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Letrechiaviperfarcrescerel’industrianelsegno dell’economiacircolare
Legislazione, formazione ed ecodesign
Le tre chiavi per far crescere l’industria nel segno dell’economia circolare
Lo scorso 23 marzo, in attesa di The Innovation Alliance, che dal 3 al 6 maggio ha visto svolgersi in contemporanea Greenplast, Ipack-Ima, Print4All, Intralogistica Italia e Pharmintech, si è tenuto online l’evento internazionale Circular Economy Summit, che ha fatto il punto su trend, politiche e benchmark in materia di sostenibilità ambientale e intelligenza artificiale
Economia circolare? Una responsabilità di tutti, dal singolo cittadino che ricicla una bottiglia in plastica - siamo ancora a un riciclo pari al 9% nel mondo - al comparto industriale. Una scelta che non è solo etica o sociale, ma anche di business.
L’unica che, a lungo termine, può portare profitto, vista la crescente sensibilità sviluppata dal consumatore finale.
Sia che si tratti di aziende produttrici di packaging innovativi, lampade prodotti alimentari o bevande, oppure di imprese dell’automotive o della logistica, oggi sono tante le realtà industriali che in tutto il mondo hanno già scelto di abbracciare nuovi paradigmi, affidarsi a modelli produttivi diversi e investire risorse nella formazione di competenze interne alle proprie aziende, per far in modo che la produzione possa contribuire positivamente al futuro dell’intero pianeta e ridurre l’impatto sulle generazioni future.
Un concetto diverso di fare business, che non si può più ignorare e che va favorito attraverso la definizione di standard comuni, ma anche di un supporto legislativo europeo e locale, che, unito a una maggiore cultura e consapevolezza, può rappresentare un concreto acceleratore del cambiamento. Non è un caso, per esempio, che, laddove si punti a individuare le responsabilità individuali, si arrivi a un riciclo di plastica pari al 97%. Perché l’obiettivo è questo: trasformare i rifiuti e gli scarti di produzione da criticità a opportunità economica. Lo hanno raccontato figure istituzionali del panorama europeo e CEO di realtà industriali nel corso dell’evento online “Circular Economy Summit - Intelligenza Artificiale e modelli di Economia Circolare: verso un ecosistema industriale rigenerativo”, tenutosi il 23 marzo 2022. Organizzato da Business International, divisione di Fiera Milano specializzata nell’ideazione e nella realizzazione di eventi e formazione, il summit ha rappresentato la giusta occasione per lanciare il ritorno di The Innovation Alliance, l’appuntamento fieristico che dal 3 al 6 maggio ha poi visto svolgersi insieme in Fiera Milano ben cinque manifestazioni - Greenplast, Ipack-Ima, Print4All, Intralogistica Italia e Pharmintech - accomunate da un unico obiettivo: presentare al mercato il meglio della meccanica strumentale in una logica di filiera, raccontare le soluzioni più innovative dedicate ai diversi settori produttivi industriali e avviare una riflessione condivisa sulle grandi sfide a cui il mondo industriale è oggi chiamato a rispondere, dall’economia circolare all’Industria 4.0.
Lo scenario: necessaria una visione globale
Gli interventi hanno preso il via dalla riflessione sui nuovi modelli industriali derivanti dagli ecosistemi industriali rigenerativi, a cura di Alice Bodreau, strategic partners manager di Ellen MacArthur Foundation. Secondo l’esperta, l’economia circolare è fondamentale per contrastare il cambiamento climatico e raggiungere obiettivi legati ad altre sfide globali, offrendo al tempo stesso nuove e migliori opportunità di crescita. Non solo:

