"Viva l'Italia" mille uomini, due soli battelli a vapore

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Viva l’Italia! Mille uomini, due soli battelli a vapore

Lezioni narrate da Franca Forgeschi e Giovanna Forgeschi 61

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centocinquanta anni Unità d’Italia

VIVA L’ITALIA

PROVINCIA

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di GROSSETO



Viva l’Italia! Mille uomini, due soli battelli a vapore


Illustrazioni Giovanni Groppi Ha contribuito Vincenzo Orfino Viva l’Italia! Mille uomini due soli battelli a vapore Š Provincia di Grosseto 2011 a cura Servizio Comunicazione Provincia Grosseto progetto grafico Michele Guidarini - www.micheleguidarini.com www.provincia.grosseto.it


Lezioni narrate da Franca Forgeschi e Giovanna Forgeschi

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61 18 centocinquanta anni Unità d’Italia

VIVA L’ITALIA



Cari ragazzi e ragazze, succede spesso a noi tutti di vivere in una condizione non percepita. È così per le cose grandi come la pace, la libertà, la democrazia. Quelle elencate sono tutte conquiste della civiltà umana così come è stato per la costruzione del nostro paese, l’Italia. In questo piccolo libro si ricorda, e ricordare serve a comprendere innanzitutto le cose meravigliose e grandiose che può fare l’uomo. “Sognate” vi dice Garibaldi, e se il sogno sarà condiviso e buono, anche se vi sembrerà impossibile o troppo grande, con la vostra fatica si realizzerà. La storia in gran parte è questo: un elenco di conquiste umane spesso raggiunte con dolore e vittime. La storia è un modello per capire non come sarà il vostro futuro, ma per testimoniare che il futuro potrete costruirlo, trasformarlo, non semplicemente attenderlo. Sfogliando queste pagine, insieme alla narrazione della spedizione dei Mille, incontrerete notizie che vi faranno capire che il Risorgimento non fu soltanto guerra, battaglie. Fu un periodo di vivacità e di stimoli, come ricorrentemente l’uomo sa creare. Ci sono scoperte come il telefono, grandi pagine di letteratura, furono dipinti straordinari quadri. Ogni uomo cercava il futuro a suo modo. Anche io faccio così. Il nostro è uno straordinario Paese. Ma ogni epoca ha bisogno dei suoi Mille che sanno guardare oltre il presente. Certamente fra voi ci sarà un “garibaldino” del secondo millennio che, però, avrà bisogno di tutti. Anche nel 1860 senza i “picciotti” siciliani e calabresi, senza l’aiuto dei maremmani di allora, dei napoletani e dei piemontesi, non sarebbe stato possibile fare l’Italia unita. È per questo che abbiamo scelto di caratterizzare anche questo libro con la parola UNITI. L’unità, la solidarietà, la condivisione non è solo un’eredità, ma un valore che un popolo deve custodire e difendere, rendere viva e attuale. Leonardo Marras, presidente della Provincia di Grosseto 7



Garibaldino Il 2011 è l’anniversario dell’Unità d’Italia e la Provincia di Grosseto ha deciso di ricordarlo realizzando una serie di iniziative dedicate a tutti gli studenti di ogni ordine e grado: un libro per le scuole dell’infanzia, ricerche e mostre per gli studenti delle superiori. L’obiettivo è la costruzione di un grande ponte di conoscenza raccontando un simbolo del Risorgimento, Giuseppe Garibaldi, e quanto successe nelle nostre terre, solo apparentemente poco significativo. Il progetto Uniti è nel nostro obiettivo un esempio di “didattica sociale” e non meramente un’elencazione di nozioni e informazioni storiche. Vorremmo che alla fine del percorso ai nostri ragazzi fossero più facilmente riconoscibili i “garibaldini” di ieri e di oggi. La Maremma e l’Amiata hanno nelle loro origini lo spirito della frontiera, il sogno di costruire una terra promessa. Abbiamo tanti Garibaldi che hanno dedicato la vita per inseguire un modello di vita. Don Zeno, a pochi passi da Grosseto, creò il popolo di Nomadelfia, negli anni del Risorgimento David Lazzaretti fu il Cristo dell’Amiata e morì per difendere la sua idea, padre Ernesto Balducci ci ha parlato dell’Uomo Planetario. E poi, sono stati garibaldini i padri e i nonni che hanno saputo far rinascere la nostra terra dopo il 1945 e dopo l’alluvione del 1966. Renato Pollini, Sindaco di Grosseto, recentemente scomparso, era un garibaldino moderno. Riconoscere, dunque, nel passato e nel presente i segni che producono il cambiamento e la crescita, è un punto di partenza per tutti noi. Riconoscere senza pregiudizi o barriere precostituite e comprendere ciò che di positivo esprimono le persone con cui viviamo. Sergio Martini, presidente del Consiglio Provinciale

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Prima lezione LA PARTENZA

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Viva l’Italia! Mille uomini, due soli battelli a vapore

Prima Lezione

LA PARTENZA Oggi lezione di storia, ma non vi spaventate ragazzi, né lunga né noiosa. Parleremo di Giuseppe Garibaldi in modo diverso. Niente date - la sua vita fino al 1860 non ci interessa - abbiamo scelto di raccontare solo la ”Spedizione dei Mille”. 150 anni fa vicino a Genova, presso lo scoglio di Quarto, c’era una costruzione chiamata il Casone Bianco. La sera del 15 aprile 1860 bussò alla porta di un certo patriota Candido Augusto, Giuseppe Garibaldi scuro in volto e vestito di nero, in cerca di conforto e di ospitalità, dopo tante avventure tra cui una brutta caduta da cavallo, ma col pensiero fisso di partire per la Sicilia per aiutare il popolo siciliano a liberarsi dall’oppressione dei Borboni, in nome del re di casa Savoia. Scoglio di Quarto: Quarto dei Mille è oggi un quartiere residenziale di Genova compreso tra i quartieri Sturla e Quinto. Fino al 1861 – prima quindi dell’Unità d’Italia - si chiamava Quarto al Mare; il nome venne poi sostituito in onore della spedizione dei Mille. L’origine del nome è di epoca romana: il Quartum Milium dal centro di Genova lungo la via Aurelia.

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Prima lezione LA PARTENZA

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Viva l’Italia! Mille uomini, due soli battelli a vapore

Per voi ragazzi è facile conoscere l’Italia e il mondo intero stando comodamente seduti davanti al televisore o al computer, ma per le persone di allora erano mondi lontani e completamente sconosciuti. Perfino il grande Camillo Benso Conte di Cavour aveva viaggiato nell’Italia del nord e anche in Francia, ma non era mai sceso fino a Roma; Napoli per lui era una città straniera e misteriosa, la Sicilia poi geograficamente era quasi Africa. L’impresa della spedizione in Sicilia incontrò molte difficoltà rendendo incerti i preparativi e lo stesso Giuseppe Garibaldi. Soprattutto il conte di Cavour, allora membro importante del governo piemontese, fingeva di essere d’accordo, ma in realtà si augurava che i volontari finissero presto in bocca ai pesci. Per trovare i volontari non ci furono problemi, poiché si presentavano spontaneamente e con entusiasmo, avendo per lo più già conosciuto Garibaldi per le sue imprese; e se ne presentarono così tanti, tutti dal nord Italia, che una parte rimase a terra perché era impossibile armarli e imbarcarli tutti. Per reperire le armi invece ci furono difficoltà: a Milano c’era un grosso deposito, ma il governatore della città si oppose al suo utilizzo. Alla fine, fucili e pistole furono trovate a Modena anche se mancavano le munizioni. Oltre alle armi per la spedizione, per raggiungere la Sicilia occorrevano i piroscafi. Glieli concesse l’amministratore della società Rubattino all’insaputa del padrone che lo licenziò in tronco riducendolo in Società Rubattino Raffaele Rubattino è stato un imprenditore e armatore italiano, industriale e padre storico dell’armamento navale commerciale italiano che prese le mosse dal porto di Genova. A Rubattino è dedicata una statua in bronzo a piazza Caricamento, nel quartiere di Sottoripa, accanto a Palazzo San Giorgio. Rubattino fu un patriota dell’unità d’Italia, amico personale di Cavour, di Nino Bixio. Fornì prima a Carlo Pisacane e poi a Giuseppe Garibaldi le navi per le spedizioni nel Mezzogiorno d’Italia, fra cui la storica spedizione dei Mille. Il suo contributo alla causa dei Mille fu mantenuto segreto per non indebolire la sua attività industriale, pertanto si finse un furto di nave.

