Periodico di informazione dell’A lto Vicentino
anno IX n. 85 - dicembre 2020
Schio: Il saluto del cardinale Pietro Parolin, p.8 ◆ L’occasione delle parole di Liliana Segre, p.18 Thiene: Il raid Roma-Tokyo su ali di carta, p.9 ◆ Andrea Verona è mondiale di Enduro, p.24
Natale, nonostante tutto Quelle di quest’anno sono feste natalizie inevitabilmente diverse. Le preoccupazioni maggiori sono per negozi ed esercizi commerciali, che non possono contare sulle solite frequentazioni da parte della gente. Ma anche se fiaccati dalla pandemia, sia a Schio che a Thiene la maggior parte dei negozianti prova a rilanciare, continuando ad animare il centro.
Di mese in mese
Fine di un anno infame
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SchioThieneMese
Periodico di informazione dell’Alto Vicentino
Supplemento mensile di
Lira&Lira e La Piazza Direttore Stefano Tomasoni Redazione Elia Cucovaz Omar Dal Maso Mirella Dal Zotto Camilla Mantella Grafica e impaginazione Alessandro Berno Per inviare testi e foto: schiothienemese@gmail.com Per le inserzioni pubblicitarie Pubblistudio tel. 0445 575688
Stefano Tomasoni
inisce un anno che non è mai davvero iniziato. Se qualcuno ha la fortuna di avere in memoria qualche scampolo di normalità vissuto in questo disgraziato 2020, buon per lui. Erano filati lisci i primi due mesi scarsi, fino ai giorni di carnevale, anche se già da un po’ s’era preso a guardar storto i cinesi e a tenerli preferibilmente lontani – ce lo ricordiamo? - quasi che dovessero essere portatori di virus per il solo fatto di essere cinesi, anche quando la Cina l’avevano vista sì e no in cartolina. Poi a fine febbraio sono arrivati i primi stop, seguiti a ruota dal vero e proprio lockdown, quello che ha chiuso tutti in casa per una primavera di lacrime e sangue sotto tutti i punti di vista. Poi è arrivata l’estate, mesi strani fatti di turismo autarchico e libertà provvisoria. Poi ancora l’autunno delle paure di ritorno, delle quali ringraziare in discreta parte i tanti imbecilli che hanno approfittato delle ferie per fare quel che han voluto, contribuendo al ritorno del virus. Infine eccoci a questo inverno del nostro scontento che ci apprestiamo a vivere, con numeri di contagi e di morti tornati ai livelli di primavera e oltre. Un anno infame, con la pandemia che ci ha messi in gioco tutti in modo nuovo, ci ha portato a stravolgere i più banali comportamenti e a dover dimenticare le più scontate abitudini quotidiane, inaugurandone altre che fino a un anno fa avremmo considerato assurde e alienanti: restare distanti fin quasi a diffidare uno dell’altro, tenere sempre la mascherina addosso e igienizzarsi le mani ogni due per tre, non andare a scuola per mesi, abituarsi spesso a lavorare da casa magari con la cucina o l’angolo salotto trasformati in ufficio, fare la coda per entrare al supermercato, non andare più al bar per una birra o un cappuccino o al ristorante per un pranzo tra amici, sentirsi indifesi e a disagio in autobus e un po’ anche in treno, non poter viaggiare liberamente all’estero e nelle fasi
più acute non poter nemmeno uscire dal proprio comune, dimenticarsi di cinema e teatri, per gli amanti del calcio abituarsi allo spettacolo osceno delle partite senza pubblico... Un anno infame fino in fondo, visto che come ultimo bastardo colpo di coda s’è portato via anche Pablito. L’eroe del Mondiale dell’82, il campione della porta accanto arrivato a Vicenza a fine anni Settanta senza tre menischi e senza particolari referenze, ma per il quale il destino aveva in serbo un privilegio particolare, quello di regalare agli italiani una gioia collettiva talmente forte da diventare l’occasione per chiudere un’epoca piena di momenti drammatici e aprirne una nuova di riscossa e riscatto. L’occasione per resettare come paese; per capire che non eravamo destinati a essere sempre visti come gli italiani del “pizza e mandolino” o della copertina di Der Spiegel con la pistola sopra un piatto di spaghetti; per sapere che se si poteva battere perfino il Brasile ai Mondiali, allora si poteva fare davvero tutto. Di fatto, dopo gli anni Cinquanta e Sessanta del boom economico, dopo gli anni Settanta del terrorismo e dello stragismo, il “terzo tempo” dell’Italia contemporanea cominciò nel momento in cui Nando Martellini gridò “Campioni del mondo! Campioni del mondo! Campioni del mondo!”, la sera dell’11 luglio ‘82 al fischio finale di Italia-Germania (e buonanotte anche a Der Spiegel). Certo quelli che seguirono furono anche anni di illusioni e di vacche troppo grasse, ma è difficile non provare una fitta di dolorosa nostalgia al pensiero che il 2020 s’è preso pure Paolo Rossi. Soprattutto quando ci si trova impantanati, come ora, nell’epoca della beceraggine e dei dilettanti allo sbaraglio. Adesso l’anno infame è giunto davvero alla fine. Anche lui non ha potuto fare a meno di arrivare a Natale. C’è da star sicuri che se avesse potuto farlo, nella sua perfidia, lo avrebbe fatto. È riuscito a cambiarne l’atmosfera, questo sì. A rendercelo inevitabil-
Di mese in mese mente diverso, meno spensierato ed espansivo, meno frenetico e condiviso. Ma la si può mettere così: magari si presenta l’opportunità di sperimentare un Natale più intimo e riflessivo, da trascorrere tra gli affetti familiari più stretti. Si può fare, dai. Di fronte al dramma di centinaia di morti al giorno, di tanti ricoverati negli ospedali e nelle terapie intensive, di fronte alle sofferenze patite da tanti in questi dieci mesi, c’è il dovere di essere tutti attenti a non mettere in pericolo se stessi e gli altri. Sicché il fatto di non poter andare in montagna a sciare o di non fare il cenone di Natale in compagnia passa non in secondo, ma in decimo piano. Ed è allucinante pensare che qualcuno, forse in quel momento in difficoltà nel trovare il pretesto della settimana per fare caciara, si sia stracciato le vesti per la decisione di far anticipare di qualche ora la messa della sera di Natale, che peraltro dalle nostre parti non si celebra a mezzanotte da quel dì. Una di quelle polemiche ipocrite che fanno capire che no, non c’è verso che si possa uscire migliori. Ma intanto, cerchiamo di uscirne. ◆
Lo Schiocco Verso l’integrazione gomma-rotaia In attesa di poter tornare a usare i mezzi pubblici senza restrizioni e senza rischi, arriva un importante passo avanti verso il progetto di integrazione gomma-rotaia nel trasporto locale scledense, che ha lo scopo di incentivare l’uso del treno e dell’autobus in un interscambio reciproco a vantaggio degli spostamenti di studenti e lavoratori. Da anni si parla di realizzare una nuova stazione delle corriere nell’area antistante la stazione ferroviaria, dove esiste già una fermata frequentata da autobus in arrivo e in partenza. In attesa di interventi strutturali, è stato realizzato di recente – come si vede nella foto - un nuovo accesso che consente di mettere in collegamento immediato quanti, arrivando in corriera, hanno necessità di prendere la coincidenza del treno in partenza. L’opera è stata realizzata nottetempo dalla “Soliti Ignoti srl” al semplice costo di una cesoia. [S.T.]
[4] ◆ Schio Buon Natale
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Camilla Mantella
e luminarie ci sono. E pure gli alberelli. Se scattassimo una foto del centro di prima mattina, quando la città deve ancora iniziare a muoversi, sembrerebbe un Natale come un altro, con le vetrine addobbate a festa, i decori a tema e la brina sul selciato che, come al solito, ci mette a rischio cadute nel rigido inverno scledense. Si è lavorato molto, quest’anno, per dare alla stagione delle Feste una parvenza di normalità. Il doppio, se non il triplo degli inverni passati. La seconda ondata dell’epidemia, che si è abbattuta su un Alto Vicentino dove il sistema dei tracciamenti è sbandato in maniera estremamente rapida rendendo di fatto impossibile controllare i contagi, ha fiaccato ancora di più un settore, quello del commercio al dettaglio, già profondamente colpito da mesi di incassi compromessi. Eppure è Natale e la maggior parte dei negozianti prova a rilanciare i propri punti vendita continuando ad animare un centro che, tra un’ordinanza regionale e un decreto ministeriale, è sempre meno frequentato.
Il lavoro è continuato, pur tra le difficoltà “Il 2020 è stato un anno complesso da ogni punto di vista - spiega Nicola Minelli, manager del Distretto del Commercio di Schio e dell’associazione “Cuore di Schio” che riunisce le botteghe del centro storico - ma abbiamo cercato di non fermarci mai e di continuare a lavorare pur nel pieno rispetto di tutte le restrizioni imposte ai movimenti delle persone. Certo, ci eravamo immaginati più eventi e più occasioni di socialità per i mesi che ci siamo lasciati alle spalle: tuttavia abbiamo continuato a lanciare progetti e sostenere il piccolo commercio, cuore pulsante di ogni città viva, illuminata e sicura”. “Cuore di Schio” - associazione nata proprio per creare nel centro storico un centro commerciale naturale che punta ad animare strade e piazze offrendo un’alternativa ai centri commerciali, alla grande distribuzione organizzata e agli acquisti on line - ha avuto il suo bel daffare per coinvolgere la cittadinanza e invitarla, appena possibile, a vivere Schio e le sue vie del commercio. “Il centro è stato abbellito con otto isole di tre alberelli ciascuna, addobbati con medaglioni in legno che riproducono i monumenti simbolo della città – dice Minelli
In centro è Natale, nonostante tutto Anche se fiaccati dalla pandemia e costretti a feste in casa, la maggior parte dei negozianti prova a rilanciare, continuando ad animare un centro che, tra un’ordinanza regionale e un decreto ministeriale, è sempre meno frequentato. -. Grazie alla collaborazione con il Comune, che copre i costi delle luminarie, abbiamo cercato di garantire un’atmosfera natalizia. Fino a metà dicembre è stato possibile acquistare i ‘Buoni a Natale’, buoni acquisto che gli scledensi potevano comprare on line o presso alcuni negozi convenzionati del centro, grazie ai quali per ogni 10 euro di buono veniva riconosciuto, in cassa, un valore di 12 euro. Nell’impossibilità, poi, di organizzare iniziative in presenza per favorire il contatto coi clienti, abbiamo pensato a una condivisione sui nostri canali social di video promozionali dedicati ai negozi associati che hanno contribuito a tener vivo anche questo Natale”. L’impegno economico dei commercianti del centro per sostenere le iniziative natalizie dell’associazione non è scontato.
“Lo scorso anno avevamo avuto un’adesione record di 113 negozi che hanno aderito ai progetti natalizi del Cuore di Schio. Quest’anno siamo scesi a un’ottantina di esercizi commerciali che hanno sostenuto le spese. Un dato comuque estremamente positivo, che ci porta a ringraziare tutti i negozi che si sono impegnati e, in ogni caso, a comprendere quelli che non hanno potuto farlo a causa delle enormi difficoltà affrontate quest’anno”, specifica Minelli.
