SchioThieneMese La Piazza 837

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Periodico di informazione dell’A lto Vicentino

anno IX n. 84 - novembre 2020

Schio: Le peripezie di un Covid-positivo, p.6 ◆ Così Primavera Nuova aiuta gli adolescenti fragili, p.18 Thiene: Caffè e brioche a ritmo di... Sanga, p.10 ◆ Matematica primo amore, p.12

Covid, secondo tempo Nel pieno della seconda ondata della pandemia, facciamo il punto della situazione con il sindaco di Schio Valter Orsi, raccontiamo l’esperienza diretta di due nostri giornalisti alle prese chi con il confinamento in casa e chi con la sua professione di insegnante alle scuole elementari, e infine diamo voce ai docenti dell’Itis “De Pretto” di Schio che hanno scritto una lettera aperta sulla difficoltà della didattica a distanza.


Di mese in mese

In coda alle Poste di Schio A

Stefano Tomasoni

i tempi dell’Unione Sovietica, quando la gente di quel paese era costretta a fare la fila per ogni cosa causa penuria generale di qualsiasi bene, girava questa barzelletta carbonara: ci sono due tipi in fila da ore per comperare il pane e a un certo punto uno dei due esasperato dice all’altro: “Non ne posso più, adesso vado a casa prendo la pistola e vado al Cremlino ad ammazzare questa gente che ci governa”. E l’altro: “Accomodati, ma se pensi che questa sia una fila, non hai ancora visto quella che c’è lì”. Ora, questa storiella serve a muovere al sorriso in un periodo in cui continua a

SchioThieneMese Periodico di informazione dell’Alto Vicentino

Supplemento mensile di

Lira&Lira e La Piazza Direttore Stefano Tomasoni Redazione Elia Cucovaz Omar Dal Maso Mirella Dal Zotto Camilla Mantella Grafica e impaginazione Alessandro Berno Per inviare testi e foto: schiothienemese@gmail.com Per le inserzioni pubblicitarie Pubblistudio tel. 0445 575688

esserci poco da stare allegri, e va presa ovviamente come un’iperbole rispetto a quello che segue, ma il fatto è che ci è tornata alla mente dopo che per tre volte, in questi mesi, ci è toccato di andare alle Poste scledensi - quelle centrali di via XX Settembre, nello specifico - e di trovare una lunga fila di persone all’esterno in attesa di entrare. Una coda come quelle di una volta, senza bigliettini col numeretto e quindi semplicemente in fila, dovendo fare attenzione “a chi è l’ultimo” e a non distrarsi facendosi sorpassare dal solito furbo. Da quando è scattato il primo lockdown a marzo, in effetti, il servizio degli uffici postali è stato riorganizzato per comprensibili motivi di sicurezza, dettati dalle normative nazionali anti-Covid che hanno giustamente dato molta attenzione alle attività di servizio al pubblico. Le nuove regole hanno previsto dunque un numero di accessi contingentato all’interno degli uffici e orari di apertura al pubblico praticamente dimezzati, limitati alla mattina. Un “combinato disposto” che ha inevitabilmente prodotto code di utenti all’esterno, con situazioni anche pesanti e tempi di attesa che nei momenti di picco sono arrivati a sfiorare l’ora. Tant’è che nei primi tempi Poste Italiane ha anche chiesto un supporto al Comune, che ha trovato la disponibilità di volontari dell’Ordine di Malta per gestire il flusso di persone in attesa all’esterno. Una situazione che non dev’essere piacevole nemmeno per gli addetti, che al mattino si sorbiscono una mole di lavoro senza sosta e al pomeriggio hanno comunque l’attività di back office da mandare avanti. Nei mesi del lockdown il disagio è stato in qualche modo digerito dalla gente, che perlopiù si è armata di pazienza, capendo la difficoltà e la straordinarietà del periodo. Ma poi le modalità di accesso e gli orari non sono più cambiati. Si potrà dire: meno male, visto che con il virus siamo

di nuovo nella situazione di primavera ed è doveroso evitare luoghi affollati. Forse sì, però adesso con l’arrivo del freddo doversene stare in fila fuori dagli uffici ad aspettare il proprio turno comincia a essere piuttosto fastidioso, specie se si ha una certa età. Il Pd scledense ha presentato proprio in questi giorni una mozione in consiglio comunale, che verrà discussa a breve. “Una città di 40 mila abitanti come Schio, con tutti gli utenti e le aziende che usufruiscono dei servizi postali, non può permettersi di avere gli uffici postali con orari ridotti come quelli che i nostri cittadini si trovano ad affrontare negli ultimi mesi – osservano i consiglieri del Pd Leonardo Dalla Vecchia, Valeria Grazian, Giulia Andrian e Giovanni Battistella -. La pandemia non agevola un accesso normale ai servizi, ma non possiamo accettare di subire queste riduzioni di orario senza provare a intervenire. Si sta avvicinando l’inverno e gli anziani che vanno a ritirare ogni mese la pensione rimangono in fila ad attendere il proprio turno, bisogna pensare a proteggerli e a trovare soluzioni che garantiscano accessi agevolati e in sicurezza”. Il Pd chiede che l’amministrazione verifichi con Poste Italiane la disponibilità a riaprire gli uffici con orario pieno. C’è un fatto, però: un Comune non ha certo voce in capitolo sull’organizzazione che decide di darsi Poste Italiane. “Siamo consapevoli che si tratta di una società privata, ma la valenza dei suoi servizi non può essere ignorata – osservano i consiglieri dem -. Esiste una sentenza del Tar Emilia Romagna e una del Consiglio di Stato in cui si ribadisce che l’equilibrio economico non è una ragione sufficiente per motivare la chiusura degli uffici o ridurne gli orari di apertura”. C’è da dire una cosa, comunque. Questo fatto che tanta gente vada ancora a ritirare la pensione fisicamente ogni mese alle Poste potrebbe anche essere rimes-


Di mese in mese so in discussione. Si capisce che per molti anziani sia una consuetudine difficile da cambiare e per certi versi rassicurante, ma forse ricorrere a un normale bonifico bancario mensile come si fa per il pagamento di qualsiasi stipendio sarebbe, ormai all’alba del 2021, una pratica da prendere seriamente in considerazione. Non soltanto per evitare di dover fare ogni volta la fila e per scaricare gli operatori delle Poste di una discreta mole di lavoro, ma anche per motivi di sicurezza di chi la pensione la deve intascare. Più in generale, varrebbe la pena di farsi tutti convinti che ormai ci sono pratiche che la tecnologia consente di sbrigare comodamente da casa senza andare a sovraccaricare uffici già appesantiti per loro conto. Sia come sia, l’impressione è che per ora la situazione alle Poste scledensi non possa cambiare, visto che siamo nel pieno del buridone della seconda ondata del virus. Poi però, a emergenza finita, si spera che tutto torni come prima. Per il momento serve ancora pazienza e impegno da parte di tutti per “passare la nuttata”. Dovrà pur finire, questa maledetta pandemia. ◆

Lo Schiocco Pregasi rimuovere i segnali, grazie

Sono almeno tre settimane, forse più, che una rotonda interna della zona industriale a Schio, già ridotta di suo, è stata ulteriormente ristretta con il posizionamento di un “triangolo” di lavori in corso, due birilli conici biancorossi e un segnale con freccia bianca a indicare di passare larghi. Senonché a passare larghi succede, da altrettante settimane, che si finisce con le ruote su una strisciata di frammenti di vetri infranti residuo di un microtamponamento mai pulito.

Tutto l’armamentario restringi-rotonda sembra servire nient’altro che a “proteggere” due semplici tombini risigillati. Ma ragazzi, è passato quasi un mese... i tombini si saranno anche dimenticati di essere stati “restaurati”. Su, qualcuno si riporti via triangolo, birilli e freccia. Fatelo almeno per pietà dell’omino del “triangolo”. Ormai gli sarà venuto il colpo della strega a stare un mese piegato col badile piantato. [S.T.]


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All’interno dell’Ulss 7, compreso dunque il Bassanese, vengono fatti circa 1.200 test ogni giorno. Nel distretto 2 - in pratica l’ospedale di Santorso e la Casa della Salute all’ex de Lellis - si arriva a 600 test giornalieri.

U

Stefano Tomasoni

no scledense su quattro potrebbe essere asintomatico al Covid. È questa, secondo il sindaco Valter Orsi, la proporzione che con buona probabilità emergerebbe se si facesse il tampone all’intera popolazione locale. “Ho sempre detto che se dovessimo fare un esame ai 40 mila abitanti di Schio troveremmo almeno 10 mila asintomatici”, osserva Orsi. Non lo sapremo mai con certezza, ovviamente, visto che il test a tappeto non si può fare, ma la valutazione arriva da chi ha il polso della situazione aggiornato ogni giorno. Quindi è da considerare attendibile. Di sicuro c’è che a inizio novembre i dati parlavano per Schio di circa 300 persone positive acclarate.

Sindaco, qual è la fotografia che finora si può scattare a questa seconda ondata, in città?

“Siamo certamente in una situazione di grande allerta, per essere pronti a intervenire di fronte a ogni necessità. Ogni giorno riceviamo il bollettino dell’Ulss con tutti i casi di positività, di ricoveri, di quarantena provvisoria o di garanzia presenti nel nostro territorio. Quello che si sta verificando, in questa seconda ondata, è che il virus si è reso meno pericoloso. I dati dicono che i ricoverati in terapia intensiva e semi-intensiva sono molto meno rispetto alla scorsa primavera: adesso ci sono molti più ricoverati in Medicina o in Malattie infettive e meno in terapia intensiva o semi-intensiva. I medici ci dicono che anche i tempi di terapia o di ospedalizzazione normale sono minori rispetto alla prima ondata. Questi elementi dimostrano un graduale depotenziamento del Covid”.

“Se facessimo il tampone a tutti troveremmo 10 mila asintomatici” Con il sindaco Valter Orsi facciamo il punto sulla seconda ondata del virus a Schio, sulla situazione delle scuole, sulla ricaduta per l’economia e sulle prospettive per l’ospedale.

In compenso in questa seconda ondata aumenta, come peraltro ovunque, il numero dei positivi...

“I positivi si sono sicuramente moltiplicati, questo però dipende anche dall’alto numero di test che vengono effettuati giornalmente. All’interno della nostra Ulss, compreso dunque il Bassanese, vengono fatti circa 1.200 test ogni giorno, e nel distretto 2, in pratica l’ospedale di Santorso e la Casa della Salute all’ex de Lellis siamo a 600 test giornalieri”.

Nel complesso, finora come si possono interpretare i numeri della malattia per quanto riguarda Schio?

“Sono numeri che si potevano prevedere, in definitiva sono in linea con la situazione generale. Nell’Alto Vicentino i dati sono comunque significativi, perché comportano inevitabilmente un ridimensionamento dei reparti ospedalieri per creare posti letto di Medicina”. Una delle maggiori criticità in questa fase è quella della scuola, che al momento prosegue in presenza fino alla prima media. Casi di positività se ne sono registrati anche in questo ambito, com’era inevitabile. Qual è lo “stato dell’arte”?

“È evidente che, per quanto si mettano in pratica tutti i protocolli di prevenzione, la scuola costituisce di per sé una situazione di assembramento. C’è stato e c’è, comunque, un grande lavoro quotidiano da parte dei dirigenti scolastici, sia per quanto riguarda gli istituti comprensivi che le materne e gli istituti superiori, per contenere al massimo le situazioni problematiche.


Schio ◆ [5] Ci sono stati dei casi di positività in diverse scuole, sia tra gli alunni che tra gli educatori, ma i protocolli hanno portato a intervenire immediatamente e a fare i tamponi preventivi, in definitiva le positività sono rimaste molto circoscritte. Nella scuola materna c’è stato un problema, ma anche lì abbiamo agito subito: prima che arrivassero i test dei tamponi abbiamo messo le persone a casa in isolamento preventivo”. Un tasto dolente, sempre dal punto di vista generale, è quello del trasporto pubblico, in questo caso scolastico, dove aumenta il rischio di contagio per l’elevato numero di persone concentrato in uno spazio molto ristretto.

