L'Ultimo di questi Erasmus?

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N°8

12/2012

(dire)

L’ULTIMO DI QUESTI

ERASMUS?


EDITORIALE Progrè

sta per compiere due anni, e con lei ProgrèDire, la nostra piccola rivista che arriva al suo ottavo numero.

In questi mesi, su queste pagine, abbiamo parlato di tanti argomenti: donne, Italia, ambiente, crisi, Chiesa, Europa, sesso, solo nei nostri dossier. In questo numero torniamo a parlare di Europa e del suo programma più famoso, almeno fra i giovani: l’Erasmus. Non ci andava di accodarci alla marcia funebre di chi si addolorava per la ventilata chiusura, e abbiamo pensato di parlarne a modo nostro. O meglio, a parlare proprio del nostro, di Erasmus. Sette città, sette esperienze, raccontate in poche righe. Parigi, Berlino, Vienna, Amsterdam, Aarhus, Montpellier, Siviglia. Con un occhio a quello che succede a Strasburgo e Bruxelles, tanto per capire se le teste d’uovo dell’Unione Europea sono davvero teste vuote, oppure se questo pasticciaccio brutto si risolverà come deve risolversi. E già che eravamo in tema di formazione, abbiamo dato un’occhiata anche a cosa succede nel mondo della scuola, tra riforme e prove di TFA. Ma non solo, parlando di Europa e di Erasmus, abbiamo chiesto a Francesca, in Erasmus in Danimarca, di intervistare– tra una festa e l’altra – i nostri colleghi europei, per sapere cosa pensano dell’università nel loro Paese. Tanto per capire se le cose non funzionano solo in Italia. A proposito di cose che non funzionano, prima di entrare nella Terza Repubblica, vi riproponiamo il peggio (ma non tutto il peggio, per evidenti motivi di spazio) dei vent’anni di Seconda Repubblica che ci stiamo per lasciare alle spalle. Dieci episodi da non dimenticare, per evitare di ricadere sempre negli stessi errori. Torniamo pure su un argomento a noi caro: la vicenda Fiat, con le ultime performance di Sergio Marchionne. E badate, stiamo per andare in stampa, quindi non riusciamo a stare al suo passo (però potete cercare su google perché hanno protestato gli operai serbi). Da Bologna, trovate l’intervista a Stefania Piccinnelli, una delle organizzatrici del Terra di Tutti Film Festival che si è da poco svolto in città (2-14 ottobre). E se ve lo siete persi aspetterete l’edizione 2013, la settima. Chiudiamo con una di quelle storie da raccontare, e da non dimenticare. La storia di Riccardo Gruppi, partigiano deportato nei lager nazisti, che ci ha accompagnato nella visita al campo di concentramento di Trieste, la Risiera di San Sabba, in occasione di “Un viaggio per non dimenticare” organizzato da Progrè. Accanto il sommario, poi le nostre rubriche – Time Mirrors e Occhi Fissi sul Mondo – in quarta di copertina la Foto del mese. Il menu è completo. Buona lettura.

Nicola Usai


PAG. 2

_EDITORIALE di Nicola Usai

PAG. 3

_SOMMARIO

_TIME MIRRORS

PAG. 4

Via ai lavori, che a Sol non ci sia più spazio

_OCCHI FISSI SUL MONDO

PAG. 5

Oltre il velo: lo sguardo ribelle delle donne arabe

_IL DOSSIER DI PROGRE’-DIRE

di Laura Pergolizzi

di Rossella De Falco

PAG. 6

L’ultimo di questi Erasmus?

PAG. 7

Una festa rovinata di Michele Rossi

PAG. 8

Intervista a Giulia Rosa D’Amico, Erasmus Student Network Italia di Federica Nuzzo

PAG. 9 PAG. 10

Aarhus di Francesca De Nisi Berlino di Fabio Tamburrini Amsterdam di Giulia Travain Vienna di Michele Fronza Parigi di Emanuele Monaco Montpellier di Nicola Usai Siviglia di Federico Ticchi

_L’ANALISI DI PROGRE’-DIRE

PAG. 12

Profumo di scuola di Federica Nuzzo ed Enea Conti

PAG. 11

PAG. 14 E tu... come la vorresti? di Francesca De Nisi PAG. 16

Vent’anni di Seconda Repubblica

a cura di Michele Fronza e Nicola Usai

PAG. 18 Marchionne, la FIAT e il sindacato di Michele Forlivesi

_A BOLOGNA CON PROGRE’-DIRE

PAG. 20

Terra di tutti Film Festival - Intervista a Stefania Piccinelli

_SPAZIO PROGRE’

PAG. 22

Una storia da non dimenticare

di Federico Ticchi

di Sara Spartà e Federico Ticchi

SOMMARIO


LE RUBRICHE DI

TIME MIRRORS

Time mirrors è un gioco: sfidando le leggi del tempo, utilizza gli specchi magici della memoria per vedere il mondo di ieri con gli occhi di oggi.

VIA AI LAVORI, CHE A SOL NON CI SIA PIU’ SPAZIO La “coerenza” di un Partito Popolare raccontata da una spagnola molto indignata.

Specchio di oggi Madrid 2012

Specchio di ieri Madrid 2007 Gallardón, sindaco del Partito Popolare spagnolo promuove un’ opera di risanamento per sfruttare quello spazio comune situato nel cuore di Madrid che fino a quel momento era stato teatro di degrado: Puerta del Sol non deve più essere punto di ritrovo del malaffare madrileño, ma cosa di tutti, l’incontro non solo dei cittadini ma della popolazione spagnola intera. Da qui parte tutto, proprio dal Km 0 della rete stradale di Madrid, il punto di partenza in quanto posto geograficamente al centro della nazione. E’ qui che Gallardón individua il cuore pulsante delle attività di manifestazione del pensiero e dell’incontro. E si dia il via ai lavori, e si dia spazio all’aggregazione.

Ana Botella, sindaco del Partito Popolare spagnolo (sì, lo stesso partito di Gallardón) ha da risolvere un enigma per lei molto preoccupante. Puerta del Sol è ormai diventata il simbolo dell’indinaciòn. Se ti trovi in un paese europeo e dici 15 Maggio, ti viene risposto “parli di Sol ?”. Un evento di così grande portata è troppo scomodo per un sindaco che si trova a governare la capitale di uno dei paesi europei più a rischio default e con il tasso di disoccupazione giovanile al 53%. La soluzione è semplice quanto spiazzante: si tira fuori un progetto urbanistico che prevede la costruzione di un Bar che ristori i passanti, garantisca un’ottima pausa caffè e ripari dalla pioggia, ma soprattutto che occupi spazio. 300Mq nello specifico, e nello specifico occupati al centro della piazza. Come se bastasse una terrazza ben arredata per sedare gli animi Indignados di quelli che senza un lavoro potranno gustarsi cerveza y tapas di fronte al km 0. E si dia il via ai lavori, e si levi spazio fisico alle idee.

Laura Pergolizzi

Ringrazio la rara disponibilità e l’interesse di Begoña e Salvatore

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LE RUBRICHE DI Occhi fissi sul mondo è una rubrica che si pone l’obiettivo di ricordare e ricordarci che non solo Europei o Italiani abitano il globo, ma ci sono moltissime altre Genti che convivono assieme, con le loro usanze, i loro comportamenti, le loro difficoltà... Perché conoscere l’Altro è saggezza e sicuramente aiuta ad approfondire la conoscenza di noi stessi.

OCCHI FISSI SUL MONDO

Oltre il velo

Lo sguardo ribelle delle donne arabe Il

3 settembre 2012 due ragazzi stavano facendo l’amore nella loro macchina quando tre agenti di polizia hanno fatto irruzione nel veicolo. Mentre in due violentavano la donna, un altro obbligava il fidanzato a prelevare contante dal bancomat. Benché i tre siano stati condannati per stupro, la ragazza è stata accusata di “comportamento indecente intenzionale”, rischiando fino a sei mesi di reclusione. Strano a dirsi, ma questo paradossale caso giuridico, dove la vittima viene ulteriormente denigrata e screditata dalla giustizia, si è verificato in Tunisia, nel paese della rivoluzione dei gelsomini, dove, nel dicembre del 2010, un mercante si è dato fuoco proprio in seguito ai reiterati abusi delle forze dell’ordine: un fuoco che non si è più spento, dando vita al grande movimento della “Primavera Araba”. Movimento in cui la donna islamica, smentendo i pregiudizi che la vedono sottomessa e remissiva, ha avuto un ruolo centrale, lottando in prima linea nelle piazze e sul web. La fine della discriminazione di genere

nei paesi del Nord-Africa e del MedioOriente è però ancora ben lontana dal realizzarsi: non solo negli stati in cui la protesta è ancora in corso, ma anche in quelli dove le sommosse hanno prodotto un cambio di potere. Nella Tunisia del post-Ben Ali il governo ha respinto le raccomandazioni rivoltegli dall’Onu in materia di leggi discriminatorie nei confronti delle donne. C’è invece il rischio che si ripresenti l’emendamento di “complementarietà” della donna rispetto all’uomo. In Egitto, il Presidente Mohamed Morsi, invece di abbassare l’età da matrimonio da 18 a 9 anni per le donne, dovrebbe far luce sulle ripetute violazioni dei diritti umani operate dallo Scaf durante i 16 mesi di governo militare. Tra le migliaia di persone sequestrate, e i 121 morti e 3484 feriti alle manifestazioni, l’oppressione di genere è stata particolarmente acuta. Oltre alle ragazze pestate e torturate durante le proteste, il 9 marzo 2011 in 18 sono state arrestate in Piazza Tahrir e trasportate nel carcere di Heikstep, dove sono state sottoposte a perquisizioni intime e “test di verginità”. Per questo trattamento disumano, nessun colpevole: il solo medico imputato è stato assolto a marzo del 2012.

