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Libano: il lavoro di chi ha scelto di rimanere

Oggi in Libano le persone sono mentalmente devastate.

Fadi Bejani, 38 anni, responsabile dei progetti di Pro Terra Sancta in Libano, ci racconta di un Libano devastato dalla crisi economica, sociale e umanitaria. A tre anni dall’esplosione del porto di Beirut, il Paese dei cedri vive sotto la soglia di povertà senza lavoro né prospettive future.

Fadi, il Libano sta vivendo ormai da tre anni una serie di crisi che hanno messo il Paese in ginocchio. Com’è la situazione reale?

Per capire la drammatica situazione che sta vivendo il Libano negli ultimi anni basta camminare per le strade qualche ora. Senza lampade a petrolio e generatori saremmo nel buio più totale. Abbiamo a disposizione elettricità pubblica per non più di tre ore al giorno; questo significa che la maggior parte delle famiglie si affida quasi totalmente ai gene- ratori per soddisfare le proprie esigenze energetiche. Ma i generatori sono molto costosi e le bollette hanno un prezzo esorbitante. Alcune case hanno i pannelli solari, ma questa soluzione vale solo per pochi ricchi. I più devono scegliere se pagare i generatori o rimanere senza elettricità.

I ministeri sono in sciopero da un anno e due mesi. Operano mezza giornata alla settimana, due mezze giornate se sei fortunato. Tutto il sistema è paralizzato. Ogni giorno ci sono file chilometriche di auto in attesa di fare benzina. Che scarseggia. Al mercato e nei negozi i prezzi di tutta la merce stanno subendo un aumento drammatico. Alcuni prodotti registrano un’impennata del 400 - 500%. L’impatto è grave, perché si tratta soprattutto di beni di prima necessità, come il cibo e i prodotti per l’igiene.

Per non parlare poi del tasso di disoccupazione, che qui in Libano colpisce circa il 70% delle persone tra i 18 e i 60 anni.

Come vive la popolazione in queste condizioni?

Mentalmente le persone oggi sono devastate. Tra la tremenda esplosione del porto di Beirut nell’agosto del 2020, il collasso della valuta nazionale e la bancarotta, si stima che l’80% della popolazione in Libano sia oggi in una condizione di povertà. La bancarotta è uno dei problemi più gravi. Molte famiglie - letteralmente nel giro di una notte - hanno perso tutti i loro risparmi.

Il contesto generale della situazione è estremamente complesso. Tutte queste crisi hanno creato una situazione davvero difficile che tocca ogni aspetto della nostra vita. Il disagio psicologico che dilaga tra le persone porta spesso come conseguenza all’ipertensione e al diabete, per esempio.

Come rispondete alle molteplici crisi nel Paese dei cedri?

Forniamo assistenza a circa 3.400 famiglie, per un totale di circa

13.500 persone, tutte registrate nel nostro database. Ti spiego come funziona. Quando qualcuno si registra, un team di Pro Terra Sancta programma una visita domiciliare per capire precisamente le esigenze della famiglia. In media, visitiamo circa 50 case ogni settimana. Dopo la visita, ritornano in ufficio e compilano un dettagliato questionario di nove pagine che ci permette di raccogliere tutte le informazioni necessarie per capire la situazione economica e di salute della famiglia. Ogni venerdì pomeriggio organizziamo una riunione tutti insieme per valutare il questionario e inserire i dati in sei categorie. Le persone che rientrano nella categoria più alta hanno bisogno di tutto: cibo, prodotti per l’igiene, medicine e spesso un supporto psicologico. Una parte significativa di loro sono le persone anziane e sole. A ogni categoria corrisponde a un progetto specifico.

Inoltre, due nuove sale dell’ufficio di Beirut ospiteranno a breve un dispensario medico sulla scia di quello a Tripoli. A Tripoli, infatti, abbiamo una clinica con due pediatri, un cardiologo, uno specialista in medicina interna, due infermiere e un chirurgo. La nuova clinica qui a Beirut offrirà gli stessi servizi medici di quella di Tripoli, ma su una scala leggermente più ampia. Il nostro obiettivo finale è quello di stabilire un centro medico completo entro un anno.

Come vedi il futuro del tuo Paese? C’è ancora speranza sotto il peso delle crisi?

Dai primi mesi del 2020 a oggi, 400.000 persone hanno lasciato il Libano. E di queste persone,

290.000 sono cristiane. Lasciano il Paese perché qui non c’è lavoro. Per quanto mi riguarda, non partirò. Avrei potuto farlo. Ho vissuto tutta la mia vita tra l’Africa e la Francia, sono tornato in Libano solo nel 2016. Quando è iniziata la crisi, sarei potuto tornare in Francia, ho un dottorato in finanza, ho lavorato dieci anni nel settore finanziario prima di dedicarmi al lavoro umanitario. Le opportunità all’esterno non mancano. Ma questo non è il mio obiettivo. Se tutti i giovani lasciano il Paese, chi rimarrà? Anziani, bambini e gang criminali. Dobbiamo restare qui per aiutare le persone a capire che devono restare, perché se vanno via nessuno ricostruirà il Paese. Rimarrò finché avrò questa energia. Dobbiamo essere un esempio per le persone che ci circondano.

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