“Negli ultimi mesi siamo stati spinti a cercare di riorganizzare il trasporto scolastico, abbiamo trovato una grande collaborazione con Svt, che si è anche dotata di un parco di nuovi mezzi a livello provinciale e territoriale; per noi a Schio ci sono stati quattro mezzi disponibili in più, due dei quali tenuti di riserva in piazzale Divisione Aqui, pronti a entrare in funzione nei momenti di massima affluenza”. E negli uffici comunali come ve la state cavando? Quanto ricorso è stato fatto allo smart working?

“Abbiamo avuto dei casi di positività anche qui. Del resto, il Comune è un punto di riferimento per i cittadini, non si ha idea di quante persone vengano agli uffici comunali anche in questo periodo. Solo agli uffici di Qui Cittadino abbiamo 200 presenze al giorno, in una settimana sono 1400 persone servite. Nella prima ondata siamo andati al 25% di smart working, ora le norme prevedono il 50%, per cui stiamo lavorando per cercare di organizzarci in questo senso.Tenendo conto che lo smart working, o lavoro agile che dir si voglia, non è un cosa che si inventa: va studiato e programmato su obiettivi”. C’è chi ha lamentato una maggiore macchinosità di funzionamento e di risposta da parte degli uffici. Come risponde?

“So che abbiamo ricevuto delle critiche, però a oggi si dimostra che abbiamo lavorato bene in tema di prevenzione, perché la macchina amministrativa riesce a dare risposte anche se con formule diverse. Le regole adottate hanno garantito che non ci fosse uno sviluppo del virus all’interno degli apparati e degli uffici. Pensiamo a cosa vorrebbe dire se si sviluppasse un focolaio in uno degli uffici di Qui Cittadino, Qui Sociale o Qui Edilizia: dovremmo isolare tutta la parte di front office, significherebbe bloccare di fatto l’attività amministrativa. Bisogna rendersi conto che la prevenzione serve proprio a garantire la continuità del servizio: se dovessimo chiudere il Comune ci ritroveremmo davvero con un grosso problema”.

In questa seconda ondata non si può dire che gli italiani si stiano comportando bene come nella prima: a parte gli idioti allo stato brado e i negazionisti, nel complesso sembra si sia persa un po’ di convinzione nel “tener duro”. Gli scledensi come si stanno comportando?

“Devo dire che io sono molto contento. Vedo che spesso, come sempre, emerge di più la polemica rispetto alla coscienza e alla consapevolezza della realtà, che è la più diffusa. Ci sono poche persone che si lamentano e hanno evidenza, quando c’è la stragrande maggioranza silenziosa che si applica nel rispetto delle regole. Si sa, del resto, che fa molto più rumore un albero che cade che una foresta che cresce. Comunque vedo una grande attenzione da parte dei cittadini, tutti hanno la mascherina... Poi c’è qualche caso isolato, certo, abbiamo anche letto sui giornali di cene private con un commensale positivo che ha portato alla trasmissione del virus agli altri. Sono casi eccezionali, se arrivassimo nelle teste di tutti...”. Il mondo del commercio locale ha già pagato un prezzo pesante nel primo lockdown. Come ne uscirà da questo “inverno del nostro scontento”?

“C’è grande preoccupazione, questo è sicuro. È evidente che qui da noi, non avendo grandi attività di turismo o di ricezione, il commercioè il settore che paga più di tutti, soprattutto quello dei negozi di vicinato. Ora ovviamente c’è ulteriore preoccupazione per le nuove limitazioni degli orari di apertura”. Come amministrazione comunale state pensando a nuove iniziative per sostenere l’economia locale e in generale le situazioni di criticità che si possono creare in città?

“Certo, stiamo ragionando su quali possono essere le problematiche di domani: se dobbiamo pensare delle politiche a sostegno delle nuove marginalità che si vengono a creare con questa crisi, dobbiamo cominciare a impostare un nuovo bilancio del Comune, per destinare delle risorse su progetti che possono andare a sostenere queste persone. Non è così semplice, serve davvero un grande condivisione. Abbiamo messo in atto delle azioni per le partite Iva che hanno subìto la chiusura, sono stati messi a disposizione 510 mila euro che derivano dallo spostamento di rimborsi di mutui. Le risorse che abbiamo risparmiato quest’anno le abbiamo messe su un tavolo di trattative con le categorie economiche. Si tratta comunque di fare un grosso lavoro di squadra, perché la sfera di cristallo non ce l’ha nessuno”. Vede preoccupazioni per la tenuta del tessuto produttivo locale?

“Non credo che il nostro apparato economico-produttivo possa avere delle grosse pro-

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blematiche. Nell’ultimo anno e mezzo si è manifestata una forte necessità di personale, dunque non penso che quando scadrà il blocco dei licenziamenti disposto per legge ci troveremo con nuovi disoccupati. Sono convinto che il nostro sistema produttivo, pur facendo degli sforzi, si terrà stretta la sua forza lavoro per ripartire al meglio. Dobbiamo però collaborare per cercare di dargli un mano. Con le filiere, le nostre aziende hanno potuto lavorare circa al 90% del potenziale, però se non si sbloccano i mercati di Germania, Francia, Stati Uniti, Est Europa e Sud est asiatico finisce che abbiamo un sistema produttivo che regge ma che i prodotti se li deve tenere in casa”. Ultima cosa: l’ospedale. Santorso è tornato a essere in una fase di allerta, pronto a tornare punto di riferimento provinciale per il Covid-19, come in primavera. La situazione stavolta sarà più facilmente gestibile?

“Io mi metto nei panni dei dirigenti dell’Ulss, è difficile programmare l’evoluzione dell’erogazione del servizio ospedaliero. Nella prima fase siamo riusciti a ottenere che tutti i servizi ambulatoriali non venissero spostati e rimanessero alla Casa della Salute a Schio e al Boldrini di Thiene. Questa primavera il presidente Zaia mi aveva detto chiaramente: l’ospedale di Santorso è quello che ha le caratteristiche per essere ospedale Covid a livello provinciale, ma poi tutto tornerà come prima. Così è stato. Quello che era stato promesso e concordato nella prima fase è stato mantenuto. Se adesso sarà necessario limitare e delocalizzare alcune strutture, abbiamo già la certezza che i servizi ambulatoriali rimarranno sul territorio. Se fosse necessario siamo pronti, sapendo che, visti i precedenti, i servizi che dovessero esere spostati torneranno una volta terminata l’emergenza”. ◆


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Elia Cucovaz

enerdì 6 novembre nell’Ulss 7 sono stati eseguiti 2.427 tamponi e individuati 205 nuovi positivi. Chi scrive è uno di loro. Il test per diagnosticare il Covid-19 è un’operazione che richiede, in sé, pochi secondi. «Abbassi la mascherina - chiede l’operatrice sanitaria - La avverto che le darà un po’ fastidio». Pochi rapidi gesti e il bastoncino cotonato viene inserito nel naso. Poi il campione viene imbustato e spedito al laboratorio. «Attenda qui fuori 15 minuti, la richiameremo per comunicarle il risultato». Arrivare a quel fatidico quarto d’ora, però, anche a Schio, rischia di trasformarsi in un’odissea. L’esperienza di chi scrive era cominciata circa quattro ore prima, al centro tamponi all’ex ospedale De Lellis. Arrivando in auto alla Casa della Salute non ci sono indicazioni ben evidenti del fatto che bisogna accedere dall’ingresso dei magazzini Ulss, in via Caussa. Primo intoppo. Poco male. Trovo il posto e mi metto in coda. All’avvicinarsi delle 13, orario di sospensione giornaliera del servizio, un’operatrice chiude la transenna qualche metro avanti a me. Chi resta fuori deve tornare domani, a partire dalle 7. C’è un’alternativa: il centro tamponi dell’ospedale Alto Vicentino. Scelgo questa seconda strada. Mi metto in macchina. E poi di nuovo in coda. Sembra strano che per fermare la pandemia l’unica strada praticabile sia quella di creare un assembramento di centinaia di persone potenzialmente positive, e di potenziali contagiosi che devono accertare se sono guariti. Mentre si attende il proprio turno non si può non pensare che in questa stessa Ulss esiste già un sistema che per un “banale” esame del sangue permette di prenotare l’accesso al centro prelievi a un orario ben definito, preciso al minuto. Veramente nell’Alto Vicentino è impossibile organizzare meglio di così questa massa di persone da testare? Scadono i miei 15 minuti. La chiamata arriva puntuale. «Mi segua all’interno, per favore». Non serve dire altro: ai negativi, infatti, è concesso di tornare a casa. Un’altra operatrice sanitaria mi consegna il referto del test rapido. «Lei è positivo. Lo comunichi al suo medico. Ora la sottoponiamo al tampone molecolare». Di nuovo il bastoncino cotonato. «Vada a casa, non esca e non riceva nessuno. Potrà consultare il referto online in un paio di giorni. Sarà contattato telefonicamente dal nostro personale». Comincia quindi la seconda, ancor più lun-

Le peripezie di un Covid-positivo Un’esperienza diretta tra code, tamponi, esiti, vita da confinato in casa e dubbi su come assolvere qualche piccola incombenza quotidiana.

ga, attesa in casa. Fortunatamente non ho sintomi, la dispensa è piena e posso continuare a lavorare da casa. La mia vita può procedere quasi normalmente. Mi rimane un solo dubbio: posso scendere in strada a buttare i pannolini di mia figlia o devo accumularli nel terrazzino, l’unico spazio all’aria aperta accessibile alla mia famiglia? Intanto attendo la chiamata del “Sisp”, il servizio igiene e sanità pubblica dell’Ulss.

Il racconto di Elia Cucovaz: “Fortunatamente non ho sintomi, la dispensa è piena e posso continuare a lavorare da casa. A quasi una settimana dal primo referto positivo non si è ancora fatto vivo nessuno per tracciare i miei contatti”. A quasi una settimana dal primo referto positivo non si è ancora fatto vivo nessuno, né per tracciare i miei contatti, né per darmi alcun tipo di indicazione. Poco male: subito dopo l’esito positivo del tampone, ho già avvertito di mia iniziativa le persone con cui avevo trascorso del tempo nei gior-

ni precedenti. E ho saputo che la maggior parte, a sua volta, si è sottoposta al tampone. Per fortuna, tutti con esito negativo. Per quanto riguarda l’App Immuni è a tutt’oggi inutile dato che per segnalare la propria positività sarebbe stato necessario l’interazione con un operatore sanitario, che io non ho mai avuto. Mi chiedo quanti dei 159 scledensi che, secondo il bollettino Ulss, sono attualmente in “sorveglianza sanitaria attiva” abbiano potuto parlare con qualcuno in grado di rispondere ai loro dubbi. C’è un altro aspetto che aumenta il livello di incertezza. È sempre il Sisp, infatti, ad autorizzare la “riammissione in comunità” (la chiamano proprio così) di una persona guarita dal Covid. I requisiti sono semplici: 10 giorni di isolamento seguiti da un tampone molecolare negativo. Però non è chiaro se mi basterà presentarmi nuovamente al centro tamponi e rimettermi in coda. Dovrò inviare il referto a qualcuno? Oppure tutto sarà gestito in automatico? Neanche il mio dottore ha saputo dirmi di preciso chi e come mi comunicherà il mio ritorno alla vita normale. La consapevolezza che medici, infermieri e tecnici, stanno mettendo in questa “guerra” al virus più di quanto sarebbe loro richiesto non basta a cancellare un altro pensiero: che quando la sanità offre meno certezze della malattia, qualcosa non sta funzionando come dovrebbe. ◆