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Prima lezione LA PARTENZA

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Battello a vapore È un mezzo di trasporto usato nel 1800 per navigare utilizzando la propulsione a vapore. Il primo modello funzionante fu varato da Claude de Jouffroy nel 1783. Si trattava però di un prototipo ancora sperimentale, poiché il primo vero battello a vapore applicò l’apparato motore inventato da James Watt e fu fatto navigare da Robert Fulton lungo il fiume Hudson nel 1807. Si chiamava Clermont, aveva una potenza di 18 cavalli e fu demolito quasi subito dai barcaioli del fiume per paura di restare senza lavoro.

miseria; al contrario, il signor Rubattino ha avuto un bel monumento da ammirare anche oggi sullo scoglio di Quarto. Ma da quell’isola così lontana che notizie arrivavano? (considerate che una lettera impiegava circa quindici giorni per arrivare a destinazione). Le notizie erano buone: in una lettera recapitata a Garibaldi si diceva che le città erano insorte e che c’erano trentamila uomini in attesa sulle alture intorno a Palermo. Che si aspettava, perdio? Garibaldi era ancora incerto quando giunse un telegramma in codice che diceva: “Completo insuccesso, non vi muovete”. Che fare allora? Partire o no? Bisognava comunque prendere una decisione. Dopo alcune esitazioni, fu decisa la partenza. Finalmente i volontari s’imbarcarono, notte tempo, su due piroscafi: il Piemonte, fabbricato in Inghilterra, e il Lomiodo bardo a Livorno. r e p l e u q va in e Garibaldi uscì d e c c u s ermica Cosa dal Casone Bianiringa ipod s la ta ta n ndolo e inve famoso pe o u 1850 vien s co fra gli applaul o c e terrestr rotazione la a fritte v ro si dei volontari e p lt cau le patatine ta n e v in 1850 Fou e Crum dei curiosi, vestito oco Georg 1853 il cu polvere e il latte in c s a come il suo solin 5 5 8 1 al Neanderth i d o m o u to: pantaloni di ato l’ iene ritrov 1856 v

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Prima lezione LA PARTENZA


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flanella grigia, camicia rossa con due grandi taschini uniti dalla catena dell’orologio, fazzolettone di seta variopinta al collo. Sopra portava il poncho, una coperta con un buco al centro per infilarci il capo, secondo l’usanza messicana. Scaldate le macchine, i due piroscafi cominciarono la navigazione. Gli uomini a bordo erano pieni di entusiasmo e fiduciosi che le munizioni e le armi mancanti le avrebbero imbarcate al largo secondo gli accordi presi con un certo Celle di professione contrabbandiere, ma questo non avvenne. Era la sera del cinque maggio 1860. Le navi si diressero verso il canale di Piombino.

Gli scritto

ri di quel p

eriodo

Giovann Nato a Ca i Verga tania nel 1 840, fu il m sua prima a ssimo espo formazion nente del e romantic dove, abba Verismo. L o -r is orgimenta ndonando a le si svolse gli studi g vamente a a C iu a ta ri d n ic ia, lla letteratu i, decise d i dedicarsi ra. Trasferi Verga com tosi a Firen esclusipose i suo ze nel 186 i primi ro Milano fre 5, Giovann manzi. Su quentò l’a i ccessivame mbiente d n tando in m te , e a g li S capigliati, odo fortem rappresenente critic borghese. o il mond Il suo capo o a ristocratico lavoro port a il titolo d i I Malavog lia.

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Seconda Lezione BREVE SOSTA A TALAMONE


Viva l’Italia! Mille uomini, due soli battelli a vapore

Ragazzi, siete curiosi di conoscere il seguito del racconto? Bene! Oggi parleremo della navigazione e della sosta a Talamone, in provincia di Grosseto Il viaggio fu tranquillo, il mare poco mosso, nessuna nave nemica all’orizzonte. All’improvviso, ecco apparire all’orizzonte il villaggio di Talamone; un manipolo di casette, una chiesetta spoglia, un campanile sottile, un forte e un’unica osteria. La terra era poco ospitale a causa della malaria e ci abitavano meno di trecento persone, in maggioranza famiglie di carbonai e pescatori. Sul porto c’era un gran viavai di persone: chi era atteso? Da almeno un mese si era sparsa la notizia dell’arrivo nientemeno che del principe di Carignano; quindi all’avvicinarsi dei due vapori che issavano bandiera tricolore con al centro lo scudo sabaudo, tutti erano convinti che si trattasse del principe in visita. Ma quale fu lo sbigottimento quando videro, alzando gli occhi verso il ponte, tanti uomini in camicia rossa. 19


Seconda Lezione BREVE SOSTA A TALAMONE


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“Sono abiti da viaggio. Il signor generale vi attende”, disse un tenente per tranquillizzare le due persone salite sulla nave per accogliere gli ospiti illustri. Garibaldi, con i gradi da tenente-generale dell’esercito regio, salutò e tranquillizzò i presenti spiegando che la missione gli era stata affidata dal re in per- La Rocca di Talamone sona e chiedeva loro armi e munizioni. Il È una fortificazione medievale sorta verso la metà del Duecento comandante del forte soddisfece subito la per volontà degli Aldobrandeschi, richiesta senza consultarsi con nessuno; in con funzioni di avvistamento e di seguito, però, pagò con il carcere questa difesa sul porto sottostante. Nella prima metà del Cinquecento, la sua decisione. rocca subì una serie di devastaDopo lo sbarco, Garibaldi si recò a cena nell’unica trattoria “La frasca” e mangiò minestra di cavolo, lesso con fagioli e frittata di cipolle. Anche i volontari, dopo un giorno e una notte di navigazione col mare mosso, scesero a terra affamati a cercare del cibo. Le munizioni arrivarono presto anche da Orbetello: la gente del posto - che già anni prima aveva salvato la vita al generale facendolo imbarcare a Calamartina, vicino a Follonica - si fece in quattro per dare ai volontari tutto quello che avevano. Purtroppo le munizioni non andavano bene per quei fucilacci modenesi: pensarono, così, di rimediare a questo inconveniente avvolgendo ogni proiettile con la stoppa. Prima di ripartire sui battelli furono caricate centinaia di libbre di carne, riso, sego e pane.

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zioni piratesche. La fortificazione fu definitivamente recuperata quando la località entrò a far parte dello Stato dei Presidii. In epoca moderna, la rocca fu il punto di raccolta per i volontari che si imbarcarono a Talamone per la Spedizione dei Mille. Durante la Seconda guerra mondiale, la fortificazione ha subito alcuni danneggiamenti a cui seguirono opere di restauro che hanno riportato la rocca agli antichi splendori. Compagnia militare È un’unità militare monoarma, cioè composta da personale con specializzazione ed equipaggiamento omogenei, che raggruppa più plotoni ed è costituita da un numero variabile di persone, da 100 a 200. La creazione della compagnia risale al periodo in cui alle milizie feudali si sostituirono gradatamente le truppe mercenarie. In Piemonte, Carlo Emanuele I creò il reggimento, composto da sette a dieci compagnie.


Seconda Lezione BREVE SOSTA A TALAMONE


Viva l’Italia! Mille uomini, due soli battelli a vapore

Prima di risalire a bordo, era necessario però dividere in reparti tutta quella gente e bisognava contarla. Anche se in realtà non si è mai saputo con esattezza quanti fossero, l’attributo dei Mille nacque più tardi. Si è sempre pensato che tutti avessero la camicia rossa e che fossero giovani e sani (c’era addirittura chi era senza un braccio o senza una gamba), in realtà fino a Palermo gli uomini non ebbero né una divisa né gradi: ognuno vestiva a suo piacimento. I più eleganti di tutti erano i Milanesi vestiti all’ultima moda e uno di loro fu messo a capo della cavalleria ma cavalli non ce n’erano; altri indossavano la divisa dei Cacciatori delle Alpi, altri dell’esercito regio, altri vestivano panni borghesi. Comunque, indipendentemente da come erano vestiti, si formarono otto compagnie. Pensate un po’, c’era anche una donna: la signora Rosalia Montmasson, moglie di Francesco Crispi. C’erano anche tre sacerdoti, uno dei quali aveva lasciato la parrocchia e la tonaca e da allora stette sempre con Garibaldi senza Francesco Crispi però sparare nemmeno un colpo. TerÈ stato un politico italiano che ha ricoperto la carica di Presidente minata l’organizzazione dell’esercito ed del Consiglio. Ex-mazziniano dal imbarcati le armi e i viveri, ai volontari temperamento fortemente indifu dato il comando di rompere le righe; vidualistico, nel 1859 aveva organizzato la rivoluzione siciliana così chi andò a farsi un bagno, chi subito preparando così il terreno alla si recò in paese in cerca di cibo e di vino, Spedizione dei Mille; nel 1865 chi invece andò a cercare le ragazze. aveva aderito alla monarchia. Benché fosse giunto alla presiQuando però fu il momento di risalire a denza del consiglio ormai settanbordo, non tutti lo fecero perché, convintenne dimostrò subito di non aver ti repubblicani com’erano, non volevaperso nulla del proprio carattere no sottostare agli ordini di casa Savoia in aspro e autoritario: si orientò subito verso una profonda riforma quanto Garibaldi portava avanti la missiodello stato, una connotazione in ne nel nome del re di Savoia. Si organizzasenso aggressivo delle alleanze rono quindi in un piccolo gruppo con lo internazionali e una decisa espansione coloniale in Africa. scopo di entrare nello Stato Pontificio per 23


Seconda Lezione BREVE SOSTA A TALAMONE

liberarlo dal dominio del Papa. Questa spedizione fallì. I due piroscafi ripresero il mare ma subito dopo dovettero fermarsi a Santo Stefano, sull’Argentario, per rifornirsi di carbone indispensabile per i motori dei piroscafi e di acqua. Appena calate le ancore, Garibaldi scese a terra indossando la camicia rossa e raccomandando ad alcuni militari toscani di presentarsi al responsabile del deposito di carbone e di chiederlo con le buone senza usare violenza. Il custode del deposito disse che non poteva consegnare il carbone se non a chi aveva il diritto di chiederlo. Bixio perse la pazienza, con una spinta lo cacciò da parte e il carbone fu preso e portato trionfalmente a bordo. Anche i barili pieni d’acqua, pagati 20 franchi l’uno, furono portati ai piroscafi con due barche spinte dalla forza delle braccia di due barcaioli. Durante la breve sosta a Porto Santo Stefano, Garibaldi stette a contatto con la gente del luogo e ad uno stuolo di ragazzini che gli ronzavano intorno e che volevano salire a bordo disse: “ora siete piccini, quando sarete grandi e forti ci sarà da combattere anche per voi”.

