Queste istituzioni 50

Page 1

501 qu11S

te Istituzioni 1982/1 ° semestre

PROFILI ISTITUZIONALI DEL GOVERNO PUBBLICO DELL'ECONOMIA IN FRANCIA Note sulle istituzioni giuridiche dell'economia concertata di Silvio Gambino

1. Obiettivi dello studio. Diverse possono essere le ragioni per ritornare alla questione della evoluzione storico-istituzionale, delle problematiche e dell'attuale assetto della pianificazione economica pubblica, in Francia, per verificarne, da una parte, l'adeguatezza come strumento di orientamento e regolamentazione dell'economia nel brevemedio periodo e, dall'altra, l'influsso esercitato sulla trasformazione delle istituzioni pubbliche e più in particolare sugli istituti e sulle forme di governo pubblico dell'economia. La ragione più prossima, quella almeno che ha motivato queste note, è tuttavia da individuare nell'esigenza di approfondire i problemi giuridico-istituzionali concernenti l'apparato economico dello Stato e di direzione pubblica dell'economia. Tale analisi potrà essere di notevole importanza se riuscirà, al contempo, nel compito di delineare i

limiti, più in generale, che l'intervento dello Stato nell'economia e la stessa «governabilità» delle istituzioni pubbliche economiche possono registrare nell'ipotesi di coalizioni di governo delle sinistre parlamentari. Il problema riguarda nell'immediato una serie di stati che, negli ultimi anni, hanno registrato significative evoluzioni di consenso elettorale alle sinistre parlamentari. In queste note, tuttavia, si terrà conto in modo esclusivo della esperienza francese di pianificazione economica e sociale 1 : dalla fase im. mediatamente postbellica, sostanzialmente orientata ad una gestione razionale degli aiuti economici del Piano Marshall per la ricostruzione del paese, attraverso la caratterizzazione che le istituzioni rinnovate della V Repubblica e della politica gaullista le hanno impresso, fino alla fase attuale, generai. mente riconosciuta di crisi, ma destinata, se-


VI

condo le idee del Pro jet Socialiste e il programma del nuovo governo Mauroy e dello stesso presidente della Repubblica Mitter• rand, ad una ripresa significativa di ruolo e di funzionamento.

'e

2. Novità istituzionali nell'esperienza francese di pianificazione. Alti-o obiettivo, che non sarà tuttavia argomento di approfondimento in questa sede, nel fare il punto sullo stato attuale della pianificazione francèse e sulle cause della crisi in cui questa versa, è quello di offrire argomento di riflessione sul fallimento del tentativo di introdurre anche in Italia, paese per molti aspetti (geografici, economici e politici) comparabile alla Francia, procedure e istituti giuridici di pianificazione dell'economia. Anzi, si può già osservare, come premessa, 'una 4strana contraddizione tra le due esperienze •politico-istituionali, dovuta a un rapporto, si potrebbe dire, inversamente proporzionale fra successo della regolamentazione-pianificazione del processo economico e grado-livello di previsione normativa (ordi-

nana e/o costituzionale) di procedure formalizzate e istituti di pianificazione. Mentre, infatti, la Costituzione italiana, nell'art. 41, 3° co., prevede esplicitamente una riserva legislativa per la determinazione di « programmi» e «controlli opportuni» (perché l'attivit'à economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali) e dunque il Parlamento come « titolare delle scelte fondamentali della pianificazione economica »2, il quadro normativo è ben più modesto nel caso francese. Se infatti la Costituzione del 27-10-1946 prevedeva, nell'art. 25, la consultazione obbligatoria del Conseil économique prima della approvazione di un piano, la Costituzione del 4-10-1958 non aggiunge molto, con,ciò significando che se la pianificazioneion scompare dal contesto normativo costituzionale, tuttavia non viene considerata come principio basilare, fondamentale, del nuovo regime politico-costituzionale 3 . Ciò per dire, molto semplicemente, che il ricorso alle norme costituzionali non aiuta granché nello sforzo di capire natura e portata giuridica delle

queste istituzioni 1982/1° semestre 1Direttore:

SERGIO RISTUCCIA - Condirettori: GIOVANNI BECFIELLONI (responsabile) e MASSIMO BONANNI.

DIREZIONE, REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE, Casella postale 6199 - 00100 Rosna Prati - Telefono 657.054. Conto corrente postale N. 57129009 - intestato a: GRUPPO DI STUDIO SU SOCIETÀ 9 ISTITUZIONI - casella postale 6199 - 00100 Roma Prati. « Queste Istituzioni » esce semestralmente in quattro o cinque fascicoli separati di 16-32 agine, ognuno dei quali dedicato ad un solo tema. Un fascicolo L. 1.800. Abbonamento ordinario: annuale L. 15.000. Periodico iscritto al registro della stampa del Tribunale di Roma al n. 14.847 (12 dicembre 1972). Spedizione in abbonamento postale - IV gruppo. STAMPA: Litospes - Roma.

Associato all'Uspi: Unione Stampa Periodica

Italiana


3 strutture amministrative dello Stato di fronte alle trasformazioni economiche e sociali contemporanee 4 Tuttavia •non si vuole lasciare intendere che una maggiore capacità e disponibilità delle istituzioni pubbliche, in Francia, ad introdurre procedure formalizzate di regolamentazione-programmazione dello sviluppo economico siano state in grado di inflettere la principale contraddizione che attraversa l'economia capitalistica, quella cioè tra detentori dei mezzi di produzione e lavoratori e di incidere in modo significativo sulle logiche imposte dal ciclo economico nazionale ma soprattutto internazionale 5 Ciò non di meno la Francia costituisce una sorta di eccezione nell'ambito dei paesi a capitalismo sviluppato, anche per questo tipo di ragioni. Dal I Plan de modernisation et d'équipement fino all'Vili, in corso di approvazione, e nonostante tutte le resistenze iniziali registratesi (in Francia come ovunque quando si tratta di imporre vincoli alla iniziativa economica privata) sui fronte padronale e su quello della stessa dottrina economica, si è potuto cioè registrare nel caso francese una esperienza di programmazione che ha avuto notevoli successi sia per gli obiettivi che si è proposto - sostanzialmente un rinnovamento della struttura economica, tecnologicamente arretrata rispetto agli altri paesi europei alla fine della TI guerra mondiale e uno sviluppo fondato su determinati comparti economici-chiave che in quanto tali sono aiutati dalla mano pubblica con esclusione degli altri - sia per la strumentazione giuridico-amministrativo-istituzionale che ha posto in essere e di cui si è avvalso, formalmente e sostanzialmente non basata sul potere coercitivo dello Stato quanto piuttosto sulla adesione dei soggetti economici privati destinatari degli orientamenti e delle decisioni del piano. Né deve meravigliare, da questo punto di .

-

vista, che l'esistenza cli una pianificazione economica e sociale che caratterizza l'azione governativa francese non sia riuscita ad evitare movimenti studenteschi e sociali, co.me quelli del maggio '68, ed offrire alla Francia condizioni diverse da quelle degli altri paesi occidentali, per quanto concerne l'inflazione, il ristagno economico, l'approvvigionamento di fonti energetiche, che maggiormente caratterizzano - secondo l'analisi economica - la crisi economica europea dal 1973 a tutt'oggi°. Non bisogna infatti dimenticare, come diremo meglio in seguito, che la pianificazione di cui si parla non è la pianificazione imperativa degli stati a democrazia socialista, ma uno sforzo di razionalizzazione nell'azione di governo da parte degli stati di democrazia capitalistica che, in quanto tale, di tali Stati assume le finalità di fondo e le stesse contraddizioni. Ciò detto, bisogna tuttavia aggiungere che se si tiene presente la storia politica e soc-iale francese dell'ultimo trentennio non si può non provare meraviglia di 'fronte al pa radosso di una pianificazione che, benché non cogente ma solo « indicativa », riesca tuttavia ad essere eseguita in gran parte e puntualmente rinnovata ogni cinque anni, con una strategia di concertazione che non fa molto per nascondere il proprio scarso interesse alle procedure della democrazia rappresentativa. Anzi, per usare le 'parole di due buoni conoscitori della esperienza francese di pianificazione, la cosa più strana è «come si siano potuti per molti anni conciliare in Francia una quasi anarchia politica e gravi conflitti armati in un ordine e uno sviluppo economico che si possono definire eccellenti ». Prima di 'passare a descrivere gli elementi caratterizzanti la peculiare esperienza francese di 'pianificazione occorre tuttavia aggiungere qualche altra osservazione a pro-


4 posito di ciò che N. Poulantzas ha definito « l'ambiguità di certe analisi attuali della sinistra francese », sia di quella partitica che sindacale9 . La sinistra parlamentare francese crede (almeno afferma di credere) nella pianificazione come strumento di superamento, al contempo, sia delle rigidità dell'economia totalmente pianificata degli stati del socialismo reale sia, soprattutto, di quelle della economia liberale. La differenza maggiore, oltre che nei contenuti della pianificazione. stessa, consiste piuttosto nelle procedure di elaborazione del piano che devono consentire, accanto ad una coerenza ed efficacia nell'azione dei poteri pubblici in campo economico, anche una sua democraticità. Senza richiamare infatti la sostanziale adesione al programma politico-istituzionale di J. Monnet delle sinistre uscite dalla Resistenza, le quali tuttavia ben presto persero ogni illusione sulla effettiva volontà delle forze politiche di governo di coinvolgere le forze so ciali anche di opposizione nella preparazione del Piano'°, si può ricordare come l'accordo negli anni Settanta fra PCF e PSF per un programma comune di governo" prevedesse la pianificazione come strumento essenziale per l'attuazione del loro programma comune di governo, per la realizzazione di una « autentica democrazia politica ed economica »L2 Le correzioni principali proposte dal « programma comune » riguardano, in particolare, la partecipazione dei lavoratori, informati in modo adeguato, unitamente alle loro organizzazioni politiche e sindacali, nelle procedure di pianificazione nonché .quella delle collettività e degli altri organi di espressione dei bisogni sociali. Rimane tuttavia che il piano è un « atto politico, che impegna il governo negli atti decisivi della politica economica, sotto la diretta responsabilità dell'assemblea naziona-

