Schio Thiene Mese La PIazza 843

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Periodico di informazione dell’A lto Vicentino

anno X n. 87 - febbraio 2021

Schio: Donne sull’orlo di una crisi di lavoro - p.12 ◆ La nuova Piazza Statuto sarà pronta fra due anni - p.16 Thiene: La biblioteca inaugura il “delivery letterario” - p.10 ◆ Un nuovo ponte per bambini e sportivi - p.22

Ragazzi, che vita da Covid Le chiusure prolungate, la didattica a distanza, l’impossibilità di frequentare continuativamente i propri coetanei hanno colpito duramente gli adolescenti e i giovani in generale. Come stanno reagendo i tragazzi scledensi a questa pandemia che ha stravolto le vite di tutti?


Di mese in mese

Attenti con l’ospedale, la fiducia è una cosa seria

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Stefano Tomasoni

a destato a dir poco sconcerto, in città, a metà febbraio, la scomparsa di Michael Casarotto, giovane trentaduenne di Magrè deceduto per un arresto cardiaco sopraggiunto a una pancreatite fulminante. La triste vicenda sarà nota ai più, per l’eco che ha avuto sulle cronache locali e tra la gente. Casarotto aveva accusato forti dolori all’addome che avevano convinto i familiari a portarlo all’ospedale di Santorso. Qui si era valutato opportuno il trasferimento all’ospedale di Asiago, in considerazione delle limitazioni operative

SchioThieneMese Periodico di informazione dell’Alto Vicentino

Supplemento mensile di

Lira&Lira e La Piazza Direttore Stefano Tomasoni Redazione Elia Cucovaz Omar Dal Maso Mirella Dal Zotto Camilla Mantella Grafica e impaginazione Alessandro Berno Per inviare testi e foto: schiothienemese@gmail.com Per le inserzioni pubblicitarie Pubblistudio tel. 0445 575688

dell’ospedale di Santorso in quel momento ancora in buona parte dedicato, per spazi e risorse, all’emergenza Covid. Ad Asiago così hanno raccontato le cronache - ci si apprestava a intervenire chirurgicamente, quando un improvviso arresto cardiaco ha reso tutto vano, risultando fatale al giovane scledense. La procura di Vicenza ha aperto un’indagine che dovrà chiarire le modalità del decesso, per capire se si potesse fare qualcosa di diverso per salvare Casarotto. Non ci permettiamo di dire nulla sulla vicenda in sè, non avendo elementi per farlo. C’è un dato di fatto, però, che è sotto gli occhi di tutti e che non può non lasciare abbastanza interdetti: una persona che abita a Schio si è sentita male, è corsa d’urgenza all’ospedale di Santorso – la struttura sanitaria della sua città, tecnologicamente e strutturalmente moderna, inaugurata meno di dieci anni fa e sorta con l’obiettivo di dare alla popolazione dell’Alto Vicentino risposte all’altezza dei tempi - e poco dopo si è trovata ricoverata ad Asiago. Cioè: un’ambulanza è partita da Santorso, ha percorso tutto il Costo su per i dieci tornanti della salita, ha attraversato i boschi che portano a Tresché Conca, si è lasciata sulla destra Cesuna, è scesa verso Canove, l’ha superata e infine, dopo alcuni altri chilometri di curve e di panorami più o meno innevati, è arrivata all’ospedale di Asiago. Diciamo una quarantina di minuti? Trequarti d’ora? D’accordo, lo sappiamo, siamo in emergenza Covid e l’ospedale di Santorso è stato individuato come il nosocomio Hub per la provincia, ossia la struttura di riferimento per il ricovero e la cura dei malati di Coronavirus, il che comporta l’avere buona parte di reparti e di personale destinati a questo, nei periodi di picco della pandemia. Ma quindi va tutto bene così? L’essere ospedale Hub per il Covid giustifica il fatto che uno

scledense o un thienese, o un maladense o chiunque abiti da queste parti, se ha un’urgenza di salute e si presenta all’ospedale di Santorso possa essere dirottato su in altopiano? Niente contro l’ospedale di Asiago in sè, ma uno – quando può esserci di mezzo la vita propria e dei propri cari - qualche domanda in più se la fa e qualche risposta chiara la vorrebbe. Per esempio: se in quel momento (adesso è già diverso) la struttura ospedaliera non fosse stata condizionata dal Covid, Michael Casarotto sarebbe potuto essere assistito a Santorso? Oppure: negli ospedali di Valdagno o di Vicenza (il primo raggiungibile in un quarto d’ora e il secondo alla peggio nello stesso tempo di Asiago) non c’era disponibilità di letti per il giovane scledense? E infine: a questo punto, almeno finché dura il Covid, se ci si sente male è meglio farsi portare direttamente in auto a Vicenza o a Valdagno? La domanda non è priva di conseguenze, perché per un ospedale la fiducia dei cittadini è una cosa fondamentale. Domande che ne sottintendono una finale: al di là delle belle parole e delle rassicurazioni degli amministratori regionali, che futuro c’è per l’ospedale di Santorso e per la sanità pubblica dell’Alto Vicentino? Il sindaco di Schio Valter Orsi, a suo tempo, ha ricevuto una sorta di impegno dal presidente del Veneto Luca Zaia: gli ospedali che hano dovuto sostenere un particolare sforzo contro il Covid alla fine avranno delle premialità. Che dire, confidiamo che sia vero. Un segnale positivo per Santorso è arrivato nelle ultime settimane con la copertura di alcune posizioni di primariato che risultavano da tempo scoperte, il che appare come una prima dimostrazione di attenzione verso l’ospedale locale. Resta un problema generale che riguarda la scarsità di medici, oggi diffusa ovunque nel paese. Un problema che non si risolverà in pochi anni per


Di mese in mese evidenti motivi, a cominciare dall’assurdità di un sistema formativo che laurea ogni anno troppo pochi medici e permette solo a una parte di quei pochi di andare avanti entrando in specializzazione, per finire con la concorrenza, del resto legittima, della sanità privata che tende a sottrarre buoni medici al pubblico con condizioni economiche molto più vantaggiose. Per dirne una di questi giorni: a Santorso era appena stato nominato il nuovo primario di Senologia, arrivato da Verona, quand’ecco che l’interessato ha ricevuto una proposta professionale difficilmente rifiutabile da un gruppo della sanità privata e ha scelto comprensibilmente quella nuova strada, così che a breve quell’incarico sarà nuovamente scoperto. Ma adesso è alle porte un altro passaggio importante per il futuro della sanità veneta, e quindi anche altovicentina: con febbraio scadono i mandati dei direttori generali delle Ulss e dovranno essere fatte le nuove nomine. Sarà interessante vedere chi arriverà alla guida dell’Ulss Pedemontana. Perché alla fine è sempre una questione di persone. Incrociamo le dita. ◆

Lo Schiocco Giuseppe Maria Joseph-Marie Jacquard fu l’inventore del telaio omonimo, l’uomo a cui Alessandro Rossi dedicò il suo giardino romantico di fronte alla fabbrica, in onore di un macchinario determinante per il successo del suo lanificio. E Schio gli ha dedicato in aggiunta, in tempi più recenti, una via. Una viuzza non proprio di primissimo piano dalle parti del cimitero di Magrè, ma pur sempre una via. Che però, sulla targa stradale, riporta “via G.M. Jacquard”. Dove “G.M.” si presume stia per Giuseppe Maria. Ora, passi italianizzare i nomi nei libri di storia di una volta, ma nelle targhe delle vie no, dai. Non vorremmo trovarci un giorno o l’altro, tanto per dirne una, con una “via Giovanni Fizgeraldo Kennedy”. Non riusciamo proprio a immaginarlo, lui che pronunciò una delle frasi più iconiche del Novecento, “Ich bin

ein berliner!”, mentre con il suo ciuffo al vento, scandisce battendo il pugno: “Mi a son un schioto!”. [S.T.]


[4] ◆ Schio Copertina

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Camilla Mantella

ercoledì 10 gennaio, in coda al semaforo di via Tito Livio. I tempi dei capannelli degli studenti di Itis e Itcg fuori dalle scale delle scuole sono finiti da un pezzo. Un gruppo di volontari sovrintende all’ingresso degli studenti alle superiori: mascherine ben fisse sul volto, file indiane, distanziamento. È il ritorno a scuola dopo la seconda ondata che ha tenuto per mesi gli adolescenti lontani da compagni e professori. Sarà il cielo grigio, sarà il clima invernale, ma l’atmosfera è talmente mesta che persino mentre sono in attesa di attraversare sulle striscie pedonali i ragazzi se ne stanno ciascuno per conto suo, con lo sguardo fisso di fronte e le cuffiette sulle orecchie. Il Covid ci ha portati a parlare di anziani sempre di più, in un paese che già di per sé per i suoi giovani fa molto poco. La priorità è sempre stata quella di proteggere i nonni, ma in questa doverosa presa di coscienza della tutela delle categorie più fragili ci siamo dimenticati i ragazzi, soprattutto quelli delle scuole superiori e gli universitari.

Una nuova quotidianità: introversi, estroversi, indifferenti “Il lockdown ha mutato in maniera sostanziale la vita degli adolescenti e ha imposto nuove condizioni nella gestione della loro quotidianità - spiega lo psicologo e psicoterapeuta Bortolino Cavedon, per anni responsabile del Consultorio Familiare dell’Ulss -. Se consideriamo i bisogni dell’adolescente - distanziarsi dai genitori per differenziarsi e autodeterminarsi, costruire nel sociale nuovi contesti affettivi e amicali, realizzare nuove esperienze per allenare il proprio io, nutrirsi della soddisfazione derivante dalle novità - il coronavirus ha interrotto in modo inaspettato una modalità di funzionamento. Ha retto maggiormente chi aveva già strutturato una relazione intima con se stesso, una sorta di dialogo interiore che consentiva di rinunciare all’esterno per nutrirsi delle emozioni derivanti dall’interno. Sarebbe stato interessante considerare il lockdown come una sorta di laboratorio per andare ad allenare la capacità di adattamento, di risveglio di doti di resilienza, di fantasia e di creatività nella gestione del proprio tempo”. Dalle prime osservazioni, sembra che i ragazzi abbiano reagito alle restrizioni in modi molto diversi. “Semplificando molto, ci sono ragazzi che hanno accolto questo periodo come una sorta di oasi di pace, altri che hanno soffer-

Ragazzi, che vita da Covid Le chiusure prolungate, la didattica a distanza, l’impossibilità di frequentare continuativamente i propri coetanei hanno colpito duramente gli adolescenti e i giovani in generale. Come stanno reagendo i giovani scledensi a questa pandemia che ha stravolto le vite di tutti?

to molto a causa della lontananza dai coetanei e altri ancora che, mostrando una stoica indifferenza, hanno vissuto il virus in modo quasi disinteressato cercando di continuare con la via precedente - osserva Davide Scapin, psicologo specializzato nel trattamento dei disturbi dei più giovani con un focus speciale sui disagi lega-

“Ci sono ragazzi che hanno accolto questo periodo come una sorta di oasi di pace, altri che hanno sofferto molto a causa della lontananza dai coetanei e altri ancora che hanno cercato di continuare con la vita precedente”.

ti all’uso delle attuali tecnologie -. I primi sono solitamente i giovani che temono il giudizio altrui e che soffrono di forme più o meno gravi di fobia sociale: mi preoccupa molto il loro rientro completo nella comunità, perché si sono disabituati ad affrontare quotidianamente le loro paure e mi aspetto che possa esserci un numero maggiore, rispetto al passato, di abbando-

ni scolastici e di giovani che hanno bisogno di un sostegno professionale per ansie o attacchi di panico. I secondi, invece, hanno cercato di mantenere un contatto con la realtà, spesso utilizzando i social network e cercando di incontrarsi comunque fuori da scuola con i propri amici. Hanno imparato ad apprezzare la scuola in presenza e hanno fatto sentire la loro voce nel momento in cui hanno vissuto il rigido rispetto delle norme a scuola e gli assembramenti sui mezzi di trasporto, sentendosi traditi da un mondo adulto incapace di prendere decisioni sicure e certe. Ovviamente uno stesso ragazzo può mostrare caratteristiche proprie dell’uno o dell’altro profilo: quella che propongo è una schematizzazione per iniziare a focalizzare il problema e muoversi per una programmazione del rientro. È davvero urgente affrontare questa fase cronica del Covid: quella emergenziale è ormai passata e dobbiamo fare i conti con i disagi causati dalle restrizioni prolungate. Non tutti i ragazzi saranno subito pronti a far ritorno a una piena socialità”.

