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qUIIeste istituzioni 1982/1 ° semestre
PROGRAMMAZIONE IN AGRICOLTURA E SISTEMA DI GOVERNO
3/Sull'esperienza del Comitato interministeriale della programmazione agricolo alimentare (CIPAA) di Roberto Finuola
Il prossimo dicembre verrà a scadenza la validità finanziaria della legge n. 984177 (Quadrifoglio), recante interventi nel settore agricolo. In vista di questa scadenza, negli ultimi tempi sono state proposte due diverse soluzioni: quella di un finanziamento accompagnato dalle modifiche, al Piano agricolo nazionale adottato in attuazione della legge n. 984 o alla legge stessa, suggerite da un quinquennio di sperimentazione; e quella di un rifinanziamento « secco », più o meno consistente, che lasci immutato il quadro normativo e programmatico già definito. A queste due prime proposte si è aggiunta successivamente una terza, prevalsa in seno al governo e recepita nel disegno di legge finanziaria per il 1983, che ha chiuso ogni discussione: la legge n. 984 non si rifinanzierà ne' tanto né poco, né con modifiche né senza Con il 1983, dunque, a meno di improbabilissimi ripensamenti, si impoverirà il principale canale di finanziamento degli interventi previsti dal Piano agricolo nazionale. Non sarà tuttavia ridotto completamente a secco: oltre i rivoli superstiti che continueranno ad alimentare i settori della forestazione e dell'irrigazione, ai quali andranno ancora per un quinquennio 350 miliardi di lire all'anno, le Regioni potranno recuperare la disponibilità delle quote dei finanziamenti previsti dalla legge Quadrifoglio che sono state « tagliate » negli anni precedenti e « slittate » in avanti di qualche esercizio (1.070 miliardi). Tagli e slittamenti a parte, saranno poi ancora utilizzabili gli stanziamenti recati da altre leggi in favore dell'agricoltura, che pure dovrebbero concorrere a formare, ma in base a
2 considerazioni prevalentemente nominalistiche, il pia! ond finanziario destinato all'attuazione del Piano: il quale dunque sopravviverà alla decisione di non rifinanziare la legge Quadrifoglio; ma a un regime tenuto intenzionalmente basso, tanto basso che sarà difficile distinguerne il rumore e gli effetti. Naturalmente, si troveranno altre modalità di finanziamento per il settore, ché è impensabile lasciare l'agricoltura senza l'ausilio di nuove risorse; e tali modalità, se è lecita una previsione, saranno improntate a una visione più pragmatica che pro grammatica dei problemi. Per esempio, gli interventi a sostegno dei redditi e degli investimenti degli operatori agricoli potranno ripercorrere la via già seguita quest'anno in sede di riparto del Fondo di 6.000 miliardi per gli investimenti e l'occupazione, quando il governo ha optato per il rifinanziamento di leggi, come la 403 del 1977, che consentono una gestione assai più discrezionale - nella determinazione delle priorità - e appagante - in termini di effettiva spendibilità delle risorse - da parte delle regioni. E' una prospettiva che, se non offre grosse suggestioni problematiche a un disegno di programmazione degli obiettivi e di riorganizzazione degli strumenti d'intervento in agricoltura, ha però almeno il merito - e non è poco - di soddisfare una domanda sociale diffusa e incalzante. Chi uscirà sconfitto da questa vicenda, se i fatti convalideranno la previsione, non saranno dunque né l'agricoltura né gli agricoltori, ma solo un particolare modo di intendere e di praticare la programmazione. Che non manchino le ragioni, anche serie, di insoddisfazione per come è stata fin qui concepita ed attuata la programmazione in agricoltura è un fatto: molte le cause e molti i soggetti istituzionali che ne dividono le responsabilità, per così dire, oggettive. L'articolo pubblicato in questo fascicolo, che con trap punta la Relazione sullo stato d'attuazione del Piano agricolo recentemente trasmessa àl Parlamento dal CIPAA, ne dà un quadro esauriente al quale facciamo doverosamente rinvio. Qui piuttosto, proprio partendo dalle complicate vicende redazionali della Relazione, nella quale sono stati riversati, con gli aggiustamenti possibili, i contenuti e le impostazioni difformi delle due bozze originarie predisposte l'una dal ministero dell'Agricoltura, l'altra dal ministero del Bilancio, torna opportuna una riflessione sui tanti conti che la cultura della programmazione deve ancora fare con i settarismi delle amministrazioni pubbliche, sui quali puntualmente si infrange o si impantana. Nel nostro caso, un primo importante conto va fatto con la considerazione che di sé e del proprio ruolo nella programmazione agricola hanno i due ministeri: quello dell'Agricoltura, che si ripropone come unico rappresentante e tutore degli interessi del mondo agricolo; e quello del Bilancio, che si ritiene investito del mandato esclusivo ad accertare il grado di purezza di ogni programmazione. Finché questi conti non torneranno, finché la programmazione non verrà ricondotta, con soluzioni organizzative stabili, nell'area delle funzioni collegiali di governo, ogni pro grammazione risulterà caricaturale e velleitaria e su di essa avrà buon gioco il pragmatismo imposto per legge di necessità, dai fatti. Vincenzo Spaziante Direttore:
- Condirettori: GIOVANNI BECHELLONI (responsabile) e MASSIMO BONANNI. E AMMINISTRAZIONE, Casella postale 6199 - 00100 Roma Prati - Telefono 657.054. Periodico iscritto al registro della stampa del Tribunale di Roma al n. 14.847 (12 dicembre 1972). Spedizione in abbonamento postale - IV gruppo. SERGIO RISTUCCIA
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Associato
aIi'(Jspj: Unione Stampa Periodica italiana
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Sull'esperienza del Comitato interministeriale della programmazione agricolo' alimentare (CIPAA) di Roberto Finuola
In agricoltura, come del resto negli altri settori dell'economia italiana, il metodo programmatorio, pur quando formalmente adottato, stenta ad imporsi nella realtà dei fatti. Né tali difficoltà sono venute meno dopo la rinuncia alla programmazione generale, avente come materia di riferimento l'intera economia nazionale, e il ripiegamento verso forme di programmazione settoriale. Le cause sono molteplici e non è qui il caso di riepiogarle. Per quanto riguarda l'agricoltura, c'è un fatto particolare da considerare: la stratificazione del governo del settore in tre livelli decisionali diversi: CEE, Stato e regioni In materia agricola, infatti, la CEE ha una rilevanza del tutto particolare (due terzi del bilancio comunitario sono assorbiti dall'agricoltura'), ed è indubbio che la normativa CEE ha assunto in quasi tutti i suoi aspetti (dal sistema dei prezzi agli interventi di mercato e a quelli strutturali) notevoli contenuti programmatori vincolanti per lo Stato membro. Se l'inserimento dell'Italia nella CEE ha determinato limitazioni alla funzione di programmazione statale in agricoltura, non altrettanto sembra potersi affermare con riguardo all'attuazione del decentramento regionale. Infatti, anche se la materia agricola è una delle più rilevanti fra quelle che l'art. 117 della Costituzione 'attribuisce alle regioni, lo Stato si è premurato, sin dall'inizio, di affermare il permanere della propria
competenza in materia di programmazione economica 2 Data dunque la pluralità dei centri decisionali in materia di programmazione agricola, m'indagine sulle modalità di attuazione di questa deve svolgersi su più contesti: internazionale (CEE e sistema economico CEE) e nazionale (Stato e regioni e sistema economico nazionale). In questa sede, peraltro, si intende concentrare l'attenzione sulle cause interne alla pubblica amministrazione che ostacolano l'applicazione del metodo programmatico in agricoltura, con particolare riguardo alla problematica attinente alla programmazione nazionale di settore Oggetto di analisi è soprattutto il Comitato Interministeriale della Programmazione Agricolo Alimentare (CIPAA), che attualmente ha il compito di « fissare gli indirizzi generali e gli obiettivi, nonché il coordinamento degli interventi pubblici in agricoltura» (art. 1, legge 27 dicembre 1977, n. 984). L'ipotesi di lavoro che si intende verificare è che le attuali difficoltà di applicazione del metodo programmatico in agricoltura dipendono - con riferimento solo ai meccanismi interni della pubblica amministrazione, intesa qui nel senso restrittivo di amministrazione statale - fondamentalmente da due ordini di cause: di natura istituzionale il primo, di natura organizzativa il secondo. Riassumiamo le nostre ipotesi.
4 Sono cause di natura istituzionale - l'errata collocazione del CIPAA nell'ambito del ministero del Bilancio e della programmazione economica, con conseguente completa assimilazione del Comitato a tale dicastero e perdita della sua a autorità » di organo di coordinamento. Una più razionale collocazione del CIPAA all'interno della Presidenza del Consiglio consentirebbe di eliminare tale disfunzione; i conflitti inter-organici fra le diverse amministrazioni statali di settore che l'istituzione del CIPAA non è riuscita a risolvere per i motivi ora indicati, e che sono originati dal tentativo delle amministrazioni centrali di settore di recuperare, almeno in parte, il « potere » perduto con l'attuazione del decentramento regionale. Da questa situazione 'emergono non già atti programmatori di coordinamento delle attività delle diverse amministrazioni, ma documenti di compromesso fra le diverse istanze delle stesse amministrazioni ; - l'interpretazione riduttiva della partecipazione regionale alla formazione del Piano agricolo nazionale originata dai motivi ora esposti (tentativo di recupero da parte delle amministrazioni statali di settore delle competenze trasferite alle regioni).
Sono cause di natura organizzativa: - l'assoluta mancanza di un qualsiasi raccordo del CIPAA con gli altri Comitati per la programmazione di settore e, cosa ancor più grave, con il CIPE. La creazione di una segreteria tecnica comune, articolata in sezioni specializzate - una per ogni comitato -, nell'ambito della già esistente segreteria del CIPE, consentirebbe una valutazione coordinata degli atti da sottoporre alle deliberazioni dei Comitati; - la completa identificazione delle funzioni di staff della presidenza del CIPAA con
la struttura del ministero del Bilancio e della programmazione economica incaricata di seguire la materia agricola (cioè la Divisione VI della Direzione generale attuazione), con conseguente aggravamento delle disfunzioni ora indicate. La confusione di ruoli dei funzionari della citata Divisione VI che, ad un tempo, agiscono come organi del ministero di appartenenza e come staff della presidenza di un Comitato interministeriale, il CIPAA appunto, nuoce sia al Comitato, sia allo stesso ministero del Bilancio che, nella materia agricola, viene ad essere limitato nella sua autonomia e nella sua funzione naturale di organo propulsore della programmazione economica, in quanto prevale sempre, per motivi di urgenza istruttoria, la funzione di staff della presidenza. La verifica dei punti precedenti porta alla conclusione che il primo concreto risultato dell'azione del CIPAA, l'attuale Piano agricolo nazionale ex legge 984/1977, non riveste un reale significato programmatorio e non costituisce un sostanziale mutamento di rotta rispetto alla logica dei precedenti piani verdi. C'è da aggiungere che tali conclusioni, pur se verificate per il solo settore agricolo, sono in linea di massima da estendere a tutti i comitati interministeriali di programmazione, dal momento che la problematica attinente all'organizzazione del CIPAA non è diversa da quella relativa agli altri organi di coordinamento.