Nei paesi dove la rivoluzione non ha ancora vinto, le donne pagano caro il loro protagonismo: in Siria perché denunciano o chiedono notizie dei familiari scomparsi; in Iran e Bahrein giacciono in carcere o vengono perseguitate per il loro attivismo; in Arabia Saudita possono guidare, votare e candidarsi, ma non hanno diritto ad un lavoro retribuito, a viaggiare e ad un’istruzione superiore. Repressione e brutalità, però, non fanno che ingigantire un onda ormai inarrestabile: il 12 ottobre 2012 quattro donne arabe hanno lanciato “Uprising Of The Women In the Arab World”, campagna che sta facendo il giro del mondo. Inoltre, la maggior parte di questi paesi ha firmato e anche ratificato, la Cedaw (Convention Eliminating All Forms of Discrimination Against Women) mentre la pressione di ong quali Amnesty International e Human Rights Watch è fortissima. Con tali presupposti, c’è poco da stare a guardare. L’occidente può intervenire, ma non fornendo armi leggere e gas lacrimogeni – come gli Usa con lo Scaf Egiziano – bensì amplificando e ricordando il vero spirito, dal popolo e del popolo, della Primavera, che “ha trasformato le proteste in carnevali di musica, danze e canti di libertà, nonostante le pallottole, i carri armati e gli arresti” (Razan Zaithouni, attivista siriana attualmente ricercata dal regime).

Rossella De Falco

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IL DOSSIER DI

L’ULTIMO DI QUE

Aarhus

pag. 8

Berlino

Amsterdam

pag. 9

pag. 10

Parigi

Vienna

pag. 10

Siviglia

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pag. 10

Montpellier

pag. 11


IL DOSSIER DI

ESTI ERASMUS?

Tra il 2008 e il 2010, 62'446 studenti e dottorandi italiani hanno realizzato un periodo di studio all’estero, nell’ambito del Programma Erasmus. Ecco le mete più ambite.   (fonte: www.statisticsforall.eu)

Una festa rovinata

N

el 1987 la Comunità Europea si convinse a lanciare un progetto di mobilità studentesca senza precedenti: lo European Region Action Scheme for the Mobility of University Students, meglio conosciuto come Erasmus. Un progetto finanziato dai fondi comunitari (Fondo Sociale Europeo), quindi dagli Stati membri, con l’obiettivo di formare gli studenti del continente europeo, e non solo. Sono trascorsi 25 anni da allora, 25 anni dal lancio di un programma che sancì un matrimonio tormentato ma anche appassionato, quello fra i cittadini dei singoli Stati e una creatura tutta in divenire: l’Europa federale. La festa nei giorni scorsi è stata rovinata, irrimediabilmente. La cronaca degli eventi è presto riassumibile. Agli inizi di Ottobre diverse dichiarazioni provenute da più parti, Commissione Europea, Parlamento

europeo e funzionari, mettevano in allarme studenti in partenza (o in procinto di): i fondi scarseggiano e si corre il rischio di bloccare le partenze dell’anno in corso e quelle del 2013-14. Di lì a qualche settimana l’allarme sembra rientrare, un fondo rifinanziato ma con l’incognita del prossimo anno accademico. Arriviamo ad oggi (20 Novembre), la situazione torna a precipitare, sui bilanci europei 2012-2013 si accende uno scontro fra diversi paesi, dicono sulle modalità dei finanziamenti, che porta al blocco dei fondi per l’Emilia Romagna (poi attivati) e rimettono in discussione i programmi per ricerca e sviluppo e le stesse borse Erasmus. Ciò che rimane della cronaca e dei virgolettati di questi giorni è una profonda amarezza, quella che si assapora guardando alla storia di un progetto che doveva essere ri-

lanciato (qualcuno proponeva la sua obbligatorietà!), potenziato a livello finanziario e sostenuto da un numero sempre maggiore di istituzioni universitarie fino a garantire anche un forte e più ampio collegamento con imprese private ed enti pubblici europei per esperienze di lavoro-studio (placement). I numeri di questo programma lasciano attoniti, un successo straordinario, se si guarda alla platea degli interessati e ai Paesi coinvolti, ma anche una miopia sconvolgente, se si pensa ai tagli che il Fondo Sociale sta subendo a causa degli Stati membri. Ancora una volta l’Europa degli Stati e dei Governi è l’Europa degli egoismi e della paura. Think Erasmus!

Michele Rossi

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IL DOSSIER DI Intervista a Giulia Rosa D’Amico Rappresentante nazionale di Erasmus Student Network Italia Gentile Giulia Rosa, potresti presentarti ai nostri lettori? Sono una studentessa romana di 27 anni e sto per laurearmi in Scienze Politiche, percorso Studi Europei, all’Università di Roma 3. Nel 2008/2009 hai preso parte al programma Erasmus vivendo per 9 mesi a Montpellier, nella Francia del sud: quanto questa scelta ha influenzato la tua vita? Esatto, ho vissuto in Francia per quasi un anno. L’Erasmus non ha semplicemente “influenzato” la mia vita, l’ha praticamente ribaltata. Prima ero il classico tipo molto radicato nel proprio territorio, la propria città, i propri affetti: adesso l’Europa è la mia casa e vivo perennemente con la valigia in mano. Senza contare che, da quando sono ritornata in Italia, sono in grado di parlare tre nuove lingue: inglese, francese e spagnolo. Poi ,ovviamente, c’è ESN: la più grande medicina per la sindrome post-Erasmus. Che cos’è ESN (Erasmus Student Network) e quale ruolo ricopri al suo interno? ESN è un’associazione no-profit (apartitica, aconfessionale e senza scopo di lucro) costituita da studenti volontari (per la maggior parte ex-Erasmus) che organizzano attività per studenti Erasmus e si occupano della loro integrazione con la comunità locale. In particolare ESN Italia, di

cui sono la rappresentante nazionale, è composta da 49 sezioni locali, presenti in diverse Università. Qual è la struttura dell’associazione a livello nazionale ed europeo? Erasmus Student Network (ESN International) è presente in 36 Paesi. Ogni ESN nazionale è a sua volta composto da varie associazioni locali: siamo orgogliosi di affermare che l’Italia è il network con maggior numero di sezioni ESN. Le sezioni italiane si riuniscono 5 volte all’anno ogni due mesi, durante le nostre Piattaforme Nazionali, per discutere di progetti locali, nazionali e internazionali...e anche dei nostri problemi! Perché uno/a studente/essa Erasmus, una volta arrivato/a in Italia, dovrebbe contattare l’ESN della sua città? Quali attività offre l’associazione per rendere il soggiorno più piacevole? ESN organizza una vasta gamma di attività, dalle serate ai tandem linguistici, dai cineforum a corsi sportivi, dalle gite di un giorno ai viaggi di un weekend, dagli aperitivi ai corsi di teatro: la nostra forza risiede nella varietà, nella libertà e nell’autonomia di cui gode ogni sezione, sempre nel rispetto dei nostri principi statutari. Perché uno studente straniero dovrebbe contattarci appena arrivato in

AARHUS Keep calm…and let’s hygge! L’Hygge è parte fondamentale della cultura danese. Letteralmente intraducibile nelle altre lingue… significa “avere un momento piacevole in compagnia degli altri”. E’ una cosa che i danesi amano fare, controvertendo completamente qualsiasi pregiudizio sul Nord Europa efficiente, ma freddo, che non ha tempo per gli altri. Per realizzare un buon momento hygge la prima cosa che un danese farà, sarà dotarsi di candele. Dopodiché ti offrirà un dolce, possibilmente a base di mele o cannella, e ovviamente il tutto sarà contornato da fiumi di birra. E poiché si avvicina il Natale, e i danesi amano il Natale, la birra sarà rigorosamente Jul-øl (birra del Natale per l’appunto), bevanda dolce quasi da voltastomaco ma immancabile se si vuole vivere a pieno l’atmosfera hyggelig versione natalizia.

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Amare la Danimarca è la cosa più semplice del mondo. Lo è da quando vieni travolta da una miriade di ciclisti consci del fatto di dominare la città, continua ad esserlo quando chiedi informazioni ad un passante e lui ti si rivolge con sorriso a 32 denti facendo di tutto (comprese telefonate ad amici vari) per aiutarti. Amare la Danimarca è facile quando ti ritrovi a nuotare in fiumi di birra chiedendoti come sia possibile che un danese sobrio sia così diverso da un danese ubriaco. Non amare la Danimarca è impossibile poi quando la si vive con giovani provenienti da tutti i continenti. Ecco cos’è l’Erasmus. Imparare ad amare l’Europa, a conoscerla, a costruirla.