Il disagio in famiglia e il rapporto con le nuove tecnologie “L’aumento del disagio psicologico c’è stato e in maniera massiccia - conferma Cavedon -. Ognuno ha dovuto inventarsi forme di compensazione. La rete ha permesso a tantissimi ragazzi di compensare con usci-


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te virtuali, frequentando con l’immaginario l’esterno, potendo incontrare altre persone, avendo scambi di pensieri. Ovviamente sono cresciute a dismisura le dipendenze dal web. In generale, c’è stata una sorta di sospensione evolutiva, un blocco esperienziale, per molti una regressione. Quegli adolescenti che avevano un brutto rapporto con se stessi, durante il lockdown si sono ritrovati a confrontarsi ossessivamente con uno specchio che restituiva una immagine di sé sgradevole. Si sono riscontrati cali nell’umore che, in alcuni casi, sono diventati stati di malinconia con cadute depressive. D’altra parte, la mancanza di quel cibo emozionale che viene fornito dalle relazioni, dallo sport, pure dalla frequenza della scuola ha determinato scompensi a livello psicologico”. “L’utilizzo estensivo e prolungato di videogiochi e social network – precisa Scapin - se da un lato ha concesso ai più giovani di mantenere un contatto con l’esterno, dall’altro ha generato numerose incomprensioni a livello familiare, con genitori che si sono trovati a oscillare tra il divieto assoluto all’uscita con gli amici all’invito a lasciare la camera perché preoccupati per il figlio o la figlia troppo legati allo schermo dei propri dispositivi. Dovremo affrontare, sempre di più, tematiche legate alla dipendenza dai videogiochi o dai cellulari, che possono dar vita a forme di auto-isolamento che potrebbero durare ben oltre la fine delle restrizioni”. Per quanto concerne l’argomento giovani e famiglie “il Covid ha fatto una sorta di test sulle condizioni psicologiche delle famiglie e sulla capacità di coabitazione dice Cavedon -. In alcuni casi si è purtroppo avuto notizia di episodi gravi, derivanti da stati di incompatibilità relazionale da parte di chi non ha saputo gestire stati d’a-

nimo esacerbati o sentimenti di aggressività. In generale, pur con questo stato di inquietudine, le famiglie hanno però retto, soprattutto quelle dove il sentimento dell’amore è presente e connota le relazioni positivamente”.

L’incubo della didattica a distanza Senza contare che la coabitazione forzata è stata connotata dalla didattica a distanza (DAD), con i ragazzi impegnati a seguire le lezioni al pc o sullo smartphone e i genitori al lavoro da casa o, a lockdown terminato, in ufficio. Elisa Basso, docente di lettere in un istituto tecnico thienese, ha vissuto gli ultimi due anni scolastici confrontandosi con questa nuova sfida.

“Fino a giugno 2020 la DAD era vissuta come uno strumento improvvisato, come qualcosa di meglio del dover stare per lunghi mesi senza scuola. L’esperienza di per sé era stata anche positiva e a settembre, confrontandomi con i miei studenti, il loro atteggiamento era positivo: la DAD aveva permesso loro di rimanere agganciati alla vita reale e continuare a interagire con compagni e insegnanti. Quest’anno scolastico, però, è cambiato tutto: la normativa più precisa ha obbligato a mantenere lo stesso numero di ore e lo stesso programma tra DAD e didattica in presenza, cosa praticamente impossibile dal momento che gestire sette ore di lezione frontale davanti a un pc per la maggior parte degli studenti delle superiori è estramamente gravoso. La didattica al 50 o al 75%, poi, ha ulteriormente complicato il tutto. Il dato di fatto è che questa didattica frammentata, in cui è impossibile fare delle valutazioni imparziali perché copiare è diventato molto più semplice, ha fatto sì che chi se la cavava già continua a cavarsela e chi aveva difficoltà sia rimasto talmente indietro che sarà difficile tentare un recupero. I ragazzi sono meravigliosi, la maggior parte di loro si collega, cerca di impegnarsi, sono loro che danno anche a noi docenti la forza di affrontare questa situazione così complessa. Ma li vedo sempre meno entusiasti, sempre più spenti. La dispersione scolastica, se non agiamo in maniera puntuale fin da ora, sarà un vero problema nei prossimi mesi”. ◆

Quelle bravate senza senso Nelle scorse settimane la stampa locale ha ospitato il racconto delle bravate di giovanissimi che, salendo sulla balaustra del Duomo o esplorando il tetto della fabbrica ex “Cementi”, hanno condiviso le loro gesta sui social e attirato l’attenzione dei passanti. Comportamenti che possono rivelarsi molto pericolosi, ma che poco avrebbero a che fare con le restrizioni da pandemia. “Non credo ci sia una connessione diretta tra il dover stare in casa e il mettersi a camminare a 30 metri d’altezza - spiega Davide Scapin -. Sicuramente questo è un periodo che acuisce i disagi, ma questi si sarebbero manifestati anche senza le regole imposte dalla pandemia”. “Un adolescente ha bisogno di spazi di protagonismo attraverso cui esprimere il proprio valore - osserva Lino Cavedon -. La

chiusura prolungata potrebbe avere esasperato alcuni ragazzi, già però di per sé probabilmente portati a mettersi in mostra attraverso prove di coraggio. Rimane sempre il mondo nebuloso dei social, che ispirano comportamenti limite, che prevedono anche il giocare con la morte, in atteggiamenti irridenti. Troppo spesso il passaggio dalle performance sul web alla realtà non consente ai ragazzi di comprenderne per tempo le differenze e i rischi irreversibili. Credo che dovremmo considerare il rito di iniziazione un bisogno evolutivo insopprimibile negli adolescenti. Di fatto si attua nei loro confronti una protezione esasperata e soffocante, mentre gli scenari delle prove di coraggio dovrebbero offrire loro condizioni di sicurezza, restituendo comunque sferzate di adrenalina e feedback di autostima”.


[6] ◆ Thiene Copertina In marzo previsti tre incontri online per preparare il “piatto forte” del progetto: 30 laboratori che accompagneranno la fascia 15/29 anni per tutto il 2021.

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Omar Dal Maso

are comunità tra Comuni che non trascurano il futuro dei giovani vicentini e che condividono qualcosa in… comune. Una proposta articolata viene varata e interessa da vicino la popolazione “young” (dai 15 ai 29 anni) dell’Altovicentino, dopo un anno in altalena di chiusure e parziali riaperture dovute alla pandemia. Limitazioni e paure che hanno strapazzato il vivere quotidiano di un’intera generazione, disorientata dalla ridefinizione di ogni sfera personale dopo un 2020 caratterizzato dall’emergenza sanitaria. L’iniziativa ai blocchi di partenza è stata “battezzata” con un gioco di parole “Comuni-ty Lab”, un titolo che ben riassume la chiave di lettura da cui traspare la volontà di favorire e fornire momenti e strumenti di socialità da ritrovare e percorsi di incontro, formazione e dialogo. Ad allearsi per venire incontro ai propri giovani sono, a partire dal mese di marzo, i 32 comuni che compongono il distretto Alto Vicentino, attraverso un progetto che vivrà una prima fase preliminare mirata ad “agganciare” adolescenti e giovani uomini e donne per poi elaborare insieme a loro, in vista della parte clou e più corposa dell’iniziativa, 30 laboratori creativi e workshop. Confidando anche sull’uscita dal tunnel del Covid-19. A sostenere il piano d’azione - elaborato e coordinato dalla Cooperativa Sociale Radicà di Calvene che già collabora in sinergia con l’Informagiovani di Thiene - sono

E per i giovani arriva “Comuni-ty Lab” Sta per partire su tutto il territorio dell’Alto Vicentino una nuova proposta rivolta ai giovani (dai 15 ai 29 anni), un progetto che punta a nuove forme di aggregazione, per contrastare lo smarrimento e l’isolamento portato dalle limitazioni della pandemia.

la Conferenza dei Sindaci del Distretto 2 e l’Ulss 7 Pedemontana. Da Thiene a Schio passando capillarmente per tutti i comuni che insieme ai due poli compongono il maxi bacino d’area, verranno promossi percorsi di aggregazione, partecipazione e formazione. Con la finalità di ampliare mezzi e possibilità a disposizione dei giovani attraverso la costruzione di

esperienze di gruppo e iniziative diversificate e distribuite in più località, secondo modalità che verranno definite proprio insieme ai destinatari di Comuni-ty Lab. Momenti e occasioni d’incontro sia online sia in presenza, andando a valorizzare cinque diversi ambiti: quello delle prospettive di lavoro e formazione, quello legato all’ecosostenibilità e alla natura, la scoperta del fascino di arte e artigianato, la cittadinanza attiva nella sfera giovanile e, non ultimo, lo spazio dedicato a sport e svago ridotto durante i mesi di lockdown e di contrazione delle attività sportive. Fascia giovanile protagonista, dunque, ma non viene esclusa affatto dal “giro” quella adulta, esercitando i ruoli cardine di guida educativa e di dispensatore di esperienze, come metro di confronto tra generazioni.

In questa fase sarà richiesto e apprezzato il contributo di chi assume incarichi nelle istituzioni territoriali, assessori che operano nel sociale, insegnanti e in generale “agenti” educativi e operatori di Informagiovani ad esempio. Dopo il varo formale, si parte da metà marzo con i primi tre incontri serali in videoconferenza, intitolati “Here We Are – Costruiamo insieme iniziative e politiche per i giovani dell’Altovicentino”: un triplice appuntamento per dire eccoci qua, pronti a partire. E magari a recuperare il tempo – e soprattutto gli spazi – perduti, attraverso una piattaforma che è prima di tutto di ascolto. Martedì 16 marzo dalle 20.30 il focus sarà sulla connessione tra i territori, martedì 30 (stesso orario) su proposte di azione locale e lunedì 19 aprile su come immaginare il cambiamento. Per partecipare basta una mail a politichegiovanili@radicaonlus.it. Da questo brainstorming guidato si ricaveranno spunti e idee che saranno associati ai 30 laboratori previsti nel progetto, che accompagneranno la fascia 15/29 anni per tutto il 2021. Con l’intento di restituire socialità e voglia di stare insieme non solo a chi fa già parte di gruppi parrocchiali, associazioni del territorio o gruppi sportivi, ma anche a singoli che cercano di esprimersi e rendersi utili in un contesto di condivisione a 360 gradi. ◆



[8] ◆ Schio Attualità

Come tutto, anche quella della nettezza urbana è una questione di costi. Cioè di quello che si può fare, per tenere pulita la città, con il contratto che il Comune ha in corso con AVA, la società che gestisce il servizio.

