SchioThieneMese La Piazza n 830

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Periodico di informazione dell’A lto Vicentino

anno IX n. 81 - luglio 2020

Schio: Vie e monumenti, non è una città per donne, p.12 ◆ L’uomo che è saltato fuori dal secchio, p.18 Thiene: Il Centenario sospeso nell’aria, p.10 ◆ Alla fine le Dorotee restano in cattedra, p.16

Lisa, un piatto e nove ciotole “Non deve più succedere” Foto Donovan Ciscato

Dopo le polemiche a margine della commemorazione delle vittime dell’Eccidio, parla la presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime: “Se non cambiano le cose, non ha più senso fare la messa”.

Una ragazza di 28 anni originaria di Zanè vive con 9 siberian husky. Con i più grandi ha trascorso il periodo di lockdown, vissuto dalla prima linea in laboratorio, e tra le loro coccole una volta a casa.


Di mese in mese

Lettera aperta dei secchi del cimitero di Schio

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Stefano Tomasoni

Il vero motivo della lettera è forse opposto. Cioè stiamo pensando ai giovani. Vorremmo segnalare, infatti, che la “batteria” di annaffiatoi verdi di plastica qua accanto a noi, installata una ventina d’anni fa per dare una mano a noi secchi vecchi, di fatto è quasi senza lavoro. Sarà che la gente deve avere in tasca una moneta da un euro per prelevarli, sarà perché la gente è affezionata a noi secchi di ferro, fatto sta che gli annaffiatoi di plastica li vediamo quasi sempre fermi qui a far niente. Così vorremmo chiedervi di usare anche loro quando venite in cimitero, ecco tutto. Oh, pian co ‘a malta: noi vogliamo continuare a stare qui per altri cinquant’anni e più, ma insomma la disoccupazione giovanile è sempre un problema, giusto? Ecco, non è una cosa belle nemmeno da queste parti. Grazie se vorrete tener conto della nostra richiesta.

iceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera da parte dei secchi di ferro accanto alla fontanella nel cimitero di Schio. Forse non tutti ci conoscono. Chi è troppo giovane e non ha mai avuto motivo di venire in cimitero, perché per sua fortuna qui non ha nessun parente o amico o conoscente, ha tutte le ragioni del mondo per non sapere nemmeno che esistiamo. Tutti gli altri, però, è molto probabile che almeno qualche volta ci abbiano preso in mano e usato. Siamo i vecchi secchi di ferro del cimitero di Schio. Da quanti decenni siamo qui, al nostro posto accanto all’arco della murata centrale che divide in due il camposanto? Mezzo secolo? Facciamo trequarti? Ci pare di essere qui da sempre. Anche il più anziano degli scledensi viventi, probabilmente, si ricorda di averci visti e usati da bambino. Siamo secchi di ferro basici, beninteso, di quelli che si costruivano in un tempo lontano, quando questa era terra povera e i secchi come noi nascevano altrettanto poveri, con forme e materiali spartani, e misure larghe per portare tutta l’acqua che un braccio non più giovane poteva trasportare per qualche decina di metri, fino alla tomba del proprio caro. È perfino possibile che noi, qui, si sia ottenuta l’immortalità. Destino curioso, vero, visto dove siamo? Ma in fondo noi al mondo dei morti dobbiamo la vita. Mettiamola così: noi facciamo la guardia a loro, i morti, e loro fanno la guardia a noi che, con l’acqua fornita dalla fontanella con cui dividiamo il destino, dissetiamo le piante sulle loro tombe, le facciamo vivere, tenendo vivo di riflesso il ricordo dei parenti. Ne abbiamo visti di arrivi e partenze, qui dalla nostra postazione. Abbiamo visto arrivare defunti di tutte le età, cortei lunghi e affollati, altri corti e scarni. Ogni tanto poi vediamo arrivare le ruspe che portano via tombe vecchie e stortignaccole e liberano spazio, che dopo un po’ si rioccupa con altre tombe tutte lustre. Alla fine è un po’ come quando da voi si butta giù una casa, qualche vecchio rudere cadente o un palaz-

I secchi di ferro del cimitero di Schio

zo fatiscente per costruire edifici più moderni. Dovrete ammettere che, tolti noi, è difficile trovare in città oggetti più datati e ancora in funzione. Forse, appunto, soltanto la fontanella con cui lavoriamo insieme, qui al cimitero e alla quale dobbiamo tutto. Perché un vecchio secchio di ferro non è niente senza la sua fontanella. (A proposito, lei è convinta di avere ancora delle sorelle in giro per la città, sostiene che una sta al parco della fontana di S.Antonio e un’altra accanto alla stessa chiesa, una sul muro di palazzo Toaldi Capra e un’altra in Valletta. Noi temiamo che le cose, fuori da qui, siano cambiate assai col tempo e che sia probabile che le sorelle della nostra fontana siano finite in qualche ferrovecchio; se fosse possibile sapere qualcosa sulla loro sorte vi saremmo grati). Tornando a noi, il motivo di questa lettera non è farci belli della nostra vecchiaia, sia chiaro. Direte: oddio, questi fanno come i vecioti che partono con i ricordi dei loro tempi eroici, di quando “se stasea mejo de ancò”. Nel caso avessimo dato questa impressione, scusate, ma del resto vecioti lo siamo anche noi, s’è detto.

SchioThieneMese

Periodico di informazione dell’Alto Vicentino

Supplemento mensile di

Lira&Lira e La Piazza Direttore Stefano Tomasoni Redazione Elia Cucovaz Omar Dal Maso Mirella Dal Zotto Camilla Mantella Grafica e impaginazione Alessandro Berno Per inviare testi e foto: schiothienemese@gmail.com Per le inserzioni pubblicitarie Pubblistudio tel. 0445 575688


La città dei ragazzi di Abilmente

Thiene ◆ [3] Attualità

I prodotti realizzati nel corso dei laboratori di creatività di Engim San Gaetano si possono trovare ora sui banchi del mercato settimanale del lunedì.

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a città di Thiene vista e reinterpretata dagli occhi di ragazzi speciali. Con un appuntamento fisso, ogni lunedì mattina presso il mercato settimanale cittadino, dove mettere in bella mostra (e in vendita) tanti gadget e prodotti utili per la casa come quadri, tazze, mappe, magliette quadri, tovagliette, shopper e tanto altro. È questa la proposta di Abilmente, grazie ai ragazzi che frequentano l’Engim San Gaetano, nell’ambito dell’iniziativa “ViviAMO Thiene”. Promotrice è la psicoterapeuta Marta Rigo. Si parla di gadget pensati con lo scopo di promuovere la città ma anche la fantasia e la bravura dei ragazzi alla scoperta dei luoghi culturali più significativi di Thie-

ne. Per poi proseguire nei mesi di emergenza Covid-19 con laboratori creativi a distanza. “È un progetto nato dalle fatiche e dalle difficoltà - spiega la responsabile di Abilmente - e ha quindi il valore aggiunto della resilienza. È un messaggio potente, che testimonia come attraverso lo sguardo di meraviglia e un atteggiamento propositivo possono nascere grandi progetti anche dalla fragilità. Raccontare la bellezza della nostra città attraverso dei disegni che non sono perfetti è per noi la metafora migliore che ci rappresenta: non siamo perfetti, ma siamo unici”.

“Queste creazioni artistiche - aggiunge l’assessore all’istruzione e politiche giovanili Maria Gabriella Strinati - portano un messaggio di bellezza, di affetto e di serenità che fa tanto bene alla città in un momento in cui la pandemia ha messo in crisi tante nostre sicurezze: il fatto che siano realizzate da ragazzi che di solito vengono considerati più fragili ci aiuta in quella fragilità che abbiamo da poco scoperto abitare anche noi”. ◆ [O.D.M.]


[4] ◆ Schio Foto Donovan Ciscato

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Matilde Sella: “Non ne voglio più sapere che a Schio succedano queste cose” C Stefano Tomasoni

amionette della polizia e un discreto numero di agenti in tenuta antisommossa. Manifestanti dei centri sociali e dei gruppi antagonisti vicentini che arrivano a tentare di rompere il “cordone” delle forze dell’ordine per entrare in piazza Rossi. Alcuni esponenti di destra (tra cui il consigliere comunale scledense Alex Cioni, l’assessore regionale Elena Donazzan e l’ex deputato Giorgio Conte) che, terminata la consueta messa di commemorazione dei familiari delle vittime, non fanno a meno (e magari potrebbero farlo) di andare a deporre un mazzo di fiori alle ex carceri. Sono le istantanee del “7 luglio blindato” che anche quest’anno Schio non è riuscita a evitare, per via dell’anniversario dell’Eccidio. Con, a seguire la domenica dopo, l’ormai consueta ciliegina sulla torta di cui si farebbe altrettanto volentieri a meno, con la calata in città dei nostalgici duri e puri per recitare la loro parte in commedia.

Dopo le polemiche e i tafferugli del 7 luglio a margine della commemorazione delle vittime dell’Eccidio, parla la presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime: “Se non cambiano le cose, non ha più senso fare la messa”.

Vicende che hanno fatto superare il livello di sopportazione anche all’Associazione dei familiari delle vittime, che ogni anno fa celebrare una messa a ricordo dei loro cari, nello spirito di pacificazione generale e di storicizzazione dei fatti di 75 anni fa, al quale si rifà il Patto di concordia civica firmato nel 2005 da tutte le “parti”, comprese le associazioni partigiane. Ogni anno, purtroppo, la messa (celebrata solitamente in Duomo ma quest’anno a palazzo Boschetti per via dell’emergenza Covid) si porta dietro in contemporanea le manifestazioni e i presidi di polizia in piazza. Adesso, la presidente dell’Associazione dei familiari, Matilde Sella, sembra intenzionata a dire basta.

Presidente Sella, perché secondo lei quest’anno si è arrivati ai tafferugli? Cosa è successo di diverso dagli anni scorsi?

“Mah, quest’anno c’è stata una manifestazione antifascista molto pesante, nella quale sono state dette anche cose che non dovevano essere dette, addirittura sono stati fatti i nomi dei morti dell’Eccidio pronunciando alla fine una frase molto grave, cioè che i partigiani ‘sapevano cosa facevano’. Questo ci ha veramente lasciati senza parole”. Non che i “7 luglio” degli anni scorsi siano passati senza polemiche, esternazioni e manifestazioni…

“Sembra che, nonostante tutti gli sforzi fatti per creare a Schio un clima di paci-


Schio ◆ [5] “Sembra che, nonostante tutti gli sforzi fatti per creare a Schio un clima di pacificazione intorno all’Eccidio, non siamo riusciti a ottenere quello che volevamo. Ciò che abbiamo cercato di fare è portare la pace a Schio, nel ricordo di persone che sono state ammazzate”. ficazione intorno all’Eccidio, non siamo riusciti a ottenere quello che volevamo. A volte sembra quasi che anche noi, come familiari delle vittime, si venga presi per dei nostalgici. Non lo riteniamo giusto perché quello che abbiamo cercato di fare è portare la pace a Schio, nel ricordo di persone che sono state ammazzate quando la guerra era finita, quando se qualcuno aveva delle colpe poteva essere processato”. In tutti i casi, la firma del Patto di concordia civica risale al 17 maggio 2005. Sono già passati quindici anni. E fin qui s’è fatto un buon percorso, no?

“Sì, di questo dobbiamo ringraziare il sindaco Dalla Via e il dottor Pupillo dell’Istituto Storico della Resistenza che sono riusciti a riunire noi familiari con l’Anpi e l’Associazione volontari della libertà. Da lì, parlandoci, è venuta fuori la Dichiarazione sui valori della concordia civica, nel segno di un dolore reciproco che unisce entrambe le parti. Adesso mi viene da pensare che probabilmente ci siamo dimenticati della parte di destra”. Cosa intende dire?

