queste istituzi uni i
rassegne e documenti
Il controllo parlamentare: quadro politico e orientamenti della più recente dottrina di Vincenzo Spaziante
i Alcune considerazioni preliminari: i temi istituzionali di una fase di transizione 3 La nuova disciplina regolamentare: è possibile una rivitalizzazione della funzione parlamentare di controllo? 10 Maggioranza ed opposizione di fronte al problema dei controlli: note critiche ed ipotesi interpretative 13 Il "processo legislativo" al di là della letteratura di denuncia 14 Indice bibliografico
A voler dar conto in maniera esauriente deil'ampio dibattito dottrinario e politico che si è sviluppato intorno al tema del nostro istituto parlamentare, il rischio è che non solo si perda, per un senso di malintesa necessità scientifica o per una vaga pretesa di onnicomprensività, l'esatta percezione delle diverse dimensioni dei problemi di cui si è discusso, ma anche che si chiuda il differente 'risalto e la specificità stessa dei numerosi contributi in una prospettiva che conduce inevitabilmente ad appiattire una realtà polimorfe, invece, e ricca 'di sfaccettature. Né per la verità una soluzione sicura e suf ficiente di per sé a fugare ogni preoccupazione può essere quella di limitare le considerazioni a un periodo di tempo ristretto (dal 1968 ai giorni nostri), ché non si vede in quale modo una limitazione puramente temporale possa evitare che l'analisi si disperda lungo i mille rivoli del dibattito in uno sforzo conoscitivo tanto disperato quanto di scarsa, o nulla 'utilità. Per altro verso, poi, è pure da notare che di fronte all'esigenza di offrire un'informazione completa e arti.clata resta sempre vivo il timore di cadere ad un livello di
2 generalizzazione tale per cui 'le promesse verrebbero mantenute solo in apparenza, mentre sarebbe sicuramente •vanificato ogni tentativo volto a fare di questa rassegna una sintesi ragionata, e per di più critica, come è invece nelle nostre intenzioni. Riteniamo COSÌ di far cosa più utile restringendo ulteriormente il campo 'd'indagine e fissando decisamente l'attenzione su quanto, nella complessiva produzione d'i questi ul't'imi anni, è venuto acquistando una centralità e una rilevanza qualitati.vamente e quantitativamente predominanti. L'a presente rassegna si sviluppa perciò, su queste basi, intorno all'ipotesi che punto focale del dibattito sul Parlamento 'sia stato e continui ad essere non •tanto 'il tema dell'individuazione delle funzioni che sia nostra massima assemblea rappresentativa 'svolge in concreto all'interno della dialettica tra organi costituzionali, quanto, più esattamente, quello del ruolo che 'a tale assemblea deve e può effettivamente essere' attribuito per consentire o per facilitare o per sanci're a livello istituzionale l'affermazione di un equilibrio politico fondato su presupposti di'versi da quelli che in precedenza si facev'ano valere. Ciò è almeno quanto sembra emergere da una 'fitta 'serie di saggi e di articoli pubblioati negli ultimi tempi, di cui cercheremo ora di cogliere, al di 'là delle anigolaz'ioni prescelte i i legami logici e le sostanziali corwergenze, per risalire di, qui ai 'nodi più propriamente politici a c'u'i essi rimandano.'
Una rapida ricognizione della nostra esperienza costituzionale repubblicana, ancorché limitata alle vicende politiche che in tempi a noi più vicini ne hanno 'scandito i tempi, consente di ritrovare immediatamente i motivi per cui 'l'in'teresse di costituzionalisti e di uomini poli'tic'i si è venuto appuntando sui temi ind'icati, e di notare come la 'tendenza di fondo che abbiamo rilevato non sia neppure caratteristica escilusiva del periodo esaminato, ma accompagni invece pun'tuaflrnen'te ogni fa'se di transizione. Così è 'stato in occasione della fine dell'esperienza centrista, lungo tutto Parco della 'terza legislatura e oltre, quan'do si trattava di predisporre un terreno istituzionale su cui il nascente centro-sinistra potesse favorevolmente muoversi e prosperare. Così, con' una consapevolezza ben diversa, è ancora oggi, da che quello stesso centro-sinistra è entrato 'definitivamente in crisi (come strategia politica, come filosofia, prima ancora che come sformu'ia parlamentare) e cio'è, come da più parti concordemente si riconosce, all'incirca dalla metà degli 'a'nni sessanta. Non è certo questo il contesto più indicato per una attenta disamina delle cause effettive di tale crisi e dei suoi successivi sviluppi. Qui ci è sufficiente accennare a come pure sul piano propriamente parlamentare il di'segno del centro-sinistra si sia rapidamente frantumato, a come si sia presto consumato qualsiasi tentativo volto a rivitalizzare o a riquaiiifi'ca:re la complessiva attività di un organo rappresentativo sempre meno capace, ormai, di rispondere in maniera
queste istituzioni luglio 1975
Direttore: SERGIO RISTUCCIA - Condirettore responsabile: GIovNI BECHELLONI. Redazione: MARco CIMINI, E-m4Io COLASANTI, MARINA GIGANTE, MARCELLO R0MEI, FNcO Siixyri, VINCENZO SPAZIANTE.
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3 adeguata agli stimoli che gli provengono, anche dall'esterno, dopo essere stato tenuto a lungo al di fuori dei reali circuiti decisionali, o per 'lo meno in una posizione di sostanziale marginalità rispetto a questi, in realizzazione di un preciso disegno che 'lo vedeva tagliato fuori da'lla 'direzione politica dello sviluppo economico e sociale del paese. E' in questa 'luce che vanno riguardati e valutati una serie di dibattiti e di conferenze che si svolgono mentre la quarta legislatura si avvia al termine, nonché gli atti dei congressi e dei convegni tenuti dagli stessi part'iti politici che, con un certo anticipo, si preparano ad affrontare la scadenza elettorale 'dei 19 maggio 1968. Dal dibat'tito organizzato dal settimanale « La Disctissione» (La «crisi » del Parlamento), al Convegno del Salvemini (La sinistra davanti alla crisi del Parlamento); dall'Indagine sulla funzionalità del 'Parlamento condotta dall'ISLE, al Convegno di studio sulla riforma degli organi legislativi promosso dal PSU, dalla attenzione particolare prestata al tema tanto da parte del X Congresso della DC, che da parte dei partecipanti al Convegno dell'Istituto Gramsci sulla Riforma dello Stato, è tutto un emblematico fervore di iniziative che si sviluppano e si moltiplicano. Ed è in questo quadro che si rafforza fino a farsi prevalente la tendenza a indicare i modi di un possibile recupero da parte 'del Parlamento delle proprie capacità decisiona'li e operative, per troppo tempo compresse e sottouti'lizzate con gravi e negative conseguenze 'sul piano dell'efficienza e, indirettamente, sul piano 'della legittimazione. Tale tendenza troverà chiara e più scoperta espres'sione, mentre si fanno ormai evanescenti le residue speranze riformatrici legate a un centro-sinistra che sempre più appare l'ombra di quello che in origine aveva voluto essere, nella 'formulazione 'di una serie di proposte atte, a giudizio dei proponent'i, a porre riparo alla crisi del Paillamento, nella ferma convinzione che gli effetti di una vclontà politica distorta possano essere in tutto o in buona parte eliminati da interventi assolutamente 'tecnici, di « ingegneria costituzionale », come si dirà in seguito. Le soluzioni che si prospettano sono 'di varia
natura (dalle ipotesi di revisione più o meno profonda della Costituzione, a quelle di adeguate iniziative sul piano 'legislativo), ma il rozzo empirismo e 'l'a mancanza di un solido fondamento conoscitivo che le caratterizzano e 'le accomunano non ne fanno certo oggetto di interesse scientifico e non meritano qui 'altro che un 'breve cenno. Con maggiore acortezza una pubblicistica diversamente sensibile rifuggerà da facili illusioni, inipegnandosi invece a'd approfondire la conoscenza delle singole funzioni parlamentari, degli ostacoli che si frappon.gono al 'loro corretto svolgimento, dei limiti soggettivi e oggettivi che esse incontrano, delle potenzialità che non riescono ad esprimere compiutamente; con la consapevolezza che una s'trumentazione tecnica e proced'urale, per quanto perfezionata, non potrà mai coartare la volontà politica, ma solo, ed eventualmente, s'muoverla e sol'lecitarl'a. In questa prospettiva, e in presenza di un vero e proprio movimento per la riforma dei regolamenti parlamentari che dall'impegno solennemente assunto dai Presidenti delle due Assemblee all'apertura della quinta legislatura trae nuovo alimento, l'aver scelto come oggetto della propria 'indagine questa anziché quella funzione parlamentare starà di per sé ad indicare, senz'a 'bisogno 'di ulteriori esplicite 'manifestazioni, un preciso orientamento m'torno al tipo di soluzione che si intende dare al problema della crisi del Parlamento. Non resta a questo punto che vedere in concreto quali sono stati questi orientamenti e in che mi'sura sono stati recepiti nei nuovi regolamenti parlamentari, quali 'nuovi assetti istituzionali questi ultimi hanno proposto e quali 'risultati ne sono scaturiti: il tutto in maniera m'diretta, attraverso 'la mediazione dell'altrui elaborazione teorica, ovviamente fin dove ciò sarà possibile e si mostrerà proficuo 'ai fini della comprens'ione del processo reale indagato. LA NUOVA DISCIPLINA REGOLAMENTARE: È POSSIBILE UNA RIVITALIZZAZIONE DELLA FUNZIONE PARLAMENTARI DI CONTROLLO?