Buoni spesa e concorsi artistici “Ogni attività ha dovuto far fronte a diverse criticità nel corso del 2020 - interviene Andreina Viero, titolare della Cartolibreria Santacatterina e presidente dell’Associazione “Cuore di Schio” -. E si continua a lavorare sempre sul filo del rasoio, dato
Schio ◆ [5] che eventuali aperture o chiusure vengono decise decreto per decreto, ordinanza per ordinanza. Pianificare è impossibile: si affronta un giorno dopo l’altro. Lo stesso dover gestire ingressi scaglionati all’interno dei negozi rende la relazione col cliente più difficile e le attese all’esterno, con l’inverno, si fanno più pesanti. Devo dire che gli scledensi sono nella maggior parte dei casi molto disciplinati e aspettano con pazienza il loro turno, ma così è chiaro che si perde un bel po’ di quel servizio personalizzato, di quella parola in più, di quella spontaneità che rende preferibile fare acquisti nel negozio di vicinato”. “Il Cuore di Schio ce la sta mettendo tutta per sostenere le attività dei nostri negozi associati - prosegue Minelli -. Abbiamo attive molte iniziative. Coi ‘Buoni di cuore’, ad esempio, sono già circa una ventina le aziende che hanno distribuito buoni d’acquisto ai loro dipendenti da spendere negli esercizi del centro storico: una forma di welfare aziendale che ha generato oltre 20 mila euro di entrate, aumentando la capacità di spesa dei propri dipendenti trattenendo le risorse sul territorio. ‘Uno Scontrino per la Scuola’ è invece il nostro progetto di responsabilià sociale per donare materiale didattico alle scuole scledensi attraverso la raccolta di scontrini emessi da oltre 100 negozi aderenti in tutta la città. Per quanto riguarda, invece, la responsabilità ambientale, nel corso del 2020 abbiamo sostenuto l’installazione di cinque macchine mangia-plastica sul territorio comunale, che consentono a chi passeggia per le strade di Schio di smaltire correttamente i rifiuti plastici. L’ultima iniziativa, in ordine di tempo, è stata ‘Piazza Almerico da Schio. La piazza si fa bella!’, un concorso che ci ha permesso di abbellire la piazza attraverso le opere di 21 differenti artisti, cinque dei quali under 30”. Dallo scorso 28 novembre, infatti, le colonne dei portici della piazza sono colorate dalle opere di artisti provenienti da tutta
Italia, ai quali è stato riconosciuto un premio complessivo di circa 11 mila euro per la loro abilità creativa. In occasione dei novant’anni dalla morte di Almerico da Schio, per celebrarne l’ingegno e il coraggio che lo hanno portato a misurarsi con i voli in dirigibile in un momento storico in cui volare sembrava pressoché impossibile ed era estremamente pericoloso, si è pensato di ridare vita alla piazza che porta il suo nome ma che è più nota, a scledensi e non, come “Piazza del Bao”. Al concorso hanno partecipato oltre 170
“Il centro è stato abbellito con isole di tre alberelli ciascuna, addobbati con medaglioni in legno che riproducono i monumenti simbolo della città. Con la collaborazione del Comune, che copre i costi delle luminarie, abbiamo cercato di garantire un’atmosfera natalizia”. artisti – alcuni provenienti perfino dall’Inghilterra – e 3.600 euro degli 11 mila riconosciuti per i premi sono stati raccolti grazie a un’iniziativa di crowfunding che ha visto i negozi della piazza e del centro donare per poter abbellire i portici di uno spazio solitamente poco attraente.
I negozi di prossimità tengono vivo il centro “Lo sforzo per rimanere un punto di riferimento per la cittadinanza è, da parte dei negozianti, davvero considerevole - osserva Viero -. Cerchiamo di essere coesi, di farci forza l’uno con l’altro, nella consapevolezza che alcune categorie merceologiche sono state più
L’inaugurazione dei pannelli artistici installati sui piloni dei portici di piazza Almerico, un’iniziativa lanciata in questi mesi dal “Cuore di Schio” e arrivata in porto proprio nei giorni delle festività
Buon Natale colpite di altre. Io gestisco una cartolibreria, per cui il mio è un ambito diverso, ad esempio, rispetto a chi lavora con l’abbigliamento: ho risentito anche io di una contrazione dei consumi, ma ha meno impattato rispetto ad altri colleghi con cui ci confrontiamo quotidianamente. Con associazioni come il Cuore di Schio cerchiamo di fare rete, di sostenerci a vicenda e di continuare a tenere vivo il centro, che è di fatto una delle principali missioni del lavoro di tutti noi”. Acquistare nei negozi di vicinato, quest’anno più che mai, diventa un gesto di responsabilità e amore nei confronti del territorio in cui si vive. “Rispetto ad altri distretti commerciali, dove buona parte delle vendite proviene dai turisti – sia per piacere che per lavoro – Schio ha dalla sua l’aver conservato il suo usuale bacino di clientela, visto che i negozi del centro lavorano principalmente con i residenti in città o nei territori immediatamente limitrofi - precisa Minelli -. Ma è indubbio che ci siano delle difficoltà per i nostri commercianti, difficoltà che si sono abbattute soprattutto su chi aveva già delle criticità nella gestione del proprio business. Grazie anche al sostegno dell’Amministrazione comunale e dell’associazione di categoria, tuttavia, stiamo cercando di rivitalizzare il commercio locale: fino al 31 gennaio, ad esempio, il Comune dà la possibilità di parcheggiare gratis in centro per tre ore a chi si reca a fare acquisti”. Senza contare, poi, che il 2020 è stato l’anno della “scoperta” degli acquisti on line anche da parte di chi non era avvezzo a questo tipo di spese. “Amazon non è nato lo scorso febbraio - conclude Minelli -. E non ha alcun senso pensare a una lotta tra acquisti on line e acquisti fisici. La sfida è riuscire a integrare i due mondi, partendo dal presupposto che per vendere on line non basta aprire un e-commerce, ma servono iniziative di marketing e comunicazione strutturate e, soprattutto, progetti che portino i piccoli negozi a organizzarsi per un tipo di vendita molto diverso rispetto a quello a cui sono abituati. Questo, Covid o meno, sarà il vero tema dei prossimi anni per riuscire a mantenere quote di mercato e coltivare la propria clientela. Clientela sulla quale risulta di fondamentale importanza lavorare per un’educazione all’acquisto responsabile, sostenibile e, se possibile, locale. Forse l’epidemia, dopo tutto, ci porterà ad apprezzare di più la relazione umana con chi gestisce i negozi di prossimità e ci aiuterà a riflettere su quanto conti poter abitare in un centro storico animato, vivo e illuminato”. ◆
[6] ◆ Thiene Buon Natale “Vorrei invitare la cittadinanza e chi viene a visitare Thiene, a fare spese nei negozi tradizionali per dare una mano alla sopravvivenza delle nostre attività”, dice l’assesore al Commercio Samperi.
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Omar Dal Maso
Natale con i tuoi... negozi
erfino l’appello dei commercianti thienesi è già diventato contagioso, ma il fine è nobilissimo: acquistare Anche a Thiene tutti gli eventi “affollati” programmati per il periodo delle un dono natalizio nel negozio di vicinato, festività sono stati annullati. “Salvi” luci, luminarie, presepi e un grande per una volta badando meno al portafoglio albero di Natale in piazza Chilesotti. e più a una sorta di mutuo aiuto solidale. Eventi e attrazioni a fare da calamita per forza di cose sono stati annullati, come la mostra mercato “Tempo di Natale” di fine girato in collaborazione con i “cugini” di stile vintage e un trenino in centro. Idee novembre e il “Natale di Fiaba” di dicembre. Schio e una campagna di sensibilizzazione che non buttiamo, ma che riponiamo in un L’edizione 2020 delle festività sarà più unicalibrata sui social network lasciano intencassetto”. Non tutto è perduto, insomma, tanto è rica che rara – questo è l’augurio almeno -, dere che i commercianti locali non siano lasciando nello scatolone tante tradizioni rimasti a piangersi addosso. “Questa epidemandato e qualcosa pure rimane, come la (ma non tutte) tipiche nell’approssimarsi novità dell’albero di Natale per la prima mia non ci concede tregua e ci ha imposto al Natale. Un “mal comune” che tocca anvolta allestito in piazza Chilesotti, presepi decisioni obbligate, allora abbiamo cercae pupazzi nelle rotatorie che accolgono i viche i commercianti, del centro storico ma to di trovare un modo opportuno per solnon solo: sia il mandamento locale che il sitatori a Thiene. Oltre alla luminarie, con lecitare i cittadini con un messaggio. Oltre Comune di Thiene, infatti, hanno dovuto stelle e sfere luminose sospese, già accese. all’augurio ai nostri clienti di buone feste arrendersi, annullando alcune proposte che “Ai commercianti thienesi – conclude arriverà l’invito a effettuare acquisti nel accompagnano lo shopping di stagione. SoSamperi - dico di tenere duro, per quanto il negozio di vicinato”. periodo sia difficile. Soprattutto vorrei inLe sedi di Confcommercio di Thiene e no sfumate le novità pensate per attrarre Schio si sono “alleate” nella realizzazione gente in città e nello stesso tempo creare vitare la cittadinanza e chi viene a visitare di uno spot emozionale di 45’’ che rapprel’atmosfera magica della Natività. Il riferiThiene, quest’anno più di ogni altro anno, a fare spese nei negozi tradizionali per damento va alla pista di ghiaccio e una gransenta simbolicamente tutte le vetrine dei soci addobbate ad arte e la famiglia altode giostra, ma qualcosa si è potuto salvare. re una mano alla sopravvivenza delle no“Negli anni passati già da novembre iniziastre attività, magari acquistando un dono vicentina, due “poli” da ricongiungere in in meno on line e uno in più dal negozianquesto Natale particolare. “Dietro alla fevano i primi eventi al Castello Colleoni con la mostra e per le vie del centro con Natale te di vicinato”. licità di una persona che riceve un dono di Fiaba, ma in questo caso era impensabiSulla stessa linea d’onda Franco Benvegnù, gradito – spiega Benvegnù – c’è anche queldirettore di Ascom Thiene. Uno spot video le realizzarli portando migliaia di persone la nostra, di operatori del commercio. Una in città – spiega Alberto Samperi, asfelicità condivisa da tutti, insomma, basta un piccolo sforzo consapevole.” sessore al Commercio –. Poi l’animaPost festività cosa accadrà? “Se c’è zione, tutte idee portate avanti con una cosa che ci ha insegnato il CoAscom e Pro loco, fino al canto della Nina e l’evento finale con la Befavid è non guardare troppo in là e vina in piazza. Già a ottobre era chiavere alla giornata. Anche se per noi come Ascom la programmazione è ro che avremmo dovuto rinunciare, alla base di tutto: stiamo lavoransecondo buon senso. Peccato, perché eravamo pronti con i commerdo a una piattaforma virtuale e alla campagna dei saldi di fine gennaio, cianti per fare le cose in grande. Ad se sarà confermata. Poi più avanti si esempio era stato deciso di allestire vedrà, se questo virus ci lascerà lavouna pista ghiacciata 30x10 di fronte al Municipio, le casette con pro- Il segretario Ascom Franco rare non mancano le idee e la volondotti artigianali caratteristici, una Benvegnù. A destra: L’assessore tà di ritrovarsi. Quando sarà possibigiostrina decorata con i cavalli in Alberto Samperi le ci faremo trovare pronti”. ◆
[8] ◆ Schio Buon Natale Un saluto, quello di Parolin, che conferma come non abbia mai dimenticato quei primi anni giovanili né le tante persone conosciute e frequentate in quel periodo.