-

le » e si appoggerà sull'« intervento dei lavoratori a tutti i livelli »'. Per quanto concerne gli obiettivi, esso « si imporrà al settore pubblico », « inquadrerà il settore privato »; « determinerà i grandi investimenti e fisserà gli orientamenti dei rapporti economici con l'estero », sarà il quadro della politica industriale, di quella urbana, della politica scientifica. I mezzi per la realizzazione di tali fini sono quelli tradizionali del bilancio e della politica fiscale. La centralizzazione del credito e del risparmio, che deve essere accompagnata da una politica di nazionalizzazione del sistema finanziario e dei settori industriali-chiave, consentirà agli organismi di pianificazione di garantire la ristrutturazione dell'apparato produttivo e la riconversione in funzione dei bisogni. sociali, di finanziare gli investi. menti ritenuti essenziali, di imporre la legge nazionale agli investimenti esteri' 4 . Più difficile sarà per la sinistra definire una nuova logica di sviluppo, dovendo far coincidere, al contempo, le nuove esigenze sociali con la struttura produttiva, organizzata per altri scopi, in una situazione in cui, da una parte, la pressione operaia e di altri strati della società non inseriti nel processo produttivo rischia di mettere in discussione la distribuzione dei redditi e le priorità assegnate alle spese collettive, nelle politiche economiche finora perseguite e, dall'altra, i vincoli imposti dallo scambio internazionale, producendo, in un processo a catena, una crisi fiscale dello Stato, come dicono talune analisi, uno stesso « fallimento dello Stato »", renderà perfino impossibile ogni significativa politica sociale. Certo, una politica di pianificazione in. questo contesto assume tutto il suo significato. La possibilità di avvalersi in modo pianificato e razionale delle risorse finanziarie ne è una condizione costitutiva, per il successo della politica stessa. A questo proposito, la nazionalizzazione

-


5 completa delle istituzioni finanziarie, accompagnata da quella dei settori industriali-chiave, offrirà ai pianificatori necessari strumenti di orientamento della economia di eccezionale efficacia. Ma per dirla con la schematicità di una battuta, ci vuole dell'ottimismo per credere che tutto ciò possa avvenire senza contraccolpi. D'altra parte, i primi atti del governo Mauroy in materia di pianificazione lo confermano 16 Pur ammettendo buone condizioni istituzionali (come certamente è nel caso attuale francese), con una omogeheità fra la maggioranza all'Assemblea nazionale e quella presidènziale, una buona cooperazione fra i partiti della coalizione di governo, resta il problema di conciliare il piano nazionale con quelli regionali e soprattutto con le strategie aziendali delle imprese (nazionali e multinazionali). Ma non basta. Perché abbia successo una pianificazione, occorre ancora che le forze politiche « borghesi », più tecnicamente il sistema delle imprese, cooperino, non osteggino l'indirizzo politico-economico del governo, di più, che si adeguino « liberamente », per usare un'espressione molto significativa di un autore francese 17, che si facciano « sedurre » dal piano. Ma questo è il vero problema. Tali condizioni pongono infatti, al contempo, in forse la stessa significatività di un processo di trasformazione delle strutture economiche in senso socialista, nel senso cioè di un loro adeguamento, graduale e per via consensuale, al modo di produzione più confacente ad uno Stato che voglia porre le premesse economiche e politiche per una transizione democratica al socialismo. Sembra difficile che un'impresa privata possa accettare di buon grado una ristrutturazione che essa stessa non ha deciso o, più in generale, un intervento esterno, statale, sulla autonoma determinazione delle proprie scelte di strategia economica.

Ciò difatti potrebbe avvenire per tre principali ordini di ragioni: primo, se c'è un interesse economico dell'impresa (nazionale o multinazionale) ad adeguarsi alle indicazioni del piano •nazionale, secondo, se la politica di incentivazione che accompagna gli orientamenti del piano risulta convincente e motivante •per l'industria stessa, terzo e probabilmente ultimo, se il quadro delineato dalla crisi economica, rivelando i limiti strutturali del sistema economico capitalistico (ciò vale soprattutto per la fase che inizia alla fine della 11 guerra mondiale), convince le imprese non solo sulla utilità ma sulla stessa essenzialità di ricercare accordi programmati fra loro, sotto la tutela e il controllo dell'azione statale. Quest'ultima sembra spiegare meglio di ogni altra argomentazione le condizioni di uno sviluppo della pianificazione economica in Francia (contrariamente a quanto è avvenuto in altri paesi, come anche l'Italia): una pianificazione che dunque riflette al proprio interno le contraddittorie realtà economiche e politiche del capitalismo moderno. Sarebbe interessante riportare a questo punto i termini essenziali del dibattito politologico marxista più recente sulle nuove realtà e funzioni economiche dello Stato, che descrivono una massiccia tendenza nel comportamento dei poteri pubblici contemporanei in materia economica verso un diffuso « statalismo» nella duplicità delle sue funzioni più importanti che, per usare la terminologia adottata in questa analisi, sono quella della « sovraccumulazione-svalorizzazione del capitale e della gestione-riproduzione della forza lavoro » Il dibattito è troppo articolato perché possa essere riportato in modo comprensibile nella esiguità di qualche pagina, a parte l'utilità di un simile sforzo. Ciò che si può comunque dire, con riferimento al tema affrontato in queste note, è che sembra difficile « credere in uno stato


6

quali si è sviluppata l'esperienza francese di razionalizzatore-gestore e intrinsecamente capace di operare, sapientemente diretto da pinnificazione, con il suo carattere ufficiale, atale e organizzato, benché « elastico » esperti di sinistra, una transizione al socialismo », come certe analisi di sociologia (souple) nelle forme giuridiche di azione. Sepolitica lasciano intendere °. I « limiti dello condo A. Shonfield, per ricordare uno studioso che maggiormente ha approfondito la Stato-Moloc » sono ormai evidenti a tutti: analisi di questi aspetti, essa si spiegherebbe riguardano in modo essenziale la natura stessa del processo di produzione e di ac- con l'« onnipresenza » dello Stato francese nella società, radicata e viva soprattutto necumulazione capitalistico, prima ancora che gli ultimi due secoli 21• Di tale spiegazione altre sue fenomenologie patologiche. Dopo aver sottolineato questa tesi apparen- sembra poco convinto invece un altro stutemente ovvia, si possono registrare altri dioso francese della pianificazione, direttore « limiti di secondo grado », per usare anco- di un importante centro di ricerche sull'amra una terminologia del Poulantzas, nel set- ministrazione economica dell'università di tore della distribuzione, del consumo e in Grenoble, L. Nizard, che la considera piutaltri ancora. Ne consegue da ciò un limite tosto come •una reazione contro la struttura sostanziale dell'azione statale dovuto al suo di questo apparato e le sue tradizionali monon-intervento nel nucleo centrale del rap- dalità di funzionamento. Per quest'ultimo porto di produzione capitalistico, con la con- autore l'affermarsi della piani.ficazione in Francia si spiega in base ad altri tipi di raseguenza che ogni pratica di pianificazione nell'ambito capitalistico si riduce in sostan- gioni 22 . La prima delle quali è senz'altro za ad una cura dei sintomi e/o delle conse- quella dell'arretratezza capitalistica della guenze del processo economico con le sue struttura sociale francese, che trova una sua fedele espressione nella organizzazione e nelintrinseche e congiunturali contraddizioni. Nella migliore delle ipotesi il piano servi- la ideologia padronali, incapaci di definire rebbe dunque da quadro di riferimento e un coerente progetto comune di sviluppo, diagnostico per l'attività delle imprese nel ed anche per questo correttamente definita futuro, una immensa indagine di mercato. Lo da uno studioso avvertito come « paleo-capitalistica » 23 La seconda ragione può constesso VI piano peraltro individua esplicitamente i propri compiti nella possibilità sistere senz'altro (ma questa è una causa « d'établir périodiquement un diagnostic sur comune a molti altri paesi capitalistici) nel la situation économique et social du pays, carattere conflittuale della società francese, d'analyser les problèmes auxquels il est con- che avrebbe legittimato l'organizzazione pubfronté, d'apprécier leur priorité, de dégager blica di una « concertazione » fra i vari interessi e ideologie presenti nella società. des actions qui puissent exercer une influence décisive sur le développement et, plus E' convinzione di Nizard che con il progénéralement, d'offrir un cadre de référence cedere di assunzione diretta di funzioni ecoà la politique conjouncturelle des pouvoirs nomiche da parte dello Stato, l'apparato ampublics, comme à l'action des autres agents ministrativo francese divenga una macchina gigantesca, ma che, contestualmente, vada économiques » 2O affermandosi al suo interno un processo di Agli argomenti precedentemente affrontati circa le premesse teoriche e i limiti della autonomia sempre più spinto di ciascuno pianificazione economica nei paesi capitali- dei segmenti di cui si compone. stici, se ne devono tuttavia aggiungere altri Lo Stato, in questa situazione, finisce col che riguardano le condizioni storiche nelle diventare il luogo in cui si giustappongono,