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il quotidiano La Nazione in elabora la teoria dell’e voluzione d ella specie 1858 viene inventato l’a priscatole 1860 nasce la benzina 1860 ridott o l’orario di lavoro: non più di diciott o ore al gio rno 1858 Darw

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Viva l’Italia! Mille uomini, due soli battelli a vapore

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classi rare come le st o im d va le in cui vo pubblica. Cuore, libro ella scuola i n d ro re lo to u a a tr i ale rs È il celebre ero cimenta inviato speci ss o e v im o tt d se e il ssero poca orino ed è sociali pote 46, vive a T cativo dell’e 8 ifi 1 n l g e si n a te li n g e ne storicam edi” del Nasce ad O Fu scrittore li autori “m . g a e n d a li o a m it is a n del manzo prose edudella stamp o dà vita a se sull’onda ic o g p o m g o a d C e . p a intento umbertin : con grande to n ce o tt O o second iaggio. que libri di v n ci n e b e e cativ

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Terza lezione VIAGGIO VERSO LA SICILIA


Viva l’Italia! Mille uomini, due soli battelli a vapore

Terza Lezione

VIAGGIO VERSO LA SICILIA Oggi parleremo del viaggio in mare verso la Sicilia. Certamente, ragazzi, questo viaggio non è da paragonarsi alle crociere di oggi. Però tutti, anche in mezzo a mille difficoltà, erano entusiasti senza sapere bene che cosa li aspettasse e dove sarebbero sbarcati. Scomparso l’Argentario, il viaggio procedette tranquillamente: il mare era calmo, il cielo sereno e in vista nessuna isoletta o costa. Gli ufficiali badavano che nessuno restasse inoperoso: c’era infatti chi versava piombo fuso negli stampi per fare le palle, chi arrotolava le cartucce e tutti oliavano il proprio fucilaccio per renderlo efficiente. Tutto procedeva ordinatamente. ”Qui sul mio bordo (il Piroscafo Piemonte) non deve udirsi altra voce che la mia; e il primo che ardisse disobbedirmi si prepari ad essere buttato in mare”. Queste parole di Garibaldi erano bastate per mantenere la disciplina ed evitare ogni discussione. Il Generale era sempre allegro 27


Terza lezione VIAGGIO VERSO LA SICILIA


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e nei ritagli di tempo componeva dei versi da cantarsi come un inno sull’aria della Norma, un’opera di Vincenzo Bellini. Ma quei versi non piacquero a nessuno e nei momenti importanti i volontari si facevano coraggio cantando “La bella Gigogin” - diminutivo, in dialetto piemontese, di Teresina – che era un’allegra marcetta molto in voga in quel periodo. Riportiamo qui alcuni versi di questa canzone suonata per la prima volta la sera del 31 dicembre 1858 in un teatro di Milano. Pensate che ancora oggi i Bersaglieri la cantano durante le esercitazioni e i giuramenti. Forse qualche nonno potrebbe ricordarsela e farvi sentire come è il motivetto? Di quindici anni facevo all’amore. Daghela avanti un passo, delizia del mio core! A sedici anni ho preso marito. Daghela avanti un passo, delizia del mio core! A diciassette mi sono spartita. Daghela avanti un passo, delizia del mio core! La ven, la ven, la ven alla finiestra. l’è tutta, l’è tutta, l’è tutta insipriada. la dis, la dis, la dis che l’è malada per non, per non, per non mangiar polenta, Bisogna, bisogna, bisogna avè pazienza, lassala, lassala, lassala maridà. Sul Lombardo, invece, il clima era diverso perché Nino Bixio era un vero dittatore e quando un volontario si lamentò del rancio (pane e cacio), gli tirò un piatto di riso e fagioli - che era la cena degli ufficiali - in faccia, aggiungendo: ”Quando saremo a terra impiccatemi al primo albero che trovate, ma qui comando io!” Ad un certo punto i due piroscafi si persero di vista e, 29


Terza lezione VIAGGIO VERSO LA SICILIA


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appena si ritrovarono, scorsero più vicine le isole Egadi ed in lontananza la costa della Sicilia. Ma dove sarebbero sbarcati? Mistero, nessuno lo sapeva e forse nemmeno il generale lo aveva ancora deciso. Garibaldi passeggiava avanti e indietro sul ponte, guardava il mare con il binocolo quando finalmente all’orizzonte si profilò la cupola del duomo di Marsala, il suo porto e due navi da guerra all’ormeggio. Una barca di pescatori andò loro incontro e fortunatamente portò due notizie fondamentali: la prima che le navi erano inglesi e quindi amiche; la seconda che le truppe borboniche avevano lasciato Marsala per dirigersi verso Trapani. Era il momento giusto per sbarcare: i nostri volontari toccarono terra tra lo stupore degli ufficiali inglesi nel vedere una turba di gente così variamente vestita. In fretta si avviarono tutti verso la piazza principale di Marsala. Tutti raggiunsero la meta tranquillamente, compreso Garibaldi che per ultimo aveva lasciato il piroscafo. Così, due navi borboniche giunte in ritardo spararo no alcune cannonate che non ebbero nessun 31

Nino Bixio È stato un militare, politico e patriota italiano, tra i più noti e importanti protagonisti del Risorgimento. Rimasto orfano giovanissimo, si imbarcò come mozzo su un brigantino che partiva per l’America. Rientrato in Italia, si arruolò nella marina sarda, ma vi rimase per poco tempo, dato il suo carattere. Il suo desiderio di avventura fu più forte tanto che con due compagni si imbarcò su una nave americana diretta a Sumatra. Dopo molte avventure rientrò in Europa e nel 1847 era a Parigi dove conobbe Mazzini e le novità in vista per la rivoluzione italiana. Nel 1859 comandò un battaglione dei Cacciatori delle Alpi, a fianco di Garibaldi che, l’anno seguente, lo chiamò per la spedizione dei Mille e ne fece il suo braccio destro. Isole Egadi Sono un arcipelago di tre isole principali e due minori, posto a circa 7 chilometri dalla costa occidentale della Sicilia, fra Marsala e Trapani. Nel 241 a.C. i Romani conquistarono le isole dopo la battaglia navale finale della Prima Guerra Punica, nella quale venne sbaragliata la flotta cartaginese. Dopo il crollo dell’impero romano le isole caddero in mano dei Vandali e dei Goti ed in seguito dei Saraceni. Nel 1081 vennero occupate e fortificate dai Normanni. Seguirono poi il destino della Sicilia.


Terza lezione VIAGGIO VERSO LA SICILIA


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effetto. Il vino di Marsala Il Generale, con la sciabola È un vino Doc liquoroso prodotto in Sicilia, nel codi Marsala e nell’intera provincia di Trapani. sulla spalla - come i contadi- mune La versione più accreditata sulla nascita del Marsani portavano la zappa - salì la come vino liquoroso è incentrata sulla figura del sulla torre campanaria per commerciante inglese John Woodhouse il quale nel guardarsi intorno mentre 1773 approdò con la nave su cui viaggiava nel porto di Marsala. Secondo la tradizione, durante la sosta alcuni volontari si recarono lui ed il resto dell’equipaggio ebbero modo di gustain municipio, prelevarono re il vino prodotto nella zona, che veniva invecchiato 890 ducati che trovarono in botti di legno assumendo un gusto analogo ai vini spagnoli e portoghesi molto diffusi in quel periodo in cassa e dettero 85 cente- in Inghilterra. simi di lire ad ogni soldato che quasi tutti spesero per comprare pane, salame, frutta e cacio, senza rinunciare però a bere un po’ del buon vino di Marsala. Nella notte, per le strade della città, si udivano solo canti e risate. Un soldato toscano prese con sé i due volontari più giovani e consegnò loro due taglierini e, facendo segno di stare zitti, li portò in gran fretta all’ufficio postale. L’impiegato, in quel momento seduto davanti al telegrafo, stava trasmettendo un telegramma a Palermo e a Trapani: ”Gente arrivata con due navi è sbarcata nella nostra città”. Il soldato toscano mise a terra il povero impiegato e trasmise: ”Mi ero sbagliato, sono due vapori nostri” e la risposta da Palermo fu “Imbecille!”. Poi ordinò ai due giovani di tagliare i fili del telegrafo. Il giorno dopo lo sbarco, i volontari ricevettero una pagnotta di pane a testa e si misero in marcia nella campagna siciliana, arsa, piena di Il telegrafo stanza basato municazione a di co di a em st si lettere, nuÈ un i per trasmettere al on zi zioni, negli en nv co ci varie sperimenta su codi o op orse, che D a. ur at gi punteg te per Samuel M en iale colm na fi a riv meri e segni di ar inventa uno spec ccesso ed su , il lo fi 00 o ic 18 l un de un pulsi te anni quaranta in sequenze di im elettrico impiegan he co tic afi be gr fa le al te e a er tt codificare le le inventa un sistem che permette di , se or M e ic od C dice, il (punti e linee). di diversa durata

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Terza lezione VIAGGIO VERSO LA SICILIA

fichi d’india e sotto un sole cocente. Durante questo viaggio finalmente incontrarono gruppi di volontari che si unirono a loro e tutti furono bene accolti dagli abitanti dei piccoli paesi che attraversavano, al grido di “morte ai borbonici”.

