900 appare il giornale cattolico El pueblo (Il popolo); La razón (La ragione) nasce invece il 1º marzo del 1905, diretta prima da Emilio B. Morales e poi da José A. Cortejarena. Proprio La razón arriverà a essere il secondo quotidiano della sera in ordine d’importanza, mentre il primo posto del podio continuava a essere occupato indiscutibilmente da El diario. Tra le riviste più importanti meritano una citazione almeno P. B. T. (1904), realizzata per un pubblico di «bambini dai 6 agli 80 anni»; Fray Mocho (1913), che porta il nome di battaglia del secondo e più grande direttore di Caras y caretas, José S. Álvarez, scomparso alcuni anni prima, e che è diretta da un disertore di quella pubblicazione, Eustaquio Pellicer. Alberto Haynes comincia a costruire il suo impero editoriale, basato sulle riviste El hogar (Il focolare, 1904) e Mundo argentino (Mondo argentino, 1911). Eduardo Sojo, ex direttore di Don Quijote, pubblica in questi primi anni la rivista Album de las familias (Album di famiglia). 23 Da un editoriale di Caras y caretas, numero imprecisato. 24 Carlos Enrique José Pellegrini Bevans (1846-1906), avvocato e uomo politico argentino. Fu presidente dal 1890 al 1892. 25 Alejandro Vicente López y Planes (1775-1856), già presidente dal 7 luglio al 18 agosto 1827 e poi governatore di Buenos Aires, fu presidente ad interim del Paese tra il febbraio e il maggio del 1852. È fra l’altro l’autore dell’inno nazionale argentino.
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1. Preistoria, origini e mitologie
A questa fioritura di pubblicazioni corrisponde un’analoga messe di grandi disegnatori, incaricati di “fotografare” la nuova realtà di una città che stava perdendo le sue ultime vestigia di “grande villaggio” e riceveva l’alluvione immigratoria di italiani e spagnoli. E per questi disegnatori, incaricati di ritrarre l’entrata dell’Argentina nell’era tecnologica, può valere il senso di queste parole di Martiniano Leguizamón26, scritte in occasione della morte di “Fray Mocho” e pubblicate su Caras y caretas il 29 agosto 1903: «È morto, ma il suo ricordo non morirà nei cuori di coloro che lo amarono e ammirarono, in quelli che lo accompagnano con l’anima rattristata fino alla muta tomba e ritornano, tristi e silenziosi, per riprendere la vita della grande città ch’egli tanto amava, i cui tipi popolari dipinse in pagine colorate che non moriranno, con quel linguaggio sapido e pittoresco che era il suo marchio di originale scrittore di costume. Quella gente da strada, l’anziano, la guardia, la stiratrice, il carrettiere, il fanfarone, il campagnolo, il vecchio gaucho che Fray Mocho disegnò con tanto amore, resteranno come un documento caratteristico di un’epoca, perché è a queste immagini che i pittori e gli scrittori del futuro ricorreranno per impregnarsi di verità, cercando il profilo delle razze che si perdono, il segno caratteristico dei costumi che si estinguono o trasformano, ma che resusciteranno nelle pagine dello scrittore caduto in piena gioventù».
La prima emulazione Malgrado i ripetuti esperimenti dei predecessori, i primi fumetti argentini in senso stretto possono essere individuati chiaramente solo su Caras y caretas: già nel 1898 (anno in cui comincia ad apparire la rivista) ci sono alcuni timidi tentativi di pubblicità articolata in vignette, per il bazar Penk e gli orologi Escassany. Dobbiamo arrivare a Cao, Zavattaro e Giménez per trovare le prime historietas nazionali: è Cao quello che per primo si avvicina a una narrazione moderna in una lunga serie di vignette d’attualità pubblicate a partire dal 1902. In quei primi anni, comincia già a notarsi l’influenza dei disegnatori nordamericani, specialmente nelle illustrazioni pubblicitarie: a una chiara ispirazione a Frederick Burr Opper e al suo Happy Hooligan si deve il primo fumetto argentino con personaggi fissi: Viruta y Chicharrón (Truciolo e Bruciato27), di Manuel Redondo. Redondo aveva già pubblicato numerose illustrazioni su Caras y caretas e alcune pagine a fumetti senza personaggio fisso: nel 1912, dopo aver osservato a fondo il meccanismo delle strisce nordamericane e dopo aver riprodotto in Chicharrón i tratti del poetico vagabondo di Opper, concepisce il primo cartoon nazionale con periodicità settimanale. Viruta y Chicharrón utilizza il balloon per racchiudere i dialoghi. I personaggi sono una specie di Stanlio e Ollio, e ciascuno dei due rappresenta un ruolo definito: Viruta è la forza, Chicharrón l’intelligenza. Tutti gli episodi di Viruta y Chicharrón propongono una situazione a volte vicina al surrealismo, e il finale vede invariabilmente sconfitti i due protagonisti, ragion per cui Chicharrón, con la maggiore dignità possibile, dice al suo amico: «Llama un automóvil» («Chiama una macchina», ossia un taxi, per togliersi di mezzo). La frase diventa immediatamente un popolare modo di dire, ripetuto davanti a ogni situazione ridicola da cui qualcuno voglia eclissarsi. Viruta y Chicharrón verrà pubblicato per più di quindici anni su Caras y caretas, ed è frequente il suo uso a scopi pubblicitari in brevi gag che si risolvono in una sola immagine. Una pagina da Caras y caretas 26 Martiniano Leguizamón (1858-1935), scrittore, giornalista e drammaturgo. La sua opera fu incentrata sulla cultura creola. 27 “Chicharrón” è letteralmente una pietanza bruciata, ma anche voce gergale per una persona di pelle scura.