L'ISTITUZIONE DEL CIPAA: IL RITORNO AL PLURALISMO DEI COMITATI INTERMINISTERIALI
La creazione del Comitato Interministeriale per la Politica Agricola e Alimentare (CIPAA) si inserisce nel quadro del progressivo decentramento delle funzioni del Comitato Interministeriale per la Programma-
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ki zione Economica (CIPE), che ha portato nel giro di un solo anno - il 1977 - all'istituzione di ben tre comitati interministeriali nell'ambito di tale organo. Si è così invertita la tendenza, affermatasi negli ultimi anni Sessanta, volta ad eliminare, facendoli confluire nel CIPE il maggior numero possibile dei comitati interministeria]i allora esistenti e competenti nelle materie economiche. La nuova tendenza iniziò a manifestarsi con la creazione del Comitato Interministeriale per la Politica Economica Estera - CIPES (legge 24 maggio 1977, n. 227); proseguì con l'istituzione del Comitato Interministeriale per il Coordinamento della Politica Industriale - CIPI (legge 12 agosto 1977, n. 675); si concluse con l'istituzione del Comitato Interministeriale per la Politica Agricolo Alimentare - il CIPAA, appunto (legge 27 dicembre 1977, n. 984). Questa rapida proliferazione di comitati interministeriali esprime in termini organizzativi il passaggio dalla programmazione gbballe (di cui era espressione e sintesi il CIPE), alla programmazione di settore, e rappresenta allo stesso tempo il tentativo di articolare in modo più funzionale il CIPE suddividendolo in branche specializzate, in momenti collegiali diversi dotati, almeno sulla carta, di una maggiore elasticità operativa . In tal modo, di fatto, il ruolo del CIPE si è ormai, esaurito: come è stato osservato, « CIPAA, CIPES, CIPI non sono che la traduzione organizzativa di un processo di sfaldamento del ruolo del CIPE che rimane un guscio sostanzialmente vuoto » I . Viene così a prospettarsi il rischio di ricreare la situazione esistente in•tdrno agli anni Cinquanta, quando « i comitati interministeriali erano divenuti talmente tanti che certi ministri avrebbero dovuto passare tutte le loro giornate andando da un comitato all'altro, con in più un'infelice giurispru-
denza formalistica secondo la quale un ministro non poteva delegare né un sottosegretario né funzionari alle riunioni dei comitati» 7 , e di riproporre tutti i difetti che tale pluralismo comportava. I comitati interministeriali venivano infatti accusati di « produrre pur sempre determinazioni settoriali e perciò di frazionamento dell'azione unitaria di governo .e cli porsi in pratica come sostitutivi del deliberato del consiglio dei ministri » 8, e ciò perché nelle riunioni del Consiglio dei ministri non veniva più rimesso in discussione uno schema che avesse avuto l'assenso dei ministri interessati, nessuno potendosi ritenere più competente dei ministri formalmente competenti in materia. E' da riconoscere, peraltro, che esistono alcuni elementi di novità rispetto alla situazione esistente prima dell'istituzione del CIPE. Infatti il CIPE, almeno formalmente, rimane l'unico titolare - e in posizione di sovraordinazione rispetto ai nuovi comitati istituiti nel suo seno - per quanto riguarda la determinazione delle linee di politica economica generale; là dove il CIPE vede diminuito il suo potere è nella funzione di determinazione degli indirizzi delle politiche di settore, ove si trova in posizione di con titolarità con gli altri comitati, anche se pur sempre in posizione di sovraordinazione . Il rapporto di subordinazione dei tre nuovi comitati dovrebbe, in linea teorica, far concludere che sono da escludere ritorni ad un separatismo selvaggio; anzi, lo stesso CIPE dovrebbe trarre vantaggio dalla nuova situazione, grazie allo snellimento del suo funzionamento e alla più articolata strumentazione operativa. Tuttavia, la realtà concreta sta dimostrando che il ritorno al pluralismo dei comitati ra.ppresenta non solo uno svuotamento del CIPE coincidente con la rinuncia alla programmazione generale dell'economia, ma anche, e soprattutto, il consolidamento di una
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6 impostazione settorialistica rigidamente separata e sostanzialmente imperniata sui ministeri chiave dei diversi settori. Il discorso vale essenzialmente per il CIPI (per il quale il ministero chiave è l'Industria) e per il CIPAA (per il quale il ministero chiave è l'Agricoltura): infatti il CIPES, a differenza di questi due comitati, non ha compiti di amministrazione attiva. Ora, il CIPI e il CIPAA sono nati come comitati indipendenti, senza alcun collegamento fra loro se non quello puramente formale di essere entrambi istituiti nell'ambito del CIPE: come è stato osservato '°, il disegno di legge sulla riconversione industriale (poi legge 675/77 istitutiva del CIPI) 'è stato presentato dal ministro dell'Industria senza il concerto del ministro dell'Agricoltura, e,il disegno di legge sul coordinamento degli interventi pubblici in agricoltura (poi legge 984/77 istitutiva del CIPAA) è stato a sua volta presentato dal ministro dell'Agricoltura senza il concerto del ministro dell'Industria. Da questi precedenti nasce la situazione paradossale per cui fanno' parte del CIPAA sia il ministro per l'Agricoltura che quello per l'Industria, ma il primo non partecipa al CIPI. Non ci si può quindi meravigliare del mancato coordinamento del Piano agricolo na zionale ex 'legge 984/77, di competenza CIPAA, ed i programmi finalizzati ex ' legge 675/77 di competenza CIPI di indubbio interesse agricolo, e cioè quelli relativi all'Industria agro-alimentare, 'alle macchine agricole ed alla chimica fine (fertilizzanti). Tutti questi programmi procedono parallelamente senza mai trovare nel CIPE un qualche momento di effettiva integrazione in quanto non sono stati approntati, a livello istituzionale ed organizzativo, strumenti adeguati per risolvere i notevoli e complessi
problemi di coordinamento delle attività dei tre comitati all'interno del CIPE. In verità il primo Piano agricolo nazionale ex legge 984/77, al punto 6 dei «criteri di massima di carattere generale » ", prevede che entro 4 mesi dall'approvazione del Piano stesso «il CIPAA ed il CIPI congiuntamente valutano le presumibili influenze a livello dell'assorbimento dei prodotti, degli investimenti.., che l'attuazione degli obiettivi e degli indirizzi possono esercitare sulla produzione di mezzi tecnici per l'agricoltura in vista delle reciproche necessarie armonizzazioni con gli specifici piani di settore predisposti dal CIPI »; al successivo punto 7 viene prevista una analoga verifica congiunta dei due comitati, con gli stessi tempi, per quanto concerne l'industria di trasformazione dei prodotti agricoli « in vista delle reciproche necessarie armonizzazioni con lo soecifico piano di settore previsto dal CIPI ». Tuttavia, a distanza di piii di un anno dall'approvazione del Piano (13 dicembre 1979'), nulla di tutto questo è stato realizzato '. Queste situazioni paradossali potrebbero forse essere evitate se si escoitasse una qualche soluzione organizzativa che consentisse un sostanziale coordinamento fra il CIPE e i suoi tre sotto-comitati. Tn Questo senso si nrosnetta l'onoortunità di creare una struttura amministrativo-tecnca nermanente che risoonda alla necessità di valutare congiuntamente i oroarammi sottonn'ti ai dversi comitati e che fornisca altr im valido sunnorto alle decisioni nolitc-he dei co?'tti stessi ". Si tratterebbe, in sostanza. di dar vita ari una sorta di « sorPteria tecnica » del CTPE. articnlata io lriicl,e soee1i7.7te - una ner n(fli sotto - ria cnstit1rqi nreerili1n1ente tr-r' (1plli CU esifente seoretel'a del CTPP A. 9tt11oitnente svolge compiti di puri nrnrnmì.-ztrnz;nne. Questa nuova struttura, le cui funzioni sa-
7 rebbero quindi di natura sostanzialmente istruttoria, dovrebbe essere in grado di assistere i vari organi interessati (Consigliò dei ministri, CIPE, CIPI, CIPES, CIPAA, ma anche tutte le commissioni interregionali), fornendo tutti i contributi e gli approfondimenti tecnici necessari nei vari momenti. Oltre a funzioni istruttorie, la segreteria dovrebbe svolgere anche, entro limiti ben precisi, funzioni di valutazione tecnica e di raccordo fra le attività dei diversi comitati, promuovendo la formazione ed il funzionamento di gruppi di lavoro formati dai funzionari delle amministrazioni interessate e consentendo altresì di risolvere preliminarmente le questioni non prettamente politiche sulle quali vi fossero incongruenze o differenziazioni tra i vari ministeri. In questo modo, si otterrebbe di snellire l'attività degli stessi comitati interministeriali che, una volta risolte le questioni di natura tecnica, si troverebbero investiti delle sole decisioni di natura politica In 9 gni caso, condizione anché il ritorno ad una pluralità di organi collegiali non significhi ritorno alla dispersione è che siano trovate idonee misure di raccordo fra le attività dei diversi comitati. Qualora si realizzasse la condizione sopra esposta, il decentramento del CIPE potrebbe essere salutato come un effettivo passo avanti nella gestione della politica economica da parte dello Stato.
