ospitare le differenze progetto di un mercato nell’u-boot bunker di saint nazaire francia
tesi di valeria bormolini, claudia brunelli, margherita parati
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l’atlantik wall
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estratto da “il ventre di parigi” di emile zola _ Parigi 1873
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strategia progettuale
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la base u-boot di saint nazaire
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saint nazaire accenni alla storia
8400 Politecnico di Milano Facoltà di Architettura e Società Corso di laurea in Architettura Milano relatore:Gennaro Postiglione correlatore: Arturo Lanzani Tesi di laurea specialistica anno accademico 2007-2008 foto in copertina: mercato di porta palazzo ISBN: 123-4-567-89012-3 ISSN: 1234-5678
casi studio
I progetti per la base e i piani urbanistici per la città
il mercato
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Il mercato, storia e tipologie
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mercati dal mondo
i mercati traianei _ roma
I mercati di “les halles”_ parigi
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Il mercato “la boqueria”_ barcellona
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Il mercato “santa caterina”_ barcellona
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Il mercato di “porta palazzo”_ torino
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funzioni terziarie
Si ringrazia: gennaro postiglione _ dipartimento di interni _ politecnico di milano arturo lanzani _ dipartimento di architettura e pianificazione _ politecnico di milano giulia andi _ LIN studio_parigi - berlino giulio padovani _ architetto madame benedict clement _ incaricata della mission P.L.U. _mairie de saint nazaire sig. loic jauvin _ responsabile della mission ville port/centre_ studio addrn _ saint nazaire beatrice borasi _ architetto dario di gennaro e la signora angiolina _ responsabili dell’associazione “vivi baloonâ€? _ torino sig.ra italia_ segrataria dello studio secchi - viganò i rivenditori del mercato di porta palazzo _ torino
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l’atlantik wall - strategia - la base u boot di saint nazaire - saint nazaire accenni alla storia - progetti per la base e piani urbanistici
l’atlantik wall
L’Atlantik Wall (AW) è una linea di fortificazioni militari costruita tra 1940 e il 1943 su volere di Hiltler per difendere i territori occupati dal Terzo Reich da un possibile attacco anglo-americano dall’oceano atlantico. L’organizzazione a cui è stato affidato il compito di costruire questa linea difensiva è l’organizzazione Todt, dal nome del suo responsabile. Fritz Todt era un aviatore che aveva partecipato alla prima guerra mondiale. L’organizzazione Todt era un’organizzazione paramilitare a cui era stato precedentemente assegnato il progetto di grandi opere civili. Le tipologie di fortificazioni vengono progettate e dislocate in base a tre variabili: • contesto geografico • ruolo che la postazione ha nella gerarchia interna alla linea difensiva • funzione del singolo bunker dall’incrocio di queste variabili scaturiscono le 247 tipologie progettate e costruite
Direttiva di guerra n.40 23 marzo del 1942 6.000 km di costa 12.000 bunker 700 batterie 247 tipologie 334.000 operai 3 anni per costruirli 13.000.000 mc di cemento
Impressionante progetto a scala territoriale, costruito nell’arco di soli tre anni con un organizzazione e una precisione impeccabili, l’AW è figlio di una strategia di guerra difensiva. Il fatto stesso di aver intrapreso la costruzione di un così imponente piano di difesa, è segno dell’inizio della fine del potere del Terzo Reich. Passaggio dall’offensiva alla difesa. I bunker possono essere visti come i primi indizi del monumento funerario del regime. L’idea di una Guerra Totale si rivela qui nella sua dimensione mitica, nel constatare la vastità di questa impresa. Questi bunker sono l’ultima grande impresa della storia delle fortezze militari costruite. Sono l’ultima architettura militare di superficie costruita (dopo le fortificazioni romane e la muraglia cinese). 12 ospitare le differenze
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L’estensione dell’impresa, la volontà di costuire una linea difensiva lungo la costa di un intero continente è figlia della convinzione che la proprietà di un territorio sia direttamente connessa alla possibilità di attraversarlo. L’AW è quindi una grande infrastruttura che assicura il controllo e la connessione tra gli estremi del territorio occupato dal Terzo Reich. L’AW è il confine infrastrutturalizzato di un continente. Ma il concetto che Hitler aveva in mente di confine era puramente storico e non geografico: cinzione/barriera che sancisce un possesso. La sua era una visione limitata, ancora solo bidimensionale. Nella sua strategia non intuisce l’importanza di considerare oltre alla terra, l’aria e l’acqua, come campi di azione. L’AW è un sistema di difesa bidimensionale come lo erano i sistemi difensivi medievali. Per i tedeschi il mare era la fine della terra, il limite fisico e mentale della conquista tedesca, un confine debole da difendere attraverso l’erezione di un muro. Anche la visione dal bunker è un’immagine in due dimensioni. La linea dell’orizzonte separa nettamente terra e cielo. Ma quando questa linea difensiva viene costruita la guerra è già diventata tridimensionale, grazie all’utilizzo di radar e incursioni aeree. La profondità, il superamento dell’orizzonte avviene con l’introduzione di un “disturbo”. Questo disturbo rappresenta l’incursione nemica, l’inizio della battaglia, e sottolinea il limite fra il conosciuto e l’ignoto, fra la dimensione finita e il fascino della dismisura.
Costruiti a misura d’uomo, strumenti quotidiani di una guerra totalizzante, i bunker sono ergonomici. E in questa loro “normalità” risiede il loro scandalo. Macchine per osservare, dispositivi di sorveglianza, occhi puntati verso l’orizzonte. La funzione dell’occhio e dell’arma diventano una cosa sola e la forma lo racconta. Osservare significa qui poter controllare, esercitare una forma di potere. La struttura strategica, la fede nel significato del confine come delimitazione del territorio conquistato e l’ossessione di dover osservare, scrutare e scandire in continuazione il confine per poter assicurare il controllo, sono l’essenza di questa ciclopica infrastruttura militare.
Il ruolo della tecnica è centrale nella costruzione di questa fortificazione. Il cemento armato è la sua essenza. Questo è uno dei motivi che accomunano i bunker alle architetture funzionaliste e alle sperimentazioni strutturali di questi anni. È possibile definire i bunker “forme moderne”, dove il rapporto tra forma e funzione è diretto. 14 ospitare le differenze
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“territorio: ambito individuato dall’esercizio del potere. terra + terrore.� da geografia di Franco farinelli
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“la nave scivola sull’acqua, i flutti spartiti riprendono la propria forma e il solcarsi cancella, la terra è piu’ fedele e conserva la traccia dei cammini che di buon’ora gli uomini hanno calcato. La strada s’imprime al suolo, essa semina germi di vita: case e casali, villaggi, città” da Geografia di Franco Farinelli 18
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“esempi impressionanti della cecità di un’epoca, queste opere primitive annunciano una nuova architettura fondata non sulle proporzioni, ma sulle sue facoltà psichiche” da Bunker Archeology di Paul Virilio 20
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strategia
Oggi la presenza di questa infrastruttura è ancora molto forte. La cicatrice è profonda. L’Atlantik Wall per la sua estensione e per la sua importanza storica può essere considerato uno dei tre principali confini geopolitici d’Europa. L’AW ha un importante significato storico-politico: è una delle linee di confine di un impero, più estese mai costruite nella storia d’Europa Ma la linea dell’AW ricalca anche un confine geografico preciso. E’ bordo del continente europeo verso l’oceano. E il rapporto con l’oceano è molto forte. L’oceano è dismisura, è condizioni climatiche estreme. L’ AW è confine storico e limite geografico, fisicamente ancora presente. Al muro atlantico si contrappone a est la cortina di ferro. Linea di confine definita già nei Trattati di Jalta del 1945, che divide l’Europa in due zone separate di influenza politica, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale alla fine della guerra fredda. L’Europa orientale era sotto il controllo politico dell’Unione Sovietica, mentre l’Europa occidentale godette della libertà politica. Confine politico quindi, barriera “mentale” con lo scopo di tenere la gente al suo interno e l’informazione all’esterno. Ogni traccia fisica di questa seconda barriera è oggi pressoché scomparsa. Il triangolo si chiude con il Mar Mediterraneo a sud. Confine geografico, ma per la sua connotazione a mare chiuso, in realtà è da sempre luogo di scambi e contatti tra popolazioni e culture. Cerniera più che barriera. Territorio intriso di storia, di rimandi all’antichità, al mito, all’ethos classico delle popolazioni che si sono confrontate sulle sue sponde. Il territorio compreso oggi tra questi confini è l’Europa. 24 ospitare le differenze
impero romano
impero del III Reich
impero sovietico
tratto da “USE”, Multiplicity, 2003
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L’asse mediterraneo e l’asse nordico si incrociano su un territorio non più suddiviso da confini nazionali precisi, ma che si presenta come una grande conurbazione, una grande metropoli dove realtà e culture diverse convivono. Il concetto di confine, di controllo e osservazione di un territorio assumono oggi significati diversi. I confini nazionali, territoriali sono scomparsi. La permeabilità del territorio è continua, in senso sia politico che geografico. Ma se da un lato la logica militare e di possesso nazionale, estremizzata, ha portato all’esasperazione delle differenze, dall’altro l’abbattimento delle frontiere può portare all’eccesso opposto, all’omologazione, al livellamento. Questo concetto è espresso chiaramente nel testo “L’arcipelago” di Massimo Cacciari. Dal testo emerge chiaro l’invito a porre attenzione all’attuale tendenza al livellamento dell’uomo europeo, a cui si può contrapporre lo sforzo di recuperare la vera natura del dialogo (dia –lògos), come occasione di conoscenza di sé e dell’altro. Ě uno sforzo faticoso, per questo forse oggi troppo facilmente evitato. Viene sottolineata l’importanza di non dimenticare le tradizioni e i valori inscritti nella storia dei luoghi e che inevitabilmente fanno parte delle loro identità. Del confronto tra identità diverse, tra culture, si sostanzia l’identità europea, dall’antichità ad oggi. Educazione al dialogo e riconoscimento della differenza come valore sono quindi le chiavi per poter mantenere viva l’identità multiculturale europea. A testimonianza dell’attualità di queste riflessioni citiamo il fatto che la Commissione Europea abbia proposto di dichiarare il 2008 come “The european year of the intercultural dialogue”, con l’impegno di sensibilizzare l’organizzazione nell’arco dell’anno di iniziative ed eventi che riflettano proprio sulla multiculturalità che contraddistingue il territorio europeo oggi. Il dialogo interculturale assume 28 ospitare le differenze
sempre più importanza nella promozione di una identità e di una cittadinanza europee. Ecco allora che la cicatrice dell’Atlantik Wall, proprio per la sua intrinseca connessione ai temi del confine e dell’osservazione, e per il suo essere bordo, fisicamente presente, del continente europeo, è da noi visto come luogo privilegiato dove attivare azioni di promozione del dialogo interculturale. Il confine da barriera diventa spazio di scambio, l’osservazione da controllo diventa forma di conoscenza, e l’esperienza deve essere diretta, deve avvenire nei bunker dell’Atlantik Wall, che mantenendo inevitabilmente la loro ambiguità e potenza, si aprono però a una logica propositiva. È un’operazione di risemantizzazione oltre che di riuso. La scommessa del progetto vuole essere quella di promuovere una riappropriazione di parte dei 12.000 bunker dell’Atlantik Wall, che oggi proprio per la loro memoria scomoda sono abbandonati e quasi volutamente rimossi. Si tratta quindi di un riuso particolarmente delicato, dove alle problematiche architettoniche normalmente connesse all’attività di restauro di un manufatto, si sommano le problematiche etiche legate alla memoria storica di queste strutture. Ma la quantità e la diffusione sul territorio dei bunker, oltre agli enormi costi che avrebbe il pensare ad una loro demolizione, suggerisce la via del riuso come possibilità concreta. Un ruolo determinante che i bunker devono avere oggi è sicuramente quello di essere testimonianze di una storia ancora vicina e atroce, che non deve essere dimenticata. Sono monumenti incongrui per la società contemporanea, testimonianza del delirio tecnico razionale del totalitarismo. Il massiccio involucro in cemento armato che li caratterizza li ha preservati dal degrado, ma ha tenuto in vita ricerca
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anche l’atmosfera della guerra. Si respira la storia al loro interno. Ma se da un lato quindi è significativo preservare queste strutture come testimonianze, dall’altro è per noi importante proporre l’avvio di un processo di assimilazione, di digestione di alcuni di questi oggetti all’interno di nuovi scenari, di nuove attività. E da questa logica nasce il nostro progetto. L’atteggiamento che assumiamo di fronte ai bunker vuole essere distaccato, lungimirante. Proponiamo oggi un approccio liberatorio, che guardi avanti e non indietro, scommettendo sulla possibilità di restituire all’uso parte dei 12.000 bunker della catena dell’AW. Questo non vuol dire snaturare le caratteristiche dei bunker, ma tentare di colonizzarli con nuovi significati, nuove azioni, “dissacranti” nel senso liberatorio del termine. Percorrendo questo territorio si va avanti. Accettando di percorrerlo si accetta implicitamente di rivisitare il ricordo del passato, ma di superarlo, attuando già una trasformazione del suo significato. La presenza dell’assenza che si percepisce è affiancata dalla presenza dell’esperienza che si compie, che è già di per se stessa trasformazione del paesaggio che ci circonda e superamento della storia del luogo.