Intorno all'individuazione 'dei fattori che determinano o concorrono a determinare la crisi del Parlamento, e 'd'i conseguenza in-
4 torno alla 'possibile soluzione 'di quest'ultima, regna in dottrina un notevole disaccordo. Su un punto, però, almeno in questa fase di gestazione dei nuovi regolamenti parlamentari, parecchi autori sembrano convenire: un potenziamento del ruolo del Parlamento, un «irrobustimento non utopico delle istituzioni parla'me'ntari », come lo chiama Amato, passa necessariamente attraverso la predisposizione •di più efficaci strumenti di conoscenza e di informazione. Ma in quale d'irezione l'introduzione 'di nuove tecniche e procedure conoscitive, ovvero l'uso nuovo di strumenti già esistenti, ovvero 'luno e l'altro insieme, possono utilmente operare? I'1 problema ulteriore che •a questo punto si pone - nota incisivamente Predieri « resta 'in fondo sempre lo stesso: informazioni sì, ma per farne che cosa? »; e sull'interrogativo le divergenze si riproducono nuovamente. L'impostazione forse più oti'gina'le, senza dubbio ila più suggestiva, è quella di Amato in un 'saggio (L'ispezione politica del Parlamento, 1968) di 'ampio respiro, in ciii non solo si osserva, come è ormai pacifico, che il• divario tra Governo e Parlamento è in larga misura un divario di informazione e che questo 'si traduce di per sé in un divario di potere, ma si afferma inoltre 'l'esistenza di una autonoma f'unzione ispettiva del Parlamento, concettualmente 'ed effettivamente distinta dalla funzione di controllo, e strumentale a poteri diversi da quello di rimozione del Governo (anche se un effetto per'lomeno «di influenza » •sul Governo nell'esercizio delle sue potestà è incontestabile). Tale 'funzione troverebbe pratica esplicazione 'in una attività, 'di 'acquisizione e di raccolta di notizie e informazioni e di elaborazione critica 'delle 'stesse, che risulta preordinata allo svolgimento non di una 'sola ma di tutte 'le 'tradizionali funzioni attribuite al Parlamento, e un suo adegua'to potenziamento consentirebbe dunque un «recupero» da parte 'del Pai1amento ad ogni livello. Sia quindi, e in primo 'luogo, sul piano legislativo, dove l'insurffi'ciente informazione relega troppo spesso il 'Parlamento in una posizione di netta subordinazione e lo costringe ad una a'ttività m'arginale e meramente registra'toria (o, al più, di emendamento, con le note aberranti con-
seguenze) nei confronti ciel'la volontà e de'!'l'iniziativa del 'Governo. Sia inoltre, per motivi sostanzialmente analoghi, sul pi'ano dell'attività di controllo. Sia infine sul piano della determinazione dell'indirizzo politico, dove potrebbero crearsi 'tutte 'le condizion'i atte 'a far 'sì che il Governo si senta spinto, se non costretto, ad uniformare la propria attività 'alle direttive espresse in sede parlamentare. L'impostazione di Amato rimane però alquanto isolata. Forse chi ancora si muove 'su questa linea, o almeno in una logica simile, è M'arzano (Le interrogazioni parlamentari, 1968) il qua'le pure 'sostiene, in riferimento specifico ad uno 'dei p.iù tipici strùmenti ispettivi - l'interrogazione 'parlamentare, appunto -, che essa, proprio perché secondo 'la comune previsione dei regolamenti e del'la Costituzione non mira affatto ad interrompere 'il rapporto di fiducia esistente tra 'il Parlamento ed il Governo, non può farsi rientrare tra i controlli propriamente politici. La tendenza prevalente in dottrina sembra invece essere orien'tata altrove, verso la negàzione di qualsiasi autonomia funzionale dell'attività ispettiva delle Camere. L'opinione largamente più 'diffusa'è che 'la complessiva attività di 'acquis'izione di conoscenze e di valutazione cri'tica delle stesse costituisce un momento solo accessorio rispetto alle tipiche attività parlamentari, pienamente e inevitabilmente inserito in un procedimento che sarà ora legislativo, ora di determinazione o codeterminazione dell'ind'irizzo politico, ora, e con maggiore frequenza, di controllo. l'i più convinto assertore di questa tesi è senza dubbio Manzel'la, che 'sul tema dei controlli parlamentari torna negli ii'ltimi a'nn:i a più riprese. Nel saggio (Osservazioni sui controlli parlamentari, 1969) che qui prendiamo 'in esame (e non certo all'unico fine di registrare 'l'esistenza di un dibattito dottrinario, ma su questo torneremo in seguito) Manzella si propone di dimostrare la possibilità di inqua'drare la nozione 'di sindacato parlamentare nella più 'ampia cate'goria del controllo giuridico-costituzionale. La dimostrazione si fonda 'su un duplice ord'ine di considerazioni di cui seguiremo,
nei passaggi. essenziali, Io svolgimento. Da una parte si sostiene la necessità di 'disancorare l'attività di sindacato dalle secche del rapporto esclusivo Camere-Governo nelle quali è attualmente costretta, e di estendexla fino a coprire l'operato di ogni altro soggetto dell'ordinamento costituzionale, per consentire al Parlamento di adempiere quei compiti di salvaguardia di fondamentali principi (in particolare, democraticità nel funzionamento ed efficienza nell'azione dei diversi organi) che gli sono imposti espIicitamente dalla Costituzione. Dall'altra si nega qualsiasi validità, sia a quelle teorie che affidano all'opposizione parlamentare, e so'lo ad essa, la titolarità delle funzioni di controllo, sia, per altro verso, a quelle concezioni che postu'lano una rigida ed immediata connessione tra sindacato (e più ampiamente, controllo) parlamentare e responsabilità ministeriale. Certo, è vero che l'attività di controllo presuppone in ogni caso 'la possibilità di comminare sanzioni; ma non si può negare che tle possibilità sussista anche in riferimento all'attività di sindacato, se si conviene che questa, come già si è detto, non si svolge esclusivamente nei confronti dol Governo e non si conclude necessariamente con un voto di fiducia o d'i sfiducia. La questione non è, in realtà, solo terminologica. Proprio « ... dalla maniera di intendere e svolgere la funzione di control'lo... » (p 411), conclude Manzella, dipenderà infatti la soluzione della profonda crisi che attraversa il Parlamento, e ci sembra estremamente importante sottolineare il fatto che in questa prospettiva si chieda (e 'lo si attenda da una revisione dei regolamenti parlamentari) un uso nuovo di strumenti ispetti'vi già esistenti, « ... sdram'ma'tizzato e liberato dalle 'suggestioni di antiche procèdure di impeachment » (p. 408).