Cosa succedeva in quel p

eriodo

1860 Giosuè Carducci ottien

e la cattedra

di letteratura italiana all’Un

iversità di Bologna

1860 Abraham Lincoln div

enta presidente degli Stati

Uniti va per stampare i ggioorn rnaali

1861 nasce la prima rotati

1862 viene inventata la mu ngitrice

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Gli

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Carlo Coll

6 e fu nze nel 182 e ir F a e u come zini, nacq Carlo Loren nuto celebre e fe iv ra d g a È n . ’a o ll n A italia arlo Loe giornalista inocchio. C P i d re tu uno scrittore n avve tura del romanzo Le intera avven l’ : a ri e n autore del o ss ma e rinviano affiliato alla metafore ch e li renzini era o b m si i costellata d burattino è . a e massonic all’iniziazion

iodo

l per e u q i d i t is t Gli ar Fattori

ei coinvolto n è ri o tt Fa 8 . Nel 184 orino embre 1825 loso, di fatt tt co se ri e 6 p il a o m orn , modesto Nasce a Liv diari”. Le n il compito co , li ta fogli “incen n i e d im re rg to so u ri ib ti mo elle sue ssia di distr o oggetto d d’Azione, o ss o e it sp rt a o P n l n e d che sara lo rgimentali, ngere non so iu g g ra r e battaglie riso p strada uoo per lui la do sociale n n o m n pitture, son u o tt ttu ittore lia, ma sopra il maggior p to a l’unità d’Ita st È . o st italiano. nesto e giu l’Ottocento vo, libero, o o tt tu i d e hia” e fors della “macc

Giovanni

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Quarta lezione PRIME BATTAGLIE


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Quarta Lezione

PRIME BATTAGLIE Questa volta ragazzi seguiremo l’esercito di Garibaldi alla conquista della Sicilia e i primi scontri con l’esercito nemico. Non erano battaglie virtuali a cui siete abituati ma veri e propri scontri corpo a corpo. Ieri, come oggi, molti soldati perdevano la vita nelle guerre. Abbandonata Marsala, dopo un viaggio estenuante sotto il sole i volontari giunsero alla città di Salemi accolti Strategia militare da tutta la gente e da un ricco feudatario È l’arte di impiegare nella maniedel luogo. Le donne domandavano curio- ra migliore le risorse disponibili ai fini della guerra; è quindi quella se: ”Qual è Garibaldi? È quello?” Quando branca dell’arte militare che stuarrivò veramente il generale, poco mancò dia i principi generali delle opeche cadessero in ginocchio come di fronte razioni militari ed imposta e coordina nelle grandi linee il piano ad un santo “Bello come il sole! Siti ’u fra- generale della guerra, non soltante di santa Rosalia” gridavano. to sotto gli aspetti militari. 37


Quarta lezione PRIME BATTAGLIE


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Camicie rosse Garibaldi e i suoi volontari scelsero la camicia rossa, come loro segno distintivo, fin dal 1843, quando Garibaldi radunò 500 italiani volontari a Montevideo per difendere la Repubblica Uruguayana dal dittatore argentino Rosas che voleva conquistarla. Garibaldi, potendo contare su pochi finanziamenti per la sua impresa, trovò del panno di lana rosso, in genere usato per i camici dei macellai, per rivestire le sue truppe.

Nel frattempo i garibaldini non erano più mille ma tremila perché molti picciotti, armati solo di falci e di coltelli, si erano uniti a loro. La gioia e l’euforia dell’incontro durarono poco perché li aspettava la battaglia di Calatafimi. Questa però non avvenne proprio a Calatafimi ma su un colle vicino chiamato Pianto Romano (si chiamava così dal nome della famiglia che vi aveva piantato la vigna) ma per i garibaldini più colti il nome era di buon auspicio e dicevano. ”Dove piansero i Romani tiranni del mondo, è giusto che ridiamo noi, nemici dei tiranni!” I due eserciti erano schierati uno di fronte all’altro, ma nessuno dava ordine di attaccare. Il Generale, che mantenne sempre la calma, sapeva benissimo che le armi che avevano erano inadatte a colpire da lontano e aspettava pazientemente che i nemici si avvicinassero. Quando i borboni stanchi di aspettare iniziarono ad avvicinarsi e a sparare contro la prima fila, arrivò per i volontari l’ordine di innestare le baionette. La battaglia fu corpo a corpo e i nemici furono messi in fuga dalla sorpresa per l’improvviso assalto, ma anche perché la famosa frase di Garibaldi va e d ”Qui si fa l’Italia e c c su o si muore” aveCosauel periodo ondra va rincuorato le in q la metropolitana a L o el truppe. La battavaccin ggio d o a i m v i r o p co il prim atlanti ttuato s glia finì con la vite n f 1863 a f r e t e en fico vi ra 1864 o teleg v a c o mite im la dina to il pr a a t s a o t p n ro e 1866 semafo ene inv i o v m i 6 r 6 18 ra il p a Lond o t a l l a ist 1867

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Quarta lezione PRIME BATTAGLIE

Tassa sul macinato È l’imposta sulla macinazione del grano e dei cereali in genere, ideata, tra gli altri, da Quintino Sella, per contribuire al risanamento delle finanze pubbliche. Come effetto più diretto, la tassa sul macinato causò un forte incremento del prezzo del pane e, in generale, dei derivati del grano e degli altri cereali; prezzo che non scese dopo l’abrogazione della tassa. A seguito dell’introduzione della tassa, scoppiarono in tutta Italia violente rivolte, che furono represse duramente, a volte nel sangue.

toria dei garibaldini anche se sul campo si contarono 21 morti e 182 feriti che furono curati insieme a quelli dell’esercito nemico con umanità nel convento di San Michele scelto come ospedale. Dopo la battaglia, entrarono a Calatafimi e quindi ad Alcamo, nel duomo per ricevere la benedizione. Il frate nel suo discorso, pieno di entusiasmo per la vittoria dei Mille, arrivò a dire che Garibaldi chiamandosi Giuseppe (come il padre putativo di Gesù) e il re Vittorio Emanuele (Emanuele vuol dire mandato da Dio) erano come padre e figlio. Non solo: Garibaldi era parente anche di Santa Rosalia (patrona di Palermo) che di cognome faceva Sinibaldi e le due parole, Garibaldi e Sinibaldi, venivano pronunciate allo stesso modo dai siciliani. Ad Alcamo si costituì il governo dittatoriale e fu abolita la tassa sul macinato che affamava soprattutto i poveri. Garibaldi e i suoi, dopo una breve sosta, cominciarono a marciare verso Palermo attraverso il passo di Renda dove si fermarono per trascorrere la notte. Accesero i fuochi e mentre cenavano, guardavano le luci lontane della città con grande preoccupazione perché i Borboni vi avevano concentrato 20 mila soldati, cannoni e navi da guerra. I due eserciti nemici così diversi per numero di soldati si studiarono a lungo: venirsi incontro e combattere o cercare un’altra via? Alla fine Garibaldi spedì un gruppetto di volontari verso Palermo facendo credere di avvicinarsi alla città per tenere desta l’attenzione del nemico, ma appena fu notte fonda ordinò ai suoi di andarsene via e cominciò così sotto una pioggia battente, la parte più difficile della spedizione. Marciarono nel fango, attraversarono torrenti in piena e dovettero sopportare anche il nervosismo di Bixio che ammazzò il cavallo perché nitriva troppo, mentre il generale, che guadò per primo il torren40


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Baionetta te, mantenne sempre la calma. Nel primo paese che trovarono si tolsero È una punta montata sulla canna di un fucile che, nelle guerre tra gli abiti infangati, li fecero lavare alle don- il 1600 ed 1800, consentiva alle ne e nell’attesa che si asciugassero, gira- formazioni di fanteria di attaccarono per le strade in mutande. Indossati re il nemico dopo aver scaricato le armi. Il nome deriva dalla città di nuovo i loro abiti, ripresero la marcia; francese di Bayonne dove venne Garibaldi evitò due volte lo scontro con fabbricata la prima volta. Iniziall’esercito borbonico che era molto più ar- mente le baionette erano lunghe 90 centimetri circa e, assieme alla mato e numeroso e decise di assalire Paler- lunghezza del fucile, servivano mo solo quando fu sicuro di non doverlo per respingere la cavalleria. valleria. Il calcio del fucile veniva affrontare apertamente evitando così una “piantato” a terra e l’intestrage inutile. ra arma piegata in avanti vanti Tra l’aiuto dei volontari, colpi di fortuna, in modo da creare una una buona strategia e il coraggio dei sol- barriera di “lance” dati arrivarono in città quasi senza perdite in grado da fermare la cavalleria. Una sema mal ridotti tanto che Ippolito Nievo conda versione di baiooga in una sua lettera scrive: ”Io ero vestito netta, più corta, lunga come quando ero partito da Milano ma circa 45–50 cm servivaa per il combattimentoo col sedere di fuori, ma in compenso una corpo a corpo. pagnotta infilzata nella baionetta, un fiore di aloe sul cappello e una coperta da letto b l sulle spalle”. Tanto meglio non era messo nemmeno Garibaldi che aveva i calzoni tutti rattoppati.

Hai delle domande? ____________________________________________________ ____________________________________________________ ____________________________________________________

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Quinta lezione FINALMENTE PALERMO


Viva l’Italia! Mille uomini, due soli battelli a vapore

Quinta Lezione

FINALMENTE PALERMO Ragazzi, eccoci finalmente alle porte di Palermo, anche allora la città più importante della Sicilia: qui successero alcuni fatti assai divertenti. A mezzanotte, dopo aver disceso quasi a ruzzoloni un sentiero a strapiombo, che oggi si chiama ”discesa dei mille”, i garibaldini si radunarono per ricomporre le file quando ad alcuni picciotti venne l’idea di attingere l’acqua da un pozzo. Il secchio cadde giù facendo un gran tonfo e un cavallo si imbizzarrì cominciando a correre a gran galoppo, i picciotti cominciarono a gridare “Arriva la cavalleria!” disperdendosi per ogni dove finché non si accorsero dell’errore. Bixio, come al solito, Picciotti Deriva dalla lingua siciliana Picciottu, che letteralmente significa “piccolo”, ma che corrisponde a “ragazzo”. È il corrispondente soldato semplice in campo militare delle criminalità organizzate italiane. Furono anche i componenti di bande siciliane che si unirono a Giuseppe Garibaldi nel 1860, i cosiddetti picciotti siciliani. In alcune località siciliane è comunemente utilizzato per riferirsi a un ragazzo.