I concetti di strategia, confine e osservazione, essenze della struttura dell’ AW, vengono traslati in un nuovo significato positivo. Come sottolineato in precedenza un ambito in cui diverse azioni progettuali possono inscriversi è quello culturale, legato alla volontà di sfruttare la potenza dell’Atlantik Wall come infrastruttura strategicamente collocata ad abbracciare il cuore d’Europa. Le azioni puntualmente collocate in una postazione godono della potenzialità di risonanza data dalla loro appartenenza al sistema, alla catena. Promuovere il dialogo interculturale, sottolineare il ruolo della 30 ospitare le differenze
“Un luogo è un “campo d’attenzione” la cui forza dipende dall’investimento emotivo di chi lo frequenta, a differenza del monumento, non puo’ essere conosciuto dall’esterno, ma solo dall’interno, ed esso è strettamente connesso alla nostra identità. F. farinelli geografia” da “Geogradia “ dii Franco Farinelli
“Se consacrare(sacrare) era il termine che designava l’uscita delle cose dalla sfera del diritto umano, profanare significava per contrasto restituire al libero uso degli uomini.” “Disattivando un vecchio uso, rendendolo inoperoso è possibile creare un nuovo uso. Recuperare il senso del mezzo separandolo dal suo originale scopo.” da Profanazioni di Giorgio Agamben ricerca
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“Proprio questo è uno dei compiti del confine: mettere in scena le diverse forme dell’alterità, provocare continuamente il malinteso.” Da “Significati del confine” di Piero Zanini
Nello spazio mobile e cangiante del coordinarsi e del coabitare le singolarità dell’Arcipelago s’appartengono l’una all’altra, perché nessuna dispone in sé del proprio centro, perché il centro non è in verità che quell’impeto, che obbliga ciascuna a “trascendersi” navigando verso l’altra e tutte verso la Patria assente. ...nell’Arcipelago città davvero autonome vivono in perenne navigazione le une versus-contra le altre, in inseparabile distinzione. da L’arcipelago di Massimo Cacciari ricerca
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Business, cultural. religious and political divesity
tratto da “AMO EUROPE Babel bypassed” 2002, in “El Croquis” n 131-132, 2007 36 ospitare le differenze
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All off our earlier europe’s... reduced to blueurope
Instead of suggesting an unwanted homogenity, Europe should insist on the richness of its diversity...
tratto da “AMO EUROPE Babel bypassed” 2002, in “El Croquis” n 131-132, 2007 38 ospitare le differenze
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2008: THE EUROPEAN YEAR OF THE INTERCULTURAL DIALOGUE “Europe is becoming more culturally diverse. The enlargement of the European Union, deregulation of employment laws and globalisation have increased the multicultural character of many countries, adding to the number of languages, religions, ethnic and cultural backgrounds found on the continent. As a result, intercultural dialogue has an increasingly important role to play in fostering European identity and citizenship. The European Year of Intercultural Dialogue (EYID) 2008 recognises that Europe’s great cultural diversity represents a unique advantage. It will encourage all those living in Europe to explore the benefits of our rich cultural heritage and opportunities to learn from different cultural traditions. The Year will feature a small number of flagship projects on a European level, as well as EU support for a national project in each Member State, and a Partner programme aimed at mobilising civil society. The active involvement of civil society will be essential in highlighting good practices and identifying needs in intercultural dialogue. Well-known ambassadors have also been appointed to raise awareness of the importance and benefits of intercultural dialogue. 40
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The European Year of Intercultural Dialogue (2008) was established by Decision N° 1983/2006/EC of the European Parliament and of the Council. (18 December 2006).” http://www.interculturaldialogue2008.eu/
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storia e della memoria, sono alcune delle possibilità che si aprono in quest’ottica. L’AW come postazione di osservazione dell’alterità di culture. Ma come è emerso anche dall’analisi precedentemente sviluppata, l’AW oltre ad essere un confine con un importante significato politico, è un limite geografico di un continente. E’ una linea che si estende dalla Norvegia al sud della Francia, attraversando paesaggi naturali e urbanizzati estremamente eterogenei tra loro. L’AW è uno spazio di confine tra l’ecosistema terrestre ed ecosistema marino, in particolare ecosistema marino oceanico, dove il paesaggio assume connotazioni particolarmente suggestive e delicate. La dimensione ambientale si affianca quindi a quella culturale nel definire la cornice entro cui inscrivere le diverse azioni progettuali possibili. L’AW come postazione di osservazione dell’alterità della natura nel mare.
zone urbane periferiche,…), dimensione della postazione intesa come possibile bacino d’utenza dell’azione collocatavi, e funzioni legate all’ambito ambientale o culturale, si combinano e formare un ventaglio di azioni progettuali possibili disseminate tra le 12.000 postazioni di cui si compone l’AW. Dalla ditribuzione di un numero di micro laboratori per analisi preliminari su fauna e flora che vivono al confine tra terra e acqua, alle postazioni di osservazione e fruizione del paesaggio per monitorarne le condizioni e preservarne gli ecosistemi, alla diffusione di centri informativi per dare visibilità ai dati di ricerche antropologiche sociali sulla popolazione europea, alla collocazione di centri di informazione storica… molte possono essere le possibilità progettuali che si inscrivono in questa strategia. Una è quella che abbiamo deciso di sviluppare: il progetto di un mercato nella base sottomarina della città di Saint Nazaire.
Le azioni che possono essere dislocate lungo la linea dell’AW devono rispondere e due principi fondamentali: • devono essere esperienze educative (portare conoscenza e consapevolezza) • devono essere esperienze dirette della “vita al confine” (per viverle bisogna essere sul luogo, nel bunker) Se da progetto tedesco le tipologie di bunker e di batterie sono scaturite dall’incrocio tra i diversi contesti geografico-strategici del territorio, la dimensione delle postazioni e le funzioni che dovevano essere ospitate, ora queste stesse variabili vengono assorbite da una nuova strategia. Contesti geografico-ambientali diversi (grandi porti, isole, spiagge, 42 ospitare le differenze
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tratto dalla tesi di laurea di Daniela Canzi e Ester Golia, 2006
A_CONTESTO
D_TIPOLOGIE B e C_DIMENSIONE DELLA POSTAZIONE E FUNZIO
tratto dalla tesi di laurea di Daniela Canzi e Ester Golia, 2006
3 embrasured turret bunker 6 embrasured turret bunker battaillon and regimental battle headquarters dressing station artillery obdervation post with arobservation post casemate for anti - tunk gun casemate for 4,7 cm fortress anti - tunk gun and MG gun site for 5 cm tunk embrasured emplacement for assault guns without annex room command post for army costal batter 1 kitchen bunker six men bunker with ammonition store naval radio post radar bunker
B_DIMENSIONE DELLA POSTAZIONE
C_FUNZIONI
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la base u-boot di saint nazaire
La base sottomarina di Saint Nazaire è un bunker della tipologia UBOOT, la più grande per dimensioni tra le 247 classificate. Gli U-BOOT bunkers avevano la funzione di ospitare i sottomarini tedeschi al rientro delle missione offensive nell’atlantico, nonché di permetterne la costruzione e la manutenzione. Erano quindi le basi operative della marina militare tedesca la Kriegsmarine. Lungo la linea dell’Atlantik Wall sono stati costruiti 11 U-BOOT bunkers: base di Bordeaux base di La Pallice base di St Nazaire base di Lorient base di Brest base di Helgoland base di Bremen base di Hamburg base di Kiel base di Bergen base di Trondheim
bergen
helgoland kiel hamburg bremen
brest lorient st nazaire 25 0k m
la pallice 50 0k m
bordeaux
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La base di Saint Nazaire è stata per la maggior parte della durata della guerra la base principale di riferimento per la flotta di sottomarini tedeschi. La sua posizione a cavallo dell’estuario della loira era particolarmente strategica, facilitando i contatti anche con l’interno. La base misura 290 per 150 metri, è alta 16 metri con una copertura il cui spessore varia tra i 6 e gli 8 metri. 38.350 mq di superficie, 480.000 mc di cemento pluriarmato. 14 alveoli, 8 larghi 14 metri e 6 larghi 20. La base poteva ospitare 20 sottomarini contemporaneamente.
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u-boot bunkers
La costruzione della base inizia nel febbraio del 1940, nella porzione di bacino protetto che prima ospitava i panfili che viaggiavano verso l’America del sud. Oltre agli operai dell’organizzazione Todt, organizzazione paramilitare tedesca, tutte le imprese della zona, francesi quindi, vengono impiegate nel cantiere. Sotto condizioni di lavoro disumane, procedendo a ritmi serrati sia di giorno che di notte, in quattro mesi vengono costruiti gli alveoli 6-7-8. Nel giugno del 1940 la base viene inaugurata da Fritz Todt. È la prima base sottomarina della Kriegsmarine ad essere operativa. Tra il luglio del 1941 e il gennaio 1942 vengono costruiti gli alveoli dal 9 al 14, ognuno dei quali può accogliere 2 sottomarini. Vengono impiegati 3.000 operai reclutati anche dalle regioni circostanti. Tra il febbraio e il giugno del 1942 vengono costruiti gli alveoli da 1 a 5. Lo spessore iniziale del tetto era di 3,5 metri, capace di resistere a bombe di una tonnellata. Dal giugno 1942 la base è del tutto operativa. Dai giugno 1942 al giugno 1943 non vengono fatte nuove estensioni degli alveoli per il ricovero dei sottomarini, ma vengono annessi nella parte nord della base degli alloggi per gli operai e una nuova torretta di avvistamento sul tetto. Vengono inoltre risistemati gli interni della base, perfezionando in particolare il sistema di magazzini, uffici e atelier dislocati negli alveoli da 8 metri. Il bunker diviene in questo modo un’officina completamente autonoma, una cittadella organizzata. Nel corso del 1943, quando gli attacchi anglo-americani cominciano a farsi più consistenti sia sul fronte aereo che navale, la risposta di Hitler è di puntare con maggiore enfasi sugli attacchi alle navi nemiche sferrati con i sottomarini U-Boot. Solo nel 1943 infatti la Kriegsmarine riesce ad affondare oltre 600 tonnelate di navi. La nuova strategia di bombardamenti anglo-americana sferra, solo 60 ospitare le differenze
nel corso del 1943, 5 attacchi aerei alla base di Saint Nazaire. Dal momento che la struttura della base non viene scalfita dalle bombe, gli attacchi vengono rivolti alla città, nel tentativo bloccare il funzionamento della base distruggendone l’intorno. Più dell’85% della città viene distrutto, ma la base rimane operativa. Nel giugno 1943 al tetto della base viene aggiunto uno strato di 1,7metri, e nell’agosto dello stesso anno viene costruito su parte della copertura il sistema Fangrost, camere di detonazione, con lo scopo di far esplodere le bombe da 5,4 (Tall boys) e da 10 tonnellate (Grand Slam) senza danneggiare la struttura del tetto. La copertura raggiunge in questi punti lo spessore di 8,43 metri. Tra la fine del 1943 e la prima metà del 1944 gli attacchi tedeschi degli u-boot cominciano ad essere sempre meno efficaci. Per questo nel settembre del 1944 la base subisce l’ultima metamorfosi: su volere di Hitler viene trasformata in un fortino terrestre. La base ospita ufficiali, soldati e provviste che le garantirebbero di resistere per oltre 3 anni. Il 6 giugno del 1944 gli alleati sbarcano sulle spiagge della Normandia e cominciano la liberazione dell’Europa dall’occupazione tedesca. Gli alleati puntano su Berlino e il conflitto si sposta all’interno, lasciando quindi nei bunker dell’Atlantik Wall delle sacche di occupazione in attesa degli eventi. L’8 maggio 1945 Berlino cade, e l’11 maggio il generale tedesco Junk della base di Saint Nazaire e i suoi 28.000 uomini si arrendono agli americani, tre giorni dopo la caduta della capitale. Saint Nazaire è l’ultima città liberata d’Europa.
