Colori & Sapori Autunno 2020 in Veneto - Viaggi, Sapori, Territorio
In questo numero:
Agritour, turismo rurale Parliamo di valorizzazione del territorio con Davide Pinton, presidente dell’Associazione Agritour
Le api: preziose amiche Con Damiano Fioretto, uno dei soci dell’azienda APIAMOCI, parliamo di come si produce il miele rispettando le api e la biodiversità
Il mondo delle De.Co La Denominazione Comunale (De.Co), il marchio di tutela per le produzioni enogastronomiche locali tipiche e significative di un Comune
Social Food Conosciamo la vicentina Daniela Boscariolo, autrice del blog di successo Timo e Lenticchie
Pronti per il cambio di stagione? A ottobre è tempo di fare un po’ di ordine e lasciare spazio al nuovo! Inoltre: Festa del Mais Marano - Vendemmia 2020 e vini del territorio - Le ricette di Daniela Boscariolo Colori & Sapori - Ottobre 2020 - Allegato di La Piazza e Lira&Lira
Colori & Sapori piatto che si va a preparare. I piatti semplici, le cotture leggere, esaltano i sapori, il resto vien da sè. Le tue ricette sono un viaggio che accompagna alla scoperta di territori e regioni diverse, tra prodotti DOP, IGP e ricette tradizionali regionali, sempre in chiave vegetariana. Il cibo è cultura e noi siamo molto fortunati a vivere in un paese ricchissimo di prodotti eccezionali. Il cibo è parte integrante del patrimonio culturale. La curiosità di conoscere la storia di ricette antiche e riproporle mi ha sempre accompagnata. La salute nel piatto vuol dire tornare a mangiare come i nostri nonni, una cucina povera, di campagna, quasi sempre vegetariana.
Social Food
Conosciamo la vicentina Daniela Boscariolo, autrice del blog di successo Timo e Lenticchie Ciao Daniela, quando nasce la tua passione per il cibo e quando hai pensato di trasformarla in un blog? La mia passione per il cibo mi è stata tramandata dai miei genitori. Mia madre molto brava in cucina, mio padre attentissimo all’alimentazione, ai prodotti più sani, alle eccellenze. Già a quel tempo leggere le etichette era di prassi a casa. Quando i miei figli sono cresciuti (pur lavorando in tutt’altro settore) ho avuto a mia disposizione più tempo da dedicare alla mia passione culinaria. Cinque anni fa questa si è trasformata in un blog, in primis per condividere la scelta vegetariana che tanto mi ha portato in energia positiva. Tu sei vegetariana e nel tuo blog si parla di ricette vegetariane, vegane e salutari. A volte si pensa che la cucina salutare non possa essere anche gustosa. Nel tuo blog, invece, non mancano creatività, gusto e varietà di sapori.
La natura sa offrire in tutte le stagioni doni meravigliosi, freschi, saporiti, colorati. Cucinare con amore trasfonde questo nel
In questo numero parliamo di prodotti DE.CO. Nel tuo blog non mancano amore e attenzione ai prodotti del territorio vicentino. Amo i prodotti del mio territorio, i ricordi d’ infanzia quando con tutta la famiglia il sabato si andava fino a “Basan” a comprare i sparasi o le patate di Rotzo o el brocolo fiolaro. Nel mio blog ho voluto dedicare una ricetta al mese proprio ai prodotti De.CO. vegetali vicentini che amo tanto. Una sezione del tuo blog si chiama “Le Stagioni in Cucina”. Cosa prevede la tua dispensa in ottobre? In ottobre lasciamo a malincuore le meraviglie dell’estate come peperoni, melanzane e zucchine e ci accingiamo a portare in tavola coloratissimi doni preziosi, come gli arancioni delle zucche, tutti i rossi e viola delle barbabietole e uva. Troviamo il sedano rapa con il suo delicatissimo sapore, il topinambur bitorzoluto, i primi cavoli e broccoli che come fiori rallegrano la tavola e le nostre zuppe serali. E poi le castagne, noci e nocciole che finiscono in piatti sia dolci che salati. Le cucine tornano a riscaldarsi con golose torte di mele e con pane scuro preparato con amore e lievito madre.
Timo e Lenticchie di Daniela Boscariolo blog.giallozafferano.it/timoelenticchie
Colori & Sapori
Un progetto per un turismo rurale, lento e a basso impatto Parliamo di valorizzazione del territorio con Davide Pinton, Presidente dell’Associazione Agritour Signor Pinton, come nasce il progetto Agritour? Anche se il primo evento a marchio Agritour è stato organizzato nella Pasquetta del 2017, il seme del progetto Agritour è stato piantato 35 anni fa, quando i miei genitori, insieme ad altri produttori dell’alto vicentino, hanno creato un evento annuale per far conoscere le aziende agricole del territorio tramite un percorso in bicicletta. Agritour ne è la naturale evoluzione e ha l’obiettivo di offrire percorsi permanenti e non solo eventi singoli, esperienze a contatto con la natura attraverso i quali conoscere il territorio, le aziende agricole e i produttori. Agritour è, usando le vostre parole, una “rete relazionale e valoriale”. Quanti e quali sono gli operatori del territorio che aderiscono a questa rete? Agritour conta oggi circa 50 aziende agricole e 20 attività economiche (ristoratori, macellerie, ditte che lavorano nel settore delle biciclette, B&B), nonché le amministrazioni comunali di Malo, Monte di Malo, Isola Vicentina, Marano Vicentino, Zané, Schio e
San Vito di Leguzzano. Operatori che lavorano in sinergia uniti da valori comuni quali la cura e la valorizzazione del territorio, la difesa dell’ambiente, il senso di responsabilità verso la comunità, il voler creare benessere per le persone e per il territorio. Sappiamo che ci vorrà tempo, ma pensiamo che questo progetto rappresenti un driver per il turismo, non solo locale. Agritour propone una nuova narrazione del territorio: quali sono le esperienze e i percorsi offerti e qual è il filo conduttore degli eventi?
Una narrazione del territorio basata su eventi e iniziative organizzate durante l’anno e percorsi ciclabili permanenti (La Molonara, Gli Stròdi, la tera crea) che, attraverso argini, sentieri e stradine a basso scorrimento collegano le aziende agricole coinvolte. Il filo conduttore di questi percorsi ed eventi è l’esperienza in fattoria, tra assaggi, degustazioni e laboratori. Del progetto fanno parte 10 fattorie didattiche che organizzano progetti dedicati alle scuole. Quali sono i progetti in cantiere e gli obiettivi futuri? L’obiettivo nel medio-lungo periodo è quello di consolidare e potenziare l’offerta rivolta non solo alle comunità locali ma anche a tutti quei “cittadini temporanei” che desiderino immergersi nel nostro racconto di territorio, un racconto in cui la campagna è immaginata come grande “spazio pubblico” in dialogo virtuoso con la città, come teatro di nuove opportunità da offrire ad un contesto storicamente incline a cogliere e vincere nuove sfide. Vogliamo creare una sorta di turismo rurale, lento e a basso impatto, dei pacchetti turistici con guide naturalistico-ambientali che spieghino il territorio come in una sorta di museo all’aria aperta. Oltre a proseguire con le fattorie didattiche dedicate ai bambini, vogliamo coinvolgere sempre
Colori & Sapori più adulti in visite guidate in fattoria, attraverso le quali trasmettere la nostra passione e il nostro amore per il territorio.