7 senza coordinamento, le singole regolamentazioni amministrative, le quali, a loro volta, instaurano, per il tramite dei grands commis formati nelle « grandi scuole » (ENA in primis), un processo osmotico dai caratteri ambigui con gli interessi ai quali è rivolta l'azione amministrativa e da cui è spesso sollecitata 24 Le tesi che sono state qui richiamate comportano anche un'altra importante conseguenza la cui ipotesi di partenza consiste nel riconoscere la necessità di cambiare terreno nelle analisi sulla pianificazione, per lo più intesa finora come una mera tecnica di riallocazione ottimale delle risorse economiche da •parte dei pubblici poteri. Ma una tale concezione della pianificazione ignora o prescinde volontariamente da tutta una serie di mediazioni necessarie e/o essenziali nel processo di pianificazione. Essa ignora il ruolo delle classi e dei gruppi sociali, ignora la complessità del soggetto-Stato, fer-' mandosi a considerare e basandosi unicamente sul, ruolo dei soggetti (così come impone l'analisi microeconomica). Ciò facendo essa si rivela incapace di descrivere un processo poli tico-is tituzionale molto più complesso, nel quale vi è confronto fra classi, parti sociali, e amministrazioni economiche dagli interessi in alcuni casi diversificati, nella maggior parte contrastanti, come si è detto, fino alla inconciliabilità. Se ne conclude da tale premessa - che ovviamente si dà per ipotesi non ootendosi qui dimostrare - che la realtà della pianificazione impone di rompere con il mito vecchio e neoliberale di una società composta di individui atomizzati e isolati. Un approccio realistico impone quindi di integrare lo Stato nella stessa analisi dei fatti economici e di tenere nel dovutd conto i rapporti di forza e di potere fra classi e gruppi sociali. In altri termini, bisogna orien' tarsi verso uno studio socioeconomico della pianificazione 25

3. Finalità economiche e sociali nella pianificazione francese. Si introduce in tal modo un concetto molto importante per la comprensione della complessità e della originalità della 'pianificazione francese.. La teoria economica e la stessa storica attuazione del tentativo pianificatorio in Francia fanno cioè comprendere come sia del tutto riduttiva una concezione della pianificazione intesa unicamente come orientamento del processo economico nel breve-medio periodo che prescinda dai suoi aspetti di tentativo di integrazione sociale. D'altra parte, dal IV piano (1961) in poi la stessa denominazione 'formale del piano evolve includendo il termine « sociale »: dai primi tre piani, chiamati Plan de modernisation et d'équipement, si passa con il IV ad un Plan de développement économique et social. L'aiuto alle regioni e alle categorie sociali più sfavorite, come anche una politica di aiuti agli stati africani di nuova indipendenza caratterizzano questa nuova volontà ad indirizzo anche sociale dei piani. Il richiamo alla nuova ideologia, elaborata in questo periodo da uno dei tecnocrati più illuminati, ex commissario al piano egli stesso, chiarisce definitivamente la questione: « L'esprit du plan c'est le concert de toutes les forces économiques et sociàles, de la nation... selon ces vues le plan ne doit pas tre l'oeuvre exclusive de l'Etat. Il ne doit pas devantage traduire des vues communes de l'administration' et du patronat. Pour tre l'expression veritable des intéréts et des voeux de la nation la planification doit étre largement ouverte et inclure le repr6. sentants des autres catégories, en premier iieu des travailleurs... Il s'agit d'associer les travailleurs à un acte économique qui les concerne au premier chef Ct de développer en eux un sentiment de participation fondé sur les faits » 20 D'altra parte, questo nuovo orientamento nelle finalità del piano, consistente nella ri-


8 cerca di un più forte consenso socioeconomico, corrisponde e si adegua alla volontà politica del generale De Gaulle, in un periodo in cui, conclusa la guerra d'Algeria, il prestigio carismatico del generale - capo dello Stato appare non più sufficiente a controllare le tensioni sociali, vieppiù crescenti, provocate all'interno dalla perdita della cxcolonia algerina. E' solo in questo clima che diviene allora pienamente comprensibile il messaggio politico di De Gaulle alla nazione sulla pianificazione come « ardente obbligo»: « Il faut que les objectifs à déterminer par le plan en ce qui concerne l'ensembie du pays et chacune de ses régions, les buts à fixer pour l'amélioration corrélative des conditions d'existence de toutes les catégories, et d'abord les plus modestes, l'étendue des investissements publics et privés à décider pour que le rythme aile en s'accélérant, revétent pour tous les franais un caractère

d'ardente obligation » 27• Queste osservazioni introducono ad una specificità significativa nel modello francese di pianificazione, che durante gli anni Settanta, anche per questo elemento, è stata esplicitamente definita come una pianificazione alla francese. L'elemento caratterizzante di questa pianificazione consiste nella sua pecullare connessione con il complesso delle regolamenta.zioni pubbliche e private che essa stessa intende regolare e quindi, in ultima istanza, con la modalità specifica di funzionamento del sistema politico complessivo. Si ritorna, come si può osservare, alle premesse, da poco accennate, sulle funzioni svolte dagli apparati statali nei confronti dei conflitti sociali, nell'ambito delle società a capitalismo maturo. In termini molto generali e sommari, si può dire che nella misura in cui è vero che la funzione preminente dello Stato sia, nel suo specifico giuridico-istituzionale, quel-

la di garantire e perpetuare il sistema di dominio sociale, essa deve preoccuparsi delte tensioni e dei conflitti che, originandosi nel sistema di produzione e di riproduzione sociale, rischiano di compromettere con tali funzioni la stessa sua sopravvivenza. Due sono le risposte teoriche e storiche che si possono dare e sono state date a questo problema. La prima è la risposta autoritaria, nella quale la garanzia della pace e dell'ordine sociale sono direttamente affidati alla violenza e alla rottura delle regole della democrazia formale. Ma questa strada, cui storicamente sono spesso ricorse le classi al potere, risulta oggi oltre che troppo onerosa, di difficile (benché non impossibile) realizzazione nelle condizioni storiche dei rapporti di classe delle società capitalistiche contemporanee. Lo Stato contemporaneo preferisce così, in quanto maggiormente atte alla riduzione dell'intensità dei conflitti, praticare politiche di concessioni settoriali-selettive e di concertazione dei gruppi sociali. Atttraverso •tali politiche, esso è in grado di conoscere in modo costante lo stato dell'equilibrio sociale ed evitare in tal modo lo stesso periodo delle esplosioni violente. Ma, per raggiungere tale obiettivo, occorre instaurare procedure e istituzioni di consultazione e concertazione dei rappresentanti dei diversi gruppi sociali: attraverso i documenti che essi elaborano, gli apparati di governo sono in grado di definire come lucidamente ricordano di recente due giuspubblicisti 23 « le zone di accettazione, di conflitto o di compromesso possibili tra i gruppi sociali ». Il richiamo all'importanza della funzione di stabilizzazione delle tensioni e dei conflitti sociali negli Stati del capitalismo maturo ritrovano una puntuale conferma nella esperienza di pianificazione francese che non è, come si è detto, solo economica ma anche sociale. Compito specifico della pianificazione socia-


i1 le è, in, tal senso, quello di introdurre dei correttivi al funzionamento delle sole leggi economiche, attraverso politiche sociali compensatrici che riguardano sia la ripartizione del reddito alle classi meno abbienti, sia un migliore sistema di protezione sociale, sia infine lo sviluppo di una pianificazione urbana maggiormente coordinata e coerente e comunque in grado di controllare l'emergenza delle tensioni nelle città, luogo storicamente privilegiato, negli anni più recenti, per l'emergenza delle tensioni e contraddizioni sociali 29 Se ne può così concludere sulla specificità della pianificazione francese, con un 'analisi che appare molto convincente, ma che an.drebbe ulteriormente sviluppata con ricerche di campo, dicendo che essa «è il quadro di un processo che riguarda la régulation globale, nel senso che tenta di ingiobare e di mettere in rapporto fra loro le regolazioni parziali con i problemi cui esse danno vita; tale di.fferenziata attività e quindi istituzionalizzata di regolazione globale ufficializza e rende pubblico un dibattito sul ritmo del cambiamento, i suoi obiettivi e i suoi mezzi, che 'si svolge attraverso una procedura organizzatissima e prolungata di concertazione. Essa •fa così emergere un certo numero di questioni al livello della vita politica » 30 Volendo ora fare delle osservazioni conclusive, che riguardano sia il problema della peculiarità della esperienza francese di pianificazione, le condizioni storiche della sua affermazione, sia l'assenza di pianificazione in altri paesi a capitalismo sviluppato, si deve innanzitutto osservare come non sembrano cogliere adeguatamente la logica di funzionamento e le stesse finalità degli Stati contemporanei quelle analisi che sostengono l'assenza di programmazione negli Stati diversi da quelli dove, come in Francia, si possono registrare procedure e istituzioni molto complesse, articolate e formalizzate di pianificazione.

Se le analisi svolte in precedenza sono corrette, sembra allora doversi concludere che la differenza può solo consistere nel grado maggiore o minore, pubblico o privato del coordinamento fra soggetti del processo produttivo. Ma nessuna società a capitalismo maturo può fare a meno di una regolamentazione del processo economico, di una pianificazione, intese a rendere il più possibile armonico e coerente il proprio processo di funzionamento e sviluppo, il quale è diveinuto sempre più complesso e sempre più dipendente da analisi prospettive sul futuro per la messa in coerenza delle proprie decisioni in campo produttivo e distributivo. In ciò consiste anche il suo principale 'limite strutturale, quello cioè dato dalla sua funzione di razionalizzazione del sistema e dunque di stabilizzazione delle sue regole fondamentali di funzionamento. Per quanto concerne poi la diversità di esperienze in materia di pianificazione, la loro maggiore o minore formalizzazione e organizzazione nelle diverse realtà statuali, ciò sembra anche spiegabile in base alle condizioni politico-sociali delle singole realtà statuali, e soprattutto in base al diverso grado di sviluppo dell'apparato produttivo. Occorre infine aggiungere che il successo di procedure di pianificazione si può spiegare con l'esistenza o meno di resistenze politiche e burocratiche, la cui natura e intensità varia molto in funzione di variabili diverse come le tradizioni ideologiche, il sistema di relazioni industriali, il tipo di rapporti fra classi sociali e gruppi professionali.