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Stefano Tomasoni

attine abbandonate, quasi sempre di birra. Carte e involucri di cibo da strada gettati dove capita, sui marciapiedi o tra le siepi. Vaschette vuote di patatine, e poi fazzoletti e tovaglioli sporchi, guanti da supermercato. Per non dire delle mascherine spiaccicate in terra che rimangono a macerare finendo col tatuarsi sul selciato. In via cardinal Dalla Costa, a poca distanza da piazza Falcone Borsellino, è capitato di imbattersi perfino in un assorbente sul marciapiede. Sono i segni più evidenti di una certa regressione verso l’inciviltà che si incontra-

Aiuto, pulizia! Lattine, involucri di cibo, vaschette vuote di patatine e tovaglioli sporchi, per non dire delle mascherine spiaccicate. Da qualche tempo ci sono in giro segni diffusi di una certa regressione di comportamenti. Sarà anche colpa della pandemia che fa aumentare il consumo di “street food”.

no da qualche tempo in giro per la città. Li si trova più spesso nei punti meno visibili, dove si aggregano gruppetti di gente non proprio reduce dall’aver ricevuto un’educazione oxfordiana (ad esempio la zona dei mini-giardinetti vicino alla fontana del “Parco donatori di sangue” o il boschetto adiacente alla chiesa di S.Francesco, luoghi che ormai non ci si stupisce più di trovare lordati di resti di bivacchi), ma sempre più sembrano diffondersi a macchia di leopardo, appena si esce dalle vie più battute del centro storico, che sono più frequentate e quindi più controllabili.

Anche questo un effetto della pandemia? Qualche mese fa ci siamo occupati di un altro aspetto del problema, sicuramente più grave dal punto di vista ambientale, ovvero l’abbandono nell’ambiente di rifiuti solidi urbani da parte di gente priva di qualsiasi tipo di educazione che, anziché andare in discarica come tutti, si disfa di materiali più disparati buttandoli dove capita e inquinando l’ambiente. Si può dire che l’abitudine di sporcare senza alcun riguardo strade e marciapiedi sia, in piccolo, parente stretta di quel fenomeno. L’ipotesi è che negli ultimi tempi la situazione sia peggiorata anche a causa della pandemia, ossia per il fatto che la chiusura e le limitazioni orarie imposte ai locali – pizzerie, ristoranti - ha fatto aumentare il ricorso al cibo da asporto, il cui consumo

si conclude poi per i più buzzurri con l’abbandono di involucri e lattine. Sia come sia, imbattersi per giorni negli stessi marciapiedi e aiuole “decorati” di cartacce, lattine, mascherine e rifiuti vari non è un bello spettacolo per la città, per chi la vive e per chi la vorrebbe vedere più pulita. Non si pretendono i buoni vecchi spazzini con la ramazza di una volta, che pulivano ogni singolo marciapiede, ma nemmeno si può pensare di imbattersi nello stesso rifiuto in una via semicentrale della città dopo una o due settimane. Per dire: in via Riboli, sul marciapiede che corre lungo il fronte dell’ex lanificio Cazzola, si possono ancora vedere i resti dei cocci di una bottiglia rotta più di due anni fa. Evidente conferma che, al di là del camion spazzastrade che passa una volta alla settimana, si senta prima di tutto la necessità di una più attenta pulizia dei marciapiedi.

Appalto affidato ad Alto Vicentino Ambiente Il servizio di nettezza urbana in città è gestito da AVA, ossia Alto Vicentino Ambiente, la società che si occupa della raccolta dei rifiuti. L’appalto prevede, da contratto, un “monte ore” per il servizio di pulizia, che mette “nero su bianco” tutto ciò che chi riceve l’appalto deve assicurare con la somma pattuita e che comprende servizi come il lavaggio-spazzatura delle strade (una volta la settimana), il periodico controllo e ritiro di tutti i cestini rifiuti spar-


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si in città (con una frequenza assegnata in base al maggiore o minore utilizzo) e la pulizia dei parchi e dei giardini pubblici. “Abbiamo la certezza che gli interventi vengono svolti, facciamo una verifica puntuale e dettagliata – afferma l’assessore all’ambiente, Alessandro Maculan -. Là dove ci si accorge che la situazione è critica o in caso di segnalazioni di cittadini, l’Ufficio ambiente contatta Ava per un intervento specifico di pulizia. Per i marciapiedi il problema sono le frequenze con cui si possono fare gli interventi: qualsiasi marciapiede della città prima o poi viene pulito, però purtroppo in determinate aree dove la frequenza non è alta potrebbe capitare che l’intervento venga fatto poche volte all’anno. Ci sono effettivamente delle aree che sono molto difficili da far pulire costantemente, perché il costo schizzerebbe alle stelle”. A proposito di costi, Maculan assicura che il Comune di Schio è, tra i 31 soci di AVA, è quello che spende di più sia per il lavaggio delle strade, sia per la pulizia in generale. Un tema, quello dei costi del più genera-

le servizio di raccolta rifiuti, che da tempo sta creando tensioni non indifferenti tra l’amministrazione comunale scledense e la stessa AVA. In definitiva, anche quella della nettezza urbana è una questione di costi. Cioè di quello che si può fare, come interventi di mantenimento della pulizia della città, con il tipo di contratto in essere con la società che gestisce il servizio. Per fortuna, a volte, ai netturbini si sostituiscono i privati cittadini con spirito di volontariato. “Sicuramente ci vorrebbe molto più senso civico – commenta Maculan -. C’è stato un certo scadimento generale nei comportamenti, però bisogna anche dire che ci sono per contro tanti comportamenti virtuosi, come quelli delle squadre di cittadini volontari che si organizzano per interventi di pulizia all’interno della città; altre realtà si stanno aggiungendo a quelle già esistenti, c’è una sensibilità che sta crescendo. Forse è anche una reazione: quando si vede sporco molti scledensi si rimboccano le maniche e si mettono a disposizione per contribuire a pulire”.

Il guaio della pubblicità porta a porta Poi, purtroppo, a dare un fattivo contributo al senso di scarsa pulizia di tanti marciapiedi ci si mette anche un altro fenomeno, quello della pubblicità porta-a-porta. Una pratica ancora usata, all’alba del 2021, da varie catene della grande distribuzione per pubblicizzare le offerte della settimana. A distribuire la pubblicità ci pensano dei giovani (ma a volte nemmeno tanto) stranieri che battono a tappeto le zone a loro assegnate in sella a delle biciclette sgangherate simil-Graziella e infilano i dépliant nelle cassette postali. Succede che spesso un dépliant si aggiunge al precedente e poi al precedente ancora, ingolfando la cassetta o la fessura della posta e finendo prima o poi per far cadere tutto in strada o sul mar-

Attualità ciapiede, dove le pubblicazioni vengono calpestate, bagnate dalla pioggia, consunte dal tempo (e ci sarebbe da analizzare il mistero del perché molta gente non si prenda il disturbo di raccogliere queste carte da davanti la porta o il cancello di casa e la lasci lì fuori a macerare per settimane). Poi c’è il fatto che l’obiettivo (anche comprensibile) dei “publi-riders” è esaurire la propria scorta di dépliant il prima possibile, sicché li infilano ovunque, anche nelle fessure e nelle cassette delle abitazioni e delle case palesemente abbandonate e cadenti, purtroppo in continuo aumento in città. La conseguenza è che i dépliant non vengono ritirati da nessuno e anche loro col tempo vanno ad alimentare i fogli sparsi a macerare per strada. Il colmo assoluto è documentato nella foto sotto: in via Lioy da tempo è stato abbattuto un vecchio edificio ed è rimasto in piedi soltanto il cancelletto d’ingresso, con la cassetta per la posta. Dove mesi fa, a edificio da poco raso al suolo, qualcuno ha comunque inserito il suo bel dépliant pubblicitario. In fondo, l’importante è che ci sia la fessura, non la casa. ◆

La pubblicità porta a porta è uno degli elementi che contribuiscono a sporcare vie e marciapiedi. E c’è chi per liberarsi dei dépliant li infila anche nella cassetta della posta di una casa abbattuta


[10] ◆ Thiene Attualità

Il nuovo servizio della biblioteca thienese è gratuito. L’auto “d’ordinanza” si muoverà due volte a settimana verso gli indirizzi dei thienesi che ne faranno richiesta.

È

Omar Dal Maso

un nuovo capitolo quello che la Biblioteca Civica di Thiene ha iniziato a scrivere ai primi di febbraio, con il ripristino del 90% dei consueti servizi ordinari e una dedica speciale ai lettori più soggetti ai rischi del Covid. Il riferimento è alla fascia d’età over 65 anni, beneficiari di una novità. Anche stavolta tra le prime in Veneto dopo il ritorno in zona gialla, la “casa della cultura” a disposizione di tutti ha riaperto i battenti adeguandosi (di nuovo, come ai primi di maggio post lockdown) ai tempi e ai Dpcm, ricalcolando gli spazi per contingentare le presenze di utenti simultanei. “In presenza”, infatti, da inizio febbraio si può tornare a studiare nella grande sala del 3° piano, a girare tra gli scaffali per scegliere quali libri portarsi a casa in prestito, a frequentare la sala ragazzi a misura di lettore junior e, infine, anche l’emeroteca. Rimangono peraltro consigliate le procedure on line, via mail e telefoniche per agevolare i servizi di prestito di libri, di dvd e altro multimediale, ma si torna anche a vivere la biblioteca, garantendo il massimo standard di prevenzione dal lunedì al venerdì (non al sabato per ora). Rimangono fermi solo alcuni corsi, percorsi e laboratori tra le proposte culturali previsti in presenza, che una volta riorganizzati e riattivati, epidemia permettendo, completeranno l’offerta di servizi al 100%. È intitolata “Portami a casa” l’iniziativa rivolta ai thienesi di 65 anni di età e più, che possono approfittare della consegna comoda al campanello dei volumi prenotati, per poi restituirli con la medesima modalità. Basterà essere iscritti o richiedere l’iscrizione e risiedere a Thiene. Un’iniziativa, quello del prestito a domicilio, che peraltro era già prevista nel compendio di iniziative legate al progetto “Bibliopassioni” in tempi

La biblioteca inaugura il “delivery letterario” L’iniziativa “Portami a casa”, rivolta alle persone sopra i 65 anni, è stata avviataai primi di febbraio: si può chiedere la consegna dei volumi prenotati direttamente a casa, per poi restituirli con la medesima modalità.

in cui il coronavirus era un perfetto sconosciuto, a cui è stata data un’accelerazione per consentire agli anziani di fruire del prestito senza rischi in termini di contagio. Col vantaggio anche del comfort, qualora si scelga questa opzione. Ma soprattutto di mantenere vivo il legame, quel filo invisibile che lega l’utente “in pensione” a Palazzo Cornaggia. Un servizio senza scadenza, intanto da sperimentare per tre mesi. Se il lettore affezionato non va in “biblio”, insomma, è il libro a schizzare fuori dallo scaffale, saltare in macchina e suonare il campanello, per un delivery letterario figlio dei tempi moderni (e pandemici). E qualcuno ha già colto l’occasione. Del trasporto si occuperanno in alternanza dei volontari e il personale della biblioteca stessa in questa prima fase del progetto, che è gratuito. L’auto “d’ordinanza” si muoverà due volte a settimana verso gli indirizzi dei thienesi che ne faranno richiesta. Per info e prenotazioni 0445.804945 e biblioteca@comune. thiene.vi.it. “La lettura è un piacere, un’opportunità e un diritto che vogliamo sia accessibile a

tutti, soprattutto in questi mesi in cui la pandemia ha ridotto le occasioni di incontro e di socialità – spiega Maria Gabriella Strinati, assessore alla cultura e alla biblioteca civica -. Per questo la biblioteca sta ampliando i servizi offerti. Accanto ai libri d’asporto, take away culturale, avviato nel novembre scorso, ora proponiamo quest’altra novità, che confidiamo possa riscuotere un largo riscontro nella cittadinanza”. Per quanto riguarda l’accesso libero condizionato ai locali, riattivata dal 2 febbraio l’aula studio nell’ampio attico del terzo piano può accogliere 23 seduti ai tavoli in contemporanea. Nel piano sottostante dedicato agli adulti “capienza” a 21 utenti, dei quali 10 potranno occupare le postazioni a sedere, stesso numero per la sala ragazzi del primo piano dove invece sono 11 le “slot” a sedere dedicate alla lettura o allo studio. Sei i posti disponibili in sala riviste, al piano terra. Ripristinate anche le postazioni internet, igienizzate dopo l’utilizzo, con libertà di navigare in rete oltre che di consultare i cataloghi della rete bibliotecaria. ◆



[12] ◆ Schio Attualità Le donne chiedono percorsi formativi e riqualificativi per approfondire le loro competenze o per acquisirne di nuove, magari rimettendosi in gioco anche in settori nuovi rispetto alla propria esperienza precedente.

