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Kaouenn
from TRAKS MAGAZINE #39
by Fabio Alcini
Anima nomade ma anche pragmatica, “vittima” di troppi traslochi, l’artista ha in uscita il proprio nuovo lavoro, “Mirages”
l’intervista
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Partiamo da una considerazione generale: sei un’anima nomade. Come stai vivendo questo obbligo alla stanzialità di questi mesi di pandemia?
È vero, il mio spirito è in perenne ricerca di scoperte per crescere e rielaborare nuovi equilibri. Ma, al tempo stesso, sono piuttosto pragmatico. Nel 2020 ho avuto la fortuna di focalizzarmi su eventi molto positivi, che hanno drasticamente allentato la morsa della depressione legata al contesto storico: la finalizzazione di questo album già in stato avanzato di lavorazione, il battesimo di un nuovo progetto musicale parallelo, e, soprattutto, la nascita di mio figlio. Energie positive indispensabili per guardare avanti.
Ci vuoi raccontare come sono andate le lavorazioni di “Mirages”?
La realizzazione di questo album è stata piuttosto dilatata nel tem-
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po rispetto a quello dell’esordio. È dal 2015 che registro e produco i miei lavori in casa, e questa la ritengo una soluzione molto adatta a me. In passato mi era capitato di soffrire certe tensioni da studio di registrazione e, soprattutto, avere tutto a portata di mano mi agevola a fissare le idee e le atmosfere, facendo la differenza. Il problema è stato che, da settembre 2016 a oggi, ho traslocato troppe volte: 8 appartamenti in 4 città diverse, tra Italia e Francia. Ecco, questo non ha sicuramente dato una mano ad avere quella tabella di marcia serrata che molti musicisti ritengono oggi indispensabile per la carriera. Altrimenti lo scheletro di questi brani e l’idea di come dovessero suonare l’avevo già da diverso tempo.
Hai cercato un’ibridazione di generi. Quali sono stati i cardini fissi, ammesso che ce ne siano stati, che hai utilizzato per muoverti fra le varie sonorità?
Sicuramente mi sono lasciato più andare all’istinto rispetto al passato. Se Kaouenn nasce con l’idea di mettere l’elettronica - tanto ritmica che atmosferica - al centro del sound, dopo l’album d’esordio e i relativi concerti ho iniziato ad avere maggior consapevolezza su come far evolvere la sua personalità: maggior spazio al rock psichedelico declinato da chitarre acide, fiati al delay, e ossessive ritmiche di percussioni.
Ci parli degli ospiti del disco?
Con Above The Tree siamo amici da oltre 15 anni: siamo cresciuti nelle Marche a pochi chilometri di distanza e spessissimo, dalla seconda metà degli anni ‘00, le nostre strade si sono incrociate. Oltre che musicisti, siamo stati sempre attivi nell’organizzazione di eventi/festival/rassegne ed agitatori dell’underground, Marco con le associazioni Marinaio Gaio e Casa della Grancetta a Senigallia, io con l’associazione Valvolare a Jesi. Da one-man-band sono sempre stato rapito dal suo sound minimale e visionario, sicuramente una fonte d’ispirazione. Sara Ardizzoni, invece, l’ho conosciuta grazie ad una trasmissione radio: era il 2016 ed eravamo nel pieno della promozione del mio album
d’esordio e del suo secondo album come Dagger Moth. Fu trasmesso il mio singolo in chiusura della puntata dedicata a lei. Il suo sound mi folgorò al primo ascolto: lei, one-woman-band, proponeva un mix personalissimo di rock d’autore ed elettronica dal grande fascino e con una tecnica chitarristica sopraffina. Non a caso, ora collabora con Massimo Volume e Cesare Basile. Bravissima. Entrambi i loro contributi a questo disco sono per me, a dir poco, strepitosi!
Quali saranno i tuoi prossimi passi?
Visto che non si possono fare previsioni sulla ripresa dei concerti, inizierò a lavorare a nuove tracce con l’obiettivo di far uscire almeno un nuovo singolo dopo l’estate. Nel frattempo usciranno due nuovi video estratti da questo album, nonché il remix che ho realizzato per un artista veneto della mia stessa etichetta. Non ci si annoia mai.