Francesca De Nisi


IL DOSSIER DI

Italia? Rispondo con una frase che amiamo ripetere tra di noi: «L’Erasmus ti cambia la vita...ESN te la stravolge!». Connessione Erasmus-professione: come si deve muovere uno/a studente/essa che vuole fare del suo soggiorno all’estero un valido passaporto per il mondo del lavoro? Consiglierei di inserire l’esperienza Erasmus nel proprio CV e soprattutto di continuare a praticare la lingua appresa all’estero...magari proprio contattando ESN! Anni di crisi: qual è il tuo ricordo Erasmus capace di farti tornare a sperare? Uno stage di ricerca che mi era stato offerto dalla Facoltà di Science Politique a Montpellier da un professore di Filosofia del Diritto (che sfiorava a malapena i 35 anni, giusto per darvi un’idea). Non ho potuto approfittare di questa occasione perché dovevo tornare a Roma per laurearmi e per la mia famiglia, ma forse tornando indietro compirei una scelta diversa.

Il programma Erasmus, che proprio quest’anno festeggia i suoi 25 anni di vita, rischia di chiudere i battenti: il Presidente della Commissione bilancio del Parlamento europeo, Alain Lamassoure, afferma: «Il fondo sociale europeo non ha più un euro» e «Se non si agisce subito, non ci saranno più borse di studio da Natale». Quali sono le tue previsioni in merito? Dopo un allarmismo iniziale che ha colpito anche ESN, ora la situazione non ci preoccupa più molto: abbiamo avuto rassicurazioni proprio dalla Commissione Europea, con cui lavoriamo a stretto contatto. Il 20 novembre ci sarà il General Affairs Meeting per discutere del budget del futuro programma di Mobilità Europea, ed ESN ha organizzato insieme ad altre due associazioni, ESU e AEGEE, una petizione chiamata “Fraternité 2020” per raccogliere un milione di firme affinché vengano garantiti nuovi fondi. Anzi, colgo l’occasione per chiedervi di aiutarci e aderire: basta essere cittadini europei e impiegare 5 minuti per firmare (www.fraternite2020.eu). Grazie all’Erasmus siamo riusciti finalmente a costruire un concetto di cittadinanza comune a tutti i giovani europei, e non solo: credo che questo sia un dato oggettivo da constatare più che un’utopia su cui fantasticare. Che cosa diresti a uno/a studente/essa che si chiede se candidarsi o meno a un programma Erasmus? «Prepara la valigia...e carpe diem!».

Federica Nuzzo

BERLINO Per molti l’Erasmus è una parentesi, un’avventura che inizia il giorno della candidatura e finisce con sguardi nostalgici alle fotografie scattate in quei mesi intensi. Per altri è la prima tappa di un percorso, di una specie di manìa che conduce nei più remoti angoli del globo: tanta è la voglia di ripetere l’emozione di scoprire nuovi luoghi e collezionare esperienze. Berlino è un’altra storia. Chi la vive non può dimenticarla e per sempre vi resta legato: Berlino non è una tappa, ma un traguardo. Sarà per questo che difficilmente il turista ne resta entusiasta: che cosa può colpire lo sguardo avido del visitatore occasionale? Non di certo i quattro monumenti sopravvissuti ai bombardamenti, né tanto meno la grigia architettura della DDR... Ma come può desiderare di vivere altrove chi ha la fortuna di perdersi nei quartiere turchi, nei mercatini dell’usato, negli squat dove ancora sopravvivono brandelli di cultura libertaria e allo stesso tempo sentirsi al centro del mondo, nella multiforme capitale di un’Europa civile e piena di speranze? Capitale d’Europa e città anarchica per eccellenza, centro culturale e patria della techno, covo di intellettuali e artisti di ogni sorta... Berlino è questo e molto di più. E da tutto questo non si torna più indietro.

Fabio Tamburrini

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IL DOSSIER DI

VIENNA AMSTERDAM

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Il freddo entra dappertutto, la sciarpa non tiene fondamentalmente un cazzo e il doppio calzino è inutile, facevo prima ad andare in giro scalzo. Il termometro del centro commerciale Lugnercity segna -15 °, cosa mai vista neanche per uno di Bolzano. Se tutto va secondo i miei piani, in comodi e pratici 45 minuti sono seduto al caldo a seguire la lezione di Diritto costituzionale austriaco (‘na figata ve lo raccomando eh!), ma naturalmente la sorte neanche questa mattina è dalla mia parte e vedo sfrecciare il Bim 2 (tram viennesi) murato di gente davanti ai miei occhi. Tocca farla a piedi, non mi dispiace, quando cammini in una città nuova ci sono file di case e palazzi senza alcun significato, ma basta un attimo e tutto questo ci appartiene perché ci abbiamo vissuto, solo che ancora non lo sappiamo.

L’Eerasmus me lo immaginavo un po’ come un pacchetto, in cui ogni anno persone diverse ripetono la stessa avventura. I primi giorni è probabilmente così: gli eventi organizzati da ESN si ripetono di anno in anno: le feste, i locali, le attività sono le stesse. Ciò che fa la differenza è l’essere protagonista di quelle attività, quell’anno, in quella città. È un mondo a parte questo, quasi costruito appositamente, particolare. È divertente, ma è solo l’inizio. Di certo, il capitale umano che si ha la possibilità di conoscere in una città internazionale come Amsterdam è inestimabile, lo scambio culturale che avviene altrettanto. Richiede tempo conoscere e imparare, già posso dire con certezza che sei mesi non sono per nulla sufficienti per farlo. Il tempo passa troppo in fretta. A un certo punto inizia a farsi sentire la necessità di ritrovare anche qui in un’altra realtà qualcosa e qualcuno che ti faccia sentire a casa. C’è necessità di ritrovarlo nelle persone, nella città, negli eventi, perfino in università in ciò che sto studiando. Il pagliaio in cui cercare è gigante, e pur aumentando le possibilità di nuove scoperte, questo rende a volte difficile trovare il proprio ago. Quello che sto ricevendo va ben oltre i divertimenti stereotipati che ci si aspetta di vivere in questa città o più in generale in Erasmus, ma si tratta di qualcosa di più tagliente e profondo che mi sta marcando per sempre. Sarebbe stato bello menzionare solo nomi e luoghi in quest’articoletto, la potenza evocativa di ciò avrebbe forse dato un’idea della quantità di persone e cose in cui m’imbatto e confronto giorno dopo giorno. Ma l’articolo mi è uscito così… L’Eramsus è un’occasione, sta a ognuno poi decidere come sfruttarla. Sarebbe intelligente e politicamente vincente cancellarla?

Paris non è da Erasmus, lo sanno tutti. Per i costi, soprattutto. Un affitto costa veramente tanto e la vita è impossibile per uno studente con una borsa di 200 euro e pochi soldi da parte. Ma Paris è Paris, e viverci è l’esperienza più bella che una persona possa fare. E’ stato il punto di arrivo di un percorso e l’inizio di una nuova era della mia vita. Paris è una città da interpretare, e lo si può fare in molti modi, ma devi sentirla tua, devi farne parte per non essere schiacciato dalla sua grandiosità. Camminare per le sue strade è una cosa che non ha pari. Paris è una città straordinaria, bizzarra, lucente, enorme, sorprendente. Essa riaccende, nell’animo delle persone che sanno guardare e ascoltare, sentimenti e sensazioni sopite e sconosciute. E sono le cose che più non ti aspetti a renderla la città più bella del mondo, non i monumenti, non le chiese, non i boulevards affollati dai turisti più atipici e grossolani. Ora capisco perché l’arte ha trovato casa qui, e perché gli impressionisti l’hanno amata e l’hanno scelta come sfondo del loro genio, e più lo capisco più la amo. Amo questa città perché vi ho scoperto me stesso, amo questa città, perché se fai silenzio nel tuo cuore riesci a sentirne ancora la magia. amo questa città perché la vista che offre la sconosciuta scalinata di rue du calvaire è un’immagine che rimane per sempre.

Giulia Travain

Emanuele Monaco

Michele Fronza

PARIGI


IL DOSSIER DI

MONTPELLIER Il mio arrivo a Montpellier, nel 2010, mi ha confermato la bontà del vecchio adagio “tutto il mondo è paese”. Appena entrato all’Hotel de France (posto che vi sconsiglio vivamente di visitare!), l’albergatore si è lamentato dei lavori in corso sulla strada (Rue de la République) per la terza linea del tram. Tanto per dire che i commercianti si lamentano dappertutto, e che i lavori per le opere pubbliche durano sempre troppo. E infatti durano troppo, soprattutto negli studentati – che a Montpellier si chiamano Cité U, dove U sta per Universitaires – e soprattutto se capitano proprio mentre nello studentato ci vivi. Non vi racconterò i dettagli del condividere un cesso e due docce con altre 27 persone. Con cui condividere anche una cucina di 12 mq, fornita di ben due fornelli: uno puntualmente guasto. Voi direte “col cazzo che vado in Erasmus a Montpellier”, ma sbagliereste. Quando vi diranno che Mon-

tpellier è la Bologna francese, bé, non è proprio così, ma ci si avvicina. Distanze percorribili a piedi (ma, per i più pigri, tram che passano ogni 3-5 minuti); zona universitaria coincidente col centro; locali per ogni gusto; kebabbari ad ogni angolo; mini-market (quelli che a Bologna chiamiamo

pakistani e che in Francia sono épiceries) ad ogni incrocio. In più le mense, vere. Loro le chiamano Restos U. Con tre euro mangi, male, ma forse meglio di come cucineresti su un fornello rotto. E poi, sei in Erasmus mec.