LA COMPOSIZIONE E LE ATTRIBUZIONI DEL CIPAA
In base all'art. 2 della legge 27 dicembre 1977, n. 984, il CIPAA « è composto dai Ministri per il bilancio e la programmazione economica, per l'agricoltura e le foreste, pèr il tesoro, per le partecipazioni statali, per l'industria, il commercio e l'artigianato, per
i lavori pubblici, nonché dal Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno. Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri e, per sua delega, dal Ministro per il Bilancio e la programmazione economica ». «Fatte salve le competenze del Consiglio dei Ministri e del C1PE in ordine agli indirizzi della politica economica generale, il CIPAA esercita, nei limiti previsti dalla presente legge, le funzioni attribuite al CIPE in materia di politica agricolo-alimentare » (art. 2, ultimo comma). Rispetto al CIPI, anch'esso istituito neltambito del CIPE, il CIPAA sembra godere di una maggiore autonomia di azione. Infatti mentre il primo « esercita le funzioni attribuite dalla legge al CIPE, nell'ambito delle direttive che quest'ultimo intenda adottare nell'esercizio delle funzioni e dei poteri ad esso demandati dalle leggi della repubblica... » (art. 1, 50 comma, legge 675/77), nella legge 984/77 manca qualsiasi limitazione di questo genere. In sostanza, mentre il CIPI si trova vincolato sia agli indirizzi di politica economica che alle direttive emanate dal CIPE proprio nella materia di sua competenza (la politica industriale), il CIPAA trova limiti alla sua azione in materia agricolo-alimentare solo negli indirizzi di politica economica generale dello stesso CIPE. Inoltre, mentre la legge 675/77, relativamente al funzionamento del CIPI, richiama espressamente al 30 comma dell'art. 1 la legge 48/67 istitutiva del CIPE (e precisamente il 50, 60 e 9° comma dell'art. 16), nulla prevede in merito la legge 984/77. In mancanza di precise norme in merito al suo funzionamento interno, si può quindi affermare che il CIPAA gode di una notevole capacità di auto-organizzazione della quale, come si vedrà, ha saputo abbondantemente profittare. In questa sede sarà sufficiente precisare che ha comunque trovato applicazione anche per il CIPAA il 90 comma
8 del citato articolo 16 della legge 48/67; pertanto, alle sedute del Comitato partecipa, con funzioni di segretario, il sottosegretarip di Stato per il Bilancio e la programmazione economica. Le funzioni del CIPAA sono elencate nell'art. 1, 1° comma della legge 984/77 e consistono nel « fissare gli indirizzi generali e gli obiettivi, nonché il coordinamento degli interventi pubblici » in sette settori specifici ' che comprendono la quasi totalità del settore agricolo. Lo stesso art. 1 rende il CIPAA contitolare delle funzioni ora elencate con una commissione di rappresentanti regionali, (istituita con il successivo art. 4 e di cui si dirà fra poco) finalizzando l'attività dei due organi all'elaborazione di un piano nazionale e di programmi regionali, di durata quinquennale E' da dire, peraltro, che nel corso della sua pur breve attività, il CIPAA ha esteso il campo di intervento inizialmente assegnatogli dalla legge 984, soprattutto in direzione dei collegamenti della politica agricola nazionale con quella comunitaria. Il decreto del presidente del Consiglio 21 giugno 1979 -. contenente disposizioni di indirizzo e coordinamento per le regioni a statuto ordinario attinenti all'applicazione dei regolamenti comunitari in materia di azioni comuni sovvenzionate dal FEOGA, sezione orientamento - ha esteso l'applicazione della procedura prevista per il Piano agricolo nazionale, e quindi la competenza del CIPAA, anche per «i programmi quadro ed i programmi specifici... concernenti azioni comuni per il miglioramento delle strutture agricole e delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, zootecnici e della pesca nelle acque interne » (art. 1). Rispetto alla procedura di cui alla legge 984/77 il decreto presenta due rilevanti novità: l'attribuzione, all'interno del CIPAA,
di un ruolo di prevalenza istruttoria al ministero tecnico di settore (« le determinazioni del CIPAA sono assunte sulla base degli schemi di programma formulati dal Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, previa consultazione delle regioni interessate in ordine ai programmi dalle stesse predisposti », 30 comma, art. 1), e l'attribuzione al CIPAA di un ruolo di mediazione tra il citato ministero e le regioni (« E' devoluta al CIPAA la soluzione di eventuali divergenze tra il Ministero predetto e le regioni interessate in ordine alla valutazione di compatibilità dei progetti con i programmi settoriali nei quali devono inserirsi e con le priorità della programmazione nazionale », art. 2, 2° comma). A questa attribuzione « esterna » di ulteriori competenze, ha fatto seguito un auto-allargamento della propria sfera di attività da parte dello stesso CIPAA che, traendo spunto dall'ultimo comma dell'art. 2 della legge 984/77 , ha affermato, con delibera del 12 giugno 1980, la propria competenza su « 'le questioni più rilevanti della politica comunitaria in materia cli agricoltura ». Tali questioni « sono sottoposte dal Ministro competente all'esame preliminare del CIPAA, ai fini della verifica della coerenza con gli orientamenti di politica economica generale e ai fini della individuazione delle linee da assumersi in sede comunitaria ». Nella successiva delibera dell'8 agosto 1980, il CIPAA ha individuato le concrete procedure di attuazione della delibera ora citata. Queste procedure assumono rilevanti aspetti di natura organizzativa e verranno, pertanto, esaminate più approfonditamente in seguito. Queste estensioni di attribuzioni hanno conferito al CIPAA, almeno sulla carta, il ruolo di centro unico di elaborazione e coordinamento di tutti gli aspetti della politica nazionale nel campo agricolo alimentare, ponendolo altresì in posizione di rilevanza an-
9 che nei confronti dell'elaborazione della strategia italiana nel negoziato comunitario. Sotto questo ultimo aspetto si pongono ora indubbi problemi di coordinamento con l'attività del neo istituito ministro per il Coordinamento degli affari comunitari di cui, logica vorrebbe, si dovrebbe prevedere l'inserimento nel CIPAA 18
attiva sia per ciò che concerne l'attuazione degli interventi di competenza nazionale, sia per la raccolta dei dati relativi all'attua-' zione del Piano e la loro valutazione. Le regioni partecipano attraverso la medesima commissione di cui alla seconda fase. Più in particolare, secondo la legge 984/77, nella prima fase, di preparazione del Piano, il CIPAA predispone e presenta al Consiglio dei ministri ed alle regioni lo schema di piano nazionale per i sette settori individuati LE PROCEDURE DI FORMAZIONE DEL PIANO AGRICOLO NAZIONALE dalla legge. Questo schema deve indicare: a) gli indirizzi generali e gli obiettivi da Tutta la filosofia della legge 984/77 è ispi- conseguire; b) la ripartizione di massima degli obiettivi fra le regioni; c) gli interventi rata alla necessità di rendere• operante la programmazione in agricoltura: in questa 'ot- di competenza nazionale ed i programmi reiica è stato istituito il CIPAA, e per gli gionali; e) la ripartizione di massima dei fistessi motivi assai' minuziosa è la disciplina •nanziamenti tra le regioni per l'attuazione che regola le procedure di elaborazione e degli interventi di loro competenza; f) la ridi attuazione del Piano agricolo nazionale. partizione di massima dei finanziamenti reLe procedure previste dalla legge 984/77 lativi agli interventi di cui alla lettera c); si articolano in quattro momenti fondamen- g) le attività d'indagine, di studio e di ricerca di carattere nazionale. tali (artt. 3-6): - predisposizione del Piano: l'attòre prin- Le regioni partecipano in questa fase con cipale è il CIPAA; le regioni partecipano una funzione puramente consultiva: entro solo marginalmente con funzioni puramente quarantacinque giorni dall'invio dello schema di Piano, esse inoltrano al CIPAA le consultive; proprie osservazion.i e parere sullo schema - approvazione definitiva del Piano: prelistesso unitamente ad un pro?rio schema minare alla decisione del Consiglio dei midi programma regionale. Analogamente le nistri è l'approvazione dello schema di piaamministrazioni centrali dello Stato, la Casno da parte del CIPAA, la cui volontà viesa per il Mezzogiorno, le società a prevalenne ad essere integrata da quella delle rete partecipazione statale ed il Laboratorio gioni riunite in una apposita commissione; nazionale irriguo inviano al CIPAA ed alle in questa fase sono altresì previsti interregioni interessate, entro trenta giorni dall'inventi consultivi di vari organismi di catevio dello schema di Piano nazionale, le progoria; •poste per gli interventi di loro competenza. --- integrazione dei piani regionali: il mo- In questa prima fase, dunque, il CIPAA mento decisionale centrale cala a livello pe- svolge compiti di natura prettamente istrutriferico; gli attori sono le regioni che detoria, vincolato sin nei dettagli dai preciso vono armonizzare i loro piani con il Piano disposto dell'art. 3. nazionale; Nella seconda fase, di approvazione del Pia-- attuazione e valutazione dei risultati: è no, che inizia non appena decorsi i termini preminente l'attività del CIPAA, cui ven- di cui alla fase precedente, il CIPAA, dopo gono conferite funzioni di amministrazione aver preso in considerazione i pareri e gli
lo schemi di programma inviati dalle regioni, amministrazioni ed enti prima indicati, vaiuta la loro coerenza complessiva con gli obiettivi del Piano nonché la loro reciproca compatibilità. Vengono altresì acquisiti in questa fase i pareri di una serie di organismi di categoria 19 Esaurita questa complessa serie di consultazioni, il CIPAA «adotta », entro trenta giorni, il testo definitivo del Piano nazionale da sottoporre all'approvazione del Consiglio dei ministri. E' in questa fase che le regioni assumono un loro autonomo rilievo che
consente alle regioni stesse di entrare direttamente nel processo di approvazione del Piano nazionale. Il CIPAA, in.fatti, deve adottare il testo definitivo del Piano nazionale « d'intesa con una commissione composta da un rappresentante di ciascuna regione e delle province autonome di Trento e Bolzano »20. L'art. 4, peraltro, prevede espressamente il caso in cui l'intesa non si veri.fichi: in questa ipotesi il Consiglio dei ministri adotta comunque le sue determinazioni anche se deve informare la Commissione parlamentare per le questioni regionali. Questa fase consente almeno due osservazioni: la prima, su cui si tornerà fra poco, è relativa al ruolo assegnato alle regioni dalla legge, la seconda riguarda la conferma di quanto prima rilevato, cioè del ruolo sostanzialmente istruttorio che il CIPAA svolge nei confronti del Consiglio dei ministri. La terza fase, che abbiamo chiamato di integrazione del momento decisionale centrale, vincola le regioni alla ripetizione della procedura fin qui esaminata anche per l'appro21 vazione dei propri programmi regionali con in più il vincolo di apportare anche « eventuali variazioni e modifiche a provvedimenti già adottati in precedenza ai fine di coordinarli con i programmi medesimi» (art. 5). Una ulteriore limitazione viene posta alle
regioni quando, nel provvedimento di adozione dei loro programmi di settore, debbono « provvedere anche al loro coordinamento con i programmi generali regionali di sviluppo economico e sociale e con i programmi di assetto territoriale, ove questi siano stati da esse approvati, oppure in mancanza, con le direttive decise in materia dalle regioni stesse ». L'ultima fase, attuazione e valutazione de risultati, attribuisce al CIPAA funzioni di carattere amministrativo sia per l'attuazione del Piano sia per la valutazione dei risultati; l'attività più rilevante del CIPAA in questa fase è l'elaborazione di una relazione (annuale) al Parlamento sullo stato di attuazione degli interventi previsti dai Piano: A questo scopo il CIPAA, entro il 30 giugno di ogni anno, deve ricevere una relazione dalle varie amministrazioni e enti interessati relativa allo stato di attuazione dei rispettivi interventi; analogamente le regio•ni, entro lo stesso termine, trasmettono al Comitato una relazione sullo stato di attuazione dei loro programmi regionali. Questi dati vengono utilizzati dal CIPAA per una duplice finalità. In primo luogo essi costituiscono la base per una valutazione dello stato di attuazione' del Piano nazionale e dei programmi regionali finalizzata all'elaborazione di eventuali proposte di variazione e di aggiornamento anche relative ai finanziamenti. Questa valutazione deve essere effettuata entro il 30 settembre di ogni anno, mentre le eventuali proposte di modifica devono essere adottate entro 30 giorni con le 'stesse procedure di appròvazione del Piano nazionale, ivi compresa l'intesa della Commissione dei rappresentanti regionali. In secondo luogo, i risultati acquisiti dalle relazioni ricevute vengono utilizzati dal CIPAA per 'la stesura della relazione annuale al Parlamento, relazione che deve con-
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11 sentire di valutare lo stato di attuazione del Piano nazionale e dei programmi regionali. In questa fase si possono far rientrare anche le disposizioni dell'art. 17 relative alle eventuali necessità di variazione dei finanziamenti. Il CIPAA, infatti, sempre d'intesa con la Commissione dei rappresentanti regionali, può variare annualmente, in aumento o in diminuzione e nei limiti dello stanziamento complessivo di ciascun esercizio, le somme destinate ai vari settori, somme che lo stesso art. 17 fissa tassativamente per il primo anno di applicazione del Piano. Queste variazioni sono legate, secondo la legge, alle verifiche annuali e biennali sul l'attuazione del Piano nazionale e dei programmi regionali.