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Stefano Tomasoni
Il Card. Parolin qui in visita a SS.Trinità con accanto gli ex parroci don Angelo Lancerin e don Carlo Coriele
Il Segretario di Stato scrive a SS.Trinità
ari don Guido, don Domenico e don Loris, cari fratelli e sorelle della parrocchia di Ss.ma Trinità di Schio”. Inizia così la lettera che In occasione dei 50 anni dall’avvio della parrocchia, il cardinale Pietro il Segretario di Stato del Vaticano, il cardiParolin, attuale Segretario di Stato del Vaticano e di fatto “numero 2” nella nale Pietro Parolin, ha inviato all’Unità pagerarchia ecclesiastica, ha inviato un saluto alla comunità di SS.Trinità, storale Schio Est in occasione dei 50 anni di vita della parrocchia di SS.Trinità. Che il dove trascorse tre anni come diacono e cappellano all’inizio del suo servizio “numero due” della gerarchia ecclesiasticome sacerdote. ca, di fatto il prelato più influente dopo il papa, scriva a una comunità parrocchiale scledense per un’occasione tutto sommaabituati a fare gite ed escursioni sui mondimenticabile, dei tre anni di questa ormai to di interesse locale sarebbe ovviamente lunga storia trascorsi insieme”. impensabile, se non fosse che quel prelato, ti che circondano Schio sanno che cosa si“Cinquant’anni non sono pochi neppure come in città tutti sanno, ha iniziato la sua gnifica arrivare a un piccolo centro abitato per una parrocchia – prosegue il cardinale straordinaria “carriera” a Schio, come diae potersi dissetare a una fontana di acqua -. Soprattutto quando si è trattato, come nel fresca e cristallina… Non c’è bibita che tencono e poi cappellano appunto a SS.Trinità, nostro caso, di anni tumultuosi, caratteriztra il 1978 e il 1982. ga! È questo, dunque, il mio augurio per la Un saluto eccezionale, dunque, quello del carissima parrocchia di Ss.ma Trinità: che zati da radicali cambiamenti di mentalità Segretario di Stato, che conferma come continui a essere quella fontana del village di costume, tanto che papa Francesco ha “don Pietro”, come lui stesso si firma in coniato l’espressione «non un’epoca di camgio, capace, attraverso la testimonianza di calce al messaggio, non abbia mai dimenfede, speranza e carità di tutti i suoi membri, biamenti, ma un cambiamento d’epoca». di dissetare la profonda sete che c’è in ogni Nel saluto, Parolin ricorda le immagini usaticato quei primi anni giovanili né le tante uomo. Compito che diviene ancora più urpersone conosciute e frequentate in quel te da Francesco e da Giovanni XXIII in riperiodo. Come dimostra, del resto, il fatto ferimento alla parrocchia, definita dal prigente in questi tempi difficili del Covid-19”. che Parolin sia già tornato a Schio alcune Parolin ricorda infine le persone con le quamo «santuario dove gli assetati vanno a bere volte da quando è a fianco di Papa Franceper continuare a camminare» e dal secondo li aveva collaborato più da vicino nei suoi «l’antica fontana del villaggio, che dà l’acanni scledensi, “sotto la guida di don Angesco, per inaugurare il nuovo centro parrocqua alle generazioni di oggi, come la diede lo Lancerin e insieme a don Beppe Gobbo, a chiale di SS.Trinità e per visitare Santa Baa quelle del passato»: “Molti di voi che sono don Fernando Munari, a don Bruno Berton khita al complesso delle Canossiane. e a suor Chiara Carraro: catechisti, “Avrei tanto desiderato venire a Ss. animatori di gruppi, capi scouts, ma Trinità l’8 dicembre e condivicristiani impegnati nella comunidere, nella bella solennità dell’Imtà ecclesiale e nella vita civile, anmacolata, le celebrazioni per il 50mo anniversario della parrocziani, giovani, ragazzi, bambini...”. Ma il Segretario di Stato non si è chia, eretta dal vescovo Carlo Zinalimitato alla lettera. Ci ha aggiunto l’8 dicembre 1970”, scrive mons. Parolin. Ma ci sono le difficoltà e le to anche, a inizio di questo mese, limitazioni imposte dalla pandeun ulteriore saluto in un collegamento video con quanti hanno mia, e la visita è risultata impospartecipato al periodico incontro sibile da realizzare, per cui Parolin della parrocchia sulla lectio divina. porta il suo saluto “pieno di proQuarant’anni dopo, insomma, fondo affetto per tutti e per ciasembra proprio che “don Piero” scuno, per quelli che conosco pernon abbia ancora smesso di respisonalmente e per quelli che non Una curiosa e simpatica immagine giovanile di mons. Parolin, quando fu ho mai incontrato, nel ricordo, in- a SS.Trinità come cappellano; qui è intento a...pelare patate rare l’aria che arriva dal Pasubio. ◆
Thiene ◆ [9] Il modellino in cartone dell’aereo di Ferrarin, consegnato in questi giorni agli studenti thienesi
Buon Natale Uno stormo di aerei...di cartone è in fase di atterraggio sulle scrivanie di tutti gli studenti thienesi delle scuole primarie e medie inferiori.
Il raid Roma-Tokyo su ali di carta Consegnati a oltre 3.200 studenti delle scuole cittadine i modellini in cartone da montare del mitico SVA 9 di Ferrarin utilizzato nella trasvolata verso il Giappone.
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Omar Dal Maso
no stormo di oltre tremila aerei è in fase di atterraggio sulle scrivanie di tutti gli studenti thienesi delle scuole primarie e medie inferiori. Si tratta di modellini in cartone, da montare attraverso un kit, regalati dal comune di Thiene ai ragazzi come ricordo delle celebrazioni del Centenario del Raid Roma-Tokyo. E per consacrare l’impresa del loro concittadino Arturo Ferrarin, protagonista anche di una storia a fumetti apparsa nella “mitica” rivista Corriere dei Piccoli – nel 1968 – ristampata e allegata nel pacco dono per gli alunni dell’Istituto Comprensivo unico di Thiene (e scuole paritarie). Un gioco prima di tutto, da montare seguendo le iscrizioni, a riprodurre su stampa digitale l’aereo Ansaldo Sva 9 con cui l’aviatore avventuriero nel 1920 riuscì a sorvolare parte dell’Europa e tutta l’Asia fino ad approdare in Giappone, unico della flotta “in gara” a completare tutto il percorso, a tappe, e durato oltre tre mesi, dal 14 febbraio al 31 maggio. Solo lui e Guido Masiero, insieme ai fedeli motoristi come passeggeri, riuscirono a raggiungere la capitale nipponica, celebrati in Estremo Oriente con fasti inimmaginabili per quell’epoca. Mentre erano stati 11 i velivoli a prendere quota allo start dalla pista di Centocelle
a Roma, con gli altri aviatori periti per incidenti aerei o costretti alla rinuncia per guasti lungo la faticosa quanto inedita trasvolata. Con l’immaginazione, alunni e alunne potranno ripercorrere quel mirabile viaggio tra i cieli dell’Eurasia, con la possibilità poi di sfogliare, oltre alle vignette in abbinata, anche un nuovo volume pubblicato di recente sulla trasvolata. Il libro “Vento d’Italia sul Giappone”, di Gaetano Dal Santo, dedica 200 pagine al racconto della trasvolata ed è stato donato in più copie – 150 per la precisione - a tutti gli istituti del territorio, a disposizione delle rispettive biblioteche scolastiche. A distanza di un secolo dall’impresa di uno dei thienesi più illustri, rampollo di una famiglia di industriali del tessile che a poco più di 25 anni decise di osare, la città ha celebrato un Centenario a metà, a causa dell’interruzione e dell’annullamento di alcuni eventi programmati. Tanto lavoro non del tutto disperso che, epidemia permettendo, vedrà la sua luce nel 2021. Intanto, il kit di doni, accompagnati da una lettera di sindaco e assessore, è giunto puntuale, “atterrando” nella mani dei più giovani concittadini dell’avio-aviatore. “Abbiamo sempre a cuore i più piccoli, in questi mesi particolarmente difficili che la scuola sta attraversando – spiega Giam-
pi Michelusi, referente del Centenario in quanto tra gli incarichi del suo assessorato c’è anche quello all’aeroporto Ferrarin –. Questa iniziativa loro dedicata, nell’ambito dell’evento commemorativo, ora si carica ancor più di un simbolico augurio a riprendere presto quota, riservando un’attenzione particolare alle scuole nell’approntare il programma delle iniziative per il Centenario. Con questo omaggio agli studenti vogliamo stimolare i giovani non solo alla conoscenza storica, ma anche alla creatività e a credere ai propri sogni, come fece cento anni fa Ferrarin, allora giovane ventenne”. ◆
L’assessore Giampi Michelusi
[10] ◆ Schio Buon Natale
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Mirella Dal Zotto
aro Babbo Natale, se passi per Schio, per prima cosa ti prego di fermarti, perché Schio merita di essere conosciuta. Arrivando dall’alto, noterai un cono di luce che ti guiderà; se vuoi, puoi parcheggiare nello stabile a vetri quasi disabitato che è lì vicino, penso che nessuno si accorgerebbe di te e delle tue renne. Poi, visto che sei in zona, dà un’occhiata alla stazione: con il nuovo DPCM (Ditemi Presto Come Muovermi) dovevano diminuire i posti a sedere per favorire il distanziamento, ma forse a causa di un’errata interpretazione sono state diminuite le carrozze: da due a una, spesso anche nelle ore di punta. Se le tue renne si accodassero al vagone, qualcuno ci salirebbe sopra e le distanze verrebbero finalmente rispettate. Fatti poi un giretto in centro, dove noterai delle gigantografie della vecchia Schio in parecchie vetrine: una specie di ritorno al futuro, perché qui molti negozi chiudono per non riaprire più. Può darsi che non ti piaccia la Piazza del Bao e può darsi anche che non ti piaccia Piazza Statuto, ma non ti preoccupare: Piazza Statuto la rifacciamo meglio e quella del Bao te la teniamo così per prendere la rincorsa quando risali, vedrai che spinta! Piazza Falcone e Borsellino è carina, vero? Peccato che sia popolata da ragazzacci che non fanno i bravi: sono sempre gli stessi, ma non vengono mai puniti a dovere; per loro, mi raccomando, niente regali, perché mi sa che se li fumerebbero. Dato che stiamo toccando l’argomento-giovani, caro Babbo Natale, devi sapere che ne abbiamo di bravi, ma quelli proprio bravissimi se ne vanno all’estero, spesso dalle tue parti, perché qui non ci sono più tante ditte come una volta e il lavoro di qualità scarseggia. Chi rimane, inoltre, ha poche occasioni di dolce vita e adesso è proibito anche lo struscio in centro. Così tutti si accalcano, poverini, nei bar, senza mascherina: lo fanno in segno di protesta e mi sembra che le forze dell’ordine approvino l’atteggiamento, perché passano poco in ricognizione e non mi è mai capitato di vedere qualcuno multato. Quando arriverà l’immunità di gregge i nostri polmoni saranno già compromessi, e questo grazie a un incontrollato spritz di troppo. A proposito di polmoni, devi sapere che siamo una città dove quasi sempre l’aria è pulita; abbiamo un grande inceneritore che, dicono, non emana fumi dannosi per
Caro Babbo Natale, se passi per Schio... Tra il serio e il faceto, lettera all’uomo in rosso dalla grande barba bianca che in questi giorni sta portando i regali in giro per il mondo. E sicuramente passerà anche per Schio... la salute: sarà anche vero, ma chi ci abita vicino la puzza la sente e spera solo che sia bio. Va’ a vedere se le tue renne brucano volentieri l’erba da quelle parti. Abbiamo due teatri: uno è piccolino e lo stiamo restaurando da anni perché ci piace proprio tanto, ma ci abbiamo buttato dentro tantissimi soldi e lo dobbiamo ancora finire. L’altro ha quasi novecento posti, però presto ci siederemo per terra perché tante poltroncine sono quasi sfondate. Allungami un gratta e vinci di quelli giusti, mi piace tanto andare a teatro e saprò farne buon uso, promesso. Avevamo anche la Lanerossi, qui a Schio; sai, proprio quella fabbrica che per tanti anni ha procurato la materia prima per il tuo inconfondibile vestito! In centro è rimasta la Fabbrica Alta e ogni tanto ci divertiamo a illuminarla artisticamente, mentre la Lanerossi in zona industriale non la vuole più nessuno e verrà invasa dalle piante infestanti o comprata da qualche cinese.Ti consiglio di tenerti stretto il vestito che hai, perché l’unica soluzione potrebbe
essere una lana che brucia come un petardo vicino a una fonte di calore. Un pensiero finale e premuroso: se data l’età ti dovessi sentire male, mi raccomando, non finire all’Ospedale di Santorso, perché ora è tutto per i malati di Covid e gli altri se ne vanno dove possono, sperando di trovar posto. Ma non planare nemmeno vicino al vecchio, di ospedale: lo so, lo so, ti piacerebbe con tutto quel parco alberato davanti… però l’abbiamo chiuso e molto probabilmente fra qualche anno saremo costretti a demolirlo. Pare che ci siano dei progetti, ma quando si dice così spesso non si sa che fare. Guarda, Babbo Natale, io sono contenta di abitare a Schio, dove la gente non è solo un numero, ma tutto si può e si deve migliorare. Ci saranno posti che avranno la precedenza, ma un regalo a Natale si fa a tutti! Magari te ne ho suggeriti troppi in questa letterina, ma che letterina sarebbe se non scrivessi tutto quello che vorrei vedere sistemato? Magicamente, pensaci tu. ◆
[12] ◆ Schio Donazioni di sangue da parte di volontari iscritti all’Avis scledense
Buon Natale
Per Avis e Croce Rossa è boom di nuovi soci L’emergenza sanitaria e le sofferenze portate dalla pandemia ha prodotto un risultato confortante sul tessuto sociale del territorio, spingendo molte persone, in particolare giovani, a mettersi al servizio degli altri. Un fenomeno che accomuna due fra le più storiche realtà del volontariato scledense come l’Avis e la Croce Rossa.
