I.
LE FONDAZIONI IN ITALIA LIBRO BIANCO Consiglio italiano per le Scienze Sociali
queste istituzioni Anno
XXIX
n.
127/2002
Direttore: SERGIO RISTUCCIA Condi rettore: ANTONIO DI MAJO Redattore Capo. SAVERIA ADDOTTA Comitato di redazione: FABIo Biscorri, ROSALBA Coiu, FRANCESCA DI LAscIO, ALESSANDRO HINNA, EMANUELE Li PUMA, GIORGIO PAGANO, ELISABETTA PEZZI, MASSIMO RIBAUDO, CRISTIANO A. RISTUCCIA, GEMMA SASSO, ANDREA SPADETI-A
Collaboratori: ARNALDO BAGNASCO, ADOLFO BATrAGLIA, GIovANNI BECHELLONI, GIUSEPPE BERTA, GIANFRANCO BETTIN LATTES, OSVALDO CROCI, ROMANO BETTINI, DAVID B0GI, GIROLAMO CAIANIELLO, GABRIELE CALvi, MANIN CARABBA, BERNAJWINO CASADEI, MARIo CACIAGLI, MARCO CIMINI, GIUSEPPE COGLIANDRO, MASSIMO A. CONTE, ERNESTO D'ALBERGO, MASSIMO DE FELICE, DONATELLA DELLA PORTA, BRUNO DENTE, ANGELA Di GREGORIO, CARLO D'ORTA, SERGIO FABBRINI, MARIA ROSARIA FERRARESE, PASQUALE FERRO, TOMMASO EDOARDO FR0SINI, CARLO FUSARO, FRANCESCA GAGLIARDUCCI, FRANCO GALLO, SILv1O GAMBINO, GIULIANA GEMELLI, VALERIA G1ANNELLA, MARINA GIGANTE, GIUSEPPE GODANO, ALBERTO LACAVA, SIM0NA LA ROCCA, GIAMPAOLO LADU; SERGIO LARICCIA, GIANNI LIMA, ANNICK MAGNIER, ADELE MAGRO, ROSA MAIORIN0, GIAMPAOLO MANZELLA, DONATO MASCIANDARO, PAOLO MIELI, ELINOR OSTROM, VINCENT OSTROM, ALESSANDRO PALANZA, ANDREA PIRAINO, BERNARDO PIZZETTI, IGNAZIO PORTELLI, GIOVANNI POSANI, GUIDO MARIO REY, GIANNI RIOTrA, MARCELLO R0MEI, FICESCA ROSSI, FABRIZIO SACCOMANNI, LUIGI SAI, GIANCARLO SALVEMINI, MARIA TERESA SALVEMINI, STEFANO SEPE, UMBERTO SERAFINI, FRANCESCO SID0TI, ALESSANDRO SILJ, FEDERICO SPANTIGATI, VINCENZO SPAZIANTE, PIERO STEFANI, DAVID SZANTON, JULIA SZANTON, SALVATORE TERESI, VALERIA TERNINI, TIZIANO TERZANI, GUIDO VERUCCI, FEDERICO ZANPINI, ANDREA Z0PPINI Segretaria amministrativa: PAOLA ZACCHINI Direzione e Redazione: Via Ovidio, 20 - 00192 Roma Tel 68136068-85 - Fax e segreteria telefonica 06.68134167 E-mail: ristucciad@quesire.it Periodico iscritto ai registro della stampa del Tribunale di Roma al n. Responsabile: GIoVANNI BECHELLONI
14.847 (12
dicembre
Editore: QUES.I.RE sri QUESTE ISTITUZIONI RICERCHE
ISSN1121-3353 Stampa: CPR - Roma Chiuso in tipografia il 22 gennaio 2003 In copertina: Ford Foundation Building - Elaborazione alcomputer di Massimiliano Maggi
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Associato all'Uspi: Unione Stampa Periodica Italiana
1972)
queste istituzioni ha sempre considerato fra i suoi compiti primari lo studio delle organizzazioni non profit e, fra queste, delle Fondazioni. Ha raccolto e reso note informazioni sull'attività di molte Fondazioni. Ha elaborato proposte di assetti istituzionali più propri alle esigenze dell"azione volontaria' che attraverso tali organizzazioni, si realizza nella società contemporanea. Nel corso degli anni Novanta, la Rivista ha anche cooperato a convegni sulla materia (si ricordi quello organizzato dalla Cassa di Risparmio di Bologna, nel 27 novembre 1992, su Il nuovo delle Fondazioni Casse di Risparmio) ed ha promosso quello tenutosi a Roma (Fondazioni e Associazioni. Proposte per una riforma del primo libro del Codice Civile, 1213 marzo 1993). La Società di ricerca e consulenza Ques. i. re srl/Ristuccia Advisors, che pubblica la Rivista, ha elaborato un Rapporto sulle Community Foundation poi pubblicato suin. 7dei manualiACRf. In ragione, quindi, di una consolidata presenza in questo campo di studi e proposte, la Rivista è lieta di ospitare nel presente numero monografico il Libro Bianco sulle Fondazioni in Italia del Consiglio Italiano per le Scienze Sociali. La Redazione
In dice
I. ORIGINI E SVILUPPI RECENTI DEL FENOMENO FONDAZIONI IN ITAUA Il Terzo settore come espressione dell"italiano" fuori dal cliché Fondazioni in Italia e in Europa Le Istituzioni non profit in Italia secondo I'ISTAT. Le fondazioni secondo l'ISTAT ed altre precedenti rilevazioni. Ragioni e prospettive della rinascita delle fondazioni
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QUESTIONI E PROPOSTE
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LE FONDAZIONI FRA GIUNGLA LEGISLATIVA E FIGURE DELLA PRASSI Fondazioni di diritto civile Le fondazioni derivanti dalla trasformazione di categorie di enti pubblici La trasformazione in fondazione di singoli enti pubblici Fondazioni create ex novo dal legislatore Forme di fondazioni individuate dalla prassi Il senso della legislazione recente QUESTIONI E PROPOSTE
LE FONDAZIONI AL LAVORO Fondazioni come "aziende" Dall'autoreferenzialità al lavoro in rete con visione strategica Amministratori, staffe formazione Rendicontazione e chiarezza di comunicazione QUESTIONI E PROPÒSTE
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25 28 31 34 36 38
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FONDAZIONI E FISCO Excursus sui criteri teorici per individuare il regime fiscale delle fondazioni Brevi cenni sul regime tributario dei Paesi europei Il trattamento tributario delle fondazioni in Italia Il trattamento fiscale dei donatori Una considerazione d'insieme QUESTIONI E PROPOSTE
LE FONDAZIONI DI ORIGINE BANCÀRIA COME VALORIZZAZIONE DEL CAPITALE ALTRUISTICO ACCUMULATO NEL PAESE Alle origini delle banche: credito e beneficenza La trasformazione del sistema bancario a fine Novecento Le fondazioni di origine bancària: un lento processo di assestamento Le leggi 1998-1999: nascono definitivamente le fondazioni di origine bancaria La legge finanziaria per il 2002 modifica il sistema: un passo indietro QUESTIONI E PROPOSTE
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59 62 64 67 69 70
73 74 75 78 81 83
Premessa
I
l Consiglio italiano per le Sèienze Sociali (Css) dà inizio, con la pubblicazione del Libro Bianco sulle Fondazioni in Italia, ad una serie di interventi sui problemi della società italiana ed europea in relazione allo stato della ricerca sociale e al contributo che questa può dare alla loro soluzione. Definite le linee di lavoro in un documento programmatico 'deliberato dall'Assemblea tenutasi nel maggio 2001, il Consiglio ha provveduto ad istituire le Commissioni o i gruppi di lavoro incaricati di seguire nel tempo gli argomenti, formulando lungo il processo di esame dei problemi, documenti di lavoro che, nel definire lo. stato "dell'arte" .o delle questioni, contengano proposte e raccomandazioni: per aprire discussioni fondate su adeguate basi conoscitive e per giungere ad indicazioni utili in termini di politiche pubbliche o di politica delle scienze. Iltema delle fondazioni è fra i primi che sono stati affrontati (segue subitQ dopo quello dello Sviluppo locale). Tre le ragioni: uno, lo storico intreccio fra le istituzioni, siano esse di origine pubblica, privata (come il Css) o mista, con il mondo delle Fondazioni (il Social Science Research Council americano nasce negli anni Venti dello scorso secolo e poi si sviluppa ed opera per iniziativa e con il supporto delle grandi fondazioni USA); due, la rilevante rinascita in Italia ed in.Europa delle fondazioni non solo come figura giuridica ma come fenomeno sociale; tre, la grande disputa apertasi in Italia sulle fondazioni di origine bancaria sullo sfondo di una conoscenza superficiale e assai lacunosa del fenomeno complessivo delle fondazioni. Secondo il metodo di lavoro prescelto, la pubblicazione del Libro Bianco non chiude l'intérvento del Consiglio, ma apre una fase successiva di discussione all'esterno, di verifica e di finale messa a punto delle proposte in termini legislativi o di comportamento di fondazioni e altri soggetti interessati e coinvolti nel loro ruolo sociale. Il Libro Bianco si compone di una ricognizione dei vari aspetti del fenomeno fondazioni e dell'interpretazione che se ne può dare. Questa ricognizione, ripartita in cinque capitoli, è esposta secondo una scrittura a paragrafi con una loro numerazione continua e progressiva lungo tutto il libro. A conclusione di ogni capitolo sono riportate le valutazioni e le proposte. I paragrafi di queste conclusioni hanno una loro numerazione, capitolo per capitolo.
La Commissione che ha elaborato il Libro Bianco è presieduta da Sergio Ristuccia ed è composta da Arnaldo Bagnasco, Piero Bassetti, Giovanni Bechelloni, Cinthia Bianconi, Antonio Di Majo, Andrea Zoppini. Hanno partecipato ad alcune riunioni della Commissione Marco Demarie, Stefano Cima, Luciano Hinna e Lucia Zannino. Hanno collaborato alle ricerche necessarie per la redazione del Libro Bianco, Saveria Addotta e Fabio Biscotti per il capitolo l, Elisabetta Pezzi per il capitolo 2 0 , Alessandro Hinna per i capitoli 3°, 4° e 5°. Ha dato un contributo alla documentazione anche Laura Danzi. Hanno cooperato alla stesura con commenti e suggerimenti: Aldo Carboni, Maria Teresa Salvemini, Stefania Averni, Rosalba Cori e Daniele Cuppone. Hanno letto il Libro Bianco nelle bozze intermedie Carlo Callieri, Renzo Costi, Giuliano Segre e Guido Verucci. L'Assemblea del Consiglio italiano per le Scienze Sociali, riunita a Roma il 13 giugno 2002, ha discusso ed approvato i risultati raggiunti dalla Commissione con particolari interventi dei soci Guido Rey, Pietro Rescigno e Alberto Zuliani. La redazione finale del Libro Bianco è stata curata dal Presidente della Commissione.
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ORIGINI E SVILUPPI RECENTI DEL FENOMENO FONDAZIONI. . IN ITALIA
Il Terzo settore come espressione dell"italiano"fiiori dal cliché 1. In Italia, come negli altri Paesi europei, sono in corso processi di trasformazione sociale e culturale caratterizzati da una sempre maggiore presenza di soggetti creati per libera iniziativa dei cittadini e considerati, ovunque, parte fondamentale della società civile. Il mondo delle associazioni e delle organizzazioni filantropiche è andato assumendo un profilo più spiccato e ha da tempo iniziato a svolgere un ruolo importante per il cambiamento sociale del Paese. Al centro di questo fenomeno c'è l'apporto fondamentale di tante persone che dedicano parte del proprio tempo ad attività, spesso umili, di sostegno alle parti deboli della società o alle cause nobili e non profittevoli. È il dono del proprio tempo a costituire la caratteristica fondamentale del volontariato. Così come c'è, e può esserci in misura crescente, l'apporto di risorse finanziarie, liberamente donate, da molti cittadini e non soltanto (quando anche avviene) da pochi ricchi. Come in altri Paesi, anche in Italia, il fenomeno è presente nella storia ma ritrova oggi un momento di particolare vivacità, al di là di quella creata da eventi mediatici. A dimostrazione che ci sono nel Paese molte energie disponibili all'"azione volontaria" secondo un profilo dell'italiano comune che è l'opposto del cliché rappresentato, nella storia del cinema, dai personaggi della commedia all'italiana brillantemente interpretati da Alberto Sordi: superficiali, indifferenti e un po' cialtroni. Certo, c'è sempre il rischio che anche nel Terzo settore trovi spazio l'italiano del cliché. Soprattutto quello della grande superficialità. Ovvero che si creino spazi per nuove militanze di tipo ideologico invece che per un maggiore spirito civico. Per questo occorre approfondire la conoscenza del fenomeno di cui le fondazioni sono un aspetto importante. Malgrado possano essere dedicate anche a fini non strettamente filantropici, la rinascita delle fondazioni è sicuramente legata a questa realtà dell"azione volontaria". Oggi, le fondazioni costituiscono un insieme di soggetti che, al di là delle
forti eterogeneità esistenti fra loro, sono sicuramente in crescita sia nel numero sia in termini di assunzione di compiti e di responsabilità.
Fondazioni in Italia e in Europa 2. Le fondazioni, nell'accezione più semplice e tradizionale, sono "patrimoni destinati ad uno scopo non di lucro". Le tipologie organizzative sono tuttavia molteplici. Secondo una recente definizione proposta dall'European Foundation Centre di Bruxelles le fondazioni sono "enti senza finalità di lucro con una propria fonte di reddito che deriva, normalmente, ma non esclusivamente, da un patrimonio. Questi enti hanno un proprio organo di governo. Essi usano le loro risorse finanziarie per scopi educativi, culturali, religiosi, sociali o altri scopi di pubblico beneficio, sia sostenendo associazioni ed istituzioni o persone, sia organizzando e gestendo direttamente i programmi". La fondazione, come istituto giuridico e forma di organizzazione sociale, ha radici assai lontane nella civilizzazione non soltanto occidentale. Storicamente, la fondazione è stata al centro di rapporti significativi fra le collettività territoriali concrete, i loro bisogni di solidarietà o di salvezza e le loro istituzioni religiose. Così nella storia europea le fondazioni - confondendosi talvolta con le vicende dei grandi ordini monastici - sono state, per lungo tempo, elementi propri della struttura sociale. Finché, in epoca moderna, è sorta una forte ostilità a partire da quello che è stato definito il "veto illuminista" alle fondazioni, considerate immobilizzazioni patrimoniali tipiche della società signorile con forte dominanza ecclesiastica. L'affermarsi della borghesia industriale e soprattutto commerciale, il formarsi dello Stato moderno e del diritto pubblico nell'Europa continentale hanno mantenuto questa ostilità nella convinzione che le funzioni di promozione sociale dovessero essere riservate allo Stato. In un contesto storico diverso come quello nordamericano, le fondazioni hanno trovato radici nuove e vigorose in un capitalismo caratterizzato, Tse non da forte etica sociale, dalla spiccata volontà di affermare l'idea di un "welfare capitalism" che in qualche modo si realizzò almeno fino alla "grande depressione" degli anni Trenta. Così come, soprattutto agli inizi, hanno trovato radici nella forte spinta alla filantropia derivante dalla tradizione puritana. Negli Stati Uniti, già nella seconda metà dell'Ottocento, Andrew Carnegie, un grande industriale dell'acciaio e classico "padrone delle ferriere", fondava la Carnegie Corporation per amministrare un ingente patrimonio destinato a 6
finalità filantropiche. Poi, per ricordare esempi di grandi fondazioni durate nel tempo e tuttora operanti, sarà nel primo Novecento John Rockfeller, uno dei creatori dell'industria petrolifera, a costituire la Rockfeller Foundation. Oggi, dopo i numerosi esempi di grandi fondazioni create più tardi da industriali e famiglie proprietarie di industrie (da Ford a Lilly e a tanti altri) sono Bill Gates e George Soros i più recenti e noti creatori di grandi fondazioni. La storia delle fondazioni è, dunque, complessa e di lungo periodo. Nel corso di questa storia si possono rintracciare, attraverso le fondazioni e i loro tratti fisiognomici, le stesse caratteristiche strutturali delle società che ne costituiscono matrice e contesto. Negli ultimi due decenni, la "fondazione" è tornata progressivamente sulla scena in Italia come in Europa. Al di là delle diverse ragioni che, storicamente, sono alla base di questo risveglio - che, per molti aspetti, è una rinascita con caratteristiche molto diverse dal passato -' un fatto emerge con chiarezza: il legame stretto fra "fondazioni" e "società civile". Espressione, quest'ultima, che si è affermata anche in lingua inglese per rappresentare l'insieme poliedrico delle attività e delle iniziative che una società libera sa esprimere direttamente, senza la mediazione del sistema politico e delle pubbliche amministrazioni. Molto spesso sono proprio le fondazioni, intese nel modo innanzi detto, le organizzazioni che meglio sembrano rispondere alle finalità di interesse collettivo perseguibili attraverso iniziative espressione di autonomia privata. Le donazioni patrimoniali e finanziarie spesso si combinano, nelle fondazioni, con l"azione volontaria" di molte persone per perseguire grandi scopi filantropici. Occorre, dunque, verificarne lo stato di sviluppo. In Italia, l'avvento delle fondazioni di origine bancaria ha dato al sistema una sua compiutezza dotandolo di soggetti in grado di svolgere il ruolo, da una parte, dei grandi grant-makers finora mancante e, dall'altra, della continuità di soggetti interpreti delle esigenze dello sviluppo locale. La storia delle fondazioni di origine bancaria è complessa e in evoluzione. Ad essa occorre dedicare un capitolo a parte (quello finale). Tuttavia, per importante che sia la loro presenza, non bisogna concentrare l'attenzione soltanto su queste grandi fondazioni. Il fenomeno fondazioni va colto e interpretato nella sua interezza. 7
Le Istituzioni non profit in Italia secondo l'Isw. Il quadro d'insieme Al fine di comprendere meglio la portata del fenomeno "fondazioni" in Italia, è utile una sintesi del censimento ISTAT sulle istituzioni non profit italiane, pubblicata nel dicembre 2001. Attraverso la rilevazione si è tentato di conseguire una conoscenza un po' più approfondita di una realtà tuttora molto sfumata: coglierne le dimensioni e le caratteristiche principali e percepirne l'evoluzione nel tempo. La nozione di istituzione non profit utilizzata dall'IsTAT, è ancorata al criterio di "non corresponsione degli utili", desunto dalla definizione adottata dalle Nazioni Unite e dai principali organismi statistici internazionali. Seguendo tale criterio, le unità censite sono identificate come "enti giuridici o sociali creati allo scopo di produrre beni e servizi il cui status non permette loro di essere fonte di reddito, profitto o altro guadagno finanziario per le unità che le costituiscono, controllano o finanziano". Partendo da questa impostazione di base, emerge un campo di indagine entro il quale sono comprese anche quelle organizzazioni che, nonostante producano beni e servizi da destinare alla vendita, espressamente escludono - nei loro statuti - la distribuzione di utili. Dunque, un campo molto eterogeneo. La rilevazione si è basata sull'utilizzo di un archivio di partenza costruito tramite l'integrazione e la fusione di diversi archivi amministrativi (censimento generale del 1991, anagrafe tributaria, archivio statistico delle imprese attive) e settoriali. In tale archivio sono risultati oltre 400.000 soggetti istituzionali. Il riferimento temporale della rilevazione è il 31 dicembre 1999. Riassumiamo, di seguito, i principali risultati della rilevazione. Innanzitutto il numero delle istituzioni non profit: sono risultate attive 221.412. Di queste, la metà è localizzata nell'Italia settentrionale. Due terzi ditali istituzioni dichiarano di svolgere attività prevalente nel settore identificato come "cultura, sport e ricreazione". Dato, quest'ultimo, che, in realtà, non fornisce informazioni significative e sollecita, piuttosto, non pochi interrogativi su quanto è ricompreso in questa voce. Un maggiore dettaglio sarebbe, sicuramente, opportuno. In secondo luogo, le persone che lavorano nel settore. Nelle istituzioni non profit è risultato che siano impiegati 630 mila lavoratori retribuiti, una quota di occupazione rilevante anche ai fini dei conti economici nazionali: 532 mila sono lavoratori dipendenti, 80 mila addetti con contratto di colla-
borazione coordinata e continuativa e 18 mila lavoratori distaccati o comandati da altri enti. In terzo luogo, le risorse mobilitate. Nel complesso, le istituzioni non profit italiane dichiarano circa 73 mila miliardi di lire di entrate (quasi 38 miliardi di Euro) e 69 mila miliardi di uscite (oltre 35 miliardi di Euro). Infine, i tipi di istituzioni e la loro distribuzione sul territorio. L'associazione non riconosciuta è il tipo di istituzione assolutamente prevalente. Relativamente più frequente nelle Regioni del Nord rispetto alla media nazionale. Nel Mezzogiorno prevalgono l'associazione riconosciuta e la cooperativa sociale. Nelle Regioni del Centro si rimane intorno alle medie nazionali. La fondazione è relativamente più presente tra le istituzioni della Lombardia e del Lazio. Si vedano su tutti questi punti i prospetti riportati in seguito. 8. Vale completare questo sommario quadro d'insieme con altri dati ricavati dall'indagine ISTAT. - Con riferimento all'attività prevalente, il 63,1% delle istituzioni non profit opera nel settore della cultura, sport e ricreazione (139.733 istituzioni). Il secondo settore è quello dell'assistenza sociale, nel quale è attivo in via prevalente l'8,7% delle istituzioni (19.234). Seguono i settori delle relazioni sindacali e rappresentanza di interessi (7,1% pari a 15.634 unità); dell'istruzione e ricerca (5,2% pari a 11.537 unità); della sanità (4,4% pari a 9.676 unità); della tutela dei diritti e attività politica (3,1% pari a 6.842 unità); dell'attività di promozione e formazione religiosa (3,1% pari a 6.802 unità); dello sviluppo economico e coesione sociale (2,0% pari a 4.338 unità); dell'ambiente (1,5% pari a 3.277 unità); della cooperazione e solidarietà internazionale (0,6% pari a 1.433 unità); della filantropia e promozione del volontariato (0,6% pari a 1.246 unità). - Per svolgere le loro attività, le istituzioni non profit si avvalgono di lavoratori dipendenti, anche distaccati da altre entità, collaboratori, volontari, religiosi e obiettori di coscienza. L'80,2% delle istituzioni si avvale di volontari, il 15,2% ha propri dipendenti, il 5,6% ha lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa. Il 2,3% delle istituzioni si avvale di obiettori di coscienza, mentre il 4,7% di religiosi. - Le entrate differiscono in misura rilevante a seconda del settore di attività prevalente e della localizzazione geografica delle istituzioni. Circa il 60% delle entrate si ripartisce, in proporzioni quasi analoghe, fra tre settori: assistenza sociale (19,6%), sanità (18,9%) e cultura, sport e ricreazione (17,2%).
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Seguono l'istruzione e ricerca (12,9%), le relazioni sindacali e rappresentanza di interessi (11,1%) e, con quote inferiori al 4%, lo sviluppo economico e coesione sociale (3,9%), la promozione e formazione religiosa (3,3%), la tutela dei diritti e attività politica (2,7%), la filantropia e promozione del volontariato (2,1%), la cooperazione e solidarietà internazionale (1,2%) e l'ambiente (0,5%). La prevalenza del finanziamento privato; rilevata a livello complessivo, è più accentuata per le associazioni non riconosciute: il 90,2% delle istituzioni non profit che ha assunto questa forma giuridica dichiara di finanziarsi con entrate prevalentemente private. Situazione opposta si rileva per le cooperative sociali che, nel 58,8% dei casi, si finanziano con entrate prevalentemente pubbliche. - La dimensione delle istituzioni non profit varia in misura rilevante. A fianco di micro-organizzazioni, caratterizzate da ridotta dimensione economica e utilizzo di personale volontario, coesistono grandi istituzioni che si distinguono per la consistenza della dimensione economica e per l'impiego di dipendenti. 1154,9% delle istituzioni presenta un valore delle entrate inferiore a 30 milioni di lire, il 19,9% appartiene alla classe di entrate compresa tra 31 e 100 milioni di lire, il 16,2% ha entrate per un valore tra 101 e 500 milioni e solo il 9% registra un ammontare di entrate superiore ai 500 milioni. Un punto da rimarcare è che, nel complesso, le istituzioni non profit italiane sono di recente costituzione. Sono, infatti, nettamente prevalenti le istituzioni costituitesi negli ultimi due decenni (78,5%). Il 23,3% del totale nazionale, infatti, è sorto nel corso degli anni Ottanta ed il 55,2% si è costituito dopo il 1990, mentre solo il 10,4% - delle istituzioni attive nel 1999 - risulta essersi costituito prima del 1971. In particolare, mentre nel Mezzogiorno le unità sorte nel corso degli anni Novanta costituiscono il 61,45% sul totale (di area), tale quota si riduce sensibilmente con riferimento alle altre due aree, rappresentando il 52% al Nord ed il 54,8% al Centro. Nei prospetti che seguono sono riportati i risultati della rilevazione ISTAT che si ritengono più interessanti. Riguardano la ripartizione delle istituzioni non profit, distinte sulla base della loro forma giuridica per Regioni, attività prevalenti e periodo di costituzione.