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La base misura 290 per 150 metri, è alta 16 metri con una copertura il cui spessore varia tra i 6 e gli 8 metri. 38.350 mq di superficie 480.000 mc di cemento pluriarmato 8 alveoli da 15 metri 6 alveoli da 20 metri poteva ospitare 20 sottomarini contemporaneamente.
costo del cemento al mc: 250 â‚Ź valore approssimativo del bunker:
12.000.000 â‚Ź
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Saint nazaire accenni alla storia
La costruzione della base sottomarina ha costituito una tappa determinante per la storia della città di Saint Nazaire. La città ha sempre vissuto del suo stretto legame con l’acqua, con il fiume Loira e con l’oceano. Saint Nazaire nasce agli inizi del 1800 come villaggio di pescatori, conta 835 abitanti nel 1836, e per la sua posizione strategica, insieme alla vicina città di Nantes, è da subito punto di snodo tra gli scambi commerciali che interessano l’estuario della Loira. Intorno alla 1847 viene costruito un primo bacino protetto sul porto, e dal 1860, con ,lo sviluppo dell’industria metallurgica, i cantieri navali di Saint Nazaire si affermano per l’importanza delle flotte navali commerciali che riescono a costruire. Già nel1862 il porto di Saint Nazaire vanta un ruolo strategico nella gestione degli scambi commerciali con l’America centrale. Negli anni questa tradizione si consolida e i cantieri di Penhoet, nel porto della città, si specializzano nella costruzione di grandi transatlantici che navigano le rotte verso le americhe. Tra il 1928 e 1935 è qui che viene costruito il famoso transatlantico Normandie, lungo 313 metri, come la base sottomarina che non molto tempo dopo avrebbe trasformato l’atmosfera del porto. A fianco dell’intensa attività dei cantieri navali, la città mantiene la sua tradizione di villaggio di pescatori e balneare. Il quartiere del Petit Maroc, affacciato sul bacino protetto e sul porto, è il centro di questa vita di scambi tra avventurieri e locali. Ancora oggi l’omonimo quartiere, anche se in parte ricostruito dopo la guerra, conserva tracce di questa tradizione. Alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale la città conta 33.000 abitanti. L’occupazione tedesca avvenuta nel 1940 e la costruzione della base sottomarina, segnano drammaticamente la storia della città. Proprio per la sua posizione strategica, la base u-boot di Saint Nazaire ricopre un ruolo importante nella strategia militare tedesca 70 ospitare le differenze
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il transatlantico normandie 72
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il bacino di saint nazaire nel 1850 76 ospitare le differenze
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durante la guerra e questo la rende mira di numerosi bombardamenti dell’aviazione anglo-americana. Invano infatti tra il 1942 e il 1943 gli aerei alleati cercano di distruggere la base, causando invece la distruzione di oltre l’85% della città. A partire dal 1 marzo 1943 viene attuato un piano di evacuazione totale degli abitanti della città, che si rifugiano nei comuni circostanti. La situazione rimane precaria fino alla liberazione della base, l’11 maggio 1945. La base sottomarina rimane per anni inutilizzata. Impossibile da ignorare per la sua prossimità al centro urbano e la sua presenza massiva, il bunker si rapporta in modo ambiguo alla città. Emblema dell’occupazione straniera, fino agli anni ‘90 è ancora una testimonianza troppo evidente di una storia che la popolazione cerca di rimuovere. Progressivamente però, consci dell’impossibilità di distruggerlo, le autorità locali cercano di integrare la base all’interno dei piani di ricrescita e sviluppo della città.
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bombardamenti dell’aviazione americana sul porto 29 maggio 1943 82
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progetti per la base e piani urbanistici
Dopo la liberazione della città l’11 maggio del 1945 la base sottomarina è rimasta per molti anni inutilizzata. La base è stata la causa della distruzione della città ed è rimasta intatta, testimonianza incongrua della sovranità esercitata dai tedeschi. La reazione degli abitanti è stata ovviamente quella di rifiuto nei confronti di questa struttura aliena alla cui costruzione loro per primi erano stati costretti a partecipare. È questo sentimento che porta infatti nel 1945 ad elaborare un progetto di distruzione completa della base, ma i costi elevati dell’operazione e il pericolo che le esplosioni necessarie a demolirla avrebbero rappresentato per l’intorno costringe a desistere da questa impresa. La città capisce che è impossibile cancellare questa traccia della storia. Alla fine del 1945 il Ministero della Difesa, proprietario della zona in cui si trova la base sottomarina, cede la sua gestione all’amministrazione del porto, la quale avanza l’ipotesi di utilizzare il 50% della base per le attività di pesca e il 50% per le attività dei cantieri navali da riattivare. Nel 1948 comincia la ricostruzione della città e lentamente viene ripresa l’attività del porto e dei cantieri navali. Nei piani per la ricostruzione della zona sul bacino si percepisce da un lato la volontà di ignorare, di dimenticare la base e la sua storia, dall’altro la volontà di andare avanti, di inglobare la base stessa in un piano di sviluppo nuovo. Esempio di quest’ultimo intento è il progetto, non realizzato, disegnato da Georges Geffrey, nell’aprile del 1948.
Il Project Global De Developpment Il primo grosso segnale di ripresa arriva però nel 1990, quando viene avviato il PROJECT GLOBAL DE DEVELOPPEMENT, per promuo86 ospitare le differenze
vere la rivitalizzazione della cittadina di saint Nazaire, e per riattivare l’economia dinamica centrata sull’attività del porto e dei grandi cantieri navali e aeronautici, che aveva fatto la fortuna della città prima della guerra. Punti saldi del piano di sviluppo sono infatti: • una politca di solidarietà per tutti gli abitanti, con l’obiettivo di incrementare i quartieri residenziali e terziari • una politica urbana basata su una visione dinamica per una città sempre più attrattiva che punti sul ruolo dei suoi cantieri navali e aeronautici • una politica economica che porti sostegno al tessuto urbano già esistente e favorisca la sua diversificazione • una politica culturale ambiziosa A sottolineare l’importanza dei cantieri navali e di una rinnovata spinta alla ricrescita della città nel 1991 l’artista Yann Kersalè realizza un progetto di illuminazione del porto che coinvolge anche la base sottomarina. È il primo intervento sulla base dopo la fine della guerra. All’interno del Project Global de Developpement si possono identificare alcune tappe importanti che hanno portato ad una lenta riappropriazione della base da parte della città. Nel 1994 il sindaco Joel Batteux avvia il progetto “Ville Port”, il cui scopo è quello di cercare una ricucitura tra il centro urbano e la fascia marittima. È il primo vero progetto di reintegrazione di un bunker in una realtà sociale, culturale ed urbana. Si vuole intervenire sugli edifici esistenti ma introdurre anche nuove volumetrie, incentivando la vocazione commerciale e industriale della zona. Le iniziative già ospitate dalla zona del porto a cui il programma ricerca
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del progetto Ville Port cerca di dare, dove necessario, una migliore collocazione sono: • • • •
il festival annuale LES ESCALES, dedicato alle musiche del mondo LE FANAL, centro per spettacoli di teatro, canto, circo, varietà e danza LE GRAND CAFé, spazio per l’arte contemporanea il MEET, casa per scrittori stranieri e traduttori
Nell’ottobre 1994 viene indetto un concorso internazionale per il progetto Ville Port. Vince il concorso l’architetto spagnolo Manuel de Sola Morales, e tra il 1996 e il 1997 cominciano i lavori di trasformazione dell’area. Il progetto di Sola Morales riconosce il ruolo centrale della base e ne prevede il recupero come spazio pubblico, da rendere permeabile. La base viene resa attraversabile, dalla città in direzione dell’acqua, riaprendo le testate di tre dei 14 alveoli che la costituiscono e progettando una rampa carrabile che collega il retrostante spazio destinato a parcheggio con la copertura. L’intervento prevede anche la costruzione di un supermercato e di aree per la ristorazione collocate in piccoli padiglioni all’interno dei tre alveoli centrali. Il progetto viene parzialmente realizzato, ma riesce sicuramente nel suo intento di riaprire il bunker verso la vita della città e trasforma la copertura della base in una grande terrazza panoramica sul porto e sulla città stessa. L’operazione è minimale, il progetto simbolico, ma di grande significato, quindi, proprio per il difficile rapporto che la città ha con il bunker. Il 14 luglio 1997 l’intera base viene aperta al pubblico.
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Nel 2003 lo studio franco-tedesco LIN di Fien Geipel e Giulia Andi, vince il concorso internazionale, indetto sempre all’interno del programma Ville Port, per la trasformazione in spazio culturale dell’Alveolo sud ovest, 14, della base. Lo studio vuole dare una risposta metodologica sul tema Primo obiettivo del progetto è lavorare con la memoria del luogo che si inscrive nella morfologia stessa della base e nella dimensione criptica che conserva. Si vuole trasformare attivando le qualità intrinseche del manufatto: forma massiva, assenza di aperture, introversione, oscurità, silenzio. Il secondo obiettivo è lavorare sulla rottura, con un intervento di un‘altra natura: leggero, reversibile, eterogeneo, elementare. Mantenere il carattere specifico del bunker e iniziare una relazione tra interno ed esterno con un intervento “chirurgico”, un approccio capillare, micro aperture e collegamenti con l’esterno. Il progetto si compone quindi di 5 elementi: • •
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Il LIFE, spazio per le forme d‘arte emergenti, è una nuova istituzione internazionale. Il VIP, spazio per eventi di musica attuale, con un bar e un archivio. È un’istituzione locale, già presenta e attiva durante tutto l’anno. Una nuova illuminazione per un tratto della strada interna che attraversa tutta la base nella sua lunghezza una Cupola Geodetica emisferica sul tetto, spazio sperimentale, un Think thank leggero. La cupola viene dall’aeroporto di Tempelhof di Berlino, costruito da Sagebiehl nel 1934, e dismesso lo scorso anno. È il primo elemento che colonizza il tetto della base. Una serra sperimentale sul tetto, che abbia anche la funzione di rinforzare l’effetto di massa termica della spessa copertura, contribuendo a regolarizzare il controllo della temperatura negli ricerca
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progetto di georges geoffray, 1948 90
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installazione di yan kersalè, 1991 92
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apertura degli alveoli 8-9-10, 1997 94 ospitare le differenze
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spazio VIP, 2008 98 ospitare le differenze
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estuaire nantes - saint nazaire, 2007- 2009 - 2011 102 ospitare le differenze
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ambienti interni sottostanti. Il ritardo termico ciclico tra esterno ed interno è al momento molto significativo, circa 3 mesi. Ad agosto nella base si percepisce una temperatura autunnale.
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• Alla stesura di un secondo masterplan per la trasformazione dell’area di Ville Port, dei quartieri antistanti il bacino protetto (quartieri del Petit Maroc) e alla riprogettazione dell’arredo urbano dei principali assi viari che collegano il porto al centro della città, partecipa lo studio italiano di Bernardo Secchi. Il progetto non viene però realizzato, sovrapponendosi ad un’importante progetto di trasformazione degli strumenti urbanistici con cui il comune prosegue il suo progetto di riqualificazione ed espansione della città in relazione all’intera regione che si affaccia sull’estuario della Loira. Vengono rimessi in discussione e ridefiniti gli attori coinvolti nel progetto Ville Port.
Il PLU. Plan Locale D’Urbanisme Nel 2007 viene infatti elaborato e preparato un nuovo piano, il PLAN LOCALE D’URBANISME, PLU. Il PLU è un documento di pianificazione urbana creato in base alla legge SLU (“solidarietà e rinnovamento urbano” del 13 dicembre 2000). Il PLU fissa le regole di sviluppo delle diverse aree urbane, specificando le attività da espandere e promuovere in ciascuna zona del territorio. Si sostituisce al Piano di Occupazione dei Suoli POS. Il PLU si costituisce di tre parti: •
Piano di Presentazione: comprende un esame del territorio (punti di forza e debolezze, bisogni, analisi economica, demo104 ospitare le differenze
grafica e indagini ambientali). PADD progettazione di organizzazione e sviluppo durevole: definisce i punti di orientamento dell’urbanizzazione a lungo termine e i progetti ritenuti necessari per il comune. Regolamento: definisce concretamente gli orientamenti del progetto con regole scritte. È completato dal PLAN de ZONAGE, piano d’intervento per le diverse zone interessate dal PLU.
L’elaborazione di questo nuovo PLU è iniziata quindi con la realizzazione di uno studio sul territorio di Saint Nazaire che ha permesso di identificare gli obiettivi per lo sviluppo della città per un arco temporale che ha come termine il 2020. Il PLU segue la linea d’azione già adottata dal Project Global de Developpement, che ha mostrato la sua efficacia nel corso dei due precedenti decenni. Il piano interessa l’area urbana di Saint Nazaire, che comprende oggi 23 comuni, inglobando gran parte della penisola Guèrandaise. Il PLU si inscrive all’interno del piano interregionale SCOT (Schema di Coerenza Territoriale) promosso per tutta la regione della Carene e che interessa la conurbazione Nantes-Saint Nazaire. Questa conurbazione è un territorio molto attivo: è una delle più piccole metropoli francesi, ma è riconosciuta come una delle più dinamiche dal punto di vista economico, demografico, turistico e culturale. Proprio questo dinamismo ha avuto come conseguenza negli ultimi anni una crescita demografica significativa. Per il territorio interessato dallo SCOT (Nantes - Saint Nazaire), si prevede un aumento di 85.000 abitanti in meno di 15 anni: la popolazione prevista nel 2020 è di 885.000 abitanti. Attualmente Saint Nazaire conta 67.800 abitanti. Questa crescita demografica si accompagnerà ad un invecchiamento della popolazione e per poter mantenere gli standard attuali di densità abitativa (relativamente bassi: 2,8 persone per casa nel 1982 e 2,1 nel 2005), dovranno essere progettate ricerca
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numerose nuove abitazioni. Per la stesura preliminare del PLU è stato elaborato un PADD (Project d’amènegement et de dèveloppement durable), che definisce gli orientamenti generali del piano in relazione ai dati raccolti all’interno dello SCOT e all’analisi delle esigenze del comune di Saint Nazaire in particolare. Questi orientamenti sono sei e coprono le grandi tematiche di sviluppo della città. 1. 2. 3. 4. 5. 6.