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Mirella Dal Zotto

ra una decina di giorni sarà l’8 marzo e mai come oggi la data servirà a ricordare ciò che le donne hanno perso in un annus horribilis e cioè, in sintesi massima, il lavoro e la dignità umana per le violenze psicofisiche subite da troppe di loro. Per trattare le due problematiche ci siamo rivolti al Centro per l’Impiego, all’Enac (Ente Nazionale Canossiano) e allo Sportello Donna del Comune. I dati emersi sono allarmanti e sconfortanti, ma la speranza sta tutta nella forza delle donne, che sanno sempre rialzarsi dopo le cadute.

Al Centro per l’Impiego, per cercare un lavoro adatto “Le donne ci chiedono come sempre di poter conciliare i tempi famiglia/lavoro - afferma la dott. Lisa Lora del CPI Vicenza-Veneto Lavoro, riferendosi ai dati dell’Altovicentino -. Il problema non è nuovo, ma la pandemia lo ha accentuato ancora di più. Molte sarebbero disponibili a un part

Donne sull’orlo di una crisi di lavoro Il Covid ha penalizzato in modo particolare il lavoro femminile e favorito un aumento del divario tra occupazione maschile e femminile. Difficile pensare che, a fine emergenza, ne usciranno premiate le donne, che hanno dovuto concentrarsi nel gestire gli effetti della pandemia sulla vita quotidiana.

time e provengono dal settore terziario/ ristorazione, tra i più colpiti dalla crisi. Chiedono a gran voce di fare formazione, in modo da potersi reinserire nel mercato, approfittando anche del fatto che molti corsi vengono organizzati a distanza e possono gestire più agevolmente i figli”. Emerge che le donne, qui come in gran parte d’Italia, solitamente sono propositive e hanno voglia di rimettersi in gioco: in questo hanno meno difficoltà degli uomini e non si rassegnano. Se avessero poi più sostegno per le cure e la gestione dei figli, cercherebbero un’occupazione molto più attivamente. “Se ricevono un’indennità di disoccupazione (Naspi) – continua Lora chiedono percorsi formativi e riqualificativi per appro-

fondire le loro competenze o per acquisirne di nuove, magari rimettendosi in gioco anche in settori nuovi rispetto alla propria esperienza precedente e alcune vorrebbero aprire un’attività autonoma. Ovviamente, fra le donne mature, molte sono le richieste di informazioni sulla pensione, anche anticipata. Aiutiamo tutte coloro che sono in possesso di diploma e/o di laurea nella compilazione dei moduli per mettersi a disposizione nelle scuole e le guidiamo nella scelta di eventuali concorsi pubblici. In questo momento cerchiamo anche di indirizzarle verso i servizi digitali innovativi per cercare impiego, affinché ottimizzino il tempo della disoccupazione e lo sfruttino come un ‘fermo riflessivo’ per analizzare le proprie competenze e i propri progetti professionali, in base all’andamento e alle evoluzioni del mercato”.

All’Enac, per corsi specializzanti e spendibili “Nell’intero arco del 2020 – informa la dott. Giada Girolimetto dell’Enac di Schio - si sono persi molti posti di lavoro e il rapporto tra donne e uomini è di tre a uno circa, per


Schio ◆ [13] cui preoccupa alquanto la differenziazione di genere. L’aumento esponenziale è dovuto al fatto che le donne sono maggiormente impiegate, spesso con contratti precari, nel settore dei servizi e nel settore turistico e le lavoratrici più colpite sono state quelle a termine e le autonome. Con la possibile fine del blocco dei licenziamenti non si prospetta una situazione migliore, anzi; anche da noi aumenterà ancor più il divario tra occupazione maschile e femminile. Di certo non si premieranno le donne che hanno dovuto concentrarsi nel gestire gli effetti della pandemia sulla vita quotidiana: le mamme con i figli in età scolare hanno avuto un bell’impegno nel supportare e implementare la didattica a distanza e su molte altre donne è ricaduta anche la gestione delle persone anziane e disabili, che non hanno più potuto usufruire dei servizi del territorio, sospesi a causa della pandemia”. L’Enac di Schio organizza parecchi corsi formativi e professionalizzanti, ma si è registrato un calo delle richieste di quelli che andavano a formare figure professionali di tipo più operativo, anche perché è cambiata la modalità di fruizione e lo strumento con cui si eroga la formazione, che avviene a distanza e online. “Quest’anno siamo in campo con un progetto del FSE E-quality, percorsi di digitalizzazione per l’occupabilità femminile di qualità - continuano all’Enac - per dare competenze digitali alle donne, rendendo i loro curricula più competitivi. Parallelamente, abbiamo in essere due percorsi a qualifica regionale per Operatore socio-sa-

nitario e uno in previsione per aprile: formiamo trenta operatori sanitari a percorso, con un tasso di occupabilità molto alto e in questi corsi la partecipazione femminile è preponderante. A marzo avvieremo un’esperienza di lavoro per addetti al confezionamento alimentare, con tirocinio in aziende del territorio vicentino: ci crediamo molto e speriamo possa dare un buon esito in termini occupazionali, anche per le donne”.

Allo Sportello Donna, per dire no alla violenza Per quanto concerne infine un altro, ancestrale problema legato alle donne, quello della violenza, allo Sportello Donna - Centro Antiviolenza del Comune riferiscono che “i nuovi contatti sono calati rispetto al 2019 (134 a fronte di 197), perché in presenza sono più difficoltosi; dallo scorso marzo in poi arrivano donne in situazioni di emergenza, spesso inviate dai servizi (pronto soccorso e forze dell’ordine in primis)”. I numeri parlano da soli: l’età media delle donne vittime di violenza nella zona è 40 anni; 76 sono italiane, 48 straniere; i comuni maggiormente coinvolti sono Schio, Torrebelvicino e Piovene Rocchette. 58 donne risultano coniugate, 61 sono stati i figli conviventi coinvolti, di cui 125 minorenni. La maggioranza delle donne vittime di violenza ha un’istruzione media o superiore, 8 hanno subito violenza nonostante la loro invalidità. A perpetrare il reato sono stati il coniuge o il convivente, usando forme combinate

Un anno culturale in 45 progetti

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ono stati selezionati i progetti del Bando Cultura 2021, che andranno a caratterizzare il programma cittadino: sono 33 su un totale di 44 domande presentate. A questi si aggiungono altri

12 progetti del Bando 2020, che non si sono potuti realizzare a causa delle restrizioni dovute all’emergenza sanitaria. Un totale, quindi, di 45 progetti, che dovrebbero animare la città nel corso dell’anno. Tra le iniziative, oltre alla tradizionale Festa della Musica, alla Mostra Mercato delle Orchidee, alla stagione concertistica, teatrale e coreutica estiva, vengono confermati appuntamenti molto apprezzati dal pubblico come la stagione lirica, il TedxSchio, il British Day, la rassegna Mondovisioni; a questi si aggiungono mostre, cicli di incontri, danza, e - novità del 2021 – street art, con due progetti che saranno strutturati in un vero e proprio festival. Ampio spazio sarà dedicato ad alcune figure importanti per la città, come Antonio Care-

Attualità

di violenza fisica, psicologica, economica e sessuale. Alla Casa Rifugio di Schio nel corso del 2020 sono stati ospitati sei nuclei familiari: una donna sola e cinque con minori, per un totale di 11 figli accolti. Sportello Donna-Centro Antiviolenza vogliono ricordare la collaborazione con l’Ordine degli Avvocati di Vicenza per consulenze legali gratuite e raccomandano di rivolgersi con fiducia a loro. Da parte nostra solo una speranza: che sia una festa migliore, donne, la prossima. ◆

garo Negrin, architetto di fiducia di Alessandro Rossi, di cui nel 2021 ricorre il bicentenario della nascita, e lo scledense Olinto De Pretto, agronomo, imprenditore, geologo e fisico, di cui si celebra il centenario della morte. Altra figura centrale sarà il pittore Francesco Verla (quinto centenario della scomparsa), autore della pala “Lo sposalizio mistico di Santa Caterina” conservata nella chiesa di San Francesco. Non mancheranno inoltre le iniziative dedicate a Dante Alighieri, in occasione dei 700 anni dalla morte. Il Comune metterà a disposizione dei progetti selezionati il Lanificio Conte, lo Spazio Shed, Palazzo Toaldi Capra, Piazza Falcone Borsellino, Palazzo Fogazzaro, la chiesa di San Francesco e il Meeting Box. La maggior parte proposte presentate, all’occorrenza, potranno essere “portate in scena” anche in modalità a distanza, ma si spera e si conta di attuarle il più possibile in presenza. ◆




[16] ◆ Schio

Foto Maurizio Grotto

Attualità La piazza perderà una ventina di posti auto, che però saranno recuperati su via Marconi, dove si interverrà sul lato delle ex scuole, lavorando sugli spazi a disposizione e ricorrendo a parcheggi “a spina di pesce”.

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Stefano Tomasoni

ue anni ancora e la città avrà la sua nuova piazza Statuto. Se i tempi saranno rispettati, si parla di vedere i lavori fatti e finiti a primavera 2023, quando finalmente si potrà contare su un vero luogo di attrazione e di vita sociale e non su un semplice e triste parcheggio. Un luogo dotato di verde, giochi d’acqua e un richiamo alla storia industriale e alle radici della città. Il progetto, anche se non se ne parla, sta andando avanti. L’anno scorso il Comune ha vinto un bando regionale da 50 mila euro legato ai distretti del commercio, con una proposta di interventi all’interno della quale c’è anche il primo stadio di progettazione della nuova piazza. Anche attingendo a questi fondi si è arrivati al progetto preliminare, assegnato all’architetto Luisa Benedini, professionista di Caltrano. A lei l’amministrazione ha consegnato tutti gli spunti e le proposte nate dalla “partecipazione di idee” che, all’inizio di tutto, aveva visto coinvolta cittadini e professionisti per disegnare e presentare la loro idea del-

La nuova Piazza Statuto sarà pronta fra due anni Avrà un’area verde verso il municipio, dove sarà installato il monumento ad Alessandro Rossi ora al giardino Jacquard e una fontana con elementi legati alla storia industriale locale. Assegnato il profetto preliminare all’arch. Luisa Benedini.

la futura piazza Statuto. Il materiale uscito da quella specie di “concorso pubblico informale”, che era stato poi esposto all’ex lanificio Conte, servirà dunque di indirizzo per la progettista, che dovrà tener conto di alcuni “must” indicati dal Comune, a partire dal fatto che nella nuova piazza dovrà esserci un’area a giardino e una fontana. Il giardino, che si estenderà su circa un terzo della superficie totale dell’area, sarà realizzato nella parte finale, verso il municipio risalendo verso il centro. Sarà ricco di fiori e avrà delle siepi, insomma non un semplice praticello. All’interno sarà installata il monumento ad Alessandro Rossi che ora si trova all’interno del giardino Jacquard, “cu-

Un obbrobrio da abbattere Indovinello: qualcuno sa riconoscere e dire dove si trova questo tugurio cadente e arrugginito, la cui funzione è ancora riconoscibile dall’inguardabile orinatoio che si intravede all’interno dello squallido bugigattolo di sinistra? (l’uso calcato degli aggettivi è per sottolineare l’obbrobrio dell’insieme). Fossimo la Settimana Enigmistica daremmo la risposta a pagina 46 sotto il Quesito della Susi. Ma non siamo la Settimana e non arriviamo nemmeno a pagina 46, quindi la risposta la diamo qui: è quel che resta del WC della tribuna scoperta dello stadio “De Rigo”. Cogliamo l’occasione per suggerirne l’abbattimento, se non altro per una questione di decoro. [S.T.]

