queste istituzioni 20
interventi e inchieste
Tribuna/i A mministra tivi Regionali. Un primo bi/ancio 4 Giustizia amministrativa e partecipazione democratica di Emilio Rosini
16 Giustizia amministrativa e Tri-
bunali amministrativi regionali: continuità o innovazione? di Bruno Leuzzi Siniscaichi
L'attuale sistema di giustizia amministrativa, che prevede due diversi giudici per la decisione delle liti contro la pubblica amministrazione (il giudice ordinario quando la situazione giuridica di cui si lamenta la lesione è costituita da « diritti soggettivi », il giudice amministrativo quando invece si tratta di «interessi legittimi ») è un sistema diciamc, così binario, accolto e sanzionato dalla Costituzione: in questa materia, come in altre, i costituenti si limitarono a recepire e consolidare il sistema già esistente, organizzato dalle leggi del 1865 e 1889 e soprattutto dalla giurisprudenza. Unica sostanziale innnovazione, ispirata al decentramento, era la previsione di organi di giustizia amministrativa dì primo grado da istituirsi in ogni regione. Solo dopo una lunga gestazione si diede vita ai T.A.R., una volta dichiarata dalla Corte costituzionale nel '71 l'incostituzionalità delle Giunte provinciali amministrative. Nel frattempo però molte delle aspettative che si erano accese nel dibattito che ha accompagnato la loro istituzione si erano ormai consumate. Resta come fatto positivo e ricco di virtualità, rispetto ad una giusti-
zia amministrativa tutta « romana » e in unico grado, la maggiore vicinanza ai cittadini della giustizia amministrata dai T.A.R. 'e il conseguente allargamento delle possibilità di accesso ad essa. Le attuali dimensioni della. domanda di giustizia amministrativa inducono a pensare che questo fatto abbia innescato processi qualitativamente nuovi. Anche se è.ancora troppo presto per tentare un bilancio, si può supporre che almeno in parte siano diversi e comunque più numerosi i soggetti che scelgono la via del ricorso ai T.A.R. per far valere i lorò interessi nei confronti della pubblica amministrazione e che diverse siano le materie stesse del contendere. Si è dunque determinato un allargamento del contenzioso a campi diversi da quelli tradizionali, dove il pubblico impiego aveva lo spazio maggiore. Ma sorgono, per altro verso, quesiti inquietanti. Per esempio: attraverso quali filtri professionali è passato l'allargamento degli accessi alla giustizia amministrativa? Si ha infatti l'impressione che, lungi dal rompere la separatezza di questo settore istituzionale, i T.A.R. abbiano fatto da volano alla nascita di nuove specializzazioni professionali che possono essere filtri nuovi e costosi per l'accesso alla giustizia.
Proprio per questo vale forse riprendere il discorso su alcuni interrogativi di fondo sulla natura e sul ruolo della giustizia amministrativa. Le pagine di Bruno Leuzzi sollecitano a riconoscere nel giudice amministrativo una componente det complessivo sistema politico ed in par ticolare sottolineano il ruolo da esse svolto nella costruzione e nel rafforzamento dello <'stato liberale». Là funzio-nalità della giustizia amministrativa al-lo stato liberale è un argomento vàlido fino ad un certo punto: fino al punto cioè in cui occorrerebbe dimostrare come mai - esistano stati liberali di classica egemonia borghese e a dispiegato' regime capitalistico che non, hanno ua sistema di giustizia amministrativa. D'altronde, anche il parallelo tra giustizia amministrativa e parlamentarismo ha soprattutto un valore provocatorio e tutto sommato, prevalentemente ideologico. Pur riconoscendo l'enfasi delle recenti teorie sulla centralità del Parlamento, non è possibile far cenno al ruolo' delle assemblee nei termini del vecchio' costituzionalismo sempre scisso fra principi e realtà. Una serie di processi sono tuttavia ir. atto - e li mette in evidenza il saggio di Emilio Rosini - che tendenzialmente:
queste istituzioni gennaio-giugno 1978
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Arti Grafiche Città di Castello.
3 preesistano all'azione amministrativa e che quindi siano ripristinabili con l'annullamento dell'atto lesivo. Ciò che si tende sempre più a fr valere sono posizioni da costituire con l'azione' stessa,
modificano il ruolo tradizionale del giudice amministrativo e più in generale i] rapportò tra amministrazione e cittadino. Anche, se nei disegni di legge finora presentati sulla riforma dei T.A.R. non vi è traccia di ciò, due fenomeni vanno emergendo nei fatti: l'allentarsi dei vincoli posti alla tutela giurisdizionale degli interessi collettivi ,e il tipo stesso di interessi in ragione dei quali si agisce contro la P.A.. Non si tratta più di far valere le sole posizioni giuridiche che
cioè interessi che attendono di essere soddisfatti dall'azione legittima dell'Amministrazione.. 'In tal modo la giustizia amministrativa è spinta a trasformarsi in uno strumento di 'controllo reale e sostanziale sull'operato della P.A.. '
Il
Giustizia amministrativa e partecIpazione democratica di Emilio Rosini Il disegno di legge per l'istituzione dei Tribunali amministrativi regionali, presentato alla Camera nell'ottobre del 1968, prevedeva un organico complessivo di novanta magistrati. Benché quel progetto escludesse dalla giurisdizione dei T.A.R. gli atti delle autorità centrali ed affiancasse ai magistrati amministrativi gli assessori (componenti cc laici » dei collegi giudicanti, di cui doveva prevedersi, per la durata dell'incarico limitata nel tempo e per la modesta retribuzione, soltanto un impegno parziale), di certo sottovalutava le esigenze del servizio che s'apprestava ad istituire (basti dire che nel marzo del 1977 penderanno avanti ai T.A.R. più di 71.000 ricorsi). •Ma ancora più sorprendente era, a questo riguardo, il progetto socialista, presentato alla Camera il mese successivo, che affidava ai T.A.R. la giurisdizione su tutti i rapporti nei quali la pubblica amministrazione è parta necessaria e inoltre la giurisdizione contabile ; quella in materia pensionistica e in materia tributaria, e per questo imponente complesso di attività prevedeva un organico di 236 magistrati, ottanta dei quali avrebbero dovuto costituire le procure generali. Alla fine del 1968 era, dunque, comune agli operatori politici una valutazione del tutto errata delle dimensioni della domanda di giustizia amministrativa. Il progetto socialista appariva, però, influen-
zato dalle posizioni della dottrina degli anni '60, vigorosamente critica verso una giustizia amministrativa inadeguata alle esigenze del paese. Prevedeva, infatti, un diverso riparto delle giurisdizioni, e la giurisdizione piena del giudice amministrativo (al quale attribuiva, cioè, in via generale il potere di rjformare gli atti impugnati). L'ispirazione di fondo del progetto socialista restò in ombra nella discussione che ebbe luogo alla Camera dei deputati nel 1970 e al Senato l'anno successivo. La partecipazione del loro partito al Governo ammutolì i parlamentari socialisti. Il Senato respinse anche le più marginali proposte - di innovazione ad una normativa arcaica (come quella di attribuire al giudice amministrativo poteri istruttori meno limitati) e operò nel testo trasmessogli dalla Camera interventi demolitori di tutto ciò che avesse sapore di novità, anche lessicale, di fronte alle vecchie leggi sul contenzioso. Basti ricordare l'eliminazione del potere dei T.A.R. di emettere sentenze di condanna se non nei casi in cui la loro giurisdizione esclusiva sia estesa al merito, e del potere di emettere sentenze di condanna al risarcimento dei danni I. E tuttavia nella legge 11. 1034 del 1971, l'originaria proposta governativa è irriconoscibile. Oltre che, attribuire ai T.A.R.
Su questa vicenda v. A. M. SANDULLI, I tribunali amministrativi regionali, Jovene, 1972, p. 39 s., nota 20. Dell'art. 26, comma 30, della legge n. 1034 del 1971 si tende a dare un'interpretazione correttiva che ne supera con disinvoltura la lettera (.v. Lucmeox e CAIANIELLO, I tribunali amministrativi regionali, UTET, 1972, p. 220 s.). L'esclusione del potere dei T.A.R. di emettere sentenze di condanna al risarcimento dei danni preclude un'interpretazione diversa da quella tradizionale dell'ambito dei diritti patrimoniali consequenziali di cui l'art. 7, comma Y. Per rendersi conto della rilevanza pratica di questa questione, e di altre consimili, può essere interessante ricordare che in tema di giurisdizione sulle controversie relative al risarcimento del danno derivante al pubblico dipendente dalla omissione del versamento dei contributi previdenziali da parte dell'ente pubblico si sono registrati, nella giurisprudenza degli ultimi trent'anni del Consiglio di Stato e del'le sezioni unite della Cassazione, ben sette mutamenti di indirizzo; e non è certo che questa altalena - mossa da un enorme spreco di attività intellettuali impegnate in sottigliezze che gli interessati alla ricerca di un giudice non riescono ad apprezzare - stia per fermarsi.
5 tutta la giurisdizione generale di legittimità, la legge itutiva innoverà in un punto importante (ltivaiente, si intende, al limitato orizzonte in ctki dq i veva mantenersi il dibattito) al deplorato sistema vigente, consentendo l'impugnazione in via giurisdizionale dei provvedimenti non definitivi 2• I molti che rimasero delusi, e addirittura scandalizzati, dal contenuto troppo poco innovatore della legge istitutiva dei T.A.R., dovevano essersi fatte delle illusioni sulla situazione politica e culturale del paese. Nessuno avrebbe dovuto aspettarsi con qualche fondamento che il legislatore del 1971 volesse e potesse, affrontando le grandi questioni di fondo del sistema italiano di giustiw
rnrnnttrc,ti,n nrnnnrc ti,
rare: un assetto ragionevole e certo del riparto delle giurisdizioni (se è vero che la pluralità delle giurisdizioni è insuperabile nel rispetto della Costituzione); la disciplina degli effetti sostanziali del provvedimento invalido; la possibilità di ottenere l'annullamento degli atti lesivi di diritti; la tutela degli interessi non personalizzati; la repressione delle illegittimità dell'atto impugnato non denunciate dal ricorrente; la pienezza e la effettività del giudizio amministrativo; la pronta esecuzione del giudicato. Questioni di questo genere sono di tale rilevanza politica - perché la loro soluzione incide direttamente sui modi di operare dell'Amministrazione e sull'effettiva vigenza del principio di legalità da non poter essere affrontate che in una temperie di « rifondazione» delle istituzioni. Nell'Assemblea Costituente non fu avvertito lo spessore politico di quella problematica (che fu, anzi, del tutto ignorata). Chi nel 1971 avesse voluto introdurre nella discussione parlamentare il grave dibattito dottrinale del decennio precedente sarebbe stato sommerso dal disinteresse delle assemblee per ogni questione non contingente e teoricamente impegnativa. E difatti quelle grandi questioni non furono mai considerate nei numerosi proLa contraria interpretazione di F. è rimasta isolata.
2
getti di legge che prelusero all'istituzione dei T.A.R.. Quando, poi, questa apparve improcrastinabile dopo le dichiaPaziSni di incostituzionalità dellé giunte prvinciali amministrative, far debcìrda ,.f dibattito dai problemi strettamente organizzativi avrebbe reso impossibile l'approvazione della legge istitutiva che passò con l'auspicio generale di una sua successiva riforma e con l'accompagnamento di due ordini del giorno ovviamente accettati dal Governo e altrettanto ovviamente disattesi: uno per la sollecita presentazione di un disegno di legge sulla procedura amministrativa, l'altro per l'istituzione del Consiglio superiore della magistratura amministrativa.