Secondo Alice Bodreau, strategic partners manager di Ellen MacArthur Foundation, l’economia circolare è fondamentale per contrastare il cambiamento climatico e raggiungere gli obiettivi di sostenibilità e di crescita legati alle attuali sfide globali
le aziende che adottano modelli di business circolari possono ridurre il proprio profilo di rischio. L’economia circolare, infatti, può essere utilizzata come strategia per ridurre i rischi: l’analisi di 222 aziende europee appartenenti a 14 settori diversi ha evidenziato che più alto è il livello di circolarità di un’impresa, minore è il rischio d’insolvenza sul debito lungo un orizzonte temporale breve (un anno) o medio-lungo (cinque anni). Investire nell’economia circolare può quindi generare una performance superiore. Rob Dellink, senior economist della OECD, ha tracciato un outlook da qui al 2060 focalizzandosi sui materiali e sottolineando come la direzione debba essere proprio quella del recupero: a breve il riciclo soppianterà la miniera. In quest’ambito, secondo Dellink, le aree principali per un cambiamento culturale sono: “chiusura del cerchio” (closing the loop), ecodesign, efficienza delle risorse. La circolarità, inoltre, non deve essere l’obiettivo di un singolo paese, ma un indirizzo comune a livello globale. Per questo diventa fondamentale attivare iniziative di cooperazione internazionale che consentano lo scale-up dell’attività circolare oltre i confini nazionali, con una standardizzazione dei criteri d’utilizzo delle risorse, un allineamento sul framework produttivo e dell’impianto legislativo, lo sviluppo di regole comuni e di un network internazionale di cooperazione, la creazione di regole che incentivino il riciclo delle materie. Su 50 paesi analizzati, oggi solo 13 incentivano l’attività di riciclo delle materie. Il panorama, quindi, sembra essere estremamente frammentato. Si tratta infatti di un approccio nuovo che, come ha raccontato William Neale, DG Environment’s Directorate B-Circular Economy della Commissione Europea, si è concretizzato nel primo action plan europeo del 2015, il quale ha implementato gli obiettivi di riciclo. Oggi si guarda alla seconda edizione di questo piano, che ha come focus la catena del valore, ma occorre, tuttavia, che i prodotti sostenibili diventino la norma in Europa e non l’eccezione, cercando di regolare i requisiti minimi perché un prodotto sia immesso sui mercati EU. Un altro elemento fondamentale, prospettato da Neale, sarà il passaporto digitale dei prodotti, che consentirà di tracciare tutti i dati del prodotto, favorendone il riciclo o la riparazione e consentendo di aumentare la vita media del prodotto stesso. Esistono già le tecnologie per identificare e raccogliere questi dati, ma l’obiettivo a cui si punta è quello di creare link online per la consultazione di tali informazioni.

“La circolarità non deve essere l’obiettivo di un singolo paese, ma un indirizzo comune a livello globale; per questo diventa fondamentale attivare iniziative di cooperazione internazionale”, ha dichiarato Rob Dellink, senior economist di OECD “Un nuovo “passaporto digitale” consentirà di tracciare tutti i dati di ciascun prodotto, favorendone il riciclo o la riparazione e consentendo di aumentare la vita media del prodotto stesso”, ha spiegato William Neale, DG Environment’s Directorate B-Circular Economy della Commissione Europea

Le opportunità
Standard e legislazione europea sono fondamentali, ma altrettanto lo sono i relativi incentivi economici finalizzati a promuovere politiche condivise, spingere il riciclo e monitorare la gestione rifiuti. In questo senso vanno i fondi legati al PNRR, come ha raccontato Laura D’Aprile, head of Department of Ecological Transition and Green Investment del Ministero della Transizione Ecologica del Governo italiano. Ci sono 2,5 miliardi sul tema dell’economia circolare, investimenti supportati anche da due riforme strutturali: la Strategia nazionale sull’economia circolare e il Piano nazionale per la gestione dei rifiuti. L’obiettivo principale, in Italia, è colmare il gap fra le regioni del nord e quelle del sud, incentivando in particolare la corret-