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Istituzioni per forma giuridica e loro ripartizione regionale (valori assoluti) FORME GIURIDICHE
REGIONI Associazione riconosciuta
Fondazione
Associazione non riconociuta
Comitato
Coop. sociale
Altra forma
Totale
728 15 1.311 324 247 77 657 134 340 572 457 182 237 860 124 23 434 415 58 298 485 208
18.700 833 31.119 8.308 4.461 3.848 21.092 6.119 7.841 19.160 18.020 4.347 7.476 17.122 5.841 1.021 11.411 12.036 1.271 5.30.1 16.526 7.870
Piemonte Valle d'Aosta Lombardia Trentino-Alto Adige Bolzano-Bozen Trento Veneto Friuli-VeneziaGiulia Liguria Emilia-Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Mouse Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna
4.951 352 8.544 2.059 1.398 661 4.964 1.475 2.501 3.733 5.704 839 2.100 4.506 1.914 408 4.047 3.622 482 2.081 4.278 2.748
266 11 672 86 50 36 254 51 122 275 229 59 69 342 71 7 137 125 6 74 111 40
11.995 404 19.364 5.490 2.658 2.832 14.429 4.210 4.615 13.784 11.016 3.076 4.779 10.776 3.550 486 6.525 7.406 654 2.634 11.052 4.504
398 22 420 232 60 172 436 136 120 432 371 97 164 309 64 22 127 191 11 43 111 125
361 28 808 118 49 69 353 113 142 363 244 93 127 328 117 75 141 277 60 170 489 244
ITALIA NORD CENTRO MEZZOGIORNO
61.309 28.580 13.149 19.580
3.008 1.737 699 572
140.752 74.292 29.648 36.812
3.832 2.196 941 695
4.651 2.286 792 1.573
7.861 221.412 4.081 113.172 1.736 46.965 61.275 2.044
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Istituzioni per forme giuridiche e loro ripartizione regionale (valori percentuali) REGIONI
FORME GIURIDICHE Associazione riconosciuta
Piemonte Valle d'Aosta Lombardia Trentino-Alto Adige BoIzano-Bozen Trento
Veneto Friuli-Venezia Giulia Liguria Emilia-Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna ITALIA NORD CENTRO MEZZOGIORNO
Fondazione
Associazione non riconosciuta
Comitato
Cooperativa
Altra
sociale
forma
Totale
8,1 0,6 13,9 3,4 2,3 1,1 8,1 2,4 4,1 6,1 9,3 1,4 3,4 7,3 3,1 0,7 6,6 5,9 0,8 3,4 7,0 4,5
8,8 0,4 22,3 2,9 1,7 1,2 8,4 1,7 4,1 9,1 7,6 2,0 2,3 11,4 2,4 0,2 4,6 4,2 0,2 2,5 3,7 1,3
8,5 0,3 13,8 3,9 1,9 2,0 10,3 3,0 3,3 9,8 7,8 2,2 3,4 7,7 2,5 0,3 4,6 5,3 0,5 1,9 7,9 3,2
10,4 0,6 11,0 6,1 1,6 4,5 11,4 3,5 3,1 11,3 9,7 2,5 4,3 8,1 1,7 0,6 3,3 5,0 0,3 1,1 2,9 3,3
7,8 0,6 17,4 2,5 1,1 1,5 7,6 2,4 3,1 7,8 5,2 2,0 2,7 7,1 2,5 1,6 3,0 6,0 1,3 3,7 10,5 5,2
9,3 0,2 16,7 4,1 3,1 1,0 8,4 1,7 4,3 7,3 5,8 2,3 3,0 10,9 1,6 0,3 5,5 5,3 0,7 3,8 6,2 2,6
8,4 0,4 14,1 3,8 2,0 1,7 9,5 2,8 3,5 8,7 8,1 2,0 3,4 7,7 2,6 0,5 5,2 5,4 0,6 2,4 7,5 3,6
100,0 46,6 21,4 31,9
100,0 57,7 23,2 19,0
100,0 52,8 21,1 26,2
100,0 57,3 24,6 18,1
100,0 49,2 17,0 33,8
100,0 51,9 22,1 26,0
100,0 51,1 21,2 27,7
Istituzioni per forma giuridica e per settore di attività prevalente (valori assoluti) SE1TORI DI A1TIVITÀ PREVALENTE
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Cultura, sport e ricreazione Assistenza sociale Relazioni sindacali e rappresentanza di interessi Istruzione e ricerca Sanità
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FORME GIURIDICHE
Associazione Fondazione Associazione Comitato Cooperativa Altra Totale riconosciuta non sociale forma riconosciuta 37.245 6.575
865 773
3.608 2.631 5.338
714 167
-
97.725 8.073
2.334 322
476 1.747 140.391 2.397 1.204 19.344
11.863 5.676 3.483
75 202 64
105 15.651 135 2.294 11.652 362 262 9.676 -
segue Istituzioni per firma giuridica eper settore di attività prevalente (valori assoluti)
SETTORI Dl ArrIVITÀ PREVALENTE
FORME GIURIDICHE
Associazione Fondazione Associazione Comitato Cooperativa Altra sociale forma non riconosciuta riconosciuta
Totale
-
120 1.790
6.842 5.903
Tutela dei diritti e attività politica Religione Sviluppo economico e coesione sociale Ambiente Altre attività Cooperazione e solidarietà internazionale Filantropia e promozione del volontariato
TOTALE
1.578 1.076
21 157
4.954 2.771
170 109
963 1.274 222
82 15 31
2.281 1.738 707
204 155 48
692 66 514
116 29 138
4.338 3.277 1.660
420
36
845
90
10
30
1.433
380
147
635
59
-
25
1.246
61.309
3.008
140.752
3.832
-
4.651 7.861221.412
Istituzioni per forma giuridica e per settore di attività prevalente (valori percentuali) SETTORI DI ATrIVITÀ PREVALENTE FORME GIURIDICHE Associazione riconosciuta
Cultura, sport 60,7 e ricreazione 10,7 Assistenza sociale Relazioni sindacali e rappresentanza 5,9 di interessi 4,3 Istruzione e ricerca 8,7 Sanità Tutela dei diritti 2,6 e attività politica 1,8 Religione Sviluppo economico 1,6 e coesione sociale 2,1 Ambiente 0,4 Altre attività Cooperazione e solidarietà 0,7 internazionale Filantropia e promozione 0,6 del volontariato
TOTALE
100,0
Fondazione
Associazione non riconosciuta
Comitato
Cooperativa sociale
Altra forma
Totale
28,8 25,7
69,4 5,7
60,9 8,4
10,2 51,5
22,2 15,3
63,4 8,7
23,7 5,6
8,4 4,0 2,5
2,0 5,3 1,7
2,9 7,8
1,3 29,2 3,3
7,1 5,3 4,4
0,7 5,2
3,5 2,0
4,4 2,8
-
1,5 22,8
3,1 2,7
2,7 0,5 1,0
1,6 1,2 0,5
5,3 4,0 1,3
14,9 1,4 11,1
1,5 0,4 1,8
2,0 1,5 0,7
1,2
0,6
2,3
0,2
0,4
0,6
4,9
0,5
1,5
-
0,3
0,6
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
-
-
-
-
13
Istituzioni per forma giuridica e periodo di costituzione (valori assoluti) PERIODI DI COSTITUZIONE finoall950 FORME GIURIDICHE Associazione riconosciuta Fondazione Associazione non riconosciuta Comitato Cooperativasociale Altra forma TOTALE
da11951
da11961
da11971
da11981
dopo
al 1960
al 1970
al 1980
al 1990
il 1990
3.495 239
1.835 135
2.907 172
8.188 385
15.245 671
29.640 1.406
61.309 3.008
5.004 78 33 1.410
2.448 48 13 368
4.287 70 20 421
13.722 373 333 1.609
31.132 863 1.741 1.955
84.159 2.401 2.511 2.099
140.752 3.832 4.651 7.861
10.258
4.846
7.877
24.609
51.606
122.216
221.412
Totale
Istituzioni per forma giuridica e per periodo di costituzione (valori relativi) FORME GIURIDICHE PERIODI DI COSTITUZIONE finoall9SO
da11951 al 1960
da11961 al 1970
da11971 al 1980
da11981 al 1990
dopo il 1990
Totale
FORME GIURIDICHE Associazione riconosciuta 5,7 Fondazione 7,9 Associazione non riconosciuta 3,6 Comitato 2,0 Cooperativa sociale 0,7 Altra forma 17,9
3,0 4,5 1,7 1,3 0,3 4,7
4,7 5,7 3,0 1,8 0,4 5,4
13,4 12,8 9,7 9,7 7,2 20,5
24,9 22,3 22,1 22,5 37,4 24,9
48,3 46,7 59,8 62,7 54,0 26,7
100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
TOTALE
2,2
3,6
11,1
23,3
55,2
100,0
4,6
11. I dati statistici rilevati testimoniano, in maniera evidente, la crescita del numero delle istituzioni non profit in Italia. Allo stesso tempo pongono, senza risolverlo, il problema di intendere cause e qualità di tale sviluppo. In questa prospettiva e partendo dai dati empirici, si tratta di comprendere, innanzitutto, quale è, nei fatti, il ruolo -- più o meno consapevole - che il Terzo settore svolge oggi nella stessa Costituzione materiale, economica e sociale, del Paese. La presenza di organizzazioni private non aventi scopo di lucro non è un fatto nuovo, anzi, costituisce da tempo una dimensione propria del nostro sistema socio-economico. Il problema attuale è come ridefinire i confini fra pubblico e privato (sociale) anche in ragione delle finalità perseguite. 14
Nell'esperienza degli altri Paesi, i rapporti tra istituzioni pubbliche ed organizzazioni non profit si realizzano spesso attraverso modelli fondati su precisi rapporti contrattuali tra pubblico e privato. Anche quando tali rapporti non siano ben definiti, ovvero risultino in continuo movimento, emergono spesso nel Terzo settore soggetti capaci di un ruolo attivo ed autonomo per proporre politiche pubbliche e attuarle. Comprendere l'assetto attuale dei rapporti tra pubbliche amministrazioni ed organizzazioni non profit, al di là della riflessione teorica e delle molteplici esigenze conoscitive, è un passaggio necessario per intendere le finalità che possono essere assunte come premessa per definire i meccanismi sia di regolazione che di incentivazione.
Le fondazioni secondo l'Ismr ed altre precedenti rilevazioni All'interno del variegato universo degli enti non profit in Italia, le fondazioni rappresentano un settore limitato, in termini quantitativi. Data la loro natura di organismi che hanno bisogno, per essere tali, di un elemento patrimoniale significativo, quel che può essere considerato un dato di esperienza comune trova conferma nella rilevazione ISTAT: su 221.412 istituzioni non profit censite, le fondazioni sono 3008. Quindi, soltanto l'1,4%. Osservando la distribuzione geografica, le fondazioni lasciano registrare una disomogeneità territoriale maggiore rispetto alle altre istituzioni censite: - la maggior parte delle fondazioni risulta collocata nell'area Nord (57,7%), in proporzione maggiore a quella corrispondente del settore nel suo complesso (51,1%); - soio una bassa percentuale delle fondazioni risulta presente nell'area del Mezzogiorno (19%), con una percentuale minore di quella corrispondente del settore (27,7%); - nel Centro vi sono relativamente più fondazioni che istituzioni non profit in genere (23,2% contro 2 1,2%). Questa presenza decrescente, dal Nord al Sud, non può sorprendere ma è tuttavia da segnalare. Solo 239 fondazioni fra quelle censite risultano esistenti al 1950. Nei trenta anni seguenti ne nascono 687, praticamente la stessa cifra delle fondazioni nate nel solo decennio 1981-1990. Dopo il 1990,.sono ben 1406 le fondazioni di nuova costituzione. Si accelera la forte crescita del fenomeno che si registra negli ultimi venti anni. 15
Questi dati confermano le tendenze già rilevate dall'indagine compiuta dalla Fondazione Agnelli a metà degli anni Novanta e pubblicata nel 1997
(AA.Vv., Per conoscere le fondazioni. I mondi delle fondazioni in Italia e all'estero, Edizioni Agnelli). Delle 536 fondazioni allora intervistate, in misura del 53% risultarono costituite nel periodo 1986-1995, del 20,1% nel periodo 1976-1985, del 16,9% nel periodo 1956-1975 e del residuo 9,9% nel perio-
do 1868-1955. Già nel 1972 il CIRIEC (Centro italiano di ricerche e d'informazione sull'economia pubblica sociale e cooperativa) con il sostegno delle Fondazioni Giovanni Agnelli, Giorgio Cmi e Adriano Olivetti, aveva realizzato una prima anagrafe delle fondazioni (Le fondazioni italiane, Collana Ciriec n. 11, E Angeli 1973). Furono rilevate 993 fondazioni. Di queste 375, cioè il 37,7%, risultarono costituite nel dopoguerra. È, in particolare, dal 1960 che —come notava il CIPJEc - "il fenomeno delle fondazioni non è più recessiC'è infine da ricordare che nell'Indagine della Fondazione Agnelli era stato rilevato come fattore di sviluppo del fenomeno fondazioni il passaggio alle Regioni del procedimento di riconoscimento delle fondazioni che agiscono solo in ambito regionale. Ad incentivare il fenomeno risultarono, quindi, le fondazioni regionali, una volta pienamente entrata in vigore la norma (DPR 44 luglio 1977, n. 616), cioè ben percepita nella prassi. In sostanza, se il fenomeno della nascita delle fondazioni è assai recente, di una certa presenza di fondazioni si può parlare a partire dagli anni Cinquanta in poi. In parallelo, anche se non in proporzione, con lo sviluppo economico del Paese. 15. La nascita di nuove fondazioni nel dopoguerra trova riscontro, a parte gli aspetti dimensionali, nella storia delle maggiori fondazioni europee i cui direttori si sono poi riuniti nel Club dell'Aja fondato nel 1972. Per la gran parte, esse nascono nei due decenni successivi alla seconda guerra mondiale durante i quali l'affermazione' della democrazia in Europa occidentale si accompagnò ad un notevole sviluppo economico. Così nascono, fra le altre, in quel periodo - rimanendo nell'ambito di quelle del Club dell'Aja - Bernard
van Leer Foune'iation, European Cultural Foundation, Bank ofSweden Tercentenary Foundation, Fritz Thyssen Stfèung, Fundaciòn Juan March, Fundaciòn Universidad-Empresa, Nestlé Foundation, Nuffield Foundation, Robert Bosch Stflung GmbH, Volkswagen-Stfiung. 16
Le fondazioni censite dall'IsTAT hanno dichiarato di operare soprattutto nei settori della cultura e dell'assistenza sociale (rispettivamente 28,8% e 25,7%). Operano, inoltre, nella sanità (5,6%) nella filantropia e promozione del volontariato (4,9%) e nella religione (5,2%). In particolare, rispetto alle proporzioni riscontrabili per il totale delle istituzioni non profit, si registra una forte differenza per ciò che concerne i settori della cultura (media di settore 63,4%), dell'assistenza sociale (media di settore 8,7%). Nel resto dei settori di attività - qui sopra evidenziati - si registrano proporzioni non dissimili a quelle riscontrabili per il totale delle istituzioni non proflt. Per quanto riguarda, infine, la consistenza patrimoniale non sono stati rilevati dati, mentre per il tipo di finanziamento, questo risulta prevalentemente ma non "totalmente" privato. Così è almeno per 2.536 fondazioni. La rilevazione ISTAT non fornisce dati circa la destinazione che i privati "fondatori" o "donatori" hanno dato ai loro contributi finanziari: se ed in quale misura al patrimonio, se ed in quale misura all'attività corrente e alle iniziative specifiche. In assenza di questi elementi conoscitivi, rimane ferma la constatazione che risulta dall'indagine della Fondazione Agnelli secondo la quale, la gran parte delle fondazioni italiane svolgevano attività diretta per il raggiungimento dei propri scopi. Facevano cioè parte del campo delle c.d. operating foundations e non delle grantingfoundations. Ciò è coerente all'altra evidenza risultante dalla stessa indagine e cioè la condizione di modesta dimensione di queste istituzioni. Soltanto l'il ,4% delle fondazioni rilevate e intervistate aveva un patrimonio superiore a 10 miliardi di lire dell'epoca, mentre le fondazioni con più di 50 miliardi di patrimonio non arrivavano al 3% del totale. Alla ricognizione fin qui fatta dei dati ISTAT occorre aggiungere una constatazione: nell'ultimo decennio il legislatore ha fatto grande uso dell'istituto "fondazione". O meglio, per essere più cauti, della parola fondazione. Un uso che potrebbe far parlare realisticamente di "moda legislativa". Si tratta, certamente, di un sintomo importante che suffraga lo sviluppo del fenomeno fondazioni. Tuttavia, il significato di questo maggior ricorso del legislatore alla figura della fondazione vuole un esame a sé. Ad esso è, quindi, dedicato il capitolo secondo. 17
Ragioni e prospettive deThi rinascita delle fondazioni La crescita delle fondazioni non è, abbiamo già inizialmente rilevato, un fenomeno soltanto italiano. Riguarda gran parte delle società occidentali. In Europa, le fondazioni sono divenute molto numerose soprattutto in alcuni Paesi. La Spagna, per esempio, annovera attualmente oltre 5.000 fondazioni più o meno riconducibili alla nozione che ha fatto propria I'European Foundation Centre (EFc). Tanto è diffuso il fenomeno che è stato del tutto naturale costituire, già nel 1989, un'associazione - com'è, appunto, l'EFc - che, volendo promuovere la cooperazione fra le fondazioni sui piano europeo, è progressivamente divenuta rappresentativa del mondo delle fondazioni esistenti nei vari Paesi europei, ivi compresi quelli dell'Europa centrale e orientale. Paesi che hanno trovato nelle "fondazioni" strumenti molto appropriati per la rinascita della società civile dopo la caduta del Muro di Berlino. Naturalmente, data la varietà delle fondazioni, un'analisi empirica ha bisogno di molteplici qualificazioni in termini di dimensioni, di finalità, di aree territoriali d'intervento, di specializzazioni operative, di capacità di integrarsi con altre realtà, per esempio di tipo associativo e così via. Sarebbe altrettanto necessaria un'analisi di tipo comparativo relativamente ai molteplici aspetti della realtà delle fondazioni nei diversi Paesi europei. Le domande conoscitive che oggi rimangono senza adeguata risposta sono molte. Tuttavia, sarebbe erroneo porsi semplicemente domande conoscitive sugli aspetti quantitativamente più rilevanti e più facilmente rilevabili senza porsi, anzitutto, il tema del significato che io sviluppo delle fondazioni pone, òrmai da qualche tempo, alla riflessione sulle tendenze della società contemporanea. In realtà, quando si parla di fondazioni, e più in generale di organizzazioni non profit, molte chiavi interpretative si affollano: lo sviluppo del Terzo settore come una delle conseguenze della crisi del Weifare State; la fine delle attese che fondavano la "militanza" nei grandi partiti di massa a forte dominanza ideologica; la disiliusione verso il sistema politico governato dai partiti come garanzia di rappresentanza degli interessi sociali; la ricerca di nuove forme organizzative attraverso le quali dare consistenza al volontariato orientato a fini sociali; la creazione di fondi in grado di attrarre - per capacità operativa e affidabilità etica - risorse finanziarie che cittadini o imprese vogliano liberamente destinare a fini filantropici. Si tratta di filoni d'indagine assai importanti sui quali il Consiglio italiano 18
per le Scienze Sociali richiama l'attenzione al fine di una più adeguata comprensione del fenomeno. Emerge, tuttavia, al di sotto di una trama assai fitta di domande conoscitive e di possibili linee interpretative una questione di carattere generale che chiama ad interpellarci sul rapporto fra fondazioni, in particolare, e sistema economico-sociale nel suo complesso, quello che oggi si direbbe caratterizzato e modificato dalla cosiddetta globalizzazione o mondializzazione e che domani si dovrà provare a connotare e denominare con più precisione. 22. Per uscire da ogni ambiguità, occorre rendersi conto che l'interpretazione corretta del fenomeno, rispetto alle sue varie cause, pone con forza un problema di finalità da affrontare. Il problema al quale riporta la vicenda del Terzo settore in generale e delle fondazioni in particolare si sintetizza nei dilemmi, del tutto aperti, che sorgono attualmente nel rapporto tra capitalismo liberista e sistema di solidarietà sociale. Dilemmi che propongono non tanto e non solo quesiti d'ordine teorico e forte esigenza di definire gli orientamenti di carattere generale in cui una società democratica possa ritrovarsi, ma che soprattutto spingono a trovare le soluzioni pratiche o organizzative. Come si istituzionalizza, in una società liberale, quel tanto di solidarietà che si realizza entro le comunità concrete e senza il quale una società pluralista diviene soltanto una società di conflitti e di squilibri? Se, come detto, lo sviluppo del Terzo settore, ed in particolare delle fòndazioni, è sintomo della diffusa percezione di questi problemi, allo stesso tempo, esso fornisce un primo ventaglio di soluzioni. Tutte da esaminare alla luce dei principi di un pensiero istituzionalista capace di affrontare le novità e le fragilità dell'economia e della politica in epoca di mondializzazione.
19
QUESTIONI E PROPOSTE
1.! - I recenti sviluppi del fenomeno fondazioni in Italia e in Europa suggeriscono la necessità di una ricognizione periodica. Questa ricognizione dovrebbe essere il compito di un organismo che sia collegato al mondo delle fondazioni, pur rimanendone indipendente. È fondamentale, infatti, una forte collaborazione di tutte. 1.11 - È da considerare preliminare a tale collaborazione qualche accordo di tipo associativo che vada oltre i collegamenti attuali. Difficile è immaginare, al momento, un'associazione che riunisca e rappresenti realtà molto diverse fra loro. Si può pensare, ad una grande associazione con una forte articolazione interna. Più ragionevole, allo stato delle cose, è che le associazioni siano più d'una. Il tema sarà ripreso nelle raccomandazioni del capitolo 3. In ogni caso, le associazioni rappresentate dalle fondazioni dovrebbero trovare un accordo sull'opportunità di un periodico «rapporto sullo stato"delle Fondazioni in Italia. 1.111 - A tal fine è da. raccomandare un ulteriore e più approfondito intervento dell'ISTAT aifini del censimento statistico. Dopo la rilevazione, di cui si è dato conto nelle pagine precedenti, l'IsTAr ha provveduto a rilevare nel recente censimento 2001 i soggetti del settore non proflt. In attesa di conosceme i risultati vale osservare che catalogazione e metodologia usate meritano ulteriori messe a punto. Con riJèrimento al possibile utilizzo di archivi e liste di istituzioni non proflt, neiflituro prossimo dovrà aggiungersi agli archivi settoriali considerati anche il Registro delle persone giuridiche istituito presso le prefetture (ora Uffici territoriali del Governo) ai sensi del DPR 10febbraio 2000, n. 361. Secondo l'art. 4 del decreto, infatti, in tale registro devono essere indicati la data dell'atto costitutivo, la denominazione, lo scopo, il patrimonio, la durata (qualora sia stata determinata), la sede della persona giuridica (oltre al cognome, il nome ed il codice fiscale degli amministratori, con menzione di quelli ai quali è attribuita la rappresentanza). Fondamentale è, dunque, realizzare una intensa collaborazione con l.4mministrazione del Ministero degli Interni; così come con le Amministrazioni delle Regioni che hanno il compito di tenere il registro delle persone giuridiche non lucrative operanti in ambito regionale. 1.1V—Altrettanto importante è che le associazioni rappresentative di fondazioni stabili scano una collaborazione con quegli istituti che, szdla base di iniziative auLonome, han-
no già realizzato un cospicuo ed utile lavoro di documentazione sulla realtà italiana delle fondazioni creando le prime banche dati dedicate. L'esempio più importante di tali iniziative è il Centro di Documentazione sulle Fondazioni creato dalla Fondazione Giovanni Agnelli. Ugualmente importante potrà essere, ancora, l'esperienza della Fondazione Adriano Olivetti, che dopo aver già organizzato nel 1965 un convegno sulle fondazioni culturali, collaborò nel corso degli anni Ottanta con la Fondazione Napoli Novantanove per realizzare un programma di studi comparativi. Nell'ambito del quale furono raccolti ed analizzati gli statuti delle principali fondazioni europee. 1. V - Sebbene i criteri di definizione e classfìcazione delle organizzazioni non profit debbano, innanzitutto, stabilire quale dimensione sia rilevante ai fini dell'indagine è fondamentale l'attenzione sulla nozione di istituzione non profit da adottare. Se questa nozione è ancorata soltanto al divieto di corresponsione degli utili si tratta di una nozione piuttosto ampia che non permette, ad esempio, una chiara distinzione del settore non profit da quello della pubblica amministrazione. È, dunque, opportuno adottare - con le opportune qualìfìcazioni - una definizione strutturale/operativa di organizzazioni non profit come quella suggerita dagli studiosi del progetto di ricerca della John Hopkins University di Baltimora. Secondo le loro indicazioni, una organizzazione può essere definita non profit se al vincolo della non corresponsione degli utili si aggiungono almeno due requisiti: che si tratti di un'organizzazione formale (dotata cioè di un assetto organizzativo minimo riconoscibile) e privata sotto il profilo sostanziale, per esempio che sia/siano di natura privata il/i soggetti che esercitano potere di nomina degli amministratori. 1. VI - Altre possono essere le definizioni di organizzazioni non profit, a seconda dei punti di vista suggeriti dalle varie discipline. scientifiche. Naturalmente, ogni ulteriore specfìcazione delle figure organizzative non profit e dei loro caratteri salienti impone maggiori costi per la rilevazione. Compatibilmente con la possibilità di copertura dei costi (a tale copertura potrebbero provvedere le fondazioni maggiori), tale specflcazione e le conseguenti modalità operative potrebbero consentire la realizzazione di serie storiche assai utili perseguire, nel tempo, l'andamento delfenomeno. 1. VII - Tenendo anche conto di quanto si dirà nel capitolo 2, è comunque necessario giungere - nell'ambito di questa specificazione delle figure organizzative del non profit - ad una nozione precisa di fondazione aifini della ricognizione periodica suggerita. A talfine, dovrebbe essere importante la rilevazione: - dell'elemento patrimoniale che caratterizza le fondazioni, quale può essere ricavato dai bilanci; - del tipo di organi che costituiscono il sistema di governo e controllo di ciascuna fondazione; 21
- della logica operativa (grant making o operating); - dei modelli giuridici offerti dall'ordinamento (si veda quanto si dirà più avanti). 1. VIII - Sarebbe, d'altra parte, di grande rilievo realizz4re un'intesa a livello europeo al fine di compiere rilevazioni, Paese per Paese, rispondenti ai medesimi criteri. Occorrerà tenere conto dei progetti avviati a tal fine in varie sedi, accademiche (come quella innanzi citata) o intergovernative (per esempio, all'ONu), che mirano anche a stabilire metodi di ricognizione utili per la contabilità nazionale. Un'intesa metodologica in sede, EUROSTAT appare opportuna e lo stesso Consiglio italiano per le Scienze Sociali, d'intesa con I'ISTAT, se ne potrebbe fare promotore.