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Mirella Dal Zotto

ualche notizia in merito a casi di Covid nella scuola dove insegno circolava già alla fine della settimana tra il 19 e il 25 ottobre, ma si confidava nella sporadicità dei contagi; lunedì 26, purtroppo, la conferma che questi erano più di uno e la comunicazione che il giorno seguente un paio di infermieri della nostra Ulss sarebbero venuti in palestra per effettuare dei tamponi rapidi. Martedì 27, rigorosamente in fila indiana con distanze rispettate, alunni e insegnanti sono stati sottoposti allo screening. Si sono subito scoperti dei positivi e il tampone molecolare eseguito subito dopo lo ha confermato di lì a un paio di giorni. I piccoli contagiati se ne sono andati in fretta e furia e mogi mogi, perché il rientro a scuola ha significato un ritorno alla normalità e alla libertà. Tutti i negativi sono rimasti ancora in classe: mensa in aula dopo accurata disinfezione, ricreazione dopo tutti gli altri alunni del plesso, tutto per evitare contatti. Considerate le premesse, si pensava di rimanere a casa già il giorno dopo: invece no, bisognava rispettare il protocollo burocratico e attendere l’ordine dall’Ulss. Abbiamo subito pensato alla fortuna di non essere dirigenti, per non dover scegliere tra il rispetto della prassi e la vita, perché di vita si tratta, delle persone. L’ordine di partire con la didattica a distanza non è arrivato, pertanto il mercoledì sia-

Cronistoria di un’esperienza alla fine della quale tutti hanno avuto la conferma che la burocrazia può arrecare tanti danni quanto la pandemia. mo comunque rientrati tutti, scaglionandoci all’ingresso e a ricreazione. Abbiamo pensato, per consolarci di fronte al rischio, che la negatività non è un’opinione ma un test scientifico più o meno comprovato, per cui ci siamo sentiti relativamente al sicuro. Verso l’una di mercoledì è arrivata una telefonata dalla segreteria per comunicarci che dall’Ulss, oberata di pratiche e con impiegati che lavorano una dozzina di ore al giorno, non era giunto alcunché e la nostra dirigente non poteva prendere, anche

Che vita da Covid se il virus bussa a scuola La testimonianza diretta di una maestra (la co-fondatrice del mensile Mirella Dal Zotto) alle prese con la gestione delle procedure sanitarie quando il Coronavirus entra in classe.

se avrebbe voluto, iniziative personali. L’ordine di non rientrare in classe dal giovedì è arrivato solo nel tardo pomeriggio del mercoledì, dopo che ci eravamo permesse di suggerire ai genitori di tenere a casa i figli il giorno dopo. Siamo così partiti con la didattica a distanza: noi in aula (e anche lì ci sarebbe da discutere, ma ci hanno riferito che potevamo rientrare a scuola perché non eravamo considerati “contatti diretti”) e loro sullo schermo. Poi ci hanno comunicato che avremmo ripetuto il tampone venerdì 30 a scuola. Contrordine: martedì al De Lellis. Contrordine del contrordine: noi insegnanti martedì 3 in mattinata e i bambini martedì 5 dalle 12 alle 12.30; no, giorno sbagliato, giovedì 5. Al martedì siamo arrivati al punto Covid notando immediatamente la lunghezza alla coda “non prenotati” e sentendoci quasi dei privilegiati per poterci inserire in quella dei “prenotati”. Abbiamo camminato fianco a fianco, ma distanziati, fuori, poi in uno stretto corridoio che porta alle stanze per lo screening, pieno di persone: la probabilità di ammalarsi era di certo superiore lì rispetto che a scuola. Sappiamo di chi, nella fila dei non prenotati, ha atteso

per ore, e non è successo solo quel giorno; il freddo comincia a farsi sentire e se non si sta bene si sente ancora di più. Considerata la negatività di tutti, pensavamo di rientrare in classe venerdì 6, ma non è stato così perché si doveva attendere il nulla osta dell’Ulss. Tanti genitori avevano preso permessi al lavoro per seguire i figli con la didattica a distanza, come dirgli che magari si sarebbe andati avanti altri quattro o cinque giorni con le lezioni online, com’era già successo nella scuola secondaria di primo grado? Fortuna vuole però che si sia capito che con le scuole primarie è necessario procedere più in fretta, così venerdì è arrivato finalmente il permesso di rientro. Bambini, insegnanti e genitori sono ora finalmente liberi: magari sarà per poco, ma occorre pensare positivo. Certo è che tutti hanno avuto la conferma che la burocrazia può arrecare tanti danni quanto la pandemia. I bambini stanno imparando tanto e stanno maturando in fretta: hanno pertanto tutto il diritto, domani, di non essere chiamati bamboccioni da adulti che lo sono stati per anni, anche nelle stanze del potere. ◆


Schio ◆ [9] Copertina Per i professori dell’Itis la didattica a distanza “non garantisce la formazione”: l’apprendimento non decolla e “mesi e mesi davanti a uno schermo si traducono in povertà culturale”.

“Si è lavorato tanto per una scuola in sicurezza e questi sono i risultati?” Una lettera aperta dei docenti dell’Itis “De Pretto” esprime sconcerto e frustrazione per la situazione che si è venuta a creare con il ritorno alla didattica a distanza alle superiori. E richiama l’attenzione su quello che in questi mesi non ha funzionato.

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Elia Cucovaz

bbiamo lavorato con impegno perché a settembre la nostra scuola potesse riaprire in sicurezza. Consentiteci dunque, in quest’autunno dai caldi colori, che abbiamo trascorso togliendo per altri castagne dal fuoco, di ipotizzare che, se ognuno avesse fatto la propria parte, non saremmo giunti a questa triste situazione». Firmato: i docenti dell’Itis “De Pretto”. Esprime sconcerto, frustrazione e richiama l’attenzione su quello che in questi mesi non ha funzionato una lettera aperta alle famiglie redatta dai professori dell’Istituto tecnico industriale e pubblicata sul sito della scuola. E chiede che emergano le responsabilità di chi non ha fatto abbastanza per garantire il diritto all’istruzione nel loro istituto e non solo. A settembre, al suono della prima campanella il nostro mensile aveva già evidenziato le troppe contraddizioni della ripartenza scolastica. Misure strettissime all’interno, ma all’esterno trasporti poco organizzati e zero controlli. Contraddizioni che erano sotto gli occhi di tutti. Ancor più, quindi, ora le parole dei docenti dell’Itis assumono il peso di macigni. «Si potrebbe fare un lungo elenco di quan-

to abbiamo realizzato per consentire alla scuola di riaprire. Per tutta l’estate si è ripetuto che la scuola sarebbe ripartita in presenza. A tutti i costi. Pensavamo che il motivo fosse che la scuola è davvero il luogo in cui il futuro di una comunità si costruisce». Poi la marcia indietro. «Sconcertante», per i professori dell’Itis. Il ritorno alla didattica a distanza negli istituti superiori, mantenendo la frequenza solo per gli ordini inferiori allo scopo di consentire ai genitori di recarsi al lavoro, denuncia per i docenti «un’assurda visione della scuola come appendice del sistema produttivo, come se il tessuto sociale ed economico di un paese non dipendesse, invece, dal suo sistema educativo». Dopo aver sperimentato la didattica a distanza, i professori dell’Itis rilevano che «questo sistema non garantisce la formazione, che l’apprendimento non decolla, che mesi e mesi davanti a uno schermo si traducono in povertà culturale, colpendo in maniera più grave le studentesse e gli studenti con una situazione di fragilità e di svantaggio sociale». Nella lettera i docenti sottolineano che se la scuola è un bene di prima necessità non può essere disponibile a metà. «A meno che i dati non suggeriscano che essa costituisce un pericolo per gli studenti stessi. Diffi-

cile crederlo, dal momento che oggi i ragazzi, dopo una mattinata trascorsa a seguire lezioni a distanza, sono liberi di incontrarsi anche al bar». Ed ecco il richiamo alle responsabilità di chi ha portato a questa situazione. «Chi si assume la responsabilità del fatto che nemmeno di fronte al rischio contagio si sia riusciti ad approntare un piano dei trasporti degno di tale nome? In un paese civile il trasporto scolastico si adegua alle esigenze della scuola e non viceversa. Chi si assume la responsabilità del fatto che in caso di positività di uno studente al Covid, i compagni di classe siano stati posti in DAD solo per scrupolo dei dirigenti, senza che l’autorità sanitaria lo imponesse? E che dire dei docenti che, dopo essere entrati in quella stessa classe, hanno dovuto continuare il loro lavoro a scuola, entrando in altre classi ed esponendo studenti e colleghi al rischio di contagio, senza che il dirigente potesse impedirlo in assenza di una imposizione dell’autorità sanitaria? Chi si assume la responsabilità del fatto che i tamponi rapidi vengono eseguiti oltre dieci giorni dopo la notizia del contatto con il positivo? E del fatto che le mascherine, obbligatorie a scuola, fossero ritenute non necessarie appena fuori della porta?». Domande forse destinate a restare senza risposta, che portano al monito finale dei docenti: «Un paese distratto sui giovani è senza futuro e noi, che continuiamo a promettere a studentesse e studenti che il loro impegno ha senso, non possiamo rassegnarci al silenzio». ◆


[10] ◆ Thiene Attualità A promuovere l’iniziativa sono state “tre anime”: l’Engim Veneto per la sezione “Abilmente” nella sede del Patronato San Gaetano, “I bambini delle fate” e il marchio austriaco Julius Meinl, azienda produttrice di caffè.

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Omar Dal Maso

ate loro un grembiule e una possibilità, saranno serviti sorrisi e vassoi di prodotti in quantità. Ha aperto i battenti a fine ottobre il Sanga-Bar, un bistrot nel cuore di Thiene che realizza un progetto di inclusione e insieme fornisce una finestra sul mondo del lavoro a ragazzi speciali. Una variante da replicare di impresa sociale, che punta sulla formazione professionale “dal di dentro” per far crescere le aspirazioni di alcuni giovani vicentini con disabilità o disturbi alla sfera neurocognitiva. E inserirli in un colpo solo nel mondo adulto e in quello del tessuto economico-produttivo. A promuovere l’iniziativa sono state “tre anime”: l’Engim Veneto per la sezione “Abilmente” nella sede del Patronato San Gaetano di Thiene, “I bambini delle fate” e il marchio austriaco Julius Meinl, azienda produttrice di caffè che ha reso tutto sostenibile anche sul piano economico e, non ultimo, dell’accessibilità per tutti ai macchinari installati. Unite nel favorire la promozione della cultura dell’inclusione per tutti i cittadini che vorranno sorseggiare un buon caffè o assaggiare un pasticcino, una fetta di torta o biscotti, per esempio, in via Santa Maria Maddalena, e nell’edificare un vero e proprio ponte invisibile ma concretamente valido nel passaggio tra formazione scolastica e mondo del lavoro. Un piattaforma di avvicinamento alla sfera lavorativa per una trentina di giovani, “sfornati” dal laboratorio denominato “Officina del buono”, seguiti passo passo nel loro percorso e “ingaggiati” per un’esperienza professionale vera. Densa di soddisfazioni per loro, per le famiglie e per gli operatori che li accompagnano nelle premesse. A essere preparati e serviti non solo i manicaretti e le bevande tipiche dei bar, ma anche un mix di umanità e allegria che

Caffè e brioche a ritmo di...Sanga Con l’apertura del Sanga-Bar, un bistrot nel cuore di Thiene, è iniziata la nuova avventura per i ragazzi speciali di “Abilmente”. Una variante di impresa sociale per far crescere le aspirazioni di alcuni giovani con disabilità o disturbi alla sfera neurocognitiva. traspare dagli occhi brillanti sopra le mascherine di protezione rigorosamente indossate da tutti. Dietro anche un semplice cappuccino al tavolo ci sono audacia, intraprendenza e forza di volontà invidiabili nel mettere in piedi un locale diurno in uno spazio ristrutturato del patronato, aperto per cinque giorni alla settimana in orario 8.30/17.30. Con tanto di profilo social su Facebook, visto che anche la comunicazione vuole la sua parte, con un “parterre” di oltre un migliaio di likes in pochi giorni dal lancio.