Sono anni che lo facciamo e sempre più fattorie e aziende agricole sono diventate visitabili.
Della rete Agritour fa parte anche la Società Agricola Juvenilia, di cui Davide Pinton è Titolare. Un’azienda vocata all’agricoltura biologica dal 1995, che produce frutta, carne e latte Bio e che propone al pubblico esperienze rilassanti e divertenti a contatto con gli animali e la natura. Signor Pinton, perché la scelta di produrre secondo il metodo dell’agricoltura biologica? I miei genitori hanno scelto di passare all’agricoltura biologica quando ero ancora piccolo, con l’intento di creare un prodotto che fosse diverso da quanto si trovava nella grande distribuzione. Per noi non ha alcun senso utilizzare una forma di agricoltura aggressiva, che rovina il terreno. La via che porta ad ottenere un prodotto migliore, preservando la fertilità del terreno e la biodiversità, è fatta di pazienza e conoscenza, non di chimica. Preservare il benessere degli animali è un altro dei vostri valori guida. Spieghiamo cosa significa allevare secondo il metodo biologico e perché, nella vostra azienda agricola, si può parlare di Stalla Felice?
Per noi è questo un modo diverso di “narrare” il territorio: offrire una esperienza a diretto contatto con la vita di fattoria.
Le regole e i principi dell’allevamento biologico comportano che si cerchi di prevenire le malattie degli animali, prendendosi innanzitutto cura del loro benessere. Non è bello allevare gli animali non rispettandoli, si tratta di una questione etica. Noi siamo un passo oltre le regole: nelle nostre stalle abbiamo installato docce e ventilatori e diffondiamo la musica! Se un animale vive meglio, si accorge delle tue cure e ti restituisce il favore. Lo dicono anche i numeri: la nostra stalla ha un alto tasso di longevità. Un’azienda aperta al pubblico, dove avvicinare bambini e famiglie alla natura: parliamo delle aree bimbi e pic-nic e delle visite in fattoria. È bello vedere i bambini che giocano con i trattorini e accogliere le famiglie che entrano nell’area pic-nic. L’azienda si può visitare in autonomia e gratuitamente, facendo il “percorso del latte in 6 tappe +1”, dove si seguono le indicazioni di alcuni cartelli, dalla nascita del vitellino fino alla casetta del latte, mentre i percorsi con la guida sono a pagamento. Quello che vogliamo far vedere è il mondo che c’è dietro una fattoria e un’azienda agricola, un mondo di persone, esperienze, valori.
Colori & Sapori
Grande festa per il Mais Marano! Marano Vicentino celebra l’amore per la sua De.Co Che il legame tra la città e il proprio mais sia forte, lo si evince dalla scritta che vi accoglie non appena arrivate in paese: “Marano Vicentino – Zona tipica di produzione del Mais Marano”. A celebrare questo connubio vi sono anche le feste e le iniziative organizzate proprio nel mese di ottobre, come la 24° edizione della Festa del Mais Marano, che si è svolta il 3-4 ottobre scorsi tra laboratori didattici, conferenze e stand gastronomici, e la Festa della Polenta, organizzata dalla Proloco di Marano
Vicentino e che si svolge il 17-18 ottobre. C’è un forte impegno per la promozione e la valorizzazione del Mais Marano sia dentro che fuori il territorio veneto, come ci spiega Adriano Schiavon, Presidente della Proloco di Marano Vicentino, la quale fa parte dell’Associazione Culturale Polentari d’Italia. La polenta, simbolo della cucina veneta, trova nella farina di Mais Marano un elemento di eccellenza, espressione di una lunga ricerca volta a preservarne le carat-
teristiche inconfondibili: già nel colore dei suoi chicchi, dai riflessi perlati e tendenti al rosso aranciato, si capisce che siamo di fronte ad un mais unico. Fu Antonio Fioretti, un secolo fa, a selezionare un mais che potesse adattarsi ai terreni asciutti e ghiaiosi della zona. Dall’incrocio di due varietà locali (il Nostrano e il Pignoletto d’Oro) ottenne un chicco dalle caratteristiche speciali. Il Mais Marano ebbe grande fortuna e apprezzamento fino a che, nel secondo dopoguerra, non gli furono preferiti i nuovi mais ibridi, a resa più alta e quindi più interessanti per l’industria alimentare. La coltura e il seme del Mais Marano rischiavano di perdersi completamente, se non fosse stato per la passione e la dedizione di chi ha continuato a credere in questo mais. Un lavoro di riscoperta e di valorizzazione portato avanti da istituzioni, produttori e ristoratori di Marano e di altre zone del vicentino e che vede non nella quantità ma nella qualità, sia nutrizionale che organolettica, un principio chiave. Le tante iniziative di promozione e di celebrazione sono volute proprio per difendere questo prodotto De.Co di eccellenza e tramandarne la coltura alle generazioni future. Se anche voi siete amanti della polenta, cogliete l’occasione per una visita a Marano Vicentino e non perdetevi le iniziative dedicate ai suoi preziosi chicchi di mais…e sbizzarritevi in cucina preparando dei piatti a base di questa straordinaria farina di mais, seguendo la tradizione della cucina veneta o, perché no, con aggiungendo un tocco di creatività!
Colori & Sapori po, laboratori didattici, esperienze interattive ed eventi pubblici e privati, come matrimoni e cene di gala.