Nicola Usai

SIVIGLIA Caldo insopportabile, notti senza fine, birra a fiumi, flamenco ovunque, architettura eccezionale, Giralda, Parque María Luisa, Plaza de Toros, feste in casa annegate nel vino e nella musica, lezione tutti i giorni, umanità e vicinanza dei professori, eccessiva facilità degli esami, semplicità nell’apprendere la lingua, amorevoli vecchiette che ti scambiano per toreador, discussioni sulla monarchia, perché continua ad esistere, chi è suddito anche formalmente, amici di ogni nazionalità, razza, colore, credo religioso, orientamento politico e sessuale, coinquilini brasiliani come fratelli, cene eterne trascorse a parlare delle tradizioni di ogni angolo del pianeta, tramonto su Guadalquivir bevendo lambrusco (si, proprio lui) di pessima qualità, tapas deliziose, prosciutti appesi al soffitto che colano grasso, Triana e Nervión, sentire l’inno del Sevilla FC nel match contro il Barcellona con doppietta di Messi, sole sempre presente, Cruzcampo, la Feria de Abril con le ragazze vestite col tradizionale abito da sevillana gitana, l’intera notte spesa a improvvisarsi ballerini di flamenco e bere rebujito, albeggiare addentando un churro al cioccolato fatto dagli zingari dietro l’angolo, tradizioni e novità mescolate assieme in un bel dipinto dalle tinte andaluse. L’Erasmus è stato aprirsi a nuovi mondi e nuove culture. Non rimanere rinchiusi nei propri pensieri e nelle proprie convinzioni. Non aver paura di stravolgere i propri concetti e pregiudizi ma anche riconoscere la validità della città in cui vivo, riscoprire l’amore per Bologna che, nonostante non abbia il mare, è brutalmente unica. Ché forse, se non me ne fossi allontanato, me ne starei ancora lamentando.

Federico Ticchi

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L’ ANALISI DI

PROFUMO I

Giambattista Vico e la (falsa) evoluzione della formazione insegnanti

n principio fu il concorso a cattedra. Tre giorni di prove massacranti conclusi da un quarto giorno dedicato alla prova orale. In palio, un posto fisso a scuola a insegnare la propria materia preferita (roba da far accapponare la pelle a Monti, che ama così tanto le novità). La selezione naturale fra gli Homines laureati avveniva secondo la legge del più preparato (fatta eccezione per l’odiosa specie dell’Homo Raccomandatus, i cui membri sono ancora oggi particolarmente presenti in Italia), creando un equilibrio fra esseri viventi, ambiente e risorse naturali. Nel 1998 il meteorite Berlinguer spazzò via il concorso a cattedra: il meritocratico posto del grande predatore fu occupato da microrganismi biennali chiamati SISS (Scuole di Specializzazione all’Insegnamento Secondario). A contatto con questi microrganismi, che si erano diffusi in gran numero presso ecosistemi adatti (come le Università), l’Homo laureatus si evolvette in Homo laureatus cum iure docendi. Questo nuovo tipo di ominide, dotato di competenze disciplinari e pedagogiche, viveva in gruppi sindacali in attesa di entrare di ruolo ed era spesso costretto al nomadismo per raccogliere i crediti

per le Graduatorie ad Esaurimento, dei quali si nutriva. Nel 2008 la grande glaciazione Gelmini sterminò le SISS e per quattro anni il silenzio regnò sulla formazione insegnanti. Una nuova era spuntò solo all’alba del 2012: apparve sulla Terra l’Homo TFAnicus, una specie umana formata da un numero assai esiguo di esemplari, capaci di rispondere a domande come: “In quale raccolta carducciana è presente la poesia La chiesa di Polenta?”, “Chi è l’autore di Pesci Rossi?”, “Chi ha scritto Le cene?” (nel caso in cui ve lo stiate chiedendo, si tratta di Anton Francesco Grazzini detto il Lasca). L’Homo TFAnicus è un essere pienamente evoluto: ha abbandonato la posizione eretta per piegarsi a lavoretti di ogni tipo, pratica l’agricoltura dei propri sogni e in caso di bocciatura ai concorsi esprime una propria spiritualità ricorrendo al Tar. Secondo gli scienziati questa specie, conseguito il TFA, affronterà un nuovo concorso a cattedra: come sosteneva Vico, i corsi e ricorsi della formazione insegnanti.

Federica Nuzzo Laureata in lettere classiche, aspirante insegnante, concorrente di TFA

La riforma Profumo in cinque punti

L

e recenti e contemporanee proteste nei confronti del disegno di legge inerente la riforma della scuola, il cosiddetto ddl Profumo, congelato dal trenta giugno del corrente anno ci spingono a riassumere in alcuni punti, e sinteticamente, il contenuto del testo, suddiviso in venticinque articoli. Il disegno di legge è stato soprannominato ddl del merito, e non a caso, essendo essa stessa una parola assolutamente ricorrente all’interno del testo. Il ddl si focalizza su 5 aspetti principali, si concentra sul sistema scolastico in termini di valutazione e conseguimento delle competenze.

1) Competizioni

Saranno definiti piani annuali per le Olimpiadi internazionali di ambito scientifico e umanistico. I primi tre classificati delle fasi nazionali parteciperanno alle Master class estive, sessioni estive di approfondimento, che il ddl cita in via di istituzione a partire dall’Anno Scolastico 2012-2013.

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L’ analisi DI

DI SCUOLA

2) Questioni di merito

Le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado dovranno individuare “tra i propri diplomati che hanno riportato all’esame di Stato una votazione pari a 100/100, lo studente più meritevole, al quale viene attribuito il titolo di “studente dell’anno”. Oltre alla valutazione finale saranno considerati discriminanti per l’assegnazione del titolo la media conseguita durante il triennio, la situazione economica familiare e l’impegno sociale. Per gli “studenti dell’anno” saranno previsti sgravi del 30% per il pagamento delle tasse universitarie per l’iscrizione al primo anno accademico (nelle università statali e nelle istituzioni universitarie ad ordinamento speciale). Per gli studenti dell’anno è previsto inoltre il rilascio della carta “IoMerito”, con funzionalità di borsellino elettronico (su cui accreditare borse di studio, ecc.).

3) Portfolio

Le esperienze gli attestati conseguiti e le attività contribuiranno a definire il “portfolio dello studente”, consultabile nel portale presso il sito internet del MIUR, reso pubblico e a disposizione delle aziende e dei soggetti imprenditoriali e più in generale chiunque voglia avviare attività di stage e tirocinio. Per ogni studente è previsto il rilascio di un attestato finale di merito con funzione di certificazione dello svolgimento di tutte le capacità maturate nel campo della conoscenza della lingua straniera delle competenze musicali e informatiche unite ad esperienze di associazionismo e volontariato.

4) Convitti ed educandati statali

Queste due strutture saranno convertite in collegi italiani internazionali, istituzioni ad ordinamento speciale che godranno di personalità giuridica di diritto pubblico

e autonomia finanziaria, amministrativa e patrimoniale con potestà saltuaria, e saranno controllati direttamente dal MIUR. I Collegi verranno istituiti allo scopo di favorire lo sviluppo di un modello formativo a vocazione internazionale e si allineeranno alla metodologia del Content and Language Integrated Learning (CLIL), in realtà già in uso dal 1994 e volta a promuovere il conseguimento delle competenze di tipo linguistico e comunicativo all’interno dell’Unione Europea.*

5) Accesso all’università

Il ddl prevede un rafforzamento delle attività di orientamento all’interno delle scuole con un impegno congiunto fra gli atenei e il MIUR. Sarà possibile procedere all’iscrizione unicamente dopo lo svolgimento di prove attitudinali e di predisposizione. Il ddl prevede inoltre l’ammissione a due corsi universitari (corsi di laurea, laurea magistrale, dottorato di ricerca, specializzazione, master di perfezionamento di primo e secondo livello), previo il conseguimento, per gli iscritti ad un corso di laurea o laurea magistrale, di almeno l’80% dei cfu previsti per il primo anno di corso. Per ciò che concerne i cosiddetti principi ispiratori, il ddl dichiara di presentarsi in linea con le indicazioni della strategia Europa 2020 delle iniziative Yout On the Move.

Enea Conti Per approfondire: http://ec.europa.eu/europe2020/index_it.htm http://ec.europa.eu/youthonthemove/ *Per quanto riguarda il CLIL, cfr. http://ec.europa.eu/languages/language-teaching/ content-and-language-integrated-learning_en.htm

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L’ ANALISI DI

E TU... COME LA VORRESTI?