IL RUOLO DELLE REGIONI NELLA PROCEDURA DI FORMAZIONE DEL PIANO AGRICOLO NAZIONALE
Se il CIPAA nasce per coordinare gli interventi pubblici nei sette settori individuati dalla legge 984, non vi è dubbio che si tratta di un coordinamento molto particolare con una connotazione marcatamente unidirezionale di senso indubbiamente centralistico. Giustamente è stato rilevato che il Piano agricolo nazionale presentato al Consiglio dei ministri per l'approvazione « non rappresenta più un atto di mero coordinamento (sulla base di indirizzi generali previamente enunciati) dei programmi di azione autonomamente determinati dalle regioni e dalle amministrazioni ed enti rispettivamente competenti. Vuole invece essere il frutto di •una diretta assunzione di responsabilità da parte del Governo, alla cui determinazione altri enti ed amministrazioni sembrano destinati a dare un apporto solo consultivo o propositivo » 22
Infatti, se è vero che le regioni partecipano direttamente alla fase di adozione del testo definitivo del Piano attraverso l'apposita Commissione prevista dall'art. 4, è pur vero che lo stesso art. 4 prevede che l'eventuale dissenso regionale non ottiene altro effetto che quello di costringere il governo ad informare la Commissione parlamentare per le questioni regionali cui viene affidato un vago quanto probabilmente inefficace ruolo di mediazione politica 23 E' in questa ottica di preminenza del momento decisionale centrale che può inoltre essere letto l'obbligo per le regioni di adottare i relativi programmi di settore con la stessa procedura prevista per il Piano agricolo nazionale. Si viene così ad incidere sulla stessa capacità di auto-organizzazione delle regioni, limitando fortemente l'autonomia delle scelte programmatiche regionali dimodoché il coordinamento previsto dalla legge 984 « non si configura certo come un necessario e contrattato adattamento delle scelte regionali ad indirizzi generali, espressione dell'interesse nazionale, ma piuttosto 24 come coatta modifica di scelte locali » La prevalenza della volontà governativa è ancora rafforzata in sede di consuntivo dei primi risultati del Piano nazionale quando, all'art. 6, si prevede che il CIPAA, sia pure d'intesa con la Commissione dei rappresentanti regionali - ma qui valgono le considerazioni sopra riportate - « elabora eventuali proposte di variazione e di aggiornamento anche relative ai finanziamenti » e qua.ndo lo stesso CIPAA, sempre d'intesa con la Commissione dei rappresentanti regionali, può variare annualmente le somme destinate ai vari settori (art. 17). In quest'ultima ipotesi si crea un ulteriore disagio alle regioni: quello di non poter realisticamente impostare un bilancio pluriennale programmatico in quanto i finanziamenti possono variare di anno in anno; né la soluzione prevista dallo stesso art. 17 - la
12 comunicazione dei finanziamenti assegnati a ciascuna regione deve essere effettuata entro il 31 ottobre dell'anno precedente a quello al quale si riferiscono i finanziamenti - sembra offrire un valido rimedio in quanto è ben noto quanto poco valore abbiano nella realtà i termini previsti dalle leggi di governò dell'economia. Si può quindi affermare che la legge 984 rappresenta un evidente tentativo di restaurazione del potere centrale in agricoltura, con una notevole 'differenza rispetto al passato: il potere centrale non è più esclusivamente affidato al ministero di settore (quello dell'Agricoltura) gravemente indebolito, ma ad un Comitato interministeria'le (il CIPAA). In tal modo si viene a limitare fortemente lo stesso funzionamento del Comitato che diviene la 'vittima incolpevole di due opposte pressioni: quella delle regioni che reagiscono ad ogni vera o presunta limitazione alle proprie competenze e quella del ministero dell'Agricoltura che, tentando di sostituirsi al CIPAA, cerca cli riacquistare l'antico potere. Con la 984, dunque, « viene emanata una legge specifica per il settore agricolo con finanziamenti separati, viene anche abbandonata l'istanza decentratrice. Perché la legge nazionale determina direttamente i finanziamenti per settore (sia pure con una certa elasticità), i destinatari dei finanziamenti ed i contenuti necessari del Piano nazionale (e quindi l'ambito di azione del centro). Insomma, sembra di trovarsi davanti invece che ad una legge di garanzia delle Regioni nei confronti dello Stato, ad una legge di garanzia dell'intervento centrale nei confronti dell'intervento regionale ». In questo modo « si danno fondi statali che sono uno strumento per mettere le briglie d'oro alle istituzioni decentrate. Questo va criticato non in nome dell'estremismo regionalistico. Anzi, al contrario, per
criticare le Regioni che hanno accettato le briglie d'oro poste da una legge che con il finanziamento chiede anche un consenso regionale dato nelle sedi e in un organismo settoriale sbagliati » 25 Con la legge 984 viene dunque scelto dallo Stato lo strumento dei 'fondi vincolati, strumento che si contrappone a quello delle 'assegnazioni indistinte. 'Non si vuole 'qui entrare nel merito se' sia preferibile l'una o l'altra soluzione 26, ci si chiede solo che senso abbia vincolare in modo così ìimitativo i fondi (introducendo nella legge addirittura la ripartizione per comparti e poi, in séde CIPAA, vincolando ulteriormente queste risorse per particolari' fina'lità - come si vedrà più avanti) se poi non si dispone degli strumenti adatti per un controllo in sede di consuntivo e se non si possiedono possibilità di reaziòne a eventuali inadempienze regionali. Tutto ciò può essere spiegato in un solo modo: lo Stato con la legge 984 ha inteso ripristinare il proprio potere in modo indiretto, ponendo le regioni in concorrenza fra loro per accaparrarsi i fondi disponibili e, fungendo da arbitro, per imporre il proprio 'peso politico. Non sembra questo un modo corretto per superare le difficoltà (e le inadempienze) che costellano il governo dell'agricoltura in sede regionale.
IL GRUPPO DI LAVORO INTERMINISTERIALE OPERANTE INFORMALMENTE ALL'INTERNO DEL COMITATO
Costituito nel dicembre 1977, il CIPAA si è riunito per la prima volta il 22 marzo 1978, emettendo la sua prima deibera (relativa alle prime fasi del Piano agricolo nazionale) il 16 maggio 1978. Da allora ha emesso circa 20 deibere, delle quali la più rilevante è indubbiamente quella del 13 dicembre 1979 concernente la definitiva ap-
13 provazione del primo Piano agricolo nazionale pluriennale cx legge 984/77 27 La gran parte delle delibere riguarda programmi quadro comunitari e riparti fra le regioni di fondi relativi a varie leggi statali di investimento in agricoltura 28• Per quanto riguarda invece l'organizzazione interna del Comitato, il silenzio in materia della 'legge 984/77, già rilevato in precedenza, ha provocato notevoli problemi. Infatti, mentre le strutture amministrative responsabili delle funzioni di segreteria del Comitato si sono subito identificate con le strutture già esplicanti presso il ministero dei Bilancio e della programmazione economica le medesime funzioni per il CIPE, per l'esercizio delle funzioni di natura tecnico-istruttoria e di elaborazione degli indirizzi generali e degli obiettivi in materia di politica agricola si sono posti, invece, rilevanti problemi che traggono la loro origine, sostanzialmente, dalla natura stessa del Comitato. Infatti il CIPAA, voluto dal ministero dell'Agricoltura e foreste per recuperare almeno in parte quelle funzioni che il DPR 616 aveva trasferito alle regioni e che, nell'ottica dello stesso Dicastero, doveva trovare la sua sede naturale nel ministero dell'Agricoltura, una velta collocato in seno al CIPE e quindi ai ministero del Bilancio, viene sostanzialmente a limitare l'attività dell'amI'iinistrazione tecnica di settore. Di qui il tentativo del ministero dell'Agricoltura e foreste di svuotare di significato il CIPAA, riducendolo a puro organo di ratifica delle proprie decisioni; di parere ovviamente contrario sono i competenti uffici degli altri ministeri componenti il CIPAA. Da questa situazione conflittuale è emersa una struttura informale di natura tecnica incaricata sia di elaborare e verificare le proposte dei vari ministeri in materia di politica agricola, sia di comporre, in via preliminare, gli eventuali conflitti di interessi
delle varie amministrazioni componenti il CIPAA. Tale struttura, denominata « Gruppo di lavoro interministeriale CIPAA », è formata dai rappresentanti di tutte le amministrazioni componenti il Comitato ed ha via via esteso la sua attività trovando nell'iter di approvazione del Piano agricolo nazionale il suo momento di maggiore funzionalità. Nella delibera CIPAA del 13 dicembre 1979 il Gruppo di lavoro ha infine ricevuto un riconoscimento formale indiretto, mentre nella deibera dell'8 agosto 1980 ha trovato una più precisa articolazione. Nella prima delibera, infatti, si 'fa esplicita menzione del « Gruppo di Lavoro Interministeriale operante nell'ambito della Segreteria del CIPAA » cui viene affidato l'esame delle « proposte avanzate dal Ministero dell'Agricoltura e Foreste, per la ripartizione fra le regioni degli obiettivi del piano agricolo nazionale ». In questa delibera si ritrova quel contrasto sopra accennato, che è alla base della creazione del Gruppo di lavoro: infatti il riconoscimento del Gruppo stesso viene operato contemporaneamente all'attribuzione al ministero dell'Agricoltura e foreste di un ruolo preminente nell'« avanzare» proposte tecniche. E in effetti il maggior ruolo riconosciuto al Gruppo di 'lavoro viene sempre compensato dall'assegnazione al ministero dell 'Agricoltura di una posizione di maggior rilievo nell'ambito del CIPAA; le delibere del Comitato dcl 12 giugno e dell'8 agosto 1980 costituiscono un ottimo esempio di questa continua contrattazione. La delibera del 12 giugno 1980, come si è già detto, afferma 'la competenza del CIPAA sulle questioni più rilevanti della politica agricola comunitaria; tali questioni debbono essere sottoposte preliminarmente al Comitato, si badi bene, su proposta dei ministro competente 29
14 Quasi a ristabilire un certo equilibrio, a fronte della concessione fatta il 12 giugno al ministero dell'Agricoltura, con 'la delibera dell'8 agosto 1980 il Gruppo di lavoro diviene il fulcro dell'attività preparatoria dei lavori del CIPAA. La sua attività viene minutamente regolamentata: si prevede una organizzazione del Gruppo in «gruppi più. ristretti » da formarsi ad hoc e già predeterminati nei loro componenti (preferibilmente i « funzionari direttamente incaricati dai singoli Ministri di seguire la trattativa comunitaria »); si lascia al Gruppo un notevole margine di discrezionalità (il Gruppo « valuterà, di volta in volta, l'opportunità di interessare o meno le Regioni alle problematiche in esame »); gli si lascia un notevole margine di auto-regolamentazione (« il Gruppo di Lavoro Interministeriale definirà al proprio interno le procedure per il migliore collegamento fra la propria attività ed il negoziato comunitario »); lo si propone come struttura tipo al servizio non solo del CIPAA ma di tutte le strutture di programmazione che lo volessero utilizzare (il Gruppo « esperite nei tempi utili le procedure di cui sopra, sottoporrà le questioni esaminate alle deliberazioni del CIPAA o di altro organo collegiale della programmazione »). A questo punto la crescente funzionalità del Gruppo, il suo riconoscimento - sia pure indiretto - e l'ampiezza dei compiti attribuitigli pongono come necessaria• una sua migliore definizione, anche istituzionale, che potrebbe avvenire nell'ambito di quella Segreteria tecnica che si è in precedenza proposta. Questa nuova struttura, che dovrebbe risolvere i problemi di coordinamento delle attività del CIPE e dei tre comitati istituiti nel suo ambito, potrebbe indubbiamente valersi dell'esperienza del Gr.uppo di lavoro tanto più che si è venuta ormai consolidando una équipe di funzionari i quali, per
essere stati stabilmente incaricati dai rispettivi ministri di seguire i lavori del Gruppo, hanno acquisito una comune metodologia di lavoro ed una comune capacità di affrontare le problematiche attinenti l'attività del Comitato.