22
2
LE FONDAZIONI FRA GIUNGLA LEGISLATIVA E FIGURE •DELLA PRASSI
La più recente legislazione italiana si rifà frequentemente alla figura della fondazione. Lo abbiamo già ricordato. Accanto alla normativa codicistica, numerose leggi hanno creato un complesso variegato di fondazioni, dando ragione alla dottrina che aveva da tempo individuato un progressivo passaggio "dalla tipicità alle tipologie". Ulteriori figure di fondazioni sono state, del resto, individuate dalla prassi. Ciò può essere considerato un sintomo, fra gli altri, della rinascita di una forma di organizzazione sociale che ha una lunga storia. Per dare un contorno preciso a queste osservazioni occorrerebbe, però, verificare se in tutti i casi affrontati dal legislatore ricorrano elementi comuni che contribuiscano ad una nozione o a uno schema giuridico che non si disperda nella varietà di tipi e fattispecie. L'analisi da fare a tal riguardo non è semplice e, in ogni caso, esce dal campo specifico delle riflessioni consegnate a questo documento. Può essere utile, comunque, cogliere il significato della tendenza legislativa. Ciò è possibile attraverso la rassegna dei casi in cui il legislatore ha fatto di recente ricorso alla figura della fondazione. Il panorama legislativo è particolarmente ricco e complesso, tanto da poter giustificare che si parli di "giungla legislativa", dentro la quale è un'impresa avventurarsi sia per gli osservatori esterni sia per gli addetti ai lavori. Impresa, tuttavia, necessaria soprattutto quando ci si ponga nella prospettiva di una migliore sistemazione legislativa della disciplina, non come obiettivo fine a sé stesso ma come contributo allo sviluppo stesso delle fondazioni. Tale sistemazione legislativa non significa necessariamente disciplina generale delle fondazioni, nel senso di disciplina completa e dettagliata. Questo sarebbe certamente un obiettivo contraddittorio rispetto alla necessaria varietà dei molteplici soggetti "fondazione" che l'iniziativa privata può realizzare. Significa, invece, disciplina dei tratti comuni e caratteristici.
23
Fondazioni di diritto civile È opportuno prendere le mosse da quella che è la disciplina generale di riferimento in materia di fondazioni: il Titolo I! del Libro I del Codice civile dall'art. 14 all'art. 35. In base a tale disciplina, la fondazione si costituisce con atto pubblico redatto da un notaio o per testamento in una delle forme ammesse dal Codice civile. L'atto deve contenere la denominazione dell'ente, l'indicazione dello scopo, del patrimonio e della sede, nonché le norme sull'ordinamento e l'amministrazione, così come i criteri e le modalità di erogazione dell'ente. Sebbene nessuna norma di diritto positivo imponga il perseguimento di fini di pubblica utilità, sino a tempi non lontani dottrina e giurisprudenza ritenevano, per lo più, che tali fini costituissero un tratto caratteristico, anche se implicito, della fondazione. Si è sostenuto, infatti, che il vincolo di destinazione, di per sé potenzialmente perpetuo, cui è assoggettato il patrimonio della fondazione, è in contrasto con i principi ai quali sono informate le codificazioni moderne: che, cioè, la circolazione dei beni e lo sfruttamento delle risorse economiche sono liberi da vincoli rigorosi. Dunque, il ricorso alla forma giuridica della fondazione non potrebbe essere altrimenti ammissibile che in presenza di uno scopo di pubblica utilità. In realtà, è da questa impostazione culturale che derivano i tratti pubblicistici della disciplina dettata dallo stesso Codice civile del 1942 e, innanzitutto, il carattere di atto di concessione da parte dell'autorità pubblica che va a conferire la personalità giuridica. L'orientamento del legislatore è andato cambiando di recente. Ne è dimostrazione la nuova disciplina sul riconoscimento delle persone giuridiche private (DPR n. 361 citato). La via scelta è quella della liberalizzazione per quanto riguarda gli scopi perseguibili dalle persone giuridiche private. L'art. i fa riferimento ad uno scopo "possibile" e "lecito" senza ulteriori specificazioni. Alla luce anche dell'esperienza concreta degli ultimi anni, si viene affermando l'idea che importante sia il perseguimento non tanto di un fine di "pubblica utilità" quanto di uno scopo di tipo superindividuale, se non collettivo. Al fine di acquisire la personalità giuridica e la conseguente autonomia patrimoniale rimane sancito che le fondazioni ottengano il riconoscimento dall'autorità governativa ma attraverso un procedimento di iscrizione nel registro delle persone giuridiche istituito presso le Prefetture (ora Uffici Territoriali di Governo), previa la verifica di determinati requisiti. Il DPR n. 361 citato, ha sostituito la procedura precedentemente prevista dal Codice civile 24
rendendola notevolmente più rapida e semplice. In sostanza, è stato in buona parte superato il carattere concessorio dell'acquisto della personalità giuridica. Quando operino in area meramente regionale, nel senso che le finalità statutarie si esauriscono nell'ambito di una sola Regione, è invece la Regione stessa a provvedere all'iscrizione nel registro istituito presso la stessa. Si mantiene, dunque, la distinzione tra fondazioni di carattere nazionale e fondazioni di carattere regionale, già presente sotto la precedente disciplina, e introdotta con il DPR del 24 luglio 1977 n. 616. Con il sistema così configurato non c'è più un ruolo attivo per le amministrazioni centrali dello Stato e nemmeno per il Consiglio di Stato nella qualità di organo ausiliario del Governo precedentemente chiamati ad esprimere pareri sul riconoscimento della personalità giuridica. Solo per alcune fondazioni che operano nelle materie di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali è previsto che tale Ministero continui ad, esercitare una funzione attiva, dando un parere preventivo al riconoscimento dietro richiesta del Prefetto. Questo, peraltro, in assenza di tale parere entro 60 giorni dalla richiesta, procede secondo il normale iter. In generale, il procedimento è così definito: entro 120 giorni dalla presentazione della domanda di riconoscimento, il Prefetto provvede all'iscrizione della fondazione nel registro delle persone giuridiche, salvo che rilevi ragioni ostative. Queste saranno comunicate ai richiedenti, i quali avranno 30 giorni per presentare la documentazione supplementare richiesta e fornire i chiarimenti necessari. A questo punto, se il Prefetto non effettua l'iscrizione, la personalità giuridica si ritiene negata. L'iscrizione è dovuta una volta verificato che: siano soddisfatte le condizioni previste da norme di legge o di regolamento per la costituzione dell'ente; lo scopo sia possibile e lecito; il patrimonio risulti adeguato alla realizzazione dello scopo.
Le fondazioni derivanti dalla trasformazione di categorie di enti pubblici A proposito della trasformazione di enti pubblici si può parlare di una sorta di "fenomeno dentro il fenomeno". Il legislatore ha intrapreso, attraverso questa trasformazione, la via dello smantellamento di aree finora riservate, 25
per una ragione o per l'altra, al diritto pubblico. Il comune intento di tali trasformazioni è quello di dare agli enti trasformati maggior libertà di azione attraverso l'uso del diritto privato; Sono nati, così, nuovi tipi di fondazioni. Primo fra tutti il caso delle Casse di previdenza ed assistenza. Con la legge del 24 dicembre 1993 n. 537 e il successivo decreto legislativo 30 giugno 1994 n. 509, il legislatore ha previsto la trasformazione in associazioni e fondazioni degli enti pubblici gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza riguardanti i professionisti come medici, avvocati e altre particolari figure professionali. Tale trasformazione è stata rimessa alla deliberazione dei competenti organi delle "casse". La privatizzazione così effettuata può ritenersi più formale che sostanziale. Rimane, infatti, l'obbligatorietà per legge dell'iscrizione e i contributi conservano tuttora natura parafiscale. La libertà di azione degli enti trasformati, di conseguenza, è oggetto di un sistema di controlli ovviamente più rigido di quello previsto per le altre persone giuridiche private. È inoltre da segnalare che, a seguito della legge dell'8 agosto 1995 n. 335 (art. 2, comma 25) è stato emanato il D.Lgs. del 10 febbraio 1996 n. 103, volto ad assicurare la tutela previdenziale obbligatoria ai soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione, il cui esercizio è condizionato all'iscrizione in appositi albi o elenchi. In tale contesto, il decreto ha previsto che gli enti esponenziali a livello nazionale di quelli abilitati alla tenuta di albi o elenchi possano decidere, fra le varie scelte ammesse, di partecipare ad un ente pluricategoriale avente il regime giuridico della fondazione. Di notevole interesse è la riforma nel settore degli enti lirici. La riforma segna il passaggio da un sistema in cui i fini di interesse generale, in ambito musicale, dovevano essere perseguiti in via esclusiva dallo Stato attraverso degli enti pubblici ad un sistema in cui tale attività viene svolta da organizzazioni private senza scopo di lucro. La riforma si è svolta in due tappe. La prima è stata dettata dal D.Lgs. n. 367 del 1996 che ha previsto la trasformazione degli enti lirici in fondazioni di diritto privato, a seguito di deliberazione dell'organo dell'ente competente in materia di modifiche statutarie. Si è previsto, tuttavia, che i contributi pubblici avrebbero continuato ad essere fondamentali per gli enti, mentre quelli privati - sollecitati dalla riforma - si sarebbero dovuti aggiungere per assicurare un finanziamento che andasse oltre le esigenze della sopravvivenza. 26
La riforma del 1996 non ottiene i risultati sperati soprattutto per la mancanza di deliberazioni di trasformazione. Si è avuta allora una seconda tappa con il D.Lgs. n. 134 del 1998. Questo, però, è stato successivamente abrogato dalla sentenza 50312000 della Corte Costituzionale ed, infine, sostituito dalla legge del 26 gennaio 2001 n. 6. In sostanza, visto il disinteresse dimostrato dai privati nei confronti della privatizzazione degli enti lirici, il legislatore è intervenuto di nuovo per modificare la procedura di trasformazione. È stata così scelta la via della trasformazione coattiva ex lege degli enti lirici in fondazioni di diritto privato, senza la necessità di deliberazioni da parte degli organi degli enti lirici stessi. Ciononostante, l'aspettativa di ottenere un'effettiva partecipazione di soggetti privati sembra abbia continuato ad essere sostanzialmente frustrata, escluso qualche caso eccellente come quello della Fondazione Teatro alla Scala di Milano. È stato detto che la ragione sarebbe la mancata previsione di significativi benefici fiscali. Il caso richiama alle generali difficoltà delle fondazioni nelle operazioni di fiind raising (si veda in proposito Questioni eproposte 320 L'impressione di avere a che fare con una privatizzazione spiccatamente formale, più che sostanziale, trova riscontro nel fatto che il legislatore ha regolamentato in maniera dettagliata la composizione, le competenze e i poteri dei vari organi delle fondazioni liriche riservando, dunque, ben poco spazio all'autonomia statutaria. La novità maggiore introdotta dal D.Lgs. 134/98 è stata, in ogni caso, la sanzione economica prevista per gli enti lirici trasformati in fondazioni: ossia la sospensione delle contribuzioni statali (fino all'esercizio successivo) qualora, al 31 luglio 1999, l'apporto economico dei privati non corrispondesse almeno al 12% dei finanziamenti statali. La sanzione è stata poi confermata dalla legge 6/200 1, che però ha posticipato il termine finale al 31luglio 2003. Ciò significa che, in assenza di consistenti apporti privati ed in mancanza di maggiori risorse provenienti dagli Enti locali, potrebbe determinarsi la fine dell'attività lirico-sinfonica come attività sostenuta dai poteri pubblici. Finora, lo Stato ha finanziato in media quasi il 70% delle spese totali. Da una verifica dei casi concreti, a cinque anni dall'avvio del processo di riforma, risulta che sei enti lirici non hanno ancora trovato soci nella misura richiesta (non meno del 12% dei, finanziamenti statali) e rischiano, quindi, di vedersi congelati i contributi statali se non provvederanno entro il 31 luglio 200327
Le Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, note come Ip, (alla cui origine vi sono le cosiddette "Opere pie" di natura essenzialmente ecclesiastica,. che provvedevano all'assistenza in campo sociale, sanitario, scolastico, ecc.) rappresentano un'ampia parte del settore assistenziale in Italia. Esse furono convertite in Istituzioni pubbliche di beneficenza con la legge Crispi n. 6972 del 1890, legge che la sentenza n. 396 del 1988 della Corte Costituzionale dichiarò costituzionalmente illegittima all'art. 1, nella parte in cui non prevedeva che tali organizzazioni potessero continuare a sussistere come persone giuridiche di diritto privato ed ottenere il conseguenziale riconoscimento da parte delle autorità amministrative. In base alla recente legge di riforma del sistema assistenziale (la legge del 7 novembre 2000 n. 328, "per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali") è stato emanato un decreto di riordino (D.Lgs. 4 maggio 2001 n. 207) che obbliga le IPAB ad assumere un nuovo profilo giuridico, pubblico (quali aziende pubbliche di servizi alla persona) o privato (come associazioni o fondazioni). Tale scelta dovrà essere effettuata entro il 31 dicembre 2003. La trasformazione in persona giuridica di diritto privato avviene mediante deliberazione assunta dall'organo competente nella forma dell'atto pubblico contenente lo statuto, mentre il controllo e la vigilanza sono esercitate dalla Regione.
La trasformazione in fondazione di singoli entipubblici Accanto alla nascita di nuove categorie di fondazioni derivanti dalla trasformazione di altrettante categorie di enti pubblici occorre ricordare la trasformazione di singoli enti in altrettante fondazioni in base a specifiche norme di legge. Gli esempi sono numerosi e l'elenco che segue non è, di certo, completo. => Con il D.Lgs. del 18 novembre 1997 n. 426, il Centro sperimentale per la cinematografia, già ente pubblico (istituito con la legge del 24 marzo 1942 n. 419), è stato trasformato in fondazione di diritto privato, con la nuova denominazione di "Scuola nazionale di cinema!'. Finalità della Fondazione sono, fra le altre: lo sviluppo dell'arte e della tecnica cinematografica ed audiovisiva attraverso la propria attività didattica finalizzata alla formazione di base di quadri professionali; lo svolgimento di attività di ricerca e sperimentazione; lo studio della storia e della teoria del cinema, anche attraverso l'attività della Cineteca nazionale. La Scuola nazionale di cinema provvede ai suoi compiti con i redditi del 28
suo patrimonio, i contributi ordinari dello Stato destinati alle finalità istituzionali della Fondazione (stanziati con determinazione triennale negli stati di previsione della spesa del Ministero per i beni e le attività culturali, con riferimento al Fondo unico dello spettacolo), eventuali contributi straordinari dello Stato e di altri enti pubblici; eventuali provvedimenti di gestione, anche con riferimento alla utilizzazione dei teatri di prosa e delle altre strutture; eventuali contributi ed assegnazioni, anche a titolo di sponsorizzazione, da parte di altri soggetti o enti pubblici o privati, italiani e stranieri; eventuali altre entrate, derivanti dall'esercizio di attività commerciali. La Fondazione è stata posta sotto la vigilanza e il controllo dell'autorità di governo competente in materia di spettacolo. Essa è disciplinata, per quanto nòn espressamente previsto dal citato decreto, dal Codice civile e dalle disposizioni di attuazione del medesimo. ==> Con il D.Lgs. del 29 gennaio 1998 n. 20, l'Istituto nazionale per il dramma antico è stato trasformato da ente pubblico in fondazione ed acquisisce la personalità giuridica di diritto privato. Alla Fondazione spetta il compito, fra gli altri, di coordinare e promuovere, anche mediante accordi con le Regioni e gli Enti locali, l'attività teatrale presso i teatri greco-romani, e altre attività culturali ed artistiche connesse. Promuove la scuola di teatro di Siracusa. L'Istituto provvede ai suoi compiti con i redditi del suo patrimonio, i contributi ordinari dello Stato, destinati alle finalità istituzionali della Fondazione (stanziati con determinazione triennale negli stati di previsione della spesa del Ministero per i beni e le attività culturali, con riferimento al Fondo unico dello spettacolo, nell'ambito delle somme destinate al teatro di prosa), eventuali contributi straordinari dello Stato e di altri enti pubblici; eventuali proventi di gestione; eventuali contributi ed assegnazioni, anche a titolo di sponsorizzazione, di altri soggetti o enti pubblici o privati, italiani e stranieri; eventuali altre entrate derivanti dall'esercizio di attività commerciali. La Fondazione è disciplinata, per quanto non espressamente previsto dal decreto citato, dal Codice civile e dalle disposizioni di attuazione del medesimo. => L'ente autonomo "La Triennale di Milano" nacque come ente pubblico con la denominazione "Esposizione triennale internazionale delle arti decorative ed industriali moderne e dell'architettura moderna". L'ente era disciplinato dal regio decreto 25 giugno 1931 n. 949, convertito dalla legge del 21 dicembre 1931 n. 1780 e dalla legge dell'i giugno 1990, n. 137. Il D.Lgs. del 20 luglio 1999 n. 273 ha disposto la trasformazione dell'ente
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in fondazione di diritto privato con la conseguente abrogazione della precedente normativa. Il decreto contiene indicazioni riguardo alla struttura organizzativa, nonché alle finalità della Fondazione, ossia lo svolgimento e la promozionedi attività di ricerca, documentazione, esposizione settoriale e interdisciplinare nei campi dell'architettura, dell'urbanistica, dell'arte decorativa, del design, dell'artigianato, della produzione industriale, della moda, della comunicazione audiovisiva e l'organizzazione, a scadenza triennale, di una esposizione a carattere internazionale con particolare riferimento ai settori sopra specificati. La Fondazione provvede ai suoi compiti con i redditi del suo patrimonio, i contributi ordinari dello Stato (stanziati ogni anno negli stati di previsione della spesa del Ministero per i beni e le attività culturali); il contributo ordinario annuale del Comune di Milano; eventuali contributi straordinari dello Stato e di altri enti pubblici; eventuali proventi di gestione; eventuali contributi ed assegnazioni, anche a titolo di sponsorizzazione, di altri soggetti o enti pubblici o privati, italiani e stranieri; eventuali altre entrate derivanti dall'esercizio di attività commerciali. = Il Museo della Scienza e della Tecnica venne inaugurato nel 1953 con la forma giuridica della fondazione; poi nel 1958 divenne Ente di Diritto Pubblico e nel 1975 venne posto tra gli enti culturali del settore parastato, sotto la sorveglianza del Ministero della Pubblica Istruzione. Tale è rimasto fino al 31 dicembre 1999. A partire dal 10 gennaio 2000, il Museo è stato trasformato in fondazione di diritto privato ai sensi di quanto disposto dal D.Lgs. del 20 luglio 1999 n. 258 "Riordino del Centro europeo dell'educazione, della biblioteca di documentazione pedagogica e trasformazione in Fondazione del museo nazionale della scienza e della tecnica 'Leonardo da Vinci" In particolare, si è scelta la figura della "fondazione di partecipazione", di cui si dirà in seguito. Alla nuova fondazione possono difatti partecipare diverse categorie di "soci", in relazione al tipo e all'entità del loro contributo. Nel consiglio di amministrazione sono presenti i rappresentanti del Ministero della Pubblica Istruzione, del Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e i rappresentanti degli enti pubblici territoriali, in qualità di fondatori di diritto. => Trasformazioni di enti pubblici in fondazioni si hanno anche per atti normativi regionali e non statali. Si cita, ad esempio, il caso dell'ente autono30
mo Fiera Internazionale di Milano che è stato trasformato in fondazione di diritto privato con il Decreto del Presidente della Giunta Regionale 24 gennaio 2000 n. 1367. La Fondazione ha lo scopo di favorire, promuovere ed incrementare in Italia e all'estero l'organizzazione di manifestazioni fieristiche e di ogni altra iniziativa che contribuisca allo sviluppo economico. => Vale, infine, segnalare il caso speciale della Società di Cultura La Biennale di Venezia. La Società di cultura non è una fondazione. È piuttosto da ascrivere al fenomeno delle cosiddette "società miste" pubblico-private. Siamo, tuttavia, in area strettamente contigua a quella delle fondazioni. E per questo va ricordata. Si tratta di un caso di mutamento ex lege di un ente pubblico in ciò che viene definita una società di cultura, istituzione di carattere privato ai sensi dell'arti i del DPR 361/2000. La trasformazione è avvenuta con il D.Lgs. 29 gennaio 1998 n.19, che prevede, inoltre, il riassetto degli organi e la possibilità anche per soggetti non pubblici di partecipare alla vita dell'ente. Il presidente è di nomina governativa, come pure sono soggetti pubblici almeno la metà degli altri membri del consiglio di amministrazione e la maggioranza dei componenti del collegio dei revisori dei conti. La presenza dei privati deve risultare, per disposizioni del decreto, minoritaria: tali soggetti possono difatti contribuire alla costituzione del patrimonio fino ad un massimo del 40%. Sul piano dell'attività la Biennale, che continua a godere di contributi ordinari pubblici, resta soggetta al controllo della Corte dei conti e alla vigilanza del Ministro per i beni e le attività culturali. La Società di cultura provvede ai suoi compiti con i redditi del suo patrimonio, i contributi ordinari dello Stato (stanziati ogni anno negli stati di previsione della spesa del Ministero per i beni culturali e ambientali e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento dello spettacolo); i contributi ordinari annuali della Regione Veneto, della Provincia e del Comune di Venezia; eventuali contributi straordinari dello Stato, della Regione Veneto, della Provincia e del Comune di Venezia; eventuali contributi ed assegnazioni, anche a titolo di sponsorizzazione, di altri soggetti o enti pubblici o privati, italiani e stranieri; eventuali altre entrate, derivanti dall'esercizio di attività commerciali.
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Fondazioni create ex novo dal legislatore Le fondazioni derivanti dalla trasformazione di enti pubblici sono il prodotto di processi che prendono le mosse dalla realtà, ben consolidata nel tempo, di organismi che hanno operato come enti pubblici nella pienezza della nozione. Da queste fondazioni si devono, invece, distinguere quelle che il legislatore ha creato come categorie nuove.
Il D.Lgs. del 21 aprile 1993 n. 124 ha disciplinato le forme di previdenza per l'erogazione di trattamenti pensionistici complementari rispetto al sistema obbligatorio pubblico, al fine di garantire più elevati livelli di copertura previdenziale. Ai sensi dell'art. 4 del citato decreto i fondi pensione possono essere costituiti alternativamente nelle forme dell'associazione riconosciuta, dell'associazione non riconosciuta o della fondazione. Dal 1998 esiste anche la figura delle fonchizioni costituite o parteczate
dal Ministero per i beni e le attività culturali. Il D.Lgs. del 20 ottobre 1998 n. 368, che ha istituito il nuovo Ministero per i beni e le attività culturali, prevede la possibilità, per il Ministero stesso, di costituire o partecipare a fondazioni per la gestione e la valorizzazione del patrimonio culturale nazionale. La partecipazione potrà avvenire anche con il conferimento di beni culturali da parte del Ministero o di diritti d'uso su beni mobili o immobili di sua proprietà. In tal caso, lo statuto della fondazione dovrà prevedere che, in ipotesi di estinzione o di scioglimento, i beni culturali ad essa conferiti in uso dal Ministero tornino nella disponibilità di quest'ultimo. Si tratta, in sostanza, di un modo per realizzare e sviluppare forme di cooperazione per attività non lucrative tra soggetti istituzionali ed entità private relativamente all'ambito culturale. Con decreto ministeriale del 27 novembre 2001 n. 491, inoltre, il Ministero per i beni e le attività culturali ha approvato un Regolamento attuativo dell'art. 10 del succitato decreto legislativo, che disciplina le fondazioni in oggetto ed, in particolare, attribuisce al Ministero stesso alcune funzioni di sorveglianza generale quali l'approvazione di modifiche statutarie, l'adozione di atti d'indirizzo generale, la sospensione temporanea dei membri del Consiglio di amministrazione. Il regolamento prevede, poi, che all'interno dell'organo di controllo della fondazione vi sia un componente designato dal Mini32
stero e che in presenza di gravi e ripetute irregolarità il Ministero possa sciogliere la fondazione. Infine, è da segnalare che per le fondazioni che intendono operare nel settore della promozione della cultura e dell'arte e che, ab origine, possono contare su un finanziamento del Ministero per i beni e le attività culturali, la finalità di solidarietà sociale e, quindi, la qualifica di Onlus, è considerata immanente per cui non sarà necessario specificare la categoria di soggetti svantaggiati cui si rivolgono le attività dell'ente. 40. La legge 23 dicembre 2000 n. 388 (legge Finanziaria per il 2001) ha previsto le nuove fondazioni universitarie, consentendo alle università di costituire, da sole o in aggregazione con altre università, delle fondazioni di diritto privato con il compito di svolgere attività strumentali e di supporto alla didattica e alla ricerca e di effettuare acquisti di beni e servizi, alle migliori condizioni di mercato, per conto degli atenei di riferimento. Ciò dovrebbe consentire alle università di concentrarsi sul loro fine istituzionale, ossia sulla didattica e sulla ricerca, alleggerendole di parte del loro carico di lavoro. D'altro canto si dovrebbe ottenere un coinvolgimento di altri soggetti nelle attività di formazione e nella ricerca delle risorse istituzionali, economiche e imprenditoriali disponibili sul territorio per 10 sviluppo delle università. I criteri di partecipazione e adesione alla fondazione da parte di enti, amministrazioni pubbliche e privati sono stabiliti in modo che la presenza di soggetti esterni sia comunque vagliata dalle università o che siano queste stesse ad indicare i soci partecipanti. La determinazione dei criteri per la costituzione ed il funzionamento delle fondazioni, nonché l'individuazione in concreto delle tipologie di attività e degli strumenti operativi con cui tali attività possono essere svolte sono disposti nel regolamento attuativo. Il regolamento contiene indicazioni relative alla disciplina delle fondazioni, con riferimento al patrimonio e alle disponibilità finanziarie, alle scritture contabili e di bilancio, ai rapporti di lavoro del personale e alle modalità di scioglimento e liquidazione. In particolare, si individuano tre categorie di soci: i "fondatori" (enti, amministrazioni pubbliche, soggetti privati, che contribuiscano secondo quanto indicato dallo statuto al fondo di dotazione e al fondo di gestione); i "partecipanti istituzionali" (enti, amministrazioni pubbliche e privati che contribuiscono con elargizioni di denaro annuali o pluriennali, beni, attività in misura 33
non inferiore a quanto stabilito dal Consiglio di amministrazione) e i "partecipanti" (che contribuiscono in via non continuativa con mezzi e risorse in misura non inferiore a quanto stabilito dal Consiglio di amministrazione). Le fondazioni di origine bancaria sono la configurazione finale, dopo un processo evolutivo durato anni, dei soggetti - di iniziale incerta natura che a seguito della privatizzazione, prima formale e poi sostanziale, del sistema bancario pubblico hanno avuto la proprietà delle azioni delle nuove società bancarie per poi progressivamente dismetterle in tutto o in parte. Al fine di costituire un patrimonio diversificato e redditizio: un patrimonio, cioè, da fondazioni. Esse derivano dalle operazioni di ristrutturazione aziendale che, agli inizi degli anni Novanta, in attuazione della legge 30 luglio 1990 n. 218 e relativi decreti applicativi hanno interessato le banche pubbliche (Casse di Risparmio, Banche del Monte e Istituti di Credito di Diritto Pubblico). Per effetto di tali operazioni, gli enti o istituti hanno conferito la loro attività bancaria ad una apposita società per azioni, mantenendo le originarie finalità filantropiche. La legge 23 dicembre 1998 n. 461 e il D.Lgs. 17 maggio 1999 n. 153 hanno ulteriormente regolamentato la materia. In particolare si è sancito che gli enti cosiddetti "conferenti' sono fondazioni di diritto privato con scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico, adottando un "modello duale" di governo (con l'organo di indirizzo e l'organo di • amministrazione) e affidando temporaneamente la funzione di vigilanza al Ministero dell'Economia e delle Finanze. Con la legge Finanziaria per il 2002, le fondazioni di origine bancaria sono state oggetto di una nuova modifica legislativa che ha inciso notevolmente sulla loro struttura, come sarà più compiutamente specificato nel cap. 5.