A

ccessibilità economica, approccio didattico, internazionalizzazione. Questi i punti chiave di un sistema universitario vincente. Con la globalizzazione che avanza e l’esplosione delle nuove tecnologie e dei nuovi metodi di reperimento delle informazioni, è legittimo immaginare dei nuovi approcci che vadano al di là del classico schema studio-nozione-esame? Probabilmente sì. Per farlo però bisognerebbe riflettere sui pregi e i difetti del sistema attuale. E poiché ci riteniamo studenti europei e non (solo) italiani è bene farlo partendo da una comparazione. Quattro domande semplici e pratiche che hanno due scopi fondamentali: quello di immaginare un sistema universitario europeo e farlo partendo dalla voce di chi l’università la vive come punto cruciale del proprio contributo alla società. Tenendo conto di tasse, libri, affitto dove ce ne sia bisogno, credi che la tua università sia economicamente accessibile da tutte le classi sociali? Fatma (23 anni, Danimarca): l’università è gratuita, per cui tutti possono scegliere di iscriversi indipendentemente dalla loro situazione economica. I libri possono essere molto cari ma si trovano facilmente di seconda mano e molto materiale è disponibile su internet. Inoltre tutti gli studenti ricevono soldi dal governo (700 euro sui quali vengono applicate delle tasse in quanto considerato “stipendio”, ndr). Le classi sociali non hanno davvero modo di entrare nel sistema universitario. Jason (21 anni, Grecia): sì, non ci sono tasse universitarie.. Puoi avere i libri gratuitamente e le famiglie con più di due figli o con un reddito basso ricevono un supporto dallo Stato e

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delle agevolazioni per quanto riguarda gli affitti. Tanja e Clara (24 anni, Austria): sì, l’università è gratuita e la maggioranza dei libri si trova in prestito nelle biblioteche. Gli affitti posso essere alti, ma è facile trovare stanze economiche se ci si “accontenta” di una doppia. Inoltre gli studenti appartenenti a famiglie con un reddito medio-basso ricevono soldi dal governo come supporto. Laura (23 anni, Spagna): al momento direi di no, le tasse sono drasticamente aumentate. I libri però non sono un problema, di solito li prendiamo in prestito nelle biblioteche. I prezzi degli appartamenti sono alti comparati ad uno stipendio medio spagnolo. E’ previsto un supporto per gli studenti con reddito basso, ma avervi accesso è molto difficile anche se non impossibile. Ralph (24 anni, Olanda): devo premettere che il 29 ottobre il nuovo governo ha presentato la linea che intenderà seguire. Ci saranno molti cambiamenti nel campo universitario a partire dal 2014. Ciò detto, le università in Olanda sono accessibili da chiunque. Ogni studente riceve un contributo dal governo che varia se si vive in famiglia (intorno ai 100 euro) o da soli (intorno ai 220 euro). La cifra aumenta se il reddito dei genitori è sotto una certa soglia. Sono inoltre previsti degli student-loan con bassi tassi d’interesse e tempi di restituzione molto lunghi. Inoltre ogni studente riceve un pass che dà accesso gratuito a tutti i trasporti pubblici in tutta di tutta la Nazione. Le stanze costano in media sui 300 euro al mese tutto incluso, il che può essere caro ma solitamente uno studente olandese ha un lavoro part-time che lo aiuta. Il costo annuale dell’università è di 1.800 euro in media.

Quello che ora cambierà è che la contribuzione mensile data dal governo diverrà un prestito. Ciò significa che i soldi andranno restituiti alla fine dei tuoi studi. Il pass che dà accesso ai trasporti pubblici diverrà un pass che garantisce uno sconto del 40%. Credo che questo porterà ad un’università pensata solo per alcune classi sociali! Lenka (24 anni, Repubblica Ceca): sì, l’università è gratuita. Sono inoltre previsti una serie di supporti per coloro che ..ad esempio..non possono permettersi fitti troppo altri o libri troppo cari. Sono previsti degli student-loan (prestiti bancari previsti specificamente per studenti..con bassi tassi d’interesse e lunghi termini di restituzione) nella tuo Paese? Fatma: sì. Jason: sì, ma non vengono molto utilizzati. Tanja e Clara: no. Laura: no, o almeno io non ne sono a conoscenza Ralph: sì. Lenka: no, non appositamente per studenti. Però ci sono prestiti per i giovani al di sotto dei 26 anni., per aiutarli con l’appartamento ad esempio. Riusciresti a darmi un “giudizio generale” sui professori che hai incontrato nel corso della tua carriera universitaria? Fatma: generalmente amo il fatto che non ci sia alcuna gerarchia..è tutto molto informale e questo di certo aiuta gli studenti a dare il meglio. Jason: i professori cambiano in base al loro orientamento politico. I professori “di destra” ti danno l’impressione di volere un’università solo per pochi… Quelli “di sinistra” si battono perché l’università continui ad


L’ analisi DI

Cosa pensano gli studenti europei del loro sistema universitario? essere gratuita e quindi accessibile a tutti. C’è da dire però che hanno anche loro molti problemi da affrontare: i loro stipendi sono stati diminuiti per poter permettere la continuazione dell’università gratuita..ad esempio. Tanja e Clara: no, è una domanda troppo specifica. Alcuni sono molto disponibili e aperti e non pretendono troppo “distacco”. Altri invece sono l’esatto opposto. Laura: dipende da caso in caso. Ma se dovessi riassumere, direi che la maggior parte non è abbastanza motivata, molti sono troppo teorici. Ralph: posso dire di ritenermi soddisfatto dai professori e dal loro approccio molto informale. Inoltre l’università li monitora con un sondaggio fatto agli studenti alla fine di ogni corso. Lenka: spesso I professori più giovani sono più flessibili nell’utilizzare

metodi e approcci diversi. Credo che ci debba essere meno distanza dagli studenti.La troppa gerarchia spaventa e questo non porta buoni risultati alla propria carriera universitaria. Se dovessi apportare una modifica alla tua università..Quale sarebbe? Fatma: al momento non mi viene in mente niente! Jason: abolirei il numero chiuso. Non posso accettare che sia un test d’ingresso iniziale a determinare il tuo futuro! Inoltre credo che tutti I corsi specialistici dovrebbero essere in inglese e non in Greco, in modo da incrementare la venuta di student dall’estero! L’educazione è sempre il miglior investimento che una Nazione può fare! Tanja e Clara: sicuramente un maggiore utilizzo dell’inglese e investimento sul programma erasmus, il

numero degli exchange students va assolutamente incrementato! Poi sarebbe ottimo se ci fossero più posti disponibili per ogni corso, c’è sempre una sorta di battaglia all’inizio di ogni semestre per entrare nei corsi che si vuole seguire! A volte ci sono 100 richieste per corsi in cui sono previsti 20 posti! Laura: prima di tutto l’organizzazione generale. Troppa confusione. E ovviamente l’approccio dei professori: dovrebbe esserci più “empatia” nei riguardi degli studenti. Ralph: non credo abbia bisogno di grandi cambiamenti. Lenka: migliorerei lo studio della lingua inglese. Dovrebbe essere un requisito fondamentale per incrementare i rapporti tra gli studenti di diverse nazioni.

Francesca De Nisi

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Vent’anni di >>>

Il peggio degli ultimi due decenni concentrato in otto immagini

Mani Pulite Il 17 febbraio 1992, l’arresto dell’ingegnere Mario Chiesa, esponente del Psi, dà il via a quell’indagine che porterà alla fine della cosiddetta Prima Repubblica, denominata poi Tangentopoli. Si scoprì un sistema di corruzione, concussione e finanziamento illecito ai partiti tra i più alti al mondo che coinvolse deputati, senatori e addirittura l’ ex Presidente del Consiglio, Bettino Craxi.

L’affare Telekom Serbia Nel 1997 le dichiarazioni del faccendiere svizzero Igor Marini fecero trema tutto il centro sinistra. La vicenda giudiziaria riguarda l’acquisto di azioni dell’azienda telefonica Telekom Serbia da parte di Telecom Italia. Secondo le parole di Marini, nel corso di tale compravendita sarebbero state pagate tangenti ad esponenti di centrosinistra, tra le quali una super tangente di 125.000$ versata a Romano Prodi e Lamberto Dini. Il 10 novembre 2011 il Tribunale di Roma arresta Igor Marini per reati che vanno dall’associazione per delinquere finalizzata alla ricettazione di documentazione falsa e contraffatta a diversi episodi di calunnia, con risarcimento dei danni a Francesco Rutelli, Donatella e Lamberto Dini, Walter Veltroni, Piero Fassino, Clemente Mastella e Romano Prodi, all’epoca dei fatti premier.

1992

1997

1994

La discesa in campo di Silvio Berlusconi Nel 1993 Fininvest risulta essere la seconda impresa italiana per indebitamento, secondo i bilanci calcolati da Mediobanca il debito ammonta a circa 3,4 volte del capitale stesso. Berlusconi per “amore della patria” e delle sue finanze decide di entrare in politica e lo fa il 26 gennaio 1994 con un messaggio televisivo della durata di 9 minuti.