Il castello di Thiene Un simbolo per la città, una dimora storica amica del Veneto Il progetto Dimore Amiche del Veneto, del quale il Castello di Thiene fa parte, nasce nel 2020 proprio ai tempi del Coronavirus, con l’intento di promuovere le dimore storiche del Veneto, socie dell’Associazione Dimore Storiche Italiane, proponendo un’offerta turistica particolare, che racconti il territorio attraverso la storia e i valori di questi straordinari patrimoni. E di storia da raccontare il Castello di Thiene ne ha molta. Chiamato Castello forse per le merlature ghibelline o perché fu edificato sul sito del castrum medievale, viene considerato uno straordinario esempio di villa pre-palladiana, esemplare unico nel suo genere, un modello per i successivi sviluppi delle ville venete, che troveranno massima espressione con Andrea Palladio nel XVI secolo. L’aspetto e l’architettura attuale sono frutto di cinquecento anni di vita, tra ampliamenti, adeguamenti e trasformazioni, in continua evoluzione. Nel pieno centro storico di Thiene è quindi possibile ammirare quest’opera straordinaria, che al suo interno contiene meravigliosi saloni affrescati, con mobili e quadri d’epoca che ne mantengono il carattere originale. Il parco che si sviluppa sul retro del Castello, che si configura come “giardino romantico”, è frutto di varie trasformazioni e porta i segni della storia antica della città e della sua
vita quotidiana e laboriosa: il parco è attraversato dalla roggia, un canale artificiale fatto costruire dalla comunità di Thiene nel 1281 per bagnare i campi a nord, oltre che per lavare, irrigare e abbeverare gli animali, costituendo una risorsa fondamentale per lo sviluppo urbano di Thiene. Tuttora, il Castello è dimora privati degli attuali proprietari, i Conti di Thiene, che si impegnano nella valorizzazione di questo complesso monumentale, aprendolo al pubblico per visite individuali e di grup-
Cappella Gentilizia, Scuderia, Saloni… non vi sveliamo oltre di questo patrimonio della città e dei tesori che troverete dalla corte nobile sino agli interni e al parco e vi invitiamo a visitarlo il sabato o la domenica (consultate sul sito gli orari di apertura, le procedure di prenotazione e le misure di sicurezza da seguire), ad organizzare una visita di gruppo o a partecipare ad uno degli eventi e delle iniziative che vengono organizzate durante l’anno, ad esempio ASYLUM, sabato 31 ottobre, un’esperienza interattiva horror in occasione di Halloween, con due tipologie di avventura, KIDS (8-16 anni) e HORROR (dai 16 anni in su), in entrambi i casi, consigliato solo per i più temerari. Se invece preferite l’atmosfera serena del Natale, per tutto il mese di novembre il Castello si fa in quattro trasformando la MOSTRA MERCATO TEMPO DI NATALE in quattro appuntamenti nel fine settimana, ospitando le creazioni di artigiani provenienti da tutta Italia, che vi daranno qualche idea regalo per la casa, la persona, la buona tavola e per arricchire il vostro albero di Natale.
Tutte le info su: www.castellodithiene.com Per la storia e le foto si ringraziano Francesca di Thiene e l’Ufficio Stampa ExtraLab.
Colori & Sapori
Pronti per il cambio di stagione? E il vostro armadio? A ottobre è tempo di fare un po’ di ordine e lasciare spazio al nuovo! Più che un cambio di stagione, una rivoluzione! Neanche il tempo di salutare le calde giornate estive, che l’autunno fa capolino con piogge intense e temperature decisamente più basse. Prepariamoci ad affrontare questi cambiamenti senza rinunciare allo stile, partendo innanzitutto da un principio: per fare spazio al nuovo, bisogna prima fare ordine! Se siete disordinati cronici o se semplicemente volete adottare un metodo infallibile per tenere sempre in ordine la casa (e anche l’armadio) lasciatevi ispirare dai consigli di Marie Kondo, la guru dell’ordine famosa ormai in tutto il mondo. Potete leggere il suo libro, guardare i suoi video su Youtube o seguire la sua serie su Netflix “Facciamo ordine”: troverete tanti consigli per riordinare armadio e cassetti, selezionare e dire addio a quei vestiti e accessori che ormai giacciono abbandonati da tempo e per prepararvi al cambiamento.
Munitevi di pazienza (e di scatole), mettete un po’ di musica e cominciate! Vedrete che alla fine sarà liberatorio. Salutate i capi estivi, ringraziandoli per le belle giornate trascorse insieme, e riponeteli nell’armadio estivo (o, per chi ha poco spazio, in una porzione di armadio dedicata). È ora di tirare fuori tutti i capi autunnali…letteralmente, tirateli tutti fuori! Solo così potrete rendervi conto di quante cose avete e di quelle che vale davvero la pena tenere: selezionate, lasciatevi ispirare da Instagram e da Pinterest per le possibili combinazioni, usate la creatività per abbinare tra loro giacche e pantaloni, vestiti e soprabiti, stivaletti e jeans, cappelli e foulard. Un’idea per non impazzire al mattino di fronte all’armadio, dopo l’ennesimo repentino cambio di temperatura e condizioni meteo, è quello di preparare già degli outfit, fare delle foto e tenere a portata di smartphone
le possibili combinazioni, dalle più leggere a quelle un po’ più pesanti (sperando il freddo dell’inverno non arrivi troppo presto). Così non direte mai più “oddio, non ho niente da mettere!”. Quello che, ahimè, non vi sta più, quello che vi ha un po’ stancato o quello che ritenete non sia più adatto a voi mettetelo da parte e portatelo ad una associazione o ai mercatini dell’usato: qualcuno potrà sicuramente dargli una seconda opportunità! E adesso, la parte più divertente: dopo tanto ordinare, vi siete meritati un po’ di shopping! Non andate all’arrembaggio rischiando di portare a casa cose che non indosserete mai, ma fate una sorta di lista di quello che “dovete” avere e quello che vi “piacerebbe avere”. (segue)
Colori & Sapori (segue) Pronti per il cambio di stagione? E il vostro armadio? Tra i “must have”, vale a dire quello che proprio non deve mancare al vostro armadio, tutti quei capi senza tempo, che non passano mai di moda e si adattano a tutte le occasioni, se combinati con creatività. Non sapete da dove cominciare? Affidatevi ai consigli degli esperti: qualcuno ricorderà la trasmissione “Ma come ti vesti?!” su Realtime, dove Enzo Miccio e Carla Gozzi dispensavano consigli per non sbagliare mai look: un trench, un paio di jeans, un tubino nero, una camicia bianca, una gonna svasata lunga fino al ginocchio. Abbinati tra loro e arricchiti con i giusti accessori, possono andare bene giorno e sera, a lavoro o per l’aperitivo! E se vi manca l’ispirazione, sono tanti i blog da seguire: qui ve ne consigliamo uno in particolare, quello della pa-
dovana Angela Inferrera, che nel suo blog Con cosa lo metto? condivide consigli di stile, idee semplici e per tutti i giorni, adatti a tutte le età, con uno sguardo sempre attento alla sostenibilità. Nel suo post dedicato ai look autunnali i cinque capi che non devono mancare: il trench, il chiodo, la gonna lunga o midi, i jeans e il blazer. Anche per l’armadio maschile, sulle riviste e nel web si parla sempre dei grandi classici: trench, blazer (di tendenza lo stile vintage), stivaletto, maglioncini leggeri. È il momento di osare e creare la vostra personale lista dei “mi piacerebbe avere”. Non solo Instagram, blog, riviste di moda e stile: uscite, lasciatevi ispirare dalle vetrine, entrate nei negozi per curiosare e conoscere i trend e le nuove proposte, prova-
te e scegliete qualche nuovo capo, per dare un tocco di novità e cambiare look, senza cambiare il vostro personalissimo stile. Cosa va di moda questo autunno? Quali colori? Velluto o pelle? L’armadio autunnale può essere ricco di colori e sfumature, come questa strana e bellissima stagione.