N
Elia Cucovaz
atale è il momento dell’anno tradizionalmente dedicato al dono. Ed è in questo periodo che diventa particolarmente giusto parlare delle tante persone che hanno deciso di regalare al prossimo, senza distinzioni, qualcosa di speciale: una parte di sé. L’epidemia di Covid 19 che sta colpendo anche l’Alto Vicentino, sia sul piano sanitario che su quello economico, ha avuto anche un effetto positivo. Quello di spingere molti, in particolare giovani, a mettersi al servizio degli altri. Un fenomeno che accomuna due fra le più solide e storiche realtà del volontariato scledense come l’Avis e la Croce Rossa, che quest’anno hanno visto crescere il numero di coloro che hanno deciso, per la prima volta, di dedicare il proprio tempo, il proprio impegno e il proprio corpo a favore della collettività.
Avis, aumentano i donatori «Quest’anno c’è stato un lieve calo delle donazioni di sangue, soprattutto durante il primo lockdown. Ma c’è stato anche un
aumento dei nuovi donatori e questo costituisce una grande risposta del nostro territorio alla sfida del virus e gratifica il lavoro di tutti noi volontari». Giulio Fabbri, presidente di Avis Alto Vicentino, espone con soddisfazione il “bilancio” di questo anno difficile, che però ha visto crescere nel territorio la voglia di compiere un dono preziosissimo come quello del sangue. Un dono che oggi può essere ancora più prezioso, in quanto anche a Schio è in corso la raccolta di plasma iperimmune donato dagli ex malati di Covid-19, che contiene gli anticorpi contro il virus e che può aiutare altri malati. Sono state 6.178 le donazioni avvenute alla Casa della Salute dall’inizio del 2020, con un calo del 3,15% rispetto allo scorso anno. «Un fatto legato soprattutto al picco negativo dei mesi di marzo e, ancor più, di aprile, quando le donazioni si sono ridotte del 25% - sottolinea Fabbri -. Un calo quasi completamente compensato, comunque, da una crescita nei mesi estivi successivi». Il minor numero di donazioni ha anche ragioni organizzative. È infatti legato alla programmazione dei centri trasfusionali,
in quanto la sospensione degli interventi chirurgici differibili connessa alla pandemia, e messa in atto tanto nella prima ondata quanto in questa seconda, ha determinato anche un calo della richiesta di sangue. In ogni caso, quel che ha fatto particolarmente piacere registrare, proprio in un anno così difficile, è la crescita del numero di coloro che hanno deciso di donare per la prima volta. I nuovi donatori iscritti all’A-
Schio ◆ [13] vis Alto Vicentino sono stati 231 nel 2020, con un aumento del 3,6% rispetto al 2019. Un ingresso di nuovi volontari che non si è interrotto nemmeno durante il primo lockdown e che ha registrato i numeri maggiori a maggio, giugno e luglio. «Oggi continuiamo a utilizzare il sistema di prenotazioni online o al telefono introdotto già da diversi anni prima della pandemia e quindi ben rodato - spiega Fabbri -. Ovviamente a tutti i donatori viene rilevata la temperatura, vengono disinfettate le mani e vengono adottate tutte le fondamentali misure di precauzione». Norme sanitarie che non hanno scoraggiato i donatori scledensi dal portare avanti un impegno a beneficio di tutta la comunità. «Nelle ultime settimane abbiamo sostenuto tra tutti i nostri iscritti la campagna in corso anche nell’Ulss 7 per la donazione di plasma iperimmune, contenente cioè gli anticorpi per il virus, che può essere prelevato da ex pazienti Covid guariti», continua il presidente dell’Avis. Il progetto è condotto nell’ambito di uno studio dell’Università di Padova e finanziato dalla Regione Veneto. Possono donare plasma iperimmune tutte le persone comprese tra i 18 e i 64 anni che siano state positive al Covid e che abbiano presentato almeno un sintomo della malattia. «Per partecipare, è possibile rivolgersi al nostro centro trasfusionale alla Casa della Salute De Lellis (0445 598132, dalle ore 8 alle 11), dove avverrà un primo screening - spiega Fabbri -. Le donazioni vere e proprie, poi, avverranno a Vicenza. Non abbiamo dati su come stia procedendo questa campagna sul nostro territorio, in quanto, come associazioni di donatori, abbiamo solo il ruolo di informare e sensibilizzare. Tuttavia, anche se la possibilità di donare deve essere valutata caso per caso, riteniamo che molti vorranno dare il loro contributo, perché proprio coloro che hanno sperimentato il Covid sulla propria pelle, in genere, sono quelli più consapevoli e i più motivati anche a dare il proprio aiuto alla lotta contro la malattia».
Croce Rossa, boom di volontari Anche per il Comitato di Schio della Croce Rossa Italiana, in prima linea sul territorio nell’aiuto a persone in difficoltà a causa del Covid e non solo, quest’anno si chiude con un aumento record del numero dei volontari, in particolare giovani: + 30%. Con la prima ondata dell’epidemia l’associazione ha lanciato un appello per trovare nuovi volontari “temporanei”. In città questa chiamata è stata raccolta da tante persone che hanno deciso di mettersi in gioco per aiutare gli altri e che sono andate a rinforzare le fila dell’associazione. Ulteriori nuo-
Buon Natale
Qui e nella foto in basso alla pagina accanto attività di consegna di materiale da parte dei volontari della Croce Rossa
vi elementi sono entrati dopo l’estate: 90 in totale su 320 iscritti complessivi. Nuove forze che hanno consentito alla Croce Rossa scledense di portare avanti negli scorsi mesi e ancora oggi numerose attività, come la consegna di viveri e medicinali a persone fragili. «Siamo molto soddisfatti di vedere che la nostra comunità ha reagito alla pandemia anche con la voglia di mettersi a disposizione degli altri - spiega il presidente del comitato locale della CRI, Marco Malfatti -.
Nel 2020 i nuovi donatori iscritti all’Avis Alto Vicentino sono stati 231, con un aumento del 3,6% rispetto al 2019. Alla Croce Rossa si sono iscritti invece in 320, con un aumento record del 30%. E siamo particolarmente orgogliosi del fatto che tra i nuovi elementi, che ormai si sono ‘stabilizzati’ svolgendo il nostro corso di formazione, ce ne siano moltissimi di giovani: ragazzi e ragazze brillanti e pieni di competenze». Molti nuovi volontari hanno infatti tra i 20 e i 35 anni, ma non ne mancano addirittura di più giovani, che ancora frequentano le scuole superiori. Una bella soddisfazione, visto che in molte realtà di associative questa fascia appare proprio quella più difficile da coinvolgere. «Di fatto è un fenomeno che non riguarda solo Schio, ma che
vediamo molto simile anche in altre parti d’Italia: la pandemia ha fatto emergere in molti giovani e la voglia di partecipazione». E così il comitato scledense ha potuto mettere al lavoro circa 25 persone al giorno nei periodi più “caldi”, riuscendo a svolgere il servizio gratuito di consegna a domicilio di spesa (360 richieste) e medicinali (170) per anziani, disabili, immunodepressi e positivi in isolamento. (Per usufruire del servizio chiamare il numero 0445691442, attivo dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 12.30). Ma i volontari della CRI si sono impegnati in questo periodo di emergenza sanitaria anche per tante altre attività. Come la consegna, collaborando col Comune, dei “Buoni Spesa Covid” a oltre 700 concittadini in difficoltà. E poi il mantenimento di un centro di ascolto telefonico. E ancora il controllo accessi all’ospedale Alto Vicentino e l’esecuzione di 650 test sierologici alle forze dell’ordine del territorio. Nuovi servizi che si sono aggiunti a quelli consolidati, come il servizio di primo soccorso in ambulanza e trasporto di malati. «Grazie a tutte le nuove forze che si sono unite alla nostra associazione in questi momenti difficili, saremo in grado di mettere a disposizione del territorio un servizio ancora più importante anche per gli anni a venire» conclude Malfatti. Ed è proprio questo il dono più importante e più concreto che una comunità può fare a sé stessa e che può avvenire grazie all’impegno di tutte le molte associazioni di volontariato, che a Schio sono oltre 130, attive in diversi ambiti. Perché se il virus ci ha forzatamente isolati e tolto tante certezze, l’unica reazione possibile è quella di dimostrarsi più uniti e solidali. Un piccolo dono da parte di molti, rende tutti più forti. ◆
[16] ◆ Thiene Il personaggio
A
Omar Dal Maso
bituata a fidelizzare i clienti per 40 anni, è diventata col tempo una “fedelissima” del Cammino di Santiago, catalizzando anche la... fiducia di tanti conoscenti che le chiedono consigli prima di intraprendere un pellegrinaggio. Elisa Cattelan lo ha compiuto per ben 9 volte nella sua vita. Attenzione, solo finora. Seguendo itinerari diversi, con la versione pura del camino francès di 800 chilometri come preferita, percorsa a piedi fino alla cattedrale di San Giacomo, nel lembo di terra della Spagna atlantica. La pellegrina vicentina parte da Carrè, zaino pieno in spalla, mente libera e leggera da riempire di ciò che offre il percorso in termini di spunti di riflessione, incontri, emozioni uniche. Oggi è in pensione, da un mese appena. E se qualcuna le ha chiesto in questi giorni “Signora, ma cosa farà adesso?”, la risposta è stata “siediti qui che ti racconto un po’”. Elisa ha compiuto 60 anni, di cui 40 in “bottega” come si diceva nel 1980, nell’anno dell’inaugurazione dell’allora “Cattelan Sport”. Titolare, da giovanissima, del punto vendita di Zanè di articoli sportivi dedicati in particolare al tennis e allo sci, sulla... scia dei campioni italiani come Panatta, Thoeni e più avanti Tomba. Uno spazio da 350 mq, che ha saputo rinnovarsi “a metà dell’opera”, nel 2000, dedicandosi all’abbigliamento tout court e mutando l’insegna in “Cattelan Moda & Sport”. Il 14 novembre ha chiuso i battenti. Di chilometri all’interno del suo negozio, Elisa ne ha percorsi di più perfino rispetto alle interminabili marce nei periodi di vacanza. Con un motto rivisitato, tutto in dialetto, ad accompagnarla, insegnato da papà Mario, pioniere dell’arredamento, scomparso tre anni fa: “in campagna vaghe, in botega staghe”, stravolgendo il proverbio veneto per adattarlo alla vita di chi, commerciante a 360 gradi, si reca quotidianamente a dirigere le danze nella propria attività. “Business xe business diceva inoltre – racconta - ed è un po’ vero che chi è nel commercio a volte perde il contatto con la vita reale, quasi come vivesse solo nel proprio negozio perché è lì che tutti sono abituati a vederti”. Guai a non trovarsi “altro”. Una valvola
Elisa ha fatto nove volte il Cammino di Santiago
Elisa Cattelan durante alcune delle sue camminate
Elisa Cattelan, la titolare di Cattelan Moda & Sport che ha chiuso l’attività di Zanè dopo 40 anni di storia, è una camminatrice indefessa. Percorrere nove volte il famoso pellegrinaggio in terra spagnola è soltanto una delle sue imprese. E se le si chiede cosa spinge a replicare tanta fatica, risponde: “Solitudine, introspezione, incontro, condivisione con altri pellegrini”.