“Che forse si sarebbe dovuto avvicinare anche quella destra che ha superato i retaggi del fascismo. Forse avremmo avuto più persone con cui dar vita insieme alla Dichiarazione, saremmo stati di più e più solidali. A volte questa vicenda mi fa venire in mente la storia della Bella addormentata nel bosco, quando i due re invitano a palazzo le fatine buone ma non invitano Malefica, e Malefica allora arriva e rovina tutto. Ho l’impressione che chi resta fuori ci creerà sempre dei problemi. Il pomeriggio del 7 luglio c’è stato qualcuno che, alla fine della messa, è andato a portare i fiori alle ex carceri. Ma perché non sono venuti con noi alle 18.30 davanti alla biblioteca senza vo-

ler essere quelli che fanno le cose separatamente dai familiari e dalle associazioni? In ogni caso la reazione della manifestazione antifascista è stata veramente esagerata: non ha senso che 150 persone urlino per due ore, non si rendono conto che a Schio con il Patto avevamo fatto una cosa molto bella, eravamo riusciti a parlare a tanta gente. Posso dire che ci sono state centinata di persone che quando è stata sottoscritta la Dichiarazione sono venuti a dirmi: bravi, avete fatto bene, la città era divisa, voi siete riusciti a riunirla”.

Copertina

Ma quando dice che avreste potuto coinvolgere di più “quel tipo di destra” esprime un rammarico per non averlo fatto finora o un auspicio che ancora si possa fare?

“È un rammarico e forse un auspicio. Però, naturalmente, noi familiari delle vittime siamo soltanto uno dei soggetti, poi ci sono gli altri, ci sono Avl e Anpi, quindi se anche io dico queste cose e loro non sono d’accordo, la cosa finisce lì. Io posso soltanto dire che davvero non ne voglio più sapere che succeda ancora una cosa del genere a Schio. Io ai miei morti ci ho sempre pensato: fin da quando ero bambina mio padre mi portava alla messa, perché per lui è sempre stata ovviamente una cosa terribile che sia stato ucciso suo padre, una persona che aveva pensato solo al bene della comunità, era stato l’ultimo sindaco di Magrè, poi era stato sindaco di Valli del Pasubio”. Quindi per le tensioni e i tafferugli di questo 7 luglio ha più responsabilità la manifestazione di sinistra?

“Io dico che non ha senso che succeda tutto quel ‘casino’ se della gente porta dei fiori. Detto questo, però, sarebbe stato più giusto che chi dopo la messa è andato a portare quei fiori, fosse venuto piuttosto a portarli prima con noi, invece di fare le ‘primedonne’ o i ‘primiuomini’. Non abbiamo portato anche noi una bellissima corona per i nostri morti? Facciamolo insieme, parliamoci. Io non ho cercato di raggiungerli, ma avrebbero potuto farsi vivi loro. Dopotutto loro sono nella politica, io no: io partecipo soltanto a questo momento di ricordo in quanto familiare di una vittima, la politica non mi interessa”. Sull’onda di quel che è successo lei, come presidente dell’associazione dei familiari delle vittime, ha anticipato l’intenzione di non celebrare più la messa in suffragio nel pomeriggio del 7 luglio, per cercare di mettere fine a queste contrapposizioni. Conferma?

“Sì, penso che la faremo per conto nostro, non si sa ancora come e dove. Vedremo, avremo un colloquio con il sindaco. Il nostro pensiero è che sia meglio non fare niente, per evitare che succedano ancora queste cose. Mi dispiace per i cittadini di

Matilde Sella

Schio, che sono stati disturbati in questo modo. Poi per quanto riguarda i nostalgici, che arrivano in città la domenica successiva alla commemorazione, io non so chi siano, nemmeno mi interessa, probabilmente saranno giovani fanatici”. Il sindaco Orsi ha detto che convocherà presto i rappresentanti di Anpi, Avl e della vostra associazione “per ribadire lo spirito di pace e di concordia civica che anima oggi la gran parte degli scledensi”. Voi in quell’occasione cosa direte?

“Io dirò il mio pensiero. Nell’associazione la maggioranza la pensa come me, alcuni invece la pensano diversamente. Si vedrà. L’idea diffusa è che la messa non s’ha più da fare se non cambiano le cose. Ma io francamente ho poche speranze che possano cambiare”. Ma non celebrare più la messa pubblica, soprattutto alla luce di quanto è accaduto in questo ennesimo “7 luglio blindato”, è da interpretare come un “de profundis” per il Patto di concordia civica?

“No, il Patto resta un passo importante, perché ha fatto sì che i nostri morti fossero i morti della città di Schio. Morti come gli altri, fratelli morti nella guerra, barbaramente uccisi. Per noi questo Patto non cambia, la dichiarazione sui valori della concordia civica non cambia, ma non faremo più la messa per evitare conseguenze come quelle di quest’anno. Il 17 maggio, data della firma della dichiarazione, si può fare un ricordo e una preghiera in biblioteca, davanti alle lapidi affisse sulle ex prigioni”. ◆


[6] ◆ Schio

Qui e sotto due sale dell’attuale biblioteca del Duomo, ospitata all’interno della canonica e presto dotata di una sede più idonea

Attualità La biblioteca possiede un patrimonio librario di circa 20 mila volumi, per la maggior parte di storia ecclesiastica, patristica e agiografica, oltre a un considerevole numero di opere di storia locale.

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Mirella Dal Zotto

nche se il cantiere è in posizione defilata (in via Cavour, dietro la Chiesa di S. Giacomo), qualche scledense lo avrà sicuramente notato: sono iniziati i lavori per l’allestimento della Biblioteca del Duomo, bloccati in periodo Covid ma ora in fase di ripresa. Per ragioni di sicurezza e di spazio è stato previsto un trasferimento della stessa biblioteca nell’ex Ospedale degli Esposti, con una sistemazione dei documenti in oltre quattrocento metri di scaffalature. La sede della Caritas, che era ospitata lì, è stata temporaneamente trasferita in Vicolo della Giassara. La Biblioteca del Duomo, ora nella canonica di via Cavour, mette ormai a seria prova la tenuta statica dell’ultimo piano, dove si trovano gli archivi ed è stato quindi presentato un progetto, approvato lo scorso settembre dalla Soprintendenza per i Beni Culturali di Verona, che prevede l’abbattimento del bocciodromo, ora inagibile, dove si ricaverà un piccolo parcheggio e una zona verde; in seguito verrà completato il sottotetto del palazzo per consultazioni e conferenze e si adatterà il primo piano, il pianterreno e il seminterrato per l’archivio, la segreteria e i servizi. L’archivio-Biblioteca del Duomo di Schio fu costituito, nella sua forma attuale, su iniziativa di monsignor Luciano Dalle Molle, nel 1978; nella fase iniziale l’arciprete si valse della collaborazione e della competenza di Edoardo Ghiotto e Gianni Grendene, che furono i due primi collaboratori. A loro si aggiunsero poi Giorgio Zacchello, Antonio Trivellato, Eliana Sessegolo, Franco Bernardi e Dina Mantoan. “Attualmente la biblioteca del Duomo di Schio possiede un patrimonio librario di circa ventimila volumi - spiegano i collabo-

La biblioteca del Duomo verso la nuova sede Sono iniziati i lavori per dare una nuova sede alla Biblioteca del Duomo, che dagli spazi ormai insufficienti della canonica si trasferirà dietro S.Giacomo, nell’ex Ospedale degli Esposti, fin qui sede della Caritas.

ratori volontari -, per la maggior parte di storia ecclesiastica, patristica e agiografica, oltre a un considerevole numero di opere di storia locale. Gran parte sono già stati catalogati; l’archivio contiene inoltre un centinaio di fondi derivanti soprattutto da lasciti e da depositi. Un fondo archivistico interessante è la documentazione su monsignor Elia Dalla Costa. Ricco di materiale di interesse locale è anche il lascito del sacerdote scledense don Carlo Chiozza, che consta di quaranta raccoglitori. I fondi archivistici sono consultabili secondo le norme vigenti sulla conservazione dei documenti, previo appuntamento telefonico: le stanze sono aperte dalle 11 alle 13 di tutti i giorni feriali. La biblioteca e l’archivio del Duomo ha da molto tempo un rapporto di collaborazione con la Biblioteca civica di Schio e con altre istituzioni, soprattutto nell’ambito della storia ecclesiastica e locale”. Tra i documenti più interessanti attualmente in canonica vi è una raccolta di pergamene della fine del XIV secolo, vero-

similmente collezionate dall’avvocato scledense Angelo Dal Savio, e la preziosa matricola (“mariegola”) della Confraternita dei Battuti, che aveva sede presso l’ospedale di San Giacomo: è il più antico testo scritto in lingua volgare della città di Schio (risale al 1452). C’è poi una raccolta di atti di proprietà della prima Collegiata, documenti compresi tra il XVII e il XVIII secolo. Punto di forza è anche il settore anagrafico, che raccoglie gli atti di nascita, matrimonio e morte della parrocchia di San Pietro i cui confini, fino al 1933, coincidevano con quelli del Comune cittadino; si tratta di grandi volumi cartacei con atti anagrafici dal 1709. È un patrimonio di alcune decine di migliaia di atti che, integrato con le copie conservate presso l’Archivio Storico Diocesano, può far risalire le ricerche sino al 1569, per un totale di ben 25810 pagine. L’appassionato e competente gruppo che cura l’archivio del Duomo sta ora collezionando e ordinando, all’interno del settore della storia locale, i cosiddetti “santini”, che venivano (e vengono) stampati in occasione di battesimi, prime comunioni, cresime, matrimoni, funerali; pur nella sua semplicità questa documentazione minore può risultare molto utile per raccogliere informazioni su personaggi di Schio. Facciamo dunque un appello anche ai lettori perché donino i loro “santini” all’archivio del Duomo, invece di tenerli solo in famiglia o gettarli: verrebbero non solo conservati e catalogati, ma potrebbero diventare elemento di studio. ◆



[8] ◆ Thiene Copertina

“È una passione, che implica sacrifici ma che per quello che ricevi in cambio è appagante – spiega Lisa Bonato -. Non ci sono orari e di tempo libero ne rimane davvero poco, per non parlare delle vacanze. Ma è una mia scelta, non la cambierei”.

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Omar Dal Maso

ggiungi un posto a tavola, che ci sono nove amici (a quattro zampe) in più.Attenzione a invitare a cena Lisa Bonato, ragazza di 28 anni cresciuta a Zanè con la passione per gli “occhi di ghiaccio” e per i manti morbidi e caldi: oltre a un piatto ricco bisogna per forza preparare almeno nove ciotole in cui si ficcheranno musi e nasi affamati. Una famiglia numerosa la sua, composta da lei e una truppa docile di cani tutti di razza siberian husky. Cinque esemplari adulti, quattro cuccioli di poche settimane, e tante storie da raccontare. Di rinascita, ma anche di sport, di sacrifici e di un grande amore da dispensare e da ricevere in egual misura. Con i nuovi “inquilini” venuti al mondo 25 giorni fa, la “banda Bonato” ha raggiunto la doppia cifra, un team di cui lei è la musher – termine che indica il conducente di una muta di cani da slitta – ma soprattutto una mamma, a due “zampe” stavolta, premurosa e generosa. Di quelle che vanno a letto la sera esauste e si risvegliano con i mille pensieri delle cose da fare ancora prima di

Qui e nella pagina a fianco alcune immagini di Lisa Bonato in azione con i suoi siberian husky. Sotto, nella pagina di destra, una foto dei cuccioli nati di recente.

Lisa, un piatto e nove ciotole Una ragazza di 28 anni originaria di Zanè vive con 9 siberian husky, cinque esemplari adulti e quattro cuccioli appena arrivati. Con i più grandi ha trascorso il periodo di lockdown, vissuto dalla prima linea in ospedale come tecnico di laboratorio, e tra le loro coccole una volta a casa.

riaprire gli occhi, magari dopo una leccata sulla guancia di buon mattino. Il primo husky a 14 anni è stato Shadow e oggi, con il doppio degli anni, come regalo ne sono arrivati quatro in un colpo solo.