4. Rapporti tra strutture della piani!icazione e amministrazioni economiche tradizionali. La scienza dell'amministrazione e la stessa sociologia politica hanno ormai bene dimostrato come malgrado i grandi cambiàmenti istituzionali avvenuti sia nelle società che •nelle istituzioni politiche rimanga chiaramente individuabile una gerarchizzazione


lo fra i diversi sottosistemi di cui si compone il sistema politico complessivo nonché una netta caratterizzazione dei singoli istituti amministrativi con la filosofia cli fondo delle epoche e delle società in cui sono nati. Come dimostra bene il caso francese, nel quale è stato dedicato un grosso impegno in questo campo, con la creazione di un sistema fortemente originale di governo pubblico dell'economia, troppo spesso le riforme, che sono state avviate per meglio adattare gli apparati amministrativi alle nuove esigenze economico-sociali, risultano impari nel compito di cancellare queste 'tracce e nel ridurre l'autonomia dei singoli settori dell'amministrazione, nel garantire, in breve, una coerente e unitaria amministrazione economica. Tale questione è particolarmente rilevante per la descrizione dell'esperienza francese di pianificazione e per il rilevamento di alcuni suoi principali vincoli politico-istituzionali. Pur nella esiguità di queste note, bisogna così dedicare un'attenzione e uno spazio particolari ai problemi che dàll'instaurarsi di procedure e prassi di pianificazione derivano oltre che allo Stato, inteso in senso generale come struttura portante dello sviluppo èconomico (impresa pubblica, piano, ...), più in specifico allo Stato-amministrazione (rapporti tra burocrazia tradizionale e tecnocrazia) 31 E' stato analizzato in modo lucido e chiaro, in recenti opere sull'argomento, e si ricorderà molto sommariamente in seguito, come i problemi della trasformazione della forma di governo (da parlamentare durante la IV Repubblica in « pseudo-presidenziale »), del trasferimento di compiti politici e tecnici da un parlamento polverizzato dal pluripartitismo al governo, di una programmazione economica che si vuole non frammentaria né occasionale e della razionalizzazione-riforma amministrativa dell'apparato burocratico dello Stato, abbiano trovato nella V Repubbli-

ca francese soluzioni innovative molto discusse ed oggi perfino individuate come modello di riferimento da una parte dei c.d. ingegneri costituzionali 32 Certamente, bisogna osservare come una delle finalità precipue perseguite (anche sotto la spinta politica di De Gaulle) nel nuovo modello costituzionale consista in uno spostamento degli equilibri fra i poteri costituzionali a tutto vantaggio dell'esecutivo, esso stesso a sua volta guidato e plasmato dal presidente della Repubblica, malgrado la sopravvivenza formale del rapporto di fiducia parlamento-governo 33 Strettamente connesse alla trasformazione dei tradizionali apparati di governo sono infine le innovazioni che la politica di piano comporta per l'apparato amministrativo per la implicita connessione tra direttive politiche e direttive amministrative. Essendo l'esecuzione delle decisioni della politica di piano compito specifico delle burocrazie economiche, l'amministrazione viene investita di compiti gravosi quanto rilevanti che vengono assol ti in parte dagli organi tradizionali, in parte da specialisti inseriti ex novo nelPamministrazione o incaricati di singoli servizi, in parte da amministrazioni « di missione », che vengono esplicitamente istituite a tale scopo. Nel corso degli ultimi anni, proprio :l'elabo. razione e l'attuazione della politica economica hanno costituito un incentivo all'introduzione nell'amministrazione economica di esperti, tecnici, ingegneri, economisti, medici, agronomi, immessi in ruoli collaterali o membri di apposite commissioni tecnicoeconomiche. Essi vanno ad aggiungersi ai funzionari che sono inseriti in quei fondamentali corpi dello stato come il Consiglio di Stato, l'ispettorato delle finanze, ecc., che costituiscono organi della c.d. « alta amministrazione » e che accanto alle istituzioni pubbliche economiche istituite dal 1946 in poi [commissariato generale al .piano, com-


11 missione di ammodernamento, delegazione alla pianificazione territoriale (Datar), e più recentemente consiglio centrale della pianificazione] costituiscono la struttura essenziale e peculiare del modello di governo dell' economia francese. La pianificazione, infatti, da un lato, richiede e, dall'altro, si pone come obiettivo la costruzione di efficienti strutture amministrative perché la ristrutturazione dell'apparato amministrativo intesa in senso stretto è, come la stessa trasformazione delle strutture costituzionali dello Stato, in senso ampio, una esigenza imposta dalla stessa pianificazione economica, dal •management dell'economia in un paese a capitalismo maturo. Nella situazione francese esiste tuttavia 'una frattura, rilevata da più parti, tra settori dell'amministrazione che appaiono razionalizzati e modernizzati in corrispondenza delle nuove esigenze di piano e settori in cui premangono strutture organizzative tradizionali, arretrate e dominate dal formalismo giuridico e burocratico 35 . I problemi che questo «sviluppo ineguale » della burocrazia francese pone sono di doppio ordine; il primo è il problema della funzionalità tecnico-istituzionale dell'intera amministrazione p'ubblica e dell'alta amministrazione in particolare; il secondo è quello costituito dagli obiettivi economico-sociali del piano che in Francia, ricomprendono, come si è detto, non solo la mediazione fra i vari settori capitalistici e il management delle crisi economiche ma anche l'integrazione o l'assorbimento, almeno tendenziale, dei conflitti di classe e delle opposizioni politiche che ne sono espressione. Detto questo bisogna tuttavin aggiungere che, soprattutto dal 1958 in poi, fase di grande stabilità politico-istituzionale e nel settennato della presidenza-Giscard d 'Estaing, si è potuto registrare, per ragioni funzionali

che si sono anche ricordate, una forte tendenza verso un processo di osmosi fra potere politico e potere amministrativo. Durante questi anni, infatti, anche a causa della situazione di forte condizionamento del Parlamento nei confronti dell'esecutivo, si è assistito alla costituzione da parte di quest'ultimo di un ampliamento del domaine réservé in campo economico, dalla politica industriale a quella urbanistica-territoriale in particolare, assumendo il governo come presunta e permanente una abilitazione legislativa tper l'intervento amministrativo di regolamentazione e orientamento dell'attività dei soggetti economici in questi campi che sarebbe invece legittima solo in caso di crisi politiche interne o estere Il controllo giudiziario sugli interventi pub. blici economici, d'altra parte, come osservano interessanti ricerche e convegni sulla magistratura economica, mal si adatta ai problemi posti dall'interventismo economico 37 Per quanto concerne, poi, il controllo politico del Parlamento, esso risulta tanto più difficile da realizzare nelle condizioni istituzionali francesi quanto più lo richiederebbe l'ambiguità dei rapporti particolari che, nella prassi e sotto l'ideologia della concertazione, vanno istaurandosi tra poteri pubblici e singoli comparti dei poteri privati. Tuttavia, l'elemento di maggiore novità che si può richiamare concludendo queste osservazioni sul piano specifico della concorrenza tra tecnocrazia, burocrazie tradizionali e gli altri poteri pubblici, sembrerebbe, se ben interpretato, segnare la volontà di un ritorno al primato della politica sulle tecniche di amministrazione del potere e quindi registrare l'esaurimento del ruolo svolto da quella parte dell'alta direzione politico-amministrativa che Duverger ha anche chiamato tecnoburocrazia 38 Una serie di misure decise durante gli anni Settanta, si muovono chiaramente nel senso


12 della sua evoluzione nella struttura istituzionale, politica e sociale, si osserva chiaramente come essa sia caratterizzata in modo preminente da due ordini di aspetti. Il primo come si è in parte osservato consiste in u'na generale caratterizzazione come processo di riorganizzazione delle modalità e delle intensità dell'intervento statale nel mercato capitalistico. Si affida alla pianifica:'ione una estensione di compiti di previsione e controllo dei processi economici che sono apparentemente tali da far indurre in errore circa 'la sua permanenza nell'ambito delle leggi classiche di funzionamento dell' economia capitalistica. Non a caso, infatti, soprattutto nella fase della ricostruzione post-bellica, durante l'esecuzione del I e del TI piano, molti sono stati coloro che, in dottrina e fra i politici, si sono affrettati a stracciarsi le vesti sulla introduzione di tali procedure di orientamento-condizionamento dell'autonomia dei soggetti economici privati, in Francia. L'altra caratteristica dei piani francesi, quella che maggiormente rileva dal punto di vista giuridico (soprattutto costituzionalistico e amministrativo) consiste nella peculiare strutturazione delle istituzioni di governo dell'economia, nell'introduzione (fortemente originali per il periodo in cui vengono istituite) di complesse e articolate procedure per la elaborazione ed esecuzione dei piano e nel rapporto che esse instaura'no con la struttura ministeriale tradizionale di amministrazione dell'economia, soprattutto coi 5. Strutture giuridico-amministrative della ministero delle Finanze, che conserva, in pianificazione economica. Se, per coglierne Francia, la piena responsabilità della poliin modo più approfondito natura politica, tica economica nazionale, sia quella congiun'giuridica e relativi limiti, da questo approc- turale che quella strutturale. cio molto generale e problematico, inteso a Dico subito che è fuori dall'orizzonte di quecollocare 'la pianificazione rispetto agli ap- sto lavoro un'analisi dell'evoluzione dello parati di governo e alle funzioni fondamen- sviluppo economico francese e delle capacità storiche di un suo condizionamento da tali da svolgere nell'ambito degli stati contemporanei, si scende in modo più specifico parte delle politiche di volta in volta deal caso francese di pianificazione, alla storia 'cisc nei piani. L'argomento è, tuttavia, co-

di ridurre significativamente la tutela amministrativa e tecnocratica che per più di quindici anni aveva costituito l'interlocutore privilegiato e lo strumento di legittimazione delle politiche economiche governative: istituzione nel 1974 cli un Conseil Central del Planification, direttamente collegato al presidente della Repubblica (e composto oltre ad esso, che lo presiede, dal primo ministro e da un limitato numero di ministri economici e di alti funzionari politici) con il compito di dirigere e adattare alle esigenze congiunturali il piano nazionale e prendere le decisioni più importanti in campo economico (ad esempio in materia di politica energetica); nomina nell'ottobre 1976 di una ventina di parlamentari con il compito « d'humaniser les rapports entre les citoyens et l'administration », estensione della facoltà di adire il consiglio costituzionale, creazione presso i ministeri di comitati di utenti, settimanali conferenze stampa televisive del presidente della Repubblica «al caminetto », ecc.. L'insieme di queste misure cioè, nel sancire sostanzialmente la fine delle tradizionali procedure di concertazione e consultazione fra potere esecutivo e cittadini, cerca di inscriversi in un nuovo e più diretto rapporto tra titolari del potere esecutivo '(in modo preminente fra presidente della Repubblica e corpo elettorale), che tenta se non di ripetere almeno di emulare le pratiche di democrazia plebiscitaria della fase politico-istituzionale gaullista.