di sfogo, un hobby, o per lei dopo gli “anta” di onorato servizio, un doppio cammino: gambe in spalla sì, ma anche interiore. “Dopo esperienze simili si torna a casa e alla vita quotidiana ricaricati e rigenerati. È un qualcosa che sai che ti fa bene, un modo per ossigenarsi e disintossicarsi. A ogni viaggio torno cresciuta, perché si impara ad apprezzare l’essenziale. Sono stata fortunata ad avere la possibilità di fare centinaia di chilometri: sono la metafora del cammino della vita”. Fortunata o caparbia? “Lo devo alle ‘mie ragazze’ Silvana e Rosanna, le commesse del negozio. Quando parlo di loro le definisco così. Se non avessi potuto contare su collaboratrici così valide, non avrei mai intrapreso viaggi simili e partire serena. Tutte andiamo in pensione in questo 2020, dopo un lungo viaggio fatto insieme, per loro di 36 e 39 anni con me”. Cosa spinge a replicare tanta fatica? “Solitudine, introspezione, incontro, condivisione con altri pellegrini. Un viaggio
in cui cammini al fianco di sconosciuti ma uguali a te, che siano ingegneri aerospaziali o umili lavoratori. Quando penso ai cammini emergono questi elementi chiave, sono questi che ti fanno ritornare, facendoti assaporare cosa sia l’armonia. Una calamita che attira, quasi una droga, altrimenti non si spiega. Grazie alle ‘mie ragazze’ e alla mia famiglia che mi ha assecondato ho potuto ritagliarmi lo spazio necessario. Quindi in pensione potrò continuare a coltivare questa e altre passioni, non mi annoierò di certo. Poi sono anche nonna di due splendidi nipotini, con un terzo in arrivo”. Essere pellegrino significa intraprendere un percorso, per avvicinarsi a Dio o a se stessi. Concorda? “Io sono credente ma credo valga anche per altri, non solo per me: gli amici mi trovavano cambiata, cresciuta e carica, piena di gioia, a ogni ritorno, e mi piace pensare che tutte queste persone ne beneficino. Una sensazione fantastica e che suscita curiosità verso questo tipo di
Thiene ◆ [17] esperienza, invogliandoli. Tanti però sono stati bloccati dalla paura. E mi dispiaceva per loro. Così mi sono messa a disposizione, 5-6 anni fa, per chi si avvicinava alla prospettiva, vere e proprie richieste di aiuto. Perché tenere solo per me il bagaglio personale dei miei cammini? Sarei stata egoista: dal consigliare cosa mettere nello zaino alla preparazione delle tappe, dire cosa è superfluo e cosa necessario, dove dormire negli ostelli. È stato bello aiutarli, una sorta di formazione per farli partire sereni, anche dal punto di vista della preparazione fisica, che non è secondaria. Poi da lì è nata l’idea dei gruppi di cammino, con escursioni qui in zona. Non è stato sempre semplice conciliare la mia attività con tutto questo. Ora ne ho un po’ di più a disposizione”. Da impiegare come? “Tutto questo mi ha fatto innamorare delle Spagna, inoltre, e con un gruppo di donne organizziamo dei viaggi brevi a Barcellona e Madrid, di 3-4 giorni. Faccio un po’ da guida, sempre e solo per passione, forse un modo tutto mio di dedicarsi agli altri”. Istruttrice qualificata da tempo di nordic walking, prima del break forzato a causa della pandemia, a Carrè si è messa a disposizione come walking leader: appunta-
mento alle 8 di mattina per camminate di gruppo, in compagnia. Un’attitudine, quella della socialità e del mettere a proprio agio chi sta di fronte, mutuata in campo lavorativo, dove non è mai rimasta ferma. Anche qui, insomma, sempre in marcia. “Ho imparato un’arte, con l’aiuto di mio padre e mio fratello, considerando ogni cliente come una persona che entra in un negozio non per spendere e basta”. Ha funzionato sembra, lo dicono gli “anta” di attività raggiunti. “Vedere clienti affezionate con gli occhi lucidi quando le ho informate della chiusura è stato toccante. Alcune di loro, tra l’altro – ci confida con il sorriso - me le sono portate avanti per 40 anni. Ha significato molto per me. Segno che un certo modo di fare accoglienza paga, la nostra politica è sempre quella di non insistere, niente strategie di vendita: così si è creato un rapporto intimo, l’importante era dare loro un momento di piacere sotto il profilo umano e far passare un’ora piacevole, la felicità per un acquisto diventava semmai un valore aggiunto”. Anche questo cammino, il più lungo, sempre sul piano delle metafore, si è concluso. Rimpianti? “Fa un certo che parlare al passato e non al presente, ma la decisione
Il personaggio
di chiudere è stata presa un anno fa, il Covid-19 non c’entra nulla. Ho portato a fine carriera, diciamo così, le mie commesse, e nella maniera più assoluta non avrei mai continuato senza di loro, ormai facevano parte della famiglia, ben più di uno staff di lavoro. E ora tocca anche a me. Si è chiuso un ciclo naturale e non bisogna mai avere paura dei cambiamenti, se ponderati. Ora dedichiamoci ancora di più ai pellegrinaggi, ai gruppo di condivisioni. E ai nipotini ovviamente”. ◆
[18] ◆ Schio Attualità
C
Stefano Tomsoni
ome annunciato, dunque, Schio ha attribuito la cittadinanza onoraria alla senatrice a vita Liliana Segre. Un atto che in tempi non sospetti (cioè assai prima dell’ignobile biglietto antisemita e anti-Segre trovato affisso su una bacheca di via Marconi, il quale peraltro non è stato la molla che ha portato al passo della cittadinanza) avevamo indicato come opportuno e utile per la città, nel percorso ancora non del tutto compiuto di pacificazione e di sedimentazione degli eventi storici qui accaduti negli anni della guerra, Eccidio ovviamente su tutti. Nei giorni successivi al conferimento della cittadinanza, la senatrice Segre ha inviato un messaggio significativo e tutt’altro che scontato, nel quale entra senza fraintendimenti nel merito della strage avvenuta all’epoca nel carcere di via Baratto. Ci pare doveroso pubblicare il testo nella sua interezza. Eccolo.
L’occasione delle parole di Liliana Segre Nei giorni successivi al conferimento della cittadinanza onoraria, la senatrice a vita ha inviato un messaggio tutt’altro che scontato che andrebbe accolto come una sorta di “Cassazione etica e morale” da scolpire nella coscienza collettiva.
Cari cittadini, care cittadine di Schio, è un onore per me ricevere la cittadinanza onoraria della vostra città, che dunque da oggi sarà anche un po’ mia. Ringrazio voi tutti e l’intero Consiglio Comunale per questa onorificenza, che istituisce fra noi un vincolo sentimentale oltre che democratico e civico. Purtroppo ragioni di età, di salute e di sicurezza mi impediscono di essere presente in città come vorrei, ma ci tengo a condividere con voi i sentimenti democratici e antifascisti che storicamente sono appannaggio della terra veneta. So che particolarmente nel vostro territorio la memoria collettiva è profondamente segnata oltre che dalla violenza nazifascista scatenatasi nella fase terminale della seconda guerra mondiale, anche dall’efferato episodio sel cosiddetto “eccidio di Schio”, responsabilità di un gruppo di partigiani locali. Proprio perché da oggi mi ave-
te onorata della cittadinanza di Schio, voglio dire alcune parole su un tema così delicato. È normale che la memoria sia plurale e divisa. Anche il nostro Risorgimento fu segnato, come nel caso del cosidetto “brigantaggio”, da episodi spesso efferati di violenza fra italiani. L’importante è però coltivare sempre la verità. Quindi conoscere e ricordare; nulla nascondere, ma anche nulla confondere. L’eccidio di Schio, perpetrato a guerra finita, fu un orribile fatto di sangue, che non può trovare giustificazione alcuna. È giusto ricordare, studiare, accertare responsabilità, individuali e collettive. Ciò detto però non ci può essere confusione o equiparazione. I partigiani e gli antifascisti erano dalla parte giusta, i nazisti e i collaborazionisti fascisti erano dalla parte del torto. Spero, per concludere, che la condivisione della cittadinanza possa comunque rendere più saldi i nostri valori e i nostri princìpi, la nostra democrazia repubblicana e antifascista. Auguro quindi alla vostra, anzo nostra, comunità un futuro di prosperità e di progresso morale e civile. In un periodo drammatico come l’attuale ne abbiamo tutti bisogno. Grazie di nuovo a voi tutti. Liliana Segre
La senatrice, in sostanza, dice un paio di cose particolarmente interessanti. Che l’eccidio fu un fatto di sangue senza “giustificazione alcuna”, quindi sgombera il campo dalle interpretazioni di chi nel tempo ha sollevato obiezioni della serie “sì, ma il contesto...”. Allo stesso tempo, dichiara una cosa che ancora non è in tutti sedimentata e data per assodata e che quindi suona ancora più netta e definitiva, ossia che “i partigiani e gli antifascisti erano dalla parte giusta, i nazisti e i collaborazionisti fascisti erano dalla parte del torto”. Nell’un caso e nell’altro, dunque, Liliana Segre mostra di non avere paura delle parole, e del resto la sua storia e la sua età glielo consentono in pieno. Ora si presenta l’opportunità di accettare e accogliere queste parole come una sorta di “Cassazione etica e morale” e di scolpirle non nella pietra – di lapidi e targhe ce ne sono ormai a sufficienza - ma nella coscienza collettiva. Così la cittadinanza onoraria a Liliana Segre avrà già raggiunto buona parte del suo obiettivo. ◆
Schio ◆ [19] Attualità
Ma è questa la via dedicata a Gigia Bandera? Piuttosto che intitolare una strada troppo marginale o quasi inesistente a un personaggio meritevole di altro trattamento, forse a volte è meglio soprassedere e aspettare tempi migliori. È il caso di via Luigina Zanrosso. Detta Gigia Bandera.
D’
Stefano Tomasoni
accordo, non è semplice oggi come oggi intitolare una via a chi pure se lo merita. Le strade “libere” e ancora senza nome sono ovviamente poche, legate tutte a nuove lottizzazioni edilizie da poco completate o ancora in divenire in aree periferiche della città. È anche per questo che in Comune c’è già una lista d’attesa con alcune decine di nomi più o meno illustri proposti da cittadini e associazioni per battezzare qualche nuova via. Però, abbiamo già avuto modo di scriverlo, piuttosto che fare le cose male, a volte è meglio non farle. Piuttosto che intitolare una strada troppo marginale o quasi inesistente a un personaggio meritevole di altro trattamento, forse a volte è meglio soprassedere e aspettare tempi migliori. Non sembra che lo si sia fatto nel caso di Luigia Zanrosso, sposata Eberle, meglio nota come Gigia Bandera. Una scledense che, emigrata sul finire dell’Ottocento nel Rio Grande do Sul, in Brasile, a prezzo di tanti sacrifici e altrettanto spirito d’impresa avviò un’attività economica che in pochi decenni divenne un impero industriale. Gigia Bandera, in effetti, si ritrova oggi intitolata a Schio una via fantasma nella zona del cosiddetto “ex ippodromo”, per intendersi nell’area ancora vuota e semiabbandonata in fondo a via Pista dei Veneti, a sinistra verso il Leogra. Un’area dove di fatto ancora non c’è quasi nulla, ma dove negli ultimi anni è stato tracciato un reticolo di strade
che nel 2012, forse nella convinzione che presto l’area venisse edificata, sono state nominate. Ci sono ad esempio “via degli Arditi” e “via degli Alpini” (anche questi meritevoli forse di miglior sorte) e c’è appunto “via Luigina Zanrosso”. Di fatto un povero nastro d’asfalto che dai pressi dell’ultima rotonda di via Pista dei Veneti arriva a ridosso del Leogra, con intorno prato incolto. E con, in fondo, tracce perenni di degrado causato da gruppi di giovani non propriamente raccomandabili che bazzicano da quelle parti proprio perché non c’è niente, lasciando i loro ricordi di rifiuti, paletti divelti, pietre d’asfalto sradicate e panchine usate a piacimento.