Forme di fondazioni individuate d4114 prassi La fondazione comunitaria (community foundation) non costituisce un tipo giuridico a sé ma piuttosto un tipo funzionale. È caratterizzata dal fine di stabilire un rapporto con il territorio entro il quale opera. Negli Stati Uniti tale fondazione, all'inizio del secolo scorso, si presenta come organismo che opera a vantaggio di uno specifico territorio e il cui scopo principale consiste nella distribuzione di grant ad un'ampia platea di organizzazioni, non profit e pubbliche, per perseguire finalità collettive e di pubblica utilità. Fondamentalmente, le fondazioni comunitarie hanno le seguenti caratteri34
stiche: a) cercano di costruire un patrimonio consistente per assicurare la propria indipendenza e durata a lungo termine; b) sono governate da un Consiglio di amministrazione indipendente, che cerca di rappresentare la comunità senza essere la somma delle rappresentanze dei diversi segmenti della comunità medesima; c) danno l'opportunità, a molti grandi e piccoli donatori, di contribuire al miglioramento della comunità di appartenenza; d) si impegnano a migliorare la qualità della vita all'interno della comunità; e) mettono a disposizione della filantropia servizi e personale qualificato. Negli ultimi anni, le fondazioni di comunità sono giunte a rappresentare il tipo di fondazione in più rapida crescita negli Stati Uniti. Il fenomeno si è diffuso di recente anche in Canada, Costa Rica, Messico, Australia, Nuova Zelanda, Giappone, Europa occidentale (nel Regno Unito e in Germania, soprattutto) e orientale (anche in Russia). Nuove fondazioni di comunità stanno sorgendo proprio in questi anni anche in Paesi dell'Europa dell'Est dove sono chiamate a svolgere un ruolo guida, trovandosi in una realtà della filantropia magmatica e in piena evoluzione. Il modello è stato recentemente importato in Italia e adattato alla specifica realtà nazionale prima dalla Fondazione Cariplo, poi dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Venezia. Le costituende fondazioni hanno tre funzioni fondamentali. Esse devono: 1) sviluppare un'ampia e approfondita conoscenza delle esigenze e delle potenzialità della società civile operante nel proprio territorio; 2) dotarsi di una struttura operativa in grado di distribuire e monitorare contributi di modesta entità destinati ad enti che, senza scopi di lucro, perseguono fini d'utilità sociale; 3) offrire vari ed articolati servizi ai potenziali donatori. 43. Sempre più diffusa nella prassi attuale è la figura della fondazione di partecipazione, attraverso la quale si intende realizzare un'equilibrata sintesi dell'elemento personale, proprio delle associazioni, e dell'elemento patrimoniale tipico delle fondazioni. Il nuovo tipo di ente nasce dall'interpretazione dell'articolo 1 del DPR 361/2000 e dell'art. 1332 del Codice civile, combinati con l'art. 45 della Costituzione. L'art. 1 del DPR 361/2000, facendo riferimento ad "altre istituzioni di carattere privato", offre la possibilità di costituire delle entità diverse dalle associazioni e dalle fondazioni, aventi comunque il diritto ad ottenere la personalità giuridica privata, purché in possesso dei requisiti necessari. L'art. 1332 c.c. fa riferimento ai "contratti aperti", in cui, agli originari contraenti, se ne possono successivamente aggiungere altri, anche dopo la conclusione 35
del contratto. L'art. 45 Cost. riconosce e promuove la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualitàe senza fini di speculazione privata. La fondazione di partecipazione costituisce, dunque, un patrimonio a struttura aperta e viene presentata come un modello particolarmente adatto a favorire la collaborazione tra il settore pubblico e quello privato. Tuttavia, la mancata determinazione a priori del patrimonio può comportare dei problemi in sede di riconoscimento della personalità giuridica. Di solito, in una fondazione di partecipazione sono presenti come fondatori Enti locali o altri enti pubblici, imprese o altri soggetti privati. Alla figura dei fondatori si aggiunge per lo più quella dei sostenitori o aderenti, che versano contributi occasionali o, come persone fisiche, prestano la loro attività di volontari. Il sistema di governo, nel tener conto delle varie componenti, può risultare abbastanza articolato. Accanto al Consiglio di amministrazione può esistere un Consiglio o altrimenti denominato organo di sorveglianza che, composto da rappresentanti degli enti pubblici, si assicura che l'operato della fondazione rispetti l'interesse pubblico oltreché le leggi e lo statuto. Può essere previsto un Consiglio generale da cui emana l'organo di amministrazione o un'Assemblea di partecipazione. Si è, invece, in presenza di una fondazione holding ofinanziaria nel caso di un ente che amministra il patrimonio o gestisce un'impresa con l'obbligo, previsto dallo statuto, di devolvere le rendite del patrimonio o gli utili dell'impresa ad un'altra fondazione, la quale li utilizzerà per realizzare i suoi scopi statutari. Il Consiglio di Stato ha, infatti, sancito che può essere riconosciuto il carattere di fondazione ad un ente che si limita ad amministrare un patrimonio, mentre l'erogazione delle relative rendite realizzata da altre fondazioni per compensare iniziative meritorie nel campo umanitario, scientifico, artistico e sociale (Cons. Stato 12 dicembre 1961, n. 2186).
Il senso della legislazione recente: promuovere ilpartenariatopubblico-privato in campo non lucrativo La rassegna delle tipologie legislative di fondazione non consente conclusioni nette riguardo al significato del diffuso ricorso all'istituto della fondazione nelle leggi più recenti. Vale comunque rimarcare il fatto che, prevalentemente, se non esclusivamente, si tratta di legislazione che ha sancito la trasformazione di enti pubbli36
ci in fondazioni. Ultima espressione di questa tendenza legislativa è l'art. 28 della legge Finanziaria per il 2002 (legge 448/2001). Viene qui previsto che il Governo, su proposta dei Ministri dell'Economia, delle Finanze e della Funzione pubblica, di concerto con il Ministro interessato, individui - entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge - gli enti pubblici, le amministrazioni, le
agenzie, e gli altri organismi ai quali non siano affidati compiti di garanzia di diritti di rilevanz4 costituzionale e che siano finanziati direttamente o indirettamente dallo Stato o da altri enti pubblici, e ne disponga con regolamento la trasformazione in società per azioni o in fondazioni di diritto privato. La trasformazione è subordinata alla verifica che i servizi siano più proficuamente erogabili al di fuori del settore pubblico ed è esclusa per gli enti che gestiscono, a livello di primario interesse nazionale, la previdenza sociale, per quelli essenziali per esigenze di difesa o la cui natura pubblica è garanzia di sicurezza, per gli altri che svolgono funzioni primarie come la prevenzione e vigilanza per la salute pubblica.
c'è da dire che - almeno pei quanto riguarda i processi di trasformazione degli enti pubblici - il ricorso alla figura della fondazione sembra equivalere all'uso della figura della società per azioni quando si tratta di realizzare la prima fase delle "privatizzazioni" che riguarda, normalmente, l'adozione di forme giuridiche del diritto privato. La forma "fondazione" è applicata a soggetti non lucrativi, la forma "società per azioni" è applicata invece a soggetti chiamati a fare lucro. Del resto, il cambiamento in alcuni casi è di lieve portata anche in ragione della stretta contiguità fra la logica della persona giuridica privata (le fondazioni) e quella della persona giuridica pubblica (gli enti pubblici). Certa.mente, il notevole numero di interventi legislativi (da ultimo si rammenta la trasformazione in enti senza scopo di lucro e con personalità giuridica di diritto privato ai sensi dell'art. 14 e seguenti del Codice civile
dell'Istituto per la storia della musica, dell'Istituto internazionale di studi giuridici e del Centro studi alto medioevo di Spoleto avvenuta con DPR del 29 aprile 2002 n. 123) autorizza soltanto a parlare di fondazioni di diritto speciale. Il rinvio alle norme del Codice civile sulle fondazioni, quando c'è, è puramente residuale: valgono per quanto non disposto dalla singola legge e, comunque, in quanto compatibili. Bisogna, dunque, parlare di legislazione con finalità di ridimensionamento del settore pubblico. Ciò significa, innanzitutto, che attraverso la creazione di fondazioni, le fonti di finanziamento di ciò che era ente pubblico, o di ciò 37
che viene scorporato dall'ente pubblico, cessano di essere esclusivamente a carico dei bilanci pubblici. Quasi mai, in ogni caso, i contributi pubblici possono essere integralmente sostituiti da risorse finanziarie private. Il vero effetto al quale tendono le leggi di trasformazione degli enti pubblici in fondazioni è la creazione di nuove forme di partenariato pubblico-privato. Tale partenariato non riguarda soltanto le iniziative che si realizzano attraverso il mercato secondo i criteri dell'economicità e del profitto ma viene promosso anche nel campo non lucrativo. Un esempio, in proposito, si rinviene nella già citata legge Finanziaria per il 2002, in base alla quale gli Enti locali possono procedere all'affidamento diretto dei servizi culturali .e del tempo libero anche ad associazioni e fondazioni da loro costituite o partecipate (nuovo art. 113 bis del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, così come introdotto da!l'art. 35 della legge 28 dicembre 2001 n.448). 48. Il passaggio da enti pubblici a fondazioni è un capitolo delle vicende che portano a quel "passo indietro" dello Stato - quest'ultimo inteso nel senso più ampio del termine - che caratterizza le trasformazioni ordinamentali dell'ultimo decennio. C'è, tuttavia, da chiedersi se questa legislazione dia un contributo reale ed efficace alla creazione dello spazio da consegnare alla gestione della società civile. Certo, la previsione di nuove figure di fondazione che possono essere promosse da molti enti e amministrazioni pubbliche (si considerino, per esempio le fondazioni universitarie o quelle culturali) può essere considerata una risposta a questa esigenza. In generale, è tuttavia difficile parlare di legislazione promozionale. Con questo insieme dileggi speciali non si può dire che siamo di fronte ad un quadro normativo che renda più attraente il diritto delle fondazioni come si augurava, tempo addietro, in Francia, il Conseil d'Etat.. In realtà, soltanto le norme legislative del 1998-99 sulle fondazioni di origine bancaria si preoccupano di prefigurare, come si vedrà successivamente, un diritto comune delle fondazioni.
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QUESTIONI E PROPOSTE
Va invece in quest'ultimo senso la modificazione, già ricordata all'inizio di questo capitolo, del procedimento per l'acquisizione della personalità giuridica anche se dovranno esserne ben verificati gli effetti. 2.1 - Il moltiilicarsi di organismi denominati - dalle leggi o dalla prassi fòndazioni" -
spinge a chiedersi se essi rispondano ad una nozione comune. Fuori dall'ipotesi di ricavare tale nozione per via di induzione e raffionto fra le varie fattispecie legislative, l'uso del nome fondazione richiama alla necessità di mettersi a confronto con la nozione tramandata dalla tradizione giuridica e affermata nella disczplina positiva. Ebbene, di tale nozione il tratto distintivo e qualfìcante è l'elemento patrimoniale. Certamente, questo tratto va confermato come premessa di un possibile, e per certi aspetti, necessario aggiornamento del concetto di patrimonio. 211 - Intorno al nucleo qualificante del patrimonio è possibile costruire un essenziale "diritto comune" delle fondazioni. Innanzitutto, il patrimonio deve essere concepito non soltanto come un compendio di beni immobiliari e di valori mobiliari la cui proprietà viene conferita alla fondazione, ma anche come un insieme di crediti certi che vengano liquidati nel tempo anche attraverso strumentiflnanziari di particola re concezione. Altre «obbligazioni di conferimento »> come quelle di tipo associativo, potranno essere configurate come elementi costitutivi del patrimonio a condizione di determinati requisiti in termini soprattutto di garanzie. Nel patrimonio, invece, vanno ricompresi diritti reali che abbiano una certa durata, quale può essere ad esempio un usufrutto di lungo periodo. Si tratta di rendere agevole la costituzione del patrimonio in modo da attivare, in alcuni casi, varie forme di donazione e contribuzione al patrimonio. In questo senso sembra ragionevole immaginare una formazione progressiva del patrimonio attraverso le donazioniplurime conseguibili, ad esempio, attraverso sottoscrizioni pubbliche aperte. In un certo senso dovrà essere curata una qualità digestione delpatrimonio che sia capace di attrarre donazioni fitu re. 2111— Il patrimonio deve, comunque, avere una consistenza che assicuri una ragionevole proporzionalità in relazione all'attività necessaria per raggiungere gli scopi della fondazione. I criteri di questa congruenza e proporzionalità in confronto agli scopi meritano di essere meglio definiti. In ciò rientra la questione della misura minima che deve avere il patrimonio. Una considerazione comparativa delle legislazioni europee seguala che questa è stata riso fra in vari modi ma sempre, comunque, affiontata.
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2.1V - L'importanza del patrimonio come elemento qualfìcante della fondazione non deve essere confrsa con la perpetuità indeterminata del medesimo. Non è detto, cioè, che il patrimonio debba servire alperseguimento deifini soltanto attraverso l'impiego dei frutti del patrimonio. Il quale, di conseguenza, deve essere usato in modo da dare frutti nel modo più redditizio possibile. Deve, invece, essere ammessa la possibilità di una fondazione a termine che impieghi il suo stesso patrimonio per il raggiungimento dei suoi scopi. L'ipotesi della fondazione a termine deve essere, tuttavia, messa bene a punto data la possibilità di usi impropri. 2. V— Che il patrimonio sia l'elemento caratteristico della fondazione, rimanendo questa entro il concetto di "un patrimonio destinato ad uno scopo non di lucro ", significa dare sostanziale stabilità al suo assetto. Di questo è strumento essenziale lo Statuto. La cui modificabilità è ammessa da tempo entro certi limiti. Di qui, malgrado la necessaria flessibilità da dare alla forma giuridica, l'esigenza di contenere l'ibridazione con la forma dell'associazione, che necessariamente prevede la più ampia possibilità di modfìcare anche gli scopi in ragione della volontà libera degli associati. 2. VI - L'ampia diversità delle fondazioni, soprattutto per quanto riguarda le finalità e le dimensioni, e la loro natura di libera espressione dell'iniziativa dell'autonomia privata convincono facilmente a concedere uno spazio ben definito alle norme imperative contenute nella disci,lina di diritto comune delle fondazioni. Il diritto delle fondazioni non può non essere fondamentalmente diritto statutario. Per il resto, la legge dovrebbe contenere norme di carattere dispositivo per il caso di insufficienza degli statuti. In ogni caso, la normativa comune non può che essere scandita secondo le diversità rilevanti difini e di dimensioni. 2. VII - Tale principio è di naturale applicazione in materia di sistema di governo delle fondazioni (o foundation governance). Il modello, cosiddetto duale (da una parte un organo di indirizzo, dall'altra, un organo opiù organi esecutivi), che è stato adottato formalmente per la prima volta nel caso delle fondazioni di origine bancaria (raccogliendo un modello che già andava affermandosi nella pratica in diversi Paesi), ha la sua ragion d'essere nella necessità di stabilire una importante dialettica interna alfine del più corretto e consapevole esercizio delle facoltà e finzioni relative alla gestione e alla utilizzazione di grandi patrimoni di rilevanza collettiva destinati afinifilantropici. Tale modello, quando sia esercitato compiutamente, sta alla base della stessa "accountability" o responsabilità sociale della fondazione. Il modello può essere raccomandato per le fondazioni di grande rilievo sul piano sociale in ragione dei fini, della dimensione patrimoniale, del partenariato pubblico-privato, del particola re regime fiscale applicato. Il modello, quindi, potrebbe essere oggetto di norme imperative ed essere verificato nella sua applicazione.
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Diverso è il discorso per lefondizzioni di minore dimensione o, comunque, per quelle di più semplice origine e configurazione. Nel caso di queste ultime sembra del tutto naturale e ragionevole dare il massimo spazio alla libera determinazione dei fondato ri. Organi di governo limitati al Consiglio di amministrazione e al Presidente e composizione molto ristretta dell'organo collegiale possono ben costituire ilgiusto apparato di governo.
2. VIII - Il tema del sistema di governo rende chiari la portata e i limiti di un diritto comune delle fondazioni. Dopo un'estesa legislazione speciale (inevitabile nel caso della trasformazione di enti pubblici in fondazioni) ed un'ampia sperimentazione in prassi di forme nuove di fondazioni, l'una e l'altra aspetti naturali del 7ènomeno fondazioni" negli ultimi dieci-quindici anni, appare importante ritrovarei tratti comuni per dare più consistenza alfenomeno, valorizzarne le potenzialità, consentire le ulteriori novità di struttura. 2.IX— Costituire nel suo nucleo essenziale questo "diritto comune" è operazione necessaria alfine di realizzare la figura di Y5ndazione europea" o di diritto comunitario che è da tempo allo studio e che si auspica venga messo ai più presto nell'agenda del sistema istituzionale dell'Unione Europea. Il necessario confronto delle esperienze giuridiche che è, metodologicamente, un presupposto di questo lavoro costruttivo su1 piano del diritto europeo spinge alla messa a punto del nucleo centrale dei diritto nazionale delle fondazioni. Conseguire il risultato di dar vita alla Thndazione europea" significa dare non lieve apporto alla creazione di quel tessuto connettivo europeo, all'insegna dei princzpio di sussidiarietà, che sarà il test più vero della solidità della costruzione europea. Seppure sarà opportuno un certo grado di armonizzazione delle legislazioni, la definizione di una figura di fondazione europea, come possibile scelta dei futuri fondatori, può costituire un passo di grande rilievo storico. 2.X— Alfine di creare una cultura giuridica delle fondazioni, che sia ampiamente condivisa nei Paesi europei, si muovono varie iniziative attualmente in corso. Passo preliminare è la definizione dei «Principi Fondamentali" che sarà opportuno affermare affinché ricevano il necessario consenso. È questa la proposta che fa l'European Foundation Centre con un documento pubblicato nei maggio 2002 e redatto congiuntamente dai Legai and Tax Task Forces. In tale contesto, lafonchizione è definita come un ente del tutto indzendente e distinto dai suo fondatore (sia questo io Stato, un'autorità pubblica od un qualsiasi privato), volto ai perseguimento difini di pubblica utilità e dotato di un proprio organo di governo, nonché di una propria fonte rilevante di entrate derivanti normalmente ma non soltanto dai patrimonio. Non vengono, quindi, prese in considerazione le fondazioni con scopi di carat41
tere esclusivamente privato. Ed è pienamente da condividere che i "Principi Fondamentali" non debbano népossano riguardare quest'ultimo tipo di fondazioni.
2.XJ Il sistema delle fondazioni ha bisogno, infine, di una propria Autorità di controllo, cioè di un'istituzione che sia osservatorio della realtà in movimento delle fondazioni e insieme istituzione di accompagnamento, oltre che di regolazione, dello sviluppo delle fondazioni. Quanto più consistente si fa tale sviluppo tanto più necessario è dare vita a tale Autorità. Occorrerà sorvegliare sui fenomeni degenerativi, certamente possibili anche in misura rilevante (in termini, per esempio, di riciclaggio di "denaro sporco '2 occorrerà aiutare a costruire realtà solide e affidabili, occorrerà garantire i donatori invitati ad accrescere le disponibilità patrimoniali efinanziarie del setto refilantropico. Come per il mercato eper l'area lucrativa, questi sono compiti tzpici di unAutorità indipendente. -
2.XII— Lo sviluppo delle fondazioni pone, natura/mente, l'esigenza di meglio definire le regole dell'accesso al sistema giurisdizionale sotto i/profilo sia delle norme sostanziali sia di quelle procedura/i. La giurisprudenza non ha avuto modo di 4ontare a fondo la questione. Sta di fatto che i/procedimento di riconoscimento della personalità giuridica rimane affidato alle amministrazioni statali e regionali anche ne/la non /ieve modflcazione de/la logica del procedimento che è, sostanzia/mente, di omologazione (accertamento dei requisiti necessari e iscrizione ad un registro). E ciò chiama in causa la giustizia amministrativa. Senza dire di quel che discende dalle leggi speciali in ordine a/le specifiche residue competenze di varie autorità amministrative. Thtto ciò che riguarda invece i/finzionamento ordinario delle fondazioni, i rapporti interorganici, i rapporti fra fondatori, donatori e beiuficiari (o più genericamente stakeholders) delle fondazioni sono sempre più materia propria dell'autorità giudiziaria ordinaria. Appare, dunque, opportuno che alcune norme in materia di competenze giurisdiziona/i debbano far parte del diritto comune de/le fondazioni. 2.XIII - Alcune iniziative legislative in corso toccano in qualche misura l'ambito normativo riguardante le fondazioni. Vale ricordare la proposta di legge che mira a dar vita a//Impresa sociale (disegno di legge delega approvato l'li luglio 2002 dal Consiglio dei Ministri) quale figura unitaria e trasversa/mente applicabile ad enti del Libro le del Libro Vdel Codice civile. Questo tipo di impresa dovrebbe operare esclusivamente in ambiti di particolare rilievo sociale (qua/i ad esempio quello sanitario, socio-sanitario, socio-a.ssistenziale, l'istruzione, la tutela del patrimonio ambientale ed artistico) attenendosi al divieto di distribuzione degli utili sotto qualsiasi forma anche indiretta e all'obbligo di reinvestire gli eventuali proventi nell'attività istituzionale. Viene, inoltre, negata la posszbilità che soggetti 42
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LE FONDAZIONI Al lAVORO
Qual è la realtà delle fondazioni? Quali sono i problemi che il loro operare pone giornalmente? In quale misura è possibile parlare di problemi comuni, pur in presenza di dimensioni e finalità tanto diverse fra loro? Domande di questo tipo e le tante altre simili che si possono immaginare devono essere oggetto di particolare considerazione. Certo, risposte adeguate sono possibili soltanto attraverso ricerche empiriche approfondite che riguardino un campione ampio di fondazioni. Ricerche al momento non disponibili. Qui occorre limitarsi a trarre frutto dalle conoscenze dirette che si possono avere della realtà concreta delle fondazioni in Italia e negli altri Paesi. Alcune avvertenze sono necessarie. Innanzitutto, la nozione di fondazione che deve essere assunta a base delle riflessioni che seguono rimane quella ricordata all'inizio di questo Libro Bianco, cioè la nozione che è stata fatta propria anche dall'European Foundation Centree che è sufficientemente flessibile per ingiobare anche fondazioni con forti tratti di specialità. In secondo luogo, la difficoltà di distinguere, senza una base di dati empirici, i comportamenti consolidati nella realtà dalle tendenze che vanno emergendo può essere motivo di confusione fra ciò che viene affermato in termini descrittivi e ciò che, invece, è discorso prescrittivo.