MAFFEZZONI,
Nella discussione al Senato (la sola di cui ci restino i verbali, perché alla Camera la legge fu approvata dalla commissione in sede legislativa nel testo predisposto da un comitato ristretto, nel quale si esaurì la discussione) un tema di qualche rilievo fu tuttavia sfiorato: quello del sistema di scelta dei magistrati dei T.A.R.. Solo sfiorato, perché nella discussione della proposta dell'opposizione, di attribuire ai consigli regionali il potere di nominare i componenti dei T.A.R. o una parte di essi, benché ampia e vivace, non si manifestò la consapevolezza delle ragioni profonde, specifiche alla giustizia amministrativa, che potevano giustificarne, con le opportune cautele, l'accoglimento. Da un lato l'opposizione si appellò soltanto genericamente al principio costituzionale della partecipazione popolare all'amministrazione della giustizia, dall'altra prevalse la diffidenza (non infondata sotto molti profili) nei confronti di giudici nominati da quelle stesse amministrazioni delle quali essi devono giudicare gli atti. La proposta di far nominare i giudici dai consigli regionali era viziata da una certa incoerenza, perché l'opposizione aveva contestato con successo il principio della nomina governativa. Se è «poin « Foro Amministrativo », 1975, Il, p. 493
Ss.,
6 polo » il giudice nominato dal Consi- de a rendersi a\ionoma, si realizza quan.glio regionale, non lo è di meno quello to al potere giudiziario con la rivolunominato dal Governo. Si potrà dire che zione borghese: dobbiamo alla conceil primo sistema di nomina è preferibile zibne, illiiministica è giacobina, del giuperché consente a posizioni culturali e dice come macchina per applicaré mecpolitiche diverse di confluire nei col- èanicamente (<c inanimato» è il giudice Jegi giudicanti, meglio di quanto non. ' Montesquieu) leggi che prevedono faccia il secondo. Ma in ambedue i casi' tuttò"la magistratura come apparato bunon si può parlare di partecipazione «diroeratico. La concezione dell'amministra.. retta » del popolo all'amministrazione zione-macchina tramonta quandò s'avdella giustizia; ed è questa, non la no- verte che il cosiddetto potere esecutivo mina politica dei giudici, che l'art. 102, partecipa naturalmente alla formazione ult. cpv., della Costituzione prevede come dell'indirizzo politico (ed è questa conalternativa alla nomina per concorso (bensapevolezza ad ispirare la dislocazione ché la nomina politica, nei casi in cui pos- dell'organizzazione amministrativa verso sa dirsi salvaguardata l'indipendenza dei modelli quale quello intravisto dal noZiudici, non contrasti con alcuna norma stro ordinamento regionale). Quando andella Costituzione, se è superabile quella che l'ideologia del giudice-macchina viedell'art. 97 ult. cpv.). Comunque, questo ne superata dalla critica dell'esperienza sistema non era stato proposto mai (e - quando, cioè, la giurisprudenza appanon lo sarà in seguito) per la copertura re responsabile della costruzione di gran dei posti nella magistratura ordiiiaxia..> p arte dell'ordinamento - si pone il proE se il sospetto nei confronti della scèl- ' blema (se non è quello della stessa leta partitica dei giudici (perché, sia che gittimazione del potere giudiziario) dei. la nomina provenga dal Governo sia che limiti che un corpo burocratico inconprovenga dai consigli regionali o da altri tra nel conoscere e valutare le concrete organi elettivi, le designazioni sono dei esigenze di una società in evoluzione per partiti) era - ed è - vivo in ogni caso, assolvere adeguatamente - senza costideve esserlo in massimo grado se si tuire, cioè, un elemento di attrito - altratta di giudici amministrativi, perché la propria funzione. L'elezione popolare qui la scelta dei giudici è fatta da una dei giudici (che risolverebbe, bene o madelle parti, quella necessaria, le, il problema) è oggi, per ragioni che Non è, dunque, con l'argomento della non è il caso di investigare qui, meno partecipazione popolare che 'poteva di- proponibile che una investitura, totale fendersi la proposta della nomina re- o parziale, dei giudici da parte delle asgionale; e neanche con quello del carat- semblee elettive; che arricchirebbe i cortere regionale dei T.A.R., dato che tale pi giudicanti di esperienze formatesi carattere costituisce una loro relazione fuori di essi, in ambienti permeabili al con la regione come circoscrizione geomaturarsi della pubblica opinione. L'ingrafica e non come istituzione o cornutrodu.zione di questo criterio di reclunità. È, piuttosto, per un altro ordine tamento, almeno come correttivo di queldi considerazioni che una deroga alla lo tradizionale del concorso, sembra, sotregola del concorso per la copertura dei to questo profilo, tanto più ragionevolposti dì magistrati amministrativi po- mente proponibile quanto più accentuata teva (e forse potrà, in un clima poli- sia la funzione sostanzialmente normatico e culturale più maturo) essere protiva dei corpi giudiziari. E quando si ponibile. parla della « giurisprudenza pretoria del Consiglio di Stato ci si riferisce al fatto che la giurisprudenza amministraLA FUNZIONE DELLA GIURISPRUDENZA E LA tiva contribuisce alla formazione dei uiSUA LEGITTIMAZIONE . ritto come ogni altra glurlspruuenza e La formazione, che caratterizza lo stato come l'interpretazione amministrativa) moderno, di un apparato permanente di ma in misura assai più vasta e con efpotere, dì una macchina statale che tenfetti assai più incisivi.
Che l'interpretazione giudiziaria crei diritto, attribuendo alle norme, inquadrate in un sistema in continua evoluzione, il loro attuale valore, e integrando il sistema. normativo con l'invenzione (in senso letterale, almeno nella normalità dei casi) di proposizioni normative non scritte, è un fenomeno fisiologico . E ciò anche in un ordinamento costituzionale come il nostro, che riserva alle assemblee parlamentari il potere legislativo . La stessa istituzione di organi amministrativi, giudiziari e di controllo li autorizza a darsi, nel quadro delle leggi scritte (ma da essi interpretate), regole di condotta che vanno ad integrare l'ordinamento giuridico generale. Si pensi alla costruzione, da parte del Consiglio di Stato, della nozione di eccesso di potere e così dei requisiti di legittimità dei provvedimenti discrezionali. Investito della funzione « di decidere sui ricorsi... per eccesso di potere », null'altro aggiungendo la legge per precisare in che cosa questo vizio consista, il Consiglio di Stato, elaborandone il concetto per decidere le controversie sottopostegli, giunse a costruire regole sostanziali dell'azione amministrativa.• Meno celebre, ma forse più significativo, è un altro esempio di questa attività di integrazione giurisprudenziale della legislazione scritta. Sin dalla legge del 1889 c'è tra le attribuzioni del Consiglio di Stato quella di decidere « dei ricorsi diretti ad ottenere l'adempimento dell'obbligo dell'autorità amministrativa di conformarsi, in quanto riguarda il caso deciso, al giudicato dei tribunali ». Negli anni successivi al 1928 la giurispruden...
za del Consiglio di Stato si consolidò nel senso di un ampliamento dell'ambito del giudizio di ottemperanza anche all'esecuzione delle pronunce del giudice amministrativo : un'operazione interpretativa spregiudicata, ma necessaria alla effettività del principio di legalità dell'azione amministrativa. Il pericolo che si affermino, attraverso la giurisprudenza, regole giuridiche non volute dai rappresentanti della maggioranza degli elettori, è reale; ma non si evita incrementando la produzione di leggi scritte o riducendo i margini di libertà dei giudici, perché è ineliminabile (lo dimostra tanto l'esperienza storica quanto la riflessione teorica) la componente giurisprudenziale nel processo di formazione del diritto 6 Quel pericolo;.• siccome è il riflesso di una dissociazione tra il ceto che esprime i legislatori e quello che esprime i giudici, cioè fra gli interessi fondamentali, e i valori accettati, degli uni e degli altri, scompare soltanto in una società le cui istituzioni si ispirino tutte a valori comuni; nella quale le leggi scritte sono specificate e integrate da prodotti giurisprudenziali e da prassi amministrative e sociali fondate su quei valori e perciò su principi giuridici incontestati, sicché il tessuto normativo è coerente anche se l'ordito costituito dalle leggi scritte è rado. Ciò che caratterizza una situazione diversa è la diffusa contestazione di quei prodotti, cioè l'incertezza dei principi giuridici: manifestazione dell'assenza di omogeneità politica, culturale e ideologica nella stessa burocrazia intellettuale, da parte della quale si esercitano perciò, sul sistema normativo,
La letteratura al riguardo è imponente. La più autorevole è notissima. Le citazioni sarebbero, perciò, tanto superflue quanto lacunose. A chi ne ha bisogno, segnalo i testi intelligentemente raccolti da PizzoRusso, L'ordinamento giudiziario, Il Mulino, 1974, cap. III; e, naturalmente, LoMBsoI, Saggio sul diritto giurisprudenziale, Giuff.rè, 1967, cap. V. La funzione legislativa non è esercitata dai tribunali soltanto quando le loro decisioni costituiscono precedenti vincolanti per futuri casi simili (v., del resto, le pagine di GORLA presentate da Pizzoausso, op. cit., p. 194 Ss.): basta che esse facciano emergere nuovi principi giuridici, che attecchiscono nella misura della loro funzionalità alle esigenze politiche della classe egemone e della loro iscrivibilità nel quadro concettuale che nel momento dato ordina il sapere giuridico, cioè della loro compatibilità con un ordine di valori presente nell'esperienza giuridica (le rivoluzioni, si sa, non si fanno per via giurisprudenziale; come, pure, non si fanno per via legislativa). La statuizione di questa regola nella legge istitutiva dei T.A.R. è uno dei tanti esempi di traduzione in forma legislativa di norme create dalla giurisprudenza. S. CASSESE, in « Riv. Trim. Dir. Proc. Civ. », 1969, p. 415, registra « la natura ideologica del'l'af fermazione della completezza dell'ordinamento, che è affermazione, invece, del potere di completare l'ordinamento da parte di un numero chiuso di persone, gli interpreti autorizzati ».
tensioni di segno opposto (ciò che fa rilevare la loro « politicizzazione », altrimenti inavvertita). Di più: poiché spetta in ultima istanza ai giudici « la riformulazione interpretativa della norma » (Ascarelli), il loro potere politico è assai forte. E allora ci si può chiedere in che misura il carattere esclusivamente burocratico degli organi giurisdizionali sia compatibile con un or dinamento democratico; e ciò con particolare riguardo alla giurisdizione amministrativa. Questa, infatti, più di ogni altra esercita una funzione sostanzialmente normativa: perché è propria della legislazione amministrativa la tendenza ad attribuire poteri senza determinare se non approssimativamente i criteri che debbono presiedere al loro esercizio; perché l'applicazione di una legislazione come quella amministrativa, legata ad esigenze contingenti e perciò alluvionale e spesso contraddittoria, esige in modo specifico Ufl lavoro di coordinamento, di razionalizzazione. e di continuo aggiornamento dei principi; e perché l'efficacia delle decisioni del giudice amministrativo si estende, di fatto, molto al di là del caso deciso, l'Amministrazione essendo indotta, dall'esigenza dell'uguaglianza di trattamento oltre che dalla necessità di evitare l'annullamento dei suoi atti, ad adottarle come regole della propria azione. E così il Consiglio di Stato, costretto dal suo ruolo originario di giudice nella Amministrazione, di organo sostanzialmente di controllo 7, a colmare gli imponenti vuoti della legislazione scritta, ha elaborato, coi poteri attribuitigli da una legge intesa essenzialmente a garantire l'indipendenza dell'Amministrazione nei confronti del potere giudiziario 8, un sistema di garanzie del cittadino nei confronti dell'Amministrazione.