-


13 me si può facilmente comprendere di enorme importanza per la stessa analisi giuridica, soprattutto quella che si riconosce nell' approccio scientifico del diritto pubblico dell'economia. Soprattutto in Francia, infatti, si è sviluppato, ormai da più di due decenni, un intenso interesse giuridico a questa branca e peculiare metodologia giuridica, con riferimento particolare al diritto amministrativo economico, di cui il diritto amministrativo della pianificazione è certamente uno dei capitoli più importanti e significativi L'interesse maggiore di queste note sarà quindi rivolto alle strutture giuridico-amministrative della pianificazione economica ed alle problematiche della inadeguatezza delle procedure democratico-parlamentari rispetto alle esigenze tecnico-politiche della pianificazione. La trattazione dei due punti, anche se nella necessaria schematicità di una nota, consentirà di esprimere una valutazione sulla collocazione del piano nell'ordinamento giuridico francese, che tuttavia non disdegnerà di avvalersi di talune analisi politologiche, come quella del Burdeau, che la vedono piuttosto come un « mythe screté par la société du nouvel age .pour, tout à la fois, rassembler un consensus favorable et garantir ses chances d'avenir » °. Come si può vedere, dunque, un'analisi che se tiene nel dovuto conto le esigenze del giurista a sistematizzare gli atti giuridici in categorie precise41 , vuole anche rendere conto di uno sforzo dottrinario ed anche istituzionale, dell'apparato normativo e di quello politicoistituzionale, ad approntare, con una significativa immaginazione istituzionale, tecniche di regolamentazione che non si esauriscono nell'apparato normativo concepito dalla dottrina giuridica classica. Si vuole dire con ciò che il piano intende inscriversi in una nuova e diversa tipologia normativa che comporta notevoli modifiche nelle stesse tecniche tradizionali del diritto

pubblico 42 Diversamente dal modello classico della norma giudica, esso non fonda la propria efficacia e la stessa legittimità sulla. sanzione dei comportamenti difformi quanto piuttosto sulla persuasione e sulla spontanea adesione dei soggetti destinatari alle• indicazioni e agli orientamenti (non prescrittivi) dell'attopiano. Non comportando un valore cogente, imperativo, come è invece del piano nelle democrazie popolari, esso appare, •per dirlo ancora una volta con le parole del Burdeau, come « una tecnica di regolazione che meglio della legge risponde alla mentalità degli uomini di oggi, dal momento che esso si accorda con il loro spirito di indipendenza, appaga la loro angoscia di fronte al futuro» 43 Ma ciò non deve far ritenere che il carattere indicativo, elastico44 , addirittura mitico con cui viene variamente caratterizzato il •piano francese abbia consegnato la pianificazione, in quanto obiettivo e struttura organizzatoria dell'intervento pubblico dell'economia, alla competenza professionale preminente o esclusiva dell'economista o del sociologo. I giuristi francesi, infatti, da un primo classico, studio del Rivero del 1946 e soprattutto durante gli anni Sessanta, si sono ampiamente occupati della pianificazione45 , della sua natura giuridica, delle procedure di elaborazione e di attuazione, dei suoi rapporti con il controllo parlamentare, delle nuove procedure cui essa dà vita e di cui si avvale. I risultati di questo sforzo dottrinario sono, del resto, tutt'altro che irrilevanti. Benché tuttavia sia sostanzialmente mancata una individuazione chiara ed unanime circa la sua natura giuridica ed il piano non sia diventato come qualcuno voleva «la legge fondamentale dello Stato », non si può tuttavia disconoscere come esso abbia esercitato un forte influsso sulla evoluzione del diritto, sulle decisioni politiche dei legislatori perfino, come osserva uno studioso46, .


14

nali francesi fra IV e V Repubblica. Qualunque sia infatti la metodologia di anausi adottata e lo stesso angolo visuale ideologico, unanime appare il giudizio sia nei giuristi che nei politologi sulle tendenze osservabili nelle rinnovate istituzioni politicocostituzionali della V Repubblica. Chiaramente osservabili sono in essa almeno tre grandi linee di tendenza: innanzitutto, un depotenziamento delle istituzioni rappresentative classiche con il relativo equilibrio interno 'fra i poteri statali; secondo, una contestuale tendenza allo sviluppo di nuove forme istituzionali di rappresentanza corporativa degli interessi; terzo ed ultimo, un predominio del potere esecutivo su quello legislativo e all'interno del potere esecutivo una ulteriore tendenza (affermatasi nella prassi costante delle presidenze De Gaulle, Pompidou, Giscard D'Estaing) 51 alla dislocazione della titolarietà e dell'esercizio effettivi del potere di indirizzo politico dal primo ministro ai presidente della Repubblica. Per quanto concerne la pianificazione, è convinzione unanime, in dottrina, che il Parlamento svolga, nelle fasi della procedura di elaborazione del piano e nello stesso controllo, un ruolo molto ridotto, più formale che reale, addirittura « simbolico » come sostiene qualcuno. C'è d'altra parte chi, come Burdeau 52 , ritiene che la cosa non deve meravigliare dal momento che la pianificazione non si presterebbe per sua natura alle procedure della discussione legislativa e del voto articolo per articolo con 'possibilità del diritto di 6. Inadeguatezza delle procedure democra- emendamento, costituendo il piano un atto tico-parlamentari e sviluppo della rappre- unitario e coerente al proprio interno. sentanza corporativa. Particolarmente im- 'Ciò che tuttavia rileva dal punto di vista portante è la questione del ruolo del gius-pubblicistico è che il piano non figura Parlamento in materia di pianificazione 50 nelle materie di competenza legislativa ai Tale questione costituisce al tempo stes- sensi dell'art. 34 della Costituzione del so, un utile osservatorio sulla evolu1958. zione generale delle istituzioni costituzio- Gli altri vincoli al potere legislativo in ma-

«un ringiovanimento dei giuristi, sconvolgendone abitudini e metodi di analisi ». Può essere utile richiamare, molto sommariamente, la tesi dottrinaria che sulla natura giuridica del piano sembra maggiormente prevalere. Rispetto alla posizione delle tesi riduttive di chi disconosce ogni rilevanza giuridica47 , attribuendo la natura di « atto politico » paragonabile in tutto alle dichiarazioni programmatiche di politica economica del governo approvate dal Parlamento, la tesi di una più autorevole dottrina, accordando agli orientamenti ed alle « indicazioni » del piano un carattere non soio morale o politico, riconosce tuttavia « qu'il s'agit d'une catgorie d'actes juridiques nouvelles et que le plan lui-mme est un acte juridique d'un type nouveau ». Più• interessanti appaiono, inoltre, quegli sforzi dottrinari intesi a ricostruire la giuridicità di questi « nuovi atti » che concoriono, secondo tale approccio, alla formazione di un insieme di nuovi atti giuridici che vengono definiti « prospettivi » o direttivi. Tali atti, che trovano il loro utilizzo privilegiato nel campo del diritto dell'amministrazione pubblica economica, differiscono dagli atti amministrativi tradizionali oltre che per il carattere obbligatorio di questi ultimi, a fronte di una spontanea conformazione agli indirizzi del piano per gli altri, per un'altra differenza materiale: prescrizione di 'comportamenti (anche' futuri) i primi, tentativi di regolamentare situazioni che non si sono perfino ancora prodotte i secondi.

.