Al 'di là però delle differenti •ddiniz'ioni si stematiche, in apparenza contrapposte e difficilmente conciliabili, restano tra 'le due tesi punti sostanziali di convergenza, sui quali merita 'fermarsi 'brevemente (1). Notiamo come in entrambi i casi il medesimo dato, reale o presunto che sia, e cioè lo 'stato 'di crisi del Parlamento, sollecita 'ad individuare nel rafforzamento della attività di controllo delle Camere, genericamente intesa e 'per ciò stesso 'riconducibile a più d'uno schema teorico, un 'rimedio capace, almeno in potenza (poiché è chiaro a 'tutti che è essenziale 'ladeguato supporto 'di una precisa volontà politica) 'di ristabilire un equilibrio di poteri costituzionali seriamente compromesso a tutto vantaggio dell'esecutivo. Perché tale rafforzamento si realizzi effettivamente è necessario però che questa attivi'tà del Parlamento sia realmente resa 'libera dai pesanti cond'izionamenti, per non parlare di ricatti, che si fanno valere ogni volta che dal suo 'svolgimento si facciano dipendere immediatamente la 'sopravvivenza del Governo in carica, nel breve periodo le sorti di una determinata formula politica, e alla lunga la 'stabilità stessa 'del sistema. In una logica che, se vogliamo, possiamo chiamare terroristica; ma, 'che, comunque la si riguardi, 'appare come un na'turale portato dalle caratteristiche del nostro regime parlamentare, strutturali (Governi che si fondano su coalizioni di partiti, molteplicità 'di correnti all'interno dei partiti) e soggettive '('dipendenti c'ioè dal modo stesso di operare 'delle forze politiche: pe'r tutte valga l'esempio dell'opposizione di snis'tra, costretta, per motivazioni strategiche, a una pratica parlamentare aff'ann6sa e 'spesso contra'dd'i'ttoria). Delle due, l'una: o 'il Governo si mostra del tutto insensibile, o indifferente, alle critiche che al suo' operato si muovono da parte dl Paillamento,
(1) Vale forse ricordare che manca in dottrina una determinazione univoca del controllo parlamentare, o per lo meno un diffuso e anche solo tendenziale consenso intorno a tale 'funzione. La molteplicità e la varietà estrema delle opinioni che al rigu'ardo si registrano (e negli ultimi tempi il fenomeno si è 'ancora più accentuato), se da una parte testimoniano di una indubbia ed emblematica ripresa d'interesse per il tema, dall'altra ci inducono, tuttavia, a non appesantire ulteriormente la rassegna tentando una incerta ricostruzione dell'istituto in chiave dogmatica, sulla base dei risultati cui è pervenuta finora la dottrina. Per una puntualizzazione sui lineamenti essenziali del controllo e sullo stato della dottrina rimandiamo all'illuminante opera di Chimenti, Il controllo parlamentare nell'ordinamento italiano, 1974; con l'avvertenza che il termine «controllo » verrà qui da noi usato nella sua accezione più ampia, e certo meno precisa, in riferimento a tutte quelle attività del Parlamento (informatjve, conoscitive, inquisitive, ispettive, direttive) che non si traducono immediatamente e necessariamente in atti legislativi.
6 e inevi'tabilmente in questo caso l'attività di controllo si riduce a semplice attività oratoria, senza il minimo effetto pratico. Questo è appunto, ad esempio, sostiene, in riferimento al 'tema specifico delle interrogazioni e delle interpel.lanze parlamentari, Buccisano (Le interrogazioni e le interpellanze parlamentari, 1969), la quale nota che « La inefficienza in cui - com'è noto versano i due istituti dipende in buona parte dall'aver loro attribuito una funzione di sindacato politico sul Governo e sull'Amministrazione che non è, a nostro avviso, la loro funzione specifica (giuridica) » (p. 16). Oppure - ed è la seconda possibilità - il Parlamento riesce effettivamente a svolgere una penetrante attività di controllo nei confronti del Governo, e il rischio allora è che per questa via si mettano •in moto (e poco conta che non 'fosse questo il disegno originario) delicati congegni politici che possono condurre, all limite (un limite, in realtà, non troppo 'lon'tano), alla posizione della questione di fiducia da parte del Governo.