Il piano di sviluppo locale punta sia alla valorizzazione delle risorse naturali, in particolare agricole, della regione, sia a potenziare le attività ricreative e ricettive lungo la fascia costiera, sia ad assecondare la vocazione commerciale e industriale della zona del porto di Saint Nazaire, dove si trova la base sottomarina. In conformità con gli obiettivi del PLU si deduce quindi che il masterplan per l’area di Ville Port, nello specifico, prevede l’inserimento di funzioni commerciali, ricreative e residenziali, che si uniscono a formare una nuova centralità, potenzialmente più attrattiva per tutta l’area della conurbazione di Nantes-Saint Nazaire.
affermare la posizione di saint nazaire come città centro di una bacino di 250.000 abitanti. assicurare condizioni di vita ottimali per tutti ottimizzare l’organizzazione del territorio nel rispetto e nel mantenimento dei grandi equilibri valorizzare il patrimonio e il paesaggio del comune rinforzare lo sviluppo economico e perseguire la diversifi cazione delle attività regolare gli scambi e i trasporti
Dalle analisi condotte per gli studi preliminari al PLU, emerge chiaramente come la città di Saint Nazaire si confronti in modo sempre più attivo con gli altri comuni della regione e come punti ad un rapporto sempre più stretto, a livello economico e commerciale, con la vicina città di Nantes. La politica di urbanizzazione proposta è quella di attivazione di una serie di nuove centralità urbane, che interagiscano su un’area territoriale allargata, quella appunto della regione della Carene. La regione è nettamente divisa in due parti dalla RN 171, che separa l’area delle paludi, degli stagni e dei campi agricoli a nord, dall’area costiera e litorale più urbanizzata. 106 ospitare le differenze
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il mercato
storia e tipologie - “il ventre di parigi�
storia e tipologie
La funzione del mercato incarna perfettamente i principi che guidano la nostra strategia progettuale. Se l’intento è quello di promuovere una riappropriazione dei bunker dell’Atlantik Wall con la diffusione di attività diverse, in relazione alla geografia e al contesto del luogo in cui si inseriscono, ma accomunate dallo scopo di proporre esercizi di esperienza dell’altro, ecco allora che il mercato è lo scenario perfetto per promuovere queste azioni. Il mercato è l’emblema dello scambio e della commistione tra culture, in questo senso può dirsi funzione educativa ed esperienziale. Come tutte le attività commerciali anche il mercato rionale ha un funzionamento a rete sul territorio. Le fasi di produzione, spostamento, vendita all’ingrosso, trasporto e vendita al dettaglio fanno sempre parte di questo processo. Gli attori coinvolti nel ciclo di vita della funzione commerciale sono sempre: produttore, rifornitore, rivenditore e utente. Il sistema di rapporti tra questi attori può essere più o meno allargato e più o meno esteso sul territorio, e i ruoli possono essere sovrapposti. Lo scarto tra il mercato rionale e altre forme di commercio (supermercato, grande magazzino) è principalmente la salvaguardia del rapporto diretto tra venditore, che molto spesso è anche produttore della merce, e acquirente. L’interazione e il rapporto diretto tra chi vende e chi compra è la caratteristica che fin dalle sue origini contraddistingue il mercato di strada. I mercati sono spazi complessi di commercio e socializzazione che spesso contraddicono l’uso moderno dello spazio urbano. In molti casi costituiscono un frammento di passato stabile nel cuore della città. Allo stesso tempo però il mercato è un’istituzione viva, diversamente dai luoghi abbandonati della storia, esercita infatti importanti funzioni sociali per il contesto cittadino in cui si colloca. L’attività di commercio, come scambio tra due o più soggetti è una delle più antiche funzioni dell’attività urbana, rimasta inalterata nel tempo, diver120 ospitare le differenze
“il commercio contribuisce alla definizione dell’immagine urbana, e il mercato, nel suo significato più vasto, può essere elemento di riconoscibilità sociale” Walter Benjamin il mercato
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samente dalla forma in cui si è sviluppata, e dalle tecniche di vendita che negli anni hanno subito rapidi cambiamenti. “Il mercato come nucleo accentratore della vita di quartiere e trascinatore dell’attività economica della città”. (Jordi Portabello, presidente istituto municipale dei mercati di Barcellona, IMMB). Il mercato costituisce un’opportunità importante per l’integrazione fra le culture. Attraverso il mercato il nuovo arrivato impara la lingua del paese che lo ospita, conosce nuovi amici, impara la cultura culinaria del posto. Il mercato quindi come mondo della socializzazione e di scuola di culture culinarie diverse. I concetti di migrazione e di integrazione entrano in gioco. Per gli immigrati il mercato è da un lato un luogo di prima occupazione, una fonte di lavoro, spesso abusivo, che costituisce però la sopravvivenza. Dall’altro lato è anche un luogo di scambio di informazioni, il primo luogo di contatto con la cultura straniera. Il mercato è motivo di conoscenza dell’altro anche per i residenti. Una serie di iniziative nel mercato di Porta Palazzo a Torino, per esempio, mirano a far conoscere ai torinesi la varietà e la ricchezza delle culture coinvolte nell’attività del mercato. Una serie di incontri accompagna i cittadini attraverso le culture culinarie più disparate, un modo per usare il cibo etnico come via per introdurre i residenti alle molteplici culture altre presenti a Torino.
prodotti che non possono essere commercializzati attraverso canali differenti: il piccolo agricoltore tradizionale, per esempio, trova nel mercato il migliore meccanismo per vendere i proprio prodotti. L’associazione riconosce tre funzioni principali al mercato: 1. distribuzione di prodotti di piccola scala 2. offerta di qualità e varietà per i consumatori con un alto livello basato sul prestigio 3. funzione “socio - culturale”, il mercato come sede di riunione cittadina Tutto questo si riflette nelle politiche e nelle priorità europee, come la protezione dei consumatori, la qualità alimentare, la salvaguardia della’agricoltura tradizionale, la gastronomia come parte integrante della cultura o come il recupero del concetto di vita cittadina in relazione agli spazi comuni di convivenza e intercambio, integrati ai nuclei della città. L’associazione si propone di potenziare queste funzioni e conferire loro una dimensione transnazionale, con attività congiunte, favorendo la distribuzione transnazionale di prodotti “artigianali”. L’associazione si propone quindi davanti alla comunità europea perché promuova tali iniziative con norme specifiche. L’associazione attiva la promozione congiunta di “turismo gastronomico” con circuiti europei.
Con la carta di Torino viene fondata l’Associazione Europea dei mercati euro mediterranei per rafforzare i mercati tradizionali dell’unione europea. L’intento è la creazione di un’associazione come espressione di volontà di una serie di mercati europei di collaborare in determinati ambiti, relazionarsi fra loro e con gli organismi europei. Il mercato tradizionale costituisce una delle componenti del modello di vita europeo ed esprime il compromesso con la qualità e il servizio alle persone. Svolge un’importante funzione nella distribuzione di 122 ospitare le differenze
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I mercati fanno la loro comparsa storica in quanto ambiti specificamente destinati agli scambi, i cui margini sono generalmente definiti da laghi, fiumi, boschi, o pietre di confine. Luoghi di incontro che sono territorio neutrale, soglie degli scambi, dove gruppi diversi si radunano pacificamente per un vantaggio reciproco. A sanzionarne l’esistenza, simboli monumentali come pali, colonne, croci. Nell’antichità, lo spazio ufficiale del mercato è al centro della città: un’ampia piazza riservata a tutte le funzioni civili. Questo centro civico, o agora come chiamato nell’antica Grecia, serve non solo da spazio per gli scambi e il commercio, ma anche per le attività amministrative, politiche, giuridiche, sociali, religiose. La localizzazione del mercato nell’ agora è comoda per i cittadini, l’agorà di Miileto, il mercato è ubicato tra l’agorà e il porto
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I mercati di Traiano, Roma, II sec d.C.
per chi viene a vendere i prodotti attraverso strade e vie d’acqua, per i funzionari responsabili della supervisione del mercato. Si vende da chioschi provvisori in legno all’aria aperta, o da spazi presi in affitto in colonnati coperti chiamati stoa. Il foro, spazio corrispondente all’ agora nella Roma imperiale, funge in modo simile da spazio principale per icommerci. I mercati dell’antichità anticipano le grandi piazze e spazi d’Europa. Oltre ai centri civici, anche le strade offrono una comoda localizzazione per i mercati, dato che sono di proprietà pubblica e offrono confini naturali. Di norma la strada scelta è non solo larga a sufficienza per fungere sia da mercato che da grande arteria, ma anche orientata lungo un importante asse nord-sud, o est-ovest entro una griglia Libia, il mercato di Leptis Magna VIII sec a.C.
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regolare, per la comodità degli agricoltori e mercanti che vi trasportano le loro merci. Alcune città destinano diverse strade a diversi tipi di mercati, per razionalizzare secondo il tipo di merce trattata; e se ci sono vari mercati essi vengono distribuiti geograficamente nei vari rioni o quartieri, in modo tale che non competano l’uno con l’altro. La destinazione di particolari vie o piazze all’uso di mercato favorisce lo sviluppo di più ampi distretti commerciali. I mercati del mondo islamico, conosciuti come bazaar o souk, erano e ancora oggi sono una vera e propria città nella città, comprendendo sino ad alcune centinaia di esercizi con strade coperte che ospitano attività e scambi commerciali, oltre a magazzini, locande, luoghi di ristorazione, bagni pubblici e altre strutture parallele al mercato.
Tipologie di mercati Il desiderio di conservare un ambiente di scambi ordinato offrendo protezione dalle intemperie, attraverso le varie epoche produce varie tipologie di mercati. Il più diffuso e duraturo è quelle dello spazio all’aria aperta. Normalmente privo di strutture fisse, è spazialmente definito dai margini della pubblica piazza, e dal punto di vista del tempo da specifiche giornate e orari. Il riparo può essere fornito da alberi, tendoni, ombrelli, o altre strutture temporanee realizzate dai commercianti. Anche i mercati stradali offrono forme di delimitazione simili a quelle della piazza, anche se con una organizzazione lineare. Les Halles di Parigi, 1853
Il mercato di Covent Garden, Londra, 1660
I mercati di Traiano, Roma, II sec d.C.