15 teria, accanto a quelli che sono comuni all'attività delle assemblee parlamentari negli stati a democrazia parlamentare, come la tecnicità dei problemi trattati nel piano (utilizzo di tecniche econometriche molto raffinate da parte dei tecnici del Cgp), l'assenza di informazioni adeguate di, prima mano e la mancanza di commissioni parlamentari specializzate nell'esame di tali progetti o disegni di legge, sono specifici del-. l'ordinamento parlamentare della V Repubblica. La Costituzione del '58 costringe entro limiti molto angusti i poteri normativi delle camere: il governo dispone d'odg dei lavori parlamentari, può chiedere il « voto bloccato » sull'insieme di un testo, limitare il potere di emendamento dei membri del Parlamento sui disegni di legge governativi; questi ultimi non dispongono della iniziativa legislativa in materia di spesa e l'art. 40 Cost., d'altra parte, dichiara non ammissibile le proposte e gli emendamenti formulati dai membri del Parlamento « quando la loro adozione abbia per conseguenza sia una diminuzione delle entrate sia la creazione o Paggravamento di un onere pubblico ». Quanto poi alla tendenziale sostituzione di forme di democrazia corporativa alle istituzioni rappresentative classiche, occorre dire che il progetto risale allo stesso generale De Gaulle, che pensava perfino di trasformare il Senatò in una camera di rappresentanza corporativa 54 . La traduzione istituzionale di questa forma di democrazia avviene sostanzialmente, in parte, attraverso l'istituzione ex novo di un apparato istituzionale di consultazione categoriale e degli enti territoriali, in parte, attraverso l'attivazione delle istituzioni pubbliche economiche già presenti nella IV Repubblica. Sul piano nazionale il Conseil éconorniqae et social (Ces) 55 e le Commissions de modernisation, su quello regionale, le Com-

missions de développement économique re,gional (Coder) costituiscono le strutture portanti del polo istituzionale consultivo del modello francese di governo pubblico dell'economia, che, secondo un giudizio diffuso, costituiscono anche, unitamente al Commissariat général au plan (Cgp), l'apparato più originale della « pianificazione alla francese ». Le funzioni variano da quella di consigliere generale del governo sui problemi di carattere economico e sociale del Ces, ai sensi degli artt. 69, 70 e 71 Cost./58, a quella consultiva per le commissioni di ammodernamento. Tali commissioni, articolate per grandi settori economici o sociali (commissioni « orizzontali ») o per specifici comparti produttivi e/o singole funzioni pubbliche (commissioni « verticali ») costituiscono l'ossatura essenziale di quella amministrazione economica concertata che, bene analizzata in un agile volume da un alto funzionario francese di grande autorità in materia economica 56 , costituisce, secondo il Bauchet, una vera e propria «rivoluzione istituzionale ». Nominati intuitu personae con decreto del primo •ministro, in rappresentanza non elettiva delle pubbliche amministrazioni, del padronato (Cnpf), dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali, organizzati ed animati dai tecnici del Cgp, la funzione dei membri di queste commissioni (il cui numero è notevolmente variato nel corso dei sette piani) è quella di lavorare alla preparazione del rapporto generale sui piano, cercando di raggiungere un accordo (che deve essere votato all'unanimità, pena la 'mancata presentazione dello stesso) sugli obiettivi da perseguire nei diversi settori produttivi o funzioni pubbliche. A funzioni analoghe, con riferimento però agli aspetti regionali del piano lavorano le Coder, istituite in tempi più recenti (1964) e composte con la stessa logica di rappre-


16 sentanza non elettiva delle categorie socioprofessionali e degli enti locali delle precedenti commissioni. Procedendo in questo tentativo analitico per cerchi concentrici nella sommaria. analisi che si sta svolgendo sulle istituzioni della pianificazione economica francese, siamo così portati a riconoscere che l'autorità, tecnica ed istituzionale, veramente responsabile della preparazione del piano è, fino al 1964, il Commissariato generale al piano, da questa data affiancato e sostanzialmente sostituito dal Consiglio centrale e di pianificazione (Ccp). Il Cgp fu voluto fin dalle origini da J. Monnet come un organismo di missione (collegato con il primo ministro) con funzioni di « concezione e di animazione »58, xiolto « leggero », sprovvisto di fondi e personale proprio, tale comunque che •non irritando i ministeri economici tradizionali si potesse efficacemente porre come organismo specializzato di coordinamento governativo della politica economica, responsabile, secondo il decreto governativo del '46 che Io istituisce, « des diverses aspects de l'élaboration du Plan et du contròle de son exécution ». Il suo, inserimento nella struttura di governo è stato vario nel tempo, passando dai servizi del primo ministro (alle origini) 59 a quelli del ministero dell'Economia e delle finanze (1954), a disposizione di un ministro delegato o di un ministro di Stato (Marcellin neI 1967/68, Guichard nel 1968 /69, Bettencourt nel 1969/72. Lecanuet nel 1976/77), ai servizi del ministro per la Riforma amministrativa (Peyrefitte nel 1973), daI 1976 (governo Barre) presso i servizi di un ministro di Stato incaricato del piano e della pianificazione territoriale. Originali sono anche le modalità del coordinamento esercitato dal Cgp, che possono riassumersi in due tipi. Innanzitutto, il Cgp organizza esso stesso talune procedure di coordinamento (come le commissioni di am-

modernamento, la regionalizzazione del piano), le anima, ne è responsabile presso il governo. Accanto a queste, di propria ideazione, il Commissariato al piano partecipa anche ad un insieme di altre procedure permanenti ed ufficiali (partecipazione al 'Fdes, credito a medio termine, procedure fiscali, partecipazione al Comitato per la politica economica a medio termine, partecipazione al Comitato economico interministeriale) ed anche occasionali (gruppi finanze-piano, durante il V piano presso il ministero delle Finanze) che gli consentono, partecipando, di svolgere il proprio compito istituzionale di coordinamento. 7. Rapporti fra bilancio e piano (Cenni). Un grosso limite va subito qui registrato in materia di rapporti fra piano e legge finanziaria, che è lo strumento tecnico di esecuzione del piano60 . Se già sui piano teorico sembra difficile conciliare questi due istituti, indicativo il primo, imperativo la seconda, bisogna tuttavia osservare che nonostante la rigidità della legge finanziaria e la regola dell'annualità di bilancio non consentano una razionale allocazione dei crediti agli obiettivi definiti dal piano, nel. la prassi, soprattutto nella esecuzione del VI e del VII piano, si sono registrati rapporti più stretti fra legge finanziaria e pia. no, attraverso la costituzione di una sorta di « nodo duro» della pianificazione: i programmi di azione prioritari (Pap), com•pletati con programmi di azione prioritari di iniziativa regionale (Papir), che costituiscono l'innovazione maggiore del VII piano. Tali programmi, su cui il governo s'impegna, qualunque sia lo stato della congiuntura economica, a riservare nel bilancio annuale dal 15 al 20% del totale delle spese di bilancio, nel rappresentare un coiiiplesso di impegni precisi assunti dal governo, sembrano ridare credibiità ad una, altri.


17 menti, meramente formale pianificazione quinquennale. Resta da chiedersi se il governo (date anche le possibili evoluzioni di coalizioni al suo interno) potrà/saprà mantenere questi impegni6' assunti nei confronti delle esigenze della pianificazione oppure si farà unicamente condizionare dalle necessità di bilancio, in applicazione di ciò che si potrebbe definire il principio della « prio rità del quotidiano »62• Dal 1974, come si è già detto, il C gp viene se non formalmente almeno sostanzialmente scavalcato (poco finora è noto circa la volontà del governo Mauroy e del presidente della Repubblica F. Mitterrand in merito). Il Ccp creato su iniziativa del presidente della Repubblica Giscard d'Estaing, è pensato (più che istituito) come un organo di coordinamento ancora più < leggero », tanto souple, elastico, da non costituire nemmeno oggetto di un testo normativo. Ciò che si può dunque dire è che esso, nel porsi il compito di una « costante attualizzazione », a breve-medio e lungo termine, del piano, in realtà vuole gradualmente porre fuori gioco, come meccanismi di coordinamento e di concertazione ormai non più efficaci e/o convincenti, sia il Commissariato generale al piano sia le commissioni di ammodernamento. 8. Recenti evoluzioni nel quadro delle isti-

tuzioni pubbliche economiche: ministero delle Finanze e indirizzo politico-economico. Ma, restringere a queste istituzioni la delineazione del modello di pianificazione-amministrazione pubblica dell'economia sarebbe più che limitativo. Se, al pari di quanto fa nel titolo di una sua opera De Bacque° 8 , volendo conoscere lo stato attuale dell'organizzazione delle istituzioni pubbliche economiche francesi, ci chiediamo chi veramente governi l'economia in Francia e ripercorriamo in modo sommario le analisi svolte e le strutture pub-

bliche della pianificazione presentate, possiamo facilmente constatare che ancora non abbiamo dato una risposta plausibile sul modello complessivo di governo pubblico dell'economia. Pur senza infierire, come qualcuno di recente, fa, sulle effettive capacitàpossibilità di amministrazione pubblica dell'economia delle strutture di pianificazione e sulla « buona coscienza » dei pianificatori 4 , non si può non sottolineare come alla coerenza del modello descritto manchi un processo ed una struttura istituzionale capace di assumere la responsabilità in senso politico, a meno di non ridursi ad evocare la responsabilità del primo ministro, eliminando in tal modo, all'improvviso, ogni autonomia dal complesso tecnico-organizzativo presentati. Nella realtà è al ministero dell'Economia e delle finanze che spetta veramente la responsabilità degli equilibri economici globali. Solo nei suoi confronti si può esercitare, pur nei limiti angusti cui si è accennato, il controllo del Parlamento e quindi rendere pienamente significativa la responsabilità del governo, nella sua interezza 05 . La storia e l'organizzazione amministrativa di questo ministero sono abbastanza complesse. Si è anche molto discusso in dottrina e fra le forze politiche sulla validità e sui limiti di un accorpamento di tutte le competenze economiche dello Stato in un unico grande ministero, un super-ministero economico, ma il progetto non ha avuto molto successo. Si può pertanto osservare che nell'organizzazione del potere centrale economico si registra una preminenza effettiva del ministero delle Finanze per varie ragioni ma in particolare per le attribuzioni tipicamente finanziarie di questo ministero, che « controlla i cordoni della borsa ». Dal 1975 si devono tuttavia registrare, come si è già anticipato, sensibili trasforma-


