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Blu
from TRAKS MAGAZINE #39
by Fabio Alcini
Una storia d’amore negata alla base di un concept album e molti progetti all’orizzonte per un cantautore molto giovane
l’intervista
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Ci racconti chi è Blu?
Blu è un ragazzo di 22 anni che canta e ha potuto vivere da vicino il mondo dell’arte e dello spettacolo sin da quando era piccolo. Si ritiene una persona eclettica, sensibile e determinata.
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Il tuo concept album nasce da una sofferenza d’amore. Ti è pesato esporti così in prima persona?
Affatto. L’amore per me è un sentimento puro che va rispettato. Il disco esiste proprio perché a questo sentimento è stata negata la possibilità di concretizzarsi, in quanto troncato sul nascere a causa di un pregiudizio di un genitore.
Che esperienza è stata Area Sanremo?
Area Sanremo è un’esperienza a tutti gli effetti. Mi piace molto come format perché oltre alle audizioni è previsto proprio un percorso di formazione di più giorni che consente a chi vi partecipa di tornare a casa con un piccolo “bagaglio” a prescindere dal risultato del concorso.
Che progetti hai per il 2021?
Promuovere e far conoscere il più possibile questo mio primo disco, nella speranza di poter tornare presto a fare musica dal vivo. Tutto ciò mentre sogno Amici di Maria De Filippi.
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MUNA∞B
Nati dall’incontro tra due band diverse, portano avanti il verbo del rock anche grazie al nuovo lavoro, “Sankalpa”
Come nasce la band?
I Muna∞B nascono dalla fusione di due band che compongono 3/4 della line up attuale. Marco Bellone (voce, chitarra e synth.) e Nicola “drum” Tortorella (batteria) arrivavano dall’esperienza dei Muna. Aldo Vallarelli (chitarra solista), invece, dal suo precedente progetto S.U.F.I. Successivamen-
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te si è unito alla banda Fabrizio Patella “Joker” (basso). I Muna e i S.U.F.I, nei loro anni di attività, avevano condiviso tante serate nei club più in voga della capitale (molti dei quali, purtroppo, oggi non esistono più), per cui, quando Marco ha deciso di mettere su un nuovo progetto la fusione tra alcuni membri delle due band è stata quasi fisiologica. Per il nome, Marco voleva che ci fosse un legame col suo precedente progetto, di cui era anche il fondatore. Quindi, Muna∞B, dove il simbolo dell’infinito sottolinea il legame di continuità, le sonorità invece, virano verso un rock più robusto.
Ci raccontate qualcosa delle ispirazioni e delle aspirazioni del vostro primo ep?
L’idea alla base di questo esordio discografico era quello di fare una sintesi di ciò che avevamo presentato live negli ultimi due anni, offrendo all’ascoltatore tutte le sfaccettature del sound della band. Quindi il primo passo è stato quello di scegliere quattro brani dalla scaletta (al tempo contava già una ventina di pezzi), che rispettassero i propositi che ci eravamo prefissi. Da qui lo spunto per il primo inedito scritto per
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l’occasione, “SANKALPA” che in sanscrito significa appunto “proposito”, un pezzo decisamente rock. Dopo è arrivato anche il secondo inedito “POP”. Per quanto riguarda le aspirazioni... è semplice, suonare questi brani e tutti quelli in scaletta il più possibile in giro per l’Italia.
Qual è stata la genesi di “Pop”, che avete anche scelto come singolo di lancio?
Questa canzone nasce come incentivo (per noi, ma rivolto a tutti) a non piegarsi al volere altrui, se questo non ci fa essere onesti con noi stessi. Quindi scrivere una canzone dal titolo POP, per una band rock è stata la giusta chiave, ironicamente provocatoria, per trattare questa tematica. In effetti, musicalmente la canzone lotta con se stessa, inizia con un andamento prettamente pop fino a esplodere in soluzioni più distorte. Una sorta di sfogo represso. Non è raro oggi che molte band si sentano represse e siano obbligate ad accettare malvolentieri compromessi in nome del “mercato”.
Per una band come la vostra immagino che l’astinenza da live sia particolarmente pesante. Come la state sconfiggendo?
Purtroppo non abbiamo una soluzione, come nessuno in questi tempi. Esistono gli streaming, certo, ma un live non può definirsi tale senza la presenza del pubblico. Ci manca questa dimensione, ma oggi non possiamo fare altro che rinchiuderci in sala prove per affinare gli arrangiamenti di una scaletta che non vede l’ora di abbracciare il pubblico e di fare ruggire gli amplificatori sul palco. Nell’attesa, non ci resta che sperare che tutto questo finisca il prima possibile e che si torni a godere in libertà delle cose che ci fanno stare bene. Un augurio rivolto a tutti. Quindi a presto e lunga vita alla musica e lunga vita al rock!!!
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SATIVA ROSE
Rimandato di qualche mese, “Rumore bianco” è il nuovo album, tra piccoli indizi di autobiografia e sperimentazione
Il progetto Sativa Rose nasce nel 2012 ma ha subito svariati stop. Con che spirito ti sei messo al lavoro sul disco?