“Una mia scelta, non la cambierei” “È una passione, che implica sacrifici ma che per quello che ricevi in cambio è appagante – spiega Lisa Bonato, tecnico di laboratorio analisi di mestiere -. Al mattino c’è da accudire i cani e preparare loro da mangiare, alla sera dopo una giornata di lavoro si rifocillano e si portano fuori, anche per tenerli in allenamento. Poi si riparte da capo, sette giorni su sette. Insomma non ci sono orari e di tempo libero ne rimane davvero poco, per non parlare delle vacanze. Ma è una mia scelta, non la cambierei”. E quando la padrona non c’è per motivi di lavoro, i topi, anzi i cani, come ballano? “Di

solito le due femmine fanno le donne di casa, mentre i maschi rimangono nei box in giardino. In ogni caso giocano e si riposano, e vanno d’accordo tra di loro, e non si rubano il cibo. Questo è importante: un po’ perché nel pedigree della razza siberiana c’è l’attitudine alla vita in branco, un po’ per come sono stati educati e forse anche per un pizzico di fortuna.Altrimenti sarebbe dura. È bello vederli così, sereni e felici”.

La “famiglia” si è davvero allargata Il plotone canino dagli occhi di ghiaccio risponde ai nomi di Margot e Fujiko per la quota rosa della ciurma, poi in serie ecco Iron, Steel e Jegger. Il poker di neonati attende un nome, uno solo è già stato “battezzato” come Odyss. Gli altre tre rimangono da assegnare, anche perché alcuni sarebbero destinati a crescere da padroni


Thiene ◆ [9] appena svezzati. Ma… “Non so se riuscirò davvero a darli via” ammette Lisa, che sta mettendo anima e tempo per accudirli insieme alla nutrice mamma Fujiko e alla “nonna” Margot sempre di vedetta, la meno sportiva del gruppo che vigila con lo sguardo e si accomoda placidamente in divano mentre gli altri scorrazzano sulla neve. “Oltre a essere un po’ avanti con gli anni, si è presa un po’ il ruolo di mascotte del gruppo, non è mai stata molto portata per le corse a differenze degli altri”. Tornando ai pelosi “bebè” in versione quattro zampe e dagli occhi furbi e dolci, la 28enne di Zanè li ha visti nascere a uno a uno, o meglio, in coppia. Il parto di una cucciolata rappresenta un’emozione unica da descrivere: per lei è stata la seconda, stavolta davvero in prima linea. “Sono stata praticamente in diretta telefonica con il veterinario dopo quattro ore di travaglio – ci confida ricordando quei concitati momenti -. Due sono nati alle 20.30 di sera e gli altre due quasi all’alba a distanza di 6/7 ore, ma è andato tutto bene”. Ora i batuffoli di pelo nati a fine giugno, due di colore bianco, uno a prevalenza grigio e uno nero, se la spassano giocando e dormendo h24, strappando baci e carezze a chi li ha a portata di mano e likes a chi li coccola da lontano via social.

I mesi in laboratorio per combattere il Covid Tempi felici quelli che sta vivendo la loro padrona Lisa, nonostante il gran “daffare”. In primavera ha dovuto salutare per sempre il suo “primo amore” husky, di nome Shadow, compagno fedele di innumerevoli gare e uscite tra le montagne diventato un angelo bianco dopo aver spiccato il volo più alto. E c’è stato da affrontare, come tutti, il periodo che ha stravolto il mondo intero. Un lockdown che per lei è stato caratterizzato non dalla segregazione tra quattro mura, ma al contrario da un impegno lavorativo extra, con turni anche di 12 ore visto il suo impiego di tecnico sanitario di laboratorio tra l’ospedale di Asiago e di Bassano, dove il Covid-19 lo ha praticamente

Copertina

maneggiato (con cura), bardata al pari di medici e infermieri. Centinaia di prelievi orofaringei su tampone, le paure di tutti, la voglia di abbracciare gli unici congiunti che potevano regalarle calore in presenza. Una parentesi difficile a 360 gradi in cui, per accudire i suoi coinquilini pelosi, ha potuto contare su vicini di casa e, quando possibile, in seguito, sui familiari. Senza mai perdersi d’animo. Una volta tornata disponibile una parvenza di normalità, Lisa e la sua ciurma sono tornati alle uscite abituali sui paesaggi-meraviglia delle Prealpi, quando il clima lo consente. “Possiamo allenarci solo quando la temperatura lo permette, di norma quando è sotto i 15 gradi – spiega -, altrimenti i cani di razza nordica rischiano di soffrire colpi di calore e problemi respiratori”. Le discipline che pratica a seconda delle stagioni sono lo “sleedog” in inverno, la sua prediletta, la versione su slitta con traino da due a quattro cani “in carrello”. Poi c’è il “bikejoring” su sterrato in sella a una mountain bike in abbinata al “tiro” dei cani, dove Lisa & Iron si sono laureati per due volte campioni italiani e, infine, il “canicross”, dove zampe e piedi dei concor-

renti corrono all’unisono per raggiungere veloci il traguardo. Che sia a piedi, in bici, o su una slitta, l’importante è vivere il momento, insieme a chi non lesina di dispensare affetto in ogni attimo della giornata. Se poi tutto ciò accade con intorno paesaggi mozzafiato e atmosfere di montagna che riconciliano con l’infinito intorno, tanto meglio.

Tante spese, ma anche tante soddisfazioni Impegno, rinunce e abitudini bizzarre per una giovane donna, come quella di acquistare 20 kg di trippa da affettare in modalità fai da te, un alimento nutriente per i suoi cani che, per chi non fa di mestiere il macellaio, deve sapere che non profuma di lavanda, per usare un eufemismo. Ammesso (ma forse non concesso) che la “famiglia” si riduca di numero se alcuni dei cuccioli verranno affidati, c’è all’orizzonte già l’intenzione di allargare ancora la banda? “Il problema è che uno tira l’altro – dice Lisa sorridendo – a volte credo siano quasi come una droga. Ma voglio trattarli bene, accudirli come si deve, se supero certi limiti non ci riuscirei e non sarebbe giusto. Diciamo che otto cani è il tetto massimo che posso sostenere, non solo per i costi”. A proposito, il “bilancio familiare”a fine mese con tante bocche da sfamare è sostenibile con un solo stipendio in entrata? “Le spese sono tante ma non mi sono mai messa a quantificarle. I costi delle cure veterinarie sono alti, oltre al cibo e al resto ma l’ho messo sempre in preventivo. Sacrifico per loro volentieri quello che spenderei altrimenti per una vacanza ogni anno, magari anche alle Seychelles visto quanto mi costano – sorride -. Ma loro valgono di più, per 365 giorni all’anno”. ◆


[10] ◆ Thiene Attualità In questi giorni, l’amministrazione comunale sta facendo il punto su eventi e iniziative svolte, quelle in corso e da proporre in futuro, a costo di diluire in due anni le celebrazioni.

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Omar Dal Maso

l Centenario già decollato è rimasto sospeso nell’aria. Riprogrammato per l’anno 2021 l’atterraggio virtuale delle celebrazioni che il comune di Thiene, ma anche due località del Lazio (Centocelle) e della Lombardia (Induno Olona) e infine la capitale del Giappone, hanno intessuto per ricordare l’epica impresa dell’aviatore vicentino Arturo Ferrarin, alla cui memoria è intitolato tra l’altro l’aeroporto cittadino di Rozzampia. A spiccare il volo a 100 anni esatti della Trasvolata Roma-Tokyo “sgomitano” nel calendario culturale mostre, laboratori d’arte ed esposizioni in Biblioteca Civica, al Lanificio, nel centro di volo, presentazioni di due volumi, iniziative multimediali e podcast, incontri, serate, gemellaggi tra studenti e tra città e tante idee che si intrecciano fino all’apice dello spettacolo aereo finale: con special guest la Pattuglia Acrobatica Nazionale delle Frecce Tricolori sui cieli di Thiene, che intanto hanno effettuato un passaggio di ricognizione lo scorso marzo. Da dire subito che nulla è stato gettato al vento anche se, a causa della pandemia, “tanto” è stato interrotto in fase di decollo appunto e tanto altro rimandato di un anno. Non solo nella culla dell’Altovicentino da dove Arturo Ferrarin, discendente dell’omonima dinastia del tessile, visse da fanciullo e giovane rampante prima “imparare a volare”.

Il Centenario sospeso nell’aria La ricorrenza dei cento anni dell’epico volo Roma-Tokyo compiuto da Arturo Ferrarin è stata preparata nei dettagli per molti mesi, ma il Covid purtroppo ha interrotto anche il calendario degli eventi commemorativi. Ma nulla andrà perso” assicura l’assessore Giampi Michelusi.

La fama di pilota acrobata e avventuriero lo raggiunse tardiva in Italia, dove si dedicò in seguito all’attività di collaudatore fino alla prematura morte avvenuta nel 1941 proprio in un incidente aereo. Il Raid Roma-Tokyo, la cui controversa ideazione fu di Gabriele D’Annunzio, vide una decina di temerari piloti accettare la sfida dopo una serie tribolata di rinvii. Con il fido motorista Gino Capannini, il giorno della partenza fu il 14 febbraio 1920, avviando l’elica di uno Sva 9 Ansaldo della Regia Aeronautica. Tre mesi e mezzo dopo, e 18 mila km tra i cieli dopo, tra varie peripezie che registrarono come vittime altri partecipanti alla kermesse, il 31 maggio furono solo due velivoli a toccare il suolo giapponese: quello di Arturo Ferrarin, l’unico a completare il percorso esclusivamente via cielo, e quello di Guido Masiero. Furono accolti trionfalmente, celebrati come star e ricevuti dall’Imperatore in persona. In questi giorni, l’amministrazione comunale sta facendo il punto su eventi e iniziative svolte, quelle in corso e da proporre in futuro, a costo di diluire in due anni le celebrazioni. “Posso garantire che siamo sul focus – assicura Giampi Michelusi, assessore referente per il Centenario -. Siamo in contatto costante con Induno Olona, dove è sepolto Ferrarin, e con Centocelle dove siamo stati lo scorso 14 febbraio incontrando il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica

in una cerimonia. Con il Giappone le difficoltà connesse all’epidemia hanno messo in stand by varie iniziative, tra cui un viaggio di una nostra delegazione, al pari del gemellaggio con la città di Tokorosawa, che segue a quello tra il Liceo Corradini e un istituto nipponico. Tra le novità pronte a breve l’installazione di grandi banner celebrativi agli ingressi a Est e Ovest di Thiene e davanti al Municipio, in modo che chiunque entra in città sappia che qui si sta celebrando il Centenario”. Tra tante iniziative pubbliche, una domanda che sconfina nel privato se non nell’intimo. Il brusco stop imposto dall’epidemia, al netto degli aspetti comuni per l’emergenza, cosa ha significato per lei? “Chiaro è che dopo il passaggio delle Frecce Tricolori il 9 marzo personalmente mi sentivo galvanizzato, perché dopo giusto un anno di lavoro stavamo entrando nel vivo delle celebrazioni in vista del grande evento conclusivo, sapendo che la manifestazione avrebbe attirato migliaia di persone a Thiene. La sensazione che ci crollasse il mondo addosso c’è stata su questo aspetto: ci eravamo trovati al tavolo con le prime proposte tra febbraio e marzo del 2019. In ogni caso niente è stato buttato via di quanto fatto, ciò che è stato messo in programma a suo tempo c’è la volontà di portalo a termine, come è giusto che sia”. ◆



[12] ◆ Schio Attualità

In città ci sono non più di 25 luoghi, su oltre un migliaio di toponimi, dedicati a donne. Per la maggior parte sono vie, un paio sono chiese (Santa Maria in Valle e Santa Giustina), una è un nucleo abitato del Tretto (Santa Caterina). E ci sono anche tre aule studio.