ORTOCHERATOLOGIA Migliorare la vista riposando COME FUNZIONA L’ORTOCHERATOLOGIA L’ortocheratologia è una tecnica non chirurgica e non invasiva per la riduzione reversibile della miopia, di alcuni casi di astigmatismo, di ipermetropia, mediante particolari lenti a contatto, dette a “geometria inversa”. Si tratta di lenti a contatto gas permeabili, da mettere di notte durante il riposo. Quando la lente si rimuove si continua a vedere bene ad occhio nudo, senza ausili visivi, grazie ad un effetto di modellamento avvenuto. ORTOCHERATOLOGIA, UNA SOLUZIONE AI PROBLEMI DELLA VISTA Le limitazioni dovute a problemi della vista sono spesso un ostacolo alle normali attività che svolgiamo ogni giorno. Al lavoro, come nello studio, una vista non perfetta può rendere meno efficace o disturbare le nostre performance. Le lenti per ortocheratologia correggono il problema visivo (miopia, astigmatismo, ipermetropia) mentre dormi, permettendoti di vedere bene ad occhio nudo, senza ausilio di occhiali o lenti a contatto quando sei sveglio.
A differenza delle normali lenti a contatto, le lenti per ortocheratologia non si portano durante il giorno, ma si indossano prima di andare a dormire e vengono rimosse la mattina facendo vedere bene per tutta la giornata. Se si decide di interrompere il trattamento tutto ritorna come all’origine. ORTOCHERATOLOGIA FA PER ME? Allo stato attuale l’ortocheratologia può correggere molti problemi visivi, ma non tutti indiscriminatamente. I migliori risultati si possono ottenere per miopie fino a 5 diottrie; inoltre si conseguono eccellenti risultati anche per astigmatismi e ipermetropie. Solo dopo un’accurata visita oculistica e dopo delle prove preliminari, si conferma se il soggetto è idoneo al trattamento. QUANTO TEMPO PER AVERE RISULTATI? Già dopo la prima notte di utilizzo delle lenti si possono notare dei risultati evidenti. I tempi necessari per ottenere la correzione completa del problema visivo, con risultati durevoli per tutta la giornata, variano da soggetto a soggetto, tenendo conto del grado di ametropia da correggere.
L’ORTOCHERATOLOGIA E’ SICURA? L’uso di qualsiasi tipo di lente a contatto è sicuro solo se ci si sottopone a controlli periodici dal medico oculista e dallo specialista in lenti a contatto, rispettando scrupolosamente le regole di utilizzo e di igiene indicate. L’uso delle lenti per ortocheratologia non comporta rischi sostanzialmente maggiori rispetto alle lenti convenzionali. Le lenti che vengono usate per l’ortocheratologia sono lenti molto sofisticate, che lasciano arrivare all’occhio l’ossigeno necessario anche quando la palpebra è chiusa. PER I GIOVANI È ormai documentato scientificamente che le lenti ortocheratologiche sono un mezzo fra i più efficienti per rallentare la progressione miopica nei giovani. SUL LAVORO Durante il lavoro e soprattutto per alcuni tipi di lavoro il forte ed intenso sforzo visivo può essere causa di stress e può comportare un rischio per chi deve utilizzare occhiali o lenti a contatto. Con l’ortocheratologia non ci sarà più bisogno di occhiali o lenti a contatto durante i turni di lavoro e per tutto il resto della giornata, eliminando notevolmente lo stress lavorativo e migliorando la qualità e le condizioni del nostro tempo al lavoro. NELLO STUDIO La lente per ortocheratologia elimina la costrizione di ausili per la correzione del problema visivo, permettendo di vedere bene in libertà per tutta la giornata ed eliminando lo stress da affaticamento e arrossamento agli occhi.
THIENE - Corso Garibaldi 195 - TEL. 0445 380237 BREGANZE - Piazza Mazzini 38 - TEL. 0445 874838
Panozzo Mirko Optometrista e Ottico
Colori & Sapori
Il mondo delle De.Co Scopriamo il significato della Denominazione Comunale (De.Co), il marchio di tutela per le produzioni enogastronomiche locali tipiche e significative di un Comune.