UNA NUOVA DOMANDA DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA: VERSO LA TUTELA DEGLI INTERESSI DIFFUSI
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Così operando ccla giurisprudenza non ha inventato o imposto nulla. Essa si è limitata a registrare la nascita o l'accentuarsi di certi caratteri dei rapporti fra lo Stato (amministrativo) e i cittadini: è stata soltanto il punto di coagulazione, il momento di consapevolezza di certe ideologie e di certe fondamentali tendenze e posizioni in materia, comuni a tutta l'organizzazione politica e amministrativa della società italiana » 9. Questa elaborazione avvenne in un contesto economico, politico e ideologico in cui le posizioni soggettive da tutelare erano preesistenti all'azione amministrativa, che veniva in considerazione soltanto come lesiva di quelle posizioni. Sulla base di questa concezione del rapporto tra il cittadino e l'Amministrazione fu costruito il giudizio ammiulstrativo come giudizio d'annullamento, perché si trattava appunto di ripristinare, con l'eliminazione della lesione ad esse arrecate dall'attività amministrativa, posizioni originarie (di regola, proprietarie); e fu costruito su basi rigorosamente garantiste: la legittimazione al ricorso continua a ripetere la giurisprudenza data da un interesse personale, diretto e attuale. « La selezione in tal modo operata, dal punto di vista dei valori costituzionali è addirittura a rovescio: il sistema lascia passare solo gli interessi la cui protezione sostanziale sia fortemente individualizzata, e dunque esclude gli interessi più diffusi, e dunque esclude gli interessi sociaimente più rilevanti quelli più strettamente implicati con i valori costituzionali fondamentali » 10 L'acutizzarsi dei problemi della protezione dell'ambiente e la diffusa insoddisfa-
E. CAPAccIou, Per la effettività ecc., in « Impr., amb. e P.A. », 1977, p. 19 dell'estr.. V. anche il secondo paragrafo della relazione della commissione speciale (pres. M. Ruini, est. F. Rocco) alVad. gen. del Consiglio di Stato, pubblicata in « Foro Amm. », 1946, IV, p. 1 ss. « F. BENVENUTI, Per un diritto amministrativo paritario, in Studi Guicciardi, 1975, p. 5 delI'estr. Questa opinione non è largamente ricevuta; ma v. DUGUIT, Séparation des pouvoirs, Larose, 1893, p. 105 ss. M. NIGRO, in « Riv. Trim. Dir. Pubbi. », 1972, p. 1819. IO A. ROMANO, Giurisdizione amministrativa e limiti della giurisdizione ordinaria, Giuffrè, 1976, p. 303.
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zione per la insufficiente azione dei 'pubblici poteri al riguardo, ha reso di viva attualità il disagio della dottrina per i limiti posti alla tutela giurisdizionale degli interessi collettivi. Se,rampamen te discusso in due convegni a.Pia nel giugno del 1974, a Varenna iibseffembre del 1977 11• Dove non poteva non essere ricordato il caso dell'associazione « Italia Nostra », alla quale il Consiglio di Stato, che in precedenza aveva costantemente negato ogni protezione agli interessi diffusi, con una decisione della quinta sezione del 9 marzo 1973 riconobbe la legittimazione ad agire a tutela del patrimonio paesaggistico con l'argomento che essa, in quanto associazione riconosciuta, costituita per il perseguimento di un fine che corrisponde a interessi pubblici e generali, è portatrice di un interesse qualificato che la legittima ad impugnare un provvedimento dell'Amministrazione che la ferisca. . evidente il segno di questa operazione di politica del diritto: si tratta, per il Consiglio di Stato, di tener fermo il proprio orientamento di fondo (la personalità dell'interesse tutelato) conferendogli - con un ampliamento della nozione di interesse personale - l'elasticità necessaria e sufficiente perché non sia travolto dalla domanda sociale di utilizzazione della giurisdizione amministrativa come strumento di partecipazione democratica. Ma questa posizione s'è rivelata insostenibile. 'Con una sentenza del 3 settembre 1975 il T.A.R. del Lazio ha riconosciuto la legittimazione a ricorrere 'ad una associazione sindacale in quanto tra i suoi compiti rientra quello della difesa degli associati. A differenza dell'associazione sindacale, Italia Nostra è dotata, come associazione riconosciuta, di personalità giuridica, e i suoi fini sono stabiliti in uno
statuto approvato all'atto del riconoscimento. Ma la discriminante - fra interessi tutelabili e non tutelabili in via giurisdizionale - costituita dalla personalituridica è, chiaramente, troppo fragile. E 'sl'orieìitmento del T.A.R. del Lazio si consoliderà, come sembra stia avvenendo, si finirà per riconoscere non solo agli enti territoriali ma anche ai partiti politici ed alle associazioni di categoria la legittimazione ad impugnare gli atti amministrativi lesivi di interessi di collettività e ceti. Di più: poiché le situazioni soggettive rilevanti sono sempre meno posizioni che preesistono all'azione amministrativa, ripristinabili con l'annullamento 'dell'atto lesivo, e sempre più 'posizioni costituite dall'azione stessa, interessi legittimi che attendono di essere soddisfatti non dall'annullamento di un atto ma dall'azione legittima dell'Amministrazione 12, pretese di partecipazione ai servizi e in generale ai vantaggi dell'organizzazione pubblica, in questo quadro la tutela giurisdizionale sarà sempre più frequentemente richiesta contro gli illegittimi rifiuti' di provvedere, contro l'inerzia e i comportamenti omissivi dell'Amministrazione. Il principio di legalità ne sarà certamente rafforzat'o; ma ciò avverrà sotto il segno della recessione del principio 'della responsabilità politica dell'Amministrazione. La negazione agli interessi diffusi della tutela giurisdizionale, riservata alle situazioni soggettive qualificate cioè individualizzate, è il riflesso del principio che gli interessi diffusi sono tutelati in sede politica. L'abbandono di questo principio implica il riconoscimento che il controllo politico non funziona. E non funziona: non per insufficienza di uomini o per nequizia dei tempi, ma per le caratteristiche strut-
- Rimando agli atti del convegno di Pavia (Cedam, 1976; quelli del convegno di Varenna non sono stati ancora pubblicati), e segnatamente alla relazione di DENTI, a quella di SCOCA e alle comunicazioni di CAPPELLErrI, per gli approfondimenti del tema accennato nel testo. Dove eludo corisapevolmente la problematica relativa ai concetti di interesse collettivo, interesse diffuso; interesse generale, interesse pubblico; la cui definizione, e reciproca delimitazione, è tuttavia di fondamentale importanza. V., oltre ai testi richiamati sopra, ALLEGRETr1, L'im parzialità amministrativa, Giuffrè, 1965, p. 195, nota 32; e sòprattutto LONG-WEIL-BRAIBANT, Les grands arréts de la jurisprudence administrative, Sirey, 1969, p. 35 ss., p. 67 Ss. (da confrontare con C.d.S., V'I, 14.6.1972, n. 475, in « Foro It. », 1972, III, 269, con nota di A. RoMANo). 12 E. CAPAcCIOLI, Interessi legittimi e risarcimento dei danni, Giuffrè, 1963, p. 43.
10 turali del nostro ordinamento costituzio-. nale. Nel regime parlamentare il Governo s'identifica col gruppo dirigente della maggioranza parlamentare; che perciò non ha ragione di porre limiti e controlli al potere discrezionale dell'Amministrazione. Questa ineluttabile insufficienza del controllo politico apre un vuoto, per colmare il quale si estende la convinzione della opportunità non solo di ampliare l'accesso al giudizio di legittimità ma anche di riconoscerne la sostanziale natura di attività di controllo, sia estendendo la giurisdizione di merito, sia attribuendo al giudice amministrativo poteri in qualche modo svincolati dalle domande delle parti 13 Ma queste innovazioni attribuirebbero al giudice amministrativo non solo compiti estremamente pesanti, ai quali •non è, allo stato, in grado di far fronte, ma soprattutto responsabilità dalla quale rifugge. Non manca al Consiglio di Stato la consapevolezza delle gravi prospettive che qualsiasi breccia nei suoi tradizionali principi in tema di interesse al ricorso rischia di aprire. L'ha dimostrato nel 1970, quando per difenderli giunse a negare, contro l'inequivoca formulazione letterale della norma, che l'art. 10, nono comma, della legge ponte abbia introdotto nel nostro ordinamento un caso di ricorso popolare al giudice amministrativo 14 E l'ha confermato anche dopo la suaccennata decisione nel caso. di « Italia Nostra », dichiararido inammissibile un ricorso proposto da una cooperativa di gondolieri di Venezia avverso una deliberazione di quel consiglio comunale che aveva modificato il regolaimento per la circolazione ilei natanti. Infine, la sesta sezione ha rimesso, il 13 luglio 1976, una questione analoga all'esame dell'adunanza plenaria. È tuttavia improbabile che la giurisprudenza amministrativa possa tornare in-
dietro, in presenza di un orientamento pressocché unanime della dottrina 'per una maggiore apertura, e alla disponibilità manifestata dai T.A.R.. Tanto più che alla tendenza innovatrice, favorevole a quella auspicata prassi sociale che è stata definita « partecipazione attraverso o mediante la giustizia » 15, ha manifestato adesione lo stesso Presidente del Consiglio, il cui discorso del 25 novembre 1976, in occasione dell'insediamento di Vincenzo Uccellatore a Presidente del Consiglio di Stato merita una lunga citazione: « È opinione ormai diffusa che il ricorso alle giurisdizioni amministrative può anche costituire un mezzo indiretto per la partecipazione del cittadino all'esercizio del potere pubblico in quanto attraverso l'annullamento degli atti illegittimi tende alla correzione dell'esercizio del potere illegalmente svolto dall'Amministrazione pubblica... È chiaro che quèsto principio dovrebbe portare ad estendere la cerchia dei soggetti legittimati a ricorrere e, quindi, degli unteressi da tutelare. Ed allo stesso risultato dovrebbe portare l'altro principio della tutela dei gruppi intermedi accolto dall'art. 2 della Costituzione non solo in favore dei gruppi sociali previsti dalla legge, ma anche in favore di quelli di formazione volontaria tendenti allo sviluppo della personalità umana. La garanzia di questi gruppi, costituzionalmente riconosciuta in gnodo espresso, dovrebbe pure portare ad estendere la sfera di applicazione della tutela giurisdizionale amministrativa tanto nei riguardi dei soggetti che dell'oggetto. Ma ambedue questi principi nuovi non sempre riescono a conciliarsi con le norme fondamentali che ancora regolano l'esercizio della giurisdizione amministrativa e che, secondo gli nsegnamenti tradizionali della dottrina e della giurisprudenza, pongono a base d1 processo amministrativo da un lato .w\ interesse personale diretto ed attuale qua-
S. GIANNINI, in « Riv. Dir. Proc. », 1964, p. 251; U. POTOTSCHNIG, in « Riv. Trim. Dir. Pub. ». 1969, p. 526 s. V sez., 9 giugno 1970, n. 523, in « Giur. It. », 1970, III, 1, p. 193, con nota di Guicciardi. VIGoRrn, Intervento al convegno di Pavia: « Questa formula vuole indicare le ipotesi in cui il Procedimento giurisdizionale è utilizzato come veicolo di realizzazione dell'ideale partecipatorio, e cioè' i casi in cui i singoli, ma soprattutto i gruppi, agiscono e intervengono in giudizio a tutela di beni e di interessi pubblici e collettivi ».