“L’idea di fare formazione attraverso luoghi di lavoro reali, con particolare attenzione alla cura della persona e alla formazione - spiega don Antonio Lucente, presidente della Fondazione dei padri Giuseppini del Murialdo - è una sfida che vogliamo intraprendere come risposta alla crisi che stiamo vivendo, determinata anche dalla situazione di emergenza sanitaria. Attraverso la neonata start-up sociale Engim Impresa Formativa daremo vita sul territorio nazionale a veri e propri spazi di formazione e lavoro come il Sanga Bar, aperti al pubblico per creare relazioni e scambio con le comunità locali”. Un obiettivo completato che corrisponde all’ultimo tassello del progetto “Officina del buono”, laboratorio produttivo inaugurato solo un anno fa in sinergia con aziende del territorio e con l’impresa sociale “I bambini delle fate”, che ha come obiettivo la realizzazione di prodotti da forno dolci e salati destinati proprio al bistrot. In questo bar, oltre a toccare con mano pulizia dell’ambiente e “cose buone”, si potranno vedere all’opera questi ragazzi volenterosi dietro al bancone e contribuire alle loro attività, anche acquistando un kit composto da tazzina, piattino e una confezione da 250 grammi di caffè macinato Giubileo 100% Arabica. Un piattino anche qui davvero speciale: dove è riportata la frase “Siamo fatti di-versi perché siamo poesia” donata da Guido Marangoni (autore del libro “Anna che sorride alla pioggia”) al progetto. ◆



[12] ◆ Thiene Francesco Rizzotto a Cesenatico con i finalisti vicentini delle Olimpiadi della Matematica

Attualità Rizzotto è l’incarnazione vivente di come passione e professione possano sfumare una nell’altra. E le recenti “nozze d’argento” per i 25 anni alla guida delle competizioni di matematica in provincia sembrano avergli messo l’argento vivo addosso. Alla faccia della pensione.

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Omar Dal Maso

e è vero che la matematica non è un’opinione, è invece opinione diffusa che costituisca “affare” per pochi. In realtà lo è per tutti, sin dai banchi di scuola, e pure nel quotidiano, ad esempio quando si contano gli spiccioli del resto in cassa o si cerca di infilare la macchina in garage. Riguarda proprio tutti, ma qualcuno un po’ di più. Nel Vicentino – e in particolare nell’area di Thiene e paesi limitrofi – fermenta da parecchi anni una predisposizione spiccata per questa materia che costituisce una scienza. Come mostrano i risultati prestigiosi raggiunti da alunni e studenti della zona attraverso i Giochi Matematici e le Olimpiadi della Matematica. E come testimonia chi ha “sposato” la causa dei numeri come strumento di crescita personale e professionale in accoppiata, diffondendone da queste parti il verbo, anche se qui si sconfina nella grammatica. Un “sì” proferito da 25 anni ormai, da quel 1995 in cui accettò di prendere in mano le redini di un sodalizio tra uomini e numeri che sta accompagnando generazioni di teenager e apprendisti adulti. Il riferimento è a un’insegnante che vive a Breganze. Il suo nome è Francesco Rizzotto, professore 64enne – la materia di insegnamento? ovvia – in pensione da un anno. Dopo 35 anni circa in cattedra, gran parte dei quali trascorsi a impartire lezioni all’Istituto “Ceccato” di Thiene. È lui il responsabile per la provincia di Vicenza delle Olimpiadi della Matematica, nonché presidente dell’associazione Mathesis Vicentina, un “incubatore di talenti” che non ha eguali in Veneto e forse in Italia.

Matematica primo amore Francesco Rizzotto, professore di Breganze in pensione dallo scorso anno scolastico, è da anni il punto di riferimento a Vicenza e provincia per le Olimpiadi della Matematica e negli ultimi anni ha accompagnato verso risultati eccellenti tanti giovani vicentini.

Tutto è iniziato 25 anni fa Il prof. Rizzotto costituisce l’incarnazione vivente di quanto passione innata e vocazione lavorativa possano sfumare una nell’altra, numeri alla mano. E nella mente. Con le “nozze d’argento” per i 25 anni alla guida “olimpica” che continuano a mettergli, guarda caso, l’argento vivo addosso.Alla faccia della pensione. In gioventù appassionato di atletica, Rizzotto ha abbracciato prima di tutto un’intuizione. Ma quando?

Rizzotto, a sinistra, con il provveditore agli studi Carlo Alberto Formaggio a una premiazione dei bambini ai Giochi matematici

“Nel 1992 sono venuto a contatto con questa realtà che allora muoveva i primi passi e sono cresciuto con lei.Tre anni dopo sono diventato referente per l’area di Vicenza e a distanza di un quarto di secolo sono qui, ancora sul pezzo”. Nonostante un rompicapo che tutt’ora appare inestricabile, la pandemia. “Purtroppo sì, oltre alle difficoltà logistiche di portare avanti le attività, l’epidemia quest’anno ha fatto perdere un po’ della valenza delle manifestazioni, avendo dovuto disputare a distanza le fasi decisive dei giochi. Ma cerchiamo di ripartire. Si sta riprendendo, anche se a fatica”. Il professore breganzese è dunque diventato l’anima per il Vicentino di ogni iniziativa che riguarda le Olimpiadi della Matematica e i Giochi Matematici. Le due competizioni si differenziano per fasce d’età, con quella principe, le Olimpiadi, rivolta agli studenti delle superiori fino all’anno della maturità. Il battesimo nel 1983, poi la diffusione progressiva in tutta Italia, fino a coinvolgere in tempi recenti 200 mila studenti ogni anno. Fasi d’istituto, gradino provinciale, quello nazionale e perfino una kermesse mondiale. A pro-


Thiene ◆ [13] muoverle è il Miur che affida all’Unione Matematica Italiana l’organizzazione con la sua rete territoriale. Di cui il prof. Rizzotto è il “luogotenente” a Vicenza. Alle fasi finali partecipano davvero solo le menti più brillanti.

Talento e allenamento Si tratta di talenti dalle doti innate o di ragazzi che si sono applicati in un certo modo? Insomma, genio o passione? “Come per i campioni dello sport servono sia il talento che l’allenamento, ma bisogna andare più a fondo e fare delle distinzioni – risponde Rizzotto -. Si può abbozzare una similitudine con l’atletica. Lo studio universitario e scientifico si può paragonare al mezzofondo: serve una base ma con l’allenamento costante si raggiungono dei buoni risultati. Le Olimpiadi invece le accosterei più alla velocità, in cui bisogna poter contare su una predisposizione di natura e poi si affinano i dettagli. In alcuni casi, fenomenali, si può parlare di scienza infusa. Mentre nei Giochi Matematici – rivolti ad alunni dai 9 ai 14 anni - ci sono sì interesse e abilità ma anche un pizzico di casualità. Non senza imbarazzo mi sono imbattuto in elaborati che si possono definire come prove straordinarie: alcuni possiedono capacità che io stesso invidio loro quando sono impegnato nelle correzioni. Sono ragazzi con una mente prodigiosa”. Quest’anno, nonostante le limitazioni legate al Covid di cui s’è deto, le soddisfazioni non sono certo mancate. “L’amarezza è stata l’impossibilità di disputare la fase finale a Cesenatico come da tra-

dizione, sostituendola con la modalità on line, ma quest’anno abbiamo raggiunto il top come provincia. A livello di team il Liceo ‘Da Ponte’ di Bassano ha raggiunto i vertici, a livello individuale due dei nostri hanno fatto punteggio pieno, vincendo l’edizione 2020 ex aequo, in quattro. Bravissimi”. Un accenno ai Giochi matematici è d’obbligo, perché costituiscono la base, mentre le Olimpiadi una sorta di èlite, che poi prosegue anche con gli adulti. I Giochi si suddividono in tre categorie: i più piccoli di 4-5 elementare, poi 1-2 media e il triennio tra terza media e primo anno delle superiori. Vicenza è una delle poche a sostenere una sua fase territoriale. “In queste categorie junior riscontriamo una partecipazione straordinaria e di solito andiamo a Milano alle fasi finali con due pullman carichi di ragazzi – spiega Rizzotto -. Lo scorso 13 novembre è partita la prima fase con 70 scuole medie e 45 primarie vicentine iscritte. Sono selezioni d’istituto per poi passare alla fase unica provinciale, mentre abbiamo dovuto rinunciare alla gara a squadre, a causa del Covid. Peccato, avremmo festeggiato il decennale”.

Il ruolo di Mathesis Vicentina Ma quali sono le scuole più “matematiche” dell’Altovicentino? “Il Comprensivo di Thiene si è sempre ben comportato, per tre volte sul podio e il 1° posto nel 2012, poi in zona si è distinta la scuola media di Marano che ha vinto nel 2018 e 2019, su una trentina di team iscritti – spiega Rizzoto -. Anche Villaverla e Breganze hanno vinto un’edizione. Nel 2014 la fase provinciale è

Rizzotto, in piedi al centro, insieme con i collaboratori di Mathesis Vicentina

Attualità stata un’edizione dominata da istituti racchiusi in una manciata di km: Villaverla davanti ai Giuseppini del Murialdo di Thiene e al Comprensivo di Thiene. Un qualcosa di inedito”. Ma il vero successo, qui, viene dai numeri: le partecipazioni delle scuole aumentano e poi alle fasi provinciali Mathesis gestisce circa 1.700 selezionati, mille per lo scaglione prima-seconda media, 200 per le superiori e 500 per le primarie. L’intuizione più azzeccata del professor Rizzotto può essere considerata quella di aver calato in questo ambito dinamiche tipiche del mondo dello sport: allenamenti, competizioni, riconoscimenti. Per farlo, ecco Mathesis Vicentina, la “creatura” sorta nel 2015 che offre chance ulteriori di crescita, ma anche di divertimento. “È un’associazione che abbiamo costituito non soltanto per collaborare all’organizzazione delle gare, ma anche per mettere in piedi degli stage, seguendoli con dei formatori. Con il sostegno di sponsor preziosi e dell’Associazione Industriali che ci segue e premi i ragazzi più meritevoli. Credo di poter dire che sia l’unica in Italia nel suo genere, che offre la possibilità di fare formazione, vale a dire svolgere l’equivalente degli allenamenti per chi fa sport, con in più uno stage estivo”. Una sorta di vacanza studio via via sempre più apprezzata. Il professore conserva con cura le immagini scattate durante le varie fasi, e le mostra con orgoglio. “È un modo per tornare a rivivere certi momenti molto belli”. Una curiosità: di rado in queste foto sono ritratte studentesse. “È un dilemma, su cui riflettere – osserva Rizzotto -. Forse le ragazze si sentono in inferiorità, come se pensassero, tornando al paragone con l’atletica leggera, di non disporre della stessa velocità del maschio, unito al fatto di essere a volte intimorite. A livello scolastico non ho mai notato differenze di genere, le ragazze erano spesso tra le migliori: diligenti, puntuali e altrettanto portate alla materia. Si bloccano poi di fronte alla componente ludica e competitiva. In ogni caso rimane difficile da spiegare, anche perché, come metro di paragone, basta vedere i voti alla maturità a fine del ciclo delle superiori. Guardiamo ai 100, per buona parte ottenuti da studentesse. A livello mondiale sono nate le Olimpiadi internazionali femminili, un’iniziativa per favorire interesse e passione, un lavoro specifico loro dedicato. Ma ancora si fa fatica a coinvolgerle”. ◆




[16] ◆ Schio Attualità

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Stefano Tomasoni

he Natale sarà, quello che sta per arrivare, ancora non si sa. Di sicuro sarà straordinario, ma nel senso letterale della parola, ovvero fuori dall’ordinario, non nel senso di formidabile o indimenticabile. Niente è stato ordinario, in questo 2020 che finalmente sta per finire in soffitta. Se lo concluderemo tappati in casa con accanto soltanto gli affetti più stretti o se potremo permetterci di allargare almeno un po’ la cerchia dei parenti da incontrare, ce lo dirà l’evoluzione della pandemia nelle prossime settimane. Per ora Schio si prepara a fare festa con quel che c’è. Dunque prima di tutto le luminarie: mai come quest’anno se ne sente il bisogno, per provare a convincersi che l’atmosfera della festa non se n’è andata del tutto. In città le luci nelle strade del centro sono state montate già da una decina di giorni, e saranno accese il 29 novembre, insieme con il tradizionale albero di Natale sotto il Duomo. Ci sarà anche il presepe in legno nell’angolo addossato alla canonica. Dunque i tre elementi decorativi principali di ogni anno – luci, albero e presepe – sono garantiti, ed è già qualcosa. Non ci saranno, quelli no, i mercatini di Natale, a meno che da qui ad allora i numeri del contagio non cambino in modo significativo, ma francamente appare sconsigliabile a priori proporre iniziative che portino la gente ad affollarsi. Del resto sono stati cancellati mercatini ben più famosi