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Camilla Mantella

Schio abbiamo il monumento ad Alessandro Rossi appena restaurato, quello al Tessitore incorniciato di nuovi alberelli e aiuole, busti e mezzobusti degli imprenditori che hanno fatto la storia del tessile locale. E poi vie intitolate a poeti, santi, uomini di scienza, esploratori, condottieri, politici. Tutti cittadini illustri degni di memoria. Ma tutti (o quasi) maschi. Piccolo gioco per i nostri lettori: la via o la piazza dove abitate a chi è intitolata? Se eccettuiamo quelle che prendono il nome da località geografiche, oltre il 90% degli scledensi risponderà sicuramente a un uomo. Perché le strade e gli incroci al femminile, a Schio, son gran pochi. Una cosa di cui ci si è accorti negli ultimi anni, correndo ai ripari, soprattutto durante le amministrazioni Dalla Via, con alcune intitolazioni “rosa” all’interno di nuove lottizzazioni nella zona di Cà Trenta e Magré. L’amministrazione Orsi, dal canto suo, ha firmato qualche anno fa l’intitolazione dello slargo a Suor Luisa Arlotti, religiosa attiva nella Resistenza cittadina, e due aule studio alle barchesse di Palazzo Fogazzaro, dedicate all’astrofisica Margherita Hack e all’erudita veneziana Elena Cornaro. Che la storia ricordi più uomini che donne è indubbio. Che le donne abbiano avuto molte meno occasioni di affacciarsi alla vita pubblica, altrettanto. Eppure gli “squilibri di genere” non hanno impedito che alcune di loro siano riuscite, nonostante i pregiudizi e il ruolo subordinato a cui la società le aveva relegate, a esprimere le loro potenzialità e a essere figure importanti nelle comunità all’interno delle quali erano inserite.

Vie e monumenti, non è una città per donne Le strade, le piazze, le targhe e i monumenti intitolati al femminile a Schio sono davvero in numero assai esiguo. Abbiamo censito i toponimi dedicati a donne. Prendendo anche lo spunto per qualche proposta per il futuro.

I (pochi) luoghi al femminile Andiamo con ordine. Attualmente a Schio ci sono circa 25 luoghi, su oltre un migliaio di toponimi, dedicati a donne. Un paio sono chiese: quella intitolata a Santa Maria in Valle e quella a Santa Giustina a Giavenale, tra l’altro due dei luoghi sacri più antichi del comune (forse che in passato si era più devoti a figure di santità femminile?). Uno è tra i nuclei abitati del Tretto (Santa Caterina), tre sono aule studio (oltre

La statua dedicata a Santa Bakhita, posizionata all’interno del Duomo

a quelle sopra citate c’è anche l’aula Maria Rosa Ansaldi, moglie di Giovanni Calendoli, in biblioteca civica) e il resto sono vie. Soffermiamoci proprio su queste. La maggior parte sono intitolate a figure femminili che si sono distinte per la loro santità: c’è la via a Santa Giuseppina Bakhita, la via alla Beata E. Vedramini, la via a Santa Bernadette Soubirous. E poi quelle alle sante o beate: Bertilla Boscardin, Giovanna Maria Bonomo, Contessa Tagliapietra, Maddalena di Canossa, S.Chiara e S.Giustina. Non mancano intitolazioni alla Madonna delle Grazie e a Santa Maria. Lo slargo a Suor Luisa Arlotti, di fronte all’ex Asilo Rossi, sta a metà strada tra la celebrazione religiosa e quella laica. Infermiera e partigiana, canossiana, ha salvato la vita a combattenti della Resistenza nel periodo in cui fu direttrice proprio dell’Asilo Rossi, nascondendoli e prendendosene cura all’interno dell’edificio. La sua figura, stretta tra la vocazione a Dio e il coraggio delle proprie scelte in un momento storico delicatissimo per la città, è stata a lungo dimenticata – il vescovo la allontanò ben presto da Schio – e solo nel 2017 è stata ricordata con questa intitolazione. Pochissime, invece, le non religiose ricordate dalla nostra città. Ci sono la via a Te-


Schio ◆ [13] resa Pizzolato, figura attivissima nell’associazionismo cattolico, e quella a Luigina Zanrosso, che ha una storia davvero significativa legata al suo essere stata capace, emigrante in America Latina, di costruire un vero e proprio impero imprenditoriale in quel territorio. Da ricordare infine la via che porta a piazza Almerico da Schio intitolata a Romana Rompato, poetessa locale e docente vissuta tra la fine dell’800 e la metà del ‘900 e quella, a Giavenale, dedicata alle nobili sorelle Boschetti. Tutte strade che spiccano non solo per la caratura delle protagoniste, ma anche per il fatto che sono davvero poche le donne con cui confrontarsi. Venti, per la precisione, o poco più.

Rosa Pozzolo, Bice De Munari, Ada Zanolo Per intitolare nuove vie servono nuove strade. E giustamente le leggi urbanistiche degli ultimi anni hanno reso più complicato edificare, per impedire l’eccessivo consumo di suolo, quindi i nuovi toponimi da poter attribuire sono scarsi. Anche sostituire i nomi esistenti è complicato: in fin dei conti quando si finisce su una targa qualche merito lo si ha pur avuto e cancellare la memoria di chi custodisce una via o una piazza da decenni solo perché maschio è una motivazione inconsistente. Potrebbe essere diverso il caso di toponimi dedicati a isole o luoghi geografici non locali, che si prestano più facilmente a una sostituzione non dovendo scomodare il

Un set per Aeronautica Militare

Il famoso brand di abbigliamento “Aeronautica Militare” ha scelto Schio per lo shooting della sua collezione invernale 2020-2021. Il Giardino Jacquard, lo Spazio Shed e l’area esterna della Fabbrica Alta e del Lanificio Conte sono diventati un set fotografico per mettere in risalto i nuovi capi del brand Made in Italy fondato da Cristiano Sperotto, che in pochi anni ha raggiunto un successo internazionale. Si tratta di un’ulteriore, prestigiosa opportunità per mostrare le bellezze di Schio a un pubblico sempre più vasto.

Attualità

ricordo di personaggi illustri del passato; certo è che, per gli abitanti, il cambio del toponimo è un disagio pratico non di poco conto. Cosa resta da fare, quindi? Sicuramente, per i pochi toponimi futuri che verranno ancora assegnati, tenere in considerazione eminenti concittadine del passato. Il professor Edoardo Ghiotto, esperto di epigrafia, suggerisce tre profili particolarmente meritevoli: quello di Rosa Pozzolo, pittrice scledense del ‘700, attiva per oltre cinquant’anni, che ha lasciato alcune opere meravigliose all’interno della Canonica del Duomo; l’insegnante Bice De Munari (1918-2006), che ha cresciuto generazioni di scledensi e si è distinta per l’impegno nella formazione e nella cura della cultura cittadina; la pittrice e insegnante Ada Zanolo (1914-2007), che ha saputo esprimere un’arte particolarissima, personale, sobria e al tempo stesso ricca di simboli e poesia. Senza contare, in ogni caso, che se i toponimi sono scarsi la possibilità di erigere monumenti o installare targhe commemorative è molto più ampia: ricordare le donne scledensi che si sono distinte in epoche in cui per una donna era ancor più difficile di oggi affermare la propria voce è possibile ed è uno sforzo che la comunità dovrebbe fare.

Un ricordo possibile? “Per nuove intitolazioni di vie...ci vogliono le nuove vie!”, ribadisce il sindaco Valter Orsi. “Al momento non ci sono progetti specifici sulla toponomastica cittadina o sulla nomenclatura al femminile. Ricordo però che recentemente questa amministrazione oltre a dedicare una targa a suor Luisa Arlotti

davanti all’Asilo Rossi ha promosso la realizzazione di una mappa letteraria online sul sito della biblioteca civica dedicata proprio alle donne presenti a Schio nelle intitolazioni di vie o località. Nulla comunque vieta, com’è noto, che i cittadini si facciano promotori di intitolazioni di vie o luoghi pubblici a persone ritenute meritevoli. In Comune abbiamo già una lunga lista che prima o poi speriamo di onorare”. Proporre si può proporre, insomma, ma poi riuscire a concretizzare l’intitolazione sembra davvero difficile. Un peccato, ma Schio è in ogni caso dotata di spazi – interni ed esterni – dove è possibile lasciare un ricordo alle sue donne del passato. Una fontana, una targa su un incrocio, un piccolo monumento su una delle decine di rotonde che popolano la città: i luoghi senza nome esistono e possono ospitare la memoria di chi ha contribuito a rendere più ricca e viva la comunità. Anche senza dover metter mano allo stradario o attendere la costruzione di qualche nuovo complesso residenziale. ◆

Schio su “Bell’Italia” Il 4 luglio la rivista mensile di turismo “Bell’Italia” ha proposto, in allegato al Corriere della Sera, un numero monografico dal titolo “Alla scoperta dei nostri tesori”, all’interno del quale è dedicata una pagina anche a Schio. Molto lusinghiero constatare che la città è stata inserita tra i più bei luoghi del patrimonio meno noto del paese, in un momento difficile per il turismo, che sta lentamente e faticosamente riprendendosi dopo l’emergenza sanitaria. [M.D.Z.]




[16] ◆ Thiene Attualità Salve le classi, le lezioni e anche i posti di lavoro grazie all’accordo inedito con una cooperativa di Verona specializzata nella gestione dei percorsi educativi di matrice cristiana.

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Omar Dal Maso

e preghiere delle suore Maestre devote a Santa Dorotea e, forse ancor più quelle di genitori con i figli iscritti alla scuola cattolica, sono state ascoltate: l’istituto di via Corradini a due passi dal centro di Thiene continuerà l’attività dopo che nei mesi scorsi l’incubo della chiusura incombeva sulla scuola paritaria più antica della città. Salve le classi, le lezioni e anche i posti di lavoro grazie all’accordo inedito con una cooperativa di Verona specializzata nella gestione dei percorsi educativi di matrice cristiana. A tal proposito, siglato anche il patto che regalerà una nuova sede nel complesso di “Casa Insieme”, in via Braghettone, di proprietà della Fondazione Pegoraro-Romanatti, che avverrà a partire da fine dell’estate 2022. Per i prossimi due anni scolastici, quindi, alunni e studenti rimangono negli ampi stabili originari dove sono passati centinaia di ragazzi e ragazze ora giovani e adulti, molti dei quali hanno a loro volta iscritto nella stessa scuola i proprio figli. In una sorta di passaggio di testimone generazionale. Non solo le preci ma anche le iniziative di una comitato spontaneo composto dalle famiglie thienesi sono state ascoltate, dopo le voci non solo di corridoio a fianco del-

“Casa Insieme” in via Braghettone a Thiene, che sarà la nuova sede delle scuole Dorotee

Alla fine le Dorotee restano in cattedra Scongiurato il pericolo di chiusura dei battenti di cui si vociferava da mesi grazie allo spirito d’iniziativa di genitori, insegnanti e direzione. Dall’anno scolastico 2022/2023 banchi di scuola a “Casa Insieme”.

le classi che circolavano da tempo riguardo la dismissione delle Dorotee. Si tratta di una delle 12 mila scuole paritarie in Italia, parte delle quali versa in stato di difficoltà finanziaria. La tempestiva ricerca di soluzioni, una volta constatato che le suore fedeli all’insegnamento non disponevano delle forze per portare avanti a lungo il loro ministero, è avanzata fino a imboccare la direzione giusta che ha portato alla Cooperativa Cultura e Valori. Dopo l’onda anomala del coronavirus, tra l’altro, poter disporre ancora della vasta struttura nel centro di Thiene agevola i compiti della dirigenza in vista della ripresa delle lezioni e, in particolare, nell’ottica di garantire il distanziamento sociale secondo le regola che saranno disposte da Governo e Regione Veneto. “Proprio l’ampiezza degli spazi disponibili consentirà agli alunni, in questo momento di emergenza sanitaria, di poter frequentare le lezioni a tempo pieno – si legge in una nota con l’annuncio ufficiale del nuovo corso di gestione - in sicurezza e sempre con la presenza dei loro insegnanti”. Iscrizioni future non solo confermate ma già aperte, quindi, dopo il diradarsi delle nubi sul futuro delle “Dorotee”, così come l’istituto è conosciuto in abbreviazione dai thienesi e non solo, visto che parecchi alunni provengono dai paesi vicini dell’Altovicentino. Si “gioca”, o meglio si studia, addirittu-

ra d’anticipo con la scuola primaria già da lunedì 31 agosto: questo al fine di consentire di approfondire quanto è stato fatto con la didattica a distanza e riabituarsi ai ritmi della vita scolastica. La scuola secondaria di primo grado o scuola media inferiore inizierà invece le attività nella seconda settimana di settembre. “Il motto che ci ha accompagnato durante questo periodo di emergenza sanitaria, ‘Andrà tutto bene’, è stato profetico per la scuola S. Dorotea. Andrà certamente tutto bene da oggi in poi, grazie al grande impegno profuso da tante persone che continueranno ad essere il motore di questa scuola”. A felicitarsi per il buon esito delle trattative anche il sindaco di Thiene Giovanni Casarotto, nei mesi scorsi preoccupato al pari dei concittadini alla prospettiva di perdere un centro di cultura e formazione che ha segnato la storia della città. “Città che tira un sospiro di sollievo – questo il suo commento - e mi pare che questa continuità sia frutto di un bel lavoro svolto da docenti, direzione e rappresentanti dei genitori. Si sono trovate le soluzioni più appropriate per il futuro.Anche il responsabile della cooperativa mi ha dato l’impressione di una persona molto preparata e per bene. Sono contento anche per gli insegnanti: la scelta di rimanere alle Dorotee era una scelta fatta per il valore che la scuola cattolica rappresenta”. ◆


Schio ◆ [17]

Sbagliamo da sempre a scrivere “SS.Trinità” Le regole della grammatica dicono che si usa una forma scorretta per abbreviare questo che, oltre che il nome di una chiesa, è uno dei toponimi più noti della città.