per certi aspetti in maniera contraddittoria, gli orientamenti e le sollecitazioni di quella parte della dottrina che cerca, come efficacemente nota Ghelard'ucci (Le commissioni parlamentari in sede politica, 1973) « ... di recuperare al Parlamento un ruolo 'di centralità rappresentativa, caratterizzandolo come sede privilegiata di critica al sistema » (p. 105). Perché tale Teoupero sia effettivamente possibile occorre però che si realizzi una convergenza di opposti schieramenti politici, « ... soprattutto in quell'attività di attuazione-integrazione dell'indirizzo p0li'tico che è il sindacato parlamentare... D'altra parte - aggiunge Ghl'arducci né in questa sede né in sede legislativa la Costituzione prescrive l'identità dell'a maggioranza votante con quella che 'ha dato la fiducia al Governo, 'sicché per gli atti di sindacato soprattutto essa viene ad assumere un mero valore quantitativo e si prospetta come verosimile un assetto pluralista del Parlamento 'a superamento della 'precedente formula d'i dualismo funzionale (maggioranza 'governativa-opposizione) » (pp. 107-108). Considerazioni 'analoghe sono quelle 'svolte Ulteriori alternative non si pongono, 'a me- da Colonna (Il Parlamento e l'impresa pubno che, come sostiene Rizzo (Democrazia blica, 1970), per il quale la funzione di parlamentare e controlli, 1968), non si vo- indirizzo non è c'he una parte, la più quaglia riconoscere « ... natura parapolitica alla lificante, dell'attività di controllo di un orfunzione assegnata al Parlamento dall'arti- gano, il Parlamento, che è il momento della colo 100 dell'a Costituzione... (e individua- sintesi 'dell'esercizio della 'sovranità popore) ..., nel rapporto 'fra maggioranza e go- lare, nel quale 'le istanze democratiche di verno se non addirittura fra parlamento e base si mediano « ... attraverso il' tramite di governo, un settore nel quale, appunto, tutti i partiti che devono concorrere alla dequesto rapporto si configurerebbe non più terminazione dellin.dirizzo politico del paecome dialettico, bensì di collaborazione, di se... » (p. 118) secondo la previsione deldialogo, - non certo indipendente da quel- l'ait 49 della Costituzione. lo fiduciario, ma, in certo senso, seconda- E nello stesso senso si muove anche Tuccari rio rispetto a quest'ultimo » (p. 25). Ma è il quale, in riferimento specifico al controllo soluzione che, proprio alla luce delle con- sull'intervento pubblico nell'economia (Bresiderazioni più sopra esposte, appare scar- vi note introduttive ad uno studio per il samente convincente. In questa situazione, controllo del Parlamento sull'attività econonota ancora Rizzo, in ogni caso « ... alquan- m,ica pubblica, 1968) sostiene che «Indito miracolistico sembra 'l'effetto che ci si rizzo politico, 'direzione e direttiva, controlattende da un incremento di quest'attività lo, vigilanza escono da un campo d'i applidelle Camere, incremento da ottenere attra- cazione riservato storicamente all'esecutivo, verso una sua riorganizzazione ed attraver- ed alla pubblica amministrazione che ne so una precisazione dei suoi nuovi obiet- promana... » (p. 651) per divenire attributivi » (p. 9). Avremo 'ben presto modo di zioni reali del Parlamento, al quale dunque, notaTe come queste osservazioni critiche in tal modo, non verrebbe più a 'far capo non sortiranno alcun effetto in sede di « ... soltanto quell'a multiforròe iniziativa redazione dei nuovi regolamenti parlamen- diretta essenzialmente a chiamare 'in causa tari, ove si preferirà invece accogliere, e la responsabilità dei ministri o del Gover-
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no secondo io schema tuttora accolto» (p. 651). Controllo, dunque, e per riassumere sinte•ti'camente, inteso non più e non solo nella tradizionale accezione di verifica puntuale del comportamento del Governo, ma soprat tutto come compartecipazione del Parlamento alla funzione di direzione politica, e finalizzato, attraverso il nuovo assetto politico, variamente definito, che •ne discende, a una riaggregazione della domanda sociale complessiva. Questa, in conclusione, lindicazione di massima che proviene da settori largamente maggioritari della dottrina (2). Questa, nel complesso, la prospettiva su cui sembrano orientarsi gli stessi partiti po litici, ora, per residua lli timori e compren sibili preoccupazioni politiche, in maniera ambigua e sfumata, ora invece più chiaramente: con motivazioni anche contrastanti e certo con finalità talvolta anche contrap poste, che non valgono tuttavia ad alterare il dato oggettivo dell'ampio, effettivo, ed emblematico consenso intorno ai 'problemi del Parlamento. Una conferma in questo senso 'la offre, nell'intervento al dibattito organizzato d'alQ'I'S'LE, l'on. Ingrao (in Indagine sulla funzionalità del Parlamento, 1969), allora Capogruppo comunista alla Camera, il quale afferma a chiare 'lettere di ritenere « ... che per ren'd'ere efficace il controllo sia necessaria 'anche la partecipazione della maggioranza » (ip. 86), accreditan'do in questo modo, o per lo meno mostrando di non giudicare affatto infondata 'l'opinione di un altro iilustre politico, 'l'on. La 'Malfa (in La Sinistra davanti alla crisi del Parlamento, 1967), per il quale il Parlamento non riuscirebbe ad esercitare una efficace attività di controllo « ... perché la maggioranza ritiene che ogni volta che si critichi l'esecutivo si colpisce politicamente essa stessa e quindi bisogna difendere 'l'esecutivo... (deducendone conseguentemente che) ... Non è possibile, non esisterà mai controllo pazilamentare, se il controllo parlamentare è opera della mag-
gioranza da una parte, e aggressione all'opera 'dellà maggioranza dall'altra... (e che quindi) ... Il controllo parlamentare si deve porre al di sopra delle ragioni della maggioranza e delle opposizioni » (p. 61). A questo punto non resta che vedere se, e quanto e in che modo, i nuovi regolamenti parlamentari •abbiano .recepito queste precise istanze che provengono, come abbiamo visto, da ampi settori della dottrina e dall'interno stesso della classe politica, e •in che modo siano riusciti a tradurie in adeguati adattamenti normativi. Lo sforzo creativo del Parlamento arriva a realizzarsi solo nel maggio del 1971. 'Ma è una realtà che una serie di circostanze rende ancora 'inoperante. 'La pausa estiva dapprima, in seguito l'elezione del Presidente della 'Repubblica, e 'da ultimo io sciogli mento anticipato 'delle Camere, impediscono per un lungo periodo il normale e continutivo funzionamento del Parlamento, ed escludono quindi la possibilità di una sollecita verifica dei grado e dell'effettività dei mutamenti indotti dall'approvazione dei nuovi regolamenti nello svolgimento delle diverse funzioni paillamentari. Ma ancor prima dei fatti è la 'dottrina che si incarica di mettere in evidenza le caratteristi'che più significative dei nuovi regolamenti, gli elementi di novità, rispetto alla situazione p'reesistente, che essi introducono; più in 'genera'le, l'immagine diversa del Parlamento e del suo ruolo che per il tramite normativo si è cercato di costruire. A quest'opera di accreditamento concorrono larghissimi settori politici, e le poche voci di dissenso che si levano o son quelle, assai Flebili, 'd'i una minoranza pure combattiva, ma certo numericamente 'irrilevante (si veda la nota redazionale « Nuovo regolamento delle Camere: legge truffa », in Il Manife sto, 1971); ovvero son quelle, di poco più ascoltate, di irriducibili laudatores temporis atti, strenui detrattori di 'un'a realtà 'che 'li sopravanza ormai di oltre mezzo secolo, 'ai quali fa da troppo comodo schermo l'acri-
(2) e ai nomi degli autori fin qui considerati - senza peraltro la pretesa di esaurirne in via definitiva l'elenco - si potrebbe ancora aggiungere quello di Tosi (Contributo alla politica di Governo, 1969), che pure sostiene l'esistenza di una costante circolazione di indirizzi politici tra potere esecutivo e potere legislativo, voluta e assicurata dalla Costituzione stessa attraverso il rapporto fiduciario e la respoiisabilità politica del Governo, e realizzantesi nella direttiva parlamentare di maggioranza. ...