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SMOKING TOMATOES
“Make the Choice” è il nuovo ep della band proveniente dai Castelli Romani, che ci racconta esperienze e aspirazioni
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> 1) Ci racconti chi sei? > Sono una persona profondamente innamorata dell’arte, della bellezza. > Per anni ho rifiutato l’etichetta di artista. Adesso ha un suono dolcissimo e delicato. > Credo che la vita sia semplice: una volta capito quello che ami, basta seguirlo. > > 2) Come sei arrivato alla scelta dei cinque pezzi dell’ep? E’ la > fotografia del momento oppure le accumulavi da un po’? > La fotografia del momento non direi. Possono esserci dei richiami ma non sono voluti perchè il lavoro è antecedente a questa situazione che l’intervista stiamo vivendo. > Il fatto che ci siano echi di cio’ che stiamo attraversando mi fa molto piacere: ci abbiamo visto lungo (ahah). > La scelta è arrivata seguendo una semplice regola: dare un’immagine di me che fosse fedele alla musica che sto scrivendo. > E quindi puoi sentire il Jaguaro e poi passare a Non è un Problema. Puoi sentire Meglio Morire e poi trovarti in un’atmosfera come quella di E aspetto te. > La musica, come tutta l’arte, ha bisogno di confini. Compito dell’artista è quello di trovare quelli giusti. > > 3) Come nasce “Il jaguaro” e perché l’hai scelta come singolo? > Il Jaguaro è una descrizione piuttosto romanzata di un amico. Ha attraversato un momento complicato e si è trovato tanta gente che, invece di comprendere e fare uno sforzo di empatia, ha preferito la via piu’ semplice: giudicare e puntare il dito. L’ho scelta perchè è una canzone a cui sono molto legato e perchè eravamo convinti che fosse un gran bel pezzo. > > 4) Chi sono i tuoi punti di riferimento musicali? > Attingo molto dal passato, sia in ambito internazionale che nazionale. Rolling Stones, Beatles, Dylan, Prince, M. Jackson, Bowie; Battisti, Dalla, Rossi, Rossini, Battiato e Rino Gaetano. > > 5) La promozione live al momento sembra impossibile. Quali saranno i > tuoi prossimi passi? > Lavorare con quello che è possibile maneggiare. I social (internet in generale) al momento sembra l’unica via per poter arrivare a un certo numero di persone. Abbiamo già diverse idee in mente, ci stiamo lavorando e sono molto fiducioso.
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Ci presentate la vostra band?
Ciao! Noi siamo gli Smoking Tomatoes, una band formata da quattro tipi provenienti dai Castelli Romani. Se amate il rock, i riff di chitarra, i groove trascinanti
e il funk, noi abbiamo fuso tutto questo in una miscela altamente esplosiva e siamo quello che fa per voi.
Avete di recente pubblicato un ep, “Make the Choice”: ci raccontate ispirazioni e obiettivi del disco?
Dopo diverso tempo in cui ci esibivamo dal vivo con i nostri brani, era giunto il momento di metterci in gioco e per fare questo ci serviva registrare i nostri pezzi, in modo da poterli far ascoltare anche a chi non poteva seguirci dal vivo.La scelta è stata quella di registrare un EP, selezionando 5 canzoni che riassumessero al meglio quello che è stato il nostro percorso fin qui. La scelta del sound giusto ci ha impegnato parecchio, ma alla fine il risultato ci ha pienamente soddisfatto e siamo molto orgogliosi del lavoro svolto. Il titolo “Make The Choice”(artwork subito sotto) si riferisce a tutto questo, alle scelte che abbiamo fatto noi come band, alla scelta di metterci in gioco.
Come avete vissuto l’esperienza di Sanremo Rock?
Fondamentalmente è stata un’occasione per tornare dal vivo dopo la quarantena di marzo-giugno. La manifestazione in sé non ci ha entusiasmato molto ma ci siamo divertiti ad ascoltare tante band, è
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una cosa molto positiva
Quali sono i vostri piani per il futuro prossimo?
Appena finita la crisi sanitaria vogliamo subito riprendere da dove abbiamo interrotto, facendo tanti concerti e divertendoci. Nel frattempo, tanto lavoro in vista album! Il nuovo materiale è quasi pronto e stiamo già pianificando tutto il contorno.
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