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Oltre i limiti del mercato si collocano i venditori di strada, la cui maggiore libertà di movimento consente di offrire prodotti base e ristorazione veloce in spazi molto ristretti. Si tratta di mercati in movimento continuo che hanno sviluppato proprie “strutture” rese necessarie dalla mobilità e dall’assenza di riferimenti costanti. I mercati pubblici possono anche collocarsi nello spazio aperto al pianterreno di un edificio, ad esempio un tribunale o un municipio. Questa forma ha origine nell’Europa medievale, dove vengono progettate sedi comunali insieme a spazi per il mercato in gallerie aperte al livello terreno, sopra le quali si collocano uno o più piani per le attività amministrative del governo locale. In questo tipo di strutture, il commercio rappresenta una funzione secondaria rispetto allo Les Halles di Parigi, 1860
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scopo principale dell’edificio. Il tipo di struttura comune dei mercati è la tettoia, che ben si adatta a disporsi lungo una via o su una piazza. Si tratta di una tipologia diffusa in tutto il mondo sin dall’antichità. Aperta o parzialmente chiusa, è composta da arcate, colonne o pilastri, che sostengono un basso tetto a più falde, talvolta con pensiline sporgenti ad aumentare la quantità di superficie coperta. Queste coperture offrono una protezione minima dalle intemperie con un minimo costo, e possono essere realizzate con una relativa rapidità rispetto ad altre strutture. Talvolta vengono costruite come entità separate, e consentono sia il traffico di attraversamento che la distinzione dei tipi di commercio alimentare, come mercato di Bolton. Londra , 1988
il mercato
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a Filadelfia, Pennsylvania, o Charleston, South Carolina; oppure assumono la forma di colonnati organizzati in un quadrato attorno ad un cortile aperto: una forma con origini molto antiche ancora usata nel mondo latinoamericano. In parte, il tipo a tettoia deve la sua grande diffusione al fatto che i costruttori conoscono bene le tecniche modulari di copertura utilizzate in modo smile in granai o chiese per scopi identici. Inoltre gli ingressi multipli rendono semplice ai frequentatori accedere da varie direzioni, l’apertura consente la circolazione dell’aria, la movimentazione delle merci, ed è facile il lavaggio al termine della giornata di mercato. Tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo si afferma l’edificio per il mercato chiuso. In coincidenza con la neccesità di migliorare la scorrevolezza del traffico e modernizzare gli spazi urbani la spinta è quella ad eliminare quello che appare come il caos e disordine del mercato all’aria aperta. Gli architetti francesi del XIX secolo sono molto attivi nella progettazione di nuovi edifici che razionalizzino e racchiudano un mercato. Le realizzazioni in ferro e vetro, continuano a promuovere l’orientamento a spazi chiusi per Il mercato. Lo stato francese, in sostegno all’industria del ferro, spinge gli architetti a studiare modi per inserirlo nelle proprie strutture. In un primo tempo la risposta è l’uso di questo materiale per tiranti, coperture, pavimenti, colonne interne. Un uso più audace del ferro nelle costruzioni inizia con Les Halles, principale mercato di Parigi, progettato da Victor Baltard (1805-1874) e Felix-Emmanuel Callet (1791-1854). Baltard e Callet lo concepiscono come una serie di padiglioni modulari con struttura interna ed esterna portante in ghisa. Le qualità funzionali, estetiche, economiche dei mercati in ferro e vetro ispirano generazioni di architetti e ingegneri al miglioramento dei progetti. Uno dei risultati è lo sviluppo dei sistemi di travature reticolari per il tetto. 130 ospitare le differenze
davanti a Les Halles Parigi, 1853 il mercato
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piazza djema, mercato di marrakesh
mercato galleggiante di damnoen saduak, bankok 132 ospitare le differenze
mercato dei fiori, amsterdam
mercati dal mondo
covent garden market, londra
crawford market, bombay 134 ospitare le differenze
chelsea market, new york
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“Il ventre di parigi� emile zola 1873
“Un chiarore, in fondo a rue Rambuteau annunciava il giorno. Le Halles non bisbigliavano più, brontolavano ad alta voce; ad un tratto una scampanellata che veniva da un padiglione lontano interrompeva questo clamore che circolava e s’ingrossava di continuo. S’infilarono in una di quelle vie coperte, tra il mercato del pesce e quello dei polli. Florent alzava gli occhi, a guardare la volta altissima, i cui rivestimenti interni luccicavano, tra gli ornati a traforo dell’armatura in ghisa, dipinta di nero. Sboccando sullo stradone centrale gli parve di essere in una città straniera, divisa in quartieri, in sobborghi, in villaggi, in viali, in strade, in piazze e in crocicchi, come posta al riparo sotto una tettoia, in un giorno di pioggia, dal capriccio di un gigante. La penombra si annidava in quell’ora nel cavo del tetto; la fantasia moltiplicava la foresta di pilastri, apriva all’infinito i cordoni degli archi, allungava le gallerie interrotte, le persiane trasparenti; a al di sopra della nuova città, fin dove arrivavano a penetrare le tenebre, era una grande vegetazione, una grande fioritura, una gettata mostruosa di metallo, una foresta secolare dai tronchi diritti come fusi, dai rami artigliati e annodati, sotto le cui fronde leggere si nascondeva tutto il mondo (…) Al fondo delle strade vicine nelle botteghe dei vinai, le fiamme si spegnevano ad una ad una, come stelle che si tuffassero in un mare di luce. E Florent rimirava le grandi Halles uscire dall’ombra, scuotere il sonno in cui le aveva vedute allungare senza fine i loro palazzi traforati. Tutti quegli edifici prendevano corpo colorandosi di un grigio verdognolo, ancora 138 ospitare le differenze
più giganteschi, con la loro prodigiosa alberatura che reggeva la distesa infinita dei tetti. Le loro forme geometriche s’intersecavano l’una nell’altra e quando ogni lume fu spento all’interno e i mercati furono inondati dalla luce del giorno apparvero quadrati, uniformi, come una macchina moderna, smisurata, una enorme macchina a vapore, una caldaia che dovesse servire alla digestione di un popolo, un ventre gigantesco, di metallo, bullonato, ribadito, fatto di legno, di vetro, di ghisa, di una eleganza e di potenza da motore meccanico, azionato dal calore del combustibile e dalla furia fremente e vertiginosa delle ruote (…). Sentì allora in tutta la sua forza il lungo rombare dei mercati. Parigi masticava i bocconi dei suoi due milioni di abitanti. Era come un grande organo centrale che batteva furiosamente, lasciando il suo umore vitale in tutte le vene. Era un movimento incessante di mascelle colossali, un baccano d’inferno, un brusio senza fine, dove si fondevano tutti i rumori dell’approvvigionamento, degli schiocchi di frusta dei rivenditori all’ingrosso avviati ai mercati di quartiere, allo strascicare di ciabatte delle povere donne che vanno di porta in porta offrendo l’insalata dei loro cestini (…). Da lontano le Halles, viste di sbieco, lo entusiasmavano: una grande arcata, una porta alta, larghissima, si spalancava; poi compariva la massa dei padiglioni coi loro due piani di tetti, le persiane ininterrotte, le tende enormi, si sarebbero detti profili di case e di palazzi sovrapposti, una Babilonia di ferro, di una leggerezza indiana, attraversata da terrazzi sospesi, il mercato
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da corridoi pensili, da ponti volanti gettati sul vuoto. Erano degli scorci bruschi, architetture impreviste; lo stesso orizzonte si presentava di continuo sotto aspetti diversi (…). Levò gli occhi un’ultima volta ai mercati e li vide fiammeggiare nel sole. Un grande fascio di luce entrava al fondo della strada coperta, attraversava i padiglioni come una galleria di sole e battendo sul tetto rovesciava una pioggia di fuoco. L’immensa ossatura di ghisa sfumava in una luce azzurra, non era più che un profilo oscuro contro il rosso del sole. In alto, un vetro s’incendiò, una pioggia fino alla grondaie, il mercato divenne allora una città tumultuosa, soffusa in una polvere d’oro (…). Allora le Halles che egli aveva lasciato al mattino gli apparvero come un ossario sterminato, un cimitero dove si trascinavano solo cadaveri, un carnaio putrido e puzzolente (…). Claude aveva ragione, tutto era morto alle Halles. La terra era vita, la eterna culla, la salute del mondo. (…) Che strano accostamento, guardate questo scorcio di chiesa, sotto quella gettata di ghisa, questa ucciderà quella, il ferro soppianterà la pietra e i tempi non sono lontani. Osservate, in quell’accostamento vi è una sorta di manifesto: è l’arte moderna che si è sviluppata accanto all’antica. Le Halles sono un’opera coraggiosa, eppure soltanto un timido anticipo del XX secolo”.
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il mercato
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casi studio mercati traianei_roma - les halles_parigi - la bouqueria_barcellona - santa caterina_barcellona porta palazzo_torino - place du commerce_ st. nazaire
mercati traianei_ roma
I Mercati di Traiano costituiscono un esteso complesso di edifici di epoca romana nella città di Roma, sulle pendici del colle Quirinale. Il complesso, che in origine si estendeva anche oltre i limiti dell’attuale area archeologica, era destinato principalmente a sede delle attività amministrative collegate ai Fori Imperiali, ed a attività commerciali. Il complesso sorse contemporaneamente al Foro di Traiano, agli inizi del II secolo, per occupare e sostenere il taglio delle pendici del colle Quirinale, ed è separato dal Foro per mezzo di una strada basolata. Riprende la forma semicircolare dell’esedra del Foro traianeo e si articola su ben sei livelli. Le date dei bolli laterizi sembrano indicare che la costruzione risalga in massima parte al regno di Traiano. Forse è da attribuire al suo architetto Apollodoro di Damasco. I “Mercati di Traiano” costituiscono un articolato complesso architettonico che, utilizzando la duttile tecnica costruttiva del laterizio (cementizio rivestito da un paramento in mattoni), sfrutta tutti gli spazi disponibili, ricavati dal taglio delle pendici della collina, inserendo ambienti di varia forma ai differenti livelli del monumento. La struttura in laterizio è composta da un corpo centale a forma di esedra semicircolare, con tabernae in basso e un portico a archetti in alto, dotato di un corridoio anulare che serve da disimpegno ad altre botteghe retrostanti. Ai lati si trovano due “piccole esedre” chiuse, ovvero due ambienti a facciata piana con finestre e coperti da semicupole. La tecnica laterizia è notevolmente curata anche in senso decorativo, in particolare sulla facciata del “Grande emiciclo”. -Le botteghe avevano una struttura “modulare”, con ambienti voltati dotati di una porta e di un’eventuale finestrina per il ballatoio interno. Altre botteghe si trovavano sul retro, sulla medievale via Biberatica. Sul lato posteriore il complesso si eleva di ben quattro piani, con una grande sala nell’angolo occidentale, composta da due piani e coperta da volte a crociera su mensole. Si affacciano su di essa altre botteghe, 146 ospitare le differenze
dotate di un’apertura anche al secondo piano, affacciata su un ballatoio nella sala. Numerosi sono i collegamenti interni tra i vari livelli (scale, cordonate, ecc.), dando una sistemazione particolarmente organica e coordinata a un complesso sorto in condizioni di suolo così complesse. In tutto il complesso gli ambienti erano prevalentemente coperti da volte in muratura, dalle forme più semplici delle volte a botte, alle semicupole che coprono gli ambienti di maggiori dimensioni, al complesso sistema di copertura della “Grande aula”, con sei volte a crociera. Le pavimentazioni utilizzano ampiamente, soprattutto nelle parti scoperte, l’opus spicatum (mattoni di taglio disposti a spina di pesce), a cui spesso veniva sovrapposto un secondo strato pavimentale in mosaico monocromo nero di piccole tessere di selce: la sovrapposizione di due strati contribuiva ad assicurare l’impermeabilizzazione degli ambienti sottostanti. La presenza di numerosi ambienti in forma di “tabernae”, in particolare lungo i percorsi esterni, non è necessariamente indice di una funzione commerciale del complesso: anche le vie basolate che ne costituiscono i percorsi esterni sono infatti accessibili prevalentemente mediante scale che superano i dislivelli, e pertanto non erano percorribili dai carri necessari per il trasporto delle merci. Il monumento doveva piuttosto costituire una sorta di “centro polifunzionale”, dove si svolgevano attività pubbliche soprattutto di tipo amministrativo. La distribuzione degli ambienti, i loro collegamenti e l’articolazione dei percorsi interni dovevano dipendere dalle diverse funzioni delle stanze, come uffici o archivi, in stretto collegamento con il complesso forense. La funzione commerciale era stata messa in correlazione con le preoccupazioni di Traiano circa la precaria situazione annonaria della città, e il complesso era visto come punto finale di un gigantesco sistema di rifornimento che aveva tra le tappe il porto di Traiano a Fiumicino. ricerca
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“ le vie di accesso, strette e che superano dislivelli, formate soprattutto da scale, non erano adatte per essere percorse dai carri che avrebbero dovuto trasportare le merci �
les halles _ parigi
Per il suo aspetto funzionale e per le sue dimensioni l’edificio, senza perdere il carattere di riparo temporaneo, che deve rappresentare la caratteristica essenziale di un mercato coperto, non manca di quella fisionomia monumentale che deve caratterizzare nel medesimo tempo, il principale centro di rifornimento della capitale. Il contrasto tra l’effetto parete ela massa mette in evidenza una lettura interna dello spazio e una visione globale dell’insieme. All’interno la struttura assume un’importanza assoluta: le colonne in ghisa che sostengono il lucernario centrale appaiono l’elemento fondamentale della costruzione, proprio come i pilastri in una cattedrale gotica. Ma all’esterno la visione d’insieme non è univoca per la tensione di scelte diverse: padiglioni identitici separati/collegati da strade coperte. Le halles si possono dunque leggere in due modi: come due grandi blocchi forati da ampie aperture e protetti da un tetto rumoroso am continuo o come una successione di padiglioni indipendenti, riuniti da strade coperte, facenti parte di un sistema diseguale.
(il pesce per esempio arriva da montmartre e montorgueil) bisogna vedervi una conseguenza del peso delle abitudini, che perdura al di là delle trasformazioni dello spazio disponibile. All’interno di ciascun padiglione destinato alla vendita al dettaglio un ordito rigoroso di sei metri suddivide lo spazio di vendita. La dimensione delle botteghe, così definite, sarà in media di 2x2m e 3x3m per la macelleria.