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11 le presupposto per ricorrere e dall'altro l'initèresse legittimo individualizzato in soggetti determinati o determinabili quale oggetto della. tutela giurisdizionale. È evidente che questi due elementi tendono a restringere quella sfera dei soggetti legittimati a ricorrere alla giurisdizione amrninistrativa e degli, interessi che questa ha il potere di tutelare "e che i nuovi principi costituzionali 'richiamati tendono invece àd estendere '• Che il Presidente del Consiglio affidi alla giurisprudenza l'evoluzine dell'ordinamento in attuazione deF principi posti dalla Costituzione, significa l'esplicito riconoscimento non solo 11' valore normativo degli « insegnameìnti4della dottrina e della giurisprudenza », 'ia anche della impossibilità di sostituire utilmente a questi una legislazione casistiéa: una voilta posti i principi, tocca alla giurisprudenza •svilupparli in regole puntuali tenendo conto della domanda sociale di giustizia. La spiegazione, poi, di questo incoraggiamento ai giudici amministrativi, perché procedano senza timidezze su una strada che le forze politiche, di cui il Presidente del Consiglio è esponente, si sono rifiutate pertanto tempo di imboccare, può esefe,.questa: il vuoto di controllo politico sull'Amministrazione sta per essere riempito, più ampiamente di quanto il sistema possa alla lunga sopportare, dal sindacato penale. Che, mentre ostacola il. mantenimento del consenso p0liticò; è non solo scarsamente utile perché puramente repressivo, ma nocivo al iunzionamento dell'Amministrazione, di cui raffrena anche l'azione legittima. Per tutti questi riguardi è preferibile, per il Governo, che quel vuoto sia riempito dal controllo giurisdizionale, e che sia il giudice amministrativo, piuttosto che quello penale, a stabilire come deve essere gestito il potere .pubbl.ico. LA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER IL RINNOVAMENTO DELL'AMMINISTRAZIONE Da serie esigenze sociali, dunque, i giudici amministrativi sono stimolati a rinver6
GESSA, in « T.A.R. », 1975, lI, p. 44.
dire il loro ruolo. Anzitutto da quella di ridurre gli attriti e le 'inefficienze di una amministrazione sclerotizzata, che pu reagire positivamente alla terapia traumatica del decentramento soltanto rinsanguandosi con la partecipazione dei cittadini all'esercizio dei suoi poteri, com'è previsto negli statuti regionali. Al giudice amministrativo si propone, insomma, di arbitrare la dialettica del pl.uralismo e della partecipazione controllando il rispetto sostanziale dei diritti di accesso, delle procedure (.con particolare riguardo alle esigenze di una istruttoria pubblica e adeguata, ove si conoretizzi il «buon andamento dell'Amministrazione ») e degli esiti. Un ruolo che è congeniale ai giudici amministrativi, tradizionalmente atteggiati ad alti consulenti dell'Amministrazione 16; ma che richiede strutture organizzative e procedurali adeguate, permeabilità ai problemi concreti, inclinazione a cogliere il senso dell'evoluzione dell'ordinamento in modo da privilegiare, rispetto agli elementi recessivi della legislazione, quelli che ne esprimono le tendenze di fondo. La plausibile osservazione che questi requisiti mancano agli organi della giustizia amministrativa, non è dirimente: la loro costruzione è un problema di volontà politica. La ragionevole supposizione che il minutante del discorso dell'on. Andreotti a Palazzo Spada appartenga altl'ambiente del Consiglio di Stato 'induce a pensare che questo ambiente non è insensibile alle prese di posizione della dattrina, e non è chiuso alla 'riflessione sui propri prodotti e sul proprio ruolo. Riflessiore che oggi è favorita dalla pluralità degli organi di giustizia amministrativa.. Una delle caratteristiche più promettenti del sistema creato con la legge del 1971 è appunto quella di aggiungere alla dialettica tra giurisprudenza e dottrina (portatrice, questa', delle nuove istanze sociali) la dialettica interna alla giurisprudenza. Ma i risultati, sotto questo profilo, del decentramento della giustizia amministrativa, sono stati indubbiamente troppo modesti (anche per chi è consapevole che la giurisprudenza non si evolve per
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12 gran colpi di timone e improvvise illuminazioni ma che, come prodotto collettivo, si matura nella misura in cui evita processi di rigetto): effetto della tendenza, da cui la legge istitutiva non è stata immune, di considerare i tribunali amministrativi regionali come articolazioni pe riferiche del Consiglio di Stato. IL RECLUTAMENTO E L'ORGANIZZAZIONE DEGLI UFFICI: UN PROBLEMA POLITICO Favorire il più proficuo dispiegarsi di questa dialettica è compito del legislatore, cui spetta di regolare gli aspetti organizzativi degli uffici. I problemi di organizzazione sono appunto problemi politici in quanto il modo con cui vengono risolti pregiudica la soluzione dei problemi politici; e in quanto questi vengono avviati a soluzione mediante misure organizzative. Di questa rilevanza degli aspetti organizzativi della giustizia amministrativa non sembra siano consapevoli gli attuali legislatori. A leggere i tre disegni di legge che sono attualmente in discussione al Senato (presentati, in ordine di tempo, dal gruppo democristiano, da quello socialista e da quello comunista) si ha l'impressione che a diversificarli sia, piuttosto che la difforrnità di obbiettivi e orienlamenti. poditici, i.l favore dato a questa anziché a quella istanza di natura corporativa, e che tutti convergano su un disinteresse totale delle conseguenze politiche delle diverse scelte. E si tratta di conseguenze politiche di grande rilievo. Non è troppo presto in presenza di una inefficienza dell'azione amministrativa tanto grave da condurre il paese verso lo sfacelo - perché siano prese in considerazione le. seguenti proposizioni.
L'inadempienza al dovere di curare gli intéressi pubblici è la più grave delle illegittimità che l'apparato amministrativo possa compiere. È perciò un problema di giustizia amministrativa. Le trattative per concordare programmi di governo, che assorbono tante energie delle organizzazioni politiche, sono mistificazioni finché lo stato dell'apparato amministrativo è tale da non consentire l'attuazione di alcun programma; come deve essere apertamente riconosciuto e dichiarato. Per superare questo stato di permanente inadempienza si può contare soltanto sulla mobilitazione degli interessi che ne sono collettivamente lesi. Soltanto istituzionalizzando la partecipazione potrà dirsi che il paese ha l'amministrazione che merita. La istituzionalizzazione della partecipazione democratica implica che gli organi della giustizia amministrativa ne garantiscano il funzionamento. Esige, cioè, che questi siano organizzati in modo che prevalga in essi la disponibilità ad assumersi questo compito. Che lo siano, è responsabilità del Parlamento. Tutte le grandi questioni del nostro diritto amministrativo sono state, infatti, sempre dibattute - e risolte, quando lo sono state - in sede scientifica e giudiziaria. L'autolimitazione del legislatore alla recezione degli esiti di quei dibattiti e, al di fuori di questa, alla disciplina della carriera e del trattamento del personale è, perciò, un dato costante 'della nostra storia legislativa.. Che potrebbe non es•sere un dato negativo (almeno in quanto sia da valutare positivamente la delega implicita al potere giudiziario per integrare l'ordinamento) se in quella disciplina potesse leggersi un disegno politico anziché l'esito dei rapporti di forza nel ristretto gruppo che gestisce il potere giudiziario 17
Così, nel corso del dibattito sulla legge del 1971 la proposta - già contenuta nel primo schema di progetto di legge per l'istituzione dei tribunali amministrativi regionali, predisposta dalla commissione nominata dalla Presidenza del Consiglio (Stato dei lavori per la riforma della P.A., Pol. St., 1953, voi. III, p. 410 Ss.) e riprodotta nel progetto socialista di attribuire ai T.A.R. la giurisdizione in materia di conti e di responsabilità, fu accantonata per l'opposizione della Corte dei conti; e ia proposta - avanzata dalla dottrina (GIANNINI, op. loc. cit.) e ricevuta nel progetto socialista - di attribuire ai giudici amministrativi ogni controversia in cui fosse parte necessaria la pubblica amministrazione, con l'eliminazione
13 Un modo per incorporare ai collegi giudicanti esperienze diverse da quelle della burocrazia intellettuale e arricchirne la dialettica con l'apporto di atteggiamenti culturali eterogenei, avrebbe potuto essere quello della parziale nomina 'dei giudici da parte dei consigli regionali. Se è da condividere l'ipotesi che alla magistratura amministrativa si prospettino nuove responsabilità, una estrazione parzialmente politica dei giudici favorirebbe la sua disponibilità ad assumerle. Ogni diffidenza nei confronti di questo sistema di reclutamento dovrebbe cadere se si stabilisse, anche in ossequio ad una nota giurispruidenza costituzionale, che i giudici nominati dai consigli regionali acquistano lo stesso status professionale dei giudici nominati per concorso (come dei consiglieri di Stato di nomina governativa), e che la loro elezione debba richiedere una maggioranza qualificata in modo da presupporre un'ampia convergenza di suffragi: queste due concizioni assicurerebbero loro una indiscutibie indipendenza. Potrebbe suggerirsi, d'altra parte, che l'eterogeneità del reclutamento darebbe alla nostra piuralità di gurisdizioni una razionalità che ora le manca. Non più alti funzionari col compito di provvedere in via contenziosa, ma magistrati investiti di giurisdizione; non più nominati dai governo ma assunti per concorso; eliminata anche, 'dalla legge istitutiva dei T.A.R., la necessaria estrazione burocratica; quale speci.ficità giustifica la separazione dei giudici amministrativi dalla magistratura ordinaria? Ma nessuno dei tre progetti contiene una proposta come quella che era stata ener -
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gicamente sostenuta dall'opposizione nel 1971; e che oggi - a differenza di allora - sarebbe suffragata da un potere regionale costituito. Di più: un punto apparentemente secondario - quello della composizione delle commissioni esaminatrici dei concorsi per l'ammissione nella magistratura amministrativa - è significativo di un ben diverso orientamento comune ai tre progetti. Per il regolamento del 1942 la commissione era composta da quattro magistrati (di cui tre consiglieri di Stato) e da un professore universitario. La legge istitutiva dei T.A.R. ha disposto che, invece, sia composta da tre professori e due magistrati. I tre disegni di legge restituiscono la maggioranza ai consiglieri di Stato:, propongono, cioè, che sia eliminata una misura organizzativa intesa a favorire il ricàmbio delle posizioni culturali. Anche per altri aspetti i tre disegni di legge palesano un comune atteggiamento retrivo ed una scarsa consapevolezza dello spessore politico dei problemi affrontati. Di particolare rilievo è quello dell'organo di autogoverno. Come s'è riferito, nel 1971 fu unanimemente auspicata l'istituzione del Consiglio superiore della magistratura amministrativa. Ora io prevede, dei tre, soltanto il progetto socialista; che tuttavia, affidandone la presidenza al presidente del Consiglio dei ministri anziché al presidente dèlla Repubblica, ribadisce la posizione di dipendenza' della magistratura amministrativa nei confronti del Governo. Gli altri due prevedono come organo di vertice un consiglio di presidenza; che sancisce la natura di « corpo separato'> che si vuoi conservare alla magistratura amministrativa. Per la sua com-
della rilevanza, ai fini del riparto delle giurisdizioni, della distinzione tra diritti e interessi, fu ritenuta improponibile per considerazioni che vale la pena di riprodurre testua!lmente: Un tale orientamento avrebbe portato ad una pesante reazione della Magistratura ordinaria che avrebbe considerato u'n'intollerabile deminutio la sua eliminazione dagli organi giusdicenti nei confronti della P.A. Essa aveva già manifestato la sua opposizione alle estensioni parziali della giurisdizione esclusiva, e il Ministro di grazia e giustizia se ne era reso convinto interprete » (Lucmani, op. cit., p. 67). Dove 'è significativa la mancanza di ogni considerazione dei gravi interessi pubblici che suggerivano quella innovazione. Naturalmente, se non si prospetta neanche la possibilità di risolvere il problema trasferendo tutta la giustizia amministrativa nell'ambito della magistratura ordinaria (che sarebbe, con opportuni accorgimenti organizzativi e innovazioni procedurali, il sistema più ragionevole) non è tanto per ragioni di costituzionalità quanto per la 'prevedibile simmetrica opposizione dei giudici amministrativi.
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:14 posizione, poi, il progetto democristiano propone il sistema della elezione, quello comunista preferisce il sorteggio, benché Al primo, a differenza del secondo, abbia il pregio di favorire la circolazione delle idee e di attribuire ai componenti elettivi prestigio e perciò indipendenza. Altrettanto superficiali appaiono le proposte relative alle nomine governative. Il progetto democristiano lascia in vigore il sistema attuale ma subordina le nomine alla designazione del consiglio di presidenza; introducendo, in sostanza, l'inconsueto istituto della cooptazione. Il progetto socialista affida le designazioni al consiglio superiore. Quello comunista propone di abolire del tutto le nomine governative. Ma il Consiglio di Stato ha anche funzioni consultive, e non si può ragionevolmente sottrarre al Governo la nomina dei propri consiglieri. I tempi sono, forse, maturi per considerare la opportunità -i già prospettata senza successo nella commissione reale per la riforma degli istituti della giustizia amministrativa istituita nel 1910 18 - della separazione della funzione giurisdizionale da quella consultiva. Nulla è previsto, nei tre progetti, per adeguare l'organico degli uffici alla domanda di giustizia (benché decidere in tempi brevi sia esigenza vitale per questo tipo di giurisdizione): gli interessi considerati sono quelli dei magistrati, gli utenti del servizio non rientrano nell'orizzonte dei proponenti.