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Gli immigrati, le famiglie, i porteñi : tutto diventa historieta Nel 1913, a un anno dall’inizio di Viruta y Chicharrón, Manuel Redondo riprende un personaggio che il disegnatore Alonso aveva già utilizzato durante l’anno precedente per rappresentare brevi satire politiche, e con esso sviluppa una serie che mostra le piccole, meschine bassezze di un immigrato spagnolo desideroso di emergere: il fumetto porta il nome di questo personaggio, Sarrasqueta e, da quando appare sulle pagine di Caras y caretas fino al 1929 non utilizza mai balloon, collocando i testi nella parte inferiore di ogni vignetta. Viruta y Chicharrón e Sarrasqueta convivono per anni sulle pagine di Caras y caretas, e all’epoca le due creazioni di Redondo sono gli unici fumetti argentini con personaggio fisso. Agli inizi del 1916 un altro settimanale, El hogar (Il focolare), presenta un personaggio stabile, El negro Raúl, di Arturo Lanteri: si trattava di un personaggio realmente esistito della fauna porteña28, una specie di giullare tormentato al servizio dei giovani viziati della “high society” di Buenos Aires. E con lui Lanteri, il più grande precursore del genere, realizza un memorabile studio di tic e comportamenti sociali. Il successo di El negro Raúl fa sì che l’editore Haynes decida di chiedere a Lanteri una nuova serie per un’altra delle sue riviste, Mundo argentino. La risposta è Tijereta (1918), un nuovo personaggio porteño e un nuovo successo di pubblico. Ma sarà nel 1922 che Lanteri reaL’inizio di un’avventura di Viruta y Chicharrón lizzerà la sua più grande creazione: Pancho Talero, pubblicata su El hogar. Scrive Enrique Lipszyc nel suo libro La historieta mundial: «In questa realizzazione, Lanteri indica la direzione del futuro fumetto di nazionalità argentina. Crea graficamente la parodia della vita nazionale dell’epoca con i suoi personaggi caratteristici: il capofamiglia, sua moglie, la suocera, i figli, i fidanzati della figlia, il cognato cialtrone, il capo e i colleghi d’ufficio, gli amici del caffè, eccetera. Questo è il gran merito di questo intuitivo improvvisatore del fumetto argentino: mai usò elementi o personaggi decorativi»29. Questo fumetto di Lanteri significò l’inizio del “cómic” familiare di costume, parente diretto del teatro di allora e memorabile predecessore del radioteatro e delle telenovelas. Ciononostante, rispetto ai suoi successori ha il pregio di saper affrontare con humour i problemi quotidiani della famiglia, senza cadere in colpi di scena melodrammatici né in concessioni lacrimose. A Pancho Talero seguono La familia de don Sofanor di Arístides Rechain (su El suplemento, 1925), in cui si mettono a nudo tutte le ipocrisie che costituiscono la vita di un gruppo familiare “agiato” dei tempi di Alvear30, ma anche Andanzas de Pantaleón Carmona (Avventure di Pantaleón Carmona) di A. Messa (su Femenil, 1927) e la leggendaria Don Fierro di Dante Quinterno (su Mundo argentino, 1927). Dante Quinterno (1909-2003) aveva ricevuto un’educazione artistica davEl negro Raúl vero importante: era stato assistente di Diógenes Taborda, meglio noto
28 “Porteñi” è il termine con cui sono indicati gli abitanti di Buenos Aires (lett. “quelli del porto”). 29 LIPSZYC, Enrique: La historieta mundial, Editorial Lipszyc, Buenos Aires, 1958. 30 Marcelo T. de Alvear (1868-1942), presidente dal 1922 al 1928.