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Stefano Tomasoni

a grammatica ha le sue regole, si sa, e sarebbe bene rispettarle e farle rispettare. Poi, però, anche in questo campo ci sono abitudini – nel parlare e nello scrivere - che con il tempo prendono il sopravvento, così come l’edera lasciata crescere su un muro un po’ alla volta copre la facciata della casa. Ecco, un’abitudine che da decenni ha surclassato la regola ce l’abbiamo in casa. Più precisamente a Santissima Trinità. Attenzione, abbiamo appena usato non a caso la forma completa della parola “santissima”, perché il busillis sta proprio qui, in questa parola. Già perché, a ben guardare,

da sempre in città si usa una forma scorretta per abbreviare questo che, oltre che il nome di una chiesa, è uno dei toponimi più noti di Schio. Ovunque, in qualsiasi documento e in qualsiasi scritto, fin da quando è nata la chiesa e il quartiere di Santissima Trinità (e ancora scriviamo il nome completo), la forma abbreviata usata per indicare l’una o l’altro è “SS.Trinità”. Ma per la gramma-

Attualità tica, o meglio per le regole relative alle forme delle abbreviazioni, che probabilmente vanno fatte risalire al diciassettesimo secolo, la forma corretta da usare sarebbe “SS.ma Trinità”. Perché – ecco la regola nella lingua italiana, il raddoppio della lettera iniziale della parola si usa quando si deve indicare il plurale, non il superlativo. Due cose completamente diverse. Per trovare l’esempio corretto dell’uso dell’abbreviazione “SS.” non occorre andare lontano, visto che anche in questo caso ce l’abbiamo sottomano: stavolta a Magrè, dove la chiesa parrocchiale è intitolata ai santi Leonzio e Carpoforo. Quindi: SS. Leonzio e Carpoforo. La forma “SS.”, a dirla tutta, non è d’uso esclusivamente religioso, ma anche più prosaicamente laico: non indica infatti soltanto il plurale di “santo”, ma anche il plurale di “signore”. Insomma, siccome alla fine, nel bene e nel male, è l’uso comune che la fa da padrone, continueremo ovviamente a scrivere “SS. Trinità”, ma almeno si sappia che la forma corretta da usare sarebbe “SS.ma Trinità”. ◆


[18] ◆ Schio Il personaggio

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Elia Cucovaz

utti negli ultimi mesi hanno dovuto affrontare dei cambiamenti. Cambiamenti nelle abitudini, nella libertà di spostarci, nelle modalità di lavoro e di relazione. Per qualcuno le trasformazioni portate dalla pandemia sono state sopportabili. Per qualcun altro anche positive. Ma nella vita di tante persone queste alterazioni imposte dall’esterno sono state vissuti con fastidio, disagio, o anche sofferenza. E molti, ancora, guardano con incertezza e a volte con paura a un futuro percepito ancora come pieno di incognite. A prescindere dalla situazione personale di ciascuno, gli ultimi mesi hanno imposto a ciascuno di riflettere sul proprio modo di affrontare il cambiamento. Per questo vogliamo parlare di cambiamento con Marco Adriani: uno scledense che 11 anni fa ha deciso di dare una svolta alla sua vita. Da imprenditore titolare di un’importante società del settore elettronico - la Coges, azienda nota per le chiavette dei distributori automatici, con un fatturato che allora era di circa 20 milioni di euro - Adriani ha deciso di “ritirarsi” in una contrada disabitata del Tretto, dove ha avviato una micro azienda agricola con annesso bed & breakfast: il Maggiociondolo. Una scelta radicale, ma che domani potrebbe non apparire più così in controtendenza. La fuga dalle città e la ricerca di una vita più naturale, infatti, potrebbe diventare un nuovo trend.

“Quando si sta ancora bene bisogna avere il coraggio di cambiare per stare meglio. Perché mano a mano che si va avanti le opzioni a nostra disposizione diminuiscono. Magari in futuro sentirò l’esigenza di cambiare ancora, ma il bilancio di felicità di questa fase della mia vita è ampiamente positivo”.

L’uomo che è saltato fuori dal secchio Marco Adriani undici anni fa ha fatto una scelta di vita: ha lasciato l’azienda che guidava, la Coges, e si è “ritirato” in una contrada disabitata del Tretto, dove ha avviato una micro azienda agricola con annesso bed & breakfast: il Maggiociondolo.

Adriani, la sua scelta di rinunciare all’azienda, all’epoca, fece scalpore…

“Scusi, non la sento. Qui i cellulari prendono poco”. Si è scelto proprio bene il suo angolo di paradiso...

(Ride). “Diciamo che qualche volta l’assenza di segnale ha dei vantaggi. Le va bene se la richiamo col fisso?”

(Dopo aver ripreso la linea). Dicevamo: la sua “fuga” dall’azienda. Ci vuole raccontare come accadde?

“Be, non fu una decisione improvvisa. L’acquisto degli edifici in contrà Proveste che poi sarebbero diventati ‘Il Maggiociondolo’ lo è stata: ho visto il posto e una settimana dopo era mio. Ma la scelta di cambiare vita è maturata negli anni. E mi sono anche preso il tempo necessario per progettarla. Quando ho venduto le mie partecipazioni ho accettato di restare altri cinque anni in azienda per traghettarla nel cambiamento e nel frattempo ho potuto preparare il secondo tempo della mia vita”.

A cosa pensava?

“Non avevo un’idea precisa di cosa avrei fatto dopo. Sapevo solo che sarebbe stato qualcosa che mi avrebbe consentito un maggior contatto con la natura, un rapporto diverso con i clienti (i quali, appunto, oggi per me sono “ospiti”) e la possibilità di restare in questo territorio con cui sento un forte legame. Poi il sogno un po’ alla volta si è trasformato in realtà”. Come ha capito che nella sua vita era necessario un cambiamento?

“Le rispondo con una storia che mi raccontò un professore. C’è una rana che nuota nel suo stagno: chi sta meglio di lei? Arriva un contadino, raccoglie un secchio d’acqua e ci mette dentro la rana. “Beh, tutto sommato non mi va poi male - dice la rana - sono ancora nella mia acqua”. Il contadino arriva a casa e travasa acqua e rana in una pentola sulla stufa. “Non mi va poi così male: fa solo un po’ più caldo”. E così finisce cotta a puntino. La domanda è: in quale momento la rana avrebbe dovuto fare qualcosa per salvarsi?”.


Schio ◆ [19] Me lo dica lei.

“Doveva saltare subito fuori dal secchio. La morale della favola è che anche quando si sta ancora bene bisogna avere il coraggio di cambiare per stare meglio. Perché mano a mano che si va avanti le opzioni a nostra disposizione diminuiscono. Durante la quarantena qualcuno mi ha detto: Ah, sei fortunato tu che vivi lassù, libero. Ma questa libertà me la sono costruita e per ottenerla ho dovuto fare qualcosa. E anche rinunciare a qualcosa”. E lei quando ha capito che era il momento di saltare fuori dal secchio?

“Non rinnego la mia vita in azienda. È stata entusiasmante e piena di soddisfazioni. Però a un certo punto mi sono accorto che stava condizionando la mia intera vita. Avrei potuto, ad esempio, lavorare solo tre giorni alla settimana. In realtà le responsabilità mi assorbivano per la maggior parte del giorno e spesso anche nel fine settimana. Mi sono accorto che invidiavo chi riusciva a prendersi più tempo per stare con la famiglia, o anche solo un pomeriggio per fare la Strada delle Gallerie. Oggi posso andare a vedere il tramonto in cima al Summano quando voglio”. Il mito della decrescita felice?

“Da un certo punto di vista, sì: è stata la ‘mia’ decrescita felice. Decrescita solo da un punto di vista economico, intendiamoci. Ma se avessi messo questo fattore al primo posto non avrei fatto questa scelta. E ho guadagnato qualcosa: la libertà di poter disporre del mio tempo. Magari in futuro sentirò l’esigenza di cambiare ancora, ma posso dire che il bilancio di felicità di questa fase della mia vita è ampiamente positivo”.

E poi è arrivata la pandemia. Questo evento traumatico, apparentemente, sta operando un cambiamento nella scala di valori di tante persone. Probabilmente oggi la sua scelta potrebbe essere considerata meno folle rispetto ad allora.

“Forse sì, ma non ne sono sicuro. In quarantena tanti hanno riscoperto piccoli piaceri come preparare il pane, coltivare l’orto, o fare una passeggiata all’aria aperta. Però ho l’impressione che la maggior parte non veda l’ora di tornare a vivere come prima”. Crede?

“Temo di sì. Pensiamo per esempio al vaccino. La questione non è “vax” contro “no vax”, ma una filosofia di vita. Il mondo è concentrato su una soluzione immediata per eliminare questa malattia, ma non vedo lo stesso slancio verso il percorso - più lento, più lungo - necessario a prevenire quelle future. A creare un mondo più sano. A renderci più forti capaci di resistere ad altre crisi. Finché la mentalità sarà questa, non credo si potrà parlare di un vero cambiamento”. E qual è secondo lei la strada del vero cambiamento?

“Facendo il contadino ho imparato una cosa: non puoi avere un pomodoro in un giorno. Pianti un seme, lo irrighi, lo curi e poi dopo tre mesi, se tutto va bene, lo puoi raccogliere. Le cose per maturare richiedono i loro tempi. Se vogliamo veramente un mondo più forte, più sano - e quindi meno frenetico e squilibrato - dobbiamo piantare un seme nelle nuove generazioni e farlo crescere. Dobbiamo partire dall’educazione e dalla scuola”. Intanto, comunque, c’è chi predice nei prossimi anni una “fuga” dalle metropoli, che sono

Il personaggio

Lo Schiocco C’è metro e metro Ahi, il Veneto adesso è diventata la regione con l’indice Rt più alto d’Italia, arrivato addirittura a 1,61. Del resto era prevedibile, tornare alla normalità comporta dei rischi. Però la sensazione è che un po’ ovunque nel paese l’atmosfera sia diventata un po’ troppo rilassata. Certo, al supermercato non si sgarra, nei negozi igienizzante e mascherine sono ancora un must, negli uffici idem. Alle Poste di Schio, per dire lo zelo, le precauzioni sono tali che prima di riuscire a entrare si deve fare una fila interminabile in piedi all’esterno e gli uffici sono misteriosamente aperti al pubblico solo la mattina. All’aperto però... eh bè, all’aperto allegria. Basta passare in centro nel fine settimana per vedere i tavolini dei bar affollati con le stesse modalità e la stessa esuberanza del pre-Covid. Una rigenerante sensazione di normalità, intendiamoci. Resta qualche perplessità sul rispetto del distanziamento sociale. O meglio, diciamo che anche in questi casi il metro di distanza c’è. Da terra. [S.T.]

state le aree più colpite dall’epidemia a livello globale. Questa potrebbe essere un’opportunità anche per ridare vitalità alle zone rurali periferiche e un passo verso un mondo più “a misura d’uomo”. Data la sua esperienza, come si potrebbe incentivare questo trend a livello locale?