Il progetto si compone di 12 padiglioni, raggruppati in due corpi separati a loro volta da una grande arteria in direzione nord-sud: i fabbricati a est, formati da sei padiglioni, ricoprono un’area di 12.080 mq; i fabbricati a ovest comprendono 4 padiglioni, ossia una superficie di 12.400 mq. ciascun padiglione è destinato a un particolare tipo di derrata: a ovest la carne all’ingrosso e al dettaglio, gli ortaggi e la frutta. E est le patate, le cipolle e i funghi e la vendita al dettaglio dei latticini; i due grandi padiglioni centrali, che ricoprono un’area di 2.900 mq, sono per il pesce e la vendita all’ingrosso dei latticini, delle piante verdi e dei vari ortaggi. È sorprendente constatare il permanere degli insediamenti dei vari mercati: la carne rimane nel settore ovest, nell’area del mercato dei Prouvaries, gli ortaggi al centro, il pesce e il burro nelle due grandi halles affiancate e il mercato delle piante verdi è vicino agli Innocenti. Oltre a ragioni topografiche 152 ospitare le differenze
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Sentì allora in tutta la sua forza il lungo rombare dei mercati. Parigi masticava i bocconi dei suoi due milioni di abitanti. Era come un grande organo centrale che batteva furiosamente, lasciando il suo umore vitale in tutte le vene. Era un movimento incessante di mascelle colossali, un baccano d’inferno, un brusio senza fine, dove si fondevano tutti i rumori dell’approvvigionamento, degli schiocchi di frusta dei rivenditori all’ingrosso avviati ai mercati di quartiere, allo strascicare di ciabatte delle povere donne che vanno di porta in porta offrendo l’insalata dei loro cestini (…) da Emile Zola, IL VENTRE DI PARIGI, 1873
Les Halles in cifre 1827 anno di costruzione 51.142 mq superficie di vendita 41.165 mq sup. magazzino (p. interrato) 5.750 mq sup. di vendita all’ingrosso 2.210 n rivenditori 23,10 mq sup. tot/ n rivendite destinazione d’uso ESCLUSIVA a MERCATO
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una Babilonia di ferro, di una leggerezza indiana, attraversata da terrazzi sospesi, da corridoi pensili, da ponti volanti gettati sul vuoto. Erano degli scorci bruschi, architetture impreviste; lo stesso orizzonte si presentava di continuo sotto aspetti diversi (‌). da Emile Zola, IL VENTRE DI PARIGI, 1873
caseificio pollame e uova bar e ristorante fiori carni frutta e verdura legumi e cereali pesce altro
Le loro forme geometriche s’intersecavano l’una nell’altra e quando ogni lume fu spento all’interno e i mercati furono inondati dalla luce del giorno apparvero quadrati, uniformi, come una macchina moderna, smisurata, una enorme macchina a vapore, una caldaia che dovesse servire alla digestione di un popolo, un ventre gigantesco, di metallo, bullonato, ribadito, fatto di legno, di vetro, di ghisa, di una eleganza e di potenza da motore meccanico, azionato dal calore del combustibile e dalla furia fremente e vertiginosa delle ruote (…). da Emile Zola, IL VENTRE DI PARIGI, 1873
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la boqueria _ barcellona
Ubicato al numero 91 della Rambla di Barcellona e chiamato anche Sant Josep, la Boqueria è un classico esempio di mercato popolare catalano dove davvero è possibile immergersi nella cultura cittadina. Anticamente, il mercato eniva allestito dai contadini, oggi è una struttura molto frequentata con un’anima in ferro e una lminosa insegna esterna. I prodotti della Boqueria sono davvero di ottima qualità e addirittura le verdure e la frutta sono disposte in modo uniforme, quasi artistico, talvolta rispettando le sfumature di colori. Entrando nel mercato si rimane stupefatti dai colori armonici e dai profumi di questo luogo. Difficilmente resisterete alla tentazione di comprare una gustosa vaschetta di frutta fresca da mangiare all’istante. I venditori di questo mercato godono ormai di una certa notorietà, anche perchè i migliori ristoranti si approvvigionano proprio qui. Con la sua vasta superficie di vendita, la Boqueria si presenta come un’enorme distesa di banchi che vendono ogni genere di prodotti, soprattutto alimentari, in particolare pesce, verdura e frutta che arrivano ogni giorno dai pescatori e dai produttori delle zone limitrofe. La Boqueria è anche probabilmente il mercato più antico d’Europa: i primi documenti che ne certificano l’esistenza sono addirittura del tredicesimo secolo d.C.
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La Boqueria in cifre 1827 anno di costruzione 6.089 mq superficie di vendita 247 n rivenditori 24 mq sup. tot/ n rivendite detinazione d’uso ESCLUSIVA a MERCATO
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Difficile non restare incantati nel momento in cui ci si avvicina. Frutta di ogni tipo elegantemente sistemata sulle bancarelle, colori, profumi, le voci della gente, l’odore del pesce fresco, i prosciutti appesi, gli aromi che si sprigionano dai banchi culinari, dove la gente seduta su sgabelli alti mangia verdure alla griglia, pescetti e bistecche, parlando di calcio e della giornata piÚ fredda dell’anno.
caseificio pollame e uova bar e ristorante fiori carni frutta e verdura legumi e cereali pesce altro
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“ci inoltriamo tra i numerosi banchi, dove fanno bella mostra alimenti di ogni genere disposti con un ordine tale da sembrare quasi maniacale. Frutta, verdura, spezie e tanto altro ancora, colori e profumi che assieme si fondono, creando un atmosfera che fa si che il cibo vanga assaporato con tutti i sensi�
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santa caterina _ barcellona
Situato nella città vecchia di Barcellona, quartiere della Ribera, il Mercato di Santa Caterina è un luogo simbolico dello sviluppo e della storia di tutta la città di Barcellona, storicamente caratterizzata dal commercio e socialmente attenta ai suoi quartieri, anche e soprattutto quelli meno sviluppati. Frammento isolato rispetto alle principali direttrici del tessuto urbano, l’Avenida Cambó, l’area nella quale il progetto si colloca, ritorna quindi a vivere dopo anni di isolamento e di emarginazione. Il mercato di Santa Caterina sorge nel 1848, di fatto il primo mercato al coperto, con lo scopo di rifornire i ceti meno abbienti della città. A due passi dalla cattedrale, il mercato si presenta oggi come una struttura moderna, testimone del rinnovamento urbano dell’intera città catalana. Oltre ad essere un vero e proprio mercato, (c’è anche un supermercato al suo interno), è possibile pranzare presso uno dei tanti chioschi (alcuni veri e propri ristoranti) presenti all’interno del mercato e parte integrante dello stesso. l successo del progetto di ristrutturazione del Mercato di Santa Caterina a Barcellona, opera di Enric Miralles e Benedetta Tagliabue, è stato evidente fin dal giorno della sua inaugurazione. L’intervento, iniziato come ristrutturazione del vecchio mercato, si è esteso fino a comprendere la riqualificazione a scala urbana dell’intero quartiere, proposta sollecitata dai progettisti e ben accolta dal committente, l’Ayuntamento de Barcelona. Il progetto, avviato nel 1997 e completato nel maggio del 2005, si mostra alla città con un linguaggio “caleidoscopico e ibrido”, capace di dialogare con la storia -quella del quartiere, ma anche quella dei siti archeologici rinvenuti durante i lavori- e al tempo stesso di veicolare un’atmosfera eccentrica, variopinta, informale. Qui si cerca di dipingere una scena urbana unica -più che rincorrere un riferimento formale o una soluzione di tendenza-, disegnata da una varietà di scelte, anche apparentemente in contraddizione, ma 186 ospitare le differenze
facenti parte del medesimo collage, dello stesso viaggio verso l’interpretazione dell’anima della città. Protagonista dell’opera è la copertura (5.500 mq) che avvolge l’edificio sconfinando oltre il perimetro dell’intera costruzione (3749 mq): si tratta di un manto ondulato e coloratissimo che riproduce disegni di frutta e verdura. Un elemento di grande vivacità e di richiamo per tutta la città. La copertura, ad opera dell’artista Toni Comella, è realizzata attraverso l’assemblaggio di 300.000 esagoni di ceramica, è sostenuta da una “selva” di pilastri in acciaio che movimenta la distribuzione dell’interno.
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“ tener conto del mercato come di una piazza, in catalano mercato si dice plaça ” (Benedetta Tagliabue_ in “the plan” mercato di santa caterina, barcellona di Francesca Pagliari, n 7 settembre 2004)
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Un tripudio di colori e di luci, una festa di gente soddisfatta e sorridente, di voci e di gesti che esprimevano consenso e partecipazione. Ottobre 2005 “Il Mercato di Santa Caterina a Barcellona� di Francesca Oddo ricerca
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Santa Caterina in cifre
1998 inizio lavori di riqualificazione 3.000 mq superficie di vendita 67 n rivenditori 45 mq sup. tot/ n rivendite 4500 mq superficie a magazzino 2 n piani su cui si sviluppa il mercato detinazione d’uso MISTA
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porta palazzo _ torino
Il quartiere di «Porta Palazzo», 8000 abitanti, è situato nel cuore del centro storico di Torino. Porta Palazzo non è un « quartiere « dal punto di vista amministrativo, ma è un’area percepita in modo unitario grazie ad un fenomeno di fondamentale importanza cittadina: il mercato di Piazza della Repubblica. Porta Palazzo è un quartiere che ruota intorno ad una delle piazze più estese della città, piazza della Repubblica, che ospita ogni giorno il più grande mercato all’aperto d’Europa. Porta Palazzo deve il suo nome ad una delle porte della città, l’antica Postierla San Michele, che collegava i borghi suburbani con il mercato di Piazza delle Erbe, l’attuale Piazza Palazzo di Città. Nel corso dei secoli la postierla venne sostituita da una porta in muratura, e nel XVII sec. subentrò definitivamente alle Porte Palatine quale accesso principale settentrionale. Il Re Vittorio Amedeo II, desideroso di dare di Torino l’immagine di moderna capitale settecentesca, promosse una serie di interventi sulle porte di accesso alla città, che assunsero, oltre al tradizionale ruolo difensivo, una nuova veste di rappresentanza. I lavori iniziarono nel 1699 e nel 1701 venne inaugurata la Porta Palazzo. Questo intervento si inserì all’interno di un progetto più ampio, datato 1729 e affidato all’Architetto Filippo Juvarra. Vari sono stati dall’800 a oggi gli sforzi per abbellire la piazza e Via Porta Palatina. I mercati di Porta Palazzo si stabilirono defintivamente il 29 agosto 1835, a seguito di un “Manifesto Vicariale” che proibì, a causa dell’infierire del colera, la vendita sulle piazze Palazzo di città (piazza delle Erbe) e Corpus Domini. In seguito a tale provvedimento, la città decise la costruzione di tettoie nei due primi quadrati della piazza Emenuele Filiberto, attuale piazza della Repubblica, per il mercato dei commestibili.
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Il resto del mercato era costituito da file di baracche per i mercanti di stoffe, chincaglierie e terraglie. per la cnservazione delle merci furono invece costruite nel sottosuolo dei grandi locali “le ghiacciaie” suddivisi in quattro piani sotto il livello della strada. Da quel momento furono numerose le modifiche apportate alle strutture ospitanti i mercati della piazza: le prime due tettoie oggi nn eistono più, sono state sostituite dagli edifici attualmente utilizzati: il II (ittico) e il V (alimentare), edificati nel 1836; il mercato IV, l’elegante struttura metallica detta oggi tettoia dell’Orologio, eretto nel 1916 e il mercato III dell’abbigliamento, costruito nel 1963 e demolito nel 2005.