ta gestione dei rifiuti. 600 milioni di euro sono destinati a creare hub specifici di smaltimento declinati per settori differenti: rifiuti elettronici, in carta e cartone, in plastica e tessili. È dunque fondamentale definire un target legato ai diversi contesti regionali, attuare criteri e linee strategiche per singole regioni al fine di ridurre le differenze esistenti e incentivare la costruzione d’impianti di riciclo che permettano di raggiungere gli obiettivi europei.
L’intelligenza artificiale per accelerare lo sviluppo
L’intervento di Gianluigi Greco, full professor in Computer Science and Engineering dell’Università della Calabria, presidente di AIxIA (Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale) e membro di EurAI, ha approfondito l’interazione tra economia circolare e intelligenza artificiale e il ruolo della IA come concreto acceleratore per la realizzazione del nuovo modello economico. Ci sono tre aree in cui l’IA può fornire un contributo in termini concreti. La prima è quella del design automatizzato, che consente di progettare materiali con specifiche caratteristiche, automatizzando un lavoro che manualmente risulta estremamente complicato, aiutando per esempio a produrre leghe e materiali a bassa tossicità. La seconda area d’intervento è quella della manutenzione predittiva, che permette di capire qual è la vita residuale di un prodotto e di aprire un eventuale secondo mercato per tale prodotto. Infine, l’IA può assumere un ruolo chiave nel riciclo e nel riutilizzo del materiale: la robotica o i sistemi di visione artificiale possono fornire un contributo importante all’individuazione e alla separazione
L’opinione di Pierroberto Folgiero Due sfide da superare grazie alle tecnologie
“Ci troviamo nella “fase due” dell’economia circolare, in cui occorrerà affrontare appunto due sfide”, ha dichiarato Pierroberto Folgiero, all’epoca della tavola rotonda finale del Circular Economy Summit ancora CEO e managing director di Maire Tecnimont. “La prima sfida sarà quella delle risorse “difficili da riciclare”, mentre la seconda consisterà nell’incorporare l’economia circolare direttamente nella progettazione di prodotti e processi. La tecnologia sarà l’elemento chiave per affrontare questa seconda fase”. “Prima di tutto, le tecnologie di upcycling costituiranno la chiave di volta per riuscire a soddisfare la crescente domanda mondiale di plastica riciclata”, ha aggiunto Folgiero. “Oggi, sfortunatamente, quest’ultima è spesso di scarsa qualità a causa della degradazione dovuta al
Pierroberto Folgiero Come ha raccontato Laura D’Aprile (Ministero della Transizione Ecologica), il PNRR prevede 2,5 miliardi di investimenti sul tema dell’economia circolare, supportati anche da due riforme strutturali: la Strategia nazionale sull’economia circolare e il Piano nazionale per la gestione dei rifiuti

riciclo meccanico, mentre l’upcycling prevede anche un trattamento chimico che permette al polimero di tornare quasi al suo stato originale di materia prima vergine. Il risultato è un materiale di alta qualità, che può essere impiegato per la manifattura di prodotti industriali con prestazioni superiori allo standard. È chiaro, quindi, che il riciclo chimico sarà fondamentale per quelle risorse “difficili da riciclare”. Per questo NextChem, la controllata green del Gruppo Maire Tecnimont, ha introdotto sul mercato una tecnologia proprietaria denominata MyReplast, in grado di trasformare i rifiuti plastici sia post consumo che industriali in una materia prima seconda (MPS) con caratteristiche fisicochimiche e meccaniche che le consentono di sostituire i polimeri vergini derivati da fonti fossili. “Contemporaneamente, abbiamo brevettato una nostra tecnologia di riciclo chimico (MyRechemical), così da poter evitare quanto più possibile il conferimento in discarica di quei rifiuti plastici difficili da riciclare”, ha concluso Pierroberto Folgiero. “È infatti altrettanto importante recuperare il carbonio e l’idrogeno già presenti sia nelle plastiche non riciclabili sia nella frazione secca dei rifiuti solidi urbani. Maire Tecnimont sta lanciando una serie di progetti, in Italia e all’estero, per produrre idrogeno a partire appunto dai rifiuti plastici non riciclabili e dai rifiuti secchi indifferenziati. Questo “idrogeno circolare”, a bassissimo impatto carbonico, è un modo per “rompere il ghiaccio” e mostrare alla società che non è necessario attendere il 2050 per una vera economia dell’idrogeno”.