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1. Preistoria, origini e mitologie
come “El Mono”31, straordinario osservatore di tipi e di costumi che ogni giorno stupiva centinaia di migliaia di persone con le sue sagge osservazioni a fumetti sulle pagine del quotidiano Crítica. Di umorismo diretto e poco sottile, Taborda suscitava ammirazione e rispetto. Fu amico intimo del presidente Alvear e uno dei suoi incarichi pubblici consisteva nell’animare la notte di Buenos Aires per i più importanti personaggi internazionali in visita alla città a quell’epoca. La sua morte, avvenuta nel 1925, darà luogo a un funerale che dieci anni dopo, sulle pagine di Crítica, sarà paragonato a quello di Gardel32. La municipalità della città di Buenos Aires darà il suo nome a una calle (strada), e ancora oggi un’arteria del barrio (quartiere) di Parque Patricios si chiama «Diógenes Taborda». Dopo aver lavorato sotto Taborda, Quinterno passa ad aiutare Lanteri e infine, grazie all’aiuto dell’allora direttore del quotidiano El mundo (Il mondo), Carlos Muzio-Sáenz Peña, comincia a pubblicare alcuni fumetti propri. Il primo di questi, apparso sulle pagine di El suplemento nel 1925, è Pan Copertina di Don Fierro y Truco33; l’anno seguente appare Manolo Quaranta su La novela semanal (Il romanzo settimanale); nel 1927 Crítica pubblica Las aventuras de don Gil Contento, e in quello stesso anno appare Don Fermín, fumetto che due anni dopo cambia titolo – sotto copyright dell’autore – in Don Fierro. Citiamo Jorge B. Rivera: «Don Fermín rovescerà, in un certo senso, e secondo i codici che presiedono e strutturano il lavoro creativo di Quinterno, la caratteristica “matriarcalista” e conflittuale delle strisce familiari di Rechain e Lanteri, per affermare – in un mondo di uomini – la personalità autoritaria di un padre duro e iracondo, in perenne guerra contro piccole avversità»34. Accompagnano don Fierro nelle sue avventure la moglie doña Petrona Cascallares, la figlia Lila, un capo piccolo e dispotico, un clownesco uomo influente chiamato Polimeni, la serva nera Timotea, i due simpatici vagabondi Crosta e Constantino, e il fidanzato di Timotea, un pompiere anch’esso di colore. Il 19 ottobre 1928, sulla striscia di Gil Contento appare invece per la prima volta, con il nome di Curuga Curiguagüigua, quello che presto diventerà il celeberrimo indio Patoruzú, nome sotto il quale sarà pubblicata la striscia a partire dal primo luglio 1931.
Più riviste, più personaggi Gli anni Venti segnano la nascita di tutta una serie di nuove pubblicazioni: Pucky va a competere con Tit-Bits nella pubblicazione di feuilleton e storie avventurose, mentre La novela semanal e El suplemento contendono il pubblico femminile a El hogar. Nel 1922 uno stenografo del congresso nazionale che già aveva dimostrato grandi doti come caricaturista fonda una sua rivista e le dà per titolo il suo cognome: appare così Páginas de Columba, dalla quale Ramón Columba (1891-1959) pubblica i suoi commenti satirici più riusciti sui grandi personaggi della politica nazionale. Collaborano con lui Valdivia, un perfetto caricaturista; Muñiz, altro grande umorista (e grande dimenticato); e González Fossat, giovane disegnatore che realizzerà, a partire dal 1924, la striscia Jimmy y su pupilo (Jimmy e il suo pupillo), prima strip nazionale con ambien-
31 “Scimmia”, ma anche, in gergo, “disegno umoristico”. 32 Carlos Gardel (nato forse a Toulouse in Francia nel 1890, oppure a Tacuarembó in Uruguay nel 1887, morto nel 1935), attore, cantante e compositore, il più grande interprete di tango della prima metà del XX secolo. Figura popolarissima e ancora oggi viva nel ricordo di tutti gli argentini (e non solo), nel 2003 la sua voce è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. 33 Letteralmente Pane e Trucco, ma “truco” in Argentina è anche voce gergale per “pugno”. 34 Citazione originale perduta.
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tazione pugilistica, nella quale vengono presi in giro l’allenatore Jimmy Forrest e il suo protetto Luis Ángel Firpo35. Sempre negli anni Venti, González Fossat realizzerà altre due strisce, entrambe basate sulla satira di costume: Aventuras de Nenucho (su El hogar, 1929) e Pepinito y su novia (Pepinito e la sua ragazza, su La novela semanal, 1929). Verso la fine del decennio altri autori di fumetti si aggiungono al già nutrito panorama dell’umorismo a fumetti nazionale: Pedro Gutiérrez crea La barra de Candelario (Il bar di Candelario36, su La novela semanal, 1929); Meliante e Linage realizzano fumetti senza personaggi fissi per Crítica (1929); Ramírez sviluppa Polito su Caras y caretas (1929). Infine, nel 1930, Linage inaugura in Caras y caretas un’altra striscia di grande successo popolare: Las aventuras de Maneco, comiche avventure di un piccolo balordo dalla faccia tosta che si finge potente, ma i cui piccoli intrighi finiscono sempre male, provocando l’esilarante ed efficace frase finale «¡Sonaste, Maneco!» («T’è andata male, Maneco!»).
35 Luis Ángel Firpo (1894-1960), leggendario pugile argentino, il primo latinoamericano ad arrivare a combattere per il titolo dei pesi massimi contro il campione in carica Jack Dempsey, in un match straordinario che ha fatto la storia del pugilato, proiettando Firpo nel novero degli eroi sportivi sudamericani. 36 Ma “candelario” è anche voce popolare per “stupido”.
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