C’è un regalo di Natale: parcheggi gratis in città per due mesi Quelle di quest’anno saranno festività diverse. Ci saranno luminarie, albero di Natale e presepe, ma niente mercatini. Dal 29 novembre a tutto gennaio, però, si potrà parcheggiare in tutto il centro senza pagare la sosta.

e tradizionali, ossia quelli del Trentino Alto Adige così come quelli di Verona, quindi figuriamoci se possiamo lamentarci per il fatto che mancheranno i nostri. Le festività 2020, comunque, una piccola gradita novità la porteranno: per due mesi, dal 29 novembre a fine gennaio, tutti i parcheggi del centro saranno gratuiti. Niente crucci per le monetine da trovare o per l’orario di sosta scaduto o per riuscire a vincere la lotta contro i nuovi parchimetri usciti dall’Ufficio Complicazione Cose Semplici: parcheggio libero per tutti e alè. Una scelta fatta dall’amministrazione co-

Lo Schiocco I parcheggi del benessere In centro sono arrivati i nuovi parchimetri per la sosta. Ora per ottenere il bigliettino da esporre sul cruscotto non basta più inserire le monete e premere il tasto verde, ma occorre digitare il numero della targa. E occhio: se si indugia qualche secondo per ripescare il numero dalla memoria, la macchinetta fa idealmente il gesto dell’ombrello e risputa i soldi, costringendo a ricominciare da capo. La prima volta, un paio di imprecazioni all’indirizzo di chi ha messo in pratica questa pensata possono sfuggire. Però si può vedere la cosa anche da un altro

punto di vista: benché la novità arrivi nel periodo sbagliato - visto che in tempo di Covid costringe a digitare una decina di tasti toccati da chissà quanti e da chissà chi - bisogna anche dire che aiuta a tenere allenata la mente costringendo a ricordare all’istante la targa del proprio veicolo; oppure aiuta a tenere allenato il fisico, nel caso la mente faccia cilecca e si sia costretti a tornare dove si è parcheggiata l’auto per controllare la targa. Quindi evviva i nuovi parchimetri: sono attenti al benessere psicofisico delle persone e le mantengono in forma. Roba da far concorrenza al Bioton. [S.T.]

munale di concerto con le categorie economiche, Commercianti in primis. L’obiettivo, evidentemente, è quello di favorire gli acquisti nei negozi del centro nel periodo di Natale e poi anche in parte di quello dei saldi di gennaio. In questo momento può sembrare un’iniziativa un tantino in contraddizione con le ultime disposizioni governative e regionali che vietano di frequentare il centro per passeggiate o “vasche” rinviabili, ma è pur vero che rimane possibile andare nei negozi per gli acquisti (sennò che resterebbero aperti a fare?) ed è vero anche che la speranza di tutti è che dalla seconda metà di dicembre e soprattutto da gennaio in poi la situazione epidemiologica sia migliorata e consenta di tornare a frequentare i centri storici non soltanto per compere mirate. Quanto alla tradizionale “Cerimonia degli auguri del sindaco”, ovviamente quest’anno non ci sarà nella consolidata formula dello “spettacolo con premiazioni” della durata di due ore; ci sarà una cerimonia diversa, più snella e soprattutto online. E anziché premiare gli scledensi che nell’anno si sono messi in luce in vario modo, il sindaco Orsi consegnerà (idealmente) un attestato di merito... a tutta la città. Una sorta di premio alla resilienza, per aver sopportato tutti insieme questo anno che era partito con ben diverse aspettative – un po’ anche per via di quel “doppio venti” che regalava suggestioni di una qualche ripartenza – e che invece si è dimostrato la peggior ciofeca della storia. ◆


Thiene ◆ [17] Attualità

Al parco del Bersagliere anche i giochi “de sti ani” Inaugurato a fine ottobre in Ca’ Pajella l’oasi colorata per nonni e bambini che riporta indietro nel tempo. In inverno lavori al campetto di pallone.

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Omar Dal Maso

quilli di tromba virtuali sì, ma niente fanfara, passo di corsa e cappello piumato d’ordinanza per l’inaugurazione del Parco del Bersagliere, piccola ma accogliente e oggi rivitalizzata area verde tra le palazzine che sorgono nel quartiere thienese di Ca’ Pajella. Dopo un investimento complessivo di poco meno di 100 mila euro su un’area di circa mille metri quadrati e 6 mesi di lavori, in attesa dell’inverno per “mettere le mani” anche sull’attiguo campetto da calcio di via Tintoretto, méta dei ragazzi della zona per le partitelle in tempi migliori di quelli della pandemia. Il terreno sarà rimesso a nuovo, con sostituzione delle due porte e della recinzione. Un restyling, quello ultimato a inizio autunno nel Parco del Bersagliere, in cui spiccano i colori sgargianti degli elementi ludici tra quelli naturali in linea con la stagione. Oltre alla cura della vegetazione interna si è avuto un occhio di riguardo, anzi due, per i giochi antichi dei nostri nonni e per favorire l’accessibilità di tutti alla struttura pubblica all’aperto. Su questo tema basti guardare alla moderna panchina inclusiva, dotata di un lato più

“pronunciato” per favorirne l’uso a utenti in carrozzina, o all’asfalto cromatico con una tonalità di rosso ad alta visibilità come supporto per le persone ipovedenti. Dove possibile si è proceduto al “salvataggio” degli alberi presenti, quelli ad alto fusto solo oggetto di potatura, provvedendo a invece a nuove piantumazioni in sostituzione di quelli malati. New entry anche le due file di siepi verdi. Visto e piaciuto ai primi nonni di passaggio alla prima apertura del cancello, come era lecito attendersi, la corsia con i “classici” giochi da cortile in voga nel secolo scorso. Proprio loro hanno lanciato il “sasso” rimembrando i ricordi di quando bastava un

gessetto per segnare sull’asfalto le caselle prima di mettere alla prova mira, agilità ed equilibrio. Il riferimento-amarcord è all’intramontabile “Campanon” – o Campana se si preferisce vista non solo la longevità ma l’esportazione in tutta Italia del popolare “gioco del saltello” - che non poteva mancare nella collezione a cielo aperto. Menzione speciale anche il gioco del “4 Cantoni”, dedicato alla conquista degli angoli di un quadrato – i “cantoni”, appunto – in una sfida a cinque. Anche in questo caso, lo schema è disegnato sul viottolo d’asfalto con vernice duratura. Ai bambini che vorranno divertirsi con i giochi del passato, servirà loro la “consulenza” genitori o nonni con buona memoria per conoscerne le regole e rivivere le stesse emozioni. Proprio… nell’angolo verde riqualificato, in cui si accede attraverso l’ingresso dotato di un cancello a scorrimento che riporta le figure di bambini festanti, sono stati abbattuti scalini ed eliminate tutte le barriere architettoniche nel corso dei valori di sistemazione generale. Un intervento che rientra in una serie di riconversioni, ristrutturazioni e ammodernamenti di parchi cittadini, come avvenuto ad esempio con i Giardini del Bosco e al Donatore. “Come amministrazione comunale abbiamo dato incentivo i questi due mandati al recupero delle aree verdi – ha spiegato il sindaco di Thiene, Giovanni Casarotto al taglio del nastro - per migliorarle o per inserire qualcosa di nuovo. Potenziando anche il numero di giostrine e dando un messaggio alle famiglie thienesi: di stare all’area aperta quando possibile, e in sicurezza. Il prossimo intervento interesserà il Parco Chilesotti, uno spazio importante e centrale che avrà anch’esso un nuovo look”. “Ora non ci resta che utilizzarlo - così Andrea Zorzan, assessore ai lavori pubblici -. Lo consegniamo al quartiere come un bene che è giusto che consideriate vostro, da rispettare e proteggere”. ◆


[18] ◆ Schio Attualità

Così Primavera Nuova aiuta gli adolescenti fragili L

Camilla Mantella

a cooperativa Primavera Nuova cura da anni progetti dedicati agli adolescenti fragili del nostro territorio e da questo autunno ha lanciato una serie di nuove iniziative, che si concentreranno nei prossimi mesi, volte all’ascolto dei ragazzi e delle loro famiglie e al coinvolgimento dei giovani in attività capaci di regalare loro opportunità e occasioni di crescita. “Intrecci” e “In Ascolto” – questi i nomi dei percorsi progettuali proposti – nascono dall’esigenza di dare voce alle difficoltà del diventare grandi. È grazie a proposte di questo tipo che la cooperativa è diventata un polo di osservazione e di azione importante per meglio comprendere e relazionarsi con i ragazzi del territorio: ascoltare il racconto delle esperienze maturate sul campo dai professionisti che la animano restituisce uno spaccato accurato dell’adolescenza più marginalizzata delle zone in cui abitiamo.

Uno “Spazio Aperto” per ragazzi fragili “Ci occupiamo di adolescenti dal 2012-2013 - spiega Alessandra Calta, assistente sociale e coordinatrice dei servizi alla persona di Primavera Nuova - rivolgendoci ai giovani di Schio e dei comuni limitrofi. Abbia-

La Cooperativa ha lanciato una serie di iniziative volte all’ascolto dei ragazzi e delle loro famiglie e al coinvolgimento dei giovani in attività capaci di regalare loro opportunità e occasioni di crescita.

mo cominciato con ‘L’Officina di Marino’, percorso rivolto ai ragazzi in dispersione scolastica tra i 16 e i 18 anni, che ci ha subito permesso di capire quanto i giovani più ‘spavaldi’, spesso protagonisti di atti di micro illegalità o di episodi vandalici, avessero bisogno di essere visti e percepiti nei loro lati migliori. Forti delle prime esperienze di costruzione di relazioni con questi ragazzi, nel 2017 abbiamo dato vita a Pianeta Adolescenti, progetto che si è concentrato in una serie di azioni – co-

Gli ultimi anni hanno visto parte degli adolescenti locali sviluppare atteggiamenti di estraniazione rispetto a ciò che li circonda. Interventi come quelli proposti da Primavera Nuova, infatti, rispondono a un bisogno del territorio che si fa sempre più impellente.

me ad esempio l’istituzione del Consiglio comunale per i Ragazzi in collaborazione con l’amministrazione comunale – ma che ha avuto nell’attività rieducativa di strada uno dei suoi nuclei fondanti. Gli educatori della cooperativa hanno infatti avvicinato i giovani che passavano più tempo nelle strade e nelle piazze cittadine e li hanno invitati allo Spazio Aperto, luogo di aggregazione dove poter stare insieme, organizzato presso l’ex asilo comunale Bambi, allora in dismissione. La positiva partecipazione dei ragazzi ci ha dato modo di appurare che il territorio avesse bisogno di interventi come questo e la stessa amministrazione comunale ha deciso di renderli strutturali con un bando per il trienno 2018-2021 proprio dedicato al sostegno degli adolescenti fragili e all’ascolto delle famiglie: abbiamo partecipato alla gara e l’abbiamo vinta, dando così continuità allo Spazio Aperto, che ha cominciato a ospitare i ragazzi tutti i lunedi e i giovedì pomeriggio”. Il Covid ha reso più complicato l’accesso al luogo di aggregazione, ma le attività proseguono.


Schio ◆ [19] “I ragazzi che lo frequentano sono perlopiù maschi di origine straniera - racconta Eleonora De Toni, pedagogista, educatrice in servizi rivolti ai minori, adolescenti e famiglie -. Hanno bisogno di opportunità e di un adulto che li ascolti. Non è sempre semplice relazionarsi con loro: sono sfuggenti, a volte si fanno aspettare, ma poi arriva il momento in cui qualcuno di loro inizia a chiedere aiuto e supporto e quello ripaga di tutta la fatica della costruzione della relazione. Siamo arrivati ad avere anche una ventina di ragazzi che si alternavano nello Spazio Aperto e solitamente ogni pomeriggio ne ospitiamo una quindicina. Ci conoscono per il passaparola tra amici, arrivano a gruppetti, oppure perché all’inizio li abbiamo fermati per strada con qualche volantino per proporre le nostre attività o perché avevano partecipato già ad altri interventi della cooperativa”. Allo Spazio Aperto sono stati organizzati laboratori (uno dei più apprezzati è stato quello di graffiti), percorsi di musicoterapia in collaborazione con l’associazione InArteSalus e il musicista Stefano Navone, corsi di videodesign con lo Studio Grigiò di Giulia Grotto e attività rieducative con l’Associazione Aurea che hanno visto la partecipazione di cani, elementi di mediazione e tranquillizzazione, oltre che formidabili veicoli di espressione di emotività per giovani che solitamente si rinchiudono nel personaggio del “bullo” o dello sbandato.