Gianluigi Greco, full professor in Computer Science and Engineering dell’Università della Calabria e presidente di AIxIA (Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale)
dei singoli materiali, che oggi, purtroppo, vengono spesso selezionati ancora manualmente. Infine, Greco ha però messo in guardia sul consumo e sulla richiesta d’energia da parte dei sistemi d’intelligenza artificiale: “In Europa non sono ancora presenti enormi data center energivori, ma probabilmente ce ne saranno in futuro e si arriverà al punto in cui l’IA diventerà il maggiore fattore di dissipazione d’energia e di emissione di CO2. Occorrerà quindi trovare nuovi paradigmi e pensare a nuovi sistemi computazionali”.
Le testimonianze dei CEO: il futuro è già qui
La seconda parte del Circular Economy Summit è stata dedicata a una tavola rotonda che ha messo a confronto CEO di realtà industriali internazionali rappresentative dei principali settori produttivi e della distribuzione, i quali hanno presentato le migliori soluzioni esistenti e le best practice a livello globale: Pierroberto Folgiero, CEO e managing director di Maire Tecnimont, e Giulio Bonazzi, CEO di Aquafil (vedi box in queste pagine); Carlotta de Bevilacqua, CEO e presidente di Artemide; Christophe Rabatel, CEO di Carrefour; Simon Pietro Felice, CEO e direttore generale di Caviro Group; Sara Scrittore, vicepresidente e direttore generale, Southern Europe Hub, di Colgate-Palmolive; Nazzarena Franco, CEO di DHL; Lamberto Vallarino Gancia, CEO di Domori-Illy Group; Francesco Pintucci, CEO di Isem Group; Radek Jelinek, CEO e presidente di Mercedes-Benz; Valentina Pasqui, proprietaria e managing director di Pasqui Coating Converting Printing Company; Giuseppe Di Martino, CEO di Pasta Di Martino; Massimo Zonca, membro del CdA di Poplast;. Gli interventi hanno fatto emergere l’importanza di tre pilastri, fondamentali per far crescere l’economia circolare. Prima di tutto bisogna puntare sulla legislazione, in termini sia di gestione dei rifiuti sia di scambi di rifiuti tra paesi e di loro gestione internazionale. Poi ci vuole la formazione, interna ed esterna, perché, laddove c’è “cultura”, ci sarà anche una migliore gestione del riciclo. Infine, è fondamentale l’ecodesign: la sostenibilità di un prodotto parte dal momento stesso della sua ideazione, perché la progettazione terrà conto della vita dei prodotti, puntando a una maggiore durata, alla loro possibilità di riutilizzo, ma anche all’impiego degli scarti di lavorazione. Così, in una visione circolare, infatti, i materiali di scarto del vino o della cioccolata diventano la base per la produzione di energia o di packaging innovativi, l’esubero di prodotti alimentari nella distribuzione entra in canali paralleli che rappresentano un concreto contributo al food waste. Servono anche scelte di rottura: la collaborazione con i competitor per lavorare su standard comuni; la decisione d’investire in nuove modalità produttive, che puntino alla sostenibilità sin dalla fase di progettazione e monitorino la sostenibilità dell’intera filiera, fornitori compresi; il coraggio di stravolgere i propri impianti produttivi. Investimenti importanti, che però consentiranno di restare competitivi e di contribuire concretamente al “cloosing the loop”.
La circolarità secondo Aquafil Riciclo di sfridi di tessuto, tappeti dismessi, reti da pesca
Fondata nel 1965 sulle rive del Lago di Garda, Aquafil è un’azienda leader nella produzione di fibre sintetiche. Presente in tre continenti con 18 siti produttivi, la società è oggi il secondo player globale per la produzione di filo sintetico per moquette, tappetini e rivestimenti auto. Oltre a questo settore, che copre il 70% del suo fatturato, Aquafil produce fibre poliammidiche per abbigliamento sportivo e costumi da bagno. Per conquistare la leadership nel proprio mercato, l’azienda ha puntato sulla ricerca e sviluppato soluzioni vincenti dal punto di vista economico e della sostenibilità. In particolare, come ha ben ricordato il suo CEO, Giulio Bonazzi, durante il panel finale del Circular Economy Summit, con il filo Econyl, Aquafil riesce a ottenere una poliammide con le stesse qualità di quella da fonte fossile riciclando tappeti dismessi, reti da pesca in disuso, sfridi di tessuto ecc. Per esempio, al fine di alimentare l’impianto di riciclo solo con materiale contenente poliammide, è stata sviluppata una tecnologia che consente oggi all’azienda di separare, nelle reti per acquacoltura, la PA6 dall’ossido di rame usato come agente antivegetativo. Nello stesso tempo, è possibile recuperare il rame, che in seguito può essere rivenduto. Si tratta di un processo circolare, dove ogni componente della rete da pesca trova una propria destinazione industriale e non la discarica. D’altro canto, Econyl viene oggi utilizzato anche da brand famosi sia della moda che della pavimentazione tessile. A tal proposito, Bonazzi ha citato il progetto sviluppato nel 2019 in collaborazione con Napapijri per la realizzazione del giubbotto Skidoo Infinity, interamente monomateriale e quindi completamente riciclabile, con costi di riciclo bassissimi.

Il CEO di Aquafil, Giulio Bonazzi