Il disco doveva chiudere un primo ciclo iniziato nel 2018, per cui c’era una certa impazienza... ma anche molto entusiasmo. Lavorare con Marta allo Studio Nero è stata una bella esperienza. Nonostante qualche tensione organica, magari tra musicisti, e i proverbiali ritardi; c’è stato un clima disteso e molto sinergico attorno alla realizzazione dei brani.
L’uscita del disco è stata rimandata per i noti motivi. Hai approfittato del tempo intercorso per andare magari a correggere lievissime imperfezioni che sentivi solo tu, oppure hai lasciato tutto com’era?
Poter tenere le redini di un progetto sicuramente semplifica il processo di elaborazione e di scelta in fase di realizzazione; il lavoro risulta più fluido e coerente. Per il resto, il disco sarebbe dovuto uscire a inizio maggio 2020 e le versioni definitive erano pronte già a febbraio… non sono state rimaneggiate, ho lasciato tutto com’era.
Vorrei capire qualcosa di più di Rumore bianco, intesa come traccia conclusiva dell’album. Come nasce e perché ha dato il titolo al disco?
Il rumore bianco è il suono di cui ho bisogno la notte per riuscire ad addormentarmi, ma è anche un binomio allegorico, se ci pensi. “Com’è difficile restare calmi e indifferenti mentre tutti intorno fanno rumore”… ho pensato che
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l’intervista
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Rumore Bianco riassumesse bene la frenesia dello stile di vita occidentale. Ha dato il titolo al disco perché ne riassume il senso, a un livello più profondo e inconscio. Rumore Bianco brano, parla di me artisticamente. È un’improvvisazione sperimentale e l’unica traccia del disco interamente realizzata da me. Tra i miei progetti musicali, paralleli a Sativa Rose, ne esisteva uno in cui registravo queste lunghe improvvisazioni, che in seguito riascoltavo, miscelavo e producevo. “Rumore Bianco” nasce seguendo i criteri “compositivi” di un brano di musica concreta, pur essendo un brano avant-garde, nato per “sfruguliare” l’ascoltatore. Una caratteristica peculiare di questo genere, infatti, è quella di infrangere le regole della tradizione popolare e di trascendere i principi compositivi preconcetti, così come la comfort-zone degli ascoltatori. Ricerca di novità, nella forma e nello stile, al fine di rendere il suono evocativo. Questo crea un mondo sonoro misterioso... Affascinante, in qualche modo. Perchè porta alla luce i frammenti dell’inconscio attraverso flussi di coscienza, in modo che idee apparentemente non correlate tra loro si intreccino su più livelli, andando a formare un corpo unico. Come succede in una conversazione, dopotutto.
Tre nomi che ti piacciono particolarmente della musica italiana di oggi
Mi metti in difficoltà… “piacciono” e “di oggi” non saprei. interes-
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santi, invece, ti direi: Murubutu, Post Nebbia e Meise.
Che progetti hai per l’immediato post-uscita del disco?
In questo settore si vive alla giornata, oggi più che mai. Chiunque adesso ti parlasse di programmi per quest’anno, calendarizzati e certi, mentirebbe. Vedi: ogni equazione possibile poggia su di una scommessa, di cui nessuno può sapere l’esito. Già a marzo annunciai che in ogni caso non avrei suonato per scelta fino a giugno 2021; ma, se me lo chiedessi adesso, probabilmente ti direi fino marzo 2022. Non mi sembra il momento di guardare al proprio orticello, e fortunatamente non ho esigenza di uscire dal vivo per sbarcare il lunario. Per adesso, è importante guardare al futuro con ottimismo. Nella speranza di poter tornare alla normalità il prima possibile. Non parlo solo della musica… penso ai liceali, che stanno perdendo gli anni più belli della loro vita chiusi in casa, in molti casi senza apprendere niente. Penso ai pensionati, sempre più soli, sempre più tristi. Alle coppie con una relazione a distanza, che vivono ogni saluto come un addio… Ai single che affogano nell’alcol la mancanza di calore umano; alla gente che perderà il lavoro, agli imprenditori che falliranno… credo che occorra un po’ di umiltà e tanta empatia in momenti del genere. Io sono un ostinato ottimista, per cui riesco a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, e sono certo che passerà anche questa. Solo, resto scettico sul “quando” e sul “come”. “Sperare per il meglio, ma prepararsi al peggio”: l’importante è “starci” con la testa, non affliggersi, non disperare. Trovare dentro di sé la forza per ripartire, sempre. La pandemia ha accelerato dei processi in atto da anni, che necessitavano di una “spinta” per riuscire ad imporsi. In un periodo di cambiamento radicale, nuove opportunità nascono tutti i giorni; anche se non so quante di queste coinvolgeranno il settore musicale-discografico… noi altri, finché non risolveremo il problema del Value Gap, non ci sentiremo mai realmente al sicuro.