SULLA COLLOCAZIONE ISTITUZIONALE DEL CIPAA
Come si è in precedenza accennato, tra le cause di natura istituzionale che si ritiene ostacolino l'introduzione del metodo programmatorio in agricoltura vi è la perdita di autorità del Comitato, conseguente alla sua collocazione all'interno di una struttura ministeriale ed alla sua completa assimilazione al ministero presso cui ha sede. Sotto questo profilo, quanto mai opportuno sarebbe collocare il Comitato nell'ambito della Presidenza del Consiglio. E' evidente che il problema non può essere limitato al solo CIPAA, ed investe direttamente il CIPE in quanto la collocazione dei comitati istituiti nel suo ambito è conseguente alla collocazione dello stesso CIPE. Indubbiamente la scelta di collocare il CIPE nell'ambito del ministero del Bilancio e della programmazione economica va inquadrata nel particolare periodo storico in cui il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica venne istituito. Alla fine degli anni Sessanta il dibattito sulla necessità di un'a politica di programmazione dell'economia volgeva al termine:' ormai non si discuteva più se applicare o meno il metodo programmatorio, si discuteva solo sul come realizzarlo. E poiché l'idea prevalente era quella di creare un centro operativo e decisionale unico per il nuovo metodo di politica economica - il ministero del Bilancio e della , programmazione, appunto - logica voleva che l'insieme dei ministri delegati ad assumere le decisioni generali di
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15 politica economica dovesse concentrarsi in un comitato interministeriale collocato all'interno del nuovo ministero. Si veniva così a creare un momento decisionale esterno alla Presidenza del Consiglio, 'sia pure ad essa subordinato 30 , in più o meno latente contrasto con la Presidenza stessa. Questa situazione ha subIto nel tempo notevoli evoluzioni: infatti, come è stato osservato, mentre negli anni Sessanta si determinava « una situazione di conflittualità strisciante fra ruolo della Presidenza del Consiglio e ruolo del Ministro per il Bilancio (in quanto facente parte del CIPE), il dibattito sulla legge per la Presidenza del Consiglio si propone « come affermazione della necessità di un ruolo predominante del Presidente del Consiglio agli inizi degli anni '70, in connessione ad un mutato quadro politico (sospensione - o fine - della formula del centro-sinistra) e istituzionale (defaillance della programmazione e nascita delle regioni a statuto ordinario) » 31• In questa luce la rinuncia alla programmazione generale dell'economia ed il ripiegamento sulla programmazione settoriale con il conseguente svuotamento del CIPE attraverso la nuova proliferazione dei sottocomitati può essere letta come il momento finale di un processo di riacquisizione da parte della Presidenza del Consiglio delle sue funzioni costituzionali. E' logico quindi che in questo contesto cominci ad affacciarsi concretamente l'idea di ricondurre l'attività del CIPE e dei sottocomitati istituiti nel suo seno nell'ambito della Presidenza del Consiglio. Così, ad esempio, si è proposto di «ricondurre accanto alla Presidenza del Consiglio le competenze relative alla programmazione ed alla •predisposizione del bilancio, concentrando nel Ministro del Tesoro gli altri princi.pali poteri in materia economica ad eccezione della gestione delle imposte e riordi-
nare poi le competenze degli altri ministeri » La Commissione Piga, da parte sua, nel ricordare che « per Costituzione, spetta al Consiglio dei Ministri almeno la determinazione dell'indirizzo politico generale del Governo e quindi comprensivo degli indirizzi di 'politica economica e finanziaria» e nel proporre la « restaurazione dei poteri collegiali del Governo, cioè della sede del Consiglio dei Ministri in ordine alla determinazione degli indirizzi generali e particolari di politica economica e finanziaria », propone di « riconvertire i comitati interministeriali in organi istruttori e di proposta per le delibere del Consiglio dei Ministri o in organi delegatari all'attuazione delle delibere di indirizzo quando queste esigano la cooperazione di più ministri senza peraltro affrontare esplicitamente il problema della collocazione dei comitati. A fronte di queste proposte, tutte tese ad attribuire alla Presidenza del Consiglio ed al Consiglio dei ministri il loro ruolo costituzionale, non si può peraltro non rilevare l'arretratezza del ddl governativo di riforma del ministero del Bilancio che, all'art. 1, prevede una generalissima delega per il riordinamento dei comitati che, non tocca né il numero dei comitati stessi, né la loro collocazione e nemmeno ipotizza una 'loro, eventualmente diversa, riorganizzazione . Quanto al ministero del Bilancio e della programmazione economica, una volta venuta meno la collocazione del CIPE presso di esso, da più parti se ne prospetta la soppressione . Tuttavia, ferma restando l'indubbia necessità di ricondurre il CIPE e le sue articolazioni nell'ambito della Presidenza del Consiglio, la soluzione di eliminare il ministero del Bilancio appare troppo drastica e sembra confòndere il momento della scelta degli indirizzi di politica economica (atto di indubbia competenza del presidente del Con-
to siglio e del Consiglio dei ministri in quanto di natura prettamente politica) con il momento tecnico-operativo delle scelte stesse (atto di natura prettamente amministrativa in quanto preparazione e/o esecuzione di indirizzi politici). E' indubbio, infatti, che il momento di scelta degli indirizzi generali di politica economica è preceduto da un momento tecnico di valutazione e di proposta di. un ventaglio di possibili soluzioni e seguito da un momento tecnico-amministrativo di predisposizione degli strùmenti per l'attuazione delle soluzioni scelte in sede politica e, successivamente, di verifica dei risultati otte•nuti 88• E' in questo quadro che trova collocazione un ministero del Bilancio e della programmazione economica •pròfondamente rinnovato nelle sue strutture e nella sua organizzazione. Si può, anzi, paradossalmente affermare che la collocazione del CIPE nell'ambito della Presidenza del Consiglio, oltre a rivitalizzare il Comitato e le sue articolazioni, gioverebbe allo stesso ministero del Bilancio, che si trova attualmente compresso fra l'esigenza di portare nei comitati di programmazione una propria linea che superi il settorialismo delle amministrazioni tecniche di settore e l'esigenza che il suo ministro, in quanto presidente delegato dei comitati interministeriali economici, riesca a mediare le posizioni,. spesso divergenti, degli altri ministeri. Allo stato attuale delle cose, infatti, il ministro del Bilancio e della programmazione economica si trova nella strana posizione che è stata definita di « ministro in comitato »", di un ministro cioè che trova il suo punto di forza non in una struttura burocratica, ma nello stare in un comitato interministeriale, conseguenza estrema dell'abbandono del modello tradizionale cavounano in base al quale le funzioni del mi-
nistro sono eguali a quelle del ministero 38 Senonch, per il ministro del Bi'lancio il problema assume un aspetto del tutto particolare in quanto egli è delegato dal presidente del Consiglio alla presidenza dei comitati interministeniali di programmazione88 ed ha quindi funzioni notevolmente superiori a quelle dell'apparato ministeriale a lui sottoposto, essendo di fatto presidente di quegli stessi comitati di. cui è pure membro come titolare di un Dicastero. Si verifica così quella situazione,. già ipotizzata nel 1973 da Serrani, di « un processo di scissione fra ministro, in quanto membro del Comitato, e la sua struttura burocratica nel senso che posizioni prese dal primo nel Comitato non riflettono - o riflettono solo molto parzialmente - le impostazioni della seconda »°. In conclusione si può quindi affermare che la collocazione del CIPE, e quindi anche del CIPAA che in questo momento ci interessa, nell'ambito della Presidenza del Consiglio rivitalizzerebbe il Comitato fornendogli l'autorità del presidente del Consiglio e consentirebbe allo stesso tempo al ministero del Bilancio di esplicare pienamente le sue funzioni di struttura tecnica di supporto al metodo della programmazione. L'ORGANIZZAZIONE DEL MINISTERO DEL BILANCIO PER IL CIPAA
La particolare posizione del ministro del Bilancio, che ha funzioni di presidente, sia pure delegato, di un collegio di cui è pure membro come titolare di un dicastero, comporta notevoli implicazioni per la struttura del ministero del Bilancio e della programmaziorie economica. Infatti, la duplicità di funzioni del ministro si riflette sui funzionari incaricati di seguire il CIPAA e il settore agricolo, i quali riproducono in sé le contraddizioni illustra-
17 te fra le attribuzioni del ministro e quelle del ministero di cui fanno parte. Le medesime persone vengono a cumulae due incarichi nettamente diversi: quello di funzionari di una amministrazione facente parte, ad egual titolo delle altre, del Comitato, e quello di staif della Presidenza del Comitato stesso della quale è, di fatto, titolare il loro ministro. Nella prima veste i funzionari in questione dovrebbero elaborare una politica agricola coerente con gli indirizzi generali del ministero del Bilancio e concorrere, così, alla formazione della volontà del ministro, in quanto staff della Presidenza del Comitato dovrebberò invece coordinare le proposte delle varie amministrazioni componenti i] CIPAA sulla base degli obiettivi genèrali della politica economica del paese Il dualismo avrebbe potuto essere superato grazie ad una divisione dei compiti di struttura e di quelli di staff della Presidenza fra uffici diversi, composti quindi di persone fisiche diverse, collocati l'uno nella generale organizzazione del ministero, l'altro nell'ambito della segreteria degli organi collegiali. Così, la costituzione del Comitato «nell'ambito del CIPE » (art. 2, primo comma, legge 984/77) avrebbe dovuto indurre a collocare la segreteria del CIPAA, secondo quanto stabilito dal DPR 30 giugno 1972 n. 505 (riordinamento del Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica), nella Div. X della Direzionè generale per l'attuazione della programmazione economica 42; quanto al Gruppo di lavoro interministeriale CIPAA, esso avrebbe dovuto collocarsi nell'ambito della Div. XI' della stessa Direzione generale ', e le strutture proprie del ministero in materia agricola, sempre in base al Citato DPR n. 505, fra la Div. VIF' 44 la Div. X°', e la Div. della Segreteria generale, e presso la Div. via della Direzione generale attuazione. Ebbene, questo complesso organigramma non ,
si è mai realizzato. All'interno del ministero del Bilancio esiste una sola struttura che deve assolvere entrambi i compiti, di staff della presidenza e di organo del ministero: la Divisione via della DG per l'attuazione della programmazione economica. In tale ufficio, che è al tempo stesso l'unica struttura del ministero del Bilancio ad occuparsi di agricoltura, si è concentrato il CIPAA; i soli compiti di segreteria amministrativa sono svolti dalla preesistente segreteria del CIPE. In tal modo, a causa della scarsità numerica dei funzionari addetti 48, per motivi di urgenza istruttoria la concentrazione in una unica struttura delle funzioni di staff della presidenza e di organo del ministero ha finito col fare puntualmente prevalere la prima di tali funzioni; viene invece penalizzata quella funzione « propositiva » che dovrebbe essere peculiare del ministero del Bilancio e della programmazione economica Le forti discrasie fra organigramma teorico e organigramma reale dimostrano, inoltre, l'assuMità dell'adozione per il ministero del Bilancio 'e della pÉogrammazione economica del tradizionale modello organizzativo per divisibni, tipico delle nostre strutture burocratiche centrali, e sottolineano, altresì, l'assoluta mancanza di razionalità dell'attuale bipartizione del ministero in Segreteria della Programmazione e Direzione Generale Attuazione 30 I due momenti, di elaborazione e di verifica, non possono essere separati: l'elaborazione programmatica rimane monca se non prevede l'attuazione degli interventi individuati; il momento esecutivo diviene asettica applicazione se slegata dal contesto del momento ideativo degli interventi stessi; la separazione burocratica dei due momenti in strutture del tutto indipendenti priva il processo programmatorio della sostanziale unità che invece richiede. Alla luce di queste considerazioni, il CIPAA
18 diviene quindi ad un tempo vittima e dimostrazione dei guasti organizzativi da cui è attualmente affetto il ministero del Bilancio.