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2001

G8 di Genova 19-22 luglio 2001. Il G8 di Genova passerà alla storia per gli indicibili episodi di violenza di quei giorni. Oltre agli scontri in strada tra forze dell’ordine e manifestanti, con centinaia di feriti e culminati con l’uccisione di Carlo Giuliani, si verificò una sistematica violazione dei diritti fondamentali di uno Stato democratico. L’irruzione e il pestaggio dei manifestanti che dormivano alla Scuola Diaz, nella notte del 21 luglio, e le torture nella caserma di Bolzaneto, dove centinai di persone furono vittime di ogni tipo di violenza, sono state accertate dalla magistratura, con due diverse sentenze, che hanno riconosciuto colpevoli 69 agenti, spingendo la Corte di Cassazione a parlare di «massacro ingiustificabile che ha gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero».


L’ analisi DI

seconda a cura di Michele Fronza e Nicola Usai

Abbiamo una banca! Il 31 dicembre 2005, Il Giornale pubblica un’intercettazione tra Piero Fassino, allora segretario dei DS, e Giovanni Consorte, allora presidente Unipol, realizzata nell’ambito dell’inchiesta sulla “scalata all’Antonveneta”. «E allora siamo padroni di una banca?» è la frase pronunciata da Fassino, che suona quantomeno inappropriata per il segretario dell’allora più grande partito della sinistra. Mentre Fassino è risultato estraneo ad ogni responsabilità penale, lo scandalo Antonveneta ha visto coinvolto il gotha delle banche italiane, tra cui Antonio Fazio, ex governatore di Bankitalia.

2005

«Non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni» Il 28 aprile 2009, nei giorni successivi alla famosa festa di 18 anni di Noemi Letizia, Veronica Lario annuncia pubblicamente il suo divorzio da Silvio Berlusconi: «la strada del mio matrimonio è segnata. Non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni». Sono gli stessi giorni in cui monta la polemica sulle candidature alle imminenti elezioni europee, alle quali Berlusconi vorrebbe candidare giovani e avvenenti ragazze, senza alcun precedente politico. La Lario attacca: «quello che emerge dai giornali è un ciarpame senza pudore. E tutto in nome del potere. Figure di vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo e la notorietà».

2009

2008

La compravendita dei parlamentari Il 24 gennaio 2008, cade il governo Prodi II per un mancato voto di fiducia al Senato. Tra i senatori eletti nel 2006 nella coalizione dell’Unione che non votano la fiducia, ci sono Sergio De Gregorio, Lamberto Dini e Clemente Mastella. L’accusa di “compra-vendita dei parlamentari” è stata recentemente confermata da Walter Lavitola, davanti ai pm di Napoli, ai quali ha confermato la sua partecipazione alla cosiddetta “Operazione Libertà”: Berlusconi, dice Lavitola, versò un milione di euro a Sergio De Gregorio, per passare dall’IDV al PDL.

2012

Tutti Er Batman d’Italia In queste settimane, Er Bataman Fiorito è diventato il simbolo del malaffare per aver fatto transitare le risorse del gruppo PDL in regione Lazio sul suo conto personale. E non si tratta di una mela marcia. Si pensi alla Lombardia delle ricevute perdute di Formigoni, o alla Roma delle municipalizzate trasformate in agenzie di collocamento per amici e familiari di Alemanno, o ancora alla Sicilia (che fu) di Lombardo imputato per concorso esterno in associazione di tipo mafioso e voto di scambio. Va dato atto, però, che proprio in questi giorni si sono chiusi positivamente due procedimenti a carico di Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia, e Vasco Errani, presidente della Regione Emilia Romagna: assolti entrambi “perché il fatto non sussiste”.

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L’ ANALISI DI

Marchionne, la FIAT e il sindacato

L

a “Vicenda Fiat” ha fatto venire al pettine tutti i nodi e le questioni irrisolte del nostro sistema di relazioni industriali e diritto sindacale che un insieme di vicende storico-politiche e normative ha ridotto ad uno stato di irrazionalità ed antidemocraticità paradossale. Un sistema, per dirla in breve, in cui i contratti collettivi sono, o possono essere, stipulati non dai sindacati dotati di maggiore rappresentatività effettiva, bensì dai sindacati che lo stesso datore di lavoro presceglie, non per la loro rappresentatività, ma per la docilità ai suoi voleri; che conferisce solo a tali sindacati, “accreditati” o prescelti dal datore di lavoro, fondamentali vantaggi e prerogative (come quelli di poter formare rappresentanze sindacali stabili, indire assemblee retribuite, godere di permessi ed aspettative sindacali, ecc.) e, infine, che, di fatto se non di diritto, pretende di applicare (spesso riuscendovi) contratti e accordi collettivi di pessimo contenuto, stipulati dai suddetti sindacati “complici” della controparte datoriale e ad essa graditi, a tutti i lavoratori. Di questa caricatura del sistema sindacale ne ha approfittato, dapprima, la Confindustria, per escludere la CGIL da un accordo-quadro in tema di livelli di contrattazione nazionale, territoriale ed aziendale, e, poi, la FIAT, nelle vesti dell’Ing. Sergio Marchionne autore di velleitari piani di rilancio produttivo tramite compressione dei diritti dei lavoratori, implicanti l’estromissione ed emarginazione della FIOM. La disdetta di Confindustria del contratto collettivo del 2008, firmato anche dalla FIOM, e la stipulazione nel 2009, con le sole FIM-CISL e UILM, di un nuovo contratto collettivo nazionale, ovviamente peggiore del precedente, non è bastato all’ Ing. Marchionne, per due fondamentali motivi: perché voleva per i “suoi” stabilimenti FIAT, condizioni lavorative ancora peggiori, anche rispetto a quelle del CCNL firmato nel 2009 solo con FIM e UILM. E perché, a ben vedere, la disdetta data nel 2008 al CCNL firmato anche dalla FIOM non bastava ad escluderne l’applicazione ai lavoratori iscrit-

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ti alla FIOM stessa, né ad escludere quest’ultima dalla fruizione dei diritti sindacali. Infatti, la disdetta di Confindustria dal contratto collettivo del 2008 impedisce solamente il rinnovo automatico per altri tre anni del contratto collettivo precedentemente stipulato, ma non anche che il CCNL continui ad applicarsi anzitutto fino al 31 dicembre 2011 e poi ancora fin quando non sarà stipulato un nuovo contratto con la stessa FIOM, in sostituzione di quello del 2008, e per la FIOM e i suoi iscritti ancora vigente. Dunque, neanche la prima trincea è stata superata dalla Federmeccanica con la disdetta del contratto 2008 e la stipula del contratto “separato” 2009 con FIM e UILM. Quest’ultimo atto negoziale separato ha creato giuridicamente soltanto una grande confusione, perché ora, tecnicamente, nelle aziende metalmeccaniche convivono, e continueranno a convivere, due contratti. Cosa fare allora? I ben remunerati consulenti giuridici dell’Ing. Marchionne hanno concepito questa pensata: bisogna spezzare il vincolo tra il lavoratore FIAT iscritto alla FIOM ed il CCNL del 2008, e l’unico modo è azzerare il suo rapporto di lavoro, facendolo diventare dipendente di una “Nuova” Ditta (la famosa New Company o New-Co), la quale, non iscritta alla Federmeccanica, applichi un contratto collettivo tutto suo, addirittura peggiore di quello nazionale firmato da FIM e UILM nel 2009. Tali nuovi contratti (sostanzialmente aziendali), furono subito sottoscritti dalle docilissime FIM e UILM, e poi sottoposti, in modo propagandistico, al Referendum ricattatorio di Pomigliano che tutti conoscono. A tutto ciò è seguita un’incredibile e solare opera di esclusione della FIOM dall’esercizio dei diritti sindacai presso lo stabilimento di Pomigliano, costata alla FIAT una condanna per condotta antisindacale dal Tribunale di Torino (Sent. 14/9/2011), e un’altrettanto grave comportamento discriminatorio nei confronti dei lavoratori tesserati FIOM nelle riassunzioni per la nuova FIP di Pomigliano. Infatti, a partire dal marzo 2011 su