Poiché gli interessi coinvolti dalil'azione amministrativa, •da un lato sono sempre meno personalizzati (quelli personalizzati sono i meno rilevanti), dall'altro chiedono di essere soddisfatti dall'azione legFttima dea1'Amminis trazione piuttosto che dal suo •raffrenamento, così lagiustizia amministrativa si trova al bivio tra una perdita di influenza progressivamente accentuata (e che cosa' significa la 'tendenza dei giudici amministrativi a conservare le funzioni consultive e 'a lavorare nei gabinetti ministeriali, se non il riconoscimento del primato dell'amministrazione a1tiva?) e l'assunzione 'di nuo-' vi compiti e responsabilità. Le profonde modificazioni - del modo 'di pensare e di lavorare di questa magistratura, e deJ rapporto tra essa e la società in cui opera - che la scelta della seconda alternativa esige e implica, non sono né scontate né imminenti. La previsione non può prescindere, però, dalle serie innovazioni che l'istituzione dei T.A.R. ha introdotto nel sistema della giustizia amministrativa. Da un lato, la domanda di giustizia nell'Amministrazione s'è fatta enormemente più intensa e diversificata, ha coinvolto strati sociali relativamente larghi e per ciò provoca tensioni nell'attuale assetto e lo espone ad una critica più ampia, che tenderà ad affiorare a livello politico. Dal. l'altro, la composizione di questa magistratura sta cambiando rapidamente. Prima della istituzione 'dei T.A.R. i magistrati reclutati per concorso (sono quelUN NUOVO RUOLO DELLA GIUSTIZIA AMMINI- li che restano in carriera più a iungo degli altri e perciò influenzano maggiorSTRATIVA? mente l'istituzione) erano ogni anno così pochi da poter essere rapidamente asprobabile che nella discussione parlamentare affiorino problemi trascurati e similati nel gran corpo del Consiglio di nuove soluzioni per quelli considerati nei Stato. Dopo l'istituzione dei T.A.R., dietre disegni di legge. É improbabile che cine di magistrati giovani sono reclutati ne esca modificata la comune deludente annualmente, e ciò durerà per alcuni animpostazione dei tre progetti. Come sem- ni, sino alla copertura di tutti i posti di pre, i veri problemi della giustizia ammi- ruolo, quando la gran maggioranza dei nistrativa non avranno l'attenzione del giudici amministrativi sarà costituita da Parlamento. E tuttavia ogni crisi ha ne- persone influenzate sia dalla dottrina giucessariamente una soluzione, buona o cat- ridica dell'ultimo quindicennio sia dalle vicende politiche che dal 1968 a oggi hantiva che sia. 18
A. CODACCi-PISANELLI, in « Riv. Dir. Pubbl. », 1916, I, p. 290 Ss.
15' no accreditato la domanda di nuovi, modelli di azione amministrativa. Dovendo costatare che l'azione dell'Amministrazione tende ad essere controllata piĂš dai pretori che dai. tribunali amministrativi, e non potendo ambire a compiti diversi da quelli d'istituto, queste iuove lee di magistrati saranno presu-
mibilmente inclini ad orientamenti che recuperino alla giustizia amministrativa il ruolo prestigioso di garante dell'imparzialitĂ (assicurata dall'ampiezza della partecipazione democratica) e dal buon andamento (che significa , anzitutto efficienza) dell'Amministrazione.
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Giustizia amministrativa e Tribunali amministrativi regionali: continuità o innovazione? di Bruno Leuzzi Siniscaichi Di recente - da quando con la legge 6.12.1971 n. 1034 sono stati istituiti i Tribunali amministrativi regionali e ancor più qualche anno dopo, quando essi hanno iniziato il loro effettivo funzionamento — si è aperta una nuova fase del dibattito sulla giustizia amministrativa, ritornando così ad uno dei temi più classici e più emblematici tra quanti accompagnarono la fondazione delle essenziali istituzioni dello Stato italiano. L'attività dei nuovi Tribunali amministrativi deve considerarsi oggi ancora agli inizi, essendo essi in funzione solo dal 1974. Attualmente può considerarsi superata la fase di avvio, e, anche se i T.A.R. sono stati occupati soprattutto in grossi problemi di carattere organizzativ.0, si può tentare ugualmente una prima lettura dei dati disponibili per arrivare, se •non ad un bilancio, almeno a delle previsioni su qualche aspetto particolare dei complesso problema. Sembra indispensabile però, prima di esaminare se, come e quanto potranno i T.A.R. incidere sulla natura e il funzionamento della giustizia amministrativa, per come l'abbiamo conosciuta sinora nell'esperienza del Consiglio •di Stato, ri-
chiamare rapidissimamente alcuni momenti di questa esperienza. Sappiamo tutti che questa giustizia è stata costantemente indicata dagli studiosi come un enigma e un dramma dell'or•dinamento giuridico, attribuendole qualifiche certamente tra le più icastiche e sorprendenti. Vi è chi ha detto che la legislazione suilla giustizia amministrativa « non è molto di più di una commedia degli equivoci », che è assurdo parlare di riforma dei sistema di giustizia amministrativa poiché « qui non v'è nulla da modificare, vi è solo da cambiare in radice »; altri ha chiamato la giurisdizione esclusiva « un mistero e un aborto insieme »; vi è chi ha parlato di « assillanti rompicapo» per divinare i casi in cui è possibile adire la giurisdizione amministrativa; vi è chi ha definito il criterio di riparto delle giurisdizioni «Un punto critico talmente inviluppato da compromettere in radice l'efficienza del preteso sistema », il quale sistema a sua volta, è incompatibile tanto con i più fondamentali principi costituzionali (fegalità, autonomia, pluralismo) quanto con le più elementari esigenze del regime democratico I.
Si vedano, testualmente: GIANNINI M. S. - PIRAs A., Voce Giurisdizione Amministrativa, Enciclopedia del Diritto, Milano, Giuffrè, 1970, p. 293 e 294: « un fa'lso problema, dunque,
quello che alcuni prospettano di una riforma del 'sistema' di giustizia amministrativa in Italia. Qui non v'è nulla da modificare. Vi è solo da cambiare in radice » ( ... ) « Come si è potuto vedere, lo svolgimento della legislazione che ha portato allo stato attuale, non è molto di più di una commedia degli equivoci: i disegni del legislatore si sono realizzati sempre in modo diverso lal previsto... in NIGR0 M., Problemi veri e falsi della giustizia amministrativa dopo la legge sui Tribunali Regionali, in Studi in onore di Giuseppe Chiarlli, I!, Milano, Giuffrè, 1974, p. 1509: « Il nsultato è che, ancora a distanza di cinquant'anni da quella riforma, la giurisdizione esclusiva è... insieme un mistero e un aborto »; IEM0L0 A.C., Il Giudice dei diritti e il giudice degli interessi, in « Arch. Giur. », 1961, vol. 30", p. 22: ,, L'assillo di trovare il criterio distintivo tra il •diritto e l'interesse, di sapere quando adire il giudice dei diritti o quello degli interessi, la generazione di Betti e mia l'ha ricevuta in eredità da quella dei nostri maestri: e lo trasmette, sostanzialmente immutato, a quella degli allievi. Non mi stupirei che tra una generazione il discorso venisse ancora ripetuto »; SANDULLI A. M., I Tribunali Amministrativi Regionali, Napoli, Jovene, 1972, p. 21: « Il riparto delle giurisdizioni costituisce peraltro il punto nodale del 'sistema' italiano di giustizia amministrativa, ed è un punto critico talmente inviluppato da compromettere in radice l'efficienza del preteso sistema » ( ... ) « Orbene, fin quando questo stato di cose durerà, non potrà dirsi che i principi costituzionali di pluralismo, di autonomia e di legalità abbiano
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17 In realtà, questa « drammatizzazione » e questi cc rompicapo» nella nostra giustizia amministrativa esistono effettivamente, e. si può anche dire che la dottrina più consapevole ha ormai dato definitivamente conto delle ragioni che hanno determinato una tale situazione dail pun-. to di vista giuridico, né pertanto è il caso di tornare in questa sede su certi problemi 2• Ciò che invece è opportuno sottolineare ancora, è il fatto che, da un lato, •tutte queste abnormità giuridiche sono intimamente connesse con una contraddizione di fondo dello stato borghese e, da un altro lato, che queste abnormità il Consiglio di Stato (soprattutto, ma anche la Corte di Cassazione) ha saputo trasformare sempre in « strumento di dominio » della classe dominante, rispondendo con grande efficacia alle esigenze di rafforzamento dello stato liberale. Questi due aspetti che l'esperienza storica ci pone dinanzi - la inevitabilità di certi 'vuoti' giuridici in un certo tipo di stato e l'uso politico di questi vuoti in chiave di 'giustizia' (amministrativa in particolare) - sono momenti di analisi tuttora indispensabili per interpretare la
situazione attuale e futura della giustizia amministrativa. IL DRAMMA DELLA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA: IL PROBLEMA DI FONDO. Tra le tante 'frasi polemiche e sconcertanti indirizzate alla giustizia amministrativa, la più famosa è certo quella del De Broglie: « Che cosa è la giustizia amministrativa? Secondo diritto e ragione, esiste una giustizia amministrativa? Non sono queste espressioni discordanti, eretiche o almeno male accoppiate? a. Il De Broglie però, rappresentante della scuola liberale più intransigente, non era evidentemente troppo consapevole del ruolo che l'astrattezza giuocava negli schemi da. lui prediletti in materia politica e di ordinamento giuridico dello Stato 3; egli avrebbe altrimenti compreso senza troppo scandalo che certe 'discordanze' e certe 'eresie' erano solo frutto dell'incontro di certe astrazion.i con la realtà e proprio per questo costituivano il classico elemento distintivo delle istituzioni di quello stato borghese da lui auspicato, che pone a suo presupposto e fondamento una autentica e nota
avuto la loro piena espansione ». ( ... ) « Una giustizia amministrativa la quale non faccia più largo spazio all'azione popolare, in favore de gli interessi comunitari o non si avvalga, in vista della tutela in giudizio degli interessi comunitari, di analoghi strumenti.., lascia inappagate elementari • esigenze del regime democratico ». 2 Ci sembra meritino di essere riportati per interi alcuni passi di Nigro, di particolare chiarezza: « La particolarità consiste soprattutto in ciò che, per le vicende che hanno portato alla sua istituzione, la giurisdizione amministrativa è venuta fuori in Italia più pura che altrove; anzi, si può dire, nella forma più pura ed esclusiva che si possa immaginare: come controllo, a finalità obbiettive e con struttura esclusivamente cassatoria, della legalità dell'at to amministrativo considerato nella sua natura essenziale di esercizio di un potere sovrano non correlato ad un diritto del soggetto privato, ma incidente unilateralmente in esso » e « affiancando alla zona giudizialmente tutelata del diritto soggettivo, la zona incontrollata dell'interesse, il legislatore del 1865... creò uno dei più grossi .rompicapo della teoria generale del diritto (la definizione dell'interesse legittimo) . . . partorì la lunga serie di problemi, che la distinzione delle due zone tuttora comporta; e gettò il germe di quella "dram, matizzazione" che i problemi della giustizia amministrativa hanno attinto nella nostra dottrina e nella nostra esperienza . .. » (Silvio Spaventa e la giustizia amministrativa come: problema politico, «in Riv. Trim. Dir. Pubbl. », 1970, p. 741, 743-44). Si ricordino, ad esempio, ciascuno dalla propria tematica: BENVENUTI F., voce Giustizia amministrativa, Enciclopedia del Diritto, Milano, Giuffrè, 1970, p. 590: « Razionalmente, poiché la volontà dello Stato non è che la volontà dei cittadini, l'interesse privato è salvaguardato nell'interesse generale che si esprime mediante le leggi ( ... ). 2 fuori dubbio che queste idee di fon do, costituenti il telaio filosofico della Rivoluzione francese e delle costituzioni che ne sono seguite, abbiano dominato culturalmente la legislazione unificatrice italiana in tema di pubblica amministrazione e di giustizia amministrativa a. HORKHEIMER M., Eclisse della Ragione, Torino, Einaudi, 1969, p. 21: « L'individuo borghese non credeva necessariamente all'esistenza di un antagonismo tra lui e la collettività ma si credeva, o