8 tico e consunto riferimento a formule vuote (governo parlamentare, governo assembleare) che indifferentemente, a seconda delle intenzioni e dell'occorrenza, possono essere riempite dei più vari contenuti, 'a prova, altrettanto valida, di una tesi così come della tesi opposta. L'ambiguità insita in questo tipo di argomentazioni è ben evidenziata dalla constatazione che siffa'tti schemi, originariamente utilizzati come modelli puramente descrittivi, assumono oggi invece un significato valutativo, ora più, ora meno trasparente. Cripto'valutativa, ad esempio, è l'esposizione di Lucifredi (Alcuni aspetti della riforma dei regolamenti parlamentari, 1971), il quale ravvisa nella nuova disciplina giuridica alcuni scivoloni in senso assem'bleare, in particolare laddove è affidata, specialmente alla Camera, « ... più •ad occasionali m'aggioranze di assemblea, che non ad organiche maggioranze di •governo, la possibilità di condurre a buon porto il programma governativo... » ( ip. 609). La stessa dilatazione dei poteri di controllo del Parlamento, realizzata, ad esempio, attraverso la introduzione delle risoluzioni, agirebbe, del resto, in questa direzione, rafforzando le tendenze centrifughe e contrastando la formazionedi una solida maggioranza parlamentare intorno al Governo. E' innegabile, tuttavia, in queste osservazioni, un certo fondamento di verità; al di là del quale appare però evidente l'incapacità di cogliere il senso storico delle trasformazioni in atto e il loro segno positivo, se non altro per il superamento di concezioni che implicano chiusure rigide, preconcette (e tendenzialmente sopraffattrici) nei confronti dell'opposizione. In ogni caso, giova ripeterlo, sono posizioni minoritarie rispetto alla communis opinio, che tende invece a sottolineare il successo del tentativo di rivitalizzazione e riqualificazione dell'attività e del ruolo del Parlamento in generale, e, in particolare, della funzione di indirizzo e controllo. Un fIorilegio di testi pubblicati per l'occasione può dare un'idea in qualche modo indicativa di come sia impresa a dir poco faticosa riuscire a cogliere, nel •coro dei consensi, sfumature di toni.
Potremmo iniziare questa rassegna, necessariamente incompleta, con Bertolini (Le commissioni parlamentari nei nuovi regolamenti della Camera e del Senato, 1973), a parere del quale con i nuovi regolamenti le commissioni sarebbero state chiamate « ... ad assumere da protagoniste il compito della in:centivazione di quell'importante comparto delle funzioni parlamentari che è costituito dal controllo politico e dall'informazione» (p. 35). Analoghe, per ciò che qui a noi interessa, si rivelano le conclusioni di Ghelarducci (Le commissioni parlamentari in «sede politica », 1973), il quale pure ritiene che i nuovi regolamenti parlamentari abbiano operato nel senso di una « ... riacquisizione al Parlamento di un ruolo attivo nell'indirizzo politico... » (p. 108), consistente soprattutto nella rivalutazione dei 'suoi strumenti di sindacato. Concorde, al 'riguardo, anche il parere di Cosentino (Regolamento della Camera e prassi parlamentare, 1973), il quale nota, in particclare, che l'istituto della risoluzione, previsto ail'art. 117 del nuovo regdlamento della Camera, consentendo di esprimere orientamenti e di definire indirizzi su specifici argomenti d'i settore, è « ... quanto di meglio •si possa trovare per incentivare, restaurare l'esercizio d'ella' funzione di controllo... » ( p. 62). E ciò, come viene chiarito più avanti, anche se alla risoluzione si attribuisca, come pare ovvio attribuire, valore uguale a 'quello della mozione; anche se, cioè, come la mozione, la risoluzione •faccia valere esclusivamente un impegno politico da p'arte del governo. Positivo è anche il giudizio di Mar•tines (Regolamenti parlamentari e attuazione della Costituzione, 1971),. pe'r il quale i nuovi regolamenti avrebbero definitivamente inserito il Parlamento nel circolo costituzionale con pienezza di poteri e con una accresciuta forza politica. Il « ... potenziamento dei poteri delle commissioni in campi diversi da quello legislativo... - sostiene l'Autore - ... costituisce 'senza dubbio uft indice della concorde volontà delle due Camere di riaffermare - anche normativamente - la loro natura di organi di 'direzione politica... Si è data, in tal modo, attuazione alla Costituzione ponendo i presupposti perché le Camere esercitino in modo più efficiente i
9 poteri di controllò e di indirizzo che, loro attribuiti dalla Carta fondamentale, costituiscono uno degli elementi caratterizzanti la nostra forma di Governo ». (p. 12).
proprio dalla vigorosa affermazione del potere di direzione politica dei parlamenti, era andato progressivamente, come ognuno sa, demolendosi, a vantaggio del ruolo sempre più egemone del potere di direzione politica del 'governo » (p. 5). Tra qu'anti ritengono fondata l'affermazione d'i 'un potenziamento dell'attività 'di controllo 'del Parlamento, con possibilità di rilevanti consegtenze sul piano ,dei rapporti tra organi costituzionali, è pure Ohimenti (Il controllo delle Cqmere 'sull'attività governativa nei vecchi e nei nuovi regolamenti parlamentari, 1971), 'il quale si pone 'apertamente 'la 'domanda se e in quale misura tale potenziamento, « ... indubbiamente perseguito dai nuovi regolamenti, non •s'ia capace, qualora venga tradotto in realtà opera'nte, di modificare l'intero sistema costituzionale... », eliminando quell'inefficienza delle Camere, che potrebbe rappresentare « ... un elemento indispensabile al permane•re d'i quel particolare equilibrio fra i poteri che caratterizza il regime parlamentare » (p. 311). Resterà da vedere - conclude Chimenti, accennando a una maggior prudenza - se 'gli strumenti teoricamente ' validi in vista dell'adempimento della funzione di controllo di cui 'le Camere si sono dotate, s'arà sufficiente a vincere « ... una certa ritrosia, 'da parte dei parlamentari, ad impegnarsi nell'attività di coltrollo..., una attività psicologica che, accom'pagn'andosi alla oggettiva imperfezione degli strumenti regolamentari anteriori, ha concorso a far sì che negli .anni passati la funzione di cui si parla fosse nettamente trascurata » '(p. 315). Poiché è chiaro che « ... se questo atteggiamento psicologico non muta, se non si modifica la scala dei valori 'attri'bui'ti dai parlamen'tari ai vari compiti d'i cui essi sono gravati, l'esercizio del controllo anche in avvenire incontrerà delle resistenze e subirà delle battute a vuoto» (p. 316).