IL PIANO AGRICOLO NAZIONALE COME NON PROGRAMMA
L'analisi sin qui condotta sulle disfuizioni istituzionali ed organizzative del CIPAA è della massima importanza per comprendere la natura e la portata del Piano agricolo nazionale ex legge 984/77, primo concreto risultato del Comitato. Si è in precedenza affermato che il Piano agricolo nazionale non è un vero e proprio atto di programmazione e non costituisce un sostanziale mutamento di rotta rispetto alla logica dei precedenti interventi pubblici in agricoltura - piani verdi" - ma rappresenta, di fatto, un momento di compromesso fra il tentativo dell'Amministrazione centrale di recuperare il potere perduto con il DPR 616 e le istanze regionali. Ebbene, si può legittimamente affermare che la natura sostanzialmente •non programmatoria del piano trae origine da un lato da fattori presenti nella stessa legge 984/77 istitutiva del CIPAA, e che potremmo definire « genetici », derivanti da precise volontà politiche espresse in sede parlamentare, e dall'altro da vizi di funzionamento del Comitato, riconducibili alle disfunzioni rilevate nelle pagine precedenti. Sotto il primo profilo, occorre rilevare che il Piano agricolo nazionale « adottato » dal CIPAA il 13 dicembre 1979 e approvato dal Consiglio dei ministri il giorno successivo, nasce già fortemente condizionato dalla legge 984/77 che, per ciascuno dei sette settori considerati 52, prevede l'indicazione degli indirizzi generali da seguire nel Piano e la ripartizione per settore degli stanziamenti, e lascia al CIPAA la specificazione
degli indirizzi generali, l'individuazione degli obiettivi e la ripartizione dei finanziamenti fra Stato e regioni e fra le regioni stesse 53 La legge 984 si configura così come una tipica legge di procedura, tendente non tanto a produrre piani operativi quanto piuttosto a definire le procedure •per l'adozione dei piani medesimi; in altre parole l'oggetto della legge non è il piano ma una metodologia di spesa. Il Parlamento, pertanto, non ha predisposto né individuato gli obiettivi del Piano se non per linee generalissime, rimandandone la definizione in sede di esecutivo e conseguentemente delégando ad altri la risoluzione di questioni non preliminarmente riscAte fra le forze politiche e sociali. Infatti, la mancata individuazione in sede parlamentare degli obiettivi prioritari del piano. sposta nel CIPAA la composizione degli interessi in gioco in precedenza non armonizzati dal Parlamento. In tal modo il Comitato diviene oggetto di differenti e spesso conflittuali pressioni settoriali che non sono riuscite a trovare una composizione « forzata » (o piuttosto una mediazione politica) in sede parlamentare. Alla mediazione « politica» (è la legge che compone in modo coattivo i diversi interessi) si sostituisce una mediazione - da attuarsi in sede « amministrativa» (la legge rimanda i contrasti di interesse a istanze politico-amministrative con delega a risolverle). In questo modo si sono però favorite le potenziali tensioni presenti nell'ambito del CIPAA per la sua stessa natura di organo collegiale e per il modo in cui è stato istituito, e si è fatto del Comitato un mero organo di mediazione dei vari interessi in gioco senza un proprio autonomo rilievo. Infatti, tutti gli elementi ora indicati la generica previsione in sede legislativa degli indirizzi generali limitata a semplici quanto vaghe linee di massima per ciascuno
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19 dei settori considerati; la delega all'esecutivo delle decisioni circa il «quantum » di finanziamenti da lasciare alla competenza nazionale ed il « quantum » da assegnare alle regioni, ecc. - hanno creato le premesse per un non corretto funzionamento del CIPAA, che non poteva che divenire il luogo ove, trascurando l'elaborazione programmatica, si attua una mera contrattazione per la ripartizione delle disponibilità finanziarie fra le diverse istanze che lo compongono (o meglio, tra gli interessi particoLari di cui queste istanze sono portatrici). Tutto ciò si è puntualmente verificato, in quanto, come si vedrà in dettaglio più avanti, la questione del riparto dei fondi fra Stato e regioni, fra le regioni stesse e fra le singole amministrazioni centrali ha finito pèr essere il motivo conduttore dii tutto l'operato del CIPAA in merito al Piano, a scapito della sua funzionalità di organo, della programmazione e della valenza programmatica del piano stesso. Un secondo elemento, che ha influito negativamente sul Piano, anch'esso di natura « esterna » al CIPAA e scaturente dal contesto politico generale, si ricollega al fatto che il Piano agricolo nazionale ex legge 984 si è trovato nei fatti a dover sostenere un ruolo e ad assumere un peso che originariamente non doveva avere. Negli intendimenti dei governi di « solidarietà nazionale » durante i quali nacque la legge 984, il Piano agricolo nazionale doveva costituire solo una parte di un più ampio e generale « Piano agricolo alimentare », cioè di un « quadro organico di proposte intese ad orientare la politica economica per l'agricoltura e tale da potersi concretizzare in un sistema di atti programmatori e di strumenti di intervento, secondo le priorità e le compatibilità fissate con la partecipazione attiva e responsabile delle forze politiche, sociali e delle regioni » Senonché la caduta dei governi di solidarie-
tà nazionale ha coinciso con l'accantonamento del Piano agricolo alimentare", e la legge 984 è rimasta un fatto isolato. Né essa era in grado, da sola, di assicurare un organico intervento pubblico in agricoltura in quanto costituiva una decisione parziale di politica agricola avente finalità essenzialmente produttivistica, e •non affrontava problemi strutturali e più generali come la politica strutturale e la politica del territorio In realtà, al momento dell'emanazione della legge 984 erano già previsti provvedimenti legislativi che affrontavano aspetti parziali dell'intervento pubblico in agricoltura: la legge 352/76 sulle zone svantaggiate per la politica del territorio - e la legge 153/75 di applicazione delle direttive strutturali CEE per la politica strutturale. Senonché « lo sviluppo degli interventi pubblici (agricoli) è stato... caratterizzato dalla fondamentale mancanza di riferimenti organici per l'individuazione e l'attuazione di quelle politiche che compongono ed articolano ogni possibile azione in tale campo: le politiche delle strutture, delle produzioni e dei territori » La conseguenza di questa situazione è che le diverse linee di intervento si sono sviluppate parallelamente, se non antiteticamente, determinando tre diverse programmazioni orientate su criteri diversi ". Pur in presenza di questi grossi limiti, la legge 984 venne comunque salutata come un notevole passo avanti in quanto contenente una serie di grosse novità: la creazione del CIPAA venne vista come un superamento della settorialità dell'intervento pubblico in agricoltura che intendeva evitare un arroccamento intorno al ministero dell' Agricoltura e offriva la possibilità di un raccordo degli interventi nel settore delle varie amministrazioni centrali interessate; il sisitema previsto per la ripartizione dei finanziamenti (la determinazione degli obiettivi deve precedere le scelte finanziarie) ve-
niva giudicato rispettoso di un corretto rapporto tra programmazione economica e programmazione finanziaria, tale da consentire il superamento della logica della spesa « a pioggia » propria dei precedenti piani verdi; pur con limiti di fondo variamente commentati, la nuova legge sembrava costituire un momento di incontro fra competenze statali e competenze regionali soprattutto là dove si prevedeva l'attiva partecipazione delle regioni, sia pure con funzioni solo consultive, alla elaborazione del Piano nazionale . In realtà, la gran parte di queste aspettative è andata disattesa in quanto, proprio per le disf unzioni istituzionali ed organizzative del .CIPAA, frutto cli ben precise volontà politiche, il .Piano agricolo nazionale ha tradito le' premesse della legge 984. 1.1 fatto è che nel CIPAA « preponderante... è stata la funzione del Ministero dell'Agricoltura e Foreste, in omaggio ad una non superata divisione burocratico-amministrativa dei compiti dello Stato che tarda ad essere sostituita con una riaggregazione funzionale dei poteri intorno ad obiettivi di gestione complessiva e programmata dell'economia » 60 Il Piano, in effetti, è stato integralmente elaborato dal 'ministero dell'Agricoltura; in tutta la vicenda il CIPAA è stato solo formalmente il nuovo centro di direzione della politica agraria, ma in realtà ha costituito solo un centro di mediazione delle diverse amministrazioni operanti nel settore. In tutta la fase di elaborazione, sia dello stralcio che del Piano definitivo, « il Ministero [dell'Agricoltura] ha avuto un ruolo determinante, sicuramente più ampio di quello assegnatogli nelle •previsioni di legge: esso ha preso l'iniziativa dello stralcio e delle modificazioni procedurali; è stato il principale centro di riferimento dell'attività di elaborazione dello 'stralcio e del Piano plurien.nale, attraverso un sistema di rap-
porti diretti Ministero-regioni.., che si innesta in una tendenza riscontrabile già prinia della legge n. 984 anche nella legislazione. Il CJPAA - soprattutto durante l'elaborazione del Piano stralcio - non ha assunto il peso che la stessa legge voleva che avesse. Non diversamente è accaduto per la commissione interregionale » 61 In tutte le fasi di elaborazione del Piano, prima dell'attuazione delle procedure previste dalla legge 984, il ministero dell'Agricoltura, sfruttando i tradizionali collegamenti stabiliti con gli organismi regionali, ha sempre proceduto a consultazioni informali tra ministro e assessori, tra esperti e fuhzionari ministeriali e assessori o, ancora, tra esperti e funzionari ministeriali e funzionari regionali, 'ponendo poi il CIPAA di fronte al fatto compiuto. C'è da chiedersi, fra l'altro, quale vantaggio ritenevano di ricevere le Regioni da questo « interlocutore privilegiato » che metteva in atto tutto il suo attivismo per espropriarle delle loro funzioni; sin troppo chiaro è, invece, l'obiettivo che si proponeva il ministero dell'Agricoltura. A livello ufficiale il ministero in questione motivava l'adozione di queste procedure informali con la necessità di accelerare al massimo i tempi; ma come è stato osservato « è facilmente constatabile che se fossero state applicate le procedure della legge, il piano sarebbe stato approvato dal Consiglio dei Ministri almeno con due mesi di anticipo » 62, La diretta esperienza dei funzionari incarkati di seguire i lavori del CIPAA insegna infatti che le procedure formali sono state intervallate da lunghi periodi di silenzio durante i quali il ministero dell'Agricoltura procedeva per suo conto alle consultazioni informali. Quanto all'altra motivazione addotta dal ministero dell'Agricoltura per giustificare la opportunità delle doppie procedure, la necessità di evitare che ciascuna regione ve-