18 finzione: l'unità dei « diversi Stati nello Stato », operando <da trasformazione delle classi politiche in civili » Certo, la giustizia amministrativa è caso particolarmente flagrante e vistoso (fin nella denominazione, appunto), ma tanta esemplarietà ha ragioni precise e profonde: questa giustizia riveste una posizione essenziale nello stato liberale; essa e l'atto amministrativo sono, insieme con la legge, l'arco di volta dello stato di diritto 5, e quindi anche il luogo di compendio delle finzioni e delle contraddizioni che, esso genera quando postula unità ed omogeneità sociali inesistenti 6• Il De Broglie dunque lanciava quell'invettiva contro la giustizia amministrativa non a torto, non coglieva però quanto di fatale vi fosse nelle 'discordanze' da, lui denunciate per uno stato che all'effettivo dominio di un'oligarchia accompagnava democratiche proclamazioni di uguaglianza di tutti i cittadini. L'eresia che egli intendeva bo<llare nella giustizia amministrativa, in verità, avrebbe potuto riscontrarla in tutte le istituzioni « democratiche » borghesi, e ben si potrebbe parafrasare il suo anatema dicendo: <c Che cos'è la democrazia borghese? Secondo diritto e ragione esiste
una democrazia borghese? Non sono queste espressioni discordanti, eretiche o almeno male accoppiate? ». Per convincersi di questa profonda inconciliabilità i tentativi per mascherarè la quale, tanto numerosi quanto perniciosi, devono sempre essere ricercati e identificati basta dei resto far riferimento a quella istituzione cardine 'della democrazia borghese che è il Pardamento. Anche per esso, infatti, chi ha approfondito l'analisi ha dovuto usare espressioni non molto dissimili da quelle sconcertanti prima richiamate, a proposito della giustizia amministrativa: «Non è so! tanto che i parlamentari non si rendano conto 'del ruolo che dovrebbero espletare, o che in parte, di fatto espietano. che quale sia e 'debba essere questo ruolo non io sa bene nessuno ( ... ) non dico che siamo ancora a Montesquieu, ma certo non diamo gran mostra di aver afferrato che quello che abbiamo sottomano è un altro sistema; non il sistema che stiamo a tutt'oggi teorizzando, ma un sistema in gran parte da teorizzare » 7. E, invero, chi bene ha colto certi problemi della giustizia amministrativa, altrettanto bene ha potuto cogliere certi a-
era convinto a credersi, membro di una società che poteva raggiungere il più alto grado di armonia solo attraverso la libera competizione di interessi individuali ». MARX K., Glosse alla Filosofia del diritto di Hegel, in Opere Filosofiche giovanili, Roma 1950, P. 110 ss. cui si collega l'altra nota affermazione « Dalle une esige che non avanzino dall'emancipazione politica alla emancipazione sociale, dall'altra che non retrocedano dalla restaurazione sociale alla restaurazione politica'» (Le lotte di classe in Francia, in MAPx-ENGELS, 11 1848 in Germania e in Francia, Roma, Editori Riuniti, 1946, p. 177). Così M. NIGRO (in 'Silvio Spaventa...', op. cit, p. 737-738) il quale ricorda anche la feli: cissima espressione del Sandevoir: «il liberalismo politico ha prodotto due capolavori i quali sono entrambi non il prodotto elaborato di una costruzione a priori, ma il compimento naturale e felice di una particolare evoluzione storica: il parlamentarismo in Gran Bretagna e la giustizia amministrativa in Francia ». 6 Sulla esistenza, natura e portata di queste 'contraddizioni' non è certo il caso di soffermarsi in questa sede. Esiste ormai una vastissima letteratura a riguardo, prevalentemente di scuola marxista, ma non solo. Riferimento d'obbligo per questo tema è la celeberrima frase di Marx: « La contraddizione che investe tutta questa Costituzione sta nel fatto che le classi la cui schiavitù sociale essa deve eternare... sono messe mediante il suffragio univerale nel possesso del potere politico, mentre 'alla classe il cui vecchio potere sociale essa sanziona, alla borghesia, sottrae le garanzie politiche di iuesto potere » (Le lotte dt classe in Francia, in MARX-ENGELS, 11 1948 in Germania e in Francia, cit., p. 177). Si possono vedere, comunque, COLLETTI L., Ideologie e Società, Bari, 1969, p. 143 ss. e AGNOLI J., La trasformazione della democrazia, Milano, 1969, p. 7 Ss., nonché il recentissimo e stimolantissimo La forma Stato. Per la critica dell'economia politica della Costituzione di A. 'NEGRI, Milano, Feltrinelli, 1977. Così, ad esempio, SARTORI G., Dove va il Parlamento? in Il Parlamento Italiano, Napoli, 1963, p. 350-51. Non si pretende certo di liquidare il parlamentarismo, qui e con una frase. In questa sede, però, data l'eloquenza delle espressioni e il •ben poco sospetto che può suscitare l'autore, la citazione sembra sufficiente allo scopo.
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19 spetti del pariamentarismo: « t uno dei più grossi equivoci della scienza delle costituzioni, ed è difficile capacitarsi come tanti illustri giuristi vi siano incorsi, quello di associare il sistema parlamentare alla democrazia, come reciprocamente implicati e condizionati. Storicamente il sistema parlamentare si presenta invece associato - e volutamente non diciamo né implicato né condizionato - con le strutture oligarchiche. Ed anzi si può constatare che esso tanto più è andato declinando, quanto più le strutture oligarchiche evolvevano in democratiche » 8 L'esperienza storica della giustizia amministrativa è, dunque, vicenda -assolutamente esemplare dello stato borghese di diritto. Tutti gli abnormi epiteti di volta in volta indirizzatile (equivoco, aborto, rompicapo, eresia) mostrano semplicemente, ed efficacemente, che sono stati di volta in volta riscontrati in essa i riflessi della contraddizione di fondo dello stato borghese, la cui insanabilità impedisce agli istituti più essenziali dell'ordinamento (e quindi più intimamente connessi a tale contraddizione) di realizzare la configurazione perfetta (e astratta) del model10 istituzionale 9. Anche in tutta questa serie di fondamentali antinàmie, la giustizia amministrativa sembra dare pertanto ragione a chi
ribadisce l'essenzialità di essa come momento di completamento dello stato liberai borghese 10; ma, come, abbiamo già detto, la vicenda storica della giustizia amministrativa è da considerarsi esemplare anche da un altro punto di vista. L'organo giurisdizionale infatti che è stato iii protagonista di questa vicenda ha sviluppato un'esperienza istituzionale del tutto particolare, coerente con la sua posizione di preminenza nell'ordinamento e con la originaria natura conservatrice della sua funzione. Il diritto vigente fu usato in modo tanto raffinato quanto spregiudicato, giungendo a creare tutte le norme essenziali di diritto amministrativo, piegandole e modificandole quando oocorresse, svolgendo in tal modo un eccezionale ruolo politico come supporto del dominio della borghesia, contro le istanze •di evoluzione democratica del quadro istituzionale H. Questi « giudici », invero, si sono inventate le norme sostanziali generali del diritto amministrativo, hanno deciso quale dovesse essere la nozione di interesse legittimo, hanno deciso che il provvedimento invalido dovesse avere la stessa efficacia di quello valido, hanno invocato a sproposito principi generali dell'ordinairnento (ad esempio il principio della divisione dei poteri), hanno ignorato il
Così GIANNINI M. S. nell'Introduzione a Il regime parlamentare di Burdeau, Milano, 1950, p. XVII. Dello stesso autore si veda anche la diffusa Presentazione all'edizione italiana di Administrative Law, di H. W. R. Wade (Diritto amministrativo inglese), Milano, Giuffrè, 1969. Per chi nutrisse dubbi sulla va1idità di certe affermazioni, possiamo rinviare anche, tra la più recente produzione, a: PREDInu A. (a cura di), Il Parlamento nel sistema politico italiano, Milano, Comunità, 1975; LIBERTINI L., Quale Parlamento?, Torino, Einaudi-NP, 1977; THERBORN G., The Rule o! Capital and the Rise of Democracy, in « New Left Review », May-June 1977, p. 3 ss. E non altro che riflessi •specifici (giuridici) della basilare contraddizione politica appaiono tutte 'le nozioni-rompicapo che caratterizzano la giustizia amministrativa: l'interesse legittimo, la giurisdizione unica sèmpre proclamata e sempre violata, la prevista-imprevista imperatività del provvedimento, la creazione di un giudice che non è giudice, e via dicendo. '° Così M. NIGR0 in 'Silvio Spaventa...', op. cit, p. 737. In precedenza, a proposito dello Stato dell'ottocento, aveva detto anche: « Perché questo fosse il regime ideale per la borghesia in via di crescente e orgogliosa affermazione, è noto. Il costituzionalismo le assicurava il controllo politico superiore dello Stato e la libertà di sviluppare i propri commerci; il regime amministrativo offriva la garanzia di uno Stato forte e ordinato' (p. 732). Ininterrottamente: dalla funzione di contrasto ai partiti politici cui tendeva Silvio SpaIl venta alle odierne decisioni classiste in materia di edilizia e urbanistica, tanto per esemplificare! (Si vedano, se si vuole, le denunce su questi punti in CHIODI G. M., La giustizia amministrativa nel pensiero politico di Silvio Spaventa, Milano, 1969, p. 54, e GIANNINI M. S., Relazione al Convegno su 'L'intervento pubblico nei centri storici'. (Venezia 11-12 maggio 1973, in Atti del medesimo, Bologna, 1973 p. 139).
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20 contenuto delle riforme legislative e persino le concezioni teoriche dalle quali esse scaturivano, e, da ultimo, hanno ignorato anche la Costituzione (sia pure con il conforto poi della Corte Costituzionale) esercitando la funzione giurisdizionale con magistrati 'imparziali '... di nomina governativa 12• Le ragioni di tutto ciò essendo palesemente di natura politica (e di carattere illiberale) 13, deve considerarsi con preoccupazione che esiste ormai nel campo della giustizia amministrativa una solida tradizione di invenzione del diritto (elegantemente chiamata 'giurisprudenza pretoria') cioè - sostanzialmente, giuridicamente e politicamente - una prassi di violazione del diritto ad usum delphini 14• Ci sembra sia emerso con sufficiente evidenza, nel quadro delineato pur con molta rapidità, come l'esperienza storica della giustizia amministrativa e del Consiglio di Stato confermi che lo Stato di diritto e i suoi sommi principi siano 12
solo un mito che trova nella realtà ben pochi elementi di riscontro. Da un altro lato è emerso anche quale sia l'effettivo ruolo di certe istituzioni quando si passi dai miti alla prassi politica: mascherare la contraddizione e l'incompatibilità esistenti tra le enunciazioni formali e la loro attuazione pratica 15, fornire supporto alle esigenze delila classe dominante mediante frequenti interventi concreti e con un'opera costante di elaborazione ideologica, tessendo i nessi esplicativi e le « motivazioni' di cui abbisognano i detentori del potere 16 I TRIBUNALI AMMINISTRATIVI REGIONALI
Tutto quanto detto sinora dovrebbe valere, oltre che come indispensabile premessa, anche come spiegazione dell'aver preferito certe linee direttrici ad altre per iniziare un'analisi dell'attività dei T.A.R. e dei problemi della giustizia amministrativa.