Luigi Veronelli, in un’intervista del gennaio 2004, parlò di una vera e propria “rivoluzione”, riferendosi ai tanti Comuni aderenti alla De.Co, la Denominazione Comunale, un riconoscimento che gli enti locali attribuiscono a quei prodotti ritenuti tipici e legati storicamente ad un luogo. Non un marchio di qualità, ma una sorta di carta di identità, un certificato notarile del Sindaco di un Comune che attesta che un dato prodotto ha un forte valore identitario per una comunità. Veronelli, che fu ideatore e promotore della De.Co, parlava di rivoluzione nei termini di una risposta forte al fenomeno della globalizzazione e della omogeneizzazione di sapori e prodotti, credendo fortemente nella necessità di preservare le produzioni agroalimentari locali, così come le ricette e i prodotti artigianali di eccellenza, per il loro portato di tradizioni e valori e per la loro importanza storica e sociale per una comunità locale. Centinaia di Comuni italiani aderiscono alla De.Co con l’intento di tutelare e valorizzare l’identità enogastronomica del proprio territorio e, per quei Comuni che adottano iniziative adeguate e uno storytelling efficace, di farne una leva interessante di marketing territoriale, costruendo una offerta turistica attorno ai propri prodotti tipici per quei turisti contemporanei che amano “gustare il territorio”, vale a dire degustare i prodotti tipici direttamente nel loro luogo origine, conoscerne le storie e portarli poi con sé per rivivere a casa e nel piatto l’esperienza e le emozioni del viaggio. Il concetto di “tipicità” è molto legato a quello di “unicità”: un prodotto si definisce tipico quando presenta delle caratteristiche che sono uniche e che sono espres-
Colori & Sapori sione di un territorio, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche culturale, storico e sociale. Le denominazioni comunali riguardano, in particolare, prodotti tipici che per qualche motivo storico sono fortemente legati al Comune per il quale si vuole ottenere il marchio. Per garantire l’attendibilità e sostenibilità di una De.Co occorre che si dimostri la storicità della stessa e che sia espressione di un patrimonio collettivo e non iniziativa a vantaggio di una singola azienda e al solo scopo commerciale. Per l’istituzione della De.Co da parte di un Comune occorre la Delibera del Consiglio Comunale, il Regolamento per la “Valorizzazione delle attività agroalimentari tradizionali e l’istituzione della De.Co”, seguito da Registro dei Prodotti De.Co e da un disciplinare di produzione e commercializzazione. Venendo al Veneto e, in particolare, a Vicenza, sono molti i comuni che vantano
una De.Co: dal Formaggio Caprino di Grotta di Schio alle Cornette di Montecchio Maggiore, dal Mais Marano di Marano Vicentino al Riso Vialone Nano e Carnaroli di Grumolo delle Abbadesse e Torri di Quartesolo al Broccolo Fiolaro di Creazzo. Anche i ristoratori del Veneto sono sempre stati in prima linea in questo percorso, se pensiamo che proprio a Vicenza è nata la Magnifica Confraternita dei Ristoratori De.Co, con l’obiettivo di valorizzare nel proprio menu i prodotti De.Co, le tipicità vicentine e i prodotti di nicchia. Se pensiamo proprio al Broccolo Fiolaro di Creazzo e alla spinta propulsiva che ha dato all’economia locale, dal coinvolgimento di molti giovani nella produzione di questo prodotto alla sinergia che si è creata tra territorio e ristoratori – Carlo Cracco, il famoso chef originario di Creazzo, ha portato questo prodotto nel suo Ristorante di Milano - è evidente la grande opportunità offerta dalle De.Co in termi-
ni di “tutela della biodiversità e di promozione del territorio”. Così nelle parole di Vladimiro Riva, Direttore del Consorzio Turistico Vicenza È, storico amico e collaboratore di Veronelli e da sempre impegnato nel progetto di valorizzazione e promozione delle De.Co, attuale promotore e coordinatore del progetto De.Co Italia. Attraverso questo progetto ci si propone di riunire il patrimonio enogastronomico disperso e coinvolgere più Comuni possibili in questo percorso di riscoperta e tutela delle proprie produzioni locali, facendo rete tra amministratori, ristoratori e operatori turistici che possano creare attorno ai prodotti De.Co iniziative di promozione e valorizzazione del territorio. Un impegno che si concretizza nella realizzazione di un vero e proprio Manifesto delle De.Co, da far sottoscrivere a tutti i Sindaci dei Comuni coinvolti.
Foto: comunideco.it, blog.giallozafferano.it/timoelenticchie
Colori & Sapori
Vendemmia 2020 e vini del territorio Quattro chiacchiere con Alberto Baggio, giovane sommelier e fondatore di Piacere DiVino Ciao Alberto, innanzitutto conosciamoci meglio: raccontaci di Piacere DiVino. Come nasce la collaborazione con i tuoi soci Antonio e Daniele e con quali obiettivi avete creato questo progetto? Dopo il diploma di sommelier AIS e la laurea in Enologia conseguita a Conegliano ho avuto la possibilità di fare alcune esperienze in campo enologico a Bolgheri, in Califor-
nia e nei Colli Asolani, ma ho capito che la mia vera passione stava nella comunicazione piuttosto che nella produzione. Daniele e Antonio, entrambi sommelier AIS, sono del mio stesso paese, Cartigliano, e in un comune così piccolo è molto facile “riconoscersi” per delle passioni particolari come quella del vino. Durante una festa comunale ho provato ad introdurre un’enoteca
con dei vini particolari, con l’obiettivo di dare un’alternativa alla solita birra alla spina. Oggi sembra una cosa banale, ma qualche anno fa non lo era per nulla. Il risultato superò di gran lunga le attese, segno che la “fame” di bere qualcosa di diverso era latente, ma altissima. Proprio per questo motivo Daniele e Antonio mi contattarono e mi proposero di creare un corso di avvicinamento al vino, con lo scopo di divulgare la cultura del “bere bene”, e dare delle nozioni basilari, ma esaustive, relative al mondo enologico: una sorta di “tutto quello che avresti voluto sapere sul vino ma non hai mai osato chiedere”! Da quel corso, ormai ne abbiamo 6 all’attivo con più di 100 studenti che hanno partecipato, abbiamo allargato il range dei prodotti anche alla birra e ai distillati, dando particolare importanza all’abbinamento con il cibo che, alla fine, è l’apoteosi del bere bene. Dopo la pausa forzata di quest’anno, ne stiamo organizzando un altro per novembre di quest’anno presso Villa Cappello a Cartigliano! Secondo Roberta Garibaldi, Associazione Italiana Turismo Enogastronomico, la parola d’ordine per l’enoturismo post-emergenza sanitaria è “reinventarsi”. Qual è, secondo voi, il futuro del turismo legato alle esperienze enogastronomiche e quali sono le iniziative che avete in cantiere per il futuro? Nell’ambito dell’enoturismo, l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, sta semplicemente aprendo la forbice tra chi è in grado di offrire “un’esperienza” e chi semplicemente aspetta la chiamata del turista di passaggio. Le aziende che sanno lavorare bene, superato questo periodo, non avranno difficoltà a rimettersi in carreggiata. Al
Colori & Sapori contrario, chi ha vissuto di luce riflessa fino a questo momento troverà sicuramente molti più ostacoli. Svariate enoteche e cantine, anche della nostra zona, stanno progettando, o hanno già progettato, alcuni percorsi itineranti da fare in bicicletta o in pulmino, in modo tale da passare una o più giornate visitando diverse aziende vitivinicole di una determinata zona e assaggiando prodotti del luogo. In poche parole stanno cercando di fare gioco di squadra con i ristoratori e produttori vicini, quello che fino ad oggi è completamente mancato soprattutto in Veneto, regione che, fra mille pregi, ha anche il pesante difetto di guardare spesso con occhio sospettoso il vicino di casa, non rendendosi conto che l’unione fa la forza, cosa che ad esempio in Francia hanno capito benissimo e che da anni sfruttano al massimo. Inoltre parlavo prima di vivere un’esperienza: il nuovo enoturista non vuole solo bere un bicchiere di vino, ma vuole anche annusare la terra dove è stata coltivata l’uva, vedere le mani di chi ha lavorato le vigne e ascoltare la filosofia di chi ha prodotto il vino. Anche per questo motivo noi di Piacere DiVino abbiamo creato un evento chiamato VinoVivo presso la straordinaria cornice di Villa Cappello a Cartigliano, realizzato in collaborazione con Giovanni Perdoncin dell’enoteca “il Vinocolo” di Tezze sul Brenta e Giovanna Caldana del ristorante “Rive Jazz Club” la prima edizione, e con Bresolin Bevande di Cartigliano la seconda, dove prima di entrare ad assaggiare le varie etichette proposte, proponiamo un laboratorio sensoriale, seguito dalla sommelier Dalisa Parisotto, titolare della Fioreria Belvedere di Tezze sul Brenta, per giocare con i propri sensi: una stanza riempita di fiori, frutti e materiali il cui profumo si ritrova anche all’interno del bicchiere di vino, in modo tale da trovare un vero riscontro piuttosto che affidarsi alle parole di un sommelier senza effettivamente capire cosa sta dicendo. E solo dopo questo percorso la persona può interfacciarsi con i produttori, assaggiare i loro vini ed entrare pienamente in sintonia con il prodotto. Questa secondo noi crea una vera esperienza, più che un tavolo rotondo in cui uno parla e gli altri ascoltano.