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Quinta lezione FINALMENTE PALERMO


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perse subito la pazienza e se la rifece con loro. Palermo a quell’epoca era un quadrilatero irregolare, circondato da mura con quattro porte e attraversato a croce da due strade: via Toledo e via Maqueda. I volontari piano piano, attraverso le porte, riuscirono ad entrare tutti in città. Garibaldi, con la sua caratteristica tenuta, arrivò sotto il palazzo reale e per la grande stanchezza stese una coperta sotto il porticato, mettendosi a dormire. I borboni, comandati dal generale Lanza, attaccarono a cannonate la città per tre giorni di seguito e intanto anche le campane suonarono ininterrottamente. Fu una vera apocalisse. Garibaldi non perse la sua tranquillità e trascorreva il tempo seduto sugli scalini di una bella fontana agitando il frustino. Le donne di Palermo dicevano che il parente di santa Rosalia ”scacciava così le palle nemiche”. La confusione però regnava tra i soldati perché erano senza munizioni e alcuni di loro addirittura se ne tornarono a casa; per questo fatto il generale, che aveva affrontato con calma ed umanità tante difficoltà, pianse di rabbia. Se ai garibaldini mancavano le cartucce, ai soldati borbonici mancavano i viveri e quindi fu decisa una tregua, durante la quale i soldati delle due parti cercarono di riorganizzarsi mentre un ambasciatore si recava dal re a Napoli per riferire che questa guerra fratricida era inutile. Il re, non sapendo cosa fare, chiese al Papa la benedizione, promise un erale e l’autonomia l autonomia per la Sicilia. governo più liberale In Sicilia arrivò, mandato da Cavour, il signor La Farina, l’uomo dei eva d e c c u mille fucilacsa s periodo o C lando l ci imbarcati e mesco , u t t q a y H in uloide hn W. a Quarto, che la Cell ork, Jo a Y t n w e e ra, inv i Suez o di N chiese subito nale d pograf na e la canfo i a t C n l i u zione rkesi 1869 visorio naviga e la Pa o prov l ’a n n e s s i o n e t a t m l l e e i a v s e o n r i pert e un b viene a fono i ottien edell’isola al Piec c u 1869 e telettro M l i o i , n e o n t o An nzi foro do monte, trovando 1871 ua inve to il tra a r u g sulla s u na s il consenso del viene i el Freju 1871 ario d

ferrovi

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Quinta lezione FINALMENTE PALERMO


Viva l’Italia! Mille uomini, due soli battelli a vapore

popolo siciliano che provava odio verso i napoletani. Garibaldi si oppose perché nel suo progetto c’era la liberazione dell’Italia intera. Il governo provvisorio formatosi nel frattempo a Palermo, confermò l’abolizione della tassa sul macinato e assegnò parte delle terre dei ricchi proprietari ai nullatenenti, mentre alle vedove si garantì la pensione e ai minori orfani il mantenimento. Per reperire nuovi soldati fu emanata la legge della leva obbligatoria: ma i siciliani non risposero all’appello. Non risposero all’appello di donare parte delle loro terre neppure i ricchi proprietari terrieri e ai contadini delusi non restò altro che ribellarsi tanto da essere accusati di banditismo. Anche molte altre speranze andarono deluse e si cominciò a dubitare della bontà della spedizione: è vero che prometteva l’unità d’Italia, un solo Paese, un solo grande popolo, libertà e scuole, ma l’urgenza della gente era la fame.

Gli artist

i di quel pe

riodo

Leva obbligatoria È un termine riferito all’obbligo che il cittadino ha in alcuni stati di prestare servizio, per un periodo di tempo prestabilito, per le forze armate. In Italia, la leva obbligatoria è arrivata la prima volta ai tempi di Napoleone ed è poi stata in vigore dall’inizio del Regno d’Italia per 144 anni. La durata della coscrizione è andata progressivamente diminuendo ed era obbligatoria per tutti gli uomini di sana e robusta costituzione. L’abolizione è avvenuta definitivamente a partire dal 1 gennaio 2005. Banditismo Il banditismo indica fenomeni di devianza e criminalità diffusa e ripetuta, talvolta con caratteristiche sociali o politiche. Il bandito è colui che si impossessa della proprietà altrui, usando o minacciando violenza, anche in gruppi, quasi sempre di maschi. Molti banditi sono oggetto di leggende: Robin Hood, i pistoleri del West, i briganti dell’Italia meridionale nel risorgimento e nei primi decenni del Regno, Reg eg i banditi Novecento. sardi del Novecent Novece ento. nto

Vincent V È stato un an Gogh pittore ola ndese. Au mille diseg tore di qu ni, tanto asi 900 te geniale qu le e di più sull’esemp a nto incom io del rea di preso in v lismo pae dell’Impre it ta a , s s a i g fo gistico. Att rmò ssionismo, raversata ribadì la p romantica l’ ro e s p p ri e a ri , nella qua enza adesione a le l’immag una conce della cosc ine pittoric z io n e ienza dell a è l’ogge ’artista: id ttivazione Van Gogh entificando pose le ba arte ed es si dell’Espre istenza, ssionismo.


Che cosa si mangiava in Italia nel 1860? Si mangiava pane di granoturco, minestre nelle quali si utilizzavano polenta, patate, castagne, legumi che costituivano la quasi totalità del menù. La carne era esclusa, eccetto quella da cortile, e una volta ogni tanto. Questo tipo di alimentazione comportava, specialmente al nord, gravi malattie come la pellagra. La frutta era principalmente costituita da mele, pere e uva, che veniva trasformata in vino e che più che bevanda era cibo. Al sud e nelle isole, il clima più mite consentiva una cucina a base d’olio, pomodoro e verdure, pane, pastasciutta nonché pesce e agrumi. Il rancio dell’esercito sardo aveva alla base una robusta razione di pane, cui si aggiungeva un monotono susseguirsi di brodi di verdura e carni lessate, in cui si cuoceva cavolo, riso, pasta e legumi, con integrazioni di conforto come gli alcolici e il vino in speciali occasioni. Gli animali pesanti da fattoria erano allevati principalmente per il lavoro, poi per il latte e la riproduzione. Ne conseguiva che solo in avanzatissima età venivano abbattuti o cadevano da soli. Nel nord solo il maiale faceva eccezione dove, nei mesi invernali, le parti meno nobili e grasse della bestia costituivano l’integrazione alimentare più importante. Col grasso, lardo, strutto poi si cucinava tutto l’anno. Essendo la carne di maiale un alimento deperibile, anche se insaccato (le principali norme igieniche usciranno dalla scienza alla fine del secolo), difficilmente trovava posto nell’alimentazione militare nella versione arrosti-braciole.

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Cosa ti piace mangiare? ____________________________________________________ ___ ____________________________________________________ ___ ____________________________________________________ __________________ ____________________________________________________ _____________________ __________ ____________________________________________________ _________________________ ____________________________________________________ _______________________ ____________________________________________________ ______________ ____________________________________________________ ____________________________________________________ ____________________________________________________ ____________________________________________________ ____________________________________________________ ____________________________________________________ ____________________________________________________ ____________________________________________________ ____________________________________________________ ____________________________________________________

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Sesta lezione ADDIO SICILIA


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Sesta Lezione

ADDIO SICILIA Oggi, ragazzi, vi parleremo del viaggio da Palermo allo stretto di Messina, sotto un sole cocente, e di come si arrivò alle porte di Napoli. La spedizione continuò via terra: si voleva raggiungere lo stretto di Messina e sbarcare in Calabria. La marcia fu lunga e faticosa per i poveri soldati a causa del caldo e della polvere. L’esercito, diviso in tre colonne al comando di tre generali, avrebbe dovuto riunirsi di fronte a Messina per decidere lo sbarco. Quando però arrivarono vicino a Milazzo, Telegrafo ottico Verso la fine del 1700 Claude Chappe e il fratello lavorarono allo sviluppo di un sistema telegrafico basato su una catena di segnalatori. Nel 1793 presentarono al pubblico il modello definitivo di telegrafo ad asta, così definito in quanto su una torre era installato un braccio rotante che portava alle estremità due bracci minori; il tutto era manovrabile per assumere configurazioni standardizzate corrispondenti a lettere, numeri e ordini di servizio. Da una postazione successiva, distante diversi chilometri, un addetto dotato di cannocchiale riceveva il messaggio e contemporaneamente lo ripeteva in modo che lo si vedesse dalla stazione successiva.