Interventi mirati per adolescenti e famiglie Lo Spazio Aperto è vissuto come luogo dove mettere radici e lasciarsi guidare dagli educatori, ma anche come semplice luogo di passaggio, una sorta di porto sicuro dove rendersi visibili e sentirsi ascoltati. “Seminiamo segni - prosegue Alessandra Calta -. In uno spazio che, paradossalmente, non ha regole. Durante i pomeriggi trascorsi qui, questi adolescenti che spesso non sanno regolare la loro vita a scuola o per strada sono perfettamente in grado di darsi dei limiti e di mostrare le loro parti migliori: certo, ogni tanto l’educatore fa delle osservazioni, ma la convivenza è proficua e serena”. “L’eccezionalità di questo spazio ci ha spinti a desiderare di poter fare di più per questi ragazzi “dimenticati - continua Alessandra Calta -. Per questo abbiamo dato vita, grazie anche al contributo della Fondazione Cariverona, a ‘Intrecci’ e ‘In Ascolto’, due nuovi progetti che andranno ad aggiungersi alle attività strutturate che già animano Spazio Aperto. Il primo sarà focalizzato soprattutto sui ragazzi e si declinerà in più interventi: verrà costruito un gruppo di 8 ragazzi a

cui verranno proposti laboratori per la conoscenza del sé e dell’altro nel gruppo, attraverso percorsi di meditazione, momenti di contatto con la natura, uscite di trekking sul territorio. I partecipanti saranno selezionati tra quelli che frequentano lo Spazio Aperto e tra i ragazzi che ci saranno segnalati dai servizi sociali o socio-sanitari, con l’obiettivo di creare un gruppo coeso e in grado di lavorare bene insieme. Il secondo, invece, verrà rivolto ai genitori, con la costituzione di uno spazio d’ascolto e con la creazione di un gruppo di famiglie che, mediate da un professionista specializzato, possano confrontarsi sulle difficoltà nella gestione di un figlio adolescente, più o meno fragile che sia”.

Spazio Aperto ha avviato un corso di arrampicata alla palestra Zamberlan a Pievebelvicino

Dipendenze e nuove occasioni Gli ultimi anni hanno visto parte degli adolescenti locali sviluppare atteggiamenti di estraniazione rispetto a ciò che li circonda. Interventi come quelli proposti da Primavera Nuova, infatti, rispondono a un bisogno del territorio che si fa sempre più impellente. “Osserviamo ragazzi che non partecipano alle attività adatte alla loro età, prima tra tutte quella della scuola, percepita più come un luogo dove trovare gli amici che non come spazio di apprendimento, crescita e costruzione del proprio futuro - osserva Alessandra Calta -. L’uso di sostanze è piuttosto diffuso e inconsapevole. Abbiamo conosciuto ragazzi di 13 o 14 anni che avevano già provato droghe e spesso non si tratta solo di cannabis. La sperimentazione è parte dell’adolescenza, ma esercitata così può diventare davvero pericolosa: senza fare allarmismi, si parla ancora troppo poco

Attualità della circolazione di questo tipo di sostanze tra i nostri ragazzi”. Durante l’attività rieducativa coi cani i giovani di Spazio Aperto hanno potuto incontrare un operatore del SERD, il Servizio Dipendenze dell’Ulss, e sfatare molte delle loro credenze, prime tra tutte quella che la cannabis sia terapeutica anche per chi non è malato. “Molti degli adolescenti che affianchiamo dice Eleonora De Toni - sono giovani di origine straniera nati in Italia, che vivono un forte senso di sradicamento, di non appartenenza né al paese dei genitori, né a quello dove vivono. Spesso hanno alle spalle famiglie in difficoltà, dove i genitori a volte sono assenti perché lavorano moltissimo o perché ci sono barriere linguistiche o culturali che rendono difficile seguire i figli cresciuti nel contesto italiano. Sarebbe riduttivo, tuttavia, generalizzare o farne una questione etnica: abbiamo attivi dei progetti di educativa domiciliare dove a soffrire sono adolescenti autoctoni con genitori italiani con problemi di alcolismo o con separazioni difficili in corso”. Il lavoro degli educatori è delicatissimo. Entrano in punta di piedi nelle vite di ragazzi con una forte corazza, diffidenti, che non credono prima di tutto in se stessi e in cui, spesso, nessuno ha mai creduto. Hanno bisogno di adulti che diano loro fiducia, che assicurino loro di poter avere un futuro, che regalino una luce di positività. Ultimamente lo Spazio Aperto ha proposto un corso di arrampicata assieme all’Associazione Zamberlan di Pievebelvicino che ha avuto un buon riscontro: due o tre ragazzi si sono rivelati davvero portati per questo sport e sarebbe bello che potessero continuare le lezioni, magari con qualche sponsor o con il contributo di qualche privato cittadino che dia loro l’occasione di mettersi alla prova e dimostrare il proprio valore. “Tutti questi giovani meritano una possibilità - conclude Alessandra Calta -. Come la meritano tutte le famiglie che hanno bisogno di essere ascoltate anche senza una prima mediazione dei servizi sociali, con cui peraltro collaboriamo costantemente e proficuamente. La Cooperativa Primavera Nuova, allo 0445 575656, è sempre disponibile, sia per accogliere ragazzi e genitori sia per ricevere eventuali persone interessate a sostenere i nostri progetti. Basta chiedere di me o di Eleonora, anche solo per avere informazioni: non si deve essere soli nel cammino della crescita che, per alcuni, può essere davvero complesso”. ◆


[20] ◆ Schio Attualità

La Fabbrica Alta per il Salone del Denim

C’è anche la Fabbrica Alta tra i luoghi dell’edizione 2020 di “Denim Première Vision”, il salone internazionale dedicato al denim. Con le restrizioni dovute alla pandemia anche le grandi manifestazioni hanno dovuto rivedere i propri piani e puntare sul digital e il salone, in programma a Berlino a fine novembre, è stato trasformato in un super evento on line con workshop, tavole rotonde e webinar. Proprio l’evento on line avrà come cornice anche la Fabbrica Alta, dove lo scledense Alessio Berto, fondatore dello studio The Tailor Pattern Support e tra i cinquanta leader più creativi e lungimiranti nel settore del jeanswear mondiale secondo il magazine americano Rivet, ha registrato due workshop per far luce su diversi aspetti della creazione nel mondo della moda.

Consigli di quartiere, elezioni rinviate all’anno prossimo

C

ontrordine, le elezioni per il rinnovo dei consigli di quartiere che avrebbero dovuto tenersi il 15 di questo mese, sono state rinviate a data da destinarsi, ovviamente a causa del Covid. Se ne riparla il prossimo anno. «Per la seconda volta siamo costretti a posticipare le consultazioni - dice l’assessore che gestisce il tema, Alessandro Maculan -. Ciò nonostante faremo tesoro dei risultati ottenuti durante il percorso partecipativo iniziato lo scorso luglio. Un percorso che ha coinvolto un centinaio di persone e portato a raccogliere ben 76 candidature di donne e uomini scledensi che hanno deciso di impegnare parte del proprio tempo per dare un contributo fondamentale mettendosi al servizio della comunità. La risposta dei cittadini è stata un risultato per niente scontato in questi tempi contraddistinti dalle

incertezze e dai timori ed è da considerarsi come un forte segnale di partecipazione e spirito di appartenenza». Per i sette quartieri scledensi, ora, si apre una fase intermedia che porterà questi organismi dalla situazione di stand-by in cui si trovano fino alle prossime elezioni. Fase durante la quale gli attuali consigli potranno contare sul supporto dei nuovi candidati che si sono resi disponibili a dare una mano nelle attività ordinarie. «Abbiamo proposto di individuare un periodo di tempo più flessibile per l’indizione delle prossime elezioni - spiega l’assessore Maculan -, per far si che si riesca, non appena attenuato lo stato di emergenza sanitaria, a concludere l’intera procedura elettiva entro 120 giorni dalla data di indizione delle stesse con la possibilità di scendere fino 60 giorni». ◆

Nuovo bando per il contributo affitti Il Comune cofinanzia lo stanziamento regionale con 26 mila euro

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n sostegno per il pagamento dell’affitto per gli anni 2018 e 2019. È questo il nuovo contributo che la Regione mette a disposizione dei cittadini attraverso il Comune. Nei giorni scorsi, la Giunta ha approvato il fondo regionale per la concessione di contributi per coprire le spese dei canoni di locazione con un cofinanziamento comunale di oltre 26 mila euro.

«Si tratta di un ulteriore strumento che abbiamo voluto adottare per supportare i nuclei familiari più in difficoltà, considerato soprattutto il periodo di crisi economica che stanno attraversando molte famiglie scledensi a causa dell’emergenza sanitaria», dice il vicesindaco e assessore al sociale, Cristina Marigo. Tra i requisiti per presentare domanda è necessario essere residenti a Schio, aver

occupato un alloggio a titolo di residenza principale o esclusiva nel 2018 e/o 2019 con regolare contratto di locazione e avere un ISEE non superiore ai 15mila euro. Le domande dovranno essere inoltrate entro l’11 dicembre se presentate per posta ordinaria, pec o mediante deposito in busta chiusa nell’apposita cassetta disponibile presso l’ingresso del QuiSociale, dal lunedì al venerdì (ore 9-13). Per chi, invece, procederà autonomamente a presentare la domanda in via telematica la scadenza è il 30 novembre. ◆



[22] ◆ Schio Economia

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Camilla Mantella

esteggia quest’anno il primo decennio di attività l’azienda scledense Smedia Group, specializzata nell’assemblaggio e nell’installazione di monoblocchi termoisolanti che permettono di assicurare la coibentazione di serramenti – porte e finestre, che vengono anche posate – in abitazioni e locali industriali e commerciali. A fondarla, nel 2010, Valeriu Lucian Smedia, originario dalla Romania, ma già da molti anni residente in zona. Nata come impresa edile individuale, la Smedia è cresciuta nel tempo. Il settore edile è tra quelli che più hanno visto un aumento della presenza di lavoratori di origine straniera e i più intraprendenti, come Valeriu Smedia, dopo alcuni anni di attività da dipendenti hanno dato vita ad aziende personali. Si parte spesso con piccole imprese individuali e, nel tempo, si prova ad ampliare il proprio margine d’azione. “Siamo riusciti a ritagliarci il nostro segmento di mercato - spiega Lorena Mantese, che gestisce i rapporti con clienti/fornitori, amministrazione e contabilità -. Gli inizi non sono stati semplici. L’idea era che un’impresa edile potesse poi trovare spazio in diversi ambiti applicativi (dalle fondamenta al tetto le operazioni che si svolgono in un cantiere sono numerosissime e spesso affidate a più gruppi diversi di professionisti) ma ci si è dovuti scontrare con una certa diffidenza iniziale. La cosa più difficile è stata proprio conquistarsi la fiducia dei clienti: il fatto di non essere un’azienda storicamente presente sul territorio e di avere origini straniere ha reso più complicati i primi passi della nostra realtà. Fortunatamente si è riusciti a costruire un’importante collaborazione con la scledense Alpac, specializzata proprio nel settore di finestre e portefinestre, che ha permesso a Smedia Group di poter diventare un loro fornitore fisso e, a quel punto, di dedicarsi prevalentemente ai monoblocchi termoisolanti. Dopo Alpac sono arrivati altri clienti e l’attività è decollata”. Oggi Smedia Group conta una quindicina di persone, perlopiù operai che lavorano nei vari cantieri attivi. Il turnover è elevato (la vita di cantiere richiede sacrifici e spostamenti continui) ma nel tempo si è creato un bel gruppo fisso di lavoro, composto attualmente da persone di nazionalità rumena, bengalese ma pure italiana.