Fondazioni come "aziende" A metà degli anni Novanta, la maggioranza delle fondazioni interpellate nel corso dell'indagine della Fondazione Agnelli risultarono di tipo operativo (o misto dove, però, la natura operativa era comunque. prevalente, se non dominante) e, come tali, non troppo differenti per attività, dimensioni e fonti di finanziamento da altre organizzazioni non profit. Questo è il dato di partenza. Cosa succede se le fondazioni crescono di numero e di dimensione? Si candidano, evidentemente, ad essere soggetti riconoscibili nella società, 45
creano domande e aspettative, soprattutto nel territorio di appartenenza, e trovano nella società i propri interlocutori come destinatari o beneficiari delle loro attività o come alleati nel perseguimento dei propri compiti. D'altra parte, la stessa riscoperta dell'istituto "fondazione" da parte dellegislatore sembra, per quanto connotata da forti ambiguità, destinata a spingere verso una maggiore riconoscibilità sociale delle fondazioni. Dal punto di vista dell'economia d'azienda, la fondazione ha il profilo di un istituto economico duraturo chiamato a creare valore sociale sulla base di un solido impianto economico-finanziario. In via di principio, dà i suoi contributi finanziari o cede beni e servizi alla collettività o a soggetti che ne fanno parte senza ricevere alcuna controprestazione di carattere patrimoniale, ma sulla base di una copertura economico-finanziaria sicura. Esse devono dunque contare su un flusso sistematico di risorse provenienti dal patrimonio come reddito di questo, dalle obbligazioni certe assunte dai soggetti sostenitori o fondatori, dai ricavi di attività accessorie anche di tipo commerciale, da donazioni in conto esercizio per specifiche iniziative. Teoricamente, le erogazioni o prestazioni (nelle quali vanno ricompresi tutti i servizi resi dalla fondazione quando sia di tipo operativo) sono strettamente dipendenti dai proventi. Logicamente il ciclo operativo può essere riassunto in questa sequenza: proventi/spese/accantonamento parziale dei proventi/generazione di nuove risorse. Ottimizzare questo ciclo, costituisce, spesso, una sfida gestionale di grande rilievo. Si intende come la gestione del patrimonio, quando questo rappresenti la fonte principale dei proventi spendibili per le spese istituzionali, abbia bisogno di cure particolari e di una disponibilità di strumenti di investimento finanziario che garantiscano una certa stabilità reddituale. La gestione degli investimenti patrimoniali pone, in realtà, problemi di non poco conto ad ogni fondazione che sia titolare di un patrimonio significativo. Normalmente, si tratta di realizzare in modo equilibrato tre obiettivi: massimo reddito possibile degli investimenti, al fine di accrescere le risorse disponibili per i fini istituzionali; rischio misurato; mantenimento del valore del patrimonio o, se possibile, suo accrescimento nel tempo. Ciò comporta un'organizzazione interna dedicata e una ripartizione di compiti fra organi di governo e staff amministrativo, che saranno diversi a seconda che la gestione degli investimenti patrimoniali sia interna e diretta, ovvero venga affidata all'esterno. Vari i criteri di scelta di eventuali advisors finanziari e, distinti da questi, 46
dei gestori esterni, nonché delle forme tecniche della gestione esternalizzata (mandati individuali di tipo specializzato o bilanciato, partecipazione a fondi comuni e così via). Alle fondazioni si pone il fondamentale problema di evitare una inefliciente diversificazione di portafoglio quale, ad esempio, può realizzarsi quando l'investimento sia indirizzato soltanto a fondi promossi dallo stesso gestore (fondi cosiddetti "monomarca"). Di conseguenza, le fondazioni hanno un forte bisogno di benchmark fondati su elementi di rappresentatività e trasparenza e bene articolati in termini di applicabiità alle loro esigenze.
Dall'autoreferenzialità al lavoro in rete con visione strategica La necessità di conservare il patrimonio e in qualche modo di accrescerlo vuole un atteggiamento di gestione prudente, ma ciò spesso finisce per rafforzare la tendenza a fare da sé che hanno o, tradizionalmente, hanno avuto le fondazioni. Tendenza che geneticamente discende spesso dalle origini stesse delle fondazioni, soprattutto quelle nate dalla volontà di mantenere nel tempo il ricordo di personaggi, di luoghi storici, di tradizioni o semplicemente dalla volontà di tenere ferma nel tempo una data missione. Del resto, si è a lungo discusso fra giuristi della possibilità (o dei limiti di questa) di modificare gli statuti delle fondazioni, soprattutto per quanto riguarda le finalità istituzionali. Non è difficile riscontrare, insomma, una naturale "autoreferenzialità" delle fondazioni. A questo punto sono legittime alcune domande. La caratteristica dell"autoreferenzialità" è riscontrabile, tuttora, come dominante nelle fondazioni della nuova stagione? E, in ogni caso, è questa una caratteristica che possa essere mantenuta quando le fondazioni, cresciute di numero e di dimensioni, divengono soggetti diffusi e riconoscibili intorno ai quali si addensano aspettative e si profilano responsabilità sociali rilevanti? La risposta all'una e all'altra domanda è negativa. Due fatti sono da rilevare: l'affermarsi, in Europa, di associazioni e reti di fondazioni; l'attenzione crescente per un'impostazione della gestione delle fondazioni in termini di strategia. Si tratta dei due maggiori indicatori del nuovo ruolo sociale delle fondazioni. Vale rapidamente considerare l'esperienza del già citato European Foundation Centre, sorto il 9 novembre 1989 dall'iniziativa di 7 delle principali fondazioni europee. Ad oggi, l'EFc offre servizi ai circa 200 membri asso47
ciati e finanziatori attivi in Europa e ad un network di circa 30.000 associati ed organizzazioni affiliate in 35 Paesi. Il Centro ha dedicato le ultime Assemblee nazionali ai seguenti temi: "The European Union and the Social Economy - challenges and responses»; "Foundations for Europe: Global Concerns-Local Practice' "Civil Society - Learningfrom one another' Foundation for Europe: Dialogue with corporations and Public Authorities, New technologies, New Phi1anthropies' "Building Social Capital - The Social Economy' Se questi sono i temi intorno ai quali si è svolto il dibattito fra le numerose fondazioni rappresentate nell'EFC, ciò significa che queste si ritengono al centro dei problemi che girano intorno alla coesione sociale, alla riorganizzazione del Welfare State, all'iniziativa privata votata a fini di interesse collettivo. In altri termini, le fondazioni si sentono attori, se non protagonisti, del Terzo settore. E, conseguentemente, si sentono investite di responsabilità verso la società. Da ciò deriva, come è stato notato, che le fondazioni sono partecipi di quel fenomeno di distribuzione o redistribuzione dei compiti che va sotto il nome di sussidiarietà, sia in senso verticale (fra livelli di governo e loro interna articolazione) sia in termini orizzontali (fra pubblico e privato e le molteplici articolazioni di quest'ultimo come, nel nostro caso, il privato-sociale). 1 di grande rilievo che la spinta verso questa percezione della realtà delle fondazioni trovi il suo motore nelle aggregazioni e nelle forme di incontro che si vanno realizzando, prima ancora in sede europea che in sede nazionale. Tuttavia, anche in Italia, la spinta verso forme nuove ed efficaci di associazionismo comincia ad emergere. Sia pure con difficoltà. Si può citare il caso dell'Aici, l'Associazione delle Istituzioni di Cultura Italiane costituita nel 1992, che riunisce alcune fondazioni culturali (come la Basso, l'Olivetti, l'Agnelli e la Feltrinelli) e altri organismi che si occupano di cultura (accademie, centri studi e altre istituzioni culturali). L'Associazione ha potenzialità non del tutto sfruttate in ragione dell'ecletticità della nozione di istituzioni di cultura, oltre che della modestia dei mezzi a disposizione. Con la denominazione di Società Italiana di Cultura delle Fondazioni è in via di costituzione un'associazione promossa tra l'altro da Fondazioni Italia (fondazione che riunisce un gruppo di fondazioni bancarie), fra fondazioni di vario tipo. Lo scopo è quello di promuovere la conoscenza e la cultura delle fondazioni. Che organismi come le fondazioni facciano sistema o comunque si propongano di lavorare in rete attraverso l'Europa è un aspetto significativo 48
di un più generale fenomeno: quello, per esempio, dell'integrazione fra società nazionali. E, tuttavia, un dato emerge con chiarezza nel considerare l'attività delle fondazioni: difficilmente la cooperazione fra fondazioni si realizza all'insegna di irrazionali omologazioni culturali e sociali. Esse, piuttosto, sembrano naturalmente deputate alla salvaguardia, quando sia importante, delle differenze culturali. In un contesto come quello appena ricordato la possibilità di realizzare i propri compiti passa, necessariamente, per la maggiore disposizione che hanno le fondazioni a lavorare insieme, invertendo linee di comportamento tradizionalmente solitarie. A tal fine, non servono soltanto le sedi d'incontro e di coordinamento delle iniziative. Serve anche la capacità di visione di chi dirige le fondazioni.
58. La tendenza verso il lavoro in rete e la necessità di ascolto ed interpretazione di bisogni sociali a cui rispondere, pur entro un ambito limitato d'azione, spingono verso una gestione che si ispiri a linee strategiche. Di fatto, operare secondo una strategia sembra spesso essere impedito alle fondazioni, oltre che da atteggiamenti tradizionali di passività, dallo stesso stretto legame che si instaura fra le fondazioni stesse e il contesto di riferimento. Certo è difficile immaginare percorsi di medio lungo termine come risultati di una volontà completamente autonoma e, per questo, percepita magari come "eccentrica" nei confronti della comunità concreta. Si immagini una fondazione di medie dimensioni operante in un contesto sociale entro il quale viene ben riconosciuta. Vista dall'esterno, essa tende ad apparire, quale che sia il grado di specializzazione dei suoi fini, uno sportello a cui chiedere interventi. Talvolta pronti ed estemporanei. Pertanto, se non vuole ridursi ad uno sportello che agisca magari con criteri di automatismo, la fondazione deve allora riconoscersi come una coalizione di interessati o stakeholders, cioè porsi in un rapporto dialettico con i vari portatori di "interesse", relativamente alle proprie finalità. Gli stakeholders diventano così "soggetti chiave" per la gestione strategica, soprattutto quando la fondazione possa o voglia creare "valore sociale", cioè dare il proprio contributo per valorizzare la capacità di quello spicchio di società che è il proprio riferimento. La strategia delle fondazioni - che significa sostanzialmente scegliere bene le priorità e gli obiettivi con opportune e fondate scadenze nel tempo - diviene un passaggio decisionale di grande rilievo che presuppone conoscenze e approfondimenti mirati ad una gestione capace di raggiungere buoni risultati. 49
Senza riflessione strategica è difficile evitare, d'altra parte, certa connaturata reticenza a rinnovare missione ed attività. Difetto che, storicamente, è stato attribuito alle fondazioni e deprecato, talora con forza, sulla scia delle critiche degli Enciclopedisti del Settecento.
59.. Al di là dei problemi delle priorità da affrontare con adeguata riflessione strategica, il rapporto con il contesto sociale e con l'insieme degli interessati e destinatari possibili delle iniziative delle fondazioni passa attraverso pratiche di identificazione corretta ed imparziale dei bisogni a cui venire incontro ovvero di sollecitazione, egualmente imparziale, delle energie migliori. A questo riguardo, forme di confronto mai di tipo burocratico, inviti al concorso di idee e altri metodi di ragionevole competizione, mai comunque esasperata, costituiscono le pratiche che le fondazioni sono chiamate a sperimentare.
Amministratori, staffe formazione L'evolversi del ruolo delle fondazioni, nonché la crescita della loro dimensione media, pone - oggi più che mai - il problema della professionalità delle risorse umane in esse impiegate. Ciò è vero, in primo luogo, con riferimento agli organi di governo di queste istituzioni. La storia delle fondazioni ha più volte dimostratocome il loro "fallimento" sia spesso legato alle caratteristiche dei Consigli di amministrazione, quando composti da soggetti aventi scarsa conoscenza e. competenza del ruolo svolto. D'altra parte, gli amministratori rischiano talvolta di rimanere subordinati ai direttori esecutivi che, quindi, conducono la propria attività operativa senza essere sottoposti ad alcuna efficace supervisione. Questa è certamente una criticità, più volte constatata nella realtà. Ruoli, competenze, funzioni e dimensioni ottimali degli organi amministratori sono funzione della missione dichiarata, delle scelte strategiche adottate e, non ultimo, della dimensione di ciascuna fondazione. Il fatto che spesso il servizio reso dagli amministratori di fondazioni costituisce lavoro "volontario" e quindi non remunerato non vale a nascondere l'importanza della questione. L'eterogeneità dei modelli e dei processi di costituzione delle fondazioni italiane solleva problemi assai diversi sotto il profilo dei ruoli e delle competenze del personale di staif Se per le fondazioni di diritto civile, infatti, il problema si pone ancora oggi in termini di dimensionamento minimo, o di congrua ripartizione tra personale dipendente e personale volontario - ponendo interrogativi circa le competenze e le responsabilità ad essi attribuibili 50
- il tema delle risorse umane assume caratteristiche assolutamente diverse certamente più complesse - per le fondazioni che risultano dal processo di trasformazione di enti ed organizzazioni appartenenti alla pubblica amministrazione. In questi casi, infatti, alla trasformazione giuridica non fa seguito normalmente una coerente trasformazione delle logiche operative. Quattro sono, in ogni caso, i principi che ispirano la buona condotta del personale di una fondazione: l'interesse alla qualità del servizio erogato; la motivazione personale alimentata da processi di identificazione con le finalità della fondazione; un forte autocontrollo fondato sulla omogeneità dei valori e dei comportamenti; un efficace interscambio fra le persone. In qualche misura, insomma, deve essere presente una sorta di "militanza" dotata di spirito critico. Un ultimo aspetto appare rilevante sotto il profilo delle professionalità richieste per la gestione di queste organizzazioni: il rapporto tra competenze interne ed esterne. La crescita del settore delle fondazioni e, più in generale, il crescente interesse con il quale il non profit viene osservato dal mondo dei professionisti della formazione, ha di fatto stimolato la fantasia e lo spirito di improvvisazione di molti. Se un tempo erano ben pochi i cenni alle fondazioni che si potevano trovare nei programmi di iniziative formative ed assai ristretta - per non dire inesistente - era la letteratura specialistica, oggi sono molteplici i libri ed altrettanti i corsi di formazione dedicati. Le fondazioni, tuttavia, rischiano di essere nel vocabolario di molti, ma nel bagaglio culturale di pochi. Di fatto, ad una domanda crescente di interventi di formazione si è risposto con un'offerta ampia e variegata di iniziative per lo più fondate su una conoscenza generica delle fondazioni e, pertanto, ispirate ad un superficiale riadattamento di conoscenze e metodologie sperimentate nel campo delle imprese profit oriented. A ciò fanno eccezione le iniziative formative preparate sulla base di un attento confronto con l'esperienza di altri Paesi (ciò è avvenuto nel campo delle fondazioni culturali).
Rendicontazione e chiarezza di comunicazione Avere responsabilità sociale, mettersi a confronto con i propri sta keholders, significa "dar conto" alla società, o meglio, allo spicchio di società che è diretto riferimento della singola fondazione. Il tema della rendicontazione contabile e sociale delle organizzazioni non profit in generale, e delle fondazioni in particolare, ha trovato ormai da tem51
p0 l'attenzione di molti studiosi dell'economia d'azienda fautori di un nuovo
sistema di rendicontazione dove, alla comunicazione economico-finanziaria (quella del bilancio contabile), si accompagna una comunicazione sociale, capace di rendicontare i "fatti" e non solo le "cifre". Si tratta di garantire la trasparenza dell'attività svolta, consentendo così la continuità nel perseguire con chiarezza la propria missione. Anche qui, però, a dibattiti e pubblicazioni solo raramente sono seguite concrete esperienze di sperimentazione. Dal punto di vista dell'informativa contabile, si è espresso recentemente il Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Dottori Commercialisti Commissione Non proflt, con raccomandazioni riguardanti la redazione dei bilanci delle organizzazioni non proflt. Anche sulla base di tale documento si può fare un breve quadro di raffronto sulle regole di rendicontazione che vigono in Italia e in altri Paesi. L'attuale normativa civilistica non prevede particolari obblighi contabili in capo alle fondazioni. Una qualche forma di regolamentazione può essere trovata nelle norme "relative all'amministrazione" concernenti la gestione economico-finanziaria, il bilancio ed il patrimonio. In generale, l'art. 18 del Codice civile stabilisce che per gli amministratori sono applicabili le regole del mandato (artt. 1710 e segg. del codice civile) si fa un diretto rinvio anche all'an. 1713 (obbligo di rendiconto) che impone agli amministratori di rendere conto del proprio operato. Per le Fondazioni liriche e le Fondazioni di origine bancaria esistono, invece, specifiche indicazioni normative. Per le Fondazioni-ONLUS, ai sensi dell'an. 20 bis del DPR 600173, inserito dal D.Lgs. 460/97, si distinguono le attività istituzionali da quelle direttamente connesse ed è previsto l'obbligo di seguire tutte le operazioni di gestione con una contabilità generale e sistematica che consenta di redigere annualmente il bilancio generale dell'ente, da cui risultino la situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'ente stesso. Per le Fondazioni-enti non commerciali, che effettuano raccolte pubbliche di fondi è previsto dal D.Lgs. 460197 l'obbligo di redazione di apposito rendiconto delle attività di raccolta pubblica di fondi. Per la rendicontazione delle organizzazioni non profit nel loro complesso, gli Stati Uniti hanno adottato un sistema di bilancio unico. Le organizzazioni, di qualsiasi dimensione, hanno l'obbligo di predisporre, per ciascun esercizio finanziario, alcuni documenti contabili a contenuto non obbli52
gatorio. Tali documenti sono: Statement ofFinancial Position; Statement ofActivities; Statement of Cash Fiows; Notes to Accounts. Ad integrazione della legislazione nazionale, l'autorità federale competente in materia di statuizione dei principi contabili delle imprese e delle aziende senza finalità di lucro (Financial Accounting Standards Board - FASB) ha elaborato schemi di riferimento - con valore meramente indicativo - al fine di incrementare il livello di completezza, chiarezza e comparabilità (sia nel tempo sia nello spazio) della documentazione. In Europa, l'approccio inglese fonda il modello di rendicontazione sull'annual report, documento nel quale prevale la matrice di informazione qualitativa sull'attività svolta dalla charity, sulla sua coerenza rispetto alla missione dell'ente, sull'organizzazione ed i progetti futuri. Ad esso si accompagna il bilancio composto dal rendiconto dei flussi finanziari, dallo stato patrimo-. niale e dalla sintesi del conto economico. In Francia ed in Germania, la rendicontazione dell'attività svolta si basa sulla redazione di un bilancio analogo a quello previsto per le aziende profit e non è accompagnato da alcun documento di rendicontazione sociale. In Spagna, è previsto l'obbligo di fornire dettagliate informazioni circa le erogazioni effettuate anche al fine di verificare la loro rispondenza alla mission dell'ente. La rendicontazione sociale non è ancora una praticata affermata. In Italia, soltanto da poco tempo le organizzazioni non proflt mostrano un certo interesse verso il tema. I bilanci sociali prodotti nel Terzo settore sono pochi e troppo spesso imitazione o, al limite, superficiali riadattamenti di modelli prodotti in ambiente profit. Proprio al fine di identificare modelli di rendicontazione sociale pensati specificamente per le organizzazioni non profit, alcune fondazioni hanno iniziato a produrre dei "bilanci di missione", espressione per la prima volta formulata nel 1996 in alcune proposte relative ai bilanci delle fondazioni di origine bancaria. Nel corso degli anni, il "bilancio di missione" è divenuto una nozione accreditata dal mondo accademico e fatta propria dalle fondazioni di origine bancaria (Atto di indirizzo del Ministero del Tesoro del 19 aprile 2001) e, più in generale, trova le sue prime applicazioni anche in altre tipologie di aziende non profit. Tale documento rappresenta e classifica informazioni finalizzate a dimostrare come ed in quale misura la fondazione, una volta dichiarata la propria 53
missione, sia stata capace di creare valore sociale in relazione ai contenuti della medesima.
68. La pubblicazione dei bilanci e, in particolare, di quello di missione, costituisce un momento importante del rapporto con il pubblico dei destinatari degli interventi delle fondazioni e con la società in generale. Il bilancio di missione ha anche un valore operativo: per esempio, vale come strumento di conoscenza sulla capacità di azione della singola fondazione che, certamente, agevola la raccolta fondi. Il Jind raising - sebbene sia tradizionalmente funzione propria di altre organizzazioni non proflt non dotate di patrimoni dai quali ricavare le risorse necessarie allo svolgimento delle proprie attività - assume, talvolta, un rilievo strategico anche per le fondazioni quando queste siano caratterizzate, come si è già avuto modo di rilevare, da assetti giuridicoistituzionali ibridi, dove patrimoni ed aggregazioni associative vanno componendosi di volta in volta con equilibri differenti nel tempo. il fiind raising è, inoltre, importante per le fondazioni quando vogliano semplicemente perseguire un incremento patrimoniale attraversò donazioni di fondatori nuovi eventualmente destinate a scopi specifici, ovvero quando si vogliano aggiungere alle risorse proprie d'esercizio quelle occasionalmente destinate, da altri soggetti, a specifiche iniziative.
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QUESTIOM E PROPOSTE
3.! - Ad un esame più ravvicinato del modo di operare delle fondazioni, la questione del loro riunirsi in associazione si conferma centrale e merita di essere affrontata con iniziative concrete. L'associazionismo fra fondazioni consentirà, innanzitutto, di rappresentare in modo compiutò gli interessi comuni delle fondazioni soprattutto verso il legislatore e le istituzioni pubbliche. Questa, naturalmente, è una finiione classica delle associazioni rappresentative. In tale prospettiva è importante che l'associazione o le associazioni delle fondazioni rappresentino universi vasti anche se fra loro molto dfti'renti. Sarà agevolata la ricerca dei problemi comuni che devono essere aff+ontati in modo omogeneo e unitario e quelli, invece, pròpri delle fondazioni di una certa dimensione o di un certo tipo. Un confronto ravvicinato all'interno di una o più associazioni sembra opportuno rispetto, ad esempio, ai problemi di cui si è parlato nel capitolo 2 o di cui si parlerà nel capitolo 4. 3.11 - Riunirsi in associazione è fonda mentale alfine di lavorare in rete o di stabilire una cooperazione ed un metodo di cooperazione fra fondazioni che rispondano alle esigenze poste dall'evoluzione stessa del ruolo delle fondazioni. Ugualmente importante è stabilire il legame fra associazionismo nazionale e associazionismo europeo. Prioritaria sembra dover essere, in tale sistema associativo, la messa a punto di modi e temi che qualìchino la colla borazione fra fondazioni. Altrettanto importante è da considerare il coordinamento della collaborazione con gli altri organismi del Terzo settore e con le stesse pubbliche amministrazioni. 3111 - Le associazioni esistenti sono realtà parziali, poco rappresentative del mondo complessivo delle fondazioni. L.4ici (Associazione delle Istituzioni di Cultura Italiane) nata nel 1992 raggruppa, per prevalenti fi4nzioni di servizio, oltre settanta istituzioni. Fra queste molte fondazioni che costituiscono però soltanto il 28916 degli associati. L2IcRJ (Associazione Casse di Risparmio Italiane) raggruppa, disponendo di ben altri mezzi, le fondazioni di origine bancaria ex Casse di risparmio ma non ha ancora la fisionomia di un'associazione che rappresenti soltanto le fondazioni in quanto tali. Si tratta, quindi, di associazioni che non hanno rappresentati vità generale. In una prospettiva che tenga conto di tale esigenza e dellpportunità di creare un contesto europeo per l'operatività delle fondazioni, si può immaginare, per esempio, una associazione che si proponga come il comitato italiano dellEuropean Foundation Centre. Essa riunirebbe le già numerose fondazioni italiane, di vario tipo, aderenti al Centro. Alle quali altre si potrebbero aggiungere. 55
3.1V - Primo passo da realizzare è la creazione di una banca dati, costantemente aggiornata, sulle iniziative delle fondazioni sia italiane sia europee. Si tratta di un importante servizio che l'associazione o le associazioni renderebbero alle proprie fondazioni ma anche a tutti gli interessati o stakeholders. 3. V - Un servizio di altrettanto grande rilievo è quello di definire la domanda di formazione proveniente dalle fondazioni e quello, corrispondente, di valutare l'offerta di servizi formativi. Solo un collegamento con l'esperienza concreta, filtrata attraverso una attenta riflessione critica, può ovviare alla supeificiale progettazione di iniziative formative. Superficialità di cui, come già rilevato, esistono non pochi sintomi. Del resto, la formazione deve essere fortemente interattiva e ciò può ottenersi attraverso l'intervento della o delle associazioni. 3. VI— Il sistema complessivo di rendicontazione della fondazione dovrà garantire sia all'interno che all'esterno della stessa che venga pienamente realizzata una situazione di trasparenza. Tre gli aspetti da tenere in conto: - trasparenza amministrativa, perseguita mediante la comunicazione di informazioni atte a permettere la verifica, innanzitutto, del rispetto dei vincoli economici; - trasparenza gestionale, perseguita mediante la comunicazione di informazioni atte a permettere la verifica del rispetto dei vincoli d'ordine normativo e/o statutario; - trasparenza istituzionale, perseguita mediante la comunicazione di informazioni atte a permettere il controllo dell'effèttivo perseguimento degli scopi istituzionali, oltre che soprattutto - dell'effettivo raggiungimento degli stessi. 3. VII— In particolare, la rendicontazione sociale dovrà essere finalizzata a: - comunicare la missione perseguita, - rendicontare i risu frati conseguiti e le azioni poste in essere per raggiungerli, - dimostrare la assoluta coerenza tra gli elementi sopra detti. Il rischio latente del bilancio di missione è, ovviamente, quello dell'autocelebrazione. Di qui la necessità che nella procedura di redazione gli organi della fondazione si confrontino con osservatori esterni indipendenti e che raccolgano e rendano note le opinioni dissenzienti. 3. VIII - Il crescente rapporto fra fondazioni e società impone di mettere a disposizione di tutti (autorità, pubblico, stakeholders) una certa mole di dati informativi. La comunicazione non deve essere intesa come pubblicità o marketing ma, appunto, come uno degli strumenti di interazione con la società. Lungo la strada verso una maggiore e migliore rendicontazione delle fondazioni, occorre d.finire i contenuti essenziali e il livello minimo di dettaglio del bilancio di missionè. Tuttavia, sarà da lasciare alla volontà delle singole fondazioni ed alla loro politica di comunicazione, quali altre informazioni raccogliere e presentare ai fini della rendiconta56
zione sociale. Dòvranno essere, ovviamente, la stessa opinione pubblica e tutti gli altri interessati a stimolare la rendicontazione migliore da parte delle fondazioni. Il confronto critico è garanzia fonda mentale di un rapporto sano ed efficace fra fondazioni e contesto sociale. 3.1X - Infine, una buona "stakeholiiers relationshz' può contribuire a potenziare la capacità di raccolta fondi quando questa si dimostri necessaria. Sotto il profilo gestionale, ciò richiede professionalità particolari e modalità contrattuali di rapporto con i donatori. Ciò è ancora più vero quando l'obiettivo, a volte imposto dalla norma - si veda il citato caso delle Fondazioni liriche - non è solamente quello di reperire le risorse utili alfinanziamento di singole iniziative, quanto la partecipazione, durevole e sostanziale, di soggetti partecipanti al patrimonio della fondazione.