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“Tu nn puoi capire cosa succede in questo pianeta che si chiama Porta Palazzo. Non puoi saperlo! Tu sei lontana e Casablanca è una città, il nostro pianeta invece è una piazza. E’ la nostra repubblica in cui facciamo pioggia e bel tempo. Il più grande mercato d’Europa è nostro, il nostro suk. Vendiamo tutto, anche la dignità, la religione, la patria...” (da “Porta Palazzo Mon Amour”, Mohammed Lamsuni Avicenna Editrice, San Mauro Torinese 2003)
Porta Palazzo in cifre 1836 anno di insediamento 51.300 mq area di estensione 4.991 mq superficie di vendita 1.000 n rivenditori 51 mq sup. tot / n rivendite 100.000 n di visitatori settimanale 88 n punti vendita “tettoia dell’orologio” 53 n punti vendita V alimentare 756 n punti vendita mobili 796 n punti vendita mobili al sabato 24 n punti vendita a rotazione destinazione d’uso ESCLUSIVA A MERCATO
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La piazza, il mercato, gli odori di pesce , di menta di origano e di finocchietto. “Ceréa, Mabruch, solo per oggi due euri, kiwi di Saluzzo, olive di Cerignola e salsicce affumicate come a Timisoara”. Flussi di gente che cammina, rovista, si urta, chiede permesso, risponde innervosita. Rumore di clacson, di chiaccere da un banco all’altro, di bambini, che si infilano tra le gambe. Passeggini che incalzano, carretti che inciampano, anziani che trascinano borse della spesa con le rotelle. Ci si sfotte in tutte le lingue, a Porta Palazzo. Qualche volta si litiga, spesso si commentano i fatti del giorno, si discute e ci si chiama ad alta voce. Poi, comincia l’ora del disarmo: furgoni che si avvicinano, ombrelloni che si chiudono, merci che vengono caricate. Comincia una nuova vita: quella del silenzio, del rumore delle scope di saggina, delle ruspe che ammucchiano cassette di frutta, stracci, pomodori troppo maturi per servire ancora a qualcuno. Odore di disinfettante e rivoli di acqua schiumosa si infiltrano nei tombini. 212 ospitare le differenze
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caseificio pollame e uova bar e ristorante fiori carni frutta e verdura legumi e cereali pesce altro
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place du commerce _ st. nazaire
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Saint Nazaire in cifre
5.361 mq superficie di vendita coperta 3.686 mq sperficie di vendita scoperta 362 n rivenditori 25 mq sup. tot/ n rivendite detinazione d’uso ESCLUSIVA A MERCATO
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caseificio pollame e uova bar e ristorante fiori carni frutta e verdura legumi e cereali pesce altro
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mercato di porta palazzo _ torino sup. mq. 51.300
les halles _ parigi sup. mq. 51.142
la boqueria _ barcellona sup. mq. 6.089
mercati traianei _ roma sup. mq. 5.356
place du commerce _ st. nazaire sup. mq. 5.361
st. caterina _ barcellona sup. mq. 3.858
mercati a confronto ricerca
241
percentuali merceologiche ricerca
243
percentuali merceologiche ricerca
245
STRUTTURA fisse mobili
TIPO di MERCATO ESPOSIZIONE
PROTEZIONE LATERALE
STOCCAGGIO MERCI SUPERFICIE
CARATTERISTICHE TIPO di MERCE
numero interno alle esterno alle piani piani su 1 o su piani semoinesistente inesistente coperto scoperto protetto affacci bancarelle bancarelle dedicati adattati più lati espositivi venti
2 - 5 mq
vestiti altro
ombrelloni
facilità di trasporto e di stoccaggio rapidità di allestimento costi estremamente ridotti
assemblati/retrattili
2 - 8 mq
facilità di trasporto e di stoccaggio rapidità di allestimento
vestiti pentolame souvenirs altro
2 - 8 mq
possibiità di stoccaggio al di sotto del piano di esposizione, spesso di tratta di banco frigorifero
carni pescheria pane frutta e verdura altro
facilità di spostamento e di allestimento elevato costo
carni pescheria caseificio cibi freschi altro
4
4
4 banco
1
3 - 7 mq
furgoni attrezzati/ roulotte
chiosco
possibilità di chiusura verso l'estrerno, pareti attrezzate, copertura sporgente
box
di varia fattura e costo a seconda dei modelli
1
4
6 - 25 mq
20 - 25 mq
carni pescheria pane frutta e verdura altro carni erboristeria pane altro
mercato - merci - bancarelle
rilievo prospetti-interni-tetto
8 6
alveoli da 15 m
alveoli da 20 m
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38.350 258 ospitare le differenze
mq di superficie
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266 ospitare le differenze
ricerca
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480.000
mc di cemento armato
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278 ospitare le differenze
ricerca
279
280 ospitare le differenze
ricerca
281
8
m spessore copertura ricerca
283
costo di costruzione oggi
12.000.000 â‚Ź 284 ospitare le differenze
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progetto masterplan- programma funzionale il mercato-funzioni terziarie conclusione
Intento del progetto è di lavorare sul significato metaforico del bunker: da luogo di inclusione per eccellenza, diventa luogo di scambio, implode per effetto di azioni informali che raggirano la sua crosta dura. Il bunker, emblema del delirio tecnico-razionale dell’uomo, viene scardinato e invaso dai sensi umani primari: odori, colori, sapori. La sua massa in cemento compatta diventa porosa, si apre a nuove connessioni con la città. La base sottomarina è un oggetto fuoriscala nel contesto urbano, è una “bigness”. Il progetto è un masterplan in una zona centrale della città. I principi che regolano il progetto sono: _volontà di colonizzare questa struttura in modi diversi _ lavorare per contrasto; il contrasto è enfatizzazione delle differenze…esperienza dell’alterità. _ riaprire il bunker alla vita della città, creando un funzionamento a ciclo continuo. La base è una città nella città. 306 ospitare le differenze
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saint nazaire
45,97 km
nantes
masterplan
conurbazione nantes - saint nazaire area comunale
Il progetto prevede il riutilizzo massivo della base, che tra tutte le basi u –boot è quella che più si interfaccia con un’ area urbana in trasformazione. In accordo con le previsioni del PLU si ipotizza una maggiore diffusione di residenze nelle aree circostanti il bacino e l’addensamento di funzioni commerciali e terziarie nella base sottomarina, cardine del sistema città-porto. Il progetto vuole instaurare un nuovo rapporto con l’acqua, utilizzando il bacino protetto con funzione anche ricreativa. Le industrie che si trovano sul versante ovest del bacino, e che il PLU prevede di dismettere, lasciano posto, nella nostra ipotesi, ad una fascia di verde. Alcune tracce della tradizione industriale dell’area (silos, binari ferroviari, capannoni) rimangono e si integrano con il verde. L’idea di dare vita ad un parco industriale. Il modello di riferimento è l’operazione svolta nella regione della Ruhr in Germania. Il progetto asseconda quindi l’intento di progressiva riappropriazione della base da parte della città. Da un lato l’intervento è una colonizzazione più informale da parte della funzione mercato, che potrebbe essere temporanea, trasportata o abbandonata, e dall’altro è colonizzazione più massiccia di tre alveoli da parte di tre funzioni terziarie. Il mercato potrebbe spostarsi tra le diverse basi u-boot presenti sulla costa francese (a Bordeaux, La pallice. Lorient e Brest), oppure queste ultime potrebbero ospitare funzioni o eventi collegati al mercato della base di Saint Nazaire. L’idea è quella di ipotizzare un recupero del funzionamento a rete sul territorio di queste strutture. Il progetto è una scommessa, un tentativo di invasione dell’oggetto estraneo. Vale la pena scommettere sulla possibilità di andare oltre la storia. E vale la pena farlo in questa base, dove unico è il suo rapporto con il tessuto urbano.
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progetto
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rilievo
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funzioni ore
programma funzionale
Alla luce delle analisi condotte sul posto e delle interviste fatte alle autorità locali, il programma funzionale del nostro intervento, che inizialmente prevedeva la progettazione solo di un mercato rionale all’interno della base sottomarina, si amplia. Se il masterplan attuale prevede di dislocare funzioni ricreative e culturali intorno alla base (un cinema, un teatro, strutture di ristorazione e leisure) nostro intento è, invece, quello di scommettere sulla possibilità di far assorbire dalla struttura del bunker parte di queste attività. Il progetto prevede di collocare all’interno della struttura un cinema, una biblioteca e ed uno spazio espositivo. Due sono quindi le strategia di intervento, di colonizzazione, sul bunker: _colonizzare dal basso la struttura con il mercato, progettando le infrastrutture necessarie al suo funzionamento _colonizzare tre alveoli con volumi sospesi ancorati alle pareti della base, dove trovano spazio un cinema, uno spazio espositivo e una biblioteca La copertura del bunker diventa parco urbano. L’intento è quello di assecondare e amplificare il processo spontaneo di rinaturalizzazione di questa immensa terrazza sulla città e sul porto. L’intervento prevede quindi di predisporre le condizioni ideali per la colonizzazione di questa vasta superficie di cemento. La realizzazione di vasche scavate nella superficie, riempite di terra, la piantumazione di specie pioniere, permetterà nel tempo a questa superficie sterile di diventare viva. I semi trasportati dal vento daranno vita a nuove specie, alcune sopravviveranno, altre moriranno. Uno specchio fedele del processo biologico naturale. Trova spazio quindi il concetto di giardino in movimento di Gill Clement. Un giardino che non si basa su canoni estetici o storici ma biologici. Un laboratorio 316 ospitare le differenze
permanente, luogo di incontri e sparizioni di specie diverse. Così come gli animali viaggiano, le piante sono vagabonde; si spostano secondo i venti e secondo il caso, usano tutti i vettori possibili, anche le suole delle scarpe. La molteplicità degli incontri e la diversità come ragione di ricchezza. Una colonizzazione varia, ricca e mutevole. Il risultato è la “poesia dell’abbandono”, un’aurea magica da sito archeologico dove il gesto umano è riconoscibile ma lontano. Nel corso del tempo poi il giardino può sparire, vinto dal clima inospitale, o proliferare, fino ad impossessarsi completamente della struttura, fino a sommergerla, a distruggerla e riportarla al ciclo di vita naturale. Da progetto originale il bunker prevede un piano interrato, che originariamente era utilizzato per costruire a secco i sottomarini, con un sistema di chiuse veniva regolato l’ingresso dell’acqua negli alveoli, e a costruzione o riparazione ultimata, l’alveolo veniva inondato e il sottomarino era pronto per essere varato. Questa soletta inferiore viene da noi recuperata per ospitare i parcheggi per gli addetti al mercato e una serie di magazzini sempre a disposizione dei rivenditori, in modo da offrire la possibilità di stoccaggio in loco di parte della merce. L’ultima grande stanza del bunker a nord, dove originariamente erano situati gli alloggi per gli operai, ospita una stazione di compostaggio. Le fasi del processo di trattamento dei rifiuti umidi, prodotti dal mercato, avvengono in parte all’interno della struttura e in parte nel parco progettato a fianco della base. La tipologia di impianto adottata si avvale dell’utilizzo di biocontainer, riducendo dunque le fasi che necessitano di essere effettuate in ambiente chiuso, collegato a biofiltri per l’aerazione. L’impianto è attraversato da tre passerelle che dal parco conducono al piano mezzanino del bunker, permettendo di osservare dall’alto le fasi del processo di trattazione dei rifiuti. progetto
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Il programma funzionale è in sostanza quello di un centro commerciale integrato, che all’interno del bunker però si complica e si sostanzia del forte contrasto tra la vitalità del mercato e la cripticità della base. Il progetto cerca di fare del mercato un nodo economico e culturale, senza attuare una frattura con la città e integrando vecchie e nuove funzioni. Commemorazione e commercio si confrontano e si fondono nella struttura della base sottomarina.
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progetto
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progetto
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il mercato
u-boot bunker_ st.nazaire
La funzione del mercato necessita la progettazione degli spazi di servizio, dei collegamenti, dell’arredo minimo, delle attività paracommerciali, dell’infrastruttura, insomma, che permette lo svolgimento dell’attività di compra-vendita. Si tratta di progettare la regia che ne permetta la messa in scena. Una volta fornito un kit minimo per la vendita e le regole di utilizzo dello spazio, l’allestimento della struttura per l’esposizione della merce è gestito dal singolo venditore. Le tipologie dei punti vendita sono spesso autocostruite o comunque attrezzate in modo autonomo dai singoli venditori. Il mercato mantiene un margine di spontaneità e imprevedibilità, è un tema di ricerca ibrido che sfugge a rigide classificazioni. La funzione è temporanea, si accende e si spegne, invadendo spazi pubblici urbani. Progettare uno spazio per il mercato significa fornire delle regole d’uso e dei servizi. L’informalità di questa funzione, la sua spontaneità organizzativa, è esattamente la componente che vogliamo far dialogare con la potenza della massa del bunker. Il mercato nella base è un mercato protetto, dove il bunker è come un’enorme tettoia sotto cui si accende e si spegne l’attività di vendita. Tre sono le tipologie di mercato alloggiate nella base: _ mercato coperto, per la vendita di carne, pesce, prodotti caseari, di produzione locale _ mercato protetto giornaliero, per la vendita di frutta, verdura, fiori e spezie, di produzione locale _ mercato temporaneo a rotazione, per esposizioni di merce e vendite temporanee di prodotti provenienti da latri paesi europei
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Il mercato coperto, collocato nella fascia del bunker antistante la città, è l’unica parte ad essere pensata come permanente. il prospetto ovest diventa un diaframma in policarbonato che separa l’area di vendita dalla città. Il mercato giornaliero viene montato e smontato ogni giorno e le vendite a rotazione hanno per loro stessa definizione un maggior grado di mobilità, possono esserci o non esserci. Il progetto dell’infrastruttura sviluppato per il funzionamento del mercato si compone di: _ aree di parcheggio per gli addetti e per gli utenti _ spazi di circolazione adeguati per le attività di montaggio e smontaggio delle strutture di vendita _ collegamenti verticali in grado di connettere le aree magazzino al piano terra, per quanto riguarda le merci, e di permettere una circolazione trasversale nella struttura dei pedoni, collegando i quattro livelli su cui si articola l’ intervento
te per consumare in loco i prodotti venduti dai rivenditori, occasione di rendere diretto quindi il rapporto tra vendita e consumo; i volumi posizionati lungo la fascia del bunker a diretto contatto con l’acqua, sono moduli rivestiti in legno, dove la copertura, praticabile, è una piazza pubblica. Il rivestimento in legno dei volumi si piega a diventare spalti e sedute e si appoggia alla soletta interna del bunker creando piattaforme per ospitare spettacoli spontanei che possono nascere durante lo svolgimento dell’attività del mercato. Questi volumi ospitano un bar, un ristorante, un noleggio canoe e una biglietteria dove acquistare i biglietti per un traghetto che permette di fare una visita turistica ai cantieri navali e nel bacino. Ripetizione di identità con variazione, piccole strutture che si aggregano a formare soluzioni spaziali differenziate, questi sono i principi che regolano il progetto degli spazi per il mercato all’interno della base.