21. fisse a trovarsi isolata rispetto alle altre, ogni commento sembra superfluo. In realtà 'l'obiettivo vero del ministero dell'Agricoltura era, ed è, quello di creare all'interno dell'Amministrazione centrale un organo di fatto sostitutivo del CIPAA con capacità anche di imporre la propria volontà alle regioni in una forma' e in una sede del tutto extra-legem. In questa chiave ,possono così essere spiegati i non facili rapporti fra il ministero dell'Agricoltura e le altre Amministrazioni componenti il CIPAA, perpetuatisi per tutto il 'processo di formazione del Piano. Ci si riferisce in particolare ai contrasti con il ministero dei Lavori pubblici, in materia di irrigazione ed a quelli con il ministero dell'Industria circa la gestione degli impianti di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli; a quelli, infine, con il ministero delle Partecipazioni statali circa la possibilità di queste ultime di partecipare ai finanziamenti della legge, oltre a quello di fondo con il ministero del Bilancio che tentava di far valere il proprio ruolo di coordinamento. Tutti questi contrasti sono stati « mediati » in sede CIPAA con un coordinamento puramente formale che, nel lasciare inalterate le' competenze ,dei vari dicasteri, ha di fatto escluso dai fi'nanziamenti della legge 984 tutte le amministrazioni centrali con l'eccezione, ovviamente, del ministero dell'Agricoltura che si è accaparrato l'intera quota. dei fondi destinati a interventi di competenza nazionale. E' venuto così a mancare nel Piano quell' approccio intersettoriale che avrebbe dovuto differenziarlo dai piani verdi: analogamente a' questi ultimi, esso non è che la previsione sconnessa di interventi variegati, espressione della visione, necessariamente ristretta, della tradizionale amministrazione tecnica di settore. Sempre con riferimento ai 'piani verdi, si può inoltre notare come
in sede di elaborazione del piano è velluto a mancare proprio l'elemento più innovativo della legge 984: la ripartizione delle disponibilità finanziarie sulla base di obiettivi territorialmente disaggregati. Ciò che, infatti, avrebbe dovuto differenziare il Piano agricolo nazionale dai piani verdi, che prevedevano soltanto flnanziamenti indistinti (« a pioggia ») 63, era essenzialmente il tentativo di finalizzare i finanziamenti ad obiettivi ben individuati. L'innovazione recata dalla legge 984, peraltro, non si è mai realizzata: gli obiettivi produttivi non sono mai stati individuati (se non come indicazione tendenziale frutto di mere proiezioni statistiche) né tantomeno sono stati disaggregati a livello territoriale; per il riparto dei fondi si è ricorsi al tradizionale metodo dei parametri « oggettivi » 64 Questa trasgressione del disposto legislativo, su cui ha certamente pesato la difficoltà di individuare metodi statistici adeguati nònché la scarsa disponibilità di dati per la individuazione a livello territoriale degli obiettivi da conseguire, ha però anche origine dallo scarso entusiasmo suscitato da nuove metodologie, basate su di una logica puramente economica, che mettono in forse delicati equilibri politici faticosamente raggiunti fra le varie istanze interessate (Stato,, regioni) nel riparto dei 'finanziamenti. In questa chiave può essere letta tutta la vicenda, travagliatissima, della ripartizione dei fondi fra Stato e regioni, che ha assorbito gran parte del lavoro istruttorio del Piano. Nel primo schema di Piano il ministero dell'Agricoltura si era riservato una quota considerevole dei finanziamenti complessivi, inventando allo scopo lo strumento dei «programmi nazionali di coordinamento» che la legge 984 non ha mai previsto Le vivaci proteste delle regioni hanno indotto poi il ministero dell'Agricoltura ad accettare la riduzione della quota di competenza
22 nazionale al 19 0"o dei finanziamenti globali ed a convertire i « programmi nazionali di coordinamento » in « programmi regionali coordinati ». Ciò significa che per gli interventi previsti nell'ambito di questi programmi coordinati, i finanziamenti sono assegnati alle regioni direttamente dal CIPAA, ma che questi fondi particolari debbono avere destinazione vincolata; nell'ambito della legge 984/77, dunque, le regioni, per ogni settore individuato dalla legge, ricevono fondi « per attività generali » (da usarsi per il settore previsto ma con libertà di scelta del tipo di interventi) e fondi per i «programmi regionali coordinati » (in cui le regioni sono vincolate anche nel tipo di interventi da realizzare). In questo modo le regioni, ricadendo nell'ottica delle « briglie d'oro », pur di avere la maggiore quantità possibile di finanziamenti, hanno accettato che il 100/o dei fondi loro riservati avesse destinazione vincolata oltre che per settore, come già previsto dalla legge 984, anche per tipo di interventi da realizzare 00 Il risultato finale di questa contrattazione è che il ministero dell'Agricoltura gestisce direttamente - attraverso gli interventi di competenza nazionale - o indirettamente attraverso i programmi regionali coordinati - più del 27% delle risorse complessive della legge 984 ° . Questa assunzione diretta da parte dell'amministrazione centrale di interventi che, spesso, sono di esclusiva competenza nazionale può anche trovare una motivazione nella permanente difficoltà di alcune regioni di amministrare i fondi loro assegnati; è certo, tuttavia, che non si può risolvere il problema riaccentrando le materie devolute alle regioni, né tantomeno svuotando di contenuti un provvedimento legislativo proprio dei suoi caratteri innovativi; in ogni caso il processo di sostituzione dell'attività
regionale non può essere effettuato da una singola amministrazione - il ministero dell' Agricoltura - ma dall'intero governo che se ne assume così in proprio la responsabilità. La vicenda del Piano agricolo nazionale dimostra invece che si è verificato proprio questo processo; dimodoché l'ottica della legge è stata del tutto rovesciata, e si è curato il solo momento finanziario, trascurando invece la parte più propriamente programmatica, la ripartizione dei fondi sulla base degli obiettivi. In questo modo il Piano agricolo nazionale divenuto un mero strumento per iniettare maggiore spesa pubblica in agricoltura, privo di ogni contesto programmatico e sostanzialmente non dissimile dalle precedenti esperienze (piani verdi). La vicenda della legge 984 mostra così due antitetiche tendenze di fondo: la prima ripropone un modello settoriale e verticale del sistema di intervento pubblico in agricoltura im'perniato sul ministero dell'Agricoltura - tendenza vincente nella vicenda del Piano agricolo nazionale -; l'altra si basa sulla necessità di attuare un sistema di interventi pubblici coordinati in tutti i loro aspetti potenziando le forme decisionali collegiali governative, come il CIPAA, sistema che era negli auspici dei promotori della legge 984 e che è rimasto nel limbo delle buone intenzioni per la mancanza di una precisa volontà politica in merito. E proprio l'assenza di una precisa volontà politica ha consentito il verificarsi ed il permanere delle disfunzioni istituzionali ed organizzative del CIPAA illustrate nelle pagine precedenti. Infatti, « dietro le carenze organizzative e le clamorose inadempienze c'è la resistenza contro qualsiasi ipotesi di programmazione in agricoltura » Una politica agraria limitata ad una legge di procedure ed essenzialmente produttivistica, come la legge 984,
23 senza la previsione di un più generale quadro programmatico e senza le necessarie riforme organizzative ed istituzionali, non può che favorire le tendenze e gli interessi di chi vuole interventi finanziari generici che non intacchino interessi consolidati. La vicenda del CIPAA, peraltro, non in-
dica tanto il fallimento della legge 984, piuttosto induce a riflettere sulla necessità di valorizzarne immediatamente gli aspetti positivi, inserendola ip un più ampio contesto programmatico e dotando il CIPAA dei mezzi necessari per esplicare in pieno •la sua funzione.
Si pensi, ad esempio, alla regolamentazione del mercato dello zucchero con l'istituzione di quote produttive rigide il cui superamento comporta penalità a carico dello Stato inadem.pientc. 2 L'art. 17 della legge 16 maggio 1970, n. 281, prevede infatti, al punto a), che nelle materie trasferite alla Regione « resta riservata allo Stato la funzione di indirizzo e di coordinamento delle attività delle Regioni che attengono ad esigenze di carattere unitario anche con riferimento agli obiettivi del programma economico nazionale ed agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali ». Il successivo DPR 15 gennaio 1972, n. 11, all'art. 8, afferma, inoltre, che la funzionè di indirizzo e di coordinamento spetta al Consiglio dei ministri, su proposta del presidente del Consiglio dei ministri; peraltro, l'esercizio della funzione stessa « può essere delegato di volta in volta al CIPE dal Consiglio dei ministri per la determinazione dei criteri operativi nelle materie di sua competenza oppure al Presidente del Consiglio dei ministri con il Ministro competente quando si tratta di affari particolari ». Infine, il DPR 24 luglio 1977, n. 616, specifica i rapporti che devono intercorrere tra programmazione nazionale e programmazione regionale; in particolare, l'articolo 71 di tale decreto prevede i contenuti della programmazione nazionale in agricoltura, stabilendo che e in sede di programmazione nazionale per la realizzazione della politica delle produzioni e di mercato dei prodotti agricoli e della politica dell'alimentazione, sono determinati gli indirizzi produttivi e gli obiettivi anche quantitativi, le aree da favorire, i livelli 'massimi di incentivazione, gli strumenti per la gestione della politica di mercato, gli indirizzi generali per l'attuazione dei regolamenti e direttive comunitarie, nonché il coordinamento finanziario degli interventi regionali con quelli nazionali attinenti ai mercati ». Non ci si occupa, perciò, in questa sede della problematica attinente l'attuazione della programmazione in sede regionale. Le regioni saranno comunque prese in considerazione in quanto partecipanti al procedimento di elaborazione della programmazione nazionale in agricoltura. Il primo Piano agricolo •pluriennale ex legge 984/ 77 è stato avviato nel 1979 con il prodromo di uno stralcio nel 1978.
Ofr. in merito, G. ENDRICi e F. ZUELLI, Nuovi organi di politica economica: CIPI, CIPES, CIPAA, in Legislazione economica, settembre 1977-agosto 1978, rassegne e problemi, Giuffré, Milano 1979. 6 D. SERRANI, L'organizzazione per Ministeri, Paperbacks Officina, Roma 1979, p. 55. Anche Endrici e Zuelli (Nuovi organi..., cit. p. 389) rilevano che la logica sottostante all'istituzione dei tre comitati è « quella di svalutare il ruolo del CIPE a favore dei più ristretti comitati settoriali ». La stessa Commissione Piga, istituita dal governo per esaminare e proporre i criteri della ristrutturazione dei ministeri, secondo le direttive convenute nell'ordine del giorno del Senato del 10 luglio 1980, si è chiesta se « l'enucleazione dall'ambito del CIPE di Comitati interministeriali, che sono attributari di competenze specifiche in materia economica e finanziaria, deriva dall'esigenza di provvedere a realizzare politiche settoriali cui un organo come il CIPE non può attendere per la sua corposa composizione o consegue, invece, dal fatto che è prevalsa una linea di indirizzo che abbandona la programmazione globale e sceglie la programmazione di settore, ovvero, scaturisce addirittura dalla necessità della politica economica (la gestione della crisi) che sollecita dallo Stato interventi ed organi di intervento più agili, differenziati e flessibili, non condizionati, cioè, operativamente da modelli rigidi e precostituiti? ». Nessuna di queste ipotesi è rifiutata in quanto la risposta potrebbe essere positiva per tutti e tre i quesiti » (in e Democrazia e Diritto», n. 4,1981, p. 157). M . S. GIAr'muNI, Diritto pubblico dell'economia, Il Mulino, Bologna, p. 283. 8 Eppure, i comitati interministeriali, già presenti in periodo fascista sia informalmente che formalmente, erano nati proprio come rimedio alle difficoltà di dialogo approfondito tra ministri, alla deformazione politica di tante questioni, al difetto di preparazione tecnica ed amministrativa dei mininistri. In 'realtà, i comitati interministeriali, rappresentavano la soluzione organizzativa più rapida di fronte alla impossibilità concreta di realizzare il disegno costituzionale che vede nel presidente del Consiglio il momento di composizione delle divergenze tra ministri quando il Consiglio dei ministri non giunga a determinazioni concordi. M.S. GIANNINI, Ibidem, p. 282-284 e nota 2, p. 12.