18 zioni nell'assetto e nel dislocamento dei poteri decisionali effettivi in materia economica e, contestualmente, una perdita sostanziale di potere di orientamento della politica economica da parte dei piani quinquennali e delle « amministrazioni di missione » (Cgp), che tanta parte avevano finora svolto. Il nuovo quadro di funzionamento delle istituzioni pubbliche economiche vede, da una parte, un'assunzione diretta, nel Ccp, nel Consiglio dei ministri e nello stesso primo ministro nonché nel presidente della Repubblica, dei poteri e delle responsabilità di guida e di orientamento dell'economia, sia in campo congiunturale che strutturale e, dall'altra, una restituzione crescente agli altri ministeri economici e relative amministrazioni (in particolare ai ministro del Bilancio e a quello dell'Economia, staccatosi daU'aprile 1978 dall'originario, unico, ministero dell'Economia e delle finanze), delle competenze e delle responsabilità nei relativi settori di competenza Le articolazioni interne del nuovo modello di governo pubblico dell'economia prevedono, da una parte, la restituzione, così come avviene in altri paesi a democrazia parlamentare, ad un « little Cabinet » (di cui fanno parte il presidente della Repubblica, il primo ministro e i ministri strettamente competenti), eventualmente a comitati interministeriali istituiti ad hoc, del potere di indirizzo politico economico, con le relative responsabilità politiche e, dall'altra, ai ministeri dell'economia e del bilancio e alla Banque de France, nell'ambito delle relative competenze, di quello della sua esecuzione. Senza scendere nei particolari, si deve però ricordare come spetti, in tal senso al ministro dell'Economia la responsabilità della politica economica a breve termine ma che l'attuazione di tale 'politica, con i mezzi finanziari di cui abbisogna, dipende da altri comparti dell'amministrazione e più in par-

ticolare dal ministro del Bilancio, al quale compete la valutazione delle conseguenze scali e di bilancio delle azioni proposte. L'esercizio delle funzioni di quest'ultimo ministero è, d'altra parte, condizionato dalla conoscenza del contesto economico, senza la quale non è possibile la stessa stesura del bilancio dello Stato o le modifiche della legislazione fiscale. La reciproca dipendenza e concertazione fra questi due ministeri costituisce dunque un momento essenziale del funzionamento dell'amministrazione pubblica dell'economia, essenziale •per l'attuazione e l'esercizio dell'indirizzo politico-economico da parte del governo e del primo ministro, in particolare, che ne è l'arbitro e il garante. Una analisi maggiormente organica dovrebbe prevedere una migliore descrizione, accanto alle strutture attive più importanti di governo pubblico dell'economia, che se ne è fatto, delle altre strutture di amministrazione attiva e di consultazione, a livello centrale e territoriale, alcune delle quali sono di particolare importanza e caratterizzanti la peculiare forma di amministrazione pubblica della economia francese.

9. L'esecuzione dei piani attraverso le imprese pubbliche. Lo spazio consentito costringe tuttavia, a prescinderne, anche per l'esigenza di affrontare un ulteriore momento della pianificazione francese, che è quella dell'esecuzione dei piani. Come avremo occasione •di osser,vare, infatti, è in questo campo che forse possiamo registrare le principali novità dell'esperienza francese di pianificazione, sia che si tratti del ruolo svolto dalle imprese pubbliche che da quelle private. Anche in questo campo, l'analisi dovrebbe correttamente descrivere sia le strutture organizzat-ive per l'esecuzione del piano, sia l'originalità giuridica delle procedure di esecuzione dei piani, che, in conformità con il loro aspetto non imperativo e quindi sprov-


19 visto di sanzioni, si sono avvalse in Francia di un regime - fortemente articolato di « incentivi » e « stimolanti » comportando, al contempo, una necessità di revisione delle stesse categorie classiche del diritto amministrativo67 In una presentazione che deve essere necessariamente sommaria, si può subito dire che la specifica caratterizzazione « indicativa » del piano francese fa sì che manchi la stessa esigenza di una organizzazione articolata per la sua esecuzione, un « esecutivo del piano ». Nel settore privato, come vedremo, sono le stesse imprese private gli organi di esecuzione, con procedure classiche e nuove che più a lungo saranno trattate in seguito. Per quanto concerne il settore pubblico, ed in particolare l'esecuzione dei programmi d'investimento pubblico, sono i diversi ministeri competenti e le relative amministrazioni ad eseguire il piano. Dal punto di vista dei rapporti fra pianificazione ed imprese pubbliche, per superare il vincolo di cui, si è già parlato nei rapporti fra bilancio e piano, la programmazione quinquennale di investimento pubblico per strutture collettive di funzione pubblica viene annualmente inscritta nel bilancio statale (crédits d'engagemeats distinti dai crédits de payment) modulando gli investimenti - nonostante le dichiarazioni di impegno del governo - in funzione della congiuntura economica. Le déclarations de priorité del VI piano, i pro grammes d'actions prioritaires del VII piano costituiscono la migliore esemplificazione dei correttivi alla rigidità della regola dell'annualità di bilancio nella legge finanziaria. La presenza, in Francia, di un adeguato sistema di imprese pubbliche, nei cui confronti ovviamente il Piano è vincolante, sembra essere stato alle origini il sistema migliore per garantire l'espansione e la direzione degli investimenti pubblici e dello stesso consumo. Lo strumento tecnico per .

l'approvazione degli investimenti pubblici pluriennali, necessari all'esecuzione del piano e per l'approvazione dei programmi di investimento delle imprese pubbliche è di norma quello delle leggi-programma (Loisprogrammes), che per il governo non implicano altro obbligo se non quello di includere nei bilanci annuali i crediti necessari alla realizzazione degli investimenti decisi e per il Parlamento nient'altro che un obbligo morale ad approvare nel bilancio annuale ciò che ha deciso votando il piano quinquennale. La letteratura sui ruolo effettivo svolto dalle imprese pubbliche in Francia, dalla fine della seconda guerra mondiale a tutt'oggi, tuttavia, costituisce un materiale di riflessione politico-economico che non può lasciare indifferente lo stesso giurista e chi si occupa più in generale dei problemi della coerenza e dell'efficacia dell'azione pubblica in campo economico68 , riflessione tanto più necessaria, quanto più sembra diffondersi nei programmi politico-economici delle sinistre (già al governo e non) una concezione politico-ideologica di nazionalizzazioni che sembrano bene convivere con le leggi di funzionamento dell'economia capitalistica, senza cioè sperimentare al loro interno quel nuovo sistema di relazioni industriali che dovrebbe invece caratterizzare le proposte politico-istituzionali di un programma di governo che voglia porre le premesse per una transizione a nuove forme di democrazia (anche) economica. La tesi, in breve, che è stata affermata da una letteratura politico-economica critica, partendo da una valutazione storica delle strategie congiunturali e strutturali adottate dallo « Stato-imprenditore » nell'ultimo trentennio, e senza cadere nello schematismo della tesi per cui lo Stato si serve del settore pubblico per sovvenzionare quello privato, ha portato ad affermare che nel caso francese (almeno fino a Giscard d'Es-


20 taing) si può osservare, da una parte, una riduzione limitata e discreta da parte statale del proprio apparato industriale per lasciare uno spazio crescente al capitalismo privato nella vita economica del paese (ciò soprattutto dalla metà degli anni cinquanta con la politica gaullista dell'apertura delle frontiere). L'economia privata, criticata per il suo malthusianesimo tra le due guerre e il suo comportamento durante l'occupazione avrebbe, così, realizzato dopo la liberazione del paese un buon affare con la socializzazione di alcuni comparti economici, lasciando allo Stato il compito di sviluppare e di fare sovvenzionare dai contribuenti in particolare i settori dell'energia e dei servizi, nei quali le prospettive di profitto erano scarse o perfino nulle. Le nazionalizzazioni, prima e dopo il 1945, non sarebbero così, secondo questo approccio, per quanto possa apparire banale e sconsolante, che una prova ulteriore dei vecchio principio capitalistico secondo cui le perdite vanno socializzate ed i profitti .privatizzati Dal punto di vista più strettamente giuridico-istituzionale, si registra una tendenza dello Stato (finanze pubbliche) al disimpegno verso le imprese pubbliche, le quali, anche attraverso la tecnica dei contrats d'entreprises 70, vengono dotate di una maggiore autonomia nella determinazione delle tariffe per i servizi erogati e più in generale nella capacità di prendere decisioni economiche (relative agii investimenti e alla gestione ordinaria), in grado di garantire al settore pubblico una concorrenzialità con il settore privato, pena, come « taglio dei rami secchi », l'abbandono di quei settori incapaci di abbandonare lo statuto di impresa assistita. 10. Piani/icazione pubblica e impresa privata. La novità maggiore riguarda, però, il rapporto fra Stato ed impresa privata 71 Come si è già detto, i pubblici poteri hanno sperimentato in Francia tutta una serie di

strumenti indiretti per orientare l'attività dei soggetti economici privati, delle imprese, in senso conforme agli obiettivi statali: dalla legislazione alla regolamentazione, a tutta la strumentazione della politica economica, fino alla pianificazione. Gli strumenti sono stati queffi più classici delle sovvenzioni, dei prestiti preferenziali a condizione (Fdes), dei vantaggi fiscali. Nel corso delle varie fasi storiche, sono stati di volta in volta utilizzati i diversi strumenti in un quadro tuttavia che con il procedere negli anni andava sempre più riscoprendo le bontà del liberismo economico e contestualmente rifiutando l'interventismo pubblico in campo economico, che appariva secondo la nuova v!sione degli economisti e dei governanti troppo rigidamente riconducibile alle esigenze economiche della fase bellica. Ne consegue, come si è ripetutamente affermato, una perdita di funzioni e della stessa originalità delle istituzioni pubbliche economiche francesi. La stessa natura delle attibuzioni del piano muta nel tempo. Se si analizzano il VII piano e le proposte per 1' VIII 72, si può osservare infatti come i piani francesi ri.fiutano, ormai, una determinazione quantitativa agli obiettivi da raggiungere, così come invece era avvenuto fino al VI .piano incluso, per orientarsi verso una programmazione generale che, per raggiungere gli obiettivi proposti, si concentra su alcune poche azioni ritenute prioritarie perché trainanti rispetto ad altre nella politica di sviluppo economico. L'evoluzione della politica (di ristrutturazione) industriale e dei suoi rapporti con i vari piani costituisce la migliore conferma di quanto si è finora affermato . L'apertura della frontiere e la crescente internazionalizzazione dell'economia francese, infatti, esponendo il contesto economico francese, ancora fragile ed in alcuni comparti arcaico, alla