“Negli ultimi mesi abbiamo visto che, entro certi limiti, è possibile abitare a Sant’Ulderico e lavorare a Milano, Roma, New York. Però per rendere questa opzione davvero praticabile bisognerebbe renderla conveniente. Una prima azione dovrebbe andare nella direzione di facilitare chi vuole ristrutturare una casa in contrada. Oggi i costi e i vincoli vari la rendono una scelta proibitiva rispetto a un appartamento in città”. E poi?

“Poi servono le infrastrutture e le reti: internet e telefoni innanzitutto”.

L’agriturismo Maggiociondolo avviato 11 anni fa da Marco Adriani (nella foto in apertura) dopo aver lasciato la guida dell’azienda Coges

Quindi, a quanto pare, per salvare il mondo lei dovrà rinunciare al suo angolo di paradiso dove i cellulari non prendono…

(Ride). “Sembra proprio di sì. Ma probabilmente ne varrebbe la pena”. ◆


[20] ◆ Schio Attualità

I

Stefano Tomasoni

l Covid ha pesato anche sulla tempistica per la realizzazione della nuova piazza Statuto, ma se non ci saranno altri intoppi adesso l’idea è di partire con i lavori nel 2022 e arrivare in porto verso metà 2023. Intanto, si allarga l’interesse nei confronti di piazza Almerico grazie anche all’interessamento del mondo del commercio.

Piazza Almerico punta sull’arte giovane I problemi di attrattività di questo quadrilatero di palazzi sono risaputi. Ma se sull’aspetto dei condomìni anni Sessanta si può fare poco (oddio, se almeno tutti sostituissero le persiane si farebbe già un buon passo avanti), qualcosa si può fare per rendere più decorosi i portici, e di conseguenza più appetibili gli spazi commerciali che vi si affacciano. Tre anni fa l’amministrazione si mosse proponendo anche di sistemare a sue spese i pavimenti, oggi in molti punti inguardabili, ma i portici sono pur sempre un’area privata, di proprietà cioè dei condomìni stessi, e non fu possibile trovare un accordo che consentisse una sinergia pubblico-privato. Adesso, dice il sindaco Valter Orsi, pare che qualcosa si stia muovendo e che trovare un accordo con i proprietari di appartamenti e negozi possa meno arduo. Un intervento tutto pubblico, invece, sarà quello che verrà programmato in un prossimo futuro per la sistemazione della pavimentazione della piazza, che presenta cedimenti importanti. Nel frattempo l’Associazione Cuore di Schio, in collaborazione con il Comune, Confcommercio, Fav-Diskos e liceo artistico Martini, ha lanciato il progetto “Piazza Almerico da Schio, la piazza si fa bella”. Di fatto, è stato bandito un concorso per artisti grafici e illustratori che ha come tema “il volo”, in onore dell’uomo che dà il nome alla piazza, il “conte del balòn”, di cui a novembre si ricorderanno i 90 anni dalla morte. Il concorso, aperto a tutti gli artisti di arte grafica, prevede la selezione di 12 opere che verranno stampate e affisse su altrettante colonne dei portici della piazza. Ai 12 artisti selezionati verrà riconosciuto un premio di 600 euro ciascuno. Non è tutto: grazie alla campagna di crowdfunding lanciata sulla piattaforma Ideaginger si possono fare donazioni (da 10 a 400 euro) per arrivare a selezionare, premiare e realizzare altre 5 opere di artisti under 30. “Noi ci mettiamo in gioco e proponiamo un progetto per valorizzare la piazza – di-

Quelle due piazze in cerca d’autore

Il “Cuore di Schio” lancia un’iniziativa che punta a rilanciare la piazza del “conte del balòn” attraverso l’arte. Nel frattempo l’amministrazione riparte, dopo i mesi del Covid, con la progettazione che entro tre anni cambierà il volto di piazza Statuto. cono i promotori del “Cuore di Schio” -. Questa iniziativa potrebbe diventare un appuntamento annuale o biennale. Il concorso vuole contribuire a far di nuovo di Piazza Almerico un punto di riferimento per i cittadini, un luogo dove le persone abbiano piacere di ritrovarsi, conversare, acquistare, vivere”.

Per piazza Almerico è partito un concorso, aperto a tutti gli artisti di arte grafica, che prevede la selezione di 12 opere che verranno stampate e affisse su altrettante colonne dei portici della piazza. Piazza Statuto si piega ma non si spezza In attesa che qualcosa si muova per i portici di piazza Almerico, l’amministazione torna ora a concentrarsi su piazza Statuto, dove l’emergenza Covid ha lasciato il segno, facendo slittare di fatto di un anno tutta la tempistica della ristrutturazione.

“C’è stato un rallentamento nell’iter della progettazione, siamo in ritardo di cinque mesi sulle tappe che erano state fissate a causa del coronavirus – spiega il sindaco Orsi -. La prima fase di progettazione preliminare è inserita e sostenuta dal bando regionale dei distretti commerciali che abbiamo vinto. I soldi dunque sono assegnati dalla Regione, ma verranno erogati a rendicontazione, il che significa che prima dobbiamo anticiparli noi. Avendo deciso di spostare molte entrate erariali per venire incontro ai cittadini e alle imprese in questo periodo di all’emergenza, si è di fatto azzerato il flusso economico e questo non ci ha dato modo fin qui di partire. Ma già entro questo mese è previsto lo stanziamento per la progettazione preliminare, prima fase che prende spunto dal percorso pubblico di idee partito due anni fa. Prevediamo entro l’anno prossimo di arrivare alla progettazione esecutiva e di avviare i lavori nel 2022; si procederà a step successivi per creare meno problemi possibili alla vivibilità della piazza”. La fine dei lavori adesso è prevista, s’è detto, per la metà del 2023. Ma piazza Statuto ne ha passati tanti, ormai, di anni nelle attuali condizioni. Uno più uno meno. ◆



[22] ◆ Schio

L’apertura del Grest ai Salesiani con il saluto del sindaco. Nelle altre foto, momenti di attività in altri Centri estivi locali

Attualità

Per far fronte all’incremento di spesa dovuto a maggiori oneri organizzativi il Comune ha deciso di stanziare un contributo di 170 mila euro per realizzare i Centri estivi.

C

Mirella Dal Zotto

entri estivi attivati anche a Schio, con nuove regole nel rispetto di tutte le norme igienico-sanitarie e tariffe agevolate per i residenti. Per le famiglie dei bambini della scuola d’infanzia, della primaria e della secondaria di primo grado sono disponibili una serie di proposte per l’estate, nate dal “tavolo di lavoro” che ha visto la partecipazione delle realtà educative del territorio coordinate dall’Associazione Genitori (Age) di Schio e dall’amministrazione comunale. Tutti i Centri estivi sono organizzati in modo da garantire il totale rispetto delle linee guida contro il contagio da Covid-19, sia per quanto riguarda la pulizia dei locali utilizzati per le attività, sia per il numero massimo di bambini affidati a un singolo educatore, che come è noto è molto inferiore rispetto agli anni passati. Per far fronte

I Centri estivi ci sono, nonostante tutto Centri sono in attività alle piscine, nelle scuole dell’infanzia di Ca’ Trenta e S.Maria del Pornaro, nelle scuole primarie di S. Ulderico, Magré, Ca’ Trenta, SS. Trinità, all’Istituto Comprensivo Fusinato, allo stadio di via Riboli, all’oratorio Don Bosco, nei locali e negli spazi verdi dell’Accademia Musicale.

all’incremento di spesa dovuto a maggiori oneri organizzativi e per non gravare sulle famiglie già colpite dalle conseguenze dell’emergenza sanitaria, il Comune ha deciso di stanziare un contributo di 170 mila euro, che si affianca ai fondi che verranno messi a disposizione dallo Stato, sui quali però non ci sono ancora direttive precise.

L’identikit dei Centri estivi 2020 Prima di far partire i centri, l’AGE ha inviato alle famiglie un questionario da compilare per verificare l’esigenza effettiva del servizio. “La risposta è stata molto superiore alle attese – dice Roberto Santacaterina, presidente dell’AGE –. Ben 731 genitori hanno compilato il questionario chiedendo ospitalità per oltre mille bambini. A oggi ne ospitiamo circa 270 a settimana”. A quanto ammontano le rette effettive?

“Variano dai 70 euro a settimana in su, per mezza giornata, per ogni singolo bambino. Il contributo comunale è stato fissato a 50 euro settimanali pro capite, fino a un massimo di 200 euro a famiglia. Possono richiedere questo contributo tutti i nuclei residenti a Schio che non abbiano già ottenuto il bonus del governo per baby sitter o centri estivi.

Per attivare i centri l’amministrazione ha coinvolto tutte le associazioni/cooperative, che si sono rese disponibili con dei progetti; le prime a partire sono state ‘Quelli di Strass’ ed ‘Ecotopia’, con 15 bambini ognuna. Centri a oggi in attività sono alle piscine, nelle scuole dell’infanzia di Ca’ Trenta e S.Maria del Pornaro, nelle scuole primarie di S. Ulderico, Magré, Ca’ Trenta, SS. Trinità, all’Istituto Comprensivo Fusinato, allo stadio di via Riboli, all’oratorio Don Bosco, nei locali e negli spazi verdi dell’Accademia Musicale di Schio”. Accennava a 15 bambini per gruppo: è un numero standard?

“Non proprio, il numero massimo di bambini dipende dai vincoli di sicurezza sanitaria stabiliti a livello regionale. Il vero problema è che servono molti operatori adulti per seguire pochi bambini e questo significa maggiori costi per le associazioni e quindi per le famiglie”. Quali sono state le maggiori difficoltà incontrate?

“Il progetto dei Centri estivi 2020 ci ha impegnato tantissimo, soprattutto nella sollecitazione continua alla rapidità e all’efficacia, parole difficili da coniugare con fondi pubblici e burocrazia. Qualcosa di buono è avvenuto: l’amministrazione ha stanziato denaro per il sostegno alle famiglie e ha


Schio ◆ [23] messo a disposizione le risorse umane e le competenze di due assessorati, all’istruzione e al sociale. È ancora troppo presto, però, per essere soddisfatti: tireremo le somme a fine estate, quando sapremo quante famiglie hanno potuto mandare i propri figli ai centri e per quanto tempo, e quanti avranno beneficiato dei contributi comunali. Del resto, il valore di ogni progetto si scopre solo dopo aver misurato i risultati. Siamo stati in costante collegamento con centinaia di genitori ed è sempre entusiasmante provare a essere utili. Ora ci attende la prossima sfida, che riguarda la riapertura a settembre delle scuole. Seguiremo il nostro solito motto: tutto è difficile prima di diventare semplice”.

Il lavoro degli psicologi Accanto all’Associazione Genitori, come indispensabile supporto, opera il Centro Capta, un gruppo di psicologi coordinato da Roberta Radich. Dottoressa, cos’ha notato nel comportamento dei bambini dopo questo periodo di allontanamento forzato?

“Non è stato per nessuno un periodo facile: i bambini ne hanno percepito la grande rilevanza in termini di impatto possibile sulla salute e sulle loro famiglie. Le reazioni sono diversificate perché i piccoli non ascoltano soltanto le parole, modellano la loro reazione emotiva su quella dei genitori o rispetto a quanto sentono che gli adulti desiderano da loro.

Anche per i piccolissimi

Attualità

Abbiamo visto bambini relativamente sereni, bambini francamente traumatizzati che non si tolgono la mascherina nemmeno per mangiare e si infilano il cibo da sotto la stessa, bambini che tendono a trascurare mascherina, igiene delle mani, distanza. Nel gruppo, in un secondo momento, tendono però a rilassarsi e a parificare i comportamenti grazie a educatori che, pur rimanendo fermi nel rispetto della distanza e dei comportamenti minimi di sicurezza, sanno trasmettere anche fiducia e fanno rielaborare quanto tutti noi stiamo vivendo, in modo sereno e giocoso. Tutti i bambini manifestano un gran piacere nello stare assieme, hanno tanto bisogno di raccontarsi: abbiamo notato che a volte preferiscono stare sotto un albero a parlare piuttosto che giocare”. A suo avviso, che conseguenze ci potrebbero essere, a breve e lungo termine, nei bimbi che non hanno la possibilità di socializzare coi pari?