Parliamo di vendemmia 2020: annata positiva per il vino italiano e, in particolare, per il Veneto? La vendemmia 2020 in Italia è ottima: le condizioni climatiche hanno permesso di avere un’uva sana e di qualità, inoltre secondo le stime (visto che ancora non è stata ultimata) il nostro paese dovrebbe ripresentarsi come primo produttore al mondo di vino, con un leggerissimo calo rispetto allo scorso anno. Anche in Veneto, quindi, si prospetta un’ottima annata, ad eccezione ovviamente delle zone devastate dalla grandine dove quest’anno, purtroppo, sarà un anno da dimenticare completamente. La nostra regione, comunque, si riconfermerà maggiore produttrice di vini e mosti in Italia con 11 milioni di ettolitri. Per i nostri lettori, facciamo un piccolo excursus per conoscere meglio vini e vitigni della provincia di Vicenza… La nostra regione conta di 14 DOCG e 28 DOC perciò diventa veramente complicato descriverle tutte in poche righe! Cercherò di fare un piccolo excursus a livello personale, chiedendo scusa in anticipo se mancherò di menzionare qualche zona. Parliamo della nostra provincia: non possiamo non menzionare la DOC Breganze madre, fra le altre tipologie di uva, della Vespaiola con la quale si produce anche il famoso Torcolato, delizioso vino passito. Come la DOC Breganze, anche la DOC Colli Berici è caratterizzata da colline di origine vulcanica ma, oltre a questo,
si avvale anche di terreni ad argille rosse e rocce calcaree che, anche grazie al microclima di questa zona, la rendono ideale per la produzione di grandi vini rossi. Oltre ai vitigni internazionali come Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah troviamo anche un’uva autoctona, fiore all’occhiello di questa zona, il Tai rosso (ex Tocai rosso): pochi sanno che quest’uva è geneticamente uguale al Cannonau sardo e alla Grenache francese, ma è il terrorir che rende il vino completamente differente. Anche la DOC Gambellara si posiziona su un territorio collinare di origine vulcanica con una componente importante di terreno argilloso. Qui nasce un’uva protagonista di questa zona, la Garganega. Oltre ai vini fermi e spumanti prodotti con quest’uva bianca, si dà origine anche al Recioto di Gambellara, vino passito che conferisce il nome all’omonima DOCG. Partendo da Gambellara e spostandosi a est verso Verona e a nord verso Schio entriamo nella DOC Lessini Durello, territorio caratterizzato da terreni di origine vulcanica con tufi basaltici, dove viene coltivata l’omonima uva Durella con la quale si producono degli eccezionali spumanti metodo classico e metodo Charmat, molte volte in combinazione con altri vitigni internazionali quali Chardonnay, Pinot Bianco e Pinot Nero.
Piacere DiVino www.facebook.com/PiacereDiVinoCartigliano/ Instagram: piacere_divino
Colori & Sapori
Ricette De.Co Strudel di patate di Rotzo alla farina di canapa È fatto con esubero di pasta madre, ma è perfetto anche con una pasta brisè come quella all’olio che trovate sul mio Blog e qui a fianco. Ingredienti per la pasta: • 150 gr di pasta madre non rinfrescata • 40 gr di farina di riso • 30 gr di farina di miglio • 20 gr di farina di canapa Agriaton • 10 gr di semi di lino • 40 gr di olio extra vergine di oliva • sale rosa dell’Himalaya q.b. • 3 cucchiai di acqua Ingredienti per il ripieno: • 1 porro • 3 patate (di Rotzo) • 50 gr. di spinacini • 30 gr. di uvetta bio • sale, pepe, olio extra vergine q.b. In una terrina versare l’esubero assieme agli altri ingredienti senza mettere l’acqua. Impastare aggiungendo due o 3 cucchiai di acqua fino ad avere un composto morbido, ma che non si appiccica. Impastarlo bene per qualche minuto e poi trasferirlo su di un foglio di carta forno, stenderlo sottile sottile con l’aiuto di un altro foglio sopra. Lavare, pelare e tagliare a tocchetti le patate e cuocerle per una trentina di minuti al vapore. Lavare gli spinacini e cuocere anch’essi al vapore per una decina di minuti. Mettere in ammollo l’uvetta con un po’ d’acqua per 10 minuti. Lavare e affettare sottile il porro. Stufarlo in padella con un filo d’olio, appena pronti gli spinaci e poi le patate, versare tutto assieme ai porri, amalgamando bene, insaporire e regolare di sale e pepe. Aggiungere anche l’uvetta scolata. Con questa farcia riempire la pasta, e aiu-
tandosi con la carta forno su cui è adagiata, chiudere lo strudel.
Spolverare di semi di lino e infornare 30 minuti a 180 gradi fino a doratura.
Ricetta per la pasta brisè • 250 gr farina di farro integrale • 100 gr di acqua • 80 gr olio extra vergine di oliva bio • 3/4 di cucchiaino di sale fino Mettere la farina, l’olio e il sale in un mixer. Fate girare bene fino ad ottenere una granella.
A questo punto incorporare l’acqua, continuare a girare col mixer, fino ad ottenere una palla molto morbida. Se non avete il mixer o non volete utilizzarlo, potete fare benissimo questo impasto a mano, seguendo sempre lo stesso procedimento.