Su tutto ciò, eloquentemente, si veda GIANNINI M. S., Discorso generale sulla giustizia amministrativa, in « Riv. Dir. Proc. », 1963, •p. 525-536-545. Sui componenti di nomina governativa del Consiglio di Stato v. l'ordinanza dello stesso Sez. VI, 34.1973. Sul tema generale v. anche ScIAI0JA V., Come il Consiglio di Stato divenne organo giurisdizionale, in « Riv. Dir. Pubbi. », 1931, I, p. 407. 13 « Le ragioni per cui è stata fatta questa scelta (equiparazione del provvedimento invalido a quello valido) sono tutte e solo metagiuridiche, e sono quelle stesse per cui (la Cassazione) ha riconosciuto valide ed efficaci una serie di norme che la Corte Costituzionale adita da pretori ha una ad una dichiarato costituzionalmente illegittime » (GIANNINI M. S, Discorso generale.. op. cit., p. 545). E ancora: « Il principio della divisione dei poteri è qui invocato a sproposito (...) la realtà è molto più semplice: quando fu emanata la legge del 1865 il legislatore temeva l'attività del giudice - evidentemente mal prevedendo il futuro - e volle conservare alla P.A. una serie di privilegi: uno dei privilegi che esso volle conservare fu appunto quello di vietare al giudice di fare ciò• che fanno i giudici quando viene loro domandato di accertare che un certo atto è invalido: annullarlo. ( ... ) La pudicizia nazionale coprì questa spiacevole rea'ltà con la foglia di fico della divisione dei poteri » (GIANNINI M. 5., La Giustizia amministrativa, Roma, Jandi Sapi, 1966, pp. 99-100). " Mentre infatti ci si preoccupava di invocare i sacri principi dell'ordinamento ad uso 'foglia di fico', nessuno era preoccupato del fatto che per creare le leggi esisteva appunto un potere legislativo! Il Il termine « mascheramento » è qui usato, ovviamente, in senso tecnico, come lo ha proposto ad esempio Duverger (cfr. Introduzione alla politica, Bari, Laterza, 1966, p. 173 ss). 16 Non sembra fuor di tema ricordare, a conolusione, come proprio nello stato amministrativo anche 'le istanze di maggiore apertura dellostato liberale hanno trovato i più forti ostacoli. Su questo punto ha richiamato l'attenzione ancora di recente Bobbio: «Quello che noi per brevità chiamiamo Stato 'rappresentativo ha sempre dovuto fare i conti con lo Stato amministrativo, che è uno Stato che ubbidisce ad una logica di potere completamente diversa, discendente non ascendente, segreto non pubblico, gerarchizzato non autonomo, tendente all'immobilità non dinamico, conservatore non innovatore, ecc. La sottomissione del secondo al primo non è mai riuscita del tutto. Una volta si parlava dei difficili rapporti fra politica e amministrazione. Oggi, con una formula ad effetto, si parla di corpi separati. Ma la verità è che i corpi separati non sono mai 'stati uniti » (in Quali alternative alla democrazia rappresentativa?, ora in « Quaderni di Mondoperaio », nuova serie, 1976, n. 4, p. 36).
21 È appunto in ragione di quanto si è esposto che appare di grande importanza valutare se debba ritenersi attualmente in corso una prosecuzione dell'esperienza storica accennata oppure no (e ciò sia nel senso che il Consiglio di Stato possa e voglia tuttora protrarre quell'esperienza, sia che i T.A.R. intendano assimilarla e proseguinia o, invece, contestarla). L'esigenza di una tale verifica risulta tanto più viva in quanto continua a sopravvivere tutto un insieme di antiche caratteristiche negative della giurisdizione amministrativa che marcano pesantemente anche la fisionomia di quella attuale (riparto delle giurisdizioni in base alla distinzione tra interesse legittimo e diritto, mancanza di azione popolare a tutela di interessi 'non personali', limitato sindacato 'nel merito' dell'azione amministrativa, giudizio sull'atto e non sul comportamento, •per ricordare solo le principali). A queste caratteristiche si devono aggiungere le altre, parimenti antiche e negative, che riguardano più direttamente i giudici e che pesano oggi sulla giustizia amministrata dai T.A.R., se non altro per il fatto che la presidenza di questi Tribunali è affidata dalla legge a magistrati tratti dal corpo del Consiglio di Stato. Tra queste 'discutibili caratteristiche abbiamo già ricordato l'elezione per nomina governativa, e basterà ora richiamare il conferimento di « incarichi esiterni » (che significano spesso commistioni o gestione di straordinario potere politico o economico-amiministrativo), sul quale problema, molto opportunamente, si continua a richiamare l'attenzione anche dell'opinione pubblica 11 In secondo luogo, compito della nostra analisi è stato quello di esaminare le ragioni che rendono oggi (o ancora oggi) la giustizia amministrativa così indeterminata nei suoi contenuti e nel suo funzionamento, così suscettibile di sviluppi nuovi e profondi che coinvolgerebbero
anche quegli elementi di essa considerati più tipici ed essenziali. In verità, così dicendo, intendiamo n'fe•rirci prevalentemente alla impostazione dell'analisi più che al suo effettivo sviiu.ppo, che si è reso possibile solo in misura molto ridotta a causa della insufficiente disponibilità di dati, inevitabile in questa fase iniziale. L'attività dei T.A.R. si è infatti realmente avviata solo nel 1974 e i dati resi noti con una certa completezza riguardano i primi due anni, mentre per iii 1976 e il 1977 le registrazioni e i catalogamenti non sono ancora ultimati. Per alcuni aspetti di. massima importanza di questa attività giurisdizionale (ad esempio l'atteggiamento in sede di appello del Consiglio di Stato) i dati mancano quasi del tutto. Inoltre, a parte queste carenze quantitative, deve osservarsi che l'attività di questi anni è per certi aspetti meno significativa essendo stata spesa soprattutto per risolvere le difficoltà dell'organizzazione iniziale e tutti i problemi pratici connessi, sottraendo energie ad un impegno più qualificato del punto di vista ideologico. A questa considerazione deve aggiungersene anche un'altra, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di interpretare certi ruoli e certi compiti spesso demandati, in passato, ai giudici amministrativi. Negli ultimi anni, politicamente assai difficili e densi di impellenti problemi in altri settori giudiziari, si è notata una certa discrezione da parte dei poteri politici neJ.le vicende della giustizia amministrativa. Ciò è dovuto, forse, anche al fatto che i problemi dei classici settori di cui si occupa la giustizia amministrativa si discutono oggi con maggior impegno ad altri tavoli (si pensi all'urbanistica, alla soppressione degli enti pubblici, al trasferimento di competenze alle regioni e via dicendo). Questa situazione 'ha certamente reso meno necessarie, pressioni e « indicazioni »
Il Per un primo approccio con' l'argomento si può vedere il recente saggio (e la bibliografia e i dati in esso riportati) di STORCFU G. P., Materiali per un'analisi del ruolo politico del Consiglio di Stato. Gli « incarichi esterni » dei magistrati amministrativi, in « Riv. T.rim. Dir. Pubbl. », 1977, p. 536 ss. '
22 ai giudici amministrativi, rendendo loro ancora più agevole quell'assenza da certe battaglie e da certi pronunciamenti, che in buona misura era già causata dai problemi pratici accennati. Alcune osservazioni concrete sono tuttavia possibili fin da ora e non è il caso di tralasciarle. Per quanto riguarda, ad esempio, i rapporti tra Consiglio di Stato e i T.A.R., si possono rilevare più sintomi di una tendenza a vedere il primo in funzione di contrasto con l'autonomia dei Tribunali. Tale va ritenuta, ad esempio, secondo noi, la criticabile (e, per fortuna, criticatissima) iniziativa del Governo che ha dato incarico al Consiglio di Stato di predisporre uo disegno di legge per la disciplina del processo amministrativo 18 Non privo di significato appare anche il fatto che in sede di appello il Consiglio di Stato ha annullato circa il 50% delle decisioni dei T.A.R. sulle quali ha provveduto. .Su questo punto però vi è particolare carenza di dati a causa, evidentemente, dell'intervallo di tempo intercorrente tra le decisioni di, primo e di secondo grado (basti considerare, per fare un esempio, che dagli ultimi dati pubblicati sulle pronunce in. appello - maggio 1977 - risultano, relativamente al T.A.R. del Lazio, pronunciate in tutto 61 decisioni in secondo grado contro le 1951 decisioni emesse da questo T.A.R. nel solo 1975 e contro i 6.300 ricorsi da esso acquisiti nel solo primo anno di attività!). Si può comunque osservare, almeno in generale, che una forte percentuale di accoglimento di appelli diviene incentivo a.
•contestare le decisioni (e i giudici) •di primo grado (oltre ad essere classico strumento di pressione nei confrooti dei giudici « subordinati ») e potrebbe, in futuro, attenuare il valore di uno dei dati oggi più positivi nel bilancio, e cioè, il fatto che vengòno appellate solo un 10% scarso delle decisioni dei T.A.R.. Su questo aspetto, comunque, ripetiamo che bisogna attendere dati significativi prima di pronunciarsi. Un altro dato, di recente acquisizione, che non sembra trascurabile è la decisione.del Consiglio di Stato (cfr. « Foro Lt. », maggio 1977, III, p. 233) secondo la quale sono appellabili anche le ordinanze di sospensione dei T.A.R.; ciò contrariamente a tutte le precedenti pronunce in argomento del Consiglio di Stato stesso, oltre che contro l'opinione della migliore dottrina. Questo mutamento di rotta non può essere privo di significato e •desta qualche preoccupazione perché, da un lato, come è noto ed intuibile, proprio in questo potere di sospensione è consistito uno dei maggiori strumenti di espressione del potere giurisdizionale dei T.A.R.; da un altro lato è preoccupante anche perché produce una inevitabile anticipazione di giudizio da parte di chi è giudice dell'appello, e quindi si risolve anche in una « pressione)> su •chi dovrà giudicare in primo grado. Questo problema è degno di attenzione anche perché è rilevante dal punto di vista quantitativo, come dimostrano alcune recenti valutazioni che indicano, ad esempio per il 1975, le ordinanze di sospensione dei provvedimenti impugnati pari a circa il 5 1 % delle decisioni 19
In un convegno recentemente promosso dall'IsGa (4 ottobre 1976) le critiche a questa iniziativa sono state durissime, il Prof. Nigro l'ha giudicata « scorretta politicamente, oltre che tecnicamente incongrua (politicamente scorretta soprattutto perché, evidentemente, alla base di una decisione che ha portato il Governo ad incaricare il Consiglio di Stato c'è un'idea sbagliata e pericolosamente arretrata: l'idea che un simile atto normativo, una legge dell'ordinamento del processo amministrativo, sia una legge amministrativa, anzi un regolamento di amministrazione e, tale essendo, possa la redazione esserne affidata ad un organo amministrativo, •per quanto elevatissimo, dello Stato, operante in segreto raccoglimento) ». Gli atti di codesto convegno sono in corso di stampa a cura del'l'IsGe. Da essi può rilevarsi che è stata presa poi la iniziativa di formare commissioni composte anche da magistrati dei T.A.R. avvocati e studiosi per predisporre un testo alternativo a quello in corso di preparazione da parte dei Consiglieri di Stato (manifestando così, concretamente, il proprio dissenso sull'iniziativa del Governo). ° Per i dati qui riportati cfr. TALICE C, Analisi dell'attività dei Tribunali amministrativi regionali nel 1975, in « I Tribunali Amm. Reg. », 1976, n. 4, Il, p. 128; per il 1974, dello stesso autore,, ibidem
23 Tutti questi elementi, che vanno apprezzati anche in relazione alla 'delicatezza' di questa fase iniziale, meritano di non essere sottovalutati, soprattutto dai magistrati di primo grado, perché, come è stato giustamente osservato, i T.A.R. devono saper riconoscere quanto prima il loro ruolo in termini •di «politica giurisprudenziale » ed essere consapevoli dei vari aspetti di essa tra i quali anche la possibilità di operare '<c nel senso che i giudici di primo grado obbli.gheranrio quelli di secondo grado ad 'uscire allo scoperto', vale a dire a prendere una precisa posizione in ordine alla valutazione degli interessi in gioco nel processo amministrativo ed alle soluzioni di giustizia di volta in volta adottate per il loro bilanciamento » 20 La giustizia amministrativa oggi però, insieme ai tanti sintomi analoghi a quelli che andiamo esponendo, prospetta anche problemi davvero fondamentali qualitativamente. Da un certo punto di vista cioè - anziché recare i miglioramenti e il •maggior assestamertto che molti presagivano - la legge sui T.A.R. ha rivelato esigenze e aperto problematiche e dibattiti tali da far prevedere profonde trasformazioni o addirittura autentici sconvolgimenti 21. In particolare si sta constatando che il funzionamento della giustizia ammini-
strativa è condizionato da alcuni elementi che rendono le caratteristiche e la funzione di questa giustizia poco chiare e paco sicure, oggi e nel futuro ancor più. Tra gli elementi che principalmente contribuiscono a determinare questa realtà. si devono indicare senz'altro, da un lato il collegamento dei T.A.R. alle vicende del-. l'ordinamento regionale e, da un altrc> lato, la natura e la struttura del pro-. cesso amministrativo stesso. In quanto al collegamento tra T.A.R. e Regioni, è argomento che non può certo essere trattato in questa sede e ci limitiamo 'a ricordare che esso trova de premesse più autentiche, negli stessi principi. costituzionali. L'esistenza di questo collegamento, certamente complesso e pro-. blematico, è del resto acquisita fino al punto che il P.C.I., ad esempio, ha sostenuto in Parlamento la tesi (contrastan.te •con quella della Corte Costituzionale che è stata poi recepita nella iegge) secondo , la quale la regione avrebbe dovuto partecipare alla formazione dei Tribunali amministrativi o essere rappresentata in essi22 .