Quest'ultimo esplicito i-iferimento alla far'ma di governo introduce nel dibattito la ulteriore, più ampia problematica degli intrecci, delle reciproche connessioni tra funzione di controllo (e di indirizzo) e assetto politico-istituzionale. Sul tema si soffermano diversi autori. Così, ad esempio, Tuccari '(Della nuova funzione di indirizzo e di controllo del Parlamento, 1971), per il 'quale 'l'attività, apptmto, di indirizzo e controllo del Parlamento, con la nuova dis'cilina abbandonerebbe « ... 'finalmente 'le caratteristiche di una insufficiente ed episodica attività ispettiva per assumere quelle di un'azione di impulso, di preciso indirizzo e di esauriente verifica sul comportamento del governo e 'della pubblica amministrazione in ordine a compiti ben delimitati... » (p. 35), in una prospettiva in cui «Lo schema classico della 'dis'tribuzione dei poteri, fra l'esecutivo che governa '('attraverso 'l'amministrazione) e il Parlamento che conferisce il mandato di governare e poi controlla, 'viene xadica'lmente modificato dalla attribuzione della potestà di 'indirizzo politico, da imputarsi direttamente e coti riferimento a situazioni concrete, anche al 'Parlamento, il quale lo eserciterà con il peso che 'gli proviene dall'essere organo sovrano » '(p. 39). Considerazioni in 'larga misura simili sono svolte da Tosi (Innovazioni e conferme nella recente riforma dei regolamenti parlamentari, 1973), per il quale, tra 'le moltissime innovazioni in tema di indirizzo politico, l'introduzione nel "diritto positivo parlamentare del « controllo-direzione» è « ... il fatto nuovo che può comportare implicazioni novatrici, 'addirittura rivoluzionarie, nel sistema di governo, quale si è venuto configurando, seguendo più o meno i moduli di L'eseimpl'ificazione potrebbe proseguire anquello che' Giannini chiama il «figurino » cora, ma non varrebbe più 'a molto, essendello schema classico del governo parla do già emerso a questo punto, con suffimentare. La introduzione 'normativa della ciente chiarezza, come i suggerimenti e 'le funzione di « controllo-direzione» è il pun- sollecitazioni che per 'tutto un quinquennio to 'di arrivo '(che direi si registra per 'l'a pri- sono 'venuti non da un 'singolo settore più ma volta in un parlamento occidentale) di o meno maggioritario, più o meno rappreun 'faticoso e spesso contraddittorio pro- sentativo, ma da un arco di forze abbastancesso genetico 'di istituti, il quale, partito za vario e composito, si'ano stati alla fine
lo attentamente considerati e in larga misura recepiti 'nel testo dei nuovi regolamenti. Se in questo modo si sia riusciti a risolvere una grave crisi di disfunzionalità del Parlamento (ammesso che fosse effettivamente questo il problema da risolvere), è ancora impossibile saperlo in mancanza di una verifica reale. Certo è che • in questo senso sembra orientarsi una componente largamente maggioritaria della dottrina, il cui apologetico ottimismo, anche se a volte cauto e contenuto, non lascia dubbi in proposito. .Né valgono 'a modificare il quadro d'insieme i toni critici di isolati autori. E' questo, ad esempio, il caso di Amato (Tendenze istituzionali e nuovi regolamenti par lamentari, 1973), il quale,. pur ammettendo che con la nuova disciplina « ... si è cercato di far molto al fine di dare una maggiore tangibilità ai manualistici poteri di ispezione e di controllo » ( p. 97), si chiede tuttavia « ... di quanto potrà essere maggiore il nuovo potere di controllo, sino 'a quando le predeterminazioni di indirizzo effettuate dal 1Parlamento resteranno tanto periferiche, tanto lontane dalle concrete attività dell'apparato, quanto oggi le rende il sostanzioso cuscinetto dell'alta amministrazione, vale a dire dell'indirizzo auto-deliberato dal Governo» ('p. 98). 1.1 problema fondamentale dei controlli, sostiene Amato, può essere avviato a soluzione « ... solo andando al di là del regolamento... », solo attraverso una nuova allocazione delle scelte politiche; il che non significa estraniare il Governo dall'alta amministrazione, ma fargli portare in Parlamento, sotto forma di proposte, numerosi degli atti di indirizzo che oggi vara in via autonoma» (.p. 98). Di tu'tt'altro genere sono invece le 'riserve (significative e particolarmente qualificate, per il fatto che provengono dall'interno della istituzione appena riformata) fondate sul timore che la mancata rimozione di quel grosso ostacolo temporale rappresentato dall'eccesso di proliferazione legislativa (Cosentino, Maccanico), o la mancata modifica dei ritmi di lavoro, delle attrezzature e dei servizi delle due Camere (Chimenti) possano avere un effetto preolusivo nei riguardi del pieno svolgimento della funzione parlamentare di controllo.
MAGGIORANZA ED OPPOSIZIONE DI FRONTE AL PROBLEMA DEI CONTROLLI: NOTE CRITICHE ED IPOTESI INTERPRETATIVE.
A questo punto alcune riflessioni' su quanto abbiamo fin qui esposto si impongono. Lo spunto lo offrono le osservazioni svolte da Pace (Le inchieste parlamentari nei nuovi regolamenti delle Camere, 1971) in merito al divieto, previsto solo dal regolamento della Camera (art. 116, 4° comma), per il Governo di porre la questione di fiducia su proposte d'inchiesta parlamentare. Tale divieto, a prescindere dalle fondate questioni di 'illegittimità costituzionale, che pure solleva, si inquadra (e bene la esprime) in una logica che ha portato ad escludere definitivamente una configurazione dell'istituto come potere spettante a una minoranza qualificata, e a puntare invece decisamente sulla piena autonomia del Parlamento nei confronti del Governo, in una prospettiva di recupero parlamentare incentrata sulla collaborazione tra maggioranza e minoranza nell'attività di controllo. In tal modo si è 'inteso svincolare il tema delPinformazione dal principio della responsabilità politica del Governo, 'accreditando 'le teorizzazioni 'di quanti considerano vicenda eme'rgente del gioco parlamentare il superamento della contrapposizione maggioranza che governaminoranza che sta all'opposizione. Ciò, oltre ad assecondare un fisiologico processo di dilatazione dell'area di intervento di tendenze 'che hanno già avuto modo di sperimentare altrove (nello svolgimento dell'attività legislativa) la propria validità, consentirebbe, come ad' esempio sostiene D'Ono•frio (Le indagini conoscitive delle commissioni parlamentari, 1971) di « ... riaffermare la supremazia del potere politico, di cui sono investite democraticamente le assemblee rappresentative, nei confronti di soggetti ad esse esterni e, in parte, subordinati alle scelte del potere politico stesso » (p. 80). La dialettica democratica, secondo que•ste formulazioni, non opererebbe più all'interno del Parlamento, ma 'vedrebbe contrapposto quest'ultimo n'ella sua complessiva, rilevanza, a quei centri di potere (d'ai dirigenti delle imprese pubbliche, all'alta burocrazia ministeriale) sostanzialmente 'autonomi ed esterni al rapporto fiduciario. Nel Parla-