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Sesta lezione ADDIO SICILIA


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la colonna comandata dal generale Me- Briganti brigantaggio è una forma d’indici si fermò perché sapeva che nella tor- Ilsurrezione politica e sociale sorta re del castello c’era un telegrafo ottico e, nel Mezzogiorno italiano durante conoscendo il cifrario segreto, sperava di il processo di unificazione dell’Itaconoscere le mosse del nemico. Garibaldi, lia e il primo decennio del Regno. Gli autori della resistenza furono che si trovava ancora a Palermo, decise di infatti definiti, in senso dispregiaraggiungere via mare con 1200 volontari tivo, briganti dai sabaudi. la penisola di Milazzo. I due eserciti nemici si trovarono a combattere in un terreno Annessione È l’atto mediante il quale uno piatto, senza protezioni, esclusi i canneti e Stato estende la propria sovranità le piante di fico d’India; Garibaldi rincuo- sul territorio di un altro Stato o su rava i suoi e consigliava loro di sparare con parte di esso. Fra il 1859 e il 1870 tennero vari plebisciti per ratificalma prima di tutto al bersaglio grosso, sicare l’annessione prima al Regno cioè ai cavalli dei nemici. Nonostante lo di Sardegna e poi al Regno d’Itascontro non previsto e tante perdite (800 lia, sancendo così l’unificazione morti), la calma, il coraggio e la strategia italiana. Il plebiscito, che prevedeva forti limitazioni censitarie, di Garibaldi furono vincenti. La battaglia si differenzia sostanzialmente dal di Milazzo fu senz’altro la più sanguinosa referendum: in particolare le cone difficile della campagna siciliana. Fu una sultazioni plebiscitarie per l’unificazione si svolsero senza tutela vera battaglia campale ma con la caduta di della segretezza del voto. Milazzo si poneva fine alla dominazione borbonica in Sicilia. Garibaldi aveva realizzato il suo sogno: liberare la Sicilia in nome del re Vittorio Emanuele II. La notte fra il 18 e 19 agosto, quattro mesi dopo la partenza da Quarto, lasciò finalmente l’isola. Abbandonare la Sicilia non fu semplice perché nei paesini lungo le pendici dell’Etna la povera gente era in rivolta contro i signori (i ducali) e per ristabilire l’ordine fu dato il comando al generale Nino Bixio, famoso per il suo brutto carattere. Fu così che, come a Palermo, molti dei rivoltosi e qualche volontario siciliano riuscirono a fuggire nelle campagne diventando dei briganti. E Garibaldi? Le navi borboniche vigilavano la costa mentre lui non aveva navi da guerra e poche da trasporto. I primi volontari che attraversarono 53


Sesta lezione ADDIO SICILIA


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lo stretto lo fecero su 170 piccole barche comandate da un certo Musolino, un calabrese famoso combattente il quale sapeva con certezza che i soldati del forte Alta Fiumara sulla riva opposta, gli avrebbero spalancate le porte senza opporre resistenza. Ma non fu così e i pochi uomini che riuscirono a salvarsi si riunirono in una breve spianata aspettando l’aiuto di Garibaldi. Il Generale sbarcò in Calabria con 3500 uomini non attraversando lo stretto nel punto dove lo aspettavano i borbonici ma più a sud, verso Reggio Calabria, dove era diretto anche Bixio con i suoi soldati. Dopo qualche breve scaramuccia, i borbonici si arresero e alzarono bandiera bianca. Le condizioni della resa furono: sgombero delle truppe, consegna dei cannoni, delle polveri, dei cavalli e delle vettovaglie contenuti nel forte. Garibaldi fu inflessibile e volle disarmare tutti i soldati nemici che spedì a Napoli con le navi, mentre altri presero la via dei boschi ingrossando le fila dei briganti e alcuni si unirono ai garibaldini con la speranza di far carriera nell’esercito. Ormai l’avanzata di Garibaldi era una corsa via terra verso Napoli senza incontrare quasi ostacoli. Bixio invece voleva raggiungere Napoli via mare nonostante i sei vapori fermi in porto fossero già pieni di militari. Innervosito, cominciò a picchiare con la carabina i soldati addormentati sul ponte delle navi: avrebbe fatto una brutta fine se non lo avessero portato via. La notizia dell’avanzata dei garibaldini provocò lo scompiglio a Napoli: il re Francesco II invocava San Gennaro e lo nominava simbolicamente re della città, ormai invasa da oltre sei mila ritratti di Garibaldi. Cosa fare? Fermare Garibaldi a Salerno o addirittura mandargli dei messaggeri per farselo amico? va e In questa incertezza Franced e c c u sco II fece spostare tutto Cosa sel periodo l’esercito a nord del fiume io in qu a scopp e r o t o Volturno e si rifugiò a Gaeta rimo m sce il p il quotidiano a n 6 7 18 asce con la consorte Maria Sofia. 1876 n re della Sera A Garibaldi, giunto ai confiIl Corrie la Coca Colaa asce 1886 n asce la Fiat ni della Campania, arrivarono 9n 189

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Sesta lezione ADDIO SICILIA

brutte notizie da Palermo: disordini, mancanza di soldi e la volontà dei capitalisti di annettere la Sicilia al Piemonte, ma tutto questo non gli interessò: pensava solo di arrivare a Napoli, ultima tappa prima di conquistare Roma. Quando entrò a Salerno la sera del 6 settembre, fu accolto come un trionfatore e avrebbe potuto trattenersi un po’ se non gli fosse giunta la notizia che a Napoli si stava formando un governo provvisorio. Bisognava partire immediatamente: lui e il suo seguito presero il treno a Vietri e quel viaggio di due ore fu un vero trionfo. Gente che si accalcava lungo la ferrovia agitando bandiere, gente issata sul tetto del treno speciale, folla straripante alla stazione di Napoli. Si formò un lunghissimo corteo e quando giunsero alle fortificazioni occupate dai soldati regi, questi si arresero. Garibaldi parlò alla folla dal balcone della foresteria e poi di corsa si recò in duomo dove i canonici misero subito in mostra le reliquie di San Gennaro e, incredibile, la gente trovò una nuova parentela per il generale: sì, Garibaldi discendeva direttamente dal Santo. Per le strade di Napoli sfilavano carri addobbati e bandiere, la musica usciva dalle finestre delle case e nei negozi si vendevano le camicie rosse. Garibaldi era l’uomo più famoso d’Europa: in quattro mesi aveva sconfitto l’esercito più forte d’Italia e aveva conquistato il cuore di tutti i napoletani: in 600 mila ora lo acclamavano davanti alla chiesa.

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Viva l’Italia! Mille uomini, due soli battelli a vapore

I giochi di quel perio

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Nella società ottoce ntesca il gioocattolo diventò sempre più tante; soprattutto in im mporGermania, IInghilterra e Fra nc ia nacquero fabbriche per la produz ione in i serie i ddi materiale ludico , che incominciò ad essere suddiviso a seconda dei ceti, delle età e del sess bambini. Vennero co o dei struiti i primi giocatto li meccanici e si com a diffondere la prim inciò a produzione di mas sa , co nc ep ita industriale. come attività L’industria del gi ocattolo visse la sua stagione d’oro 1850 e il 1914, un tra il periodo segnato da gr an di m ut amenti storici, sociali e culturali. Pa rticolare successo ris cossero i giocattoli in tra i bambini dell’epo latta ca, perché, oltre alla precisione nella fattu nella ricerca di elega ra e nza nelle forme e ne i colori, riproduceva grandi invenzioni av no le venute nel campo de lla meccanica. L’industria del giocattolo incise in modo preponde sull’economia del pa rante esi produttori, ma l’I talia iniziò tardi la pr zione di balocchi: pe odur i giocattoli in legno la pr im a in bra essere nata ad dustria semAsiago nel 1885 ad opera di Giovanni Lo mentre la prima indu bbia, stria di giocattoli e di bambole è stata la Fu di Canneto sull’Ogglio rga (Mantova) fondata nel 1872 da Luigi Fu Gomini. rga

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Settima lezione L’ULTIMA BATTAGLIA


Viva l’Italia! Mille uomini, due soli battelli a vapore

Settima Lezione

L'ULTIMA BATTAGLIA Ragazzi, siamo quasi arrivati alla fine di questa avventura, manca solo l’ultima battaglia ma per il nostro generale Giuseppe Garibaldi non ci saranno né trionfo né onori: solo amare delusioni. Garibaldi, felice del successo ottenuto, pensava che la conquista di Roma fosse semplice, ma non aveva fatto i conti con la politica intrigante del conte di Cavour. La politica di allora era così complessa, fatta di complotti, colloqui segreti, promesse non mantenute…che forse è meglio tralasciare tutto questo per continuare a seguire con simpatia il nostro generale. Lui si trovava a Napoli circondato dai suoi giovani ufficiali i quali finalmente poterono cambiarsi gli abiti e nelle botteghe di Napoli non ebbero difficoltà a trovare quanto occorreva per essere eleganti: camicie rosse nuove fiammanti, pantaloni neri con la striscia verde, cappelli alla calabrese e stivali. Cenavano tutti insieme, generale compreso, ad una 59


Settima lezione L’ULTIMA BATTAGLIA

Caprera È un’isola che fa parte dell’arcipelago della Maddalena nella costa nord-orientale della Sardegna. È nota soprattutto per essere stata, per oltre vent’anni, l’ultima dimora e il luogo di morte di Giuseppe Garibaldi che acquistò la metà settentrionale di Caprera fin dal 1856, vivendo inizialmente in una casupola. Qualche anno più tardi Garibaldi si fece costruire, nello stile delle fazendas sudamericane, la famosa “casa bianca”, oggi museo; pochi anni dopo, una colletta dei figli e degli ammiratori gli permise di comprare anche l’altra metà dell’isola, fino a quel momento appartenuta ad un inglese bizzarro di nome Collins.

lunga tavola. Durante il pranzo del 13 settembre, arrivarono notizie che Palermo subito voleva annettersi al Piemonte onde evitare sommosse e caos. Garibaldi partì immediatamente dicendo che si sarebbe fermato pochissimi giorni. L’accoglienza della gente in Sicilia fu entusiasta; le campane si misero a suonare e il popolo non pareva per niente scontento del governo provvisorio. Tutto andava bene; le notizie ricevute erano false, quindi sei giorni dopo, salutata la folla, ritornò a Napoli. Nei giorni di assenza di Garibaldi, il numeroso esercito borbonico di circa 50 mila uomini si era schierato lungo il Volturno nei pressi di Capua. I pochi garibaldini che furono mandati contro, subirono una grande sconfitta. Garibaldi accorse in loro aiuto ma non poté far nulla: capì che era stato di proposito mandato in Sicilia e che anche il re di Savoia, che più o meno apertamente lo aveva sostenuto, gli era adesso diventato ostile. Garibaldi non riusciva più a ragionare e come, diceva il Mazzini, era abbattuto, scoraggiato e parlava di Caprera. Aveva voglia di abbandonare tutto e arrivò addirittura a dire ai suoi volontari di accogliere bene i fratelli dell’esercito italiano che stava scendendo verso Napoli. Il generale però non poteva accettare passivamente la sconfitta subita sul fiume Volturno, ma anche Francesco II, Re di Napoli, rifugiatosi a Gaeta, voleva giocare la sua ultima carta. Ambedue prepararono i loro eserciti per uno scontro finale. I due eserciti si affrontarono diverse volte: a Santa Maria, Caiazzo, Sant’Angelo. Sul campo, rimasero i corpi di 3500 soldati regi e 2000 garibaldini. 60


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Giuseppe Mazzini È stato un patriota, politico e filosofo italiano. Le sue idee e la sua azione politica contribuirono in maniera decisiva alla nascita dello Stato unitario italiano; la polizia italiana lo costrinse però alla latitanza fino alla morte. Le teorie mazziniane furono di grande importanza nella definizione dei moderni movimenti europei per l’affermazione della democrazia attraverso la forma repubblicana dello Stato. Giuseppe Mazzini viene considerato, con Giuseppe Garibaldi, Vittorio Emanuele II e Camillo Benso di Cavour, uno dei padri della patria.