Dall’estero per fare impresa/2 Storie di imprenditori di origine estera che hanno avviato a Schio e dintorni nuove attività economiche. È questo il fil rouge di una serie di articoli (ne abbiamo programmati cinque) che dedichiamo da questo numero a persone arrivate in tempi diversi a Schio da altri paesi e che hanno investito sul territorio come progetto di vita, professionale e familiare. Un ringraziamento va alle locali associazioni dei Commercianti e degli Artigiani, che ci hanno segnalato le storie che abbiamo raccolto.

Valeriu ha vinto la sua scommessa Nel 2010 Valeriu Lucian Smedia, originario dalla Romania ma già da molti anni residente in zona, si è messo in proprio e ha fondato Smedia Group, un’impresa che nel tempo è riuscita a ritagliarsi un suo spazio nell’installazione di monoblocchi termoisolanti.

“Spesso i potenziali nuovi dipendenti ci vengono segnalati direttamente dai nostri collaboratori - specifica Lorena Mantese -. Si creano delle catene di conoscenze che permettono di far crescere il gruppo o sostituire chi passa a nuove professioni. Sia-

Valeriu Smedia

mo una squadra, nonostante la difficoltà di rimanere uniti dato che la maggior parte di noi non lavora in una sede fissa”. Smedia Group è diventata da un paio d’anni una Srl, cosa che se da un lato ha comportato un aumento di responsabilità dall’altro le permette di darsi una struttura da media realtà artigiana. “Quest’anno il Covid ha sicuramente impattato sulla nostre attività - conclude Valeriu Lucian Smedia -. Durante il lockdown abbiamo perso un mese e mezzo di fatturato e, coi margini tipici del nostro settore, ci vorrà un anno per recuperarlo. Abbiamo molte commesse attive e ora stiamo continuando a lavorare, ma non c’è dubbio che il periodo che stiamo vivendo sia molto complesso. Cerchiamo di rimanere fiduciosi e andare avanti, proprio come i nostri ragazzi che, in cantiere, faticano ogni giorno per far valere la loro professionalità oltre qualsiasi pregiudizio legato alla provenienza o alla nazionalità. Crediamo davvero che un team di successo batta con un solo cuore”. ◆


Thiene ◆ [23]

C’è la stazione meteo in formato mignon

Attualità

Thiene, da pochi giorni, può contare su una propria “sentinella meteorologica” 24 ore su 24. Ingaggiata a costo zero per rilevare ogni tipologia di evento atmosferico.

A

nche Thiene, da pochi giorni, può contare su una propria “sentinella meteorologica” 24 ore su 24. Ingaggiata a costo zero per rilevare ogni tipologia di evento atmosferico, e installata ai primi di novembre in prossimità della rotatoria di via del Costo con via Val Posina, nella zona nord quasi ai confini con il paese di Zanè. La stazione meteo avrà il compito di misurare temperatura, umidità, pressione atmosferica, direzione e intensità del vento, piovosità oraria e irraggiamento solare. Tutti dati rilevabili e consultabili in presa diretta e che saranno informatizzati e messi a disposizione dell’ente locale e di chi ne farà richiesta. Utili in particolare alla Protezione Civile. La strumentazione è stata interamente do-

nata da un’azienda vicentina della zona – la Ueo srl di Zanè – che si occuperà anche della manutenzione necessaria, proprio “contro” gli agenti atmosferici. Fornita di due pannelli fotovoltaici, si autoalimenterà in pieno regime di green energy. Completata e attivata dopo l’installazione in un piccolo parco verde, occupa un’area recintata di una manciata metri quadrati: quanto basta per attingere da cielo e aria le rilevazioni da immagazzinare in via digitale. Un’apparecchiatura inedita per Thiene, la cui utilità è spiegata dall’assessore Andrea Zorzan, in quest’occasione in qualità di referente dell’amministrazione comunale per la Protezione civile. “Si tratta di uno uno strumento importante – spiega – perché permette di misurare

in tempo reale le condizioni meteo avverse e, in caso di anomalia dei fenomeni, consente agli operatori di intervenire e capire subito il quadro della situazione. I dati raccolti possono quindi studiati e storicizzati in modo da creare un archivio aggiornato che permette di tenere sotto controllo l’evoluzione delle condizioni atmosferiche negli anni”. Indicazioni utili anche in tema di programmazione di opere pubbliche future, non solo a fini statistici. Oltre ai dovuti ringraziamenti all’azienda che ha messo a disposizione la stazione meteo, dal Comune giunge anche un invito esplicito alla cittadinanza, invitata “ad aver cura e rispettare con senso civico questo strumento così prezioso”. ◆ [O.D.M.]


[24] ◆ Schio Il personaggio

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Mirella Dal Zotto

uca Guiotto, documentarista scledense (classe 1981), ha pubblicato di recente un bel video sul Monte Novegno, presentato al Cinema Teatro Pasubio a cura dell’amministrazione comunale. Si vede il Novegno in tutta la sua maestosa bellezza, grazie a riprese realizzate anche con i droni. Un grande contributo, e tributo, alla valorizzazione delle nostre zone montane e collinari, che vanno fatte conoscere ma che si prestano pure a quel turismo di prossimità che il Covid ci ha fatto riscoprire. Guiotto ha scelto di vivere in una contrada di Monte Magré, al Mucchione, in mezzo alla natura e ai boschi che tanto ama. “Sono originario di Magré – spiega – per cui è bastato che mi alzassi solo un po’ per trovare la mia collocazione ideale, perché vivo nella natura e con la natura. Ho scelto di dedicarmi ad essa e di farne una professione; sono un film maker e mi occupo prevalentemente di documentari”.

Professione: reporter della natura Luca Guiotto, fotografo e documentarista scledense, ha scelto di vivere con la famiglia in una contrada di Monte Magré, in mezzo alla natura e ai boschi. Che ama al punto da averne fatto il suo lavoro. Come film maker, ha pubblicato di recente un suggestivo video sul Monte Novegno.

Come “El xe inte’l bosco”.

“Esattamente. È un video che narra la mia grande passione di filmare gli animali e le piante del bosco vicino a casa mia, che mi racconta ogni giorno qualcosa”. Il suo è un forte legame con il territorio.

“Fortissimo, da sempre. Sono molto legato alla mia terra, ai miei boschi, alle mie colline, alle mie montagne e sono convinto della fortuna di risiedere in luoghi come questi”. Come e quando è nata la passione di riprendere la natura?

“Un bel po’ di tempo fa. Avevo 15 anni quando ho comprato la mia prima macchina fotografica e ho iniziato subito con i primi scatti naturalistici. Sono poi passato ai video per hobby e infine ho scelto di trasformare la passione in un lavoro vero e proprio, che mi sta dando grandi soddisfazioni. Non mi pesa per niente appostarmi per ore e ore a riprendere un animale, o studiare la luce di una mattinata per decidere di mollare tutto e andare in montagna a fotografare e filmare, anche a orari che ai più possono apparire improponibili. L’importante è cogliere l’attimo, quello giusto, con la telecamera”.

comunale un corto di 15 minuti; in seguito, considerata la vastità di questa montagna, si è deciso di realizzare un vero e proprio documentario. Solitamente lavoro da solo, occupandomi della story board, delle riprese, del montaggio, delle musiche… però stavolta mi sono avvalso dell’aiuto di Marco Adriani per i testi di commento; lui è un grande conoscitore del Novegno e ha già pubblicato due libri fotografici sul massiccio. Il Novegno è una montagna adatta e accessibile a tutti, in ogni stagione: può salirci l’alpinista più preparato ma anche la famiglia con bambini, perché accanto alle salite impegnative ci sono percorsi semplici e poco pericolosi. È anche un monte ricco di storia, con ancora evidenti le ferite del primo conflitto mondiale: chilometri di gallerie e di trincee incidono i suoi fianchi. A livello naturalistico offre una grande

varietà di flora alpina ed è pure ricco di fauna: marmotte, camosci, caprioli, volpi… si può vedere anche l’aquila reale. Nella “Busa Novegno” si trova l’unica malga attiva del massiccio, dove si possono comprare prodotti caseari e, sempre nella “Busa”, è attivo un osservatorio astronomico. Ho cercato di mostrare tutto ciò, in un’ottica di promozione territoriale”. Alcune riprese sono particolarmente emozionanti. Che ruolo gioca il drone?

“Il suo utilizzo ultimamente è alquanto in voga, perché con il drone si riesce a cogliere delle immagini che difficilmente, stando con i piedi per terra, potresti vedere. I video con i droni mostrano tutto da una prospettiva diversa e sono sempre spettacolari”. Proseguirà la collaborazione con il Comune per promuovere altre zone?

“A questo documentario sarebbe interessante legarne altri riguardanti Schio e la sua storia. Mi piacerebbe pure svilupparne uno sul Pasubio, altra montagna che conosco molto bene. Si vedrà”.

Veniamo a “Novegno”, il documentario che ha appena proposto al pubblico.

È diventato padre quest’anno e, con sua moglie e suo figlio, abita in un luogo magari un po’ scomodo ma di grande bellezza. Cosa si augura per suo figlio?

“L’ho sviluppato dopo due anni di riprese della durata complessiva di quarantotto ore; il video però dura 42 minuti. L’idea era partita proponendo all’amministrazione

“Spero tanto che un giorno, vivendo qui, abbia la sensibilità di cogliere il bello della natura, apprezzandola, rispettandola e, perché no, filmandola come fa suo padre”. ◆



[26] ◆ Thiene Spettacoli

“Io continuo ad allenarmi e a farmi 160 chilometri in macchina al giorno, cinque volte alla settimana. Non rimango fermo, né a livello sportivo né al di fuori della palestra

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Omar Dal Maso

i ganci ne ha (soprattutto) dati ma anche presi Luca Rigoldi, pugile campione d’Europa dei Supergallo. Vicentino cresciuto a Villaverla, da un paio d’anni vive a Thiene con la compagna Valentina. Ora è un “gancio” con il futuro quello che cerca, con insistenza. Sia ben chiaro: non chiedendo elemosine, ma offrendo la stoffa di atleta ma anche di creativo e imprenditore di se stesso a qualcuno che creda in lui. Almeno quanto lui stesso ha fatto per primo, fa e continuerà a fare, cercando di scansare i colpi di una pandemia che ha svuotato gli spalti vitali dei palasport. Dove ama combattere e inseguire sogni realizzati e da realizzare. Il prossimo? Tornare sul ring, visto che l’ultimo incontro disputato al PalaRomare di Schio – un successo, di pubblico e per la vittoria – è datato settembre 2019. Più di un anno fa. Allora a cadere fu l’ucraino Yegorov tra il giubilo di tanti vicentini. A quando, dunque, il ritorno? Risponde il diretto interessato, “captato” in uno dei pochi momenti liberi nel tragitto Thiene-Piove di Sacco, per raggiungere il maestro Gino Freo, suo angelo custode che sa menare duro quando si parla di sudore, muscoli, tecnica e fatica. “Qualcosa sembra stia bollendo in pentola – confida Luca -. Io continuo ad allenarmi e a farmi 160 chilometri in macchina al giorno, cinque volte alla settimana. Non rimango fermo, né a livello sportivo né al di fuori della palestra: mi alleno, penso, cerco e propongo: credo di essermi costruito una buona immagine e una rete di conoscenze che mi permettono di mettermi in contatto con piccoli sponsor che mi danno una mano”. La sua giornata tipo? Si sveglia spesso alle 6, in palestra dalle 7 per tre o quattro ore, poi il primo dei due allenamenti indivi-

Rigoldi in cerca di sfide Pur essendo professionista, il 27enne pugile thienese in questo periodo di pandemia deve tenersi impegnato con lezioni private e corsi come istruttore, in attesa di nuovi match per difendere il titolo europeo Supergallo. duali alla Queensberry di Vicenza e Dynami di Thiene, con cui collabora. Poi i corsi in pausa pranzo per chi vuole imparare l’arte della boxe e alle 15 su in auto, in direzione Piove di Sacco, fino alle 18. Infine il rientro mettendo di nuovo i panni di istruttore per un paio d’ore ancora, fino alle 21. E poi buonanotte e appena si riaprono gli occhi si ricomincia un’altra “ripresa”. Ogni tanto, sui social, salta fuori una battuta: cercasi mecenate. “Sarebbe bello, sì, che un’azienda sposasse la causa e mi mettesse nelle condizioni di pensare solo ai miei allenamenti e al ring. Ma la mia concezione è un po’ diversa, da ogni collaborazione deve sortire un guadagno reciproco”. Professionista dal 2015, a 27 anni Rigoldi aspira a ricevere più “ganci” possibili, appunto, intesi come canali per investire e fare investire su di sé.