gino” di quello al quadrivio di via Baccarini-Maraschin. Una fontana scorrerà ai piedi del conte, e andrà a richiamerà la storia industriale cittadina e del territorio attraverso un collegamento con la lavorazione tessile. Per il resto, saranno eliminati i marciapiedi e lo spazio diventerà un’unica area, utilizzabile anche per manifestazioni e attività di aggregazione. I sostenitori della necessità di eliminare radicalmente i posti auto si mettano il cuore in pace, non sarà possibile. Ci sarà una riduzione contenuta, una perdita di una ventina di posti. Che però verranno recuperati da una ridefinizione degli spazi a parcheggio lungo via Marconi; in pratica, si interverrà sul lato delle ex scuole, lavorando sugli spazi a disposizione, probabilmente tra la palestra e il fondo della via, con una soluzione “a spina di pesce”. “La nostra idea, se si riuscirà a mantenere il percorso fissato, è quella di arrivare a terminare le diverse fasi progettuali entro quest’anno e riuscire sempre entro il 2021 a impegnare le risorse per la gara che porterà l’anno prossimo all’assegnazione dei lavori. Per i quali è previsto un periodo di 6-7 mesi”. Dunque, concedendo quantomeno la prima metà del 2022 per la gara, i lavori potrebbero partire in autunno dell’anno prossimo per essere terminati in primavera 2023, prevedibilmente in tempo per la Festa del patrono. Sarebbe il momento perfetto per l’inaugurazione. ◆


Schio ◆ [17]

Palazzo Fogazzaro adesso è Museo Civico P

alazzo Fogazzaro è ufficialmente diventato il primo Museo Civico di Schio. Lo ha deciso di recente il consiglio comunale, con un voto all’unanimità. Si è concluso così un iter che era iniziato nell’estate 2020 quando gli uffici comunali avevano iniziato a lavorare con la Regione per presentare la documentazione richiesta. «L’obiettivo è sempre stato quello di rendere Palazzo Fogazzaro la Casa dell’arte di Schio – dice l’assessore alla cultura, Barbara Corzato -. Le azioni da allora intraprese sono state indirizzate a rendere riconoscibile alla città il ruolo di questo luogo come spazio propulsore di cultura, lavorando in due direzioni ovvero verso l’arte contemporanea e verso l’arte del passato. Palazzo Fogazzaro è sede della

Collezione Civica, nata da alcune acquisizioni e dalle donazioni di artisti e cittadini e ha fatto da cornice a numerose mostre e iniziative che hanno esplorato e approfondito non solo il patrimonio degli artisti scledensi attuali e del passato ma anche quelli contemporanei, nazionali e non. Sulla base di questo percorso è stata inoltrata la domanda per il riconoscimento di Palazzo Fogazzaro come Museo Civico». Le finalità del nuovo Museo Civico, spiega ancora Corzato, saranno quelle di «conservare, valorizzare, esporre e incrementare il proprio patrimonio storico artistico, valorizzando le proprie collezioni per contribuire alla conoscenza della tradizione artistica del territorio, approfondendo e diffondendo la conoscenza del-

Attualità

le opere e degli artisti del passato, anche come stimolo e fermento per il presente e promuovere la cultura e lo sviluppo dell’arte contemporanea, con esposizioni e acquisizioni, pubblicazioni e attività diverse, nonché conservarne testimonianza». ◆


[18] ◆ Thiene Attualità Ma non tutto è perduto: in Pro loco si pensa a un’edizione primaverile, pandemia permettendo. “C’è l’intenzione di prenotare il centro storico ben prima dell’anno prossimo – dice il presidente della Pro -. Valuteremo in base a ciò che accadrà da marzo in poi”.

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Omar Dal Maso

iù la maschera, su la mascherina per il Carnevale 2021. In tutta Italia la festa mascherata è saltata e Thiene non fa eccezione, a distanza di un anno da quel venerdì 21 febbraio 2020 che aveva sancito il successo della sfilata in notturna di carri variopinti e multisound prima della perentoria interruzione di qualsiasi evento di massa. Proprio quella serata di allegria e allegoria rappresenta a oggi l’ultimo grande happening organizzato e svolto senza intoppi in centro storico, prima che il ciclone Covid-19 si abbattesse con la prima ondata, per poi rincarare la dose a inizio autunno quando un lumicino di speranza consentiva di programmare (facendo inutili scongiuri) altri eventi. Tra questi anche il Carnevale di Thiene, che con la rinnovata formula del tris di sfilate aveva già fatto il botto nel 2019 grazie all’introduzione del venerdì by night, arrivando a 16 performance di cartapesta e gruppi ballanti, con “battistrada” i trattori sia ospiti sia quelli autoctoni. Punto di partenza in piazza Scalcerle e gran finale di balli in piazza Chilesotti fino a mezzanotte, un anno fa, mentre i quotidiani battevano le prima notizie “nere” sullo sbarco dell’epidemia in Veneto.

E se il Carnevale arrivasse in primavera? Un anno fa la grande festa in notturna fu l’ultimo grande evento nel centro storico di Thiene. Quest’anno la pandemia ha costretto ad annullare tutto, come del resto ovunque. Niente sfilate di carri e atmosfera di festa. La macchina organizzativa, però, rimane oliata e pronta a ripartire.

“Due edizioni bellissime – confida Manuel Benetti, 42enne tra i più giovani presidenti di Pro Loco della storia thienese -, la prima conclusa, la seconda solo inaugurata con 16 carri contro i 10 del 2019, di cui uno da fuori provincia, e pensate che abbiamo dovuto dire di no ad altre richieste”. Ad affiancarla il consueto pomeriggio di domenica carnevalesco, “pezzo forte” di una tradizione che si perde nei decenni del ‘900, e il martedì con la festa dedicata nel cuore della città ai più piccoli, primi fruitori del torpedone di colori, stelle filanti, coriandoli e stand di dolcissime proposte. Protagonisti del dietro le quinte, invece, la Pro Loco di Thiene in prima linea, in collaborazione con l’Assessorato all’animazione del centro storico e il locale mandamento di Confcommercio.

Il carnevale che non c’è stato Un anno dopo si fanno i conti con la comprensibile malinconia e la nostalgia della “simpatica baraonda” associata ai frizzi e lazzi di costumi e maschere, e il Carnevale mancato sembra passato sottotraccia. Qualcuno, forse, tra i thienesi, lo ha persino dimenticato e ha “svoltato” la data del mar-

tedì grasso. Poche le maschere, tante le mascherine, salvo per chi ha aiutato i figli in età scolare a travestirsi per le feste in tono minore in classe o per una passeggiata in vesti di supereroi o personaggi delle favole e dei cartoni animati tra le vie e intorno a una piazza Chilesotti semideserta, giusto per non strappare del tutto il fascino delle maschere, quelle che nulla centrano con le malattie, almeno ai più piccoli. A dolersene, ancor più di loro, sono state le 60/70 persone che ogni anno si mettono a disposizione, tra volontari in orbita Pro Loco, Protezione Civile e altri gruppi, oltre alle forze dell’ordine preposte a vigilare “ingaggiate” di volta in volta, con le consuete battute su costumi e divise d’ordinanza su cui sorridere. Niente tripudio di carri allegorici e sgargianti, insomma, con buona pace anche dei 5 gruppi di “carristi” della città, di cui una new entry di giovani creativi che hanno appena fatto in tempo a esordire nell’unica tappa del 2020. I “rimorchi”, in questi mesi, rimangono in stallo nei capannoni, in attesa di tempi migliori. Che, però, e qui sta la sorpresa, potrebbero non essere così lontani se la pandemia come ci si augura andasse finalmente in regressione.


Thiene ◆ [19] C’è chi pensa di recuperare a maggio o giugno L’idea di posticipare e non annullare del tutto il Carnevale 2021 non sarebbe così remota. Si bisbiglia di farlo slittare a fine primavera, magari, o addirittura a inizio estate. Se sarà una festa in infradito, del tutto inedita a queste latitudini, impossibile dirlo oggi. Ma è una confidenza veritiera quella che parla di date già abbozzate, per quanto venga mantenuto un comprensibile riserbo onde evitare spiacevoli disillusioni. “Forse è un pregio o forse un difetto mio – spiega Benetti, Pro Loco – ma non mi sono mai perso d’animo: c’è l’intenzione di prenotare il centro storico di Thiene non fra un anno, ma ben prima di febbraio 2022. Valuteremo in base a ciò che accadrà da marzo in poi ma, in ogni caso, viene prima la salute della gente e poi il divertimento. Appena sarà fattibile ci faremo trovare pronti”. Vale la pena di ricordare che tra gli eventi saltati all’indomani dell’irruzione del Covid-19 in Veneto si annoverava anche la prevista visita con animazione per gli anziani ospiti del centro di riposo dell’Opera Immacolata di Thiene, tanto segnata dall’assalto dell’epidemia nei mesi recenti, per poi tornare struttura Covid-free proprio in corrispondenza del week end di Carnevale recente. Riavvolgendo il nastro a quei convulsi giorni tra il 21 – data del primo decesso con Covid in Veneto e dell’emersione del focolaio di Vo’ Euganeo – e il 23 febbraio, tornano in mente la spasmodica attesa di decisioni ufficiali, il rimbalzo di notizie ufficiose, il timore da una parte di suscitare eccessi di allarmismo e dall’altra di sottovalutare un nemico sconosciuto, quell’epidemia che da incubo geografica-

Attualità

Nelle foto di questo articolo alcuni carri mascherati alla sfilata del Carnevale dello scorso anno, prima che l’emergenza Covid costringesse ad annullare gli eventi in programma

mente lontano si tramutava in rivoluzione, dolore e diffidenza del prossimo. Se lo ricordano bene a Thiene il sindaco Giovanni Casarotto e il comandante della polizia locale Giovanni Scarpellini, che in un sabato febbrile parteciparono all’incontro con il Prefetto, mentre in Veneto si riuniva l’unità di crisi e in tutta la regione si gettava a terra la maschera festosa, senza sapere che lì a due settimane l’unica arma di difesa sarebbe diventata una mascherina. Prima, durante e dopo il lockdown. “Lo ricordo bene quel 22 febbraio – riprende Benetti -, un sabato in cui dalle 8.30 del mattino fino alle 20.30 di sera ho trascorso tutto il tempo al telefono, una giornata davvero di fuoco. E per fortuna che alla fine è stato deciso di non proseguire, vedendo cosa è accaduto poi”.

Punto Covid a Thiene per i vaccini È la struttura del Padiglione Fieristico di via Vanzetti, a due passi dal centro e dal quartiere della Conca, l’area scelta per ospitare il punto di vaccinazione per la città di Thiene e i paesi limitrofi. Si tratta di uno dei 6 centri dislocati nel bacino dell’Ulss 7 Pedemontana dove si effettuano le somministrazioni del siero anticovid secondo “l’appello” inviato casa per casa da Azienda Zero per conto della Regione Veneto. La “prima leva” è iniziata mercoledì 17 febbraio per i nati nell’anno 1941, per poi andare anagraficamente a ritroso convocando i pensionati ultraottantenni e oltre. A distanza di tre settimane dalla prima iniezione, come noto trattandosi di vaccini prodotti da Pfizer/Biontech, gli anziani che hanno accolto l’invito a partecipare al-

la campagna di prevenzione torneranno al Padiglione Fieristico per la seconda dose. In programma dal 10 marzo 2021. Oltre al personale medico e infermieristico incaricato da Ulss 7, presenti anche i volontari di più associazioni di volontariato per la gestione degli ingressi e l’accompagnamento degli utenti.