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. FONDAZIONI [FISCO
Per affrontare il tema del regime fiscale delle fondazioni bisogna partire dalla constatazione che al momento non ce n'è uno facilmente riconoscibile come ad esse esclusivamente destinato. Allargando lo sguardo per considerare, in generale, la storia del non profìt nel suo complesso, risulta evidente - in ogni Paese - quanto sia centrale il legame tra legislazione fiscale e sviluppo del settore. Negli Stati Uniti, la disciplina fiscale ha avuto un ruolo fondamentale nel creare dimensione e forza del Terzo settore e delle fondazioni in particolare, e il trattamento tributario rappresenta lo strumento principale per la stessa individuazione dell'appartenenza al settore delle singole organizzazioni. In altri termini, è in ragione del trattamento fiscale che vengono stabilite le categorie di organizzazioni non profit. Ciò vale, in particolare, per le fondazioni.
Excursus sui criteri teo rici per individuare il regime fiscale delle fondazioni In Italia, il trattamento fiscale degli enti non commerciali - al quale si fa riferimento per il complesso delle organizzazioni non profit, fondazioni comprese - non ha ancora raggiunto una sistemazione chiara e sicura, correlata com'è al quadro istituzionale ed ai mutevoli orientamenti generali della politica pubblica. In questo ambito bisogna distinguere fra una generale politica di sostegno delle organizzazioni non profit, che può comporsi sia di agevolazioni tributarie (tzr expenditures) sia di finanziamenti diretti (government grants), e la particolare politica di sostegno delle fondaziòni. Riguardo alla prima, l'esperienza di altri Paesi insegna come il finanziamento pubblico finisce per essere un dato ineliminabile. Tale, però, che in mancanza di trasparenza, regole di rendicontazione ed adeguate forme di 59
controllo, rischia di creare delle interdipendenze coatte e delle logiche distorte di rapporto tra Pubblico e Terzo settore. È interessante riportare l'esperienza degli Stati Uniti: quando diminuiscono i contributi pubblici e il finanziamento spontaneo dei "donors", molte organizzazioni non profit tendono a cercare risorse incrementando le proprie attività di tipo commerciale, poiché la tassazione opera in maniera attenuata sul "reddito commerciale" di queste organizzazioni. Con effetti talvolta distorsivi. Per quanto riguarda la politica tributaria nei confronti delle fondazioni intese in senso proprio e stretto - questa non può che essere considerata in termini di tax expenditures, al fine di preservarne o finanziarne l'autonomia e l'indipendenza. Naturalmente devono essere chiari i principi di riferimento. Innanzitutto, va detto che la sostenibilità di meccanismi tax expenditures si fonda sulla esistenza di microeconomie sane. Si deve parlare, quindi, di fondazioni di solida costituzione, capaci di gestire efficientemente le proprie risorse e di programmare efficacemente le proprie attività. In secondo luogo, il trattamento tributario delle fondazioni deve essere ancorato a requisiti chiari riguardanti la loro natura e il tipo di attività svolta. Per quanto concerne la natura, le fondazioni sono da assumere come persone giuridiche qualificate dall'elemento patrimoniale con reale capacità reddituale. Occorre poi fissare il criterio in base al quale l'attività è di interesse sociale. Ci si può riferire ai concetti propri delle discipline economico-pubbliche. Su questa base si può partire da alcune premesse: - che le fondazioni forniscano "beni pubblici misti ' cioè quelli per i quali l'utilità fornita anche ai fruitori non immediati e diretti è di dimensione rilevante (si pensi, per esempio, all'istruzione superiore, etc.) ovvero che forniscano "beni di merito» cioè beni di valore sociale o etico per i quali la domanda degli individui nel mercato non si ritiene venga espressa correttamente, il che comporta una sostanziale sottofornitura (si pensi, ad esempio, alle cure per la prevenzione delle epidemie); - che esse provvedano all'integrazione del reddito di persone più o meno svantaggiate (ad esempio, quelle con redditi inferiori alla "soglia" di povertà, portatori di handicap, ecc.). Dal punto di vista economico vale ricordare che si definiscono beni pub60
blici "puri" quelli per i quali l'utilizzo è caratterizzato da mancanza di rivalità tra gli utenti e dall'impossibilità di applicare il principio di esclusione a chi non è disposto a pagare il prezzo ( free riding ). Il bene pubblico misto è caratterizzato sia dalla natura economica di bene privato (possibilità di applicare un prezzo all'uso individuale del bene) sia da quella di bene pubblico (perché una parte rilevante dei benefici sono nella forma di esternalità utilizzabili da soggetti diversi da quelli che pagano il prezzo di accesso individuale come, ad esempio, tasse scolastiche e tariffe). I beni di "merito" sono beni per i quali si ritiene che le preferenze non siano espresse correttamente dagli individui, essendo il mercato potenzialmente in grado di fornire - attraverso il meccanismo del prezzo - una quantità adeguata alle domande individuali. Esse devono pertanto essere integrate dall'intervento pubblico (ad esempio: se la formazione di una educazione culturale non viene richiesta in misura sufficiente dai giovani, possono essere usate risorse per integrare l'espressione spontanea delle preferenze individuali) ovvero da altre forme di intervento come può essere - appunto - quello delle fondazioni. L'interesse sociale o collettivo per le attività relative ai beni pubblici misti deriva, secondo l'approccio metodologico tradizionale dell'economia pubblica, dal "fallimento del mercato". In particolare, l'incapacità del mercato di giungere a livelli appropriati di offerta di beni pubblici giustifica la fornitura pubblica esclusiva dei cosiddetti beni pubblici "puri" (es. la difesa e la giustizia), mentre per i beni "misti" l'approccio economico tradizionale prevede anche la possibilità che l'offerta, lasciata al mercato, possa essere incentivata utilizzando agevolazioni tributarie ovvero sussidi pubblici. A maggior ragione ciò vale per i "beni di merito". La presenza di fondazioni che si inseriscono spontaneamente (per motivazioni diverse dalla ricerca del profitto) nell'offerta di beni "misti" o "meritori" comporta un risparmio di risorse delle pubbliche amministrazioni (e, quindi, del contribuente) che può essere in tutto o in parte utilizzato per concedere alle medesime fondazioni (e alla loro attività) agevolazioni tributarie. In tal modo, non si viene a configurare nessuna vera ipotesi di "privilegio fiscale" in capo a questi soggetti. Si può giungere alle medesime conclusioni, anche seguendo un approccio di metodologia economica alternativa a quella dei "fallimenti del mercato". Se in teoria si può ammettere che, in ipotesi estrema, gli stessi beni pubblici "puri" possano essere forniti dal mercato a certe condizioni (che 61
questo funzioni perfettamente e che sia definita opportunamente la ripartizione dei diritti di proprietà sulle risorse, secondo quanto presuppone il c.d. teorema di Coase), a maggior ragione lo "spazio" per la fornitura di beni "misti" e di "merito" può essere occupato da soggetti motivati da "altruismo", quali le fondazioni. In questo approccio il "risparmio" per il contribuente non sarebbe attribuibile solo alla diversa destinazione delle risorse, ma anche alla maggiore efficienza nell'uso delle stesse risorse, sottratte alla burocrazia pubblica (che, secondo questa visione, sarebbe la ragione principale dei "fallimenti dello Stato", consistenti negli inevitabili "sprechi" e distorsioni connessi con tali canali di spesa). Al di là della individuazione delle condizioni concrete che rendono corrette queste indicazioni, è evidente che anche in questa prospettiva, quando l'iniziativa privata porti a risparmi complessivi di risorse pubbliche, si legittimano agevolazioni tributarie. Che non possono essere qualificate - vale ribadire - come privilegi.
Brevi cenni sul regime tributario dei Paesi europei Una breve panoramica sul trattamento fiscale delle fondazioni nei Paesi europei può consentire, a questo punto, una verifica dei criteri esposti. I tributi di maggior rilievo in materia di fondazioni sono: - le imposte indirette (principalmente l'Imposta sul Valore Aggiunto, adottata obbligatoriamente in tutti i paesi membri dell'UE); - le imposte dirette dovute dalla fondazione; - le imposte dirette dovute, da una parte, dai donatori e, dall'altra, dai beneficiari dell'attività della fondazione. Per quanto riguarda le imposte indirette, va fatta, in premessa, una considerazione: il trattamento delle transazioni (principalmente di acquisto) effettuate dalle fondazioni, di per sé, non può essere escluso dal meccanismo dell'IvA, così come disegnato e applicato in sede comunitaria. Esse sono incluse nell'ambito di applicabilità del tributo, e non sono previste riduzioni generalizzate di aliquota per la fornitura di beni alle fondazioni o ai beneficiari dell'attività di queste. In alcuni Paesi (Belgio, Germania, Grecia, Lussemburgo) si adotta, tuttavia, un'aliquota ridotta su alcune attività di servizio sociale. Inoltre, dove esistono trattamenti agevolati per le "piccole" imprese, le "piccole" fondazioni possono ricorrere allo stesso trattamento. 62
In altri termini, le fondazioni, in quanto "esonerate" dall'applicare l'IvA sulle proprie erogazioni a terzi (la terminologia è, ovviamente, molto equivoca), finiscòno per subire interamente l'onere dell'imposta sostenuta sull'intera catena commerciale che precede gli acquisti fatti dalle medesime fondazioni. L'imposta, infatti, non può essere trasferita - analogamente a quanto avviene per i consumatori - su altri soggetti. Solo se viene svolta un'attività commerciale (di rilevanza limitata) l'IVA sugli acquisti può essere parzialmente portata in detrazione da quella dovuta sulle corrispettive vendite. Per parlare di imposte dirette sulle fondazioni occorre ricordare che, a parte l'eventuale attività commerciale, queste ottengono i mezzi finanziari da reddito auto-generato (i frutti degli investimenti patrimoniali) e da donazioni di privati (imprese e individui). In Paesi come Irlanda, Lussemburgo e Regno Unito, il reddito da investimento del patrimonio è talvolta esente nel suo complesso; in altri, come Spagna e Svezia, sono invece esenti alcuni frutti, mentre sono tassati con aliquote speciali (sostitutive) altri frutti; in Paesi come Austria e Belgio, invece, tutti i frutti sono soggetti solo a ritenuta sostitutiva (alla fonte). Per quanto concerne le attività commerciali, entro i limiti in cui sono ammesse, in Austria, Belgio, Svezia sono soggette interamente all'imposta sul reddito (sui risultati positivi) indipendentemente dalle loro caratteristiche; spesso si possono utilizzare le norme agevolative per le piccole imprese (Germania, Olanda, Regno Unito). Le donazioni rappresentano redditi generalmente esenti. Le fondazioni sono, inoltre, contribuenti delle imposte sui terreni e sui fabbricati (Belgio, Finlandia, Germania, Grecia, Italia, Olanda, Spagna, Svezia, Regno Unito), delle imposte sui trasferimenti e di registro (Belgio, Francia, Italia, Irlanda, Olanda, Regno Unito) e delle imposte locali sull'attività produttiva (Francia, Germania, Portogallo, Spagna, Italia). Inoltre, esse sono anche soggette al pagamento di contributi sociali sui còmpensi del lavoro. Di fondamentale rilievo è la questione delle imposte dirette sui donatori. Si deve distinguere il regime tributario dei trasferimenti o dotazioni patrimoniali da quello sui contributi destinati all'attività corrente. Per quanto concerne i primi, le donazioni sono deducibili dal reddito imponibile nella maggioranza dei Paesi, purché la fondazione sia riconosciuta secondo i criteri previsti dalle leggi nazionali. Sono analogamente deducibili (ma con limiti maggiori) i contributi annuali all'attività delle fondazioni. 63
Il trattamento tributario delk fondazioni in Italia Come già ricordato, in Italia non esiste uno specifico statuto tributario delle fondazioni: si applicano le norme sugli enti non commerciali ovvero quelle sulle organizzazioni non lucrative di utilità sociale - ONLUS (decreto legislativo n. 460 del 1997), se le fondazioni decidano di qualificarsi come tali. Alle ONLUS è stato riconosciuto un regime tributario agevolato in materia di imposte sui redditi, imposta sui valore aggiunto, altre imposte indirette e specifici tributi. *
Fondazioni come enti non commerciali Il trattamento fiscale delle fondazioni in quanto enti non commerciali è quello più diffuso nella pratica. Ai fini della formazione del reddito non sono considerate attività commerciali le prestazioni di servizi rese in conformità alle finalità istituzionali, senza specifica organizzazione, ma verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione. Le fondazioni, pertanto, beneficiano della completa detassazione ai fini IRPEG per le prestazioni di servizi rese nel rispetto di tali vincoli. Inoltre, non concorrono alla formazione del reddito le seguenti attività svolte per il raggiungimento degli scopi istituzionali: - raccolta di fondi a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche attraverso offerte di beni di modico valore, o di servizi, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione, organizzate dalle fondazioni (sono considerate come rientranti in queste attività le vendite occasionali, o le iniziative occasionali di solidarietà); - contributi corrisposti da amministrazioni pubbliche per lo svolgimento convenzionato o in regime di accreditamento, di attività aventi finalità sociali, purché esercitate in conformità dei fini istituzionali dell'Ente. Nelle fondazioni, accanto all'attività istituzionale, può convivere un'eventuale attività commerciale. Vale ricordare che sono considerate sempre commerciali e, quindi, produttive di reddito le attività elencate nell'articolo 2195 del codice civile, anche se non organizzate in forma di impresa, e cioè le attività industriali dirette alla produzione di beni o servizi, le attività intermediarie nella circolazione dei beni, le attività di trasporto, le attività bancarie o assicurative, le attività ausiliarie, le attività a queste ausiliarie. A queste attività previste all'articolo citato 64
vanno aggiunte altre indicate da norme speciali che qui non è il caso di elencare. Sul reddito imponibile delle Fondazioni viene applicata l'aliquota ordinaria dell'IItr'EG. Tale aliquota è ridotta alla metà per le prestazioni rese dalle fondazione che operano nel campo dell'istruzione e dello studio e della sperimentazione di interesse generale e per le fondazioni bancarie in possesso di determinati requisiti (art. 12, D.Lgs 15311999). Le fondazioni aventi un'eventuale attività commerciale collaterale, se ammesse al regime di contabilità semplificata, possono optare per il regime c.d. forfetario di determinazione dei redditi. Per essere ammessi al regime di contabilità semplificata - va ricordato bisogna aver conseguito ricavi relativi all'attività commerciale: - inferiori a £. 600 milioni annui, nel caso in cui svolgano attività di servizi; - inferiori a £. i miliardo annuo, nel caso in cui svolgano altre attività. In linea generale, l'imposta sul valore aggiunto (IvA) si applica sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi èffettuate nell'esercizio d'impresa. Le fondazioni pertanto, in qualità di Enti non commerciali, sono assoggettate al tributo (secondo le previsioni del DPR 633/72) per le eventuali attività commerciali. Le medesime saranno quindi soggette, salvo limitate eccezioni, ai relativi obblighi in materia di tenuta delle scritture contabili, conservazione e fatturazione. Le fondazioni - come si è già detto - sono comunque colpite dal tributo per tutti gli acquisti effettuati in relazione agli scopi istituzionali, quelli cioè relativi ad operazioni non commerciali. Le fondazioni, infine, sono soggette - come altre organizzazioni private e pubbliche - all'imposta regionale sulle attività produttive (Iitr'), calcolata in modo differente a seconda dell'attività esercitata. Per le fondazioni che non esercitano attività commerciale la base imponibile è data, fondamentalmente, dal costo del lavoro. Tale costo è dato dalla somma delle retribuzioni spettanti ai lavoratori dipendenti e assimilati, e dai compensi erogati per lavoro autonomo (occasionale). Sono da questi deducibili i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro, le spese relative agli apprendisti ed il 70% delle spese per dipendenti assunti con contratti di formazione lavoro. Per le fondazioni che esercitano anche attività di natura commerciale la determinazione dell'imposta segue, invece, i criteri ordinari previsti per le im65
prese commerciali, anche nel caso in cui si sia optato per la determinazione forfetaria del reddito.
Fondazioni Onlus Le Onlus - vale ricordare - debbono operare tassativamente in uno dei settori espressamente indicati dalla legge. Le Onlus, inoltre, debbono avere quale scopo istituzionale lo svolgimento di attività di solidarietà sociale a beneficio di soggetti svantaggiati esterni all'organizzazione stessa; hanno, inoltre, il divieto di svolgere attività diverse da quelle indicate nello statuto, ad eccezione di quelle direttamente connesse, in quanto destinate al reperimento di fondi necessari al finanziamento delle attività istituzionali. È fatto espresso divieto di distribuzione di utili e avanzi di gestione, di fondi, riserve o capitale, anche in modo indiretto. In caso di scioglimento dell'organizzazione, viene disposto l'obbligo di devolvere il patrimonio ad altre Onlus o a fini di pubblica utilità. Il trattamento fiscale dèlle.fondazioni in quanto ONLUS (D.Lgs. 460/97) prevede agevolazioni riguardanti: - le imposte sui redditi - le erogazioni liberali - l'imposta sul valore aggiunto - le disposizioni in materia di ritenute alla fonte - l'imposta di registro - le lotterie, le tombole, le pesche e i banchi di beneficenza. Vantaggi riguardano altre imposte indirette. Senza entrare in dettagli, si può ricordare, fra l'altro, che: - tutti gli atti, documenti, istanze, contratti, nonché le copie anche se dichiarate conformi, gli estratti, le certificazioni, le dichiarazioni e le attestazioni poste in essere o richieste dalle fondazioni (ONLus) sono esenti dalla imposta di bollo; - tutti gli atti e i provvedimenti concernenti le fondazioni sono esenti dalle tasse sulle concessioni governative; - l'esenzione dal pagamento dell'imposta sulle successioni e donazioni relativa ai trasferimenti fatti nei confronti delle fondazioni Onlus; - l'esenzione totale dall'imposta sugli spettacoli per: spettacoli cinematografici, misti di cinema e avanspettacolo, spettacoli sportivi, spettacoli teatrali, esecuzioni musicali, fiere e mostre campionarie. 66
I Comuni, le Province e le Regioni, nonché le Province autonome di Trento e Bolzano, possono deliberare nei confronti delle fondazioni Onlus che operano nel loro territorio la riduzione o l'esenzione dei tributi di loro peninenza. Le agevolazioni concernenti le imposte sui redditi riguardano il solo reddito di impresa e non si riferiscono ad altre categorie reddituali (redditi fondiari, di capitale e redditi diversi) che concorrono alla formazione del reddito complessivo. Nel caso di fondazioni Onlus, quindi, i proventi derivanti dalle attività istituzionali o da altre attività ad esse direttamente connesse non concorrono a formare il reddito imponibile. Da ciò consegue che anche le eventuali attività commerciali, direttamente connesse a quelle istituzionali, che vengono esercitate al fine di realizzare risorse utilizzate per il finanziamento delle iniziative istituzionali, pur mantenendo la loro natura di attività commerciale, non concorrono alla formazione del reddito. Non si considerano, comunque, produttivi di reddito i fabbricati destinati allo svolgimento delle attività istituzionali o delle attività commerciali ad esse connesse. Al contrario, gli immobili posseduti dalla fondazione Onlus, ma non direttamente utilizzati, sono considerati produttivi di reddito fondiario. Le fondazioni Onlus assumono la veste di sostituti d'imposta e devono operare la ritenuta d'acconto per i compensi erogati a titolo di collaborazione coordinata e continuativa, di prestazioni di lavoro autonomo come per le prestazioni di lavoro occasionale nonché per i compensi erogati ai lavoratori dipendenti. Devono, dunque, tenere le scritture contabili dei sostituti d'imposta, e assolvere gli adempimenti necessari. Per quanto concerne l'imposta sul valore aggiunto, il decreto legislativo detta, alcune agevolazioni tributarie. Alcune si sostanziano nell'esclusione dal campo di applicazione IvA. Va aggiunto che le attività istituzionali svolte dalle fondazioni Onlus non sono soggette all'obbligo di certificazione dei corrispettivi mediante ricevuta o scontrino fiscale.
Il trattamento fiscale dei donatori Sul piano generale il sistema tributario italiano non prevede agevolazioni fiscali per favorire le donazioni dei singoli contribuenti a enti di tipo filantropico come le fondazioni.
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Fin dal 1974, invece, il TUIR prevede - tra l'altro - la deducibilità delle erogazioni liberali fatte a favore di persone giuridiche che perseguono esclusivamente finalità di ricerca scientifica, educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale, sanitaria e culto per un ammontare complessivamente non superiore al 2% del reddito di impresa dichiarato sia dalle persone giuridiche sia dalle persone fisiche. Successive modificazioni hanno ampliato la portata dell'agevolazione. Tra queste, da ultimo, la Legge Finanziaria per il 2001 ha previsto (art. 38 legge 34212000) agevolazioni fiscali per le erogazioni liberali nei settori dei beni cukurali e dello spettacolo. Ai sensi della legge, le erogazioni liberali destinate ai soggetti individuati dal Ministro per i beni e le attività culturali (Decreto Ministeriale 11 aprile 2001) sono completamente deducibili dal reddito di impresa ai fini delle imposte dirette senza limiti d'importo. La liberalità non è deducibile ai fini Jp. Fra i soggetti che possono beneficiare della norma sono anche le fondazioni. Per le persone fisiche titolari di redditi diversi dal reddito di impresa sono previste varie detrazioni di imposta per erogazioni liberali. 91. Per quanto riguarda le erogazioni liberali alle Onlus effettuate da persone fisiche, il D.Lgs. 460197 fa una netta distinzione a seconda che queste esercitino attività d'impresa o meno. Nel primo caso le erogazioni in denaro, di importo non superiore ai 4 milioni, in favore di fondazioni Onlus, sono considerate oneri a fronte dei quali compete la detrazione dall'Ilu'EF nella misura del 19%. La detrazione spetta alle persone fisiche anche nel caso in cui le erogazioni siano effettuate da una società semplice. In questo caso, la detrazione spetta ai soci in ragione della loro partecipazione agli utili. Per le persone fisiche che esercitano attività d'impresa (imprese individuali), invece, le detrazioni a seguito di erogazioni sono concesse in alternativa alla detrazione concessa alla persona fisica dell'imprenditore, per un importo non superiore a € 2065,83 o al 2% del reddito di impresa dichiarato al netto della liberalità stessa, se tale percentuale è superiore a € 2065,83. Sempre con riferimento alle imprese individuali, inoltre, il decreto prevede che le aziende che comandano i propri dipendenti, assunti a tempo indeterminato, a prestare servizio presso le fondazioni Onlus, hanno la possibilità di detrarre le spese sostenute per il personale fino ad un importo non superiore al 5 per mille del totale delle spese per il personale dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi. 68
Anche per le imprese persone giuridiche, le erogazioni liberali sono deducjbii dal reddito di impresa.
Una considerazione d'insieme 92. La rassegna delle varie misure fiscali vigenti che sono più o meno direttamente applicabili alle fondazioni conferma quel che si è affermato all'inizio: non c'è un vero regime fiscale per le fondazioni come categoria a sé stame. In realtà, il regime degli enti non commerciali è parso sostanzialmente adeguato per quanto riguarda gli aspetti normali dell'attività delle fondazioni così come storicamente si sono presentate nella realtà italiana. Quanto poi alle agevolazioni che in anni recenti sono state stabilite per le Onlus e che sono applicabili anche alle fondazioni che assumessero la qualificazione di Onlus, esse risultano poco efficaci, o meglio ancora poco sperimentate nella pratica, in ragione dell'incompiuto avvio dello stesso sistema delle Onlus. Si può concludere dicendo che sembra oramai matura una riconsiderazione complessiva del rapporto tra fisco e fondazioni.