“Io per primo ragiono come imprenditore, come un’azienda, con entrate, uscite, visioni e investimenti. Intorno a me girano altre figure da onorare: da chi mi cura la grafica, per esempio, o la fisioterapia o altri aspetti. Con una battuta, la mattina quando mi sveglio penso a quanto dovrò spendere quel giorno”. Un boxeur di livello internazionale, in Italia, non naviga certo nell’oro in un periodo in cui mancano le “borse” – il compenso per un match – e i premi che arrivano dalle riunioni pugilistiche. Serate foriere di denari grazie al ticket del pubblico per lo più, oggi non più permesso. Un match che era previsto per il 27 marzo è sfumato. Rigoldi era pronto a combattere a Verona contro il britannico Gamal Yafai. Sfida rinviata causa il ciclone coronavirus. Per un pugile, abituato a scandire ogni minuto, l’annullamento di una data è peggio di un knock out. Quella di Verona rappresentava per Luca la terza difesa del titolo europeo. In attesa della prossima chance, a Rigoldi non manca il tempo da ritagliare per il prossimo, come il progetto Vie di Luce Onlus e Vicenza For Children. Una sua creatura, “I’m my dream”, intanto sforna video su Youtube. È una delle idee forgiate intervistando personaggi e confrontandosi con loro in prima persona. Con il sostegno di Aics e Regione Veneto e dell’associazione di Sammy Basso, uno degli ospiti che lo ha sfidato (in simpatia) nelle ultime puntate. ◆



[28] ◆ Schio

In primo piano il direttore artistico della Fondazione Federico Corona, seguito dal presidente Andrea Genito, dal sindaco Valter Orsi e dall’assessore alla cultura Barbara Corzato

Spettacoli

L

Mirella Dal Zotto

a Fondazione Teatro Civico presenta il cartellone teatrale 2020-2021: dal 4 dicembre al 14 maggio un progetto teatrale con prosa, musica e teatro popolare pronto a essere riprogrammato in ogni momento. “Quello di quest’anno è un progetto artistico che ha dovuto tener conto di alcuni fattori importanti dettati dal periodo che stiamo vivendo – dichiara Federico Corona, direttore artistico - primo fra tutti la possibilità di ulteriori chiusure da parte del governo, con la necessità di avere snellezza amministrativa e possibilità progettuale di spostamento delle date e degli spettacoli, agevolando le compagnie e gli artisti, soprattutto del territorio”.

Dieci appuntamenti in programma Vogliono essere 10 gli appuntamenti del cartellone 2020-21 di Schio Grande Teatro. Torna a Schio la coppia d’eccezione del teatro italiano, Paola Gassman e Ugo Pagliai, in “Romeo e Giulietta” (sabato 12 dicembre, Teatro Astra). A seguire Andrea Pennacchi (mercoledì 16 e giovedì 17 dicembre, Teatro Astra) che porta in scena il suo cavallo di battaglia: “Omero non piange mai”. Come chiusura del 2020 (dal 18 al 20 dicembre, Teatro Civico) la compagnia svizzera Trickster-P con lo spettacolo “B”, un percorso sonoro a stanze attorno alla fiaba di Biancaneve. A febbraio (venerdì 19) la compagnia vicentina Stivalaccio Teatro torna al Teatro Astra con “Arlecchino Furioso”, la pièce che ha rappresentato il Veneto durante l’ultima edizione del Festival OFF di Avignone. Per la prima volta (sabato 27 marzo, Teatro Astra) Schio Grande Teatro ospita uno spettacolo di circo con il duo di clown-acrobati belgi “Okidok” in “Slips inside”. Giuliana Musso, tra le maggiori esponenti del teatro di narrazione e d’indagine, torna all’Astra (venerdì 9 e sabato 10 aprile) assieme all’attrice Maria Ariis; il nuovo spettacolo, “Dentro”, è la messa in scena di un incontro con una donna e la sua vita. In collaborazione con il Teatro Comunale Città di Vicenza, per la terza edizione del Festival Danza in Rete Vicenza-Schio, la compagnia vicentina di danza Naturalis Labor presenta lo spettacolo “Cenere Cenerentola” (venerdì 16 aprile). Sabato 8

La stagione è pronta (anche a cambiare) La Fondazione Teatro Civico ha lanciato il cuore oltre l’ostacolo e, nonostante le incognite legate al Covid, ha messo in piedi una stagione teatrale ricca e flessibile, in grado di essere riprogrammata in caso di necessità.

maggio, in Sala Calendoli, appuntamento con il film in realtà virtuale “La mia battaglia”, dall’opera teatrale di Elio Germano e Chiara Lagani. Ultimo appuntamento (venerdì 14 maggio, Teatro Astra) con un testo di Vitaliano Trevisan, “Oscillazioni”, portato in scena dall’attore vicentino Matteo Cremon.

La stagione di musica e quella di teatro popolare Si rinnova per la terza edizione la rassegna dedicata alla musica. Il primo appuntamento (venerdì 4 dicembre, Teatro Civico, ma probabilmente la data si riprogrammerà) è con il celebre duo Musica Nuda – Petra Magoni & Ferruccio Spinetti, in “Turandó”, una rivisitazione dell’opera in chiave popolare, scritta e diretta da Marta Dalla Via. Per il terzo anno torna l’appuntamento con l’orchestra Labirinti Armonici Ensemble diretta dal Maestro Giovanni Costantini (domenica 3 gennaio ore 17 e ore 20, Teatro Civico), per il Concerto di Capodanno. “Schio Musica” prosegue, venerdì 29 gennaio, con un programma dedicato alle colonne sonore del cinema noir, “Series Noir”, nella chiesa di San Francesco a cura di Duo Noir (Damiano Grandesso al sax e Floraleda Sacchi all’arpa). Segue un omaggio a Fabrizio De André (venerdì 12 febbraio, Teatro

Astra), “Nuvole barocche”, con la liutista vicentina Ilaria Fantin e Faber Antiqua, per raccontare l’arte di Faber attraverso antiche sonorità. La giornata della donna viene celebrata domenica 7 marzo in collaborazione con la Commissione Pari Opportunità del Comune, con la pianista Cristiana Pegoraro. Il primo appuntamento della seconda edizione di “Schio Teatro Popolare” è con l’attore comico Alessandro Fullin e il poeta Marco Barbieri (venerdì 26 febbraio, Teatro Astra) in “Lettere romane”, una lettura del surreale carteggio in terracotta di due matrone romane. Un omaggio all’attrice Franca Valeri (venerdì 19 marzo, Sala Calendoli) verrà portato in scena da Lucia Schierano con lo spettacolo “Le donne di Franca Valeri”. Chiude la rassegna Anna De Franceschi (venerdì 23 aprile, Teatro Astra) in “Super Ginger”, storia di un clown contemporaneo. Completano il programma artistico i progetti rivolti agli altri pubblici: la stagione teatrale per famiglie “Vieni a Teatro con mamma e papà” che verrà presentata nel mese di dicembre, le attività rivolte ai giovani (Campus Company Pro over 18, Campus Company e il percorso under 14 Teens-primi amori teatrali), il laboratorio Dance Well, garantiti attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie e attivati a distanza. ◆



[30] ◆ Schio Cultura

Perché non portare certi spettacoli a San Francesco?

“Varachebagolo”, stop causa Covid Dopo il primo incontro, la rassegna culturale programmata tra ottobre e dicembre deve fermarsi. “Ma torneremo più forti di prima e con tante proposte in più” assicurano gli organizzatori.

“V Chiusi i cinema, chiusi i teatri, aperte le chiese: da credenti e praticanti, ma anche da grandi appassionati di teatro e spettacoli in genere, chiediamo qui un aiuto umano e divino per la categoria degli artisti e per rimediare a un’ingiustizia: si può andare a messa, ma non si può respirare cultura per tirarsi un po’ su, sia pure in assoluta sicurezza. Perché dunque non aprire le chiese, che aperte possono essere, agli spettacoli di vario tipo? Quelle scledensi ospitano d’abitudine concerti e una di esse, la Chiesa di S. Francesco, è di proprietà comunale. Soccorriamo cristianamente quelli che ora sono gli ultimi, cioè gli artisti, disposti sicuramente a esibirsi nelle chiese anche in matinée. (M.D.Z.)

Detto tra noi

arachebagolo”, rassegna culturale gratuita programmata tra ottobre e dicembre con l’obiettivo di coinvolgere tutte le persone interessate al territorio mettendole in relazione con l’arte, la musica e il racconto, è partita con lusinghiero successo giovedì 15 ottobre allo Spazio Shed, ma è già stata costretta a fermarsi a causa della pandemia. «Varachebagolo era, è e sarà una sorta di cenacolo informale aperto a tutti coloro che desiderano immergersi per una sera nella leggerezza profonda – spiegano gli organizzatori Morgan Palmas, Andrea Ballarin e Ugo Resteglian -. In quest’epoca di smartworking e di distanziamenti sociali vogliamo provare a far riflettere su punti di vista inconsueti, per sconfinare su territori poco conosciuti. Nel primo incontro abbiamo chiesto ai partecipanti di portare un foulard o una bandana per un’attività speciale a sorpresa, abbiamo parlato di cervelli in fuga e anche di come sono nate le radio libere vicentine negli anni Settanta, facendo intervenire uno dei protagonisti. Non è mancato, infine, lo spazio per la musica e

Per inviare lettere e contributi a SchioMese, scrivere a: schiothienemese@gmail.com Si prega di inviare i testi soltanto via posta elettronica e di contenere la lunghezza:

testi troppo lunghi non potranno essere pubblicati a prescindere dai contenuti.

Quello sfarfallio di neve e quell’alunno che avevo deluso Il Covid fa soffrire tutti, anche la scuola, e mi accade allora di ripensare ai tempi sereni in cui Lui non c’era e le lezioni scorrevano non senza vivacità e allegria, tenendo in considerazione, al tempo stesso, l’importanza dell’impegno e della disciplina. Riandando a quel tempo due ricordi emergono: quello di un improvviso sfarfallio di neve che ci fece correre alla finestra per ammirare una tale meraviglia,

il divertimento. Eravamo proprio contenti della partecipazione: lo Shed ci aveva garantito più spazio, e in sicurezza, rispetto alla Corte Sconta, la birreria di Santorso dove siamo partiti lo scorso anno e il cui titolare ha da subito creduto nell’iniziativa. Ora dobbiamo fermarci, ma torneremo più forti di prima e con tante proposte in più: il pubblico può seguirci per ogni informazione sulla pagina fecebook di Varachebagolo”. ◆ [M.D.Z.]

e quello di un mio imperdonabile errore: era accaduto che avendo visto, nel corso di una lezione, un mio allievo passare nascostamente un biglietto ad un compagno, gli ingiunsi di portarmelo ed egli lo fece pregandomi tuttavia vivamente di non leggerlo, ciò che invece io feci cestinandolo poi senza dire una parola. Ma subito compresi di aver sbagliato e mi rammaricai: non avevo saputo entrare nel cuore e nella mente del mio alunno e lo avevo morti-

ficato, dimenticando che la funzione docente non è soltanto insegnare a leggere e a scrivere e quanto poi ancora verrà, ma è anche prendersi cura di un diverso importante valore, su cui ogni insegnante dovrebbe sempre interrogarsi. Si chiamava, quel ragazzo, Alberto Dalla Pozza ed era, nella mia classe di scuola media, un bravo allievo, diligente, educato. Se ora mi legge, vorrei dirgli che mentre io l’ho deluso non è mai venuta meno in me la stima di lui. Luisa Spranzi




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