Colori & Sapori
Ricette De.Co Creatività e gusto cura di Daniela Boscariolo, autrice del Blog Timo e Lenticchie Tortini al riso nero e finferli su polentina Ingredienti per 4 tortini • 150 gr di riso venere bio cotto per assorbimento • 150 gr di finferli o altro tipo di fungo • 500 gr di acqua • un pizzico di sale per l’acqua della polenta • 100 gr di polenta di mais Marano • un cucchiaino di funghi secchi fatti a polvere • olio extravergine di oliva q.b • sale, pepe q.b. • uno spicchio d’aglio Sciacquate il riso e cuocetelo per assorbimento, cioè mettete in una pentola 450 gr di acqua e i 150 gr di riso e fate cuocere a fuoco basso, finché l’acqua è tutta assorbita. Ci vogliono circa una trentina di minuti perché il riso venere è integrale, in ogni caso resta croccantino ed è la prerogativa di questo tipo di riso. Quando il riso è cotto, sgranatelo bene con una forchetta. lasciate raffreddare, spremeteci un po’ di succo di limone (il riso venere è ricco di ferro, abbiniamolo alla vitamina c del succo di limone, così saranno assimilati meglio!). Nel frattempo lavate velocemente e pulite i funghi e tagliateli grossolanamente per la parte lunga. In una padella, fate insaporire uno spicchio d’aglio con un filo d’olio, buttateci i funghi e fateli saltare per dieci minuti eventualmente togliendo l’eccesso d’acqua che può uscire. Salate, e mettete da parte. Preparate la polentina morbida: Fate bollire l’acqua (ci vorrebbe il caliero, un paiolo di rame dal fondo spesso e ben ricurvo, ma noi useremo una pentola dal fondo spesso, quando bolle buttate a pioggia la farina con la mano sinistra e con la destra
mescolate bene con la frusta per evitare i grumi. Unite anche il cucchiaino di funghi secchi in polvere. Continuate a mescolare, per circa 40 minuti. Intanto tritate i funghi grossolanamente, lasciandone da parte qualcuno per deco-
razione, mescolateli al riso nero, e con il coppapasta formate i tortini pressando bene nella formina. Decorate con i funghetti rimasti, e versate a lato la polentina morbida di mais marano.
Colori & Sapori
Le api: preziose piccole amiche Con Damiano Fioretto, uno dei soci dell’azienda APIAMOCI, parliamo di come si produce il miele rispettando le api e la biodiversità. Passione per le api e amore per l’agricoltura: ci racconti come nasce l’azienda APIAMOCI e qual è la vostra filosofia. Dalla passione per le api e per l’agricoltura è nata la nostra azienda nel maggio 2016. Siamo tre soci e dalle nostre differenze scaturisce la nostra forza. Paolo Fontana, ricercatore presso la Fondazione Edmund Mach, entomologo ricercatore nel settore apistico e apicoltore da oltre 30 anni, Damiano Fioretto, laureato in scienze forestali, apicoltore neofita. Il terzo socio, Piero Gavazzo, pilota di Canadair antincendio, si è unito a noi rapito dal fantastico mondo delle api. L’azienda ha sede a Isola Vicentina, un paese a nord di Vicenza, dove ambienti diversi si susseguono e si intrecciano, zone di bosco lasciano spazio a prati e coltivi, formando un paesaggio variopinto. Negli ultimi anni è andata crescendo l’attenzione nei confronti delle api e del ri-
schio di una loro estinzione. Ci spieghi meglio perché le api sono così preziose per il nostro ecosistema. Questa specie, l’ape mellifera, pur essendo gestita dagli apicoltori da molti millenni, non può essere considerata un animale domestico e, laddove la specie è autoctona, ricopre un ruolo insostituibile, in quanto insetto pronubo delle flore locali e quindi tipico esempio di servizio ecosistemico, indispensabile per la conservazione del-
la biodiversità ed il mantenimento degli equilibri naturali locali. Nell’ultimo secolo e mezzo, i progressi tecnologici generali e interni al mondo dell’apicoltura stessa, hanno però involontariamente causato un devastante impoverimento genetico di molti di questi popolamenti locali, con evidenti ripercussioni sotto l’aspetto produttivo e sanitario, mettendo in serio pericolo la conservazione, in Europa, delle sottospecie autoctone di Apis mellifera. Questo sta già provocando gravi ripercussioni sugli equilibri ecologici, sul sistema di produzione degli alimenti e non da ultimo anche sull’apicoltura. Se si pensa che un terzo delle produzioni alimentari odierne dipende direttamente o indirettamente da questo insetto, e che gli ambienti che conosciamo, intesi come presenza delle diverse specie vegetali, sono plasmati e perpetuati in buona parte dalle api, penso si possa facilmente intuire l’importanza di questo esserino. Per i non addetti ai lavori, cosa significano “apicoltura stanziale” e “arnia Top Bar”. Nel rispetto delle api, scegliamo di non rincorrere le fioriture, perciò non spostiamo le arnie di luogo in luogo. Per questo la nostra è un’apicoltura stanziale, permette
Colori & Sapori ai nostri alveari di entrare in sintonia con l’ambiente circostante. In questo modo valorizziamo il miele di millefiori che diviene così un estratto di essenze dei luoghi in cui custodiamo le nostre api, una fotografia di questi paesaggi nelle diverse stagioni. La scelta di fare apicoltura stanziale permette alle nostre api di svolgere a pieno il loro ruolo di impollinatori, massimizzando la biodiversità degli ambienti dove operiamo. I nostri prodotti diventano quindi portatori di biodiversità. Le arnie Top Bar, simili come forma ad un tronco cavo, sono delle casette dove le api si costruiscono interamente i favi, di vera cera vergine. Il miele spremuto a freddo e non centrifugato, minimizzando così l’ossidazione e il riscaldamento, mantiene intatte tutte le sue straordinarie proprietà. Promuoviamo con corsi e consulenza la scoperta dell’arnia top bar, più in generale un’apicoltura basata sul favo naturale. Non fornendo fogli cerei prestampati, le api costruiscono favi utilizzando solamente cera purissima da loro prodotta. Si evita così il riutilizzo di cera, di cui spesso non si conosce provenienza, composizione e salubrità, la quale essendo lipidica assorbe moltissimi pesticidi. Inoltre, le api hanno la possibilità di costruire cellette delle dimensioni che preferiscono in base alla stagione e alla necessità, migliorando la gestione demografica dell’alveare. Inol-
tre, le api utilizzano la cera come mezzo di comunicazione per trasmettere le vibrazioni e non utilizzando telaini con filo di ferro per sostenere, si ottimizza la comunicazione interna all’alveare. Le api risultano molto più docili e la gestione della colonia diviene meno onerosa, anche se la produzione di miele risulta inferiore. Un’ottima soluzione per chi spinto dalla curiosità verso questo insetto vuole iniziare con qualche arnia nel giardino di casa sua, rispettando pienamente le necessità e la biologia delle api. Dove si trovano i vostri apiari e quali sono i vostri prodotti? Cerchiamo di posizionare i nostri apiari in luoghi che siano il più possibile naturali
e lontani da attività antropiche intensive, vi assicuro che in nord Italia non è facile. Principalmente preferiamo zone collinari o di bassa-media montagna, dove per questioni socio economiche è meno presente l’agricoltura intensiva e l’industria. Tuttavia, abbiamo alcuni apiari anche in pianura, ma in questo caso abbiamo ricercato aree dove praticano coltivazioni biologiche, o poco impattanti, almeno nei dintorni dell’apiario. Le nostre api si trovano dai confini tra Vicenza e Padova, fino a Nosellari (TN), passando per Isola Vicentina e Santa Caterina di Tretto. Abbiamo situato alcuni apiari anche in provincia di Grosseto, dove otteniamo mieli differenti, visto le diverse flore presenti. Ci supportano logisticamente gli amici dell’agriturismo Campo Ruffaldo di Massa Marittima. Oltre a molti tipi differenti di millefiori, caratterizzati dal luogo e periodo di produzione, proponiamo vari tipi di mieli monoflora, quali Acacia, Castagno, Tiglio e a volte anche Erica, Eucalipto e melata. Da quest’anno nel nostro laboratorio e punto vendita a Isola Vicentina, in via Cerchiari 23, potrete trovare anche il miele sfuso, in un’ottica di fare meno rifiuto, il barattolo lo si porta da casa. Inoltre, produciamo anche polline, propoli e cera. Tutti questi prodotti li facciamo lavorare anche per una piccola linea di cosmesi. Da quest’anno abbiamo introdotto in azienda anche lo zafferano, ma siamo in continua evoluzione per cui le novità sono sempre dietro l’angolo. Per rimanere aggiornati sulle nostre nuove proposte potete seguirci su Facebook e su Instagram.