Ora, per capire il solco oceanico che c’è fra la figura di Luigia Zanrosso e la via che le è stata dedicata, merita di ricordare la storia di questa donna. Originaria di Monte Magrè, nel 1884 decide con il marito Giuseppe Eberle di andare a cercare fortuna in Brasile. Lei aveva 31 anni, lui 38. Partono con 4 figli piccoli e, dopo traversie che portano alla morte della bambina più piccola, arrivano nella terra assegnata dal governo brasiliano, in mezzo a una foresta. Partono disboscando, seminando e coltivando. Un anno dopo rilevano una piccola officina meccanica da un altro emigrato italiano (guarda caso, di nome Francesco Rossi). È l’inizio di un’avventura da romanzo. A prendere in mano l’attività è Luigia, che comincia a produrre piccoli oggetti in rame e stagno, secchi, pentolame, attrezzi per l’agricoltura. Mentre dà alla luce altri sei figli, diventa il simbolo dell’emigrazione italiana in quelle terre: visto il ramo di attività viene soprannominata “Gigia Bandera”, la “banda” essendo anche da quelle parti intesa come materiale ferroso. Per farla breve, insieme al figlio Abramo che nel 1896 a 18 anni scarsi di fatto affianca e poi subentra alla mamma, mette in piedi quello che col tempo diventerà un vero impero industriale. L’azienda, che in seguito diventa “Metalúrgica Abramo Eberle S.A.”, è di fatto la prima industria metallurgica del Sud America e una delle più importanti. All’apice della crescita, tra fine anni ’40 e metà anni ’60, arriva a occupare oltre 4 mila dipendenti. I meriti di Gigia Bandera, dunque, sono quelli di aver dato vita a un’attività imprenditoriale che ha messo in moto lo sviluppo di quel grande territorio che fa capo alla città Caxias do Sul, dove tanti sono i discendenti dei primi emigranti veneti, vicentini e scledensi. Luigia Carolina Zanrosso Eberle morì nel 1918, vittima della Spagnola, all’età di 64 anni. Il suo ricordo, nel territorio di Caxias do Sul, è ancora ben presente, anche attraverso il “Trofeo Gigia Bandera” istituito a fine anni Ottanta dall’Associazione degli Industriali metalmeccanici di Caxias do Sul per premiare gli imprenditori più meritevoli. Ecco, un personaggio del genere meriterebbe una via un po’ più dignitosa di quella che si ritrova oggi. Magari in futuro diventerà un quartiere lindo e ordinato di villette e case moderne, ma con i tempi che corrono rischia di passarne un bel po’ di tempo prima di vedere quel giorno. Nel frattempo vogliamo cavarcela così, con il ricordo di questa concittadina? ◆
[20] ◆ Thiene Attualità
Regista di Zanè al Torino Film Festival
periale in Africa Orientale. Il film è ricavato da 10 ore di pellicole dopo una prima selezione del materiale video. È stato un lavoro lungo e impegnativo ma ne è valsa la pena: essere scelto per il Festival in particolare. Ho un solo rammarico, che sia capitato in questo 2020 in cui tutto viene proposto on line, sarebbe stata un’emozione forte presentare il corto alla platea di persona, ma pazienza”. “Africa Bianca” è un impasto tra i disegni di oltre 80 anni fa e le immagini di repertorio, senza voci fuori campo ma con suoni di quei tempi, bozzetti a matita e foto a raccontare. Il tutto senza filtri. Un esperimento riuscito, tanto da superare la selezione del Festival con successo. Al giovane regista zanediense la passione per il cinema è nata guardando una marea di cassette vhf proprio dello zio Gian-
Esordio di prestigio per Filippo Foscarini, giovane regista di Zanè che è stato segnalato per l’edizione 2020 dell’importante rassegna internazionale per il cortometraggio sperimentale “Africa Bianca”.
P
Omar Dal Maso
er Mario, bambino e scolaro di 10 anni nel 1937, l’Africa Orientale era una terra lontana e, per le cronache del tempo, terra di conquista. Per il nipote Filippo, raccontare a modo suo lo stesso territorio tra le odierne Somalia ed Etiopia è quanto di più vicino alla realizzazione di un sogno. Quello di divenire un regista-documentarista innanzitutto, e poi di vedere la sua opera prima, intitolata “Africa Bianca”, ammessa in una delle rassegne cinematografiche più importanti in Italia. Vale a dire il Torino Film Festival, nella prima edizione esclusivamente on line, con ticket digitale per il pubblico e una giuria di esperti prima a selezionare - partita già vinta qui - le pellicole e poi a giudicarle. Filippo Foscarini, giovane cineasta di Zanè, è stato ammesso al Festival torinese nella sezione “Educational”, fuori concorso. E lui è trasalito nel vedere il titolo del suo cortometraggio del debutto inserito nella programmazione. Una pellicola di 23 minuti frutto anche di tanto lavoro di archivio in bianco e nero a Roma, all’Istituto Luce, e scaturito da un’intuizione. O meglio dire una folgorazione, un raggio di luce abbagliante, a schiarire dei giorni tristi nel marzo 2018. La storia ha tre protagonisti: Mario Dall’Igna, il nonno; Gianni Dall’Igna, lo zio; e Filippo Foscarini, quel nipotino oggi trentenne che grazie alle pagine di un quaderno di quinta, trovato in un vecchio armadio in soffitta perfettamente conservato, ha assaporato l’ispirazione giusta per realizzare
un film partendo dai disegni di quel nonno-bambino. Evocativi di immagini, lezioni di storia studiata sui libri di scuola e tante riflessioni sul periodo tra le due guerre. “Per me è stato come un incantesimo – racconta Foscarini con trasporto -. Era custodito in un armadio in casa dei nonni, conservato perfettamente. Mi hanno attratto soprattutto i disegni. In quelle pagine si racconta l’esperienza della conquista im-
Il docu-film di Foscarini è una pellicola di 23 minuti frutto di tanto lavoro di archivio in bianco e nero a Roma, all’Istituto Luce e nato dal ritrovamento di un quaderno di appunti e disegni del nonno Mario.
ni. “Questo corto è doppiamente legato a lui – spiega - sia per avermi trasmesso la curiosità sia perché quando sono risalito a Zanè per dirgli addio per caso ho trovato quel quaderno che mi colpì tantissimo”. Ora Filippo sta completando un triennio di studi in Sicilia, a Palermo. Dopo la laurea in Lettere a Venezia infatti ha abbracciato la Scuola del Cinema, dove sta concludendo un corso in cinematografia sperimentale e lavorando a un lungometraggio. Anche in questo caso, il primo. L’invito lo aveva ottenuto grazie a un documentario sugli ultras biancorossi della Curva Sud, proprio lui che fino ai 18 anni giocava nella Primavera del Vicenza da talento nostrano del pallone, prima di appassionarsi di cinema e antropologia in particolare, su cui basa oggi il suo futuro. Forse già scritto, chi lo sa, proprio su una pagina di quaderno da trovare come quella che lo ha cambiato. Per chi fosse interessato alla visione di “Africa Bianca”, basta accedere alla piattaforma Mymovies, digitare il titolo e acquistare il biglietto virtuale a prezzo popolare. ◆
[22] ◆ Schio Attualità
-M
Stefano Tomasoni
aestro, oggi ci racconti una storia? - Una storia, Carletto? - (coro) Si sì, una storia, una storia! - E che storia vorreste sentire? - Una storia di misteri! - Di misteri... Bè, allora vi racconto una storia vera capitata proprio qui a Schio qualche mese fa, e ancora oggi avvolta nel mistero... - Che bello un mistero, un mistero! - Bè insomma, non è proprio un mistero da Geronimo Stilton. È la storia di un bidone... - Di una fregatura, maestra? Mio papà una volta ha detto che ha preso un bidone, mia mamma si è arrabbiata e ha detto che aveva preso una fregatura. - No Fabio, non una fregatura, questo è un bidone vero, un oggetto. Anche se in effetti... ma lasciamo stare. Dunque, il protagonista della nostra storia è un bidone per i rifiuti dell’umido, quelli marroni dove si buttano gli avanzi dei pasti. - Io ne ho uno proprio sotto casa, quando ci passo vicino sento sempre puzza! - Ecco, quello. Allora, c’era un bidoncino dell’umido che se ne stava da tanti anni bello pacifico sotto l’ultima casa di una lunga via alla fine del Quartiere Operaio, proprio là dove la strada finiva e si poteva solo tornare indietro, ed era l’unico bidoncino dell’umido nel giro di 200 metri. Però non si sentiva solo, perché aveva vicino a sé tre bidoncini dei rifiuti secchi con cui aveva fatto amicizia. - Quelli verdi, maestro? - Sì, proprio quelli. Tutte le famiglie che abitavano in quella casa, due o tre volte la settimana scendevano e buttavano il loro sacchetto nel nostro bel bidoncino marrone, che apriva la bocca contento e gnam, si mangiava tutto... - Che schifo però maestro, mangiare i rifiuti... - Lui era fatto per quello, per lui era tutto molto buono. Ma ecco che un brutto giorno, senza avvisare e senza dire niente a nessuno, arrivò il camion dei rifiuti, scese l’addetto alla raccolta, prese il bidoncino, lo caricò sul camion e lo portò via. - Perché? - Nessuno riuscì a spiegarselo. Gli abitanti della casa si chiesero dove fosse finito il bidone, chi lo avesse rubato. E perché, appunto. Finché uno di loro, chiamiamolo Pippo, pensò di andare a chiedere spiegazioni all’azienda che qui a Schio si occupa della raccolta dei rifiuti, che di nome fa AVA. Lì
Storia (senza lieto fine) di un bidone sparito La vicenda vera di un bidone dei rifiuti portato via dai netturbini nel Quartiere operaio, raccontata per i bambini, consente di trarre una piccola morale utile anche in tempi di pandemia.
risposero che forse - ma non erano sicuri - il bidone era stato tolto perché era stato comperato un nuovo camion per la raccolta che faceva più fatica a entrare in fondo a quella via. A Pippo sembrò incomprensibile, perché in quella strada ci passavano anche i camion dei pompieri. Forse, dissero ancora alla società dei rifiuti, era stato tolto perché quel pezzetto finale della via era privato, cioè non era del Comune, e quindi non si poteva entrare a prendere i rifiuti. - Ma non sapevano neanche loro perché lo avevano tolto, maestro? - Ecco Giovanni, la stessa domanda che si fece Pippo. Che telefonò più volte alla società dei rifiuti, scrisse mail... finché gli arrivò la risposta definitiva: il bidone era stato tolto perché quel tratto finale della strada non era del Comune e così avevano deciso di non entrarci più. - Ma allora hanno portato via anche gli altri bidoni, quelli verdi? - No. gli altri bidoni erano rimasti perché i rifiuti secchi è obbligatorio andare a prenderli sotto casa, si chiama “porta a porta”, e quindi il camion doveva andarci per forza. - Ma il bidone dell’umido dov’era finito? - Non se ne seppe più nulla. Ci fu chi disse di averlo visto qualche centinaio di metri più in là triste e solitario, chi disse che adesso stava accanto a un bidone bianco per i pannolini, ma che i due si parlavano
poco e si accusavano a vicenda di puzzare. - Maestro, ma questa storia finisce così? - Eh sì Carletto, gli abitanti adesso ogni volta che devono buttare l’umido si devono fare una bella passeggiata nel quartiere col bussolotto maleodorante in mano per arrivare al bidone più vicino, oppure ci vanno in macchina. E tutti vissero seccati e scontenti. - Ma non finisce bene... - Eh, perché non sempre le cose vanno proprio come vorremmo. Può succedere che un giorno all’azienda che raccoglie i rifiuti qualcuno si alzi e decida di cambiare le regole del gioco e di portarvi via il bidone dell’umido costringendovi a organizzare una gita per andare a buttare la spazzatura. Così può succedere che al mondo arrivi un brutto virus e ci porti via tante abitudini, costringendoci a stare tutti lontani e a tenere le mascherine come stiamo facendo adesso. Quindi vedete che AVA alla fine ci ha anche aiutato a trovare una morale alla storia: non bisogna dare per scontate tutte le cose belle che abbiamo. Dobbiamo saper gustare anche le cose piccole. Come un bidone dei rifiuti. - Però dispettosi quelli dell’azienda dei rifiuti, maestro. - A chi lo dici. E ora tutti a casa. Dai, che stamattina ho dimenticato il bidoncino dell’umido in macchina. Chissà che odore, accidenti anche ad AVA. ◆
Schio ◆ [23] Dall’estero per fare impresa/3
Economia
Storie di imprenditori di origine estera che hanno avviato a Schio e dintorni nuove attività economiche. È questo il fil rouge di una serie di articoli (ne abbiamo programmati cinque) che dedichiamo da questo numero a persone arrivate in tempi diversi a Schio da altri paesi e che hanno investito sul territorio come progetto di vita, professionale e familiare.