Fino al 31 luglio anche l’asilo nido di via Mantova ospita un centro estivo dedicato ai bambini fino ai 3 anni. Per rispondere ai bisogni dei genitori che si trovano a dover conciliare lavoro e vita familiare, l’amministrazione comunale ha deciso di garantire il servizio. Nel rispetto delle normative, è prevista un’educatrice ogni cinque bambini e di conseguenza il Peter Pan può accoglierne un massimo di 25, ovvero un terzo degli iscritti all’anno 2019-2020. La quota di partecipazione è stata calcolata tenendo conto della retta mensile che ogni famiglia sostiene, decurtandola del 15%. [M.D.Z.]

“Non tutti i bambini avranno la possibilità di tornare a socializzare con i pari quest’ estate e ciò è alquanto preoccupante. Il pensiero di così tanti piccoli, soprattutto provenienti da famiglie in difficoltà, che per sei mesi o più non hanno o non avranno contesti strutturati di incontro, gioco, apprendimento, allarma davvero molto. Sono convinta che dovremo affrontare situazioni molto pesanti in futuro: i rischi di regressione e di arresto o rallentamento nello sviluppo psicologico e cognitivo sono alti. Non si sa se, come e quando ricomincerà la scuola e molte persone versano in una grave incertezza lavorativa ed economica. Il benessere o il malessere dei bambini dipende dalla capacità del mondo adulto di costruire sicurezza e serenità per tutti e questa è una sfida che non può essere lasciata solo alle famiglie, ma coinvolge la comunità a tutti i livelli”. ◆

Si allarga la rete wifi Più wi-fi per tutti. Sono in arrivo sei nuovi “hot spot” per migliorare il servizio di connessione wi-f in città e navigare in rete ovunque senza fili e gratuitamente. I nuovi accessi saranno installati al Parco Robinson, in piazza Almerico (con una copertura parziale fino a via Capitano Sella), in piazza Rossi (a sostituzione di quello già posizionato negli anni scorsi), in piazza Falcone Borsellino, nell’area sosta camper di via Cardatori e allo skate park Le Fontane. Entro l’anno la copertura verrà estesa anche all’area del Tretto, che da tempo attende questo servizio, correlato alla posa e all’attivazione della fibra ottica a banda ultra larga da parte di Open Fiber, nell’ambito di un progetto in capo al Ministero dello sviluppo economico. Al momento i lavori di installazione sono in ritardo, ma dovrebbero concludersi entro l’anno. Il potenziamento della rete pubblica rientra nell’ambito del progetto dell’Amministrazione Comunale “SchioWifi” in collaborazione con Pasubio Tecnologia, grazie al quale è possibile navigare in modalità wireless da vari punti della città con a disposizione 24 ore di navigazione, per un traffico massimo giornaliero di 800MB e circa 3Mbps di banda istantanea. Attualmente a Schio si può navigare gratis su gran parte del territorio: nei palazzi comunali, nelle scuole e nelle piazze con un sistema composto da 114 hot spot.


[24] ◆ Schio Economia

“Per me più del curriculum conta il carattere”

N

Giuseppe Maistrello ha fondato la WMI di Zané 7 anni fa. Da allora l’azienda si distingue per l’attenzione alle persone impiegate e per la capacità di fare rete con altre imprese del territorio. Camilla Mantella

uovi imprenditori crescono nell’Alto Vicentino che resiste e reagisce ai periodi di crisi. Una nuova generazione di “capitani d’industria” si fa strada anche in questi anni difficili, in certi casi prendendo il testimone in azienda dai loro padri e in molti altri costruendo da sé la propria realtà e il proprio business. Giuseppe Maistrello, CEO e fondatore dell’azienda WMI (Welding Machining Industry) con sede a Zané, è un giovane imprenditore che nel 2013 ha fondato WMI, azienda che progetta e realizza autoclavi, serbatoi su misura per turbo-emulsori, reattori, fermentatori, dissolutori e scambiatori di calore. Partito con la sua idea d’impresa e tanta “forza di volontà”, oggi guida un’azienda che conta circa 40 dipendenti, oltre 200 clienti ed è attiva in sei settori, dal farmaceutico al medicale, dalla chimica alla ricerca, dall’alimentare al petrolchimico. A inizio di questo turbolento 2020 ha acquisito la SLA (Società Lavorazione Acciai), altra azienda di Zanè molto nota nel territorio. La sua è una testimonianza sul come si possa fare impresa oggi nell’Alto Vicentino creando ambienti di lavoro sani, produttivi e rispettosi della vita e del lavoro delle persone. Innanzitutto, Maistrello, come nasce WMI?

“Vengo da una formazione tecnica e il settore in cui opero è stato il mio primo amore. Dopo un’esperienza commerciale internazionale in un ambito diverso desideravo tornare a quello che era stato il settore del mio primo impiego, ma non riuscivo a trovare realtà aziendali che mi soddisfacessero completamente. Volevo far parte di

un’azienda capace di garantire la massima qualità al cliente, dando al soddisfacimento del suo bisogno la priorità rispetto al conto economico, ma che al tempo stesso permettesse alle persone di crescere, stare bene ed equilibrare vita e lavoro. Ho finito per fondare un’impresa mia e nel giro di qualche mese avevo attorno a me già un gruppo di collaboratori preparati e affiatati”.

“Quando si lavora bene dentro l’azienda, questo si riflette anche nella qualità del servizio e del prodotto. Per questo tutti i collaboratori vengono selezionati soprattutto per il carattere e per le capacità relazionali”

“In primo luogo passa attraverso la formazione. Poi, certo, un peso importante ce l’ha l’ambiente di lavoro: il fatto che la mensa sia sempre pagata per tutti, l’informalità che facilita i rapporti, quei progetti che danno il senso di un’azienda che si occupa del dipendente durante tutto l’orario di lavoro. Fondamentale è il trattamento economico, per garantire stipendi che consentano alle persone di pagarsi il mutuo, l’asilo dei bambini, il cambio di un’auto: cerchiamo di far sì che il personale si preoccupi il meno possibile di questi aspetti e che il lavoro sia sufficiente ad assicurare una buona qualità della vita. Quando eravamo in pochi era più semplice e i rapporti erano più stretti, ma la sfida è quella di riuscire a mantenere questo spirito anche dopo la recente acquisizione e la crescita del numero di persone. È una questione di sensibilità, di fidarsi dei propri collaboratori e di creare un ambiente bello, onesto, soddisfacente”. Cosa vede nel vostro prossimo futuro?

Quali sono i tratti distintivi della sua azienda?

“L’attenzione al cliente, ma soprattutto la cura dei rapporti di lavoro. Quando si lavora bene dentro l’azienda, questo si riflette anche nella qualità del servizio e del prodotto. Per questo tutti i collaboratori vengono selezionati soprattutto per il carattere e per le capacità relazionali: le competenze tecniche contano, chiaramente, ma a parità di curriculum preferiamo sempre persone che lavorino con passione, che abbiano a cuore quello che fanno e che siano capaci di fare squadra con i colleghi”. Qual è la ricetta per la valorizzazione del personale?

“Questo è sicuramente un anno particolare e difficile. Per quanto ci riguarda stiamo lottando per mantenere la nostra posizione di mercato mentre consolidiamo l’acquisizione di inizio 2020. È indubbio, tuttavia, che si debba spingere moltissimo anche solo per rimanere dove si è: chi si ferma ora rischia di non ripartire più. Nei prossimi mesi cercheremo di migliorare ulteriormente la qualità del nostro sistema, di espanderci sul mercato europeo e statunitense, di affacciarci su quello cinese e di continuare a investire su macchinari a tecnologia avanzata, che sono il punto di forza della nostra realtà”. ◆



[26] ◆ Thiene Sport

I

Le ragazze del Dream Five arrivate alla finale scudetto Under 19

Calcio e futsal insieme già da bambini

Omar Dal Maso

l sogno del Dream Five è realtà. Calcio e futsal insieme, fin da bambini.Anzi, da bambine. Come accade in Spagna e in soprattutto Brasile, due tra le patrie planetarie del pallone in ogni sua versione. Protagoniste di un patto “rosa” del tutto inedito sono due società del territorio altovicentino, la storica Calcio Novoledo Villaverla e il club di solo vivaio Dream Five C5, nato nel 2013 e con sede a Passo di Riva. Insieme offriranno una duplice chance alle ragazzine che vorranno abbinare la passione per la palla alla curiosità di praticare entrambi gli sport che ne costituiscono l’attuazione sul campo: il calcio a 5 (o futsal) e il calcio tradizionale. Che il “campo”, appunto, sia in erba e terra o in parquet dei palazzetti, poco importa. O meglio, è facile intuirlo, costituisce proprio il punto di forza dell’idea condivisa dalle due associazioni sportive del territorio. Già completati ai primi di luglio i primi incontri di prova per le giovanissime nate dal 2008 al 2010. Una quindicina le aspiranti calcettiste e calciatrici “nel giro”, in attesa di iniziare l’attività nel mese di settembre. Alcune già avviate dopo qualche stagione a “sgomitare” con i maschietti, altre alle prime armi ma con entusiasmo da vendere. Da regalare, invece, i loro sorrisi insieme a quelli dei genitori sin dai primi allenamenti nel riscontrare che la “rampa di lancio” al femminile sta creando curiosità e interesse. Ad allenare il gruppo Under 12 saranno due giovani trainer, Anna Maddalena e Maria Elena Casa, giocatrici di serie A2 di futsal, seguite dai dirigenti del Novoledo Villaverla e con la supervisione del Dream Five C5, parte integrante del progetto e sbocco naturale e a portata di mano per le piccole appassionate.

Alleanza rosa con il Novoledo-Villaverla. Per la prima volta in Veneto le ragazzine nate dal 2008 al 2010 potranno giocare e crescere praticando le due versioni indoor e all’aria aperta.

Una volta concluso il ciclo con questa fascia d’età, starà a loro scegliere di emulare le gesta delle Azzurre del calcio oppure dedicarsi al pallone a rimbalzo controllato, con punto di riferimento qui proprio le “sorelle maggiori” del Dream Five, vicecampionesse italiane in categoria Under 19 Nazionale nel 2019 e unica realtà veneta con l’intera filiera al femminile: prima squadra in serie C composta la scorsa annata da ragazze in età Under 21, squadra intermedia Under 17 deten-

trice del titolo regionale e e team Under 14 composto già da una ventina di giovanissime leve. Nel dettaglio l’idea di base consiste nell’effettuare due allenamenti, uno all’aperto sul campo di Novoledo e il secondo in palestra, oltre a una partita di campionato. Numeri permettendo, la squadra in rosa sarà al via a un campionato misto Pulcini all’aperto, per poi introdurre match amichevoli e tornei di calcio a 5 nei palasport, disciplina in ascesa soprattutto tra le più piccole. ◆

Calcio, Thiene ed ex Rozzampia uniscono le forze A distanza di un più di un anno Thiene 1908 e Rozzampia si reincontrano, ma stavolta non sul campo da avversarie come accadeva nella stagione 2018/2019 in cui la squadra della frazione cittadina vinse il campionato di Seconda categoria. Anche se dall’estate scorsa, nominalmente almeno, l’ex Rozzampia non esiste più dopo essere confluito nello Zanè dopo la fusione e una sola stagione di convivenza in Prima categoria, un nuovo “rimpasto” ha portato a una sorta di unificazione delle due realtà sportive thienesi, creando (finalmente dirà qualcuno) un unico polo. Che ripartirà da quel girone F di Seconda dove di disputava la stracittadina due stagioni or sono, ma nella versione 2020/2021, epidemie permettendo. Tecnicamente non si può parlare di nuova fusione di società calcistoche, ma di fatto dirigenza capitanata da Claudio Menaldo, l’allenatore Roberto Bozzetto e buona parte del parco giocatori ex biancoviola (colori del Rozzampia) e rossoblu (dello Zanè) confluiranno nell’intoccabile bicromia rossonera che dal 1908 accompagna la squadra della città, con due campionati da “pro” in serie C2 come apice raggiunto negli anni ‘90.