Risorse e organizzazione restano in campo Anche in municipio il Carnevale è passato giocoforza in sordina. “Di fatto sin da subito era chiaro a tutti che quest’anno sarebbe stato cancellato dal calendario eventi – spiega Alberto Samperi, referente per le manifestazioni in centro -. Già a settembre si era ragionato sul da farsi, ma a dicembre si è chiusa ogni possibilità. Peccato aver dovuto interrompere una tradizione di festa in evoluzione. L’ottima gestione della nuova Pro Loco e un incremento delle risorse destinate dal Comune all’evento avevano favorito il trend e attirato tanta gente. Ma mi riferisco anche alle soluzioni trovate ad esempio per il ricovero dei carri dei gruppi thienesi, un problema annoso che riguarda un po’ tutti i carnevali, sistemati prima all’ex Lanificio Ferrarin a titolo gratuito e ora in altra sede presso l’ex Lerolin, in zona industriale, con canone coperto da un contributo girato dal Comune alla Pro Loco”. Risorse e soluzioni che non vengono dimenticate e restano tesoro per il futuro, così come i “fasti” dell’ultimo show. “Da amministratore – conclude Samperi - provo un dispiacere grande per l’appuntamento saltato, e ancora più da genitore perché per i più piccoli è l’ennesima occasione di spensieratezza che viene loro negata. Almeno ho potuto vedere le mie bambine felici di andare a scuola vestite in maschera, un minimo è stato salvato ma non vivere il Carnevale appieno nel ritrovo in centro con i carri mascherati è stato davvero peccato. Pazienza, ci diamo appuntamento speranzosi per l’anno prossimo”. O forse prima, se le previsioni più ottimistiche non saranno solo… uno scherzo. ◆


[20] ◆ Schio Attualità A risentire di più del calo sono stati i matrimoni religiosi: ne mancano all’appello uno su tre. Probabilmente perché chi aveva la volontà di sposarsi in chiesa ha preferito rinviare per non rinunciare a una cerimonia con tutti i crismi della tradizione.

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Elia Cucovaz

ra moglie e marito... non mettere il virus. La pandemia globale non ha messo in quarantena il desiderio degli scledensi di convolare a nozze. Certo: nel 2020 il numero di matrimoni in città è diminuito significativamente rispetto all’anno precedente. Ma bisogna anche considerare che, tra lockdown, obbligo di distanziamento sociale, misure di contenimento, restrizioni per ristoranti e luoghi di ritrovo, incertezza economica… anche Renzo e Lucia avrebbero potuto farsi scoraggiare. Il calo che si è registrato, invece, non è stato poi così drastico. In base ai dati dell’ufficio comunale di stato civile l’anno scorso sono stati celebrati, tra chiesa e municipio, 70 matrimoni. Nel 2019 erano stati 87. La flessione, in percentuale, è stata del 20%. Fiore d’arancio più, fiore d’arancio meno, potremmo dire che quattro coppie su cinque hanno scelto, nonostante tutto, di pronunciare il fatidico sì. Certo, non senza rinunciare a qualcosa.

Quattro matrimoni e un rinvio Nel 2020 a Schio sono stati celebrati, tra chiesa e municipio, 70 matrimoni. Nel 2019 erano stati 87. Una flessione del 20%. Fiore d’arancio più fiore d’arancio meno, quattro coppie su cinque hanno scelto, nonostante tutto, di pronunciare il fatidico sì. Cerimonie all’insegna del distanziamento fisico. Ricevimenti solo con i parenti più stretti e gli amici più intimi. Mascherine da togliere alla chetichella per scambiarsi, fugacemente, il bacio di rito.

Matrimoni religiosi, tra rinvii e (soprattutto) conferme Non è un caso, probabilmente, se a risentire maggiormente di queste limitazioni sono stati i matrimoni religiosi. Ce ne sono

Se lo vedessero don Camillo e Peppone... Il Covid ha obbligato alla chiusura anche i circoli ricreativi, impedendo pure l’apertura temporanea del servizio bar. Nelle foto emblematiche, la Casa del Giovane di Poleo e il circolo Arci, con la loro storia rispettivamente filocattolica e

filocomunista, da sempre contrapposti e separati da una sola carreggiata, mostrano tutta la loro tristezza. A don Camillo e Peppone non resta altro che osservare desolati i cortili vuoti: intercedendo, se possibile. [M.D.Z.]

stati solo 18, contro i 27 del 2019: ne mancano all’appello uno su tre. I matrimoni civili invece sono stati 52 contro i 60 dell’anno precedente: con un 15%. Forse questa differenza si può spiegare immaginando che chi aveva la volontà di sposarsi in chiesa ha preferito rinviare per non rinunciare a una cerimonia con tutti i crismi della tradizione. Il rito in municipio, invece, per sua stessa natura si presta più facilmente al compromesso con le norme sanitarie. «Certo, ci sono stati molti rinvii, ed è comprensibile, considerata la situazione - spiega don Carlo Guidolin, da settembre parroco di San Pietro -. Tuttavia molti sposi hanno deciso comunque di perseverare e di celebrare il matrimonio, nonostante le restrizioni sanitarie». Insomma: il virus ha causato ritardi, peraltro in numero tutto sommato limitato, ma non ha fatto naufragare i progetti di vita comune degli scledensi. «Anche i corsi per fidanzati, in programma a gennaio, sono stati rinviati di qualche mesi e ridotti come numero di incontri – nota don Carlo -, ma le coppie iscritte sono comunque numerose, segno che la pandemia non ha fatto naufragare i progetti di vita comune nella nostra comunità». Anzi, in un certo senso potrebbe essere


Schio ◆ [21] E la popolazione, intanto, cala L’ufficio statistico comunale ha diffuso, come ogni anno, le statistiche demografiche relative al 2020. Numeri “ufficiosi”, cioè non ancora validati dall’Istat, ma significativi per capire l’effetto che l’epidemia ha avuto sulla popolazione cittadina. Non è una sorpresa, purtroppo, che il dato più emblematico sia il quello sulla mortalità. Nel 2020 sono deceduti 559 scledensi: il numero più elevato dell’ultimo decennio. Tra il 2010 e il 2019 la media annuale era stata di 439 morti, con massimi di 468 e 466 registrati rispettivamente nel 2015 e nel 2018. Tra i mesi del 2020 con più decessi ci sono stati marzo (50) e aprile (54), seguiti da ottobre (46) e novembre (47), ma il picco della mortalità (ne abbiamo parlato nel numero scorso) è stato raggiunto a dicembre con 114 decessi. Un record negativo per il decennio. Cala anche la popolazione complessil’opposto. «Le avversità spesso portano a rafforzare, piuttosto che a indebolire o dissolvere le unioni di coppia e i progetti di vita comune - continua l’arciprete -. Quindi il consiglio che si può dare alle giovani coppie che pensano al matrimonio è di avere fiducia e di non rinunciare alla propria aspirazione, ma anche di valutare con attenzione e senso di responsabilità ciò che è meglio per loro».

Matrimoni civili, molte richieste per primavera «Il fatto che tante coppie di giovani fidanzati abbiano scelto di confermare il matrimonio, seppur in forma ristretta, nonostante la situazione di difficoltà, è un’iniezione di ottimismo e di fiducia nel futuro: un vaccino contro l’incertezza che tutti stiamo vivendo» commenta Sergio Secondin, presidente del Consiglio comunale. Da “veterano” dei matrimoni civili, con centinaia di unioni al suo attivo, rivela di aver svolto quest’anno la sua funzione con particolare emozione. «Vedendo questi sposi, non è possibile non pensare che la vita va avanti, e che l’amore può trionfare su tutte le avversità». Anche lui si aspetta un boom di nuove unioni, appena le condizioni saranno più propizie. «Oltre ai riti che sono stati sospesi e rinviati a data da destinarsi, abbiamo già molte altre richieste per i mesi di aprile, maggio, giugno… Speriamo che di qui in avanti la situazione vada via via migliorando e che si possa tornare a una relativa normalità. In ogni caso, raccomando ai giovani di non rinunciare ai loro sogni e a

va della città: al 31 dicembre gli abitanti erano 38.782, contro i 38.985 del 2019. Un saldo negativo, dovuto in particolare alla grande differenza tra il numero dei morti e quello dei nuovi nati, che l’anno scorso sono stati 273, di cui 79 stranieri. I nati a Schio nel 2020 sono in crescita rispetto al 2019 (quando erano stati “solo” 252: il numero più basso dal 2010). Tuttavia la natalità mantiene un trend in calo. Basti pensare che i nuovi nati, tra il 2009 e il 2014 non erano mai scesi sotto i 300 e che dal 2015 tale soglia è stata raggiunta solo una volta, con 311 nati nel 2018. Nel 2020 è calato anche di un centinaio di unità il numero di stranieri residenti in città, attestandosi a 4.815 (il 12,4% della popolazione totale). I cali più significativi riguardano le comunità serba, moldava, macedone, bosniaca e senegalese. In aumento, invece, quelle nigeriana e ghanese. [E.C.] intraprendere i loro progetti di vita. Di vedere il bicchiere mezzo pieno, e di provare a riempirlo con la volontà. Perché se il mondo non va avanti grazie ai giovani, chi lo fa andare avanti?».

Chi organizza i ricevimenti resiste Ma qual è la prospettiva per chi intorno alle cerimonie nuziali (e non solo) ha costruito un’azienda? «Le prospettive per quest’anno e anche per l’anno prossimo sono buone, perché i ricevimenti saltati l’anno scorso si faranno comunque - spiega Massimo De Pretto, titolare dell’omonima ditta specializzata in catering e banqueting -. Ma nel nostro settore non possiamo neanche pensare di poter sostenere un altro anno come quello

Attualità

appena trascorso, altrimenti non ci resterà che chiudere: i ristori per le aziende sono stati irrisori». Certo, di feste di matrimonio, anche al tempo del Covid – quando permesso dai vari decreti e con tutte le restrizioni del caso - ne sono state celebrate. Però la paura - ragionevole - del virus ha portato anche a cambiare qualche abitudine e a introdurne di nuove. «Ad esempio - spiega l’imprenditore - oggi non si possono più fare i buffet dove tutti si servono da soli e la scelta dei posti a tavola è dettata non da simpatie e antipatie, ma dalla necessità di attorniarsi di congiunti e conviventi per evitare la circolazione del virus...». De Pretto, però, nella sua analisi va oltre i meri aspetti pratici. Perché i matrimoni hanno anche una funzione sociale che nell’ultimo anno è venuto meno: «È una delle occasioni, sempre più rare, in cui le famiglie allargate si riuniscono e rinsaldano i legami. Certo: oggi c’è molta voglia di ritornare alla normalità e forse un aspetto positivo di questa esperienza è che apprezzeremo di più il valore di ritrovarci tutti insieme per un giorno di convivialità. Però il rischio è quello di disabituarsi alla familiarità e allo stare insieme». ◆

“Figlio di nessuno”, un viaggio nel passato La scledense Alessandra Eberle ha pubblicato con Santelli un romanzo dal titolo “Figlio di nessuno”. Un viaggio nel passato, tra Vicenza e Schio, per dare voce a tante persone come il nonno Giovanni, che hanno affrontato con coraggio le insidie della vita, scandite dalle stagioni e non ancora dagli orologi, passando dalla guerra per arrivare alle sue piccole ma preziose vittorie familiari. Ogni evento è frutto di ricerche e di testimonianze tramandate da chi quei momenti li ha realmente vissuti.

Eberle racconta in modo semplice una persona qualunque, il nonno appunto, alla quale era molto affezionata. A chiunque capita di incontrare o anche soltanto di vedere tante persone nella vita di tutti i giorni (in questo periodo sicuramente un po’ meno...). Dietro ogni sguardo c’è una storia personale, un mondo che non si può vedere e ciò che l’autrice ha voluto raccontare è proprio quello che non si vede: tutto ciò che c’è oltre lo sguardo.


[22] ◆ Thiene Attualità A usufruire del ponte sono soprattutto tanti giovani (e quasi giovani) dediti allo sport e gli alunni delle scuole, ma sono tanti anche i nonni del paese.