L’ analisi DI

1893 dipendenti collocati in cassa integrazione straordinaria assunti, neanche uno era iscritto alla FIOM. La discriminazione risultava evidente anche senza la dimostrazione, effettuata nel corso del processo, del Prof. Andrew Olson, docente di statistica presso l’Università di Birmingham, secondo cui in una selezione casuale le probabilità che nessuno degli iscritti Fiom venisse selezionato per l’assunzione ammontano a meno di una su dieci milioni. Il Marchionne pensiero non si è limitato a ciò. Infatti, gli accordi separati di Pomigliano (15 giugno 2010 – 29 dicembre 2010) e Mirafiori (23 dicembre 2010) e la successiva palese discriminazione dei tesserati FIOM nelle riassunzioni, non sono stati altro che la prima tappa di un più ampio disegno volto ad escludere la FIOM dalla fabbrica. In merito, clamorosi, sono risultati i casi di Pino Capozzi, delegato FIOM licenziato ingiustamente con la surreale accusa di aver gettato discredito sulla società, reintegrato dal Tribunale di Torino (Sent. 22/4/2011) e confermato dalla stessa Corte d’Appello di Torino (sent. 13/3/2012), e quello dei delegati FIOM RSU Giuseppe Barozzino e Antonio Lamorte insieme con l’iscritto FIOM Marco Pignatelli, tutti e tre licenziati ingiustamente con l’accusa di aver volutamente impedito, in occasione di uno sciopero, il transito di un carrello contenente materiale per fornire i reparti che proseguivano l’attività produttiva, nei confronti dei quali la Corte d’Appello di Potenza (Sent. 23/3/2012) che ha confermato l’antisindacalità di detti licenziamenti. L’itinerario giuridico per annullare la presenza in fabbrica della FIOM non si è fermata certo a ciò. Infatti, Marchionne, non pago, ha cercato persino di ostacolare la possibilità che gli iscritti a quell’organizzazione la finanziassero con il meccanismo delle “deleghe sindacali”, attraverso cui i lavoratori cedono una quota del loro salario (l’1% dei minimi contrattuali nazionali) mediante trattenuta volontaria sulla busta paga. Infatti, confidando sulla mancanza del requi-

sito della firma del CCLS da parte di FIOM, dal gennaio 2012 in tutti gli stabilimenti FIAT venivano “tagliati i fondi” ad essa sola. Ma a seguito di ricorsi ai sensi dell’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori promossi dalla diverse FIOM territoriali, ben 22 tribunali differenti hanno dichiarato antisindacale la condotta FIAT. Questo è lo stato dello scontro tra il top manager della più grande azienda automobilistica italiana e il più rappresentativo sindacato dei metalmeccanici, scontro che va in scena in un contesto di profonda crisi della FIAT, del mercato e del lavoro che drammatizza la condizione dei lavoratori e cancella il, mai nato, piano Fabbrica Italia e con esso la promessa di investire 20 miliardi di euro in Italia. Urge quanto prima un deciso intervento del governo che riporti democrazia all’interno della FIAT, che tuteli, tramite vigilanza costante, la libertà sindacale all’interno dei luoghi di lavoro e, soprattutto, che contribuisca a creare le condizioni per un piano “vero” di investimenti che garantisca occupazione, produttività ed innovazione.

Michele Forlivesi

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A BOLOGNA CON

>>  L’INTERVISTA

Terra di Tutti Film festival C ome ormai da sei anni, Bologna ha ospitato il Terra di Tutti film festival. Dal due al quattordici ottobre, presso il TPO e il Lumiere, vi è stato un susseguirsi ininterrotto di documentari, clip, film che mostravano al pubblico le vicende ed i protagonisti che popolano il cosiddetto “Sud del Mondo”. Intervistiamo Stefania Piccinelli, coordinatrice Educazione allo Sviluppo della ong GVC, che insieme alla ong COSPE finanziano ed organizzano il festival.

Cos’è precisamente il TFF? Terra di Tutti è un festival di documentari e cinema sociale dal Sud del mondo. Le opere in concorso sono infatti corti o medio metraggi. Documentari, fiction sociali e i filmati di animazione, che hanno come focus principale la rappresentazione di quelle realtà, spesso nascoste e dimenticate, del cosiddetto Sud del mondo. “Sud” però, non solo e non tanto nella sua accezione geografica, ma come categoria di pensiero collegata a tutto ciò che riguarda lotte per i diritti, sviluppo sostenibile, sovranità alimentare, nuove cittadinanze, ecc. Quindi storie dal mondo dimenticato dai media mainstream e anche storie vicino a noi di ingiustizie, diritti negati ed emarginazione in Italia. Quali sono gli obiettivi? L’obiettivo principale del festival è quello di dare la voce a quei popoli e a quelle realtà che non sono adeguatamente rappresentate e ascoltate nelle nostre società . Dare spazio di visione a registi indipendenti che, telecamera in spalla, sfidano difficoltà di vario tipo e natura per raccontare storie lontane dalla ribalta delle televisioni e dei giornali e che molto difficilmente troveranno una distribuzione adeguata in Italia. Storie narrate da

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autori italiani e europei che decidono di andare a investigare, raccontare o denunciare ingiustizie dall’altra parte del pianeta, ma anche narrazioni di autori del cosiddetto “Sud del pianeta” che ci regalano la loro prospettiva sui problemi e le questioni che riguardano le aree del mondo in cui vivono. Quindi punti di vista a confronto, per cercare di superare la visione italocentrica che abbiamo sul mondo. Il digitale ha contribuito molto alla democratizzazione dell’immaginario collettivo e anche un giovane regista senegalese o boliviano può oggi permettersi di fare una buona opera audio-visiva a costi molto bassi. Terra di Tutti Film Festival vuole dare spazio a questo tipo di opere, spesso autoprodotte e girate con budget minimi ma testimonianze di mondi e punti di vista spesso ignorati e dimenticati. Come è nata l’idea del TFF? TTFF è nato nel 2007 dalla collabora-

zione nell’ambito di un progetto europeo, delle due ONG (organizzazioni non governative) italiane promotrici, GVC www.gvc-italia.org e COSPE www.cospe.it, con una realtà andalusa che organizzava da anni un festival dal sud del mondo che si chiama “La imagen del sur”. Il successo che da subito il festival ha riscosso, sia in termini di pubblico che di opere iscritte da tutto il mondo, ci ha spinti a continuare l’avventura ed a ricercare finanziamenti, sponsorizzazioni e tanto lavoro volontario per rendere il TTFF un appuntamento fisso di Bologna con il mondo. Siamo arrivati quest’anno alla 6° edizione ed il festival è sempre di più un appuntamento italiano e non solo bolognese. Perché proprio Bologna? Bologna è una città ricca di festival ma nello stesso tempo assetata di cultura, cultura diversa, auto-prodotta e vicino alle persone. TTFF ha un pub-


L’INTERVISTA  >> A BOLOGNA CON

Bologna accoglie il “Sud del Mondo” Intervista a Stefania Piccinelli blico molto variegato, composto in prevalenza da giovani e giovanissimi studenti, ma anche sempre di più da famiglie (molti sono i laboratori per bambini e anche le proiezioni) e da cittadini e cittadine di tutte le età e di tutte le origini. Bologna è anche la sede storica di GVC, ONG laica nata in questa città nel 1971 e una delle sedi principali di COSPE, ONG fiorentina sempre di area laica, nata negli anni ’80. Voi non fate pagare alcun biglietto per la visione dei film/documentari. Questo significa che il TFF è sano finanziariamente? TTFF è un festival un po’ anomalo, l’ingresso è libero e gratuito per tutte le proiezioni e i numerosi eventi collaterali. Questa scelta è alla base del festival stesso ed intrinsecamente legata ai suoi obiettivi ed alla natura dei suoi promotori, due ong la cui mission non è la cultura ma la cooperazione internazionale con i paesi in via di sviluppo. TTFF è non solo un evento culturale ma in primis un’azione di sensibilizzazione del cittadinanza sulle tematiche dello sviluppo. Per questo ci auguriamo sempre la massima affluenza e vogliamo che più persone possibili, anche lontane dai nostri temi o che non possono permettersi di andare al cinema quanto e come vorrebbero, non siano limitate nell’accesso alle proiezioni … se non a causa dello spazio fisico in sala. Chi vi appoggia in questo proget-

to? L’amministrazione bolognese fa qualcosa o siete completamente indipendenti e vi legate esclusivamente al COSPE e alle GVC? TTFF è un festival low budget, finanziato prevalentemente da GVC e COSPE perché credono profondamente in questo progetto. Piccoli contributi arrivano dagli enti locali del territorio. TTFF si basa soprattutto su una importante rete di relazioni in città che ci garantiscono spazi (come il centro sociale TPO) e tantissimo lavoro gratuito e volontario. Persino le traduzioni e sottotitolaggio dei film stranieri sono fatti grazie al lavoro dei sempre più numerosi (per fortuna) volontari del festival. TTFF vuol rimanere uno spazio libero ed autoprodotto, non diventerà forse mai un evento di dimensioni straordinarie, ma non appoggiandosi su finanziatori esterni sarà ci auguriamo anche meno influenzato dai tagli delle istituzioni e dalla volatilità degli sponsor privati. Insomma è un festival organizzato con pochi soldi ma molto entusiasmo. Siete un faro dal punto di vista dei festival cinematografici, oppure esiste un network internazionale? Questa è una domanda difficile a cui rispondere. TTFF non fa parte di una rete formalizzata di festival e non è quindi di sicuro parte di un network formale. Le opere in concorso si iscrivono attraverso un bando che viene pubblicato online sul sito www.terra-

dituttifilmfestival.org in primavera e che promuoviamo solo attraverso internet e i numerosi uffici e antenne che GVC e COSPE hanno in giro per il mondo. TTFF crede però molto nel lavoro di rete e di condivisione con quei soggetti che hanno un sentire ed un approccio simile al nostro, quindi molti festival anche di cinema indipendente che trattano tematiche legati a diritti e sviluppo sostenibile così come festival nel “Sud del mondo”, come Mozambico, Brasile, Cuba, ecc. La cittadinanza bolognese, come ha risposto alla vostra iniziativa? È stata partecipe? Ha contribuito con acquisti di merchandising ed offerte libere? Il pubblico risponde sempre ottimamente, il merchandising (tutto rigorosamente equo-solidale) ha molto successo e va a ruba. Per noi ha però un valore più promozionale che di fundraising. Le offerte libere … sono un po’ la nota dolente. Ci vediamo l’anno prossimo, e gli anni a venire, vero? Per l’anno prossimo direi di potere già dare appuntamento per la seconda settimana di ottobre come ormai è tradizione. Per quelli a venire non possiamo che auguraci di andare avanti. La volontà e l’entusiasmo non mancano.