[28] ◆ Schio

La serata dedicata a De Andrè nell’anfiteatro di palazzo Toaldi Capra

Spettacoli

L’

Mirella Dal Zotto

ultimo fine settimana di giugno, per gli spettacoli, è stato emozionante, perché dopo ben quattro mesi di lockdown, nel cortile di Palazzo Toaldi-Capra si è potuto assistere a una serata dedicata alle canzoni di Fabrizio De André, con Luca Pegoraro al piano e voce, Marcello Grandesso alla fisarmonica e Maria Teresa Totti come voce narrante: sarà che Faber fa sempre centro, sarà che gli interpreti sono stati più che all’altezza, sarà che c’era voglia di uscire e comunicare… lo spettacolo che ha segnato l’inizio dell’estate scledense ha avuto un lusinghiero riscontro. La sera dopo Daniele Nuovo ha proposto la canzone veneziana del Settecento: tema non facile, ma con la maestria del narratore e le capacità degli interpreti (la soprano Sonia Visentin, il baritono Andrea Cortese e il pianista Gerardo Felisatti) anche il secondo appuntamento ha fatto registrare parecchi applausi. Indubbiamente più popolare la serata dedicata dallo stesso Nuovo alla canzone napoletana nella cornice della Chiesa di S. Francesco, dove si sono esibiti con successo Christian Lanza (tenore), Milo Buson (baritono) e Silvia Rampazzo (soprano). Un pubblico entusiasta ha anche applaudito la narrazione di Nuovo, che

Spettacoli per questa strana estate Dopo il lockdown, la città tra fine giugno e luglio è tornata a offrire iniziative e appuntamenti interessanti, nei limiti imposti dalle norme di sicurezza. ha recitato a sorpresa “Il cimitero” di Totò. Altri appuntamenti degni di nota sono stati: Cinemaestate, tradizionali proiezioni sotto le stelle, organizzato dal Cineforum Alto Vicentino, che proseguirà anche ad agosto; i film di Festival Letteratura; il Summer Dance Exchange di Orizzonte Danza (stage, laboratori e performance che hanno utilizzato lo Shed, la Sala Turbine del Lanificio Conte, la Sala Calendoli del Teatro Civico); il reading poetico-musicale di Luciano Schiesaro; l’anteprima teatrale “Padre d’amore padre di fango” con la compagnia Pietribiasi-Tedeschi; “UnderMoon”,rassegna di cinque spettacoli dal vivo al Parco Robinson (si concluderà il 5 agosto), sostenuta dall’Informagiovani di Schio. Nuove proposte anche dalla Fondazione Te-

Crowdfunding per “Bigoli”

atro Civico che, in via eccezionale e in collaborazione con Arteven e Comune, per luglio ha organizzato tre appuntamenti: con Nando e Maila, con gli Eccentrici Dadarò e, il prossimo 29 luglio, con “I 4 elementi”. Location? Via Fra’ Giovanni da Schio, lato destro del Teatro Civico, all’aperto e in totale sicurezza, con spettacoli di teatro-circo in grado di coinvolgere bambini e adulti. E ancora, nell’anfiteatro del Toaldi-Capra, Naturalis Labor Danza, di e con Michael Mualem (israeliano, componente della Compagnia Balletto di Torino) il 30 luglio; “Memoria, speranza, futuro”, musica-teatro-canzoni-narrazioni con l’Ensemble Vicenza Teatro il primo agosto; “Sognando l’Armenia”, con Giuseppe Dal Bianco, Giuseppe Laudanna e Sona G.Hakobyan il 4 agosto. ◆

Il coro Ges tra parchi e piazze

È

stato presentato il crowdfunding a sostegno della post-produzione di “Bigoli Bang – La teoria delle stringhe spezzate”, film di Jérôme Walter Gueguen interamente girato a Schio, all’interno della Fabbrica Alta e del Giardino Jacquard. Tutti i personaggi del film, a parte tre attori internazionali, sono interpretati da abitanti di Schio e dintorni. “Bigoli Bang” nasce all’interno del progetto FabricAltra, promosso dal Comune di Schio e dal Teatro Civico, che lavora sul tema dell’innovazione sociale in chiave di rigenerazione territoriale nell’area della prima industrializzazione veneta legata al settore tessile. ◆

Come si può vedere anche da questa foto, ci si sta veramente ingegnando per dare alla città momenti di incontro con lo spettacolo. Il Coro GES e il gruppo vocale “InGEStibili”, diretti entrambi dal maestro Marco Manzardo, nei mesi di giugno, luglio e settembre portano in città “Il coro nel parco”. Dodici serate, al giovedì e al venerdì, a partire dalle 20, durante le quali le prove settimanali si svolgono all’aperto, in alcuni dei luoghi più significativi di Schio: l’anfiteatro di Palazzo Toaldi Capra, il Giardino Jacquard, Piazza Falcone-Borsellino, Parco Zigurat, Piazza San Ulderico e Rustico Pettinà. Ora che vi sono concrete basi per ripartire, la cultura e l’arte possono tornare strumento di socialità anche per trasmettere una positività che sembra in parte perduta. I coristi si esibiscono all’aperto con l’intento di coinvolgere con le loro melodie i residenti e i passanti, convinti che la cittadinanza apprezzerà la possibilità di poter uscire di casa e trascorrere qualche ora ascoltando buona musica.



[30] ◆ Detto tra noi

Per inviare lettere e contributi a SchioMese, scrivere a: schiothienemese@gmail.com Si prega di inviare i testi soltanto via posta elettronica e di contenere la lunghezza:

testi troppo lunghi non potranno essere pubblicati a prescindere dai contenuti.

Schio, che ha dato il suo contributo di sangue sull’altare della libertà, non tollera invasioni strumentali Ancora una volta, suo malgrado, Schio assurge a palcoscenico nazionale di manifestazioni – caratterizzate da violenza verbale e talvolta anche fisica – di segno opposto con conseguente necessità di far presidiare la città da decine di agenti di polizia e carabinieri a tutela dell’ordine pubblico in un giorno nel quale la cosa veramente importante dovrebbe essere unicamente la funzione religiosa in ricordo di “coloro che vennero uccisi nell’Eccidio ed il dolore dei loro familiari”. Questo è quanto prevede il patto di Concordia Civica sottoscritto nel 2005, a 60 anni dai fatti

noti come “l’Eccidio di Schio”, con il quale la città ha inteso voltare pagina coinvolgendo soprattutto i diretti discendenti dei protagonisti di quei tragici fatti. Tuttavia, altri, estranei alle vicende cittadine, traggono spunto dalla annuale ricorrenza del 7 luglio per adunate, sicuramente lecite dal punto di vista del diritto a manifestare, ma molto meno legittime dal punto di vista storico e politico. Proprio la loro estraneità consente a tali facinorosi di appropriarsi per qualche ora della città, ma non certo degli animi degli scledensi. Purtroppo l’assenza, pur legittima, di taluni

Sul tema dell’Eccidio di Schio e delle manifestazioni che anche quest’anno hanno caratterizzato l’anniversario del 7 luglio, pubblichiamo in questa pagina due testi che ci sono stati inviati: il comunicato diffuso dal portavoce del sindaco di Schio alla vigilia del 7 luglio,

Marco Gianesini Portavoce del sindaco di Schio

e una lettera di Alex Cioni, consigliere comunale capogruppo di Schio Città Capoluogo-Prima Schio. I contenuti rispecchiano e impegnano esclusivamente le opinioni degli autori. [S.T.]

L’Eccidio, il 7 luglio e l’ostentata ostinazione di una minoranza rumorosa La sera del 7 luglio, la città di Schio ha dovuto assistere all’ennesima vergognosa manifestazione promossa da vari gruppi di sinistra nel giorno dell’anniversario dell’eccidio. Una brutta pagina scritta ancora una volta da chi si definisce democratico e pacifista, mentre la città stava partecipando al rito religioso di concordia cristiana e riconciliazione promosso dai parenti delle vittime, congiuntamente alle autorità civili e militari. Che a scatenare la rabbia dei manifestanti antifascisti sia stata le deposizione dei fiori alle ex carceri, la dice lunga sul tasso di stupidità dei manifestanti che si è palesata ancora una volta nella gratuita violenza di piazza arginata dall’energico intervento della polizia. Alla luce di quanto accaduto, non vi sono dubbi su chi ricade la responsabilità della massiccia presenza di forze dell’ordine in città, e chi sono coloro che si ostinano a riportare ogni 7 luglio indietro le lancette dell’orologio per trascinarci vigliaccamente dentro un clima da guerra civile. Dopodiché, sui giornali viene diffusa la notizia che il sottoscritto dovrebbe essere denunciato per manifestazione non autorizzata e per violazione del Dpcm

politici che, per discutibili motivi, ritengono di non dover partecipare alla citata funzione religiosa, rende ancora più evidente la, altrettanto legittima, presenza di taluni altri politici. Ciò rende un pessimo servizio, ci si augura non voluto, alla città contribuendo a compromettere lo spirito di quel Patto. Schio, che ha già dato il proprio contributo di sangue sull’altare della libertà, non tollera invasioni strumentali, e l’Amministrazione Comunale, nel ribadire piena condivisione e sostegno ai valori del Patto di Concordia Civica porrà sempre in essere ogni possibile iniziativa politica e culturale per ribadire la propria tradizione democratica.

emanato durante l’emergenza sanitaria. Su quali basi giuridiche dovrebbe scattare la denuncia non è dato sapere, ma il disegno politico è talmente chiaro che lo capisce pure un bambino: mettere sullo stesso piano la gazzarra delle sinistre, culminata in tafferugli con la polizia, un corteo non autorizzato e in aperta violazione delle distanze di sicurezza previste dal Dpcm, con chi ha partecipato alla messa deponendo un fiore in memoria delle vittime, in modo da puntellare l’alibi su cui si regge la narrazione coltivata da chi la concordia nel 2005 l’ha firmata in calce su un pezzo di carta senza averla mai veramente coltivata. L’obiettivo di questi manipolatori di professione, è di rafforzare nell’immaginario collettivo una contrapposizione tra opposte fazioni, quando i fatti hanno dimostrato - ancora una volta - che non esiste alcuna “guerra” tra fazioni ma l’ostentata ostinazione di una minoranza rumorosa di imporre alla città il suo punto di vista. Solo chi è in malafede può mettere sullo stesso livello chi partecipa alla messa di concordia e riconciliazione, per poi deporre un mazzo di fiori, con coloro che imprigionano letteralmente il cuore della città per due

ore mettendo in scena una gazzarra invereconda tra urli, minacce e insulti. È giusto che si sappia che negli ultimi anni l’Anpi non ha partecipato al rito religioso ponendo dei veti inqualificabili: o noi o loro hanno più volte ribadito a tutte le parti in causa (Comitato parenti, Prefetto, Questore e Sindaco). Se l’Anpi non accetta che in chiesa siano presenti persone che appartengono ad altre parrocchie politiche, di cosa dobbiamo parlare ancora? In conclusione, ci tengo a ribadire, anche in cinese se occorre, che per quanto ci compete continueremo ad operare nel nome del superamento di queste tensioni per raggiungere una vera e sacrosanta riconciliazione che consegni alla storia il crimine compiuto dai partigiani in quella maledetta notte di luglio di 75 anni fa. Un obiettivo che va raggiunto, non solo per liberare finalmente una città giustamente esausta delle sceneggiate di piazza, ma soprattutto per le vittime di tutte le fazioni che si affrontarono durante la guerra civile. Vittime che meritano di riposare in pace senza essere continuamente chiamate in causa da coloro che preferiscono andare a caccia di fantasmi. Alex Cioni Capogruppo in Consiglio comunale a Schio




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