11 mento che controlla l'attività di questi centri di potere, l'a maggioranza ha interessi omogenei a 'que'l'li dell'opposizione, e se pure le indagini e/o le inchieste sono, e nella nuova disciplina restano strumento di governo della maggioranza, esse giovano però obiettivarnente - osserva Manzella (Il rapporto maggioranza-opposizione in Parlamento, 1969) - tanto 'alla maggioranza parlamentare quanto all'opposizione. Ma non è teorÌzzazione convincente. Innegabile è il fatto che le due giunte per il regolamento non 'abbiano tenuto nel minimo conto 'le indicazioni e gli orientamenti prevalenti all'interno della Commissione sulla riforma parlamentare promossa dall'ISLE (mentre invece molte altre proposte avanzate dalla Commissione siano state puntualmente accolte). La mancata conferma può significare molte cose. Certo, come 'afferma ancora 'Pace, è indubbio che 'rispondesse, 'almeno « ... politicamente, agli intimi desideri del maggior partito di sinistra... » (p. 20). Ma di qui a'd affermare l'esistenza di una omogeneità di interessi, al livello del controllo, tra maggioranza ed opposizione, il passo ci sembra troppo lungo. Forse, più propriamente, conviene parlare, a questo proposito, di interessi po'liticamente eterogenei che pur esprimendo esigenze diverse e talora contrapposte, giungono tuttavia a con'vergere nella formulazione di alcune indicazioni 'sulle quali il consenso riesce 'ad essere diffuso. 'E se queste indicazioni appaiono chiare e di facile ed immediata percezione, meno facile si presenta invece ritrovare gli interessi 'diversi che sullo 'sfondo si muovono, quando non 'ci si voglia limitare a prender per 'buone dichiarazioni d'intenti e formule di rito, prive d'ogni sicura attendi'bilità. Il compito è ancora meno facile per chi, come noi, dubiti fortemente che l'a m'aggioranza sia portatrice di un unico interesse individuale (o anche solo di più interessi sostanzialmente omogenei), per la rilevanza e la piena operatività, anche in questo caso, di notevoli margini di differenziazione tra i partiti che fanno parte della coalizione, e, all'interno di questi, tra "le varie correnti. Al riguardo, crediamo che alcune ipotesi interpretative possano e debbano essere 'ten-
tate. Certo, è per 'lo 'meno strano che il partito democristiano, che da sem'pre ha fondato il suo potere su una struttura economica pubblica e semipubblica che mai ha sopportato il benché minimo tentativo di controllo da parte di nessuno, e meno che mai da parte del Parlamento, ritenga 'a un certo punto essere venuto il momento in cui 'proprio il 'Parlamento debba essere reintegrato in pieno nel suo potere di controllo, e che a tale 'fine si renda addirittura necessario 'l'apporto dell'apposizione. Si potrebbe sostenere che a ciò spinge, con la sua violenza, la crisi stessa di questo sistema di potere, al cui interno si sarebbero aperte tali e tante contraddizioni da divenire momento di disaggregazione piuttosto che di aggregazione, e, per le spinte centrifughe che lo 'dilaniano, meccanismo a stento controllabi:le dagli stessi suoi 'artefici. Ma l'argomento non sembra affatto decisivo, rimanendo poco chiara la ragione per cui da una cooptazione dell'opposizione nell'attività di controllo sia lecito 'attendersi risultati migliori rispetto a quelli che l'auto.. noma iniziativa della Dc potrebbe ottenere. A nostro parere, un tale disegno si mostra assai più congenia'le agli i'nteressi di tutte quelle minoranze (interne alla Democrazia cristiana o alla coalizione d'i governo) che, escluse o tenute ai m'argini della s'partizione delle spoglie, potreb'bero 'in tal modo (ad esempio, attraverso 'una partecipazione del Parlamento alla nomina dei dirigenti degli enti pubblici) sperare di crearsi più 'larghi spazi di manovra. D'altra parte, una caratterizzazione dall'attività parlamentare di controllo come esercizio 'soprattutto verbale, nel quale coinvolgere anche 'l'opposizione e attraverso il qu'ale rendere sempre meno facile o escludere addirittura) l'a possibilità che si faccia 'valere la responsabilità politica di un Governo o anche solo di un ministro, compenserebbe in misura 'adeguata anche il 'gruppo 'dirigente democristiano. Quanto 'allatteggiamento del PCI esso sembra i'n questo caso non tanto ispirarsi alle linee di un disegno tracciato in positivo, quanto piuttosto riflettere 'la preoccupazione di chi 'teme e 'vuole evitare di essere emarginato in quel 'ruolo puramente rubaI'temo che inevita'bi'lmente, per le caratteristiche dei nostro sistema politico, compete
12 ad un'opposizione quando ad essa venga 'affidato, come spesso e da più parti è stato proposto, il compito esclusivo di tallonare, di incalzare la maggioranza e di crearsi in questo modo (attraverso lo svolgimento di una attività di controllo intesa più, come critica che come verifica), la possibilità (remota) di divenire, 'a sua volta, essa stessa maggioranza. iò che, normale, pienamente legittimo e concordemente accettato dalle forze politiche in altri ordinamenti costituzionali, potrebbe celare, nel nostro, una trappola ben più pericolosa di quella conventio ad excluden'dum già tanto tenacemente 'avversata. Né gli effetti pratici dell'attività di controllo potrebbero rivelarsi, per questa via, senz'altro più significativi. Se dunque, almeno in parte, i timori dell'opposizione risultano fondati, va però chiarito che l'accettazione di un'a diversa soluzione rischia di far egualmente decadere ogni reale possibilità di controllo da parte del Parlamento. E già un segno viene dal modo stesso in cui parte della dottrina pone il problema dei contrlli, sulla scorta delle indicazioni che al riguardo forniscono i nuovi regolamenti. In particolare, l'individuazione di un «potere politico-parlamentare» contrapposto a un « potere economico » e a un « potere burocratico » è semplificazione troppo schematica rispetto a una realtà più complessa, fatta invece di interconnessioni frequenti e •di ruoli mai così rigidi e 'facilmente determinabili. A tale semplificazione è complementare l'affermazione di chi ritiene che lo schermo della responsabilità ministeriale risulterebbe falso e traiaticio, in riferimento all'attività di questi « poteri » non legittim'a'ti. Il ragionamento nasconde l'insidia del d'iscorso fuorviante che conduce a riguardare 'queste vicende come dati naturalisticamente anziché storicamente determinati, quasi che 'le nomine degli amministratori, gli aumenti dei fondi di dotazione, le coperture bancarie concesse ai grandi enti pubblici o a partecipazione statale siano eventi, alla stregua di terremoti e inondazioni, che non possono farsi risalire né 'direttamente, né indirettamente alla volontà •di nessuno, meno 'che m'ai a quella di un ministro.
Degli ef'fetti aberranti che discendono da quèste teorizzazioni, e che non 'vale qui ricordare essendo sotto 'gli occhi di tutti, l'esperienza recente in tem'a di udienze conoscitive offre un valido esempio: i grandi commessi dello Stato, appositamente convocati dalle competenti commissioni parlamentari, vengono a raccontare nel modo più naturale le vicende più sconcertanti; i Ministri (quando sono presenti) replicanò in maniera, se possibile, 'ancora più sconcertante; il tutto di •fronte 'all'imbarazzo o all'indignazione dei membri d'ella Commissione. Esclusa, normativameftte, ogni possibilità di trarre conclusioni politiche 'da quanto è stato detto, e assolutamente impensabile, allo stato attuale, un effe'tto anche solo di influenza, non resta che 'l'amara consolazione di ritrovare, di questi discorsi e di questi dibattit'i, ampia eco sulla stampa. Non sembra dun'que, per concludere, che l'attuale tendenza c'he si registra in tema di indagini, di inchieste (amplius, di informazioni) parlamentari, sia riuscita 'a fare 'di queste, come avrebbero voluto alcuni, strumento utile 'agli interessi omogenei di mag•gioranza e opposizione. Ma n'eppure, come più realisticamente hanno sostenuto 'altri, uno strumento 'di governo dell'a sola maggioranza, « ... utile soprattutto per recuperare, sùl piano delle indagini, quanto si è perduto, in credibilità, nel comportamento politico quotidiano ». ('Pace, Le inchieste p. 21). Le ragioni 'di questa grave sottoutil'izzazione 'vanno ricercate non tanto nell'intrinseca imperfezione dei mezzi conoscitivi, degli strumenti di controllo, quanto nel mancato raccordo sia concettuale che reale tra 'le diverse funzioni parlamentari. E se non sorprende né scandalizza 'che a evitare 'il raccordo sia chi trae tutto il vantaggio da una rigida distinzione verticale delle funzioni parlamentari, stabilendo preclusion'i in 'alcune aree, e mostrando disponibi'lità in altre, non può però non essere motivo 'di 'grave preoccupazione che a rifiutare un recupero « orizzontale» e integrato della complessiva attività delle Camere 'attraverso un uso 'duttile 'della propria forz'a, che 'dosi sapientemente atteggiamenti di opposizione intransigente e di fattiva collaborazione, sia il maggior pàrtito di sinistra.