Federico Ticchi Il programma e tutte le altre informazioni utili su www.terradituttifilmfestival.org

A lato: Il logo dell’edizione 2008

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Una storia da non dimenticare Un viaggio per non dimenticare

Nelle giornate dal 25 al 28 ottobre 2012, l’associazione Progrè, con il contributo dell’Alma Mater Studiorum, ha organizzato “Un viaggio per non dimenticare” rivolto a tutti gli studenti dell’Università di Bologna. Un viaggio della memoria tra le ferite ancora aperte della storia del Novecento europeo: la visita di tre luoghi simbolici come la Risiera di San Sabba, la foiba di Basovizza e il Museo di Storia Contemporanea Slovena di Lubiana sono le tre tappe di un evocativo percorso di comprensione degli orrori della Seconda Guerra Mondiale.

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assi svelti confinati da alte mura di cemento armato animano le pozzanghere della Risiera di San Sabba. È un venerdì di fine ottobre e sotto la pioggia battente di Trieste, ci accoglie Riccardo Gruppi, occhi profondi e voce paterna. Ha 84 anni e rappresenta la memoria vivente degli atroci avvenimenti della seconda guerra mondiale come deportato ed ex prigioniero di guerra. Il posto che abbiamo scelto di visitare è emblematico. La Risiera di San Sabba è stata riprogettata e modellata dalle esigenze naziste durante il periodo di guerra, trasformata dapprima in un luogo di prigionia e di transito per i detenuti in attesa di essere mandati nei campi di concentramento tedeschi e, successivamente, diventato esso stesso campo di sterminio, attraverso la trasformazione dell’essiccatoio della risiera in forno crematorio. Le parole di Riccardo ci aiutano a far rivivere in scene sfocate i vari ambienti della risiera: lo spogliatoio comune, la stanza con le diciassette soffocanti celle, un’ultima dove venivano ammassati i corpi. Poi il cortile dove una parte diversa della pavimentazione mantiene scolpita la memoria del forno e, un angolo oggi colmo di targhe commemorative un tempo adibito alla gassificazione, infine le grigie mura imponenti che disegnano l’unica via d’uscita simbolica da quel posto: il cielo. La pioggia scrosciante cade a dirotto sopra i nostri pensieri, muti e impenetrabili.

Riccardo poi ci invita in una saletta ed è lì che ci racconta la sua storia, con un po’ di commozione e la pazienza di chi ha ancora voglia di far conoscere a generazioni diverse dalla sua l’epilogo di storie di dittature e di odio profondo. La sua storia inizia con l’immagine di un treno carico di uomini e donne ammassati insieme in vagoni dotati di un solo recipiente comune per i bisogni, senza discrezione né intimità. Quattro giorni per arrivare a Dachao senza acqua e con solo due pezzi di pane e uno di formaggio. “Mi era stato detto che sarei andato a lavorare in Germania”, ma ai cancelli del campo non c’era la scritta “Il lavoro rende liberi”, ma un’ enorme svastica e la torretta con la mitragliatrice puntata su chi entrava. «Il piazzale era vuoto, solo SS ad accoglierci. In una sala ci fanno spogliare di tutto quello che avevamo addosso. Veniamo rasati nella sala delle docce da barbieri anch’essi deportati, la pelatura, che doveva essere veloce, portava via a volte anche pezzi di pelle. Una volta sotto la doccia le SS si divertono ad alternare acqua fredda ad acqua bollente, ridono e ci scherniscono. Ci danno una giacca, un berretto e degli zoccoli aperti. Un numero e il triangolo da cucire subito addosso. Il comandante fa l’appello. Quella è l’ultima volta che sentiamo pronunciare il nostro nome, d’ora in poi saremo solo dei numeri. Io sono il 135.423. Bisognava conoscere il tedesco, così dovevi imparare la pronuncia del tuo numero e rispondere ogni volta che lo sentivi pronunciare altrimenti venivi picchiato. Il


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spazio Foto a lato: Riccardo Gruppi Pagina a fianco: Risiera di San Sabba, La Sala delle Croci

che il giorno dopo sarebbe stato il tuo giorno di libertà».

comandante fa un discorso dal quale capisci dove sei in realtà e che non ne uscirai più. “Voi siete nulla, siete Scheiße“ Vengo trasportato in un sottocampo in cui mi assegnano un nuovo numero 40.184. Qui ti chiedevano che lavoro sapevi fare, così gli studenti venivano scartati e uccisi subito. I nazisti avevano capito che si poteva morire anche con il lavoro, è per questo che ci avevano portati lì. Il lavoro va imparato in fretta, si lavora nel tunnel giorno e notte sempre in piedi, lavoravamo alla costruzione dell’ala di un aereo che avrebbe dovuto garantire la vittoria di Hitler. Lavoravamo a qualcosa che serviva per ucciderci. Al ritorno se mancava qualcuno si aspattava il ritrovamento e se la persona non veniva ritrovata si saltava la cena. Se qualcuno moriva sul campo di lavoro bisognava raccoglierlo e portarlo con sè. In inverno raggiungevamo il campo infradiciati e i vestiti ci si asciugavano addosso durante il giorno. Non ci si asciugava mai e ci si ammalava, il tempo di sopravvivenza era di tre mesi. La cena era una brodaglia dentro una gamella brutta e nera che non si lavava mai. In seguito, io ed altri malati di tifo veniamo trasportati un altro campo per

Alla fine di questo racconto non ci sono parole che possano colmare il vuoto silenzioso dentro ognuno di noi. Non ci sono parole che possano dare un peso sufficiente alla nostre lacrime o ai nostri sospiri. Di fronte ai nostri occhi c’è Riccardo che dopo tutti questi anni trova ancora la voglia di sorridere e di raccomandarsi con noi. La sua testimonianza e quella di molti altri come lui merita di essere raccontata senza sbavature, senza modifiche, senza aggiustamenti. I morti non diminuiscono nel corso del tempo, i morti e soprattutto il modo in cui sono stati uccisi non devono dissolversi nell’aria di un aberrante revisionismo, più pesante delle percosse, più pesante delle umiliazioni, più pesante di queste alte mura che cementificano questa storia. Significative sono le parole di Riccardo. Che meritano la riflessione di tutti... «E’ nelle ceneri di Auschwitz che c’è l’Europa unita. Qui, e nelle fosse comuni»

infettare i prigionieri. Nei vagoni che ci portano nel campo numero quattro a sopravvivere sono solo sei -sette a vagone, e all’arrivo dovevamo svuotarli dai cadaveri. In questo campo si moriva di fame,qui ci hanno dato da mangiare l’erba del prato piena di pidocchi. E un pane che invece che per sei persone, veniva diviso in sedici e siccome le baracche erano di diciotto due persone rimanevano senza cibo. Quando hai fame non ragioni e perdi la memoria. Sono stato testimone di tentativi di cannibalismo. Mi sono salvato solo per fortuna, un soldato nero americano mi ha trovato e mi ha portato nell’ospedale che Sara Spartà e Federico Ticchi era un monastero requisito. Io e lui piangiamo insieme. All’arrivo in questo monastero le nostre condizioni erano pessime, Progrè eravamo allo stadio terminale. Duè un’associazione che nasce nel contesto politicorante la degenza ad alcuni di noi culturale bolognese nel gennaio 2011. l’intestino non lavorava più, infatti La sfida ambiziosa è quella di essere, al il cibo così come entrava usciva, e contempo, dentro e fuori l’università, cioè non ci potevamo mettere distesi provare ad essere il punto di incontro di storie sul letto perché gli occhi ci cadee percorsi diversi. Nasce da una contaminavano in dentro. zione di esperienze e culture differenti, frutto di Dopo tre mesi torno a casa, pesaprovenienze geografiche e politiche eterogenee e vo solo 35 chili. vuole crescere nella cultura della diversità e del Come ho fatto a sopportare tutto reciproco rispetto. Progrè vuole essere terra di confronto, campo di gioco di un dibattito questo? Dovevi avere qualcosa in sul futuro e per il futuro. In questo spacui credere, dovevi sempre sperare zio, in ogni numero, un estratto del nostro lavoro.

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La foto del mese

14 Novembre, anche Bologna in piazza per lo sciopero generale europeo contro le politiche di austerità Foto: Federico Ticchi

REDAZIONE Michele Forlivesi, MICHELE FRONZA, FABIO TAMBURRINI, Federico Ticchi, Nicola Usai

HANNO COLLABORATO ENEA CONTI, ROSSELLA DE FALCO, FRANCESCA DE NISI, FEDERICA NUZZO, LAURA PERGOLIZZI, MICHELE ROSSI, SARA SPARTA’, GIULIA TRAVAIN

GRAFICA Sara Biagi

CONTATTI

infoprogre@gmail.com www.progre.eu progrè iProgre

Rivista mensile dell'Associazione Progrè realizzata con il contributo dell'Alma Mater Studiorum


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