24 Fu proprio per uscire dalla situazione ora descritta, che alla fine degli anni Sessanta si soppressero quasi tutti i comitati interministeriali di natura economica, facendoli confluire nel CIPE con sede presso il ministero del Bilancio e della programmazione economica. Cfr. G. ENDRICI e F. ZUELLI, I nuovi organi..., cit. 10 D. TABET, Rapporti tra la legge Quadrifoglio e
cooperative giuridicamente riconosciute nonché altre associazioni nazionali operanti nei settori interessati dal Piano. 20 Il meccanismo dell'intesa, creato dalla Cassa per il Mezzogiorno quando si rese conto che la regione Sardegna aveva competenze che impedivano l'intervento centrale, viene definito da Cassese « un'istituzione obsoleta del nostro ordinamento »
in, Le due vite dell'agricoltura italiana: separazione e integrazione nell'organizzazione agricola pubblica, nella raccolta, La politica agraria in Italia,
la legislazione regionale in materia agricola: esame comparato, principi di coordinamento, valutazioni. L'elaborato, realizzato su incarico del mini-
Editori Riuniti, Roma. 21 L'art. 5 della legge 984/77 prevede che « le regioni, previa acquisizione dei pareri, in analogia a quanto previsto nel precedente articolo 4, approvano entro 30 giorni, i loro programmi relativi ai settori di cui alla presente legge... ». 22 S. BARTOLE, Rilievi sul testo finale della legge <quadrifoglio », in « Le Regioni », 1978, •p. 266. 23 G. ENDRICI e F. ZUELLT, I nuovi organi..., cit. p. 402. 24 ibidem, ,p. 403. 25 S. CASSESE, Le due vite ... , cit., p. 137-138. 28 E' indubbio, comunque, che le assegnazioni indistinte stimolano le pretese delle regioni, sem.pre pronte a chiedere fondi ad hoc •per tipi particolari di interventi. 27 La delibera del 13 dicembre 1979 è stata pubblicata nel supplemento straordinario alla « Gazzetta Ufficiale o contenente il testo definitivo del Piano agricolo nazionale. 28 Il Piano agricolo nazionale non si limita infatti ad amministrare i soli fondi ex lege 984/77 ma coordina tutti i provvedimenti organici in materia agricola. Il primo momento di tale coordinamento è proprio la ripartizione fra le regioni dei fondi apportati da tali provvedimenti con gli stessi criteri di una « structure lourde »: il Ministero dell'Agri- adottati .per i fondi specifici della legge 984. coltura, in « La questione agraria o, n. 1, 1981, 29 In verità in questo caso « il Ministro compep. 186. L'A, afferma che « non possono non sortente » non è sempre quello dell'Agricoltura per. gere dubbi sulla effettiva capacità degli organi ché, ad esempio, nelle questioni finanziarie « comcollegiali di governo a svolgere le funzioni istrutpetente » è il ministro del Tesoro. torie e decisionali assegnategli dalla legge in man30 canza di proprie strutture tecniche di supporto Per il 2 0 dell'art. 16 della legge 48/67 istitutiva del CIPE « ferme testando le competenze del ed in presenza, invece, della loro concentrazione Consiglio dei Ministri e subordinatamente ad esse, nel ministero [Agricoltura] o in enti ad esso collegati o. il Comitato interministeriale per la programmazione economica predispone gli indirizzi di politi. 1 -5 Irrigazione, forestazione, territori di collina e ca economica... o. montagna, zootecnia, ortoflorofrutticoltura, vitivini31 coltura e colture arboree mediterranee. D. SERRANI, Il Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica, « Rivista trimestrale 10 I soli settori forestazione e irrigazione hanno di diritto pubblico», n. 1, 1973, p. 74. durata decennale. 32 G. VISENTINI, Problemi economici e loro pro17 « ... il CIPAA esercita, nei limiti previsti dalla fili giuridici, in Legislazione Economica settembre presente legge, le funzioni attribuite al CIPE in 1976-agosto 1977, Giuffré, Milano 1978, p. 9. materia di politica agricola alimentare ». 33 Relazione Piga, cit., p. 158-159. 111 Sin dall'inizio, comunque, ftmzionari dell'Ufficio .14 del neo-costituito ministro hanno partecipato alle Cfr. in merito E. D'ANIELLO, Un disegno di riunioni del gruppo di lavoro interministeriale legge sugli organi della pro gram.mazione, in « Deoperante nell'ambito del CIPAA. mocrazia e Diritto o, n. 4, 1981; e A. CANTARO, La riforma..., cit. 19 Unioni nazionali delle associazioni riconosciute dei produttori dei settori interessati, organizzazio- 35 Cfr., ad esempio, D. Serrani, L'or ganizzazioni sindacali e professionali, associazioni nazionali ne..., cit., p. 55. stro del Bilancio e della programmazione economica è agli atti del ministero stesso. supplemento straorIl Piano Agricolo Nazionale, dinario alla «Gazzetta Ufficiale », n. 288 del 20 ottobre 1980, pp. 107-108. 12 Cfr. anche A. CANTARO, La riforma del Ministero del Bilancio, in « Democrazia oggi », luglio-agosto 1981. 13 Il disegno di legge di riforma del ministero del Bilancio e della programmazione economica, di recente presentato alle Camere (Atto senato numero 1394), sembra muoversi nella direzione qui indicata quando (art. 7) prevede l'attivazione di « nuclei di valutazione » cui viene affidata l'istruttoria tecnica dei piani di investimento pubbhci ai fini del loro esame da parte del CIPE e del Consiglio dei Ministri. Non si può non rilevare, peraltro che, in modo del tutto anomalo, il ddl governativo pone questa struttura non alle dirette dipendenze del CIPE, immediato fruitore dei suoi servizi, ma del segretario generale del ministero del Bilancio che è a sua volta alle dirette dipendenze del ministro (art. 6). Su tale aspetto cfr. A. CANTARO, La riforma..., cit. 14 Cfr. in merito C. DESI0ERI, Storia e ri/orma
-
25 E proprio in questo senso sembra orientata la Commissione Piga che affida al ministero del Bilancio compiti di coordinamento e di programmazione dell'intervento degli altri ministeri dell' economia e di controllo di gestione della pubblica amministrazione, cioè della verifica di efficienza e di economicità dell'amministrazione. Anche il ddl governativo per la riforftia del ministero è orientato in questa direzione, sia con l'istituzione dei nuclei di valutazione (cfr. nota 13, sia con l'istituzione di una Direzione generale del programma (artt. 9, 11) - incaricata della verifica e compatibilità dei programmi settoriali e regionali, nonché la formulazione di proposte per il coordinamento di tali programmi -' sia di un Ispettorato generale del programma, - artt. 9, 12, che dovrebbe assicurare il sistematico accertamento dei programmi e degli investimenti delle pubbliche amministrazioni. 31 Cfr. D. SERRANI: L'organizzazione..., cit., p. 55. 58 Cfr. S. CASSESE: Le due vite..., cit., pp. 137138. 311 In pratica le funzioni di presidenza dei comitati sono quasi sempre svolte dal ministro del Bilancio. ° D. SERRANI Il Ministero del Bilancio..., cit., p. 91. 41 In assenza di un programma economico nazionale questo dualismo fra posizione del ministro e politica economica del governo si può verificare assai di frequente. 42 Divisione per i servizi di segreteria del CIPE e dei comitati e commissioni interministeriali. 43 Divisione per l'istruttoria inerente ai program. mi ed ai progetti per la creazione o per l'ampliamento di impianti industriali da sottoporre al CIPE ai fini della valutazione della loro conformità agli indirizzi della programmazione economica nazionale. " Divisione per la programmazione delle attività agricole. 45 Divisione per i rapporti con le Regioni ai fini della programmazione economica. 48 Divisione per l'organizzazione dei rapporti internazionali, dei rapporti con la Comunità Economica Europea e con gli altri organismi internazionali. 47 Divisione per i rapporti attuativi concernenti le attività agricole. 48 Attualmente, due dirigenti e tre direttivi. 49 Non è forse neppure il caso di sottolineare che questo problema rientra nella generale crisi di identità del ministero del Bilancio dovuta, fra l'altro, anche, e soprattutto, al venire meno di questo momento propositivo. 50 L'inadeguatezza della tradizionale struttura ministeriale per il ministero del Bilancio non sembra essere stata recepita a livello governativo, tantoché il ddl per il riordinamento del ministero prevede un'articolazione del tutto tipica in due Direzioni generali (dell'economia e del programma), in un Servizio centrale per gli affari generali
e il personale (peraltro già esistente) e, unica struttura relativamente atipica, un Ispettorato generale del programma che però ha tutti i requisiti per essere, di fatto, una Direzione generale diversamente denominata. ' Il primo Piano verde, previsto dalla legge 2 giugno 1961, n. 454 copriva il periodo 1961-65; il secondo Piano verde, previsto dalla legge 27 ottobre 1966, n. 910, copriva il periodo 1966-70. Anche il Piano agricolo nazionale ha durata quinquennale, 1978-82, ma per due settori, irrigazione e forestazione, ha durata decennale (1978-87). 52 Irrigazione, forestazione, zootecnia, ortoflorofrutticoltura ivi comprese le colture a fini di trasformazione industriale, colture arboree mediterranee, vitivinicoltura, terreni di coffina e montagna. < Cfr. art. 3, legge 984/77. 84 G. FABIANI, Si sono scordati dell'agricoltura, in «Informazioni Svimez », n. 19 del 15 ottobre 1978, .p. 820. 85 Nel luglio 1977 il ministro per l'Agricoltura presentò uno schema di indicazioni per un Piano agricolo-alimentare che costituì la base di discussione di tre convegni interregionali e, nel dicembre, di una conferenza nazionale. Dopo di allora, a livello governativo, non si è più parlato di questo Piano. 56 Cfr. G. FABIANI, Tre anni della legge « Quadrifoglio », bilancio critico di un tentativo di programmazione, «La questione agraria », n. 1, 1981. 51 G. PASTORI, Regioni e agricoltura alla svolta della programmazione, in «Le Regioni », n. 2-3, 1979, p. 334. s E' sintomatico che gli interventi previsti dalle leggi 153 e 984 siano gestiti, nel ministero dell' Agricoltura, da due diverse Direzioni generali (per la Produzione quelli della legge 984, per l'Economia montana quelli della legge 153) senza un sostanziale collegamento fra di loro. Peraltro, il problema torna oggi di attualità: infatti, le due leggi 352 e 153 sono ormai venute a scadenza, mentre la legge 984 è prossima alla sua conclusione (1982), almeno per ciò che concerne i settori produttivi. Una più decisa volontà politica potrebbe cogliere questo momento per varare organici provvedimenti interessanti non solo gli aspetti sopra delineati, ma anche tutti quelli qui non citati (credito agrario, collegamento con le industrie a monte dell'agricoltura ecc.). Cfr. in merito: G. FABIANI, Tre anni della legge..., cit., pp. 89-90; C. DESIDERI, Storia e riforma..., cit., pp. 184-186 ; G. MARCORA, La questione agraria e l'Europa, Edagricole, Bologna 1979;
I tre convegni interregionali sul piano agricolo«limentare, in « Agricoltura », n. 58, dicembre 1977; Il convegno nazionale sul piano agricoloalimentare, in « Agricoltura », n. 59, dicembre 1977. 80
Rapporto sull'Agricoltura italiana nel 1978,
« Ispe-quaderni », n. 16-17, 1979, p. 23. 61 C. DESIDERI, Storia e riforma..., cit., p. 187. 62
Ibidem.
63
Non va dimenticato che il Piano agricolo na.
26 zionale è stato elaborato in un contesto profondamente mutato rispetto a quello in cui vennero previsti i piani, verdi; ci si riferisce in particolare alla presenza delle realtà regionali ed alla maggiore incisività dei yincoli comunitari. Oltre a ciò i piani verdi erano piani meramente produttivistici di natura esclusivamente settoriale senza una visione globale; almeno nelle primitive intenzioni, il piano agricolo nazionale doveva 'porsi obiettivi più ampi in termini di riduzioni del deficit agroalimentare, di interventi sulle strutture di commercializzazione ecc. Per un giudizio complessivo sui piani verdi si veda G. PAsToRI, Regioni e agricoltura..., cit. p. 334. Per l'A, i piani verdi « .pur intitolandosi alla programmazione e non mancando di alcuni spunti al riguardo (si pensi alle «direttive regionali » del secondo Piano verde), rappresentarono per diffusa opiniore una articolata, ma eterogenea raccolta di misure fra loro diversificate, mirante più che altro a distribuire finanziamenti fra le' tante possibili iniziative variamente rilevanti per lo sviluppo agricolo e forestale». Per parametri «oggettivi » si intende quel complesso di indicatori economici (PLV, occupazione, rese unitarie, consistenza economica del set64
tore, ecc.) che vengono aggregati in vario modo, con diverso grado di ponderazione al fine di costruire un indice di ri.partizione. E' questo il metodo usualmente adottato per ripartire fra le regioni i trasferimenti statali di fondi. 65 Nello stralcio '78, il ministero Agricoltura, con la motivazione che i tempi non consentivano di adottare le procedure previste dalla legge, propose al CIPAA i programmi nazionali di coordinamento che di fatto espropriavano il Comitato di una delle sue funzioni fondamentali, consentendo al ministero citato di ripartire egli stesso i fondi fra le regioni in base ai programmi presentati. gli dalle regioni medesime. 66 In alcuni settori chave la percentuale dei fondi vincolati sale nettamente, raggiungendo il massimo (55,5% del totale dei fondi assegnati alle regioni) nel settore strategico della zootecnia. 67 Per una analisi dettagliata della vicenda del riparto dei fondi della legge 984 cfr. R. FINUOLA,
Lo stato dei finanziamenti e della spesa, per anno, per regioni, per settori di intervento e i destinatari della legge 984 », in «Notiziario Conicoltivatori », n. 17-19, luglio 1981, pp. 13 e ss. 68 G. FABIANI, Tre anni della legge ... , cit., .p. 100.
queste istituzioni 1982/1 1> semestre
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paperbacks/officina in collaborazione con il Centro Studi della Fondazione Adriano Olivetti
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Sergio Ristuccia
Amministrare egove:rnarâ&#x201A;Ź Governo, Parlamento, Amministrazione nella crisi del Sistema politico
I-.
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Officina Edizioni Roma, 1980
Centro Studi della' Fondazione Adriano Olivetti Quaderni di studi regionali 11
Programmazione , il taso delle . Ibe- ali .. ed comunitĂ montane a cura di Carlo Desideri
Il libro è pubblicato dalle
Edizioni di ComunitĂ Via Manzoni, 12 - 20121 Milano