Alla fine, vincitore fu l’esercito di Garibaldi per merito dei suoi ufficiali, ma soprattutto per la genialità del generale presente in ogni momento, pronto ad accorrere dove era più necessario portando i suoi uomini nel punto minacciato con perfetta scelta di tempo. Era il primo ottobre 1860. Nonostante le perdite subite e la stanchezza, la truppa era euforica per la vittoria e cantava appassionatamente “Camicia rossa”, un canto popolare nato in quell’anno di cui vi trascriviamo alcune strofe. Quando la tromba sonava all’armi con Garibaldi corsi a arruolarmi: la man mi strinse con forte scossa e mi diè questa camicia rossa! E dall’istante che t’indossai, le braccia d’oro ti ricamai! Quando a Milazzo passai sergente, Camicia rossa, camicia ardente!... Porti l’impronta di mia ferita, Sei tutta lacera, tutta scucita: Per questo appunto mi sei più cara, Camicia rossa, camicia rara! Tu sei l’emblema dell’ardimento, Il tuo colore mette spavento: Fra poco uniti saremo a Roma, Camicia rossa, camicia indoma!

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Settima lezione L’ULTIMA BATTAGLIA

Fida compagna del mio valore, Par che tu intenda la mia favella, S’io ti contemplo mi batte il core; Camicia rossa, camicia bella. Là sul Volturno, di te vestito, tu sei la stessa che allor vestia, camicia rossa, camicia mia. Con te sul petto farò la guerra ai prepotenti di questa terra mentre l’Italia d’eroi si vanta, camicia rossa, camicia santa Ed all’appello di Garibaldi e di quei mille suoi prodi e baldi, daremo insieme fuoco alla mina, camicia rossa garibaldina! Se dei Tedeschi nei fieri scontri vien che la morte da prode incontri, chi sa qual sorte ti sia serbata, camicia rossa, camicia amata! C’erano due grandi eserciti in movimento lungo la penisola italiana: quello piemontese comandato dal re Vittorio Emanuele II, che dal Piemonte scendeva verso Napoli, e quello di Garibaldi che, oltrepassato il fiume Volturno, risaliva verso nord. I due eserciti si incontrarono a Teano. La sera prima dello storico incontro, Garibaldi, arrivato con il Guardia Nazionale È una forza armata sorta subito dopo l’Unità d’Italia e utilizzata per reprimere il brigantaggio e la resistenza degli ultimi nostalgici del regno borbonico, con vario successo. Come forza di sicurezza interna, i suoi metodi, benché normalmente brutali, illegali e criminosi, furono in genere estremamente efficaci nel loro scopo primario di reprimere e poi debellare definitivamente il fenomeno del brigantaggio meridionale. Per altri sei anni la Guardia Nazionale proseguì da sola e completò la “guerra sporca” già condotta per un decennio nel Mezzogiorno dall’esercito regolare.

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buio al villaggio di Calvi, non volle disturbare nessuno e passò la notte su una poltrona sgangherata in una stanzuccia della Guardia Nazionale; il re invece, accompagnato dalla signora Rosina figlia di un maestro d’armi, dormì nel castello di Presenzano, vicino a Caserta. La mattina dopo Garibaldi con il suo esercito si fermò all’imbocco della strada che portava al paese di Teano.

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Ottava lezione LO STORICO INCONTRO


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Ottava Lezione

LO STORICO INCONTRO Ragazzi, ancora un po’ di pazienza. Dopo un viaggio estenuante, dopo aver sopportato tanti disagi e dopo aver veduto tanti compagni morti, finalmente Garibaldi ed il re d’Italia, due grandi personaggi del Risorgimento italiano, si incontrarono. In fondo alla stessa strada si udirono rulli di tamburi e squillar di trombe e si vide un gran polverone: arrivava il re. Garibaldi si tolse il berretto e gli andò incontro con la mano tesa dicendo: “Salute al re d’Italia”. La scena fu molto diversa da come di solito si vede illustrata sui libri di scuola. Il re impacciato non sapeva cosa rispondere. I due si misero fianco a fianco in testa al corteo: al loro passaggio alcuni contadini tendendo il dito verso il re gridavano ”viva Garibaldi” convinti che il generale tra i due fosse quello meglio vestito. Il re si sentì offeso e spronò il cavallo

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Ottava lezione LO STORICO INCONTRO


Viva l’Italia! Mille uomini, due soli battelli a vapore

al galoppo verso Teano mentre Ga- Teano ribaldi si fermò ad una piccola oste- È un comune della provincia di Caserta, noto per aver dato il nome allo storico inria, sedette sotto il portico davanti contro. La città si trova in posizione straad un barile ritto dove l’oste gli tegica, infatti anticamente era considerata portò del pane, una fetta di cacio ed la “porta della Campania”. Teano riveste particolare importanza anche per quanto un boccale di acqua, ma non toccò riguarda la nascita della lingua italiana: niente. Il giorno dopo, 6 novembre, nella curia vennero redatti due dei quattro scrisse al re supplicandolo di acco- Placiti cassinesi, il Placito di Teano dell’anno 963 e il Memoratorio, documenti che, gliere i suoi soldati nell’esercito re- insieme al Placito di Capua e al Placito gio; questa supplica più volte ripe- di Sessa, rappresentano la primissima tetuta non fu mai accolta, anzi il re si stimonianza della lingua volgare italiana. oggi conservati nell’archivio storico rifiutò anche di passare in rassegna i Sono di Montecassino e riguardano contenziosi volontari tutti schierati. territoriali nella città. Il 7 dello stesso mese ambedue dovevano entrare solennemente a Na- Camillo Benso Conte di Cavour poli ma il re viaggiò in carrozza e È stato un politico italiano. Fu ministro Garibaldi prese il treno. Arrivarono del Regno di Sardegna dal 1850 al 1852, in anticipo sicché non c’era nessuno Capo del governo dal 1852 al 1859 e dal 1860 al 1861. Lo stesso 1861, con la proad accoglierli, in più pioveva a dirot- clamazione del Regno d’Italia, divenne il to e la pioggia aveva rovinato tutti primo Presidente del Consiglio del nuovo gli addobbi. Comunque la cerimo- Stato e con tale carica morì. Fu protagonista del Risorgimento come sostenitore nia si svolse nel duomo, il pranzo a delle idee liberali, del progresso civile ed palazzo reale e la serata si concluse economico, dell’anticlericalismo, dei moal teatro San Carlo. Un altro favore vimenti nazionali e dell’espansionismo del Regno di Sardegna ai danni dell’Auchiese Garibaldi al re: di poter re- stria e dello Stato Pontificio. stare ancora un anno a Napoli come luogotenente, ma ancora una volta ricevette un rifiuto. Dopo tanti no ricevuti, il generale declinò le offerte che il conte Cavour gli fece: un castello, una dote per la figlia, incarichi per i figli. Dopo una notte trascorsa in un alberguccio, Garibaldi si fece accompagnare col figlio e pochi altri al porto, salì su una nave inglese dove gli furono resi gli onori con le salve dei cannoni. Compagni del suo ultimo viaggio furono il figlio Menotti, il segretario 67


Ottava lezione LO STORICO INCONTRO

e l’ex parroco che l’aveva sempre seguito: ma dove erano diretti? Andavano all’isola di Caprera portando con sé un sacco di sementi, qualche libbra di caffè e di zucchero, una balla di stoccafisso, una cassa di maccheroni e poche migliaia di lire, risparmiate a sua insaputa da chi gli teneva i conti. Garibaldi, ormai lontano, non poté assistere alla gran parata dell’esercito regio e della guardia nazionale. Meglio così perché ai suoi garibaldini presenti a Napoli fu impedito di partecipare.

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CONCLUSIONE Ragazzi, ci eravamo proposte, noi due maestre in pensione, di non annoiarvi con una vera e barbosa lezione di storia, ma di incuriosirvi e di farvi scoprire la figura di Garibaldi che niente ha da invidiare agli eroi di altre nazioni. Da questo racconto risulta che Garibaldi era una persona profondamente umana. Si manteneva tranquillo anche nelle situazioni più difficili, non si tirava indietro di fronte al pericolo, era capace di infondere coraggio ai soldati e di suscitare entusiasmo nelle folle che incontrava, umile e generoso perché anteponeva alla fama e al bene personale, quello dell’Italia. E poi, ragazzi, non dimenticate che anche da questa avventura nasceva l’Italia unita che viene commemorata quest’anno, ricorrendo il suo centocinquantesimo.