La .realtà .più concreta e quotidiana rivela poi tutto un contesto di riferimenti e riscontri tra l'attività giurisdizionale dei. T.A.R. e quella amministrativa delle regio. ni, evidenziando intense correlazioni tra le due attività, de due competenze e i.
1975, nn. 5-6, Il, .p. 131. Per il numero e gli esiti delle decisioni in appello cfr. « I Trib. Amm. Reg. o,. 1977, n. I. Così GESSA C., Riflessioni in tema di amministrazione e giurisdizione amministrativa: a proposito. dei Tribunzli Amministrativi Regionali, 1975, 2, lI, p. 47. L'autore accenna qui anche al pericolo' di chiusura e alla potenziale elusione di responsabilità che erano insiti nel funzionamento del Consiglio di Stato precedentemente alla istituzione dei T.A.R.. Per alcune considerazioni sul funzionamento «politico » del Consiglio cli Stato si può vedere, da ultimo, anche CASSESE S., La formazione dello Stato Amministrativo, Milano, Giuffrè, 1974, p. 384 e ss. 2! Sempre che la più realistica previsione non sia invece la paralisi degli uffici giudiziari,, che si comincia ora a teme.re anche per i T.A.R.! Meritano cli essere ricordate le parole del Presidente Battara (del T.A.R. del Lazio, al già citato Convegnoisce): « i T.A.R. per ora non sono franati ma sono' certamente alluvionati da una massa di ricorsi che ormai ne rende problematica la funzionalità. Basti dire che il solo tribunale regionale del Lazio ha accumulato poco più o poco meno di 12.000. ricorsi •da decidere» (p. 24 bozza di stampa). Cfr., in particolare, gli interventi dei Senn. Tropeano e Perna alla Seduta del 28 ottobre 1971.. Si può vedere anche DAVOLI D., Per un nuovo sistema di giustizia amministrativa, iii « Critica Marxista », 1970, n. 3, p. 107 Ss. Cfr. a.nche, specificamente, GESSA C. op. cit. p. 42. Vedi Bwrx G., Commentario della Costituzione artt. 1-12, a cura di G. Branca, p. 277: o non a caso le regioni a statuto ordinario prendono l'avvio, Sia pure secondo schemi di fedeltà all'amministrazione unitaria, solo nel 1970, quando è risultato palese che la struttura unitaria dello Stato non aveva sufficiente capienza e quindi capacità di resistenza alla affluenza della società verso l'autogoverno o. Ragioni analoghe sono state spesso avvertite anche per il 'decentramento' della giustizia e il passaggio daI Consiglio dE Stato 'ai Tribunali regionali. . 20
24 principi che le regolano. È noto ad esempio, che il primato della iitigiosità innanzi ai T.A.R. spetta alla materia dell'edilizia ed urbanistica, mostrando che questo è un settore chiaramente mal disciplinato e peggio amministrato; orbene, mentre i giudici cercano di affrontare questa insostenibile situazione, le regioni stanno lottando per vedersi attribuire i poteri loro spettanti appunto in materia di edilizia ed urbanistica, per iniziare la nuova amministrazione in questo settore con l'applicazione di nuove norme e nuovi criteri, alla creazione e al consolidamento dei quali dovranno contribuire anche i T.A.R. 23 Oggi tuttavia, data la ricchezza di contenuti e di incognite tipiche del realizzarsi dell'ordinamento regionale, non si può fare molto di più che prendere consapevolezza di questa dinamica in atto cercando di seguirne gli sviluppi e coglierne le implicazioni. Il processo sarà di vastissime •proporzioni e non potrà non interessare profondamente anche la giustizia amministrativa, tanto più che si va sempre allargando la convinzione che i principi costituzionali relativi alle autonomie locali debbano essere <cnorma guida per la lettura di tutta la Costituzione » 24, cioè, in pratica, per una rifondazione dell'organizzazione statale. Discorso analogo si sta prospettando all'interno del processo amministrativo stesso, ciò che ci riguarda più da vicino poiché le conseguenze sulla giustizia amministrativa sarebbero più rapide e più dirette.
È stato osservato che, pur non potendosi affermare che il processo amministrativo oggi conduca ad un giudizio sul rapporto instaurato con l'Amministrazione, tuttavia esistono nella legge stessa sui T.A.R. elementi testuali per dire che già non siamo più al puro processo all'atto e che si sta effettivamente andando verso un giudizio sul rapporto. In particolare, sia l'art. 5 della legge 1034/71 trattando di « atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione », sia l'àrt. 26 autorizzando il giudice ad un'estensione di sindacato nel merito (tranne il solo caso di annullamento per vizio di incompetenza) sembrano validi supporti legislativi per una interpretazione di questo tipo. Questa apertura ad interpretazioni anche radicali che offre la normativa si ritiene (e si auspica) che possa essere ulteriormente allargata dalla giurisprudenza, che potrebbe anzi far completare l'iter avviatosi giungendo a un tipo di processo amministrativo (e di giustizia) opposto a quello tradizionale. Si è affermato testualmente: «La mia grossa speranza è proprio che, come il Consiglio di Stato ha attivamente e decisamente cooperato alla creazione del diritto amministrativo basato sull'atto amministrativo, dagli sforzi di una giurisprudenza più aperta, che si sviluppi in ambienti giudiziari più collegati con i modi della cultura civilistica e con le esigenze di società locali, possa svilupparsi un diritto amministrativo basato sul rapporto » 25, A questo punto, le osservazio-
In tema di nodi politico-giuridici e sul ruolo del giudice amministrativo vedi ed esempio l'attenta rassegna critica sulla giurisprudenza del Consiglio di Stato di Losizio M. A., Urbanisticz e giudice amministrativo, Milano, Giuffrè, 1976. 14 Così BERTI G., in Commentario della Costituzione a cura di G. Branca, artt. 1-12, p. 277, il quale, a proposito dell'art. 5 Cost., prosegue con queste parole: « esso è stato letto invece prevalentemente attraverso la lente, e storica e giuridica, delle autonomie locali intese in senso tradizionale, con conseguente mortificazione della carica davvero rivoluzionaria che il testo normativo celava nelle sue espressioni peraltro insolite rispetto al modo tradizionale di esprimere norme per gli istituti pubblicistici ». Va detto per completezza, che Berti continua così la migliore interpretazione giuspubblicistica, sulla linea di Esposito, Giannini, Crisafuii. Un altro aspetto di im.prevedibilità è da coliegarsi anche all'atteggiamento antiregionalista tradizionale del Potere centrale, che troverà quasi certamente occasione di aprire un nuovo capitolo a «proposito dei T.A.R. Il NIGRO M., Processo amministrativo e motivi di ricorso, in « Il Foro Italiano », 1975, V, pp. 18-19, da confrontare anche per le affermazioni precedenti. Dello stesso autore si vedano anche, in relazione alla istituzione dei T.A.•R., le importanti considerazioni suil processo amministrativo in Problemi veri e falsi della giustizia amministrativa dopo la legge sui Tribunali Regionali, op. cit.. 23
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25 :ni da fare sono almeno due: esistono dunque oggi le premesse per giungere non so4o ad un tipo radicalmente nuovo di pro-cesso e di -gi.ustizia amministrativa, ma addirittura ad un diverso diritto amministrativo sostanziale; inoltre, alle apertu•re che offre la legge devono essere aggiunte le virtualità della giurisprudenza (più o meno pretoria). Se valutiamo poi questa situazione 'in fieri' tenendo presente anche quanto prima -detto a proposito del collegamento e della reciproca influenza tra sviluppo '-dell'ordinamento regionale e funzione dei tribunali regionali amministrativi, e se teniamo presente anche un'atteggiamento della magistratura che va sempre più affermandosi 26, sembra ci sia solo da dire che di effettivamente certo e costituito ci sia ben poco. La chiave dei problemi attuali della giustizia amministrativa sembra essere dunque - anche dal profilo specifico e tecnico del giurista - essenzialmente politica, nel senso che in un contesto così aperto, e su tanti fronti diversi, la misura e il modo in cui i vari aspetti saranno partitamente risolti e complessivamente collegati tra loro non potrà dipendere che da scelte essenzialmente politiche. Di adeguata consapevolezza politica non potrà fa-re pertanto a meno chiunque si trovi ad operare nel campo della giustizia amministrativa, serrata in un contesto tanto ricco e tanto politico come abbiamo cercato di illustrare. E tuttavia da dubitare, tanto per concludere con qualche osservazione su un aspetto già accennato, che strumenti del tipo della (<giurisprudenza .pretoria» siano degni di particolare affidamento. In-
tanto, è da notare che se qualcuno (Nigro) confida in essa per giungere ad un processo più «democratico », altri si aspetta da essa tutt'altro profitto: ad esempio il rafforzamento del ruolo accentratore, supervisore e 'creatore del •diritto' del Consiglio di Stato 7. I-i punto essenziale però non è qui, ed è di altra natura. Non vogliamo certo scan-dalizzarci del fatto che auspicare •una giurisprudenia pretoria significhi in pratica un invito a violare i sacri principi del nostro ordinamento, secondo il quale al -potere giudiziario compete di applicare il diritto e non di crearlo (ciò darebbe mostra di una ingenuità troppo grave!); il .fatto è piuttosto che certe e spregiudicatezze» costituiscono nella nostra storia la prassi politica propria di una classe dirigente che ha gestito sempre il -potere in modo baronale e che ha pertanto -dimostrato come, storicamente almeno, certi metodi di gestione politica nulla hanno a che vedere con la democrazia e i suoi modi di esprimersi. I Esistono le sedi politiche per reclamare ed imporre ciò che sd ritiene democraticamente necessario. E in quelle sedi che bisogna provocare la discussione e i confronti - anche .per giungere a quella egge sulla giustizia amministrativa che si reputi necessaria - attuando così almeno quanto di inequivocabile è prescritto dalla Costituzione. Resta peraltro sempre chiaro che, se si vorrà ostacolare il corretto procedere democratico, tutti i modi per rispondere alle esigenze più avvertite e diffuse diventano degni di considerazione.., e anche fe giurisprudenze pretorie -acquistano un senso.
Vogliamo riportare il passo saliente di una mozione presentata ad un recente congresso di Magistratura Democratica (Rimini, aprile 1977): «La Magistratura deve rifiutare di interpretare la legge in -modo chiuso e di sbarrare il passo a dinamiche sociali, davanti ai movimenti di massa che nascono sotto l'esigenza di bisogni reali, per non impedire una loro autonoma pressione sul sistema politico » (cfr. «Riv. Bim. Magistratura Democratica, aprile, 1977, an-no V, n. 2). 27 Cfr. POTENZA G. nel suo intervento al « Convegno di studi sulla giustizia amministrativa>' (in « I Tribunali amministrativi Regionali », 1975, 5-6, Il, i. 154 ss.): « tenuto anche presente che la legge è tecnicamente insufficiente c'è quindi spazio per una giurisprudenza pretoria, che spetterà ai T.A.R. formare, ma che dovrà essere plasmata e rifinita, poi, dal Consiglio di Stato in sede di appello ». 26
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CENTRO STUDI DELLA FONDAZIONE ADRIANO OLIVETTI
Gli studi sulle istituzioni politiche Costituiscono l'impegno prevalente del Centro Studi della Fòndazione Adriano Olivetti. Alle indagini riguardanti il Parlamento e le Regioni si aggiunge ora un programma di ricerche sui problemi del Governo. Di questo programma è uscito il secondo volume:
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Competenze dei ministri, collegialità del governo e funzioni del Premier nell'esperienza di tre esecutivi europei un contributo allo studio del governo in Italia
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Edizioni di Comunità Via Manzoni, 12 - 20121 Milano