13 IL «PROCESSO LEGISLATIVO» AL DI LA' DELLA LETTERATURA DI DENUNCIA.
Quanto all'attività legislativa delle Camere, mancano, al riguardo, organici tentativi di ricostruzione critica da parte della dottrina. Se si escludono i contributi specifici, spesso anche di notevole pregio, su aspetti e problemi particolari di tale attività, si può forse dire, con approssimazione di non molto lontana dal vero, che Io scarso interesse per il tema è inversamente proporzionale alla effettiva rilevanza del:l'attività in questione. Lo spàzio lasciato così scoperto è stato con prontezza occupato da una letteratura di denuncia, veri e propri cahiers de doléance, che invariabilmente lamentano 'la scarsa funzionalità di un Parlamento dissipatore delle risorse finanziarie del paese, impegnato a regolare, in misura quasi esclusiva, interessi sezionali, microsezionali e individuali. La constatazione, difficilmente controvertibile sul piano dei fatti, è affetta, tuttavia, da un grave vizio d'origine, poiché rimane confinata all'interno di una logica puramente descrittiva (o di interpretazione superficiale) che per tali caratteristiche ben si presta, al più, a essere utilizzata a fini restaurativi, in battaglie politiche che facciano 'leva sull'emotività, sulle sensazioni forti piuttosto che sulla ragione. Di pari passo con l'affermazione di una presunta degenerazione dell'attività legislativa parlamentare procede infatti la richiesta di liberare il Parlamento dall'eccessivo carico che si è voluto assumere sulle spalle, per far valere anche in questo campo, attraverso gli opportuni rimedi (detlegificazione e parallela espansione della potestà regolament'are, ricorso più frequente alla legislazione delegata e d'urgenza, peso più accentuato dell'iniziativa legislativa governativa (3), controllo di compatibilità dell'iniziativa legislativa parlamentare con 1 programmi del Governo) la predominanza dell'esecutivo. Un serio colpo a queste teorizzazioni e alla loro strumentalità politica è stato di recente
inferto dalla ricerca sul processo legislativo condotta da vari gruppi di ricercatori per la direzione di Predieri, e attualmente in corso di pubblicazione. I meriti della ricerca sono indiscutibili. In primo luogo per aver 'dato finalmente corpo concreto e contorni definiti a un fenomeno (quello delle leggine) che per troppo tempo è stato oggetto di deprecazioni tanto ossessive quanto scarsamente approfondite, misurandone l'ampiezza e mettendone in evidenza i modi e le proced.ure di formazione. In secondo luogo (e qui il merito va più propriamente attribuito a Predieri) per aver tentato del fenomeno un'interpretazione in chiave storico-politica, scoprendone in quest'ottica significato reale e valenze anche positive (la funzionalità mediativa, gli effetti stabilizzanti, la capacità di assicurare un « ... minimo per non rovesciare, in modo irrevrsibile, le possibilità democratiche... »), e segnalandone, infine, il relàtivamente recente e ancora incerto e tendenziale superamento. Certo, si potrà anche non condividere pienamente Panalisi di Predieri, si potrà dissentire su singoli •punti della ricostruzione. Si potrà, più in generale, discutere (4), come di recente ha fatto Cerroni (Il Parlamento e le leggi, 1975), sulla validità di un metodo che, privilegiando nella complessiva attività delle Camere il momento legislativo, « ... può comportare di valutare la •stessa attività legislativa sul puro piano della mediazione degli interessi e della composizione delle maggioranze ». Ci si potrà ancora chiedere se nell'analisi costi-benefici di Predieri l'entità reale della prima voce non risulti in certa misura sottovalutata. Se, cioè, in altre parole, un atteggiamento subalterno e puramente difensivo (ovvero, secondo differente valutazione, costruttivo e responsabile) fosse tutto ciò che era realisticamente legittimo attendersi dal'l'opposizione di sinistra su questo terreno. La complessità della questione fa obbligo di precisarne ulteriormente i termini, quando si voglia evitare di cadere nel più piatto e banale dei moralismi. Il problema che in
Lo stesso Presidente della Repubblica Leone, in un'intervista concessa a Il Giorno il 23 dicembre 1973 ha del resto auspicato un ricorso più frequente ad ampie deleghe a favore del Governo, e ha invitato a non avere paura dei decreti-legge. anche se l'osservazione sembrerebbe più giustificata in riferimento ad altri autori. Per una lettura dei problemi del Parlamento in chiave di interessi si vedano, ad esempio, Amato (Le istituzioni e gli interessi, 1971) e Bassanini (Il pluralismo con giunturale, 1971). ...
14 tale modo si pone è quello della validità di un « metodo di lavoro » (ché a tanto, in buoia sostanza, si riduce il cogoverno maggioranza-opposizione), misurata non tanto in valore assoluto, quanto in relazione agli obiettivi stessi che ci si è posti e che si intende conseguire. E se l'obiettivo era quello minimo di non vedere rovesciate definitivamente le possi•bilità democratiche e soppresse, o solo diminuite, le garanzie di libertà fissate in Costituzione, è indubbio che esso è stato raggiunto (anche se a volte è parso sfuggire: emblernatica, al riguardo, la recente vicenda del «progetto Reale »). Se invece l'obiettivo era quello, di gran lunga più ambizioso del primo, di riuscire a spingere gli interventi legislativi nell'area delle grandi riforme e a caratterizzarli con il proprio apporto (sviluppando una prassi ormai consolidatasi ai livelli inferiori delle leggine) in senso più possibile democratico, in questo caso diviene difficile sostenerne il pieno raggiungimento, dal momento che la legge che nasce in questo modo ha, come nota Predieri (Il Parlamento, 1975), valenza plurima ad azione differita, è destinata cioè ad assumere i più diversi significati, e « ad essere precisata in un successivo momento ovviamente non più dal parlamento (o talvolta dal parlamento in un secondo tempo, con successive approssimazioni), ma d.al:l'amrninistrazione o dai giudici, o dalle regioni » (p. 89).
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Un servizio di documentazione: la nuova serie di « Queste Istituzioni»
Nell'ambito del programma di ricerca sulle culture e sulle istituzioni politiche promosso dtil Centro Studi della Fondazione Adriano Olivetti, è nata l'idea di un servizio di documentazione sulle condizioni e sui problemi dei poteri e delle istituzioni in Italia. E' parso utile cominciare con alcune rassegiw bibliografiche ragionate: quali interpretazioni danno gli studiosi sulla situazione di singoli settori o soggetti istituzionali? L'iniziativa può realizzare una prima ricognizione utile per ulteriori programmi di ricerca sui problemi dell'ordinamento democratico in Italia. In prospettiva, l'idea è di costituire un "osservatorio" critico e sistematico della vita istituzionale in rapporto alle principali trasformazioni della società. La stesura delle rassegne bibliograf iche è ftata curata dal "Gruppo di studio su società e istituzioni" con l'intento di fare una panoramica generale della problematica relativa ad alcune istituzioni (il sistema politico italiano; il Parlamento; il potere militare; il dibattito sull'istituzione scolastica). Alle prime bibliografie pubblicate in fascicoli brevi di facile uso ne segui ranno altre dello stesso tipo. In una seconda fase l'orientamento di lavoro si specificherà per problemi e si ailargherà ai contributi della letteratura di altri paesi. Alle rassegne bibliografiche del programma promosso dal Centro Studi della Fondazione Adr.iano Olivetti sono dedicati i primi 4 fascicoli della nuova serie di "Queste Istituzioni". Alcuni successivi fascicoli conterranno i contributi autonomamente elaborati dal « Gruppo di Studio » sulla linea indicata nei numeri usciti nel 1973 e 1974.