INNI E CANZONI Inno di Garibaldi Scritto da Luigi Mercantini Musiche di Alessio Olivieri 1858 All’armi! All’armi! Si scopron le tombe, si levano i morti, I martiri nostri son tutti risorti, Le spade nel pugno, gli allori alle chiome, La fiamma ed il nome d’Italia sul cor. Corriamo! Corriamo! su O giovani schiere, Su al vento per tutto nostre bandiere Su tutti col ferro, su tutti col fuoco, Su tutti col fuoco d’Italia nel cor. Va’ fuori d’Italia! va’ fuori ch’è l’ora! Va’ fuori d’Italia! va’ fuori, stranier! La terra dei fiori, dei suoni, dei carmi, Ritorni qual’era la terra dell’armi; Di cento catene ci avvinser la mano, Ma ancor di Legnano sa i ferri brandir. Bastone Tedesco l’Italia non doma; Non crescon al gioco le stirpe di Roma: Più Italia non vuole stranieri e tiranni, Già troppo son gli anni che dura il servir. Va’ fuori d’Italia! va’ fuori ch’è l’ora! Va’ fuori d’Italia! va’ fuori, stranier! 70


Le case d’Italia son fatte per noi, E là sul Danubio le case de’ tuoi; Tu i campi ci guasti; tu il pane c’involi; I nostri figliuoli per noi li vogliam. Son l’Alpi e i due mari d’Italia i confini, Col carro di fuoco rompiam gli Appennini, Distrutto ogni sogno di vecchia frontiera La nostra bandiera per tutto innalziam. Va’ fuori d’Italia! va’ fuori ch’è l’ora! Va’ fuori d’Italia! va’ fuori, stranier! Sien mute le lingue, sien pronte le braccia, Soltanto al nemico volgiamo la faccia. E tosto oltre i monti n’andrà lo straniero, Se tutto un pensiero l’Italia sarà. Non basta il trionfo di barbare spoglie, Si chiudan ai ladri d’Italia le soglie; Le genti d’Italia son tutte una sola, Son tutte una sola le cento Città. Va’ fuori d’Italia! va’ fuori ch’è l’ora! Va’ fuori d’Italia! va’ fuori, stranier!

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La bandiera tricolore scritto da Francesco Dall’Ongaro Musiche di Cordigliani 1848 E la bandiera di tre colori sempre è stata la piĂš bella: noi vogliamo sempre quella, noi vogliam la libertĂ ! E la bandiera gialla e nera qui ha finito di regnare, la bandiera gialla e nera qui ha finito di regnare Tutti uniti in un sol patto, stretti intorno alla bandiera, griderem mattina e sera: viva, viva i tre color!

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bandiera tricolore versione popolare scritto da anonimo Musiche di Cordigliani La bandiera tricolore sempre è stata la più bella noi vogliamo sempre quella per goder la libertà Noi andremo a Roma santa per vedere il Campidoglio pianteremo su quel soglio la bandiera tricolor Noi andremo alla Venezia a scacciare lo straniero stracceremo il giallo e nero pianteremo il tricolor Sempre fuoco noi faremo per difendere la bandiera e dall’alba insino a sera noi da prodi pugnerem Noi andremo sempre avanti finché vita di rimane e pensando alla dimane sempre allegri poi si sta Viva sempre Garibaldi che sa farci guadagnare 73


sia per terra sia per mare la vittoria è nostra già Se si muore per la patria è la morte gloriosa né la rende dolorosa un rimorso di viltà Noi siamo Italiani vogliam l’Italia unita finché restaci la vita sempre questo grideremo

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Mameli ed il Canto degli Italiani Dobbiamo alla città di Genova Il Canto degli Italiani, meglio conosciuto come Inno di Mameli. Scritto nell’autunno del 1847 dall’allora ventenne studente e patriota Goffredo Mameli, musicato poco dopo a Torino da un altro genovese, Michele Novaro, il Canto degli Italiani nacque in quel clima di fervore patriottico che già preludeva alla guerra contro l’Austria. L’immediatezza dei versi e l’impeto della melodia ne fecero il più amato canto dell’unificazione, non solo durante la stagione risorgimentale, ma anche nei decenni successivi. Non a caso Giuseppe Verdi, nel suo Inno delle Nazioni del 1862, affidò proprio al Canto degli Italiani - e non alla Marcia Reale - il compito di simboleggiare la nostra Patria, ponendolo accanto a God Save the Queen e alla Marsigliese. Fu quasi naturale, dunque, che il 12 ottobre 1946 l’Inno di Mameli divenisse l’inno nazionale della Repubblica Italiana.

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Fratelli d’Italia Scritto da Goffredo Mameli Musiche di Michele Novaro 1847 Fratelli d’Italia L’Italia s’é desta; dell’elmo di Scipio S’é cinta la testa.

L’Italia ha ripreso l’atteggiamento combattivo che fu dei guerrieri romani: l’elmo di Scipio è l’elmo del generale romano Publio Scipione l’africano che sconfisse Annibale nella battaglia di Zama, di cui si cinge figurativamente la testa l’Italia per entrare in guerra contro l’Austria.

Dov’é la Vittoria? le porga la chioma, ché schiava di Roma Iddio la creò.

La Vittoria è la dea della vittoria, che da antica tradizione è destinata ad essere schiava di Roma e deve porger la chioma per tagliarla poiché le schiave, a differenza delle donne libere, erano solite portare i capelli corti.

Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò. Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò, sì!

La coorte in cui stringersi è un’unità di combattimento dell’esercito romano che rappresentava la decima parte della legione. L’Italia ha chiamato a raccolta tutto il suo popolo perché l’unione fa la forza.

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Noi siamo da secoli Calpesti e derisi, perché non siam popolo, perché siam divisi.

Gli italiani non sono un popolo (etnico e politico) perché non sono uniti. Il testo è stato scritto nel 1848 quando ancora l’Italia non esisteva poiché divisa in 7 stati: Stato pontificio, Regno delle Due Sicilie, Regno lombardo-veneto, Regno di Sardegna, Granducato di Toscana, Ducato di Modena e Ducato di Parma.

Raccolgaci un’unica bandiera, una speme: di fonderci insieme già l’ora suonò.

La speranza (la speme) degli italiani ora è quella di unirsi sotto un’unica bandiera; è suonata l’ora per unirsi.

Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò. Uniamoci, uniamoci! L’Unione e l’amore riivelano ai popoli le vie del Signore; Giuriamo far libero il Suolo natio: uniti, per Dio, chi vincer ci può?

Questi sono gli obiettivi mazziniani della rivoluzione nazionale: l’unità e l’amore guidano i popoli. Gli italiani devono giurare di liberare il proprio suolo dal nemico che lo occupa.

Stringiamoci a coorte, Siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò.

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Dall’Alpe a Sicilia dovunque é Legnano:

Dopo il richiamo alla mitologia della Roma repubblicana, il richiamo a quella comunale: la battaglia di Legnano del 1176 segnò la vittoria della Lega dei Comuni Lombardi contro le milizie dell’imperatore Federico Barbarossa. Anche da questo episodio gli italiani devono trarre auspici per la loro lotta di liberazione e trasformare tutta l’Italia in un campo di battaglia.

Ogn’uom di Ferruccio ha il cuore e la mano;

Francesco Ferrucci morì difendendo la repubblica fiorentina nel 1530 dall’assedio delle truppe imperiali di Carlo V.

i bimbi d’Italia si chiaman Balilla;

Tutti i bambini italiani possono ripetere il gesto di Giovan Battista Perasso detto Balilla, l’adolescente genovese che nel 1746, lanciando un sasso contro alcuni soldati austriaci, fece scattare la rivolta che condusse alla liberazione.

il suon d’ogni squilla i vespri sonò.

I Vespri siciliani furono come uno squillo di tromba quando a Palermo nel 1282 iniziò la rivolta contro gli occupanti francesi.

Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò. Son giunchi che piegano le spade vendute: già l’Aquila d’Austria le penne ha perdute; il sangue d’Italia e il sangue polacco, bevé, col cosacco, ma il cuor le bruciò.

Le spade vendute, ovvero le armi dei soldati mercenari si piegano flessibili come giunchi. L’aquila è il simbolo dell’impero austro-ungarico; l’aquila austriaca ha bevuto il sangue degli italiani, e insieme ai russi, ha bevuto anche quello dei Polacchi, ma questo sangue le ha bruciato il cuore. La Polonia fu spartita tra Austria, Prussia e Russia.

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INDICE Introduzione Marras Introduzione Martini

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Prima Lezione - La Partenza Seconda Lezione - Breve sosta a Talamone Terza Lezione - Viaggio verso la Sicilia Quarta Lezione - Prime battaglie Quinta Lezione - Finalmente Palermo Sesta Lezione - Addio Sicilia Settima Lezione - L’ultima battaglia Ottava Lezione - Lo storico incontro

9 17 25 35 41 49 57 63

Conclusione

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Inni e Canzoni

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Provincia di Grosseto Questo volume è stato stampato presso Lito Terrazzi - Cascine del Riccio FI Stampato in Italia - Printed in Italy nel mese di gennaio 2011



Un moderno sussidiario, dedicato ai ragazzi delle elementari, che si sviluppa come un ipertesto. Otto lezioni conducono, in forma narrativa, attraverso le vicende dei Mille, da Quarto a Teano, accompagnate da illustrazioni che sottolineano gli episodi salienti dell’impresa. Approfondimenti e curiosità sul periodo storico arricchiscono il racconto.

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