Dalla Cina con cucina “La Muraglia cinese” ha fatto la storia della ristorazione locale ed è stato uno dei primi locali della provincia a offrire cucina etnica già alla fine degli anni ’80.
“L
Camilla Mantella
a Muraglia Cinese” è un locale che ha segnato la storia della ristorazione locale. È stato tra i primissimi ristoranti della provincia a offrire cucina cinese in un momento, alla fine degli anni ’80, in cui la Cina era ancora percepita come una terra lontana, semisconosciuta e incapace di influenzare le sorti dei consumi mondiali. La prima sede del ristorante fu aperta dove oggi si trovano i “Due Mori”, in via Pasubio, nel 1986: oltre trent’anni sono passati da quando lo zio di Li Wei - l’attuale proprietario che gestisce il locale oggi in via Almerico da Schio, sul retro dell’istituto salesiano - inaugurò la “Muraglia”. Da allora generazioni di famiglie scledensi si sono sedute ai suoi tavoli, ascoltando il sottofondo di musica tradizionale cinese che accompagna ogni pasto e concedendosi un’alternativa alla cucina altovicentina osservando i grandi acquari che abbelliscono le sale del ristorante. “Ci siamo trasferiti in via Almerico nel 1993 - racconta Li Wei, che allora si trovava ancora in Cina -. Mio padre arrivò qui a Schio grazie a un permesso di lavoro subordinato e al sostegno di mio zio, suo fratello, con
cui lavorò al ristorante fino al 1995. Per un periodo si trasferì a Vicenza, ed è lì che l’ho raggiunto nel 2001, quando sono arrivato in Italia per la prima volta. Nel 2003, nel frattempo, mio zio aveva iniziato a pensare alla pensione e ci chiese se la nostra famiglia era interessata a rilevare il ristorante. Siamo così tornati in pianta stabile a Schio, dove viviamo da 17 anni”. Negli ultimi decenni le cose sono cambiate molto. I ristoranti all-you-can-eat, l’avvento del sushi, lo strapotere del wok hanno iniziato a far concorrenza alla cucina cinese che per molto tempo era stata l’unica cucina etnica sul territorio. “Ormai la nostra è una cucina pienamente integrata - continua Li Wei -. Gli scledensi e i residenti dei comuni limitrofi la apprezzano e siamo orgogliosi della nostra impresa familiare e dei suoi risultati, che continuano ad arrivare nonostante una situazione mutata. Possiamo fare affidamento su una clientela ormai storica e affezionata, che ci percepisce come parte della città. Certo, quest’anno il Covid sta complicando molto le cose: al momento siamo aperti solo a pranzo e facciamo qualche servizio d’asporto la sera a cena, ma i volumi si sono notevolmente ridotti”.
Il titolare del ristorante “La Muraglia”, Li Wei, e a sinistra l’ingresso del locale.
“La Muraglia Cinese” è un’impresa familiare di origine cinese, certo, ma conta anche dipendenti italiani e di altre nazionalità. “Oltre a questo ristorante, la mia famiglia gestisce anche il bar Anni Trenta a Santa Croce: nelle due strutture lavorano, oltre alla mia famiglia, anche due ragazze italiane, una ragazza di origine serba e un ragazzo di origine africana”. Un bell’esempio di azienda etnica aperta a collaborazioni che vanno oltre quella strettamente familiare, che solitamente caratterizza la maggior parte delle iniziative imprenditoriali di questo tipo. “La mia famiglia proviene dallo Zhejiang, un distretto nella Cina meridionale non troppo lontano da Shanghai. È un’area sviluppata e caratterizzata da traffici intensi. Eppure il mio orizzonte è quello scledense - spiega Li Wei -. Le mie cinque figlie sono nate qui, io mi sono sposato a Schio e ho frequentato le scuole qui. Continuo a conservare la cittadinanza cinese perché il paese da cui provengo non consente di possedere la doppia cittadinanza, per cui qualora acquistassi quella italiana poi non potrei più conservare quella cinese. Però a volte ci penso, se tenerla o meno: le mie figlie sono qui, stanno crescendo qui e difficilmente, un giorno, torneremo in Cina. Tutta la nostra famiglia vive a Schio e nei suoi dintorni: qui è dove ci siamo affermati come impresa, questa, ormai, è casa”. ◆
[24] ◆ Thiene Sport Dopo i due allori mondiali consecutivi da “junior” e “youth”, Andrea Verona, con la sua inseparabile moto marchiata con il n° 99 e il team TM Racing hanno festeggiato ora anche la vittoria assoluta nella categoria E1.
L
Omar Dal Maso
a prima sgasata iridata non si scorda mai. Anche se in realtà, a vincere titoli mondiali in sella alla sua motocicletta off-road, il pilota di Piovene Rocchette Andrea Verona ci aveva già preso gusto. “Godendosi” l’abitudine a salire sul primo gradino del podio, stavolta in tuta da “rookie”, termine preso a prestito dal basket Nba che designa le matricole del circuito internazionale. Dal Portogallo il paladino dell’Enduro è tornato con il trofeo in mano, dopo aver posato la manopola dell’acceleratore per alzare le braccia al cielo – rigorosamente azzurro nonostante la pioggia in terra lusitana – con una dedica speciale al papà, e per abbracciare i componenti della sua squadra. Dopo i due allori mondiali consecutivi da “junior” e “youth”,Andrea Verona, la sua inseparabile moto marchiata con il n° 99 – il suo anno di nascita – e il team TM Racing hanno festeggiato a novembre anche la vittoria assoluta nella categoria E1, riservata alle moto con cilindrata fino a 250cc. Alla prima partecipazione da senior, a 21 anni di età, aspetto da “santificare” che scrive una nuova pagina di storia degli sport motoristici. Tutt’altro che un debuttante allo sbaraglio il campione altovicentino, capace di riportare in Italia un 1° posto che mancava dal 2004 in questa classe di corsa, dal 2013 invece nel tris delle Top Class suddivise per ci-
Andrea Verona è mondiale di Enduro Nell’ultima tappa del suo primo campionato del mondo tra i senior, il giovane pilota di Piovene riesce a tenere a distanza gli inseguitori. In Potogallo il titolo iridato.
lindrata. Per riuscirci, ha fatto suo il duello finale in un derby tutto tricolore con il più esperto Thomas Oldrati. Endurista lombardo di 31 anni. Un testa a testa che sul circuito dei dintorni di Porto ha visto non solo mantenere ma addirittura incrementare il vantaggio, in termini di punti nella generale, accumulato nelle tappe precedenti del World Enduro Championship. Grazie al talento, a una scuderia affiatata che lo sostiene e a un pizzico di maturità in dote dell’esperienza già da veterano nonostante la giovanissima età. D’altronde, il
Boxe, Rigoldi combatte a Milano Colpo di scena che vale come un colpo da ko alla lunga interminabile attesa: il pugile di Villaverla Luca Rigoldi tornerà a breve sul ring per un incontro ufficiale. Il duello con il boxeur britannico Gamal Yafai, rinviato lo scorso 27 marzo e valido come terza difesa del titolo Europeo “Ebu” dei pesi Supergallo, è stato fissato per giovedì 17 dicembre a Milano. La cornice sarà l’Allianz Cloud, con diretta tv sul canale Dazn, senza pubblico. Per Rigoldi, campione continentale dal 2018, si tratta del ritorno a boxare a distanza di 15 mesi dal match vinto a Schio davanti al suo pubblico contro l’ucraino Yegorov. Un’eternità per chi come lui indossa i guantoni ogni giorno in palestra. [O.D.M.]
primo giro in mini moto lo ha effettuato direttamente dopo essere sceso dal triciclo, a meno di 4 anni. “È un lungo percorso quello svolto per arrivare fino a qua - spiega Verona -. Il campionato del mondo è stato strano, partito con la stagione a settembre e con sole 4 prove in calendario. Ma molto impegnative a livello tecnico, sia in Francia che in Italia e infine in Portogallo. Ma è comunque un titolo di quelli veri, nella top class, è un sogno di quando si era un ragazzo che si avvera”. Al suo ritorno in Veneto il pilota già pluridecorato è stato accolto da amici e parenti, i suoi primi tifosi, con uno striscione e una sfilza di congratulazioni. A distanza ha ricevuto anche il “rilancio” del presidente regionale Luca Zaia, contribuendo a far conoscere in Veneto l’impresa. Il fuoriclasse di Piovene ha vinto al primo tentativo ai “piani alti”, nell’ultimo dei 4 rendez-vous in un calendario 2020 in formato ridotto, una stagione di certo anomala a causa della pandemia. Guardando alla competizione all around, Verona è salito di nuovo sul podio con un bronzo che vale oro in Enduro Gp, tenendo conto della diversa cilindrata delle motoenduro (qui in rimonta), in compagnia dei mostri sacri britannici Holcombe e Freeman, campioni in E2 ed E3, su moto più potenti. Chi lo sa se il mirino del talento puro del Summano verrà puntato verso il tandem d’Oltremanica, già dopo il primo anno tra i big. E, soprattutto, già da big “maturo”. ◆
[26] ◆ Schio Spettacoli
N
Mirella Dal Zotto
on solo il benessere fisico, ma anche il benessere della mente e delle nostre comunità, è al centro della discussione in questo tempo di isolamento al quale siamo costretti. Come riuscire però a parlare di pratiche artistiche e benessere, e come parlare di Parkinson, magari in occasione della sua Giornata Nazionale, il 25 novembre, durante un periodo di isolamento? Beh, attivando la rete dei partner di Dance Well, la pratica artistica rivolta principalmente, ma non esclusivamente, a persone con il Parkinson; Dance Well trasforma i limiti in nuove possibilità e porta i soggetti a danzare nei luoghi di cultura e bellezza, come musei, gallerie, palazzi, centri coreografici. Nata nel 2013, attivata, ideata e promossa dal CSC (Centro per la Scena Contemporanea) di Bassano del Grappa, conta oggi una rete di partner in tutta Italia, che insieme promuovono la Giornata Nazionale del Parkinson, ora anche attraverso classi on line e diversi contributi che possono essere di ispirazione per tutti coloro che si vogliono avvicinare alla pratica. Dal 2017 Dance Well è attiva in diverse città: a Schio alla
Dance well per la giornata nazionale del parkinson
Fondazione Teatro Civico, a Roma a Palazzo Spada, a Collegno (TO) alla Lavanderia a Vapore/Casa della Danza, a Firenze a Palazzo Strozzi, a Verona con l’Associazione ARTE3 e infine a Bergamo, a cura del Festival Orlando. Da ottobre 2019 la pratica è arrivata fino in Giappone, dopo che una delegazione di dieci danzatori/coreografi ha completato la formazione a Bassano, con il sostegno della Japan Foundation; Dance Well è ora anche nelle città di Tokyo, Kyoto e Kanazawa. Lo scorso 25 novembre la giornata si è aperta dal Palazzo delle Esposizioni di Roma,
poi la diretta si è spostata a Bassano del Grappa e in seguito a Bergamo e a Verona. Da Firenze è arrivato un contributo audio con racconti di esperienze, poi si è collegata Collegno e alla fine, alle 18, dal Teatro Civico di Schio si è esibita direttamente dal palcoscenico la classe condotta da Giovanna Garzotto, Cristina Bacillieri Pulga e Milly Cuman. Soddisfazione tra gli organizzatori, che sono riusciti a mantenere viva l’iniziativa nazionale, ma soprattutto tra i fruitori, che credono per primi alla valenza della musica, del movimento, della comunità. ◆
La compagnia veneziana Malmadur in residenza al Teatro Civico Avviato al Civico un progetto di residenza artistica che vede la compagnia veneziana “Malmadur” rimanere appunto “in residenza” al teatro scledense per qualche settimana per realizzare nuovi lavori da proporre al pubblico, mettendoli per il momento sui canali social e sul web.