Colori & Sapori
Vivere Bio Quattro chiacchiere con Giuliano Cremasco, che ci racconta il suo progetto nelle Valli del Pasubio Giuliano, come nasce il suo progetto? Faccio un lavoro dove testa e computer sono gli ingredienti principali; forse per compensazione, ho sempre subìto il fascino del mondo dove mani e terra sono protagonisti. L’anno scorso ho iniziato a pensarci seriamente e quest’anno il Covid ha dato una accelerata ad un processo che forse era già iniziato da molto tempo. Ho cominciato a studiare per conto mio i metodi di coltivazione dei vari ortaggi, i tipi di terra, i nutrimenti principali e i micro-nutrimenti, le stagionalità di frutta e verdura. La terra non è un mondo, ma un universo fatto di sapere e fatica, di studio e sudore, di piccoli segreti e grandi soddisfazioni: lo sto scoprendo giorno per giorno. Personalmente non sono mai stato un estremista in fatto di biologico, ma in tavola cerco la qualità e sono ben felice di acquistare cose buone e magari non trattate, ortaggi di stagione, meglio se provenienti dal territorio. In relazione all’agricoltura, sto cercando di comprendere quali sono le tecniche meno invasive, scoprendo che esiste una moltitudine di metodi naturali per nutrire, prevenire malattie e tenere lontani gli insetti infestanti. Ci può fare qualche esempio di metodi alternativi alla chimica? Va detto che il problema non è la chimica, ma la chimica di sintesi e l’eccessiva concentrazione degli elementi. Azoto, Fosforo e Potassio – che sono elementi chimici – si trovano in natura. Ho scoperto ad esempio che si può macerare la buccia di banana per ottenere il Potassio, l’Azoto è invece ben presente nei fondi di caffè. Ma tutti questi “giochi” vanno equilibrati per non sconvolgere la naturalità di un terre-
no. Le verze faticano a crescere in Brasile non solo per il clima, ma perché la terra di quella zona del mondo non ha i nutrimenti allineati con quel tipo di coltura e probabilmente anche l’acidità non è corretta. Potremmo quindi piantare banani in Trentino? Si, ma sarebbe una fatica immane che ci costringerebbe a dotarsi di strutture per creare un clima diverso da quello locale e alterare la terra per piegarla al nostro volere, una forzatura che costa in termini economici, di tempo, di fatica. In poche parole un impatto ambientale enorme. Quindi piantare le cose che naturalmente crescono in quel terreno è la cosa più semplice ed efficace, cercando poi, nel tempo, di mantenerne le proprietà originali, aiutandosi con il compost, la rotazione delle colture. Spieghiamo brevemente cosa significano agricoltura biologica e biodinamica? Certo. Per biologico (abbreviato spesso con BIO) si intende coltivazione e allevamento condotti lontano da fonti inquinanti, senza l’uso di fertilizzanti e pesticidi chimici. L’agricoltura biodinamica si preoccupa di più dell’intero sistema, ovvero dell’equilibrio tra uomo, animale e terra, ponendosi come obiettivo il mantenimento in salute del micro-ambiente fattoria. Come si imparano le tecniche di agricoltura biodinamica? Per quanto mi riguarda sono ancora lontano dalla realizzazione di un piccolo ecosistema biodinamico, ma procedo ogni giorno con lo studio e la pratica senza perdere di vista la meta. Ho scoperto un brulicare di siti, blog, canali social, corsi online dove si possono apprendere i metodi di questo tipo di approccio a cui di
recente abbiamo dato un nome e definito dei valori commerciali, ma il cui principio ha migliaia di anni. Quando ho iniziato a coltivare ho subito chiesto a chi ne sapeva di più. Ad esempio l’amico Claudio mi ha spiegato la tecnica del sovescio, un sistema antichissimo di piantare – a perdere – solo per nutrire la terra. Un bravo agricoltore ti può insegnare tantissime cose! Per “vivere bio” lei non intende solo il come ci alimentiamo, ma il nostro stile di vita, il modo in cui stiamo attenti all’impatto che le nostre piccole e grandi scelte quotidiane possono avere sulla nostra salute e su quella dell’ambiente. Tanti segnali ci dicono che l’andamento che abbiamo intrapreso non è sano e soprattutto di difficile se non impossibile reversibilità. Quando abbiamo cominciato ad inquinare, pensavamo che infondo piccole particelle in uno spazio enorme come la terra non avrebbero creato problemi. Ora proviamo ad applicare lo stesso pensiero al rovescio: un piccolo gesto come il preferire una camminata al giro in auto, scegliere un ortaggio di stagione, comprare meno cose di plastica, può sembrare niente, ma non lo è. Penso che piccoli gesti quotidiani, possano innescare grandi cambiamenti. L’altro giorno un caro amico mi ha detto: “Ho provato a coltivare i pomodori, ma al supermercato mi costano un decimo”. Non lo metto in dubbio, ma conoscere la provenienza di un ortaggio, sapere come è cresciuto, ed essere certi della bontà di ciò che mettiamo in tavola, non ha prezzo. Per non parlare della soddisfazione di piantare, crescere, raccogliere e mangiare: vale tutta la fatica e molto di più!