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QUESTIONI E PROPOSTE
41 - Volendo disegnare il trattamento fiscale delle fondazioni una prima domanda a cui rispondere è se ed entro quali limiti si voglia favorire una certa accumulazione di "capitale altruistico ' cioè la formazione di patrimoni che uscendo dalla proprietà e disponibilità di singole persone, fisiche o giuridiche, siano destinati al raggiungimentò di finalità di utilità sociale o collettiva o comunque superindividuale. Tale accumulazione afrrujstica è stata di assai modesto rilievo nel nostro Paese, a parte quello che si dirà a proposito delle fondazioni di origine bancaria. Non è pensabile che tale accumulazione derivi soltanto da grandi capitalisti o grandi imprese. Anzi, appare improbabile' che, al difiwri di modeste fondazioni orientate a finzioni come la cura della memoria di uomini d'industria, si crei significativo capitale altruistico per questa via. Vale considerare a questo proposito quanto modesta sia stata l'applicazione della norma, contenuta nell'articolo 65 del Testo Unico delle Imposte sul Reddito che, già nel testo del 1973, prevedeva la possibilità di dedurre, nella misura non superiore al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato, le erogazioni li berali fatte a fa vo re di persone giuridiche che perseguono esclusivamente finalità di educazione, istruzione, assistenza sociale e sanitaria, culto e ricerca scientifica. Probabilmente, ragione di questa scarsa applicazione è il confluire di vari motivi: una modesta etica del "dare' da una parte, e l'irrilevanza sostanziale dell'agevolazione fiscale nel contesto di una prassi fiscale che induce a non dichiarare utili. 411 - Occorre considerare, invece, la disponibilità dei possibili contributori e donatori appartenenti alla classe media o comunque ad un pubblico dffiso di cittadini che convoglino le proprie donazioni in modo da costituire fondi importanti per iniziative durature. Su quest'ultimo punto del carattere duraturo due considerazioni vanno fatte. La prima è che la normativa fiscale deve assumere a propria premessa le figure legali che saranno definite in quel diritto comune delle fondazioni di cui si è innanzi parlato. La seconda è la consapevolezza di una distinzione importante: donare alfine di creare capitale altruistico è diverso che donare per la realizzazione di specifiche iniziative da realizzare nel breve periodo. Senza pòter entrare nell'ambito degli atteggiamenti etici dei cittadini e delle loro conseguenti decisioni e al difiwri di ogni influenza sui loro comportamenti, la distinzione ha certamente una sua rilevanza aifini di una chiara normativa fiscale. 4111— Nell'ordine di idee di fa vo ri re l'accumulazione di capitale altruistico si possono proporre alcune misure come le seguenti: ' - esenzione dall'imposta sulle successioni e donazioni dei trasferimenti afavore delle fondazioni, così come già previsto per le Onlus; 70
- maggiori agevolazioni per le erogazioni liberali a favore delle fondazioni, magari ipotizzando, come nel modello americano, diversi livelli di incentivazione fiscale a seconda della tipologia di bene o servizio fornito o dell'attività svolta dalla fondazione. 4.1V— Un diverso ordine di misure fiscali deve riguardare il funzionamento delle fondazioni. A questo riguardo sono da prevedere: - l'esenzione dall'imposta sui redditi da investimento finanziario; - una aliquota Irap da stabilirsi in analogia con quella, eventualmente agevolata, prevista per le organizzazioni pubbliche; - i Comuni potrebbero stabilire esenzioni o agevolazioni aifini dell'Ici, come riconoscimento dei benefici forniti dalle fondazioni nel loro ambito territoriale. 4. V— Sulla base di quanto rilevato finora si verrebbe così a definire un regime tributario strutturale e permanente per le fondazioni, che si giustifica in ragione del tipo e del livello di attività da queste svolte. Si tratta di attività che, in quanto di interesse collettivo, possono comportare un risparmio di spesa pubblica. Ad un regime permanente potrebbero di volta in volta aggiungersi ed integrarsi politiche tributarie di settore, volte ad incentivare specifiche attività o servizi ritenuti meritevoli di ulteriori e specifici meccanismi di incentivazione. 4. VI - Non può, infine, essere trascurata la necessità che il regime tributario debba configurare una contabilità fiscale studiata in ragione delle peculiarità dell'azienda-fondazione. Rimangono al momento molte ambiguità sul tipo di documentazione fiscale applicabile alle fondazioni, documentazione creata per altri t:i di aziende.
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LE FONDAZIONI Di ORIGINE BANCARIA COME VALORIZZAZIONE DEL CAPITALE •ALTRUISTICO ACCUMULATO NEL PAESE
Nelle "Questioni e proposte" del capitolo precedente è stata affermata l'opportunità di focalizzare la politica fiscale sui fine di favorire l"accumulazione di capitale altruistico", cioè di patrimoni destinati a fini filantropici. Nella stessa logica, a questa affermazione si accompagna, connessa e parallela, una domanda: se ed in quale misura ci sia stato in Italia un processo, nel tempo, che ha portato a qualche forma di accumulazione del tipo ricordato. È facile rispondere alla domanda in senso negativo, se il tipo di accumulazione di cui si va alla ricerca deve essere individuato solo quando sia un singolo individuo a creare il capitale altruistico. La risposta, tuttavia, sarebbe semplicistica in quanto non terrebbe conto del fatto che nella nozione moderna e contemporanea di creazione di patrimoni a finalità filantropiche ben rientra, ormai, la formazione progressiva del patrimonio e, soprattutto, la molteplicità, anche nel tempo, dei contributi individuali. In questa direzione va oggi, ad esempio, l'esperienza delle communfryfoundations soprattutto negli Stati Uniti, che si caratterizzano anche per la capacità di attrarre le donazioni di molti.
Alle origini delle banche: credito e beneficenza In Italia, è la storia del sistema bancario che consente di individuare un processo di formazione di capitale altruistico. Dopo la lunga stagione che vede il credito come macchiato dal peccato di usura, l'attività creditizia si legittima nel X\T secolo attraverso la creazione, in ambiti territoriali determinati, dei Montes Pietatis risultanti dalle offerte delle comunità per dare mezzi finanziari ai protagonisti nascenti delle economie locali. Così si spiega che siano stati gli ordini monastici, sia pure in disputa fra loro, a gestire questi "monti di pietà" e ad essere gli unici ad essere legittimati ad erogare credito in epoca pre-moderna. Vendere moneta non è più vendere il "tempo" (che è solo di Dio) ma vendere un capitale. Di qui, comunque, un'esigenza di com73
pensare il denaro dato per l'utilità dei prenditori con il denaro dato per beneficenza. La storia delle Casse di risparmio e dei Monti di pietà si sviluppa successivamente sulla base di questo intreccio, cioè per aver coniugato - fin dlla loro origine - credito e beneficenza. La distribuzione degli utili all'uno o all'altra si è tradotta, in pratica, in una formazione di capitale "altruistico" da destinare a finalità di sviluppo economico e di sviluppo sociale. Del resto, anche a considerare le forme di organizzazione cooperativa del credito nate nel diciannovesimo secolo, si rileva una evidente percezione delle implicazioni sociali dell'attività bancaria. Di qui, gli obblighi statutari ad impiegare parte degli utili per finalità educative. E, insomma, possibile affermare che una accumulazione di capitale non destinata soltanto al rafforzamento dell'attività creditizia ma anche alle erogazioni di tipo filantropico e di sviluppo delle comunità locali si realizza, quasi unicamente, nell'ambito dell'attività bancaria. In maniera, ovviamente, non diretta e di non immediato rilievo in termini quantitativi. La regolamentazione dell'attività bancaria come attività di interesse pubblico, se non vera funzione pubblica, che ha caratterizzato la legislazione italiana per oltre cento anni, la protezione del mercato e del capitale bancario che l"ordinamento sezionale del credito" (usando una famosa espressione di Massimò Severo Giannini) ha realizzato, hanno - di fatto - pòsto ai margini le finalità e le attività di tipo filantropico di una parte rilevante del sistema bancario. Con la conseguenza di togliere a questa attività le caratteristiche forti di un'attività filantropica e di abbandonarla, talvolta, ad usi impropri di carattere politico attraverso la presenza di personale dirigente di estrazione partitica o forte del sostegno dei partiti. Con il limite - ad evitare ògni stravolgimento dell'attività bancaria - di mantenere tali attività filantropiche entro dimensioni, tuttò sòmmtò, mòdeste.
La tasformaziòne dd sistema ba,zcariò afine Nòvecentò Quando, nel 1990, dopo una lunga preparazione si mise mano alla trasformazione di gran parti del sistema bancario coinposto da enti pubblid fu necessario, innanzitutto, dare a questi ultimi la configurazione di società per azioni. Ciò per rendere possibile l'applicazione di una contabilità compatibile con i criteri dettati dagli organismi internazionali di coordinamento della vigilanza prudenziale sulle banche (deliberazioni della Banca dei Regolamenti Internazionali e direttive comunitarie) e per cominciare a preparare il sistema 74
bancario italiano alla competizione, interna e internazionale. L'ordinamento protettivo pubblicistico ne aveva fatto, si disse, una "foresta pietrificata". La legge 30 luglio 1990 n. 218 del 1990 (cosiddetta legge Carli-Amato) creando ex novo nuove società bancarie per azioni separò in due entità le banche-enti pubblici: da una parte, le aziende bancarie in assetto di s.p.a.; dall'altra, gli enti proprietari delle azioni. Non è il caso di ripercorrere qui la vicenda oggetto di numerose ricostruzioni e studi. Sta di fatto che, dopo un periodo di alterni orientamenti ed una volta imboccata la strada della privatizzazione del sistema bancario e, di conseguenza, cancellato fielle bàfihe inteessàte ògni residuò di àtthiità non lùctàth'à (là vecchia "beneficenza" delle Casse di risparmio e degli Istituti di credito di diritto pubblico) è emersa, progressivamente, la consapevolezza che le azioni delle banche s.p.a. costituisserò il nucleo di patrimoni consistenti - da valorizzare, incrementare, e diversificare via via che tali azioni fossero vendute destinati ai fini filantropici che, seppure posti spesso ai margini, erano connaturai al sistema "Casse di risparmio". In realtà, la dismissione delle partecipazioni nelle banche di riferimento è la condizione necessaria per la creazione di patrimoni diversificati di buona redditività. L'esistenza di tali patrimoni, la possibilità di una loro forte valorizzazione ha costituito là base, di fatto, per una considerazione nuova degli effetti della scissione operata dalla legge n. 2181 Il patrimonio messo in mano agli enti azionisti delle nuove banche s.p.a. che destino avrebbe dovuto avere, a quali scopi sarebbe statò giusto destinarlo? Da questa considezazione, e prendendo atto di una vocazione non lucrativa a cui si doveva dare risposta, comincia ad affermarsi l'idea che gli enti cosiddetti "conferenti" avevano, sostanzialmente, le caratteristiche di fondazioni. E di fondazioni si cominciò a parlare ben presto.
Lefondizzioni di origine bancaria. un lento processo di assestamento La classe dirigente degli enti proprietari delle banche ha tardato molto a rendersi conto della trasformazione in corso e del nesso fra dismissione delle azioni delle banche e crea±iòne di pàtritiòrìi éóiisistéiiti, diV&ifiati e rdditizi; legata com'era al mestiere bancario tradizionale esercitato nelle banche d'origine, impreparata ad assumere compiti nuovi come la gestione di enti non lucrativi, poco agevolata dall'aziòne di Governo e dagli opinion kaders tutti concentrati sul problema - comprensibilmente prioritario - dei nuovi assetti del sistema bancario. 75
Ci sono stati casi di grande attenzione alla valorizzazione dei patrimoni attraverso la vendita di tutte le azioni delle banche di riferimento. Ad oggi, sono più di dieci le fondazioni che non hanno più legami azionari con le banche di cui magari mantengono il nome originario. E le fondazioni che pur mantengono significativi legami azionari con le banche di origine hanno ricavato forti, se non fortissimi incrementi patrimoniali (in termini di ricavi diretti e in termini di valore e/o redditività delle partecipazioni residue), dalla vendita di parti importanti delle partecipazioni azionarie. Al di là dell'evidente ragione di rafforzamento patrimoniale, appena segnalata, la vendita delle partecipazioni azionarie di cui le fondazioni hanno la proprietà ha altre ragioni. Innanzitutto, la necessità di rispettare i principi dell'ordinamento bancario che non favoriscono posizioni di forte azionariato in soggetti che hanno missione molto diversa da quella creditizia In secondo luogo, il fatto che, in generale, viene meno, nell'esperienza più recente delle fondazioni, la figura delle fondazioni "portatrici d'impresa", cioè appunto titolari dell'azionariato di controllo di un'impresa, in ragione non soltanto del sostanziale conflitto di "missioni" e di "interessi" fra fondazione ed impresa ma per la sostanziale debolezza patrimoniale e di management che un tale intreccio ha nella realtà del mercato contemporaneo. Vanno, infatti, scomparendo nel panorama internazionale le fondazioni di questo tipo. A proseguire fino ad oggi l'analisi dell'andamento della separazione fra fondazioni e banche si può rilevare che, iniziata concretamente la cessione di forti pacchetti azionari bancari da parte delle fondazioni intorno al 1997 (anche in ragione di specifici atti normativi, come ad esempio la cosiddetta direttiva Dini del 18 novembre 1994, modificata dalla direttiva 28 giugno 1995), si può constatare che - secondo la Relazione della Banca d'Italia all'Assemblea dei Partecipanti del maggio 2002 - dalla metà degli anni Novanta ad oggi la quota di fondi intermediati sul mercato da banche "possedute in maggioranza" dalle fondazioni è discesa dal 58 al 10 per cento. Il forte passo indietro delle fondazioni nella proprietà azionaria e nella gestione delle banche è stato, tuttavia, accompagnato da un ruolo in molti casi importante delle fondazioni come azionisti di riferimento, dalla creazione di incroci azionari che vedono presenti alcune fondazioni anche nell'azionariato di banche che non sono quelle di origine, da casi di sovraesposizione degli 76
amministratori delle fondazioni nei processi decisionali concernenti gli assetti bancari attraverso patti di sindacato o di consultazione fra soci. Tutto ciò ha creato preoccupazioni negli osservatori preoccupati, prima di ogni cosa, della residua, forte presenza delle fondazioni nel mondo bancario. Preoccupazioni riguardanti la temuta scarsa trasparenza del mercato dei diritti di proprietà delle banche. Poca attenzione, in quest'ordine di preoccupazioni, è stata comunque dedicata agli orientamenti dell'Autorità di vigilanza, cioè della Banca d'Italia, che ha inteso governare, entro un orizzonte nazionale, i processi di aggregazione dei gruppi bancari italiani, prima che la piena creazione della zona dell'euro creasse le condizioni di più vaste aggregazioni su scala europea. Le fondazioni sono state considerate, in questa logica, soggetti proprietari utili per gestire il periodo della transizione. Così si è espresso il Governatore della Banca d'Italia nelle considerazioni finali all'ultima Assemblea: "Le Fondazioni di origine bancaria hanno svolto un ruolo essenziale per il consolidamento del sistema, procedendo ad uno smobiizzo graduale della proprietà delle banche". La legislazione del 1998-99 ha cercato di incentivare la separazione fra fondazioni e banche attraverso incentivi fiscali e fissando scadenze per l'abbandono delle posizioni di controllo delle fondazioni nelle banche. La legge n. 44812001 (legge finanziaria per il 2002) ha prescritto che, nel caso vogliano ancora detenere la posizione di azionista di controllo delle banche, le fondazioni debbono spogliarsi della gestione di queste partecipazioni affidandola a società di gestione del risparmio (SGR) opportunamente configurate, senza poter dare indicazioni su come svolgere il mandato. Inoltre, la legge ha ampliato la nozione di controllo, ricomprendendovi anche quel "controllo" che derivi dalla somma di partecipazioni detenute da diverse fondazioni. A queste nuove condizioni, la scadenza per cedere il controllo è stata ulteriormente spostata al 2006.
Le leggi 1998-1999: nascono definitivamente le fondazioni di origine bancaria Malgrado la prevalente attenzione dedicata da osservatori e commentatori al rapporto fondazioni-banche e il condizionamento che ne è derivato nella lettura della legislazione già ricordata del 1998-99, occorre andare al cuore di questa legislazione per coglierne meglio la portata e il significato. Di faticosa elaborazione, sia in sede governativa che parlamentare, la legge n. 461 del 1998 e il decreto legislativo n. 153 del 1999 costituiscono un 77
complesso normativo che, a parte il fatto di essere il compromesso fra molteplici attese e punti di vista, contiene - non sempre in modo equilibrato - indicazioni di diverso tipo e di diversa durata nel tempo: norme di tipo transitono e norme a regime. Sono del primo tipo tutte quelle, anche e soprattutto fiscali, riguardanti la cessione delle azioni delle società bancarie e altri aspetti delle ristrutturazioni bancarie, sono del secondo tipo quelle relative a natura, finalità e sistema di organizzazione e governo delle fondazioni. Su queste ultime, dunque, occorre soffermarsi. Tale normativa a regime si può riassumere in alcuni punti: la qualificazione delle fondazioni come persone giuridiche private senza fine di lucro, dotate di piena autonomia statutaria e gestionale; di conseguenza, l'importanza degli statuti per definire entro l'ampio campo dei settori indicati dalla legge - i propri scopi e le modalità e i criteri che presiedono allo svolgimento dell'attività istituzionale e, soprattutto, all'organizzazione e al sistema di governo. Di qui l'affermazione, fatta da molti, che il diritto delle fondazioni sarebbe stato il diritto degli statuti. Affermazione che trova conferma nella disposizione che lega il riconoscimento della personalità giuridica privata delle fondazioni all'approvazione dei nuovi statuti. È questo il momento che segna, secondo il legislatore del 199899, la trasformazione degli "enti conferenti" in persone giuridiche private. Lo statuto è, dunque, lo strumento della discontinuità. Gli elementi caratterizzanti del modello di fondazione che il legislatore definisce sono vari. Vale qui richiamarne i fondamentali: un sistema di governo a gestione duale, costituito da un organo di indirizzo ed uno di gestione; l'indipendenza dei membri dell'organo di indirizzo fondata sulla norma secondo la quale essi "non rappresentano i soggetti esterni che li hanno nominati né ad essi rispondono"; una nomina delimitata nel tempo e con possibilità di rinnovo per una sola volta; una composizione dell'organo di indirizzo che assicuri un'adeguata e qualificata rappresentanza del territorio, con particolare riguardo agli Enti locali, nonché l'apporto di personalità che per professionalità, competenza ed esperienza possano contribuire al perseguimento dei fini istituzionali, evitando che ciascuna componente abbia peso maggioritario. Varie altre indicazioni vengono date, forse con qualche eccesso di dettaglio, ma quelle riportate sono tali da dare alle fondazioni i tratti propri di una persona giuridica che ha origini e legami nella società e che è chiamata ad agire con lo spirito d'iniziativa proprio dei privati. 78
• 106. In sostanza, la legge 461 e il decreto legislativo 153 fanno le veci di un atto costitutivo di un numero dato di fondazioni. Numero che in futuro potrà essere diminuito (in caso, per esempio, di fusioni) e più difficilmente, ma pèr volontà delle fondazioni stesse, aumentato. Il legislatore non ha creato una categoria astratta di fondazioni, ma ne ha create tante quanti erano gli enti proprietari di azioni di banche precedentemente enti pubblici. Se l'atto costitutivo è nella legge, il resto delle regole è negli statuti e nel diritto comune Il significato dell'intervento legislativo del 1998-99 è chiaramente illustrato nella relazione ministeriale che accompagna il primo disegno di legge (atto Camera n. 3194, )(III legislatura): "Aver sdoppiato gli enti pubblici bancari in fondazioni' (enti conferenti) e in società per azioni' (società conferitarie) è stato un primo passo; dare a fondazioni e società fisionomia pienamente autonoma, sul piano sostanziale, oltreché formale, costituisce un momento ulteriore da realizzare in tempi ravvicinati. (..) Ne risultano coinvolte le prospettive di quel singolare prodotto legislativo, che è stata la creazione, anche in Italia, di un insieme assai vasto di fondazioni dotate di capacità di intervento soprattutto in termini di erogazioni finanziarie mirate a sostenere - senza fine di lucro - attività e iniziative di utilità sociale. Si sono venute a formare, in questo modo, delle infrastrutture sociali ignote alla realtà italiana, ma che devono essere ancora compiutamente realizzate" Si aggiunge, ancora, che il processo non va tenuto «entro una logica di tipo pubblicistico alla quale esso, invece, deve essere sottratto definitivamente e rapidamente. Per questa via si restituisce all'autonomia privata la realtà storica di patrimoni accumulati nel tempo anche per l'apporto di singoli che hanno originariamente contribuito in molte zone del Paese alla creazione di Casse di risparmio entro le quali il far credito si è ampiamente coniugato con iniziative di solidarietà sociale secondo la logica di quel che oggi si usa chiamare il privato sociale" Il Governo proponente dimostra e dichiara la consapevolezza di un processo che deve compiere una svolta importante ma che, probabilmente, avrà bisogno di ulteriori assestamenti. Nella relazione citata questa consapevolezza può essere colta nella parte che tratta della vigilanza. Si dice: "L'insieme delle fondazioni avrà bisogno, una volta ridefinita la loro fisionomia secondo la nuova normativa, di un organo di vigilanza ad hoc anch'esso definito con caratteristiche di novità. (..) L'esperienza storica di altri Paesi (si pensi alla Charities Commission inglese) e la tendenza che si va affermando verso un ampliamen79
to ed un consolidamento del settore non proflt, fanno pensare che occorra un organo che svòlga un'attività di vigilanza da cui non siano esclusi compiti di stimolo, suggerimento e raccomandazione. Si tratta, in definitiva, di creare un'esperienza nuova, cultura e tecniche non ben conosciute, si tratta di contribuire afor,nare una classe dirigente con particolari capacità. Dunque, occorre un'autorità indzpendente dedicata ad un compito sostanzialmente inedito e per il quale lo Stato amministrativo centrale non ha esperienza népredisposizione' Il programma legislativo esposto inizialmente non sarà poi realizzato puntualmente. In molte parti il legislatore lo interpreterà in modò meno rigoroso di quanto ci si potesse attendere. Prevalse l'idea di un passaggio molto meno impegnativo dal pubblico al privato e, soprattutto, in materia di Autorità di vigilanza si rimase assai lontani dall'ipotesi di una Autorità indipendente nei termini che la relazione al primitivo disegno di legge aveva prospettato. Di fatto, l'esperienza concreta ha dimostrato il profilo concreto di un'Autorità di tipo burocratico, poco propensa a calarsi a fondo nella realtà delle fondazioni, ad intendente ed anticiparne i problemi e così via. Senza la creatività necessaria, nonché - bisogna dirlo - senza poter disporre di adeguate forze professionali. Tutto ciò, tuttavia, non ha messo in questione un dato oramai acquisito: i patrimoni derivanti dallo sdoppiamento delle banche pubbliche e la loro valorizzazione rispondono integralmente al modello classico della fondazione comè patrimonio destinato ad uno o più scopi d'interesse sociale. Né a questa evidenza si può opporre, come talvolta è avvenuto, che queste avrebbero un "vizio d'origine": quello di non essere state costituite per iniziativa di individui, grandi capitalisti, industriali o finanzieri, che si sono spogliati di un patrimonio per uno o più scopi. Affermazione poco fondata perché guarda soltanto ad un tipo storico di fondazione, o meglio ad una stagione di fondazioni, considerando questo tipo, con molta frettolosità, il prototipo. Senza considerare, invece, la possibile varietà dei percorsi che hanno portato e possono portare, nella storia, alla costituzione di patrimoni destinati a uno o più scopi. L'originalità del caso italiano di fondazioni di cui il legislatore ha svolto la funzione di fondatore, nel senso che ha provveduto a riconoscere la realtà di determinati patrimoni accumulati per fini filantropici e non lucrativi, nulla toglie alla natura del risultato conseguito: che di fondazioni si tratta in senso proprio. 80
D'altra parte, le fondazioni di origine bancaria, si trovano proprio nel mezzo dei problemi segnalati quando si è parlato di "fondazioni al lavoro". Al pari, di quelle considerate "vere" perché nate, in Europa o negli Stati Uniti, dall'iniziativa privata di qualche capitano d'industria o di finanza. Fondamentale è divenuto, per tutte le grandi fondazioni, il problema della comunicazione con il pubblico, con i possibili destinatari degli interventi nell'ambito del Terzo settore, con le pubbliche amministrazioni (per ragioni fiscali e per ragioni di coordinamento delle attività all'insegna della sussidiarietà). Fondamentale, ancor più, il rapporto con le altre fondazioni: alleanze, divisione dei compiti, strategie di coordinamento delle iniziative diventano sempre più temi ricorrenti dell'azione quotidiana delle fondazioni. Fondamentale, infine, la scelta delle priorità e la valutazione dei risultati.
La kgge finanziaria per il 2002 modifica il sistema: un passo indietro Con la Legge finanziaria 2002 - come già ricordato - sono state introdotte profonde modifiche all'impianto normativo del 1998-99. Pur essendo stata confermata la natura di persona giuridica privata delle fondazioni è stato notevolmente diminuito il peso degli statuti. Le scelte delle finalità avverranno nell'ambito di settori "ammessi" stabiliti, con eccesso di dettagli, dalla legge e modificabili con regolamento, cioè con formazione amministrativa secondaria; le priorità dovranno essere modificate ogni tre anni sulla base anche delle indicazioni ministeriali; sono rafforzati i poteri di tipo amministrativo e discrezionale dell'Autorità di vigilanza, sempre più identificata nel Ministero dell'Economia e delle Finanze. Infine, la politica di investimento patrimoniale viene condizionata da indicazioni di intervento in determinati campi (già via via ampliati da leggi che si sono susseguite alla Finanziaria: la stessa realizzazione delle opere pubbliche è stata inserita fra i "settori ammessi" in cui le fondazioni possono operare dalla legge n. 166 uscita nell'agosto 2002) e la maggioranza dei componenti dell'organo di indirizzo è assicurata a Regioni ed Enti locali. Maggioranza determinante ai fini della nomina dei membri degli organi di amministrazione. Quali che siano le ragioni di questa "novella" legislativa, di certo non è stata preceduta da adeguata ricognizione e studio sugli effetti dell'attuazione del complesso normativo del 1998-99 e, ancor meno, sui vari ed importanti problemi dell'evoluzione delle fondazioni di origine bancaria. 81
Lasciando da parte l'argomento che lega la novella alle vicende del sistema politico maggioritario, in modo che una nuova maggioranza sembra ritenere di non poter non lasciare il suo segno in necessaria discontinuità con quanto legislativamente deciso dalla precedente maggioranza, occorre rilevare che l'esistenza di grandi patrimoni sul territorio non può che sollevare interesse ed attese di varia intensità. Il fatto che l'esperienza delle fondazioni non si sia ancora consolidata, rinnovando le proprie radici profonde nella società e che pocò sia stato realizzato dalla dirigenza delle fondazioni in questo senso (si consideri l'ancora modesta diffusione di serie pratiche di comunicazione e trasparenza) ha facilitato l'immediata riapertura del capitolo legislativo delle fondazioni di origine bancaria. Senza parlare poi dell'attenzione, fin quasi ossessiva, al rapporto fòndaione-banche data dalla stampa e dagli òssetVatòri. Due, comunque, sembrano gli obiettivi di questa riscrittura del sistema normativo: la necessità di trovare risorse per alleviare, sia pure al margine, la finanza pubblica trasferendo d'autorità alle fondazioni il compito di sostituire o incrementare stanziamenti pubblici; trovare una sponda finanziaria a cui ormeggiare il federalismo in via di attuazione (di qui la necessità, a parte ragioni speciali e localistiche, di prevedere la maggioranza della componente regionale-locale negli organi di indirizzo). 114. È superfluo rilevare che il programma legislativo del 1997 viene profondamente contraddetto, che la stessa natura di persona giuridica privata rischia di essere annullata dal complesso delle nuove disposizioni di legge; Per paradosso, tuttavia, l'insieme delle reazioni al nuovo orientamento legislativo ha fatto improvvisamente crescere nell'opinione pubblica e nella società l'attenzione alle fondazioni e ha diffuÈò, in modo accelerato, una certa cukura delle fondazioni che nel passato era mancante o, comunque, del tutto insufficiente. Ne deriva la ragionevole previsione che la vicenda, anche trasferendosi in un contenzioso giudiziario e costituzionale, non si chiuda rapidamente. Con danni rilevanti. Sarebbe, dunque, opportunò che intorno ad un tavòlo di discussione, fuori dai contrasti più vivaci e da una secca e chiusa appropriazione della questione da parte delle forze politiche, si trovasse la ragionevole soluzione per dare assetto definitivo alle fondazioni di origine bancaria che sono le istituzioni principali di governo e gestione del capitale altruistico in Italia.