Q

Omar Dal Maso

uarantaquattro metri e quarantatrè tonnellate di buone ragioni per averlo tanto atteso, ora che il nuovo ponte ciclopedonale sul torrente Igna Grumolo Pedemonte è stato installato e “collaudato” dai bambini zuglianesi. Con loro per primi a marchiare con il sigillo del “visto e piaciuto” il varo la struttura in metallo installata nel quartiere residenziale della frazione, a due passi dalla campagna. L’inaugurazione ufficiale è avvenuta di buon mattino lo scorso 9 febbraio, con il taglio del nastro tricolore affidato al sindaco di Zugliano Sandro Maculan in compagnia dei bimbi-scolari del servizio “Pedibus”, insieme agli accompagnatori che ogni giorno scortano a scuola il torpedone di bimbi con la cartella in spalla. Per oltre due anni hanno dovuto deviare allungando la marcia dopo la chiusura del ponte in legno ormai fatiscente – risalente al dicembre 2018 - che, dopo decenni di onorata carriera, è andato in pensione: dismesso e smontato per ragioni di sicurezza. Un’interruzione del passaggio sopra il corso dell’Igna che è stato impiegato per il progetto di fattibilità su un ex novo viadotto, idearlo nei dettagli, reperire i finanziamenti raggiungendo quota 400 mila euro necessari per la realizzazione, e infine restituire a Grumolo e in generale a cittadini e tanti “passeggiatori seriali” una struttura gradevole all’estetica oltre che solida, sicura e duratura, come ben si ricava dalla carrellata di immagini.

Un nuovo ponte per bambini e sportivi Inaugurata la nuova struttura ciclopedonale che collega l’area residenziale di Grumolo alla campagna e alla scuola primaria.

Un’opera di questo tipo, a differenza della precedente, garantisce non a caso maggior longevità del ponte e una manutenzione meno onerosa per le casse del Comune. I bambini con zainetto di oggi insomma, potranno attraversare la passerella verosimilmente da adulti e magari da anziani, scavando magari nella memoria per ricordare il giorno del battesimo ufficiale che li ha visti protagonisti. Niente cerimonie in grande stile, ovviamente, in ragione dell’emergenza sanitaria. Con i bimbi a muovere i primi passi con emozione come fossero stati mossi sulla Luna. A usufruirne sono da febbraio soprattutto tanti giovani (e quasi giovani) dediti allo sport – footing e mountain bike in particolare – e proprio gli alunni delle scuole, ma sono tanti anche i nonni del paese che sono già venuti a curiosare all’area aperta per sentenziare sul confronto tra il “vecchio e il nuovo”, quello dei loro ricordi costruito in legno – che tanto costava alle casse comunali in manutenzione - e quello del presente e del futuro poggiato su una struttura in metallo da 43 tonnellate, resistente alle inL’inaugurazione del ponte alla presenza del sindaco di Zugliano. Sopra, il nuovo ponte con un...passante a quattro zampe. sidie atmosferiche.

“Siamo contenti e molto soddisfatti del risultato raggiunto - sottolinea il sindaco locale Sandro Maculan - era nostra volontà restituire il prima possibile ai cittadini la possibilità di percorrere un tratto così utile per raggiungere in sicurezza i luoghi di lavoro, la scuola o semplicemente poter fare passeggiate”. Nei vari step dei lavori di cantiere, prima adeguando l’alveo e poi procedendo ai basamenti di calcestruzzo prima dell’installazione finale iniziata lo scorso novembre, impegnata anche una ditta di Pescara. Sull’importo di 400 mila euro complessivi sono intervenuti tre enti: la “metà dell’opera” è stata coperta da fondi messi a disposizione dalla Provincia di Vicenza, 170 dal Comune di Zugliano e 30 mila impegnati dal Consorzio di Bonifica Alta Pianura Veneta, dedicati principalmente all’alveo del corso d’acqua da ridisegnare. Una pillola che merita un clic per i più curiosi: basta dedicare duecento secondi circa alla visione in un videoclip suggestivo sui lavori realizzato da un giovane studente zuglianese, Filippo Ballardin. Un filmato (con riprese aeree via drone) pubblicato sul canale Youtube del Comune di Zugliano tanto efficace quanto spettacolare per raccontare le diverse fasi di realizzazione dell’opera pubblica. ◆



[24] ◆ Schio Attualità Al tempo del virus le profumerie cittadine registrano una tenuta sul comparto dei trattamenti: creme e detergenti viso vengono molto richiesti, soprattutto nel momento in cui chiudono i centri estetici e ci si deve rivolgere al fai da te.

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Camilla Mantella

o chiamano “Lipstick index”, “Indice del Rossetto”, ed è studiato da sociologi ed economisti. È l’indice di vendita dei rossetti, appunto, che solitamente si impenna in concomitanza con le crisi peggiori che siamo costretti a vivere, quasi che il tocco di colore e la cura di sé potesse tenerci aggrappati alla normalità. L’indice schizzò durante la seconda guerra mondiale – tanto che nell’Inghilterra di Churchill il rossetto fu uno dei pochi beni non essenziali a non essere razionato – ma pure dopo la caduta delle Torri Gemelle nel 2001. E con il Covid cosa sta succedendo? Le mascherine coprono le nostre bocche e rovinano le tinte per le labbra, ma una sorta di lipstick index, che misura la tenuta sul mercato dei prodotti beauty nonostante i confinamenti domestici, lo si può lo stesso abbozzare. Anche a Schio. “Le vendite di rossetti hanno subito una significativa contrazione - spiegano da Kiko Milano, negozio di cosmetici di via Garibadi dedicato soprattutto alle consumatrici più giovani -. Ma è indubbio che si desideri continuare a prendersi cura di sé. Abbiamo infatti compensato con le vendite dei prodotti per gli occhi, che diventano l’area del viso su cui concentrare l’attenzione. Certo, la vendita è cambiata molto perché non possiamo far testare i nostri prodotti come un tempo prima dell’acquisto, tuttavia il settore sta tenendo e la risposta del mercato non manca”. Maria Laura Manea, responsabile della profumeria Ethos Lauda di via Pasini, concorda sul cambiamento delle abitudini di acquisto e sulla generale tenuta del segmento di mercato, soprattutto rispetto a quelle categorie, come le calzature o l’abbigliamento, che sono state decisamente più toccate dalle restrizioni che ci hanno costretti all’interno delle mura domestiche,

Il Covid consuma più ombretti e meno rossetti La pandemia ha spazzato via anche “l’indice del rossetto”, che da decenni si impenna in concomitanza con le crisi peggiori e porta appuno a un maggior consumo di rossetti. Ma non si deve pensare che non ci si prenda più cura di sé: l’aumento delle vendite di altri prodotti beauty testimonia il desiderio di continuare a volersi bene. quindi più avvezzi a tute e ciabatte che a scarpe eleganti e vestiti da sera. “Rossetti ne vendiamo meno - concorda Manea - ma si acquistano decisamente più prodotti per far risaltare gli occhi. Anche il make up per il viso ha subito una flessione delle vendite, dal momento che una buona porzione del volto è coperta dalla mascherina, come pure i prodotti solari, visto che è diventato più raro uscire di casa. Tuttavia registriamo una tenuta sul comparto dei trattamenti: creme e, soprattutto, detergenti viso vengono molto richiesti, soprattutto nel momento in cui chiudono i centri estetici e ci si deve per forza di cose rivolgere al fai da te. Buoni risultati anche dai profumi: acquistare una buona fragranza significa concedersi una coccola immediata. È come indossare un bel vestito, ma la si può portare in tutte le occasioni ed è una delle forme più apprezzate di cura di sè”.

“L’attenzione alla detergenza è stato il filo rosso di tutto l’ultimo anno per la mia attività - interviene Domenica Frusti dell’Erboristeria di via Sareo in via Pasubio -. Senza contare le buone vendite di oli essenziali per purificare gli ambienti e di integratori per rafforzare il sistema immunitario. Oltre all’esigenza di sentirsi protetti, in ogni caso, è contato molto anche il desiderare di dedicare un momento di cura amorevole a sé o ai propri cari: complici i costi contenuti di questo tipo di prodotti, le persone si sono rivolte alla naturalità dei preparati erboristici – tanto cosmetici quanto legati a tisane e infusi – per regalarsi un momento sereno o regalarlo agli altri, con un’attenzione particolare e crescente rispetto alle componenti biologiche, richieste anche, ad esempio, nelle colorazioni per capelli, che si desiderano sempre più vegetali e prive di sostanze potenzialmente nocive per la propria salute”. Per l’epidemia di Covid, quindi, pare proprio che gli economisti e i sociologi dovranno studiare un nuovo beauty index, perché quello dei rossetti, evidentemente, non sarà in grado di testimoniare quanto le persone, uomini ma soprattutto donne, stiano continuando a dedicarsi alla cura di sé. In attesa di poter abbinare al profumo anche un vestito elegante per poter tornare a uscire di casa in compagnia. ◆



[26] ◆ Schio Attualità

Faber box, una parete per la street art? Lanciamo una proposta: un concorso per artisti (veri, non improvvisati) di street art per realizzare un grande murales a tema su tutta intera la parete laterale del Faber box, quella che guarda i licei e che mostra già qualche segno di usura.

O

Stefano Tomasoni

ps, la grande parete laterale del Faber Box che guarda verso i licei comincia già a mostrare qualche primo segno di usura. Complici le piogge e le intemperie dell’inverno, l’edificio da quel lato mette in evidenza un ingrigimento precoce nella parte alta e un antiestetico sbuffo di ruggine che dal penultimo piano si allunga verso il basso. Ancora niente di troppo evidente, ma in un edificio per il resto come nuovo (d’altra parte è stato inaugurato poco più di due anni fa) non è il massimo. Ecco qua, allora, la nostra idea per cogliere la palla al balzo e rimediare a quello che potrebbe essere l’inizio di un problema destinato a peggiorare e a produrre tra qualche anno effetti poco piacevoli per una struttura che deve trasmettere freschezza e innovazione. La proposta è quella di lanciare un concorso per artisti di street art che chieda la presentazione di progetti per realizzare un grande murales su tutta intera la parete. Si potrebbe fissare un tema da seguire, ad esempio un filone legato alla città e al territorio (la montagna, Alessandro Rossi, l’Omo in quanto simbolo di Schio...), oppure legato al mondo della scuola, allo sport, oppure ancora a un personaggio o a un evento che siano simboli importanti del tempo che viviamo. Oppure si può lasciare il tema libero e vagliare poi le proposte. Su questo aspetto si potrebbe coinvolgere per tempo le scuole del Campus con un sondaggio che faccia emergere i temi preferiti dai giovani. Esempi di “murales da palazzo” ormai abbondano in molte città, in Italia e all’estero. A Napoli ci sono, manco a dirlo, intere pareti di condomini con murales dedicati a Maradona, ma in varie città italiane ci

sono fior di lavori di street art di alta qualità. Quelli che davvero non mancano per prendere ispirazione, insomma, sono i precedenti. L’importante, in ogni caso, sarebbe fissare dei paletti inderogabili sulla qualità. Porte aperte per artisti “veri”, insomma, niente principianti: lo spazio su cui si tratterebbe di intervenire è troppo ampio e visivamente impattante per permettersi un risultato modesto. Nel caso, è necessario che sia un’opera gradevole alla vista per tutti, non un pugno in un occhio o una pacchianata. Altrimenti “pexo el tacòn del sbrego”. E niente “patchwork” di piccoli interventi da pochi metri quadrati ciascuno, ma un unico lavoro da “appaltare” a un unico artista. E ovviamente dovrebbe essere realizza-

ta con prodotti di altrettanta qualità, non con colori sottocosto destinati a stingere in pochi anni. Senza queste due condizioni di partenza, meglio non fare nulla e tenersi la parete grigia. Ovvio che anche un’opera del genere subirebbe i segni del tempo, ma quando si renderà necessario potrà essere replicata attraverso un analogo procedimento. Ricorrere a una seria forma di “street art”, insomma, potrebbe essere una buona soluzione per regalare al Faber box non soltanto una parete originale, senza più problemi di macchie di umidità o di ruggine, ma soprattutto un’immagine in linea con lo spirito dell’edificio, che si rivolge ai giovani e punta alla valorizzazione della loro creatività. ◆

Una targa in ricordo di Ettore Graziani

I

n occasione della Giornata della Memoria è stata scoperta, sul muro di cinta del cimitero di Santa Croce in via del Redentore, una lapide commemorativa in ricordo Ettore Graziani, che tra i deportati della città fu l’unico di religione ebraica. Nato nel 1876 a Vittorio Veneto e residente a Schio, Graziani lavorava come capotecnico della Telve (l’allora agenzia dei telefoni) fino a quando non fu licenziato a causa delle leggi razziali emanate dal governo fascista. Nel dicembre del 1943 venne arrestato dalla Guardia Nazionale Repubblicana di Schio e incarcerato nel campo di concentramento di Tonezza. Trasferito per motivi di salute all’ospedale di Schio riuscì a sfuggire alla deportazione ad Auschwitz, ma nel gennaio del ‘45 venne individuato dalle SS e un mese dopo venne arrestato e deportato. Morì nel lager di Bolzano il 16 aprile del 1945, pochi giorni prima della Liberazione. «Con questa lapide rendiamo completa la memoria dei nostri cittadini che persero la vita nella tragedia dell’Olocausto – ha detto il sindaco nell’inaugurare la targa -. Ricordare ogni anno questi eventi non è solo un obbligo istituzionale. È un dovere morale”.