L
a Fondazione Teatro Civico ha da poco comunicato il cartellone della stagione 2020-2021; gli spettacoli sono sospesi, ma le attività di residenza artistica e la creazione di nuovi spettacoli o progetti sono consentite. All’interno di questa progettazione si innesta “A casa nostra”, un progetto di residenza artistica coordinato da Giancarlo Marinelli, scrittore e regista, e promosso dal Teatro Comunale Città di Vicenza, da Arteven Circuito Teatrale Regionale e dal Teatro Stabile del Veneto, con il sostegno della Regione. Il progetto persegue l’obiettivo di ridare slancio allo spettacolo regionale dal vivo. Il bando, dedicato a formazioni attive sul territorio da almeno tre anni, ha chiamato a
operare otto compagnie in altrettanti teatri comunali della Regione: il Comunale di Vicenza, il Comunale di Belluno, il Salieri di Legnago, il Ballarin di Lendinara, il Filarmonico di Piove di Sacco, il Metropolitano Astra di San Donà di Piave, il Comisso di Zero Branco e il Civico di Schio. Le compagnie coinvolte nel progetto sono Malmadur, Zebra, La Piccionaia, Aida, Zelda Teatro, Theama Teatro, Slowmachine, Nusica. Ogni gruppo rimarrà nella residenza qualche settimana per realizzare nuovi lavori da proporre al pubblico, mettendoli per il momento sui canali social e sul web. Domenica 15 novembre la compagnia veneziana Malmadur ha iniziato la sua re-
Foto Filippo Manzini
sidenza artistica al Teatro Civico con una videochiamata proiettata all’esterno del teatro stesso, coinvolgendo le altre sette formazioni protagoniste e vincitrici del bando “A casa nostra”, La proiezione del lavoro all’esterno dell’edificio ha riaperto simbolicamente la sala al pubblico, in attesa di accogliere fisicamente gli spettatori. La Compagnia Malmadur, in residenza a Schio, trae il suo nome dal friulano, trentino e veneziano antico: “malmadur” significa acerbo, immaturo e la denominazione sottolinea l’approccio di teatrale del gruppo, che lavora basandosi su una ricerca lenta, multidisciplinare e collettiva, cercando il rapporto diretto con il pubblico, il divertimento e anche la messa in crisi delle certezze dello spettatore. ◆ [M.D.Z.]
[28] ◆ Schio Spettacoli
L’
Un momento della “Summer Accademy”, corsi estivi rivolti ai bambini dai 6 agli 11 anni, che ha avuto un buon successo. L’iniziativa verrà sicuramente riproposta la prossima estate.
Mirella Dal Zotto
Accademia Musicale di Schio, dopo la chiusura forzata dei mesi di marzo, aprile e maggio, ha rafforzato la didattica a distanza con una postazione fissa all’interno della stessa accademia, dove gli insegnanti possono collegarsi online con i propri allievi. Purtroppo però, dopo molti anni di attività, non è stato possibile attivare la sede staccata di Piovene, per difficoltà a gestirla all’interno di una scuola media. Nello scorso mese di novembre si doveva concludere il progetto Alpe Adria con un concerto, oltre che in Austria, anche a Schio. Non si è potuto realizzarlo ed è stato riprogrammato per marzo 2021; anche il musical “Diva”, ideato e prodotto dalla stessa Accademia, e rientrante nei progetti culturali del Comune di Schio, è stato rinviato al prossimo anno. Niente da fare pure per la serata MIAM, un appuntamento fisso per i più giovani, dove si esibivano una decina di gruppi rock. I progetti di musicoterapia presso i centri anziani di Schio e Valdagno sono stati sospesi, come pure l’attività di art-counseling nella scuola dell’infanzia. Tutto questo, ed è tanto per una realtà culturale che praticamente si autogestisce, è quanto non è stato realizzato, ma docenti e allievi sono pronti con nuove idee e proget-
Accademia, progetti in stand-by ti per ricominciare: si sta solo valutando il giusto momento per riproporli e ripartire. “Il settore artistico-musicale sicuramente è uno dei più colpiti – dice il direttore artistico Dario Balzan – e molti di noi si sono ritrovati in una situazione di difficoltà economica e psicologica, non avendo in programma alcun concerto per i prossimi mesi. Stiamo cercando di arginare il pro-
blema, ma non è affatto semplice. Da quando, nel 2007, è nata la nostra realtà, Schio ci è sempre stata vicino e sono arrivati contributi da aziende private e da varie amministrazioni comunali. Abbiamo fiducia che anche per superare questo momento non mancherà il sostegno di chi crede che la musica sia una componente fondamentale per la società”. ◆
Art bonus per il Civico I
l Teatro Civico di via Pietro Maraschin si presenta tra i progetti ammessi dall’Art Bonus, la legge varata nel 2014 che consente un credito d’imposta pari al 65% dell’importo donato a chi effettua erogazioni liberali a sostegno del patrimonio culturale pubblico italiano. Attraverso l’Art Bonus il teatro di proprietà comunale punta ad abbattere le barriere architettoniche con l’installazione di una piattaforma elevatrice a scomparsa che permette l’accesso al palcoscenico e a creare un ambiente interno più confortevole uniformando tutte le sedute con l’acquisto di cento poltroncine ribaltabili da posizionare in galleria. Questi due interventi rientrano nel più ampio progetto di restauro del Civico, che partirà a breve e che riguarda il completamento degli interventi sul loggione e sui palchet-
ti del secondo ordine, in modo da aggiungere 137 posti ai 388 esistenti, per un totale di 475 posti a sedere. Il terzo lotto dei lavori, del valore complessivo di oltre un milione di euro finanziati dal Comune, prevede un miglioramento della funzionalità del teatro sia per il pubblico che per gli artisti e i collaboratori. Quanti amano il Civico, scledensi e non, possono fare la propria parte aiutando la città a valorizzare un luogo così importante per il nostro territorio. Tutte le donazioni, sia quelle piccole che quelle cospicue, sono preziose e contribuiscono al bene comune. Il costo complessivo delle due opere finanziate dall’Art Bonus ammonta a circa 63
Foto Luigi De Frenza
mila euro e la raccolta fondi sarà attiva fino al raggiungimento dell’obiettivo. Nell’anno più difficile per il mondo della cultura e particolarmente del teatro, si fa un appello al senso di solidarietà e di appartenenza. Tutte le informazioni dettagliate sulle modalità di donazione sono disponibili sul sito internet del Comune di Schio. ◆
[30] ◆ Schio Cultura
F
rancesco Piazza è un ingegnere civile e ambientale che in tutta la sua attività professionale si è occupato di piani urbanistici, commerciali e di sostenibilità ambientale. Pur con un profilo professionale così marcatamente tecnico, a un certo punto della vita, intorno all’età in cui si va (o si vorrebbe andare) in pensione, ha cominciato a scrivere. Ma non più elaborati documenti di urbanistica, quanto piuttosto libri che coltivano il piacere della memoria e della riflessione.
Un murales per la lettura Il volto di un bambino intento a leggere un bel libro. Questo il soggetto del nuovo murales che “colora” il sottopasso di via Baccarini da ieri pomeriggio. Un’opera realizzata dagli street artist Evyrein e Shife VHRO che vuole ricordare e valorizzare il titolo assegnato a Schio di “Città che legge”.
Detto tra noi
Le pennellate dell’ingegnere Negli ultimi anni ha così prodotto “Vita de ‘sti ani” e poi “La mia città”, pubblicazioni che hanno incontrato un certo favore di pubblico. Ora, “sospinto da amici a scrivere ancora” come dice lui, esce con “Bellezze del Vicentino”, un volumetto di un’ottantina di pagine ricco soprattutto di fotografie (di autori vari locali) corredate da testi snelli che diventano una sorta di lunghe didascalie. Un tutt’uno – foto e testi didascalici - nel quale Piazza torna a proporre il suo punto di vista – dolce e ammirato sul mondo che ci sta intorno. “Rivisito la bellezza del paesaggio, della natura, dell’architettura, della musica e dell’arte”, scrive nell’introduzione. A dire il vero, benché il titolo parli di Vicentino, le bellezze raccolte da Piazza sono
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testi troppo lunghi non potranno essere pubblicati a prescindere dai contenuti.
Nello scorso numero abbiamo pubblicato una lettera della prof.ssa Luisa Spranzi che rievocava un episodio di vita scolastica di molti anni fa e si rivolgeva a un alunno che ne era stato protagonista. Quell’alunno, diventato nel frattempo adulto, ha letto la lettera e ha inviato una risposta. La pubblichiamo molto volentieri.
La differenza tra istruttori ed educatori Oggi mercoledì 2 Dicembre nevica e non c’è quindi una giornata migliore per rispondere alla professoressa Spranzi: io sono l’alunno di cui parlava nella sua lettera…ovviamente ho cercato nel prosieguo della mia vita di continuare ad essere bravo, diligente ed educato come lei mi ha gentilmente descritto. Ormai vivo lontano da Schio da tanti anni, ma trent’anni fa frequentavo le scuole medie Fusinato a S.Croce, quartiere di Schio dove sono nato e cresciuto, e non ricordo cocenti delusioni legate all’episodio descritto dalla professoressa, che anzi ringrazio per aver rispolverato ricordi della mia infanzia. Io ricordo tutte le persone che nella mia carriera scolastica e lavorativa mi hanno insegnato qualcosa: la distinzione maggiore che posso fare, riportando alla mente nomi e volti, è tra istruttori ed educatori. L’istruttore (dal latino in-struere:
per la gran parte scledensi e altovicentine. E sono inevitabilmente solo una selezione di quel che abbiamo di bello intorno a noi. Pennellate, beninteso, nessuna pretesa di dipingere un quadro fatto e finito, quanto l’idea di buttar giù degli schizzi. Con qualche chicca sul piano dei ricordi personali, come quella del gioco che Piazza bambino, insieme con qualche amico, faceva saltando dentro i carrelli della teleferica che portavano il materiale di cava al cementificio. A pensare di farlo oggi – se solo esistessero ancora i Cementi – verrebbe la pelle d’oca. “Ci prendevamo tanto tempo per stare a contatto con la natura e ci sentivamo appagati”, ricorda l’autore di quel tempo d’infanzia. E questa sì che era davvero una bellezza. [S.T.]
ammucchiare, riempire, buttare dentro… in dialetto rende bene lo “strucare”) ci riempie di nozioni ed informazioni, senza interessarsi se le abbiamo imparate a memoria per poi dimenticarcele in breve tempo o se le abbiamo effettivamente comprese e fatte proprie. L’educatore invece (dal latino ex ducere: tirare, condurre fuori) ci accompagna nella nostra crescita e si preoccupa di trasmetterci non solo le sue conoscenze, ma anche la sua passione di essere sempre curiosi. Cara professoressa Spranzi, Lei ovviamente appartiene alla seconda categoria e la ricorderò sempre con un sorriso. Un abbraccio. Alberto Dalla Pozza
P.S. Per tutti quelli che me l’hanno chiesto, nel biglietto c’era scritto...
La scuola deve fare attenzione alla persona Sono costretta a ritornare sull’argomento della mia lettera pubblicata il 19 novembre: vi sono costretta dall’appunto mossomi da qualcuno per il quale avrei dovuto essere esplicita riguardo a quel “valore su cui ogni insegnante dovrebbe sempre interrogarsi”. In verità, al riguardo, mi erano sembrate illuminanti quelle mie rattristate parole: “Non avevo saputo entrare nel cuore e nella mente del mio alunno e lo avevo mortificato”. Allora, che c’è fa spiegare? Se si parte dalla premessa che nella scuola si ha a che fare non con una macchina ma con l’uomo, si giunge facilmente a comprendere quanto sia importante, oltre ad occuparsi delle materie su cui formare il sapere, avere una paticolare attenzione per la componente umana, ossia per quel valore che richiede, in chi se ne deve far carico, capacità di intuizione, saggezza, sensibilità. La funzione docente, quindi, non si esautisce nell’esercizio didattico, ma acquista un più ampio respiro accogliendo in sé ogni singolo volto, ogni singola storia che negli allievi parli di sentimenti, di problemi, di situazioni. Luisa Spranzi