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QUESTIONI E PROPOSTE
5.1 - È opportuno individuare, innanzitutto, le questioni che vengono comunque in evidenza nell'attuale fase di ancor primo avvio delle fondazioni di origine bancaria. La prima è sicuramente quel/a di una maggiore cooperazione fra le fondazioni alfine di strategie di intervento per le materie ed i settori che non siano di stretta competenza di ciascuna fondazione. Come è nel caso di fondazioni di dimensioni modeste, strettamente orientate ad interventi su ùn territorio ben definito eper le più ristretto. Il lavoro in rete costituisce la prospettiva che non può che affermarsi come risposta alle attese della società verso le fondazioni sul piano dell'efficacia e su quello, altrettanto importante ; dell'etica propria di organismi che più di ogni altro sono chiamati a ben amministrare il capitale altruistico e a ben erogarne i frutti, raggiungendo concreti risultati. Non appartiene all'etica delle fondazioni la logica della competizione fine a sé stessa o anche soltanto la logica del ùrestigio" in ambiti più o meno ristretti. 511— La seconda riguarda la capacità di una forte interazione con il pubblico e con il complesso dei soggetti istituzionali e di libera espressiòne del/a vòlòntà collettiva che operano nel contesto sociale. Definire gli obiettivi da perseguirÈ attravério un'attività non lucrativa, scegliere priorità, identificare bisogni da sostenere sono tutte operazioni che presuppongono una buona, se non ottima, capacità di ascolto della società entro la quale si opera. In ciò si esprime la peculiarità di grandi organizzazioni private di carattere erogativo anche sul piano delle professionalità e del tempo da dedicare a tale attività di ascolto. Capacità di ascolto s:gn/ìca anche capacità di comunicazione, sia nel/a fase di messa a punto e di lancio di programmi e progetti sia nella fase di illustrazione dei risultati e di conseguente invito a discuterne. Thtti i possibili destinatari degli interventi devono essere posti in condizione di conoscere tempestivamente contenuti e modalità di accesso alle iniziative delle fondazioni. 5111— Di grande rilievo è il buon funzionamento del sistema duale di governo e amministraziòne. Aver costituito nelle fondazioni di origine bancaria, in ragione delle dimen-. sioni patrimoniali e delle òrigini plutime dei medesimi pàtrimòni, dué diversi òrgani, uno di indirizw e verQca, l'altro di gestione ha voluto signfìcare che all'interno delle fondazioni deve esserci una dialettica continua fra i due livelli. Ciò per consentire un processo decisionale accurato nelle riflessioni e ricognizioni e con ciò adeguato al/a responsabilità sociale delle fondazioni. Come stia flinzionando il sistema duale è necessariamente oggetto di verfìca. La novità del sistema, i/frequente fraintendimento del suo signfìcato (qualcuno si è richiamato alle assemblee dei soci delle società commerciali che in nessun modo sono organi di indi riz83
zo), il rischio di pratiche poco attente al ruolo dell'organo di indirizzo tanto da farne quakosa come un comitato scientifico, un organo consultivo o peggio un organo onorario sono tutti elementi da tenere presenti aifini di una verifica. È, anzi, da raccomandare che vengano identificate quali sono le migliori pratiche di buon funzionamento del sistema di governo duale. Come si è detto precedentemente, tale sistema non deve essere assunto a modello per tutte le fondazioni. Tuttavia, nell'ambito delle fondazioni di origine bancaria ne deve essere ribadita la primaria importanza. 5.1V—Il cambiamento della composizione dell'organo di indirizzo che si realizza concedendo il potere di designazione della maggioranza dei membri (in misura più o meno ampia) agli enti di cui all'art. 117 della Costituzione, così come recentemente novellata, dovrà tenere conto della logica che presiede al sistema di governo duale. Senza questa attenzione, tale nuova composizione rischia di ridurre l'organo di indirizzo ad un collegio deputato semplicemente alla nomina degli organi di amministrazione della fondazione e indirettamente delle SGR che gestiscono leparteczj.azioni azionarie nelle società bancarie. Con inevitabile ricorso a pratiche spartitorie, quando in questa funzione si ritroveranno necessariamente le espressioni di enti di diverso colore politico (si consideri il caso difondazioni che hanno un territorio ampio di riferimento dove è possibile, se non probabile, la diversità degli orientamenti politici) 5. V— Tener conto della logica che presiede al sistema duale di governo signflca, innanzitutto, obbligare gli enti designanti ad una scelta che risponda a criteri assai rigorosi di qualità professionali e morali. In secondo luogo, signflca assicurare il r:oroso rispetto della norma, non abrogata dalla recente modfìcazione, secondo la quale «i componenti dell'organo di indirizzo non rappresentano i soggetti esterni che li hanno nominati né ad essi rispondono" Norma che, nella pratica, rischia di essere travolta. 5. VI - Del tutto coerente con la logica dell'indzendenza dei membri dell'organo di indirizzo dagli enti designanti era la norma, abrogata, che consentiva la cooptazione per la formazione degli stessi organi. Tale forma di nomina consente all'organo di indirizzo di completare la propria composizione secondo criteri di equilibrio sul piano delle competenze e della libertà di giudizio. Il principio della cooptazione è, del resto, tipico del diritto delle fondazioni. Dovrebbe essere rzristinato ponendo, tuttavia, limiti in termini quantitativi e condizioni rigorose per quanto riguarda la qualità dei cooptati. 5. VII— Le fondazioni non sono patrimoni in cerca di padroni: sono patrimoni destinati ad alcuni scopi ed amministrati pro-tempore da cittadini qua4ficati e dotati di capacità e spirito di indipendenza. 84
È naturale che quanti fanno parte degli organi di governo e di gestione svolgano il loro mandato con lo spirito proprio del Terzo settore, che è prevalentemente quello del volontariato. È giusto, di conseguenza, che essi siano ricompensati del lavoro prestato in misura che tenga conto dell'impegno e delle responsabilità, ma sia del tutto diversa da quello del mondo profit. Se non è ragionevole un lovoro completamente linpaid" come pure avviene in molte fondazioni di altri Paesi, sarebbe ugualmente poco ragionevole adottare criteripropri dell'economia lucrativa. 5. VIII - Collegata a tale questione è quella degli eventuali conflitti di interesse che si potrebbero presentare negli organi di indirizzo e di amministrazione delle fondazioni quando i membri fossero, in qualche modo, legati ad organismi destinatari dei grants delle fondazioni. È importante che lo questione venga aflrontata e ben riso fra in sede statutaria con norme che è possibile rintracciare nello stessa pratica delle fondazioni, a garanzia dello completa indipendenza di giudizio di queste ultime. Non ha alcun senso, invece, creare delle incompatibilità fra l'essere membro di organi di governo delle fondazioni e l'appartenenza a o la provenienza da entità che possano essere benefìciarie di contributi finanziari delle fondazioni. Tanto più se tale incompatibilità, solo in apparenza rigorosa, può essere superata - secondo i nuovi dettati normativi - quando le medesime persone legate alle entità possibili beneficiarie degli interventi delle fondazioni fossero nominate dalle Regioni o dagli Enti locali. Nell'ambito dell'attività non lucrativa il "conflitto d'interessi» non ha il significatoforte che ha nel campo lucrativo ovvero quando si ricoprano cariche pubbliche essendo titolari di definiti e cospicui interessi privati. Ha invece il signfìcato, diverso eppur sempre rilevante in termini di codice etico, di pericolo per un rigoroso rispetto del pluralismo del Terzo settore eper una condotta di rigorosa scelta di merito delle iniziative da sostenere. Se il problema ú vale ajfrontarlo ma senza la panacea, dissimulota ma improponibik, di una sanatoria aprioristica attraverso le nomine di Regioni ed Enti locali. 5.1K— Il Capitolo 2 di questo Libro Bianco ha illustrato la recente legislozione che ha condotto allo nascita di molteplici fondazioni. Si tratta per lo più, come si ègià osservato, di fondazioni di diritto speciale. Questa caratteristica è certamente propria anche delle fondazioni di origine bancaria. Il fatto è di piena evidenza e di per sé non vale a creare una caratteristica rilevante di queste ultime fondazioni in confronto a tutte le altre di recente costituzione. Al contrario, lo legislazione sulle fondazioni di origine bancaria è quello che più si caratterizza per il rinvio al Codice civile e ancor più per il richiamo allo sua rfòrina in questa materia. Dunque, una cosa è ingessare le fondazioni nello figura di fondazioni speciali anche per aspetti del tutto marginali e transitori, altra è valo rizzare gli aspetti innovativi di questa legislazione e farla progredire verso una adeguata normativa di diritto comune. Al che, ovviamente, si oppone ogniforzatura dei residui caratteri pubblicistici del sistema. 85
5.X - Fondamentale, a questo riguardo, è la questione delle fondazioni che non hanno più partecipazioni nelle banche di origine. Si può fondatamente sostenere che queste sono uscite dalla sfera di applicazione della legislazione del 1998-99 e, a maggior ragione, della relativa «novella» Vanno al riguardo eliminati i residui motivi formali che possano ancora operare in senso contrario. 5.Xt - Proprio in ragione del già avvenuto pa5saggio di alcune fondazioni dalla condizione di proprietarie di azioni delle banche di origine a quella di fondazioni proprietane di un diverso patrimonio da ben gestire secondo criteri di redditivitàfa venire meno tutte le ragioni per le quali si è ritenuto, transitoriamente, che fosse il Ministero del Tesoro, ora Ministero dell'Economia e delle Finanze, l21utonità di Vigilanza. È, dunque, ormai niaperta la questione di una diversa Autorità di Vigilanza. Al riguardo, occorrerà pensare ad un organismo consultivo di alto profilo che accompagni e progressivamente si sostituisca alla Vigilanza ministeriale.
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Consiglio Italiano per le Scienze Sociali Il CSS è un'associazione con personalità giuridica - ONLUS. Fondata nel dicembre 1973, con l'appoggio della Fondazione Adriano Olivetti, ha raccolto l'eredità del Comitato per le Scienze Politiche e Sociali Co.S.Po.S.), che svolse a suo tempo, negli anni Sessanta, grazie a un finanziamento della Fondazione Ford e della stessa Fondazione Olivetti, un ruolo ftrndamentale nella crescita delle scienze sociali italiane Le finalità che ne ispirano l'azione sono: - contribuire allo sviluppo delle scienze sociali in Italia, ed in particolare promuovere il lavoro interdisciplinare; - incoraggiare ricerche finalizzate allo studio dei principali problemi della società contemporanea; - sensibilizzare i centri di decisione pubblici e privati, affiuiché tengano maggioÈmente conto delle conoscenze prodotte dalle scienze sociali per rendere le loro scelte consapevoli, razionali e più efficaci. Il CSS rappresenta un forum indipendente di riflessione che, con le sue iniziative, vuole offrire meditati contributi all'analisi e alla soluzione dei grandi problemi della nostra società. A tal fine, il CSS associa ai propri progetti anche studiosi ed esperti esterni e può contare su una rete di contatti e di collaborazioni in tutti i principali centri di ricerca e di policy studies europei Oltre alla tradizionale sede romana, il CSS (cssroma@libero.it ) recentemente ha aperto un ufficio anche a Torino, presso il Collegio Carlo Alberto a Moncalieri. Presidente Sergio Ristuccia Vice Presidente Arnaldo Bagnasco Comitato Direttivo: Sergio Ristuccia, Arnaldo Bagnasco, Piero Ameno, Piero Bassetti, Giovanni Bechelloni, Mario Caciagli, AÈitonio Di Majo, Clotilde Pontecor,'o, Guido Mario Rey, Carla Rossi, Ugo Trivellato. Collegio dei Revisori: Bruno Gimpel (Presidente), Marco Colantonio, Alberto Mazzei. Segretario generale Alessandro Silj Vice Segretario generale Nicola Crepax
Principali attivit4 svolte nel 2002 Le Fondazioni in Italia Con la pubbblicazione del Libro bianco sulle Fondazioni in Italia, il CSS ha dato inizio ad una serie di interventi sui problemi della società italiana ed europea in relazione allo stato della ricerca sociale e al contributo che questa può dare alla loro soluzione. Il tema delle fondazioni è tra i primi ad esseie affrontati, anche in considerazione della rilevante rinascità in Italia é in Europa delle fondazioni non solo come figura giuridica ma come fenomeno sociale. Ulteriore motivo di interesse è naturalmente la grande disputa apertasi in Italia sulle fondazioni di origine bancaria, sullo sfondo di una conoscenza superificiale e assai lacunosa del fenomeno complessivo. La pubblicazioiie del Libro Bianco non chiude l'intervento del CSS, ma apre una fase di discussione all'esterno, di veÈifica e di finale messa a puntò delle proposte in tei-mini legislativi o di comportamento di fondazioni e altri soggetti interessati e coinvolti nel loro ruolo sociale. 87
Workshop sulla politica della ricerca scientifica in Italia L'il dicembre si è tenuto presso il Consorzio Collegio Carlo Alberto un workshop sulla politica della ricerca scientifica in Italia. Scopo dell'incontro era di condividere, in un ambito ristretto di esperti, riflessioni sulla situazione e sulle politiche della ricerca in Italia in una prospettiva di medio periodo; una prospettiva, quindi, non dominata dalle contingenze e fortemente influenzata dal processo di integrazione europea. La riflèssione è stata inquadrata in un contesto di "anomalie" nazionali: la scarsità di risorse complessivamente destinate alla ricerca, la carenza di ricerca privata, i limiti della seconda rete di ricerca, l'insufficienza delle strutture, l'elevata variabilità qualitativa dei risultati, con la contemporanea presenza di ricerca di livello elevato secondo standard internazionali e di ricerca di basso profilo, i criteri per l'attribuzione dei finanziamenti non adeguatamente correlati a tale variabilità, lo straordinario invecchiamento del personale di ricerca e, in particolare, dell'università. Quando e perché tali peculiarità italiane si sono formate? Quali carenze culturali e quali interessi ne sono alla base? Sergio Ristuccia ha presieduto. La discussione è stata introdotta dalle seguenti presentazioni: Strategie istituzionali per una centralità della ricerca (Sveva Avveduto, Sergio Bruno, Francesco Merloni), Indicatori della ricerca e problemi di valutazione (Ugo Trivellato, Alberto Zuliani, Giulio Perani, Giorgio Sirilli, Mario Calderini, Giuseppe Catalano), Equili brio fra scienze sociali e scienze dure (Ernesto Dimauro, Sergio Ristuccia), La ricerca privata: una valutazione (Andrea Bonaccorsi), La ricerca privata: una testimonianza (Carlo Callieri). Commissione di studio sullo Sviluppo Locale Nelle giornate del 13-15 dicembre si è riunita per la prima volta la Commissione di studio sullo sviluppo locale. È evidente l'importanza acquisita dai processi di regionalizzazione dell'organizzazione economica e sociale in epoca di globalizzazione. Regioni, città, distretti economici come nuovi attori dello sviluppo sono un tema emergente nella discussione scientifica internazionale. Strumenti nuovi si stanno sperimentando, in molti Paesi, per la politica economica e la governance dei sistemi locali. Con riferimento alle esperienze italiane, sullo sfondo anche di esperienze in altri Paesi, è utile fre il punto sulla reale consistenza e capacità strategica delle società locali con rapporto alle dinamiche complessive dell'economia. I modelli, gli attori, le pratiche delle politiche di sviluppo locale, in funzione di sviluppo economico e coesione sociale, a diverse scale territoriali, meritano un primo tentativo di analisi e valutazione unitaria. La commissione è composta da Arnaldo Bagnasco (coordinatore), Carlo Trigilia (coordinatore), Fabrizio Barca, Marco Cammelli, Giuseppe De Matteis, Patrick Le Galès, Luigi Mazza, Guido Rey, Enzo Rullani, Maria Teresa Salvemini, Gianfranco Viesti. Hanno partecipato inoltre alla prima riunione il Presidente del CSS, Sergio Ristuccia e il Vice Segretario Generale, Nicola Crepax. La prossima riunione della Commissione si terrà nel giugno 2003. Rapporti intergenerazionali Le relazioni tra giovani e anziani (e più generalmente adulti) erano state a suo tempo incluse nel Piano di Azione 2000-2004 del CSS tra le questioni candidate a. dar vita a una commissione di studio. 113 dicembre, presso la sede dell'Eurisko a Milano, si è tenuta una prima riunione preparatoria, con la partecipazione di Gabriele Calvi, Alessandro Cavalli, Piero Ameno, Chnistian Giordano, Alessandro Silj e Nicola Crepax. Si è trattato di un brain storming informale per esaminare lo stato delle conoscenze sul problema in Italia e in altri Paesi, e sono state individuate le principali dimensioni della questione (psico-sociologiche, politiche, demografiche, economiche, ivi inclusa la rappresentazione sociale che i giovani hanno degli anziani e viceversa) che dovrebbero essere oggetto di indagine. È stato inoltre sottolineato che l'indagine, per essere significativa, dovrebbe portare sulla lunga durata (3 o più generazioni) ed essere comparativa Un prima 88
sintesi di una possibile impostazione da dare al lavoro, redatta sulla base delle opinioni espresse nella riunione di Milano, verrà inviata ai soci del CSS ed ad altri studiosi che hanno lavorato o lavorano sulle tematiche relazionali (in ambito fairiigliare ed altri ambiti) per ottenere informazioni e valutazioni sulla letteratura esistente in materia e sul deficit di conoscenze che dovrebbe venire colmato. Una seconda riunione si terrà prossimamente, sempre a Milano, per decidere, anche alla luce delle informazioni e valutazioni così ottenute, se procedere o meno alla costituzione di una commissione di studio e/o per esaminare approcci alternativi. Etnobarometro ETHNOBAROMETERJInternationaI Research Network on Interethnic Politics and Migration è una rete di centri e di esperti per la ricerca e il monitoraggio dei conflitti etnici e dei flussi migratori in Europa, promossa dal CSS nel 1997, grazie a un contributo della Commissione dell'Unione Europea. Successivamente ha ricevuto finanziamenti, finalizzati a progetti, da numerose fondazioni italiane e straniere. Nei suoi primi quattro anni di attività Etnobarometro, oltre alle attività di monitoraggio e alla costituzione di un vasto archivio sulle questioni etniche e sulle migrazioni, ha svolto una serie di ricerche e di inchieste su situazioni e problemi specifici quali l'immigrazione albanese in Italia e la questione della criminalità, il conflitto in Kosovo, i flussi migratori interni e le immigrazioni in Russia, la questione curda, i problemi delle minoranze nei Balcani (Bulgaria e Macedonia). I risultati delle ricerche sono pubblicati in una collana di quaderni, in lingua inglese. Nel corso del 2002 è stato pubblicato il rapporto sul conflitto in Macedonia e completata la ricerca su Immigrati e "ghettizza.zione" in nove città europee. È inoltre proseguita la ricerca su Identità e organizzazione dei Rom in Europa Centrale e Orientale. Infine, è in corso di stampa il rapporto sul processo di avvicinamento all'Unione Europea della Turchia (Turkey's Political Rtflirms and its Questfir European Integration), in particolare per quanto riguarda i cambiamenti avvenuti o in corso in materia di minoranze e di diritti umani e civili. Il rapporto, frutto di una ricerca iniziata nell'aprile 2002, ha analizzato, tra l'altro, e in maniera approfondita, i nuovi orientamenti e la presa di posizione filo-occidentale del partito islamico, pienamente confermati dai risultati delle elezioni politiche svoltesi in settembre. La bozza dd rapporto è stata inviata, ai primi di novembre, alle competenti autorità italiane ed europee, in tempo utile per il surnmit europeo di Copenaghen che ha esaminato le richieste di adesione alla UE (compresa quella della Turchia), ottenendo un immediato riscontro di vivo interesse, in particolare da parte della Commissione Europea. Politica e amministrazione Nella sessione pubblica dell'Assemblea CSS del 1996, la relazione del Presidente si soffermò ampiamente sul problema della Pubblica Amministrazione. ll messaggio di allora fu che la rifurma non dovesse essere soltanto una questione di leggi, ma di attenzione costante della Funzione Pubblica e dei singoli ministri al funzionamento e alla "animazione" delle strutture amministrative. La XIII Legislatura ha visto, invece, una legislazione fin troppo corposa e reiteratamente corretta, ma poco altro. La XW si è aperta con altra legislaziòne, motivata dal desiderio della maggioranza vincente di correggere a sua volta le leggi dettate dall'ex-maggioranza. La nuova legge sulla dirigenza pubblica (c.d. Frattini) costituisce un nuovo capitolo sul rapporto fra politica e amministrazione che mette in questione alcuni principi costituzionali. Il CSS, riprendendo l'attenzione al tema fuori dal dibattito più direttamente politico e dal gioco degli interessi cbrporativi della dirigenza, ha patrocinato l'incontro dei collaboratori ed amici della rivista queste istituzioni (di cui Sergio Ristuccia è direttore e Antonio Di Majo condirettore) che si è tenuto, secondo tradizione, a Cortona. Il seminario, che ha registrato una partecipaziòne molto ampia e un animato dibattito, ha fornito numerose indicazioni di lavoro che saranno discusse nelle prossime riunioni del Comitato Direttivo del CSS. 89
La società Ristuccia Advisors: oltre le leggi, per accompagnare le trasformazioni della comunità locale. Ristuccia Advisors svolge attività di consulenza e assistenza alle decisioni dell'Ente local rivardo alla fattibilità e ai processi piii adeguati per la creazione, la promozione e i avviamento delle società di gestione dei servizi, nonché contributi all'analisi ed alla valutazione dei migliori approcci per una collaborazione dell'imprenditore privato con il settore pubblico locale. Per il settore non-profit, l'attività di consulenza della Ristuccia Advisors si realizza nei confronti dei principali soggetti innovativi che lo compongono: in primo lugo, fondazioni di origine bancaria e cooperative sociali. Per essi viene svolta attività di supporto alle scelte, valutazione delle attività, miglioramento della gestione dei processi, analisi dei risultati. Ristuccia Advisors ha promosso la creazione di un portale verticale sul mondo dei servizi pubblici locali in Italia. www.servizilocali.com Il portale verticale vuole costituire ùna risorsa web completa: per conoscere la realtà del mercato delle utilities in 'Italia, comprenderne i passaggi normativi e valutarne le trasformazioni in corso. Il servizio pubblico non è più visto soltanto come espressione dell'attività amministrativa dell'Ente locale, ma come fattore di sviluppo economico e sociale del territorio. Luogo d'incontro tra esperienze e bisogni della comunità dei cittadini, dei soggetti istituzionali, delle imprese pubbliche e private. www.servizilocali.com è una risorsa web di documentazione ed informazione su: - risorse idriche - energia elettrica - gas naturale - smaltimento rifiuti - trasporti - farmacie comunali all'interno è possibile trovare: - documentazione legislativa e giurisprudenziale • approfondimenti su - la trasformazione dei servizi pubblici in atto - le forme di gestione esistenti - le forme di finanziamento del sistema - la raccolta delle carte dei servizi - i link a tutte le aziende dei servizi pubblici locali - i link a tutte le associazioni di difesa e tutela degli utenti • gli utenti stessi possono votare i servizi della propria città ed è possibile vedere in tempo reale l'evolversi delle preferenze • è stato aperto un forum per la condivisione di opinioni é valutazioni sui servizi pubblici attraverso il quale creare una comunità di interessi orientata al miglioramento della qualità nei settori di riferimento.
Librerie presso le quali è in vendita la rivista
Ancona Libreria Fagnani Ideale
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Parma Libreria Feltrinelli
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Roma Libreria Feltrinelli (V. Babuino) Libreria Feltrineili (V.E. Orlando) Libreria Forense Editrice Libreria Forum S3 Libreria GE.PA. 82
Bologna Libreria Fdtrindlli
Milano Cooperativa Libraria Popolare Libreria Feltrinelli Manzoni
Udine Cartolibreria Univcrsitas Urbino Líbrerià »La Goliardica» Venezia-Mestre Libreria Don Chisciotte
LA COLLANA MAGGIOLI - QUESTE ISTITUZIONI Bruno Dente -Politiche pubbliche e pubblica amministrazione, pp. 255, 1989, L. 30.000 Sergio Ristuccia Enti locali, Corte dei Conti, Regioni, pp. 251, 1992, L. 42.000 R Greggio, G. Mercadante, P. Miller, J.P. Nioche, J. SIof Management: quale scuola per una professione europea?, pp. 264, 1.993, L.38.000 Stef.no Sepe Amministrazione e storia. Problemi della evoluzione degli apparati statali dall'Unità ai nostri giorni, pp. 455, 1995, L. 58.000 AkVV. Fondazioni e Associazioni. Proposte per una riforma del primo libro dei Codice Civile, pp. 249, 1995, L. 38.000 Sergio Ristuccia Volontariato e Fondazioni. Fisionomie del settore non profit, pp. 324, 1996, L. 48.000.
LA COLLANA MARSILIO - RISTUCCIA ADVISORS Danielè Archibugi, Giuseppe CiccaronMauroMaré, Bernrdo Pizzetti, Flaminia Violati - Advisory Commission on Intergovernmental Relations I. triangolo dei servizi pubblici, pp 235,2000, L. 38.000 - Sergio Ristuccia Il capitale altruistico . Fondazioni di origine bancaria e cultura delle fondazioni, • pp. 181, 2000, L. 25.000
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