Nei prossimi mesi verrà restaurata la lapide presente sulla facciata delle ex scuole di via Marconi in memoria degli scledensi deportati nei campi di sterminio, quella dedicata al partigiano Livio Cracco che si trova sulla parete della sua abitazione in via Della Pozza e la lapide posta lungo la muratura esterna del cimitero di Santa Croce che ricorda i partigiani scledensi, accanto alla quale è stata posta la nuova lapide in ricordo di Ettore Graziani. ◆



[28] ◆ Schio Una lezione di Dance well a distanza

Spettacoli

“D

Mirella Dal Zotto

ance Well – Ricerca e movimento per il Parkinson” è un’iniziativa ideata nel 2013 dal Comune di Bassano e arrivata a Schio nel 2016 promossa dalla Fondazione Teatro Civico, con l’intento di portare la danza in spazi museali e contesti artistici rivolgendosi principalmente, ma non esclusivamente, a persone affette dal Parkinson. “Da noi si pratica sul palcoscenico o all’aperto, nei luoghi storici della città - spiegano alla Fondazione Teatro Civico -. Dance Well contribuisce a migliorare il senso del ritmo, dell’equilibrio e del movimento, sviluppa relazioni interpersonali per combattere l’isolamento che spesso accompagna una malattia degenerante, stimola la creatività ed esplora nuove forme di espressione”. Nel 2015 il dott. Daniele Volpe, responsabile del Centro per la Malattia di Parkinson a “Villa Margherita” di Arcugnano, ha condotto uno studio di misurazione sui suoi pazienti, alternando la pratica di Dance Well a quella riabilitativa; dall’analisi dei dati s’è visto che la proposta Dance Well può essere definita ugualmente valida rispetto alla riabilitazione tradizionale, con migliori impatti a livello emozionale. Le lezioni promosse dalla Fondazione, offerte gratuitamente, si svolgevano ogni martedì e giovedì nella Sala del Ridotto del Civico; attualmente l’iniziativa è on line sulla piattaforma Zoom. Le insegnanti sono Giovanna Garzotto, Milli Cuman, Cristina Bacilieri e Vittoria Caneva. Col tempo il gruppo di Dance Well Dancers si è fortemente inserito nel contesto culturale scledense, anche partecipando alle visite guidate teatralizzate aperte al pubblico. “Frequento le lezioni da quando sono iniziate – afferma entusiasta Teresa Oriani -. La danza mi ha sempre appassionato e avevo voglia di riavvicinarmi, non avendola più praticata da molti anni. Dance Well

Un’attività prima delle restrizioni della pandemia

Con “Dance Well” adesso si balla online Attivo da cinque anni e finora sempre svolta in spazi museali e comtesti artistici a cominciare dal Teatro Civico, questo particolare progetto della Fondazione si svolge in questo periodo on line, sulla piattaforma Zoom.

mi è sembrata l’occasione giusta, perché si balla condividendo questi momenti con persone uniche e speciali. Probabilmente la mia è anche predisposizione e deformazione professionale, perché sono un’insegnante di sostegno alla scuola media e mi piace pensare alle difficoltà come possibili opportunità. Le lezioni al Civico, luogo magico, sono emozionanti e purtroppo quelle online non hanno la stessa intensità: mancano la forza degli sguardi, i contatti, la sinergia... Mi serve moltissimo, in presenza, vedere persone con difficoltà oggettive mettersi in gioco con passione, positività e addirittura diventare trainanti per tutti. Ho partecipato alla mia prima performance con una splendida ultraottantenne, che insieme ad altri mi insegna tuttora a vivere!” “Io invece sono affetto dal Parkinson – continua Amerigo Pugliese – e frequento le lezioni con costanza da tre anni e mezzo, su suggerimento di mia figlia. Provo un piacere psicologico nel far parte di un gruppo eterogeneo, con la stessa passione per la danza. Ballando ho parecchi benefici, soprattutto alle articolazioni e nei movimenti, che sono più disinvolti. Adesso siamo su Zoom e va bene così, ma in presenza si respira un valore di base per me molto importante: stare in un bell’ambiente artistico-culturale. Sa cosa spero? Che Dance Well non venga mai coinvolto in priorità di profitto e marketing. Grazie alla mia

esperienza sono riuscito anche a creare una libera associazione di volontariato in città, ‘Mr. James 1817 Alto Vicentino’, per organizzare riabilitazione e ricreazione nell’ambiente parkinsoniano”. “Ho un passato e un presente di danzatrice professionista in Italia e all’estero – conclude Giovanna Garzotto, del gruppo insegnanti – e dopo un brutto incidente mi sono maggiormente avvicinata alla danza contemporanea, interessandomi a esperienze performative in luoghi non convenzionali, ma coinvolgenti per le comunità. Dance Well è stato un naturale punto di arrivo. Il primo lockdown ci ha colto di sorpresa e abbiamo dovuto metterci in gioco con la tecnologia, perché non potevamo lasciare soli i nostri danzatori in un momento di grande fragilità.Appena abbiamo potuto, però, abbiamo organizzato i nostri incontri all’aperto, nel cortile di Palazzo Fogazzaro, e la frequenza è sempre stata molto alta. Di certo non curiamo la malattia, ma la pratica artistica è di grande giovamento e sviluppa l’immaginario connettendosi al proprio corpo. Non so dire se e quando riprenderemo le nostre lezioni in teatro, ma cercheremo di farlo il prima possibile, perché Dance Well è diventato un valore aggiunto per la città: si rivolge a tutti e gli interessati possono direttamente contattare la Fondazione per far parte di un gruppo dove il rapporto umano sta al primo posto”. ◆



[30] ◆ Thiene Sport

I

n punta di piedi, ma già su un palcoscenico internazionale a soli 18 anni d’età. C’è una libellula danzante che spicca il volo proprio da Thiene: si chiama Anna De Muri, giovane promessa della danza classica che da talento appena germogliato si affaccerà nel 2021 alla danza da professionista “volando” appunto in Russia, e precisamente a San Pietroburgo. Unica italiana tra le prescelte del Corpo di Ballo del “Mikhailovsky Ballet”, ha superato una selezione internazionale a cui hanno partecipato 200 aspiranti, esibendosi in una performance in un’inconsueta modalità di videoconferenza, anziché in un contest che doveva originariamente tenersi a Barcellona nei mesi scorsi. Tra tanti giovani che annaspano da un anno a questa parte anche a causa delle limitate opportunità professionali a causa della pandemia, c’è chi riesce a “strappare” un... contratto che rappresenta la realizzazione di uno dei sogni di un’ex bambina ora alle soglie della maturità. Piccoli passi, grandi sacrifici disseminati in un percorso intrapreso nella sua città, diretta da Rita De Biasi in Studio Danza Thiene, per poi consacrarsi a Milano all’Accademia Ucraina di Balletto, già assaggiando quindi un pizzico di foklore dell’est. Classe 2002, con

Anche Thiene ha la sua “Etoile” Anna De Muri, giovane promessa della danza classica. si affaccerà quest’anno alla danza da professionista “volando” in Russia, a San Pietroburgo.

diploma in tasca potrà vivere quest’avventura dopo aver convinto “a distanza” i maestri dell’antica arte danzante nelle selezioni dello scorso dicembre, denominate “Grand Audition”. La maggiore piattaforma di audizione internazionale di compagnie di balletto classico, che consente ai professionisti e neo diplomandi di età compresa tra i 17 e i 26 anni di mostrare le proprie abilità. A Anna De Muri sono giunti complimenti e congratulazioni per il “balzo”, anche da

parte delle autorità cittadine, in primis il vicesindaco Maria Gabriella Strinati.Anna, d’altronde, a soli 10 anni si era già messa in mostra proprio “in casa” interpretando in maniera impeccabile un balletto in assolo nel corso di un festival al Teatro Comunale. Chi la vide e la applaudì a quei tempi già si era reso conto del talento di quella ragazzina prodigio, capace di offrire emozioni che incantano ancor oggi chi la ammira sul palcoscenico. ◆ [O.D.M.]

Che bella idea la tombola letteraria La biblioteca civica di Thiene ha organizzato un’originale e tombola con protagonisti i libri, che ha visto la partecipazione entusiasta di venti bimbi dai 4 ai 7 anni.

“T

utti i bambini sanno che il gioco è piú nobile del lavoro”, recita un celebre detto, e oggi chi concede loro di ritrovarsi e divertirsi insieme in tempi di Covid e distanziamento sociale, è per loro il più “forte” dei super eroi. L’ottimo “lavoro”, quindi, è quello proposto dalla Biblioteca Civica di Thiene, che lo scorso 20 febbraio ha messo in piedi una riuscitissima “Tombola Letteraria” che ha visto la partecipazione entusiasta di venti bimbi dai 4 ai 7 anni (e dei genitori a supporto), con tanto di una coppia special guest a dare un tocco di internazionalità all’evento in modalità on line. Vale a dire due sorelline, figlie di un papà thienese d’origine trasferitosi per motivi pro-

fessionali (e sentimentali) In Repubblica Ceca, che si sono collegate ricorda insieme agli altri amichetti thienesi. Padre vicentino alla prossima vacanza in Italia non mancherà di passare a ritirare la “vincita” simbolica. Un’ora di allegria, davanti al computer di casa in costume di Carnevale per qualcuno, scrutando con attenzione il tabellone allestito dal personale della “biblio” che anima la sala per ragazzi. Su un pannello le classiche cifre erano sostituite da 99 copertine di albi illustrati che i bimbi conoscono in ogni virgola, dopo aver frequentato ad esempio le letture guidate. In venti tra loro si sono iscritti all’evento, occupando tutte le caselle disponibili e replicando la prima

edizione andata in scena invece “dal vivo” ad ottobre. E con premi in palio a tema che si potranno poi ritirare alla prima capatina nella sede di via Corradini. Libri per lo più in regalo, ma anche altre… dolci sorprese, sia da sfogliare che da gustare. I partecipanti, in ogni caso, hanno vinto (oltre a un’ora di allegria) un ricordo della giornata, mentre per i più fortunati che hanno centrato ambo, terno, quaterna, cinquina e la mitica tombola c’è stata la gioia extra di un hurrà. Ingegnosa la modalità adottata, con file in pdf inviati via posta elettronica al genitore, in modo poi da spuntare le “copertine estratte” stando incollati al monitor. Al resto ci ha pensato la tecnologia, con l’invito attraverso la piattaforma Google Meet. L’iniziativa offerta nell’ambito di “Bibliopassioni” rientra nel progetto nazionale “Nati per leggere” rivolto ai bambini in particolare dell’età prescolare. ◆ [O.D.M.]




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