_ strutture di servizio agli addetti e agli utenti per lo svolgimento dell’attività di compra - vendita. Rientrano in questa categoria le torri strutturali che permettono di far penetrare la luce naturale nella struttura; i baracchini dove riporre le bancarelle smontate a chiusura del mercato e che sono nello stesso tempi i servizi igienici pubblici; la stazione di compostaggio dei rifiuti organici prodotti in quantità considerevole dall’attività del mercato _piattaforme per le attività paracommerciali. la struttura del mercato coperto prevede delle terrazze attrezza-
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u-boot bunker st. nazaire in cifre 2008 anno insediamento mercato 38.000 mq area di estensione 19.350 mq superficie di vendita 651 n rivenditori 30 mq sup. tot / n rivendite 205 n punti vendita mercato coperto 255 n punti vendita mercato giornaliero 191 n punti vendita mercato temporaneo 680 n parcheggi per utenti 388 n parcheggi fissi per rivenditori 148 n posti magazzini
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mercato di porta palazzo _ torino sup. mq. 51.300
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les halles _ parigi sup. mq. 51.142
u-boot bunker _ st. nazaire sup. mq. 38.000
la boqueria _ barcellona sup. mq. 6.089
mercati traianei _ roma sup. mq. 5.356
place du commerce _ st. nazaire sup. mq. 5.361
st. caterina _ barcellona sup. mq. 3.858
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caseificio pollame e uova bar e ristorante fiori carni frutta e verdura legumi e cereali pesce altro
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funzioni terziarie
In tre dei 14 alveoli della base il progetto prevede di inserire dei volumi che ospitano rispettivamente un cinema, uno spazio espositivo e una biblioteca. La logica di inserimento di questi volumi è molto diversa rispetto a quella delle strutture effimere a servizio del mercato. La volontà è quella di alterare la spazialità degli alveoli. I tre corpi, rivestiti in reti metalliche, creano una compressione dello spazio interno, e nello stesso tempo sono elementi di connessione tra i diversi livelli della struttura. Il volume del cinema, posizionato nell’alveolo 10, e il volume della biblioteca, collocato nell’alveolo 2, sono infatti scomposti in due parti tra le quali una grossa apertura nel tetto ospita una rampa che dal piano terra conduce alla copertura. Queste due grandi aperture sono l’occasione per far penetrare luce naturale nella struttura e per far “cadere” al piano terra parte della vegetazione che popola il tetto.
Il rivestimento dei tre volumi è in rete metallica, un materiale quindi che contrasta con il cemento del bunker. I tre corpi sono ancorati alle pareti degli alveoli con delle mensole su cui poggiano le travi che li sorreggono. Sono volumi sospesi a mezza altezza illuminati artificialmente nella parte inferiore. Comprimono lo spazio e creano tre eccezioni di illuminazione del mercato sottostante. Attraverso la bucatura nella copertura ed un sistema di rampe, essi collegano il piano terra al piano della copertura, costituendo un importante collegamento fra il mercato ed il parco. Il cinema è costituito da due sale di proiezione separate per un totale di circa 900 posti. I volumi sono chiusi in loro stessi, isolati termicamente ed acusticamente rispetto alla struttura del bunker. Il prospetto verso l’acqua può essere utilizzato per proiezioni esterne, visibili da una zattera che si allunga sul bacino protetto. Una sorta di cinema all’aperto, inusuale e suggestivo. 364 ospitare le differenze
Anche la struttura della biblioteca è costituita da due volumi separati, collegati dalle rampe che portano alla copertura. In quello rivolto verso l’acqua si colloca la vera e propria biblioteca, con sala lettura, consultazione e prestito libri. La sala lettura è rivolta verso la cavità interna che ospita la vegetazione. La vista del verde, unita all’intimità del luogo, sono caratteristiche ideali per la lettura. All’interno della biblioteca la struttura metallica che ospita i libri è appesa alla copertura del bunker con un sistema di tiranti metallici. Le pareti del bunker sono lasciate interamente a vista, mentre i tamponamenti di prospetto sono costituiti da una facciata vetrata appesa. Nell’altro volume, rivolto verso il mercato, trovano posto gli uffici amministrativi e il bar con terrazza a diretto contatto con l’atmosfera vitale del mercato. Lo spazio espositivo è pensato anch’esso come volume appeso. Le pareti del bunker sono lasciate a vista. Lo spazio interno è occupato stabilmente solo in parte da un piccolo deposito di materiali o archivio. L’intera superficie è lasciata libera in modo da potersi adattare a varie esigenze espositive. Il sistema di rivestimento è costituito da pieghevoli di lastra di metallo, che permettono di creare diverse condizioni di luce ed oscuramento.
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conclusione
La struttura del bunker in partenza è essa stessa ripetizione regolare di identità, il progetto la colonizza con due tipologie di interventi: piccole identità che si moltiplicano (invasione di formiche) e grossi oggetti che lo perturbano (volumi). Il tutto risponde alla volontà di invadere il bunker, di riappropriarsi dei suoi spazi con la potenza di azioni perturbatrici che stridono con il suo significato storico e metaforico, e di restituirlo alla vita a ciclo continuo della città. Il progetto non deve stravolgere la struttura del bunker, ma assecondarla per dare però vita a meccanismi nuovi, inserendo nuovi percorsi, nuovi sensi di percorrenza e corpi estranei, che ne promuovano letture diverse. Il bunker deve rimanere leggibile. Il bunker è come un gigante addormentato, un gigante con i piedi di argilla. È difficile comprenderne a pieno la struttura, ogni intervento al suo interno è un esperimento, a cui la struttura reagisce e si assesta. Il nostro progetto rappresenta, nell’arco della storia del bunker stesso, l’ipotesi che più massivamente propone un suo riutilizzo. Si inscrive nella storia della base come episodio di forte riavvicinamento del bunker alla vita della città. Invadiamo la struttura, sfruttiamo tutti i suoi livelli, attiviamo un rapporto nuovo con l’acqua. Ma l’intervento mantiene un margine di reversibilità. Il mercato che invade il bunker oggi potrebbe un giorno essere spostato in una della altre basi u-boot o potrebbe scomparire. Anche il nostro intervento è un esperimento. Man376 ospitare le differenze
tenere vivo il mercato e le funzioni che lo invadono è richiede di accettare un nuovo dialogo con la base. Il bunker potrebbe diventare parte della vita della città, diventare un punto di riferimento catalizzatore di eventi e incontri. Se questo non avvenisse il bunker verrebbe lasciato a se stesso. Il gigante “inaddomesticabile” potrebbe lentamente essere colonizzato dalla vegetazione circostante e, come un essere vivente che accetta in silenzio il procedere della storia, decomporsi naturalmente.
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augh
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Vorrei ringraziare la mia GRANDE famiglia, senza la quale non sarei arrivata fino a qui e non sarei quel che sono adesso; soprattutto un Grazie davvero speciale a mia mamma che mi ha sempre sostenuto in ogni momento, in ogni decisione, in ogni errore ; e a mio papà, che ha seguito da vicino i miei passi e sono certa che per ogni esame andato bene, per ogni scelta giusta e per ogni sorriso, lui c’era. … a seguire le mie sorelle, Elena per grinta che le invidio sempre, Marta per le risate e le lunghe chiaccherate, Alessandra perché dietro ogni lavoro c’è sempre il suo zampino e Lucia perché “c’è sempre un’altra soluzione!” …i miei cognati Rudi perché non mi lascia mai tranquilla, Doriano “vogliamo parlare di modellini?” e Romeo che non sopporta più vedermi fare i “còmpit”. E i quattro “più bravi” Gabriele, Martina, Antonio e Giacomo che se non ci fossero, i week-end sarebbero molto diversi.Un grazie speciale 402 ospitare le differenze
a Rudi, per la pazienza, l’amore e la dolcezza, perché non riesce neanche a immaginare cosa sa sprigionare anche solo la sua voce. Grazie a tutti gli amici dell’università e non senza i quali non mi dispiacerebbe essere arrivata alla fine, un ringraziamento particolare a Monica per i pranzetti, i modellini, e Robi per il recupero materiale, la compagnia e le ore di lavoro che ci ha dedicato. Un Grazie anche a tutti gli amici di Livigno, che se anche vedo poco so che ci sono e dove posso trovarli. Un Grazie speciale alle mie due compagne Margherita e Claudia, questo periodo così intenso, sarebbe stato molto più duro senza di voi. Infine un Grazie di cuore a Gennaro Postiglione, per il suo entusiasmo, il suo tempo e perché con lui “l’architettura ha tutto un altro sapore” ed ad Arturo Lanzani per le sue preziose revisioni. Naturalmente un Grazie anche a tutti quelli che con il loro aiuto, il loro tempo e i loro consigli ci hanno permesso di elaborare questa tesi... e un Grazie a tutti quelli che ho dimenticato, perchè ci sarà sicuramente un buon motivo per ringraziarvi.
claudia
Un grazie a mamma rosalia per aver sopportato i miei umori ballerini e per il supporto costante. un grazie a mio papà romeo per i consigli costruttivi, per i modellini e per le decisioni dell’ultimo minuto. grazie al mio grande fratellone teo per le pose da fotomontaggio. grazie ai miei zii renza e bruno, fantastici. grazie a giacomo, per le tenerezze, per la pazienza infinita, per i sorrisi.
un grazie a fabio, sempre presente. un grazie a robi, per il boula boula, per le canzoni anni 60 e per le risate. un grazie alla moni, sempre disponibile, dolce e grandissima. un grazie a ciccio per i consigli tecnici, e per i soliti: “brunelli non sai fare niente!” un grazie a tutti quelli che si sono congelati le dita per costruire il cartobunker. un pensiero anche a paolo, solita polenta, ma prezioso. un grazie a gennaro, per la disponibilità, per i consigli illuminanti. un grazie a tutti i venditori di porta palazzo, per la simpatia e per la frutta gratis. un grazie alla signora giovanna per i pranzi prelibati. un grazie sincero e ovvio alle mie compagne di avventura, vale e marghe, per la pazienza difronte ai miei casini con i layer, per l’appoggio durante i momenti di crisi, e per le risate notturne, quelle che non si fermavamo più. grazie ai coldplay per averci stressato con quella che è diventata la colonna sonora della tesi. grazie grazie! progetto
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Il primo grazie va alla mia famiglia. Alla mamma, per la pazienza e il supporto, a papà per la fiducia che sa infondermi, a Sara, per essersi davvero entusiasmata per il mercato nel bunker, a Beba, per aver accettato in silenzio di avere un armadio ricoperto di tavole! Grazie, grazie per essermi stati tutti e quattro sempre vicini in questo percorso, a volte un po’ tortuoso. Marco, per le foto di prospetto con le canoe e per le preziose traduzioni. A Mauro, per le revisioni telefoniche e i suggerimenti, a Caro, per essere stata capace di essere in 404 ospitare le differenze
dieci posti contemporaneamente, ma di esserCi, a Tommi, per avermi portato dal signor dario di gennaro del vivi baloon. Grazie per tutto quello che abbiamo condiviso in questi cinque, ops, sei anni. Al Peace, Ale, Luca, Pietro, Marta per essere entrati nel cartobunker. A Robi per aver accettato di giocare al boula boula. A Monica per essere riuscita a incollare le personcine berlinesi al 500. Alla Kate, per avermi raggiunta a porta palazzo, ma in realtà per essere capace di raggiungermi sempre. A Luca per i caffè al bar dietro l’angolo, alla Cisca, per essere sempre capace di Ascoltarmi, a Marco e all’Agne, per il supporto. Alla Vale, per le consulenze da biologa esperta. Ad Alessia, per la grinta e la passione che mi ha trasmesso in questi ultimi due anni. A Gennaro, per il vero scambio e gli insegnamenti preziosi. A Claudia e Vale, che hanno accettato di mettersi davvero in gioco con me in questa avventura. Grazie a chi in questo momento mi è sfuggito. Grazie!