21 concorrenza internazionale, rendevano necessaria questa trasformazione di ruoli dell'intervento pianificatorio dello Stato nel processo economico. Quanto alle modalità di questo intervento si è già detto come esso, dimettendo le forme, ritenute poco consone, del comando, preferisce rivestire quelle, più suasive, della «seduzione»: lo Stato vuole rispettare le regole di gioco della vita economica e comportarsi alla pari degli altri soggetti economici '. I risultati, dal punto di vista economico di questo diverso approccio dei poteri pubblici sono ancora oggi registrati nell'articolazione dei sistema economico, nei quale si possono registrare fenomeni come una forte tendenza alla formazione di imprese monopolistiche od oligopolistiche, con crescente marginalizzazione delle imprese di piccola dimensione, una significativa penetrazione del capitale estero ed una internazionalizzazione (con preminenza del capitale americano) delle imprese monopolitiche nazionali, una più spinta interpenetrazione fra capitale bancario e industriale, in un processo di formazione di un capitale finanziario che a tutt'oggi non risulta concluso In un quadro così caratterizzato, bisogna chiedersi, con Michalet, se « bisogna più denunciare l'incoscienza di un comportamento suicida dei vari governi succedutisi nel trentennio trascorso o semplicemente constatare l'irresistibile declino delle istituzioni nazionali », della stessa sovranità nazionale della Francia? Le contraddizioni cui ha condotto la politica gaullista, fedelmente seguita da Pompidou e Giscard d'Estaing, di integrazione dell'economia francese in un processo di internazionalizzazione dominato dal capitale americano, hanno rimesso in questione, come si vede, con la sovranità della Francia, l'intero sistema di concertazione e di pianificazione che, se rimane formalmente in vita, non sembra ulte. riormente offrire alle amministrazioni pubbli-

che economiche convincenti strumenti per spingere le imprese ad adeguarsi agli obiettivi del piano. Con il che non si vuoi concludere che necessariamente si verifichi, come vogliono taluni, un processo di «deplanification », perfino un completo smantellamento delle istituzioni del piano, rimanendo per il •piano pienamente valide quelle funzioni individuate dal Nizard di socializzazione e di legittimazione delle norme di azione collettiva Allo Stato non può venir meno cioè quella funzione di negoziazione fra le varie forze sociali in campo, per tentare di attenuare l'antagonismo di interessi fra le classi, ritrovando in ciò un margine di autonomia che possa essere sufficiente ad organizzare la ristrutturazione del sistema produttivo del paese rispetto alle nuove esigenze imposte dagli equilibri economici internazionali e dalla nuova dialettica fra le classi, che non si gioca ormai più solo a livello delle singole realtà nazionali. 11. «Novità » delle forme giuridiche per l'economia concertata. Ritornando, ancora per un momento, al sistema di esecuzione dei piani francesi, occorre fare almeno qualche accenno a quel complesso di tecniche di esecuzione che hanno fatto parlare, nel caso francese, oltre che di « pianificazione concertata » di una « pianificazione contrattuale Tali tecniche, in breve, si basano, in conformità con le modalità di evoluzione del rapporto Stato-industria, su azioni e procedure che •intendono incrementare, a scapito di forme di gestione dirette o in compartecipazione con imprese-azionisti privati, forme di amministrazione fondate sul principio del condizionamento dall'esterno dell'impresa e degli altri soggetti economici privati, tramite interventi finanziari, sovvenzioni, vantaggi fiscali, crediti, regolamentazioni, controlli. Accanto ed in tendenziale sostituzione di tecniche di tipo autoritativo, definite unilate-


22 ralmente da parte statale ed accompagnate da adeguate sanzioni - rivelatesi sostanzialmente inefficaci allo scopo per cui sono previste - le autorità governative di settore, ed in particolare i « chargés de mission » del piano, durante gli anni Settanta, si sono così rivolti verso la generalizzazione dell'uso di tecniche di incentivazione. Più economiche neli'uso, più elastiche negli effetti e (almeno apparentemente) più efficaci nei risultati, esse sembrano coincidere meglio con la logica economica capitalistica e la stessa ideologia politica neo-liberale, non trattandosi più di costringere quanto di convincere le imprese e gli altri soggetti economici destinatari dell'intervento pubblico a tenere determinati comportamenti ritenuti necessari in una politica di piano. Qualcuno, analizzando l'insieme di queste tecniche, le ha descritte, come si è già ricordato, ricorrendo più che ad altri schemi ideal-tipici dello Stato liberale a quello della «seduzione » (L. Stoleru); l'azione dei pubblici poteri consisterebbe cioè nel rendere attraente e stimolante dal punto di vista economico un certo tipo di atteggiamento piuttosto che imporlo in modo coercitivo. Nell'evoluzione dell'intervento pubblico in economia le autorità pubbliche di governo hanno sperimentato in Francia una notevole serie di procedure giuridiche non tutte agevolmente inquadrabili fra quelle tradizionali del diritto pubblico-amministrativo. Si può anche osservare come ciò faccia registrare un profondo rinnovamento dello stesso diritto amministrativo economico. Tali procedure sono tuttavia articolabili in due principali processi amministrativi: da una parte, il provvedimento - atto unilaterale (prodotto sia dalle amministrazioni economiche tradizionali, sia dalle numerose istituzioni amministrative specializzate, sia dagli organismi privati con compiti interventisti), dall'altra, le procedure di accordo di tipo convenziona-

le (i c.d. « contratti economici ») che, articolandosi, a loro volta, in una notevole e variegata tipologia, caratterizzano il comportamento delle istituzioni pubbliche (durante gli anni Settanta) con una tendenza a ricorrere alla via contrattuale per la realizzazione degli obiettivi prefissati. Fra le molteplici tecniche contrattuali di cui si avvalgono le pubbliche autorità nell'esercizio delle loro funzioni di intervento in cam•po economico e sociale - che come bene sottolinea una dottrina bene avvertita (che va da De Laubadère, a Rivero, a Vasseur, Gaudemet ecc.) registrano «un nouvel essour du coni rai»77 - è interessante in particolare studiare come il loro utilizzo si estenda fino ai •settori nei quali l'utilizzo di procedure contrattuali sembrerebbe da escludere a priori trattandosi di materie che per loro natura non possono prestarsi all'introduzione di tecniche diverse da quelle autoritative (si pensi, ad esempio, al settore delle imposte, all'esercizio del potere di polizia, ecc.). Significativa, ad esem.pio, è in tal senso l'evoluzione registrata, in Francia, in materia di prezzi, che consente di cdlocare questo settore fra quelli di maggiore interesse per gli studiosi a causa di due principali ordini di ragioni 78 La prima data dall'essere il regime della fissazione dei prezzi, dalla fine della guerra in poi (oltre che ovviamente in tempo di guerra) oggetto di regolamentazione unilaterale (l'Ordonnance del 30 giugno 1945 Costituisce il testo base di riferimento per i poteri dell'amministrazione pubblica in materia), segno evidente dell'importanza attribuita a questo settore da parte dei pubblici poteri come tecnica basilare di regolazione della concorrenza, in una parola dell'equilibrio di mercato. La seconda ragione dell'interesse sta nel particolare rapporto registrato in Francia fra le strutture istituzionali e le forme giuricjiche della pianificazione - essa stessa in continua

-


23 evoluzione - e la diversa concezione nell'uso del regime dei prezzi. Soprattutto con il piano interinale del 1963, il regime contrattuale viene esteso anche alla materia dei prezzi sotto forma di accordi aventi ad oggetto deroghe, al regime di blocco dei prezzi ed istituendo in tale ipotesi un regime definito di « libertà contrattuale ». L'evoluzione ulteriore, fino alla situazione attuale, segue un processo di costante e graduale tendenza che muove con brevi interruzioni (settembre 1976: blocco temporaneo dei prezzi) verso la piena restaurazione del principio di completa libertà di determinazione dei prezzi dei prodotti industriali, e a partire dal 1980 della liberalizzazione completa degli stessi prezzi commerciali. Tuttavia, se è interessante ed utile, anche nella prospettiva di •una valutazione comparata con la esperienza italiana in materia approfondire questo processo, è altrettanto rilevante, da un punto di vista più specificamente dottrinario, cogliere, nelle diverse formule e tecniche che si sono susseguite nell'economia di tipo contrattuale degli anni Settanta in Francia, i nodi problematici ma anche la natura giuridica e l'evoluzione nello stesso diritto amministrativo. Sia per gli « engagements de stabilitè » (1963), sia per i più noti « contrats de programme » ( marzo 1966), sia per i congiuntu-. rali « contrats anti-hausses » del 1971, per gli « accords de programmation » del 1973, nei quali di volta in volta si esercita il nuovo ricorso del potere pubblico allo strumento contrattuale, deve parlarsi, secondo la dottrina più fondata ma anche secondo la giurisprudenza non di veri e propri contratti quanto invece di «quasi contrats», le cui caratteristiche testimoniano quel processo di deformalizzazione, destrutturazione delle forme e degli istituti di intervento pubblico in economia a favore di altri maggiormente in grado

di rispondere, con elasticità, alle mutevoli esigenze dell'economia moderna. L'individuazione della natura giuridica di questi « nuovi tipi di atti giuridici », che si propongono di combinare le nozioni di programma e di previsione loro specifiche con gli effetti giuridici tipici dei classici atti amministrativi è di notevole rilevanza in sede dottrinaria ma non rientra negli obiettivi più limitati di queste •note. Per quanto qui soprattutto rileva, ciò che può essere utile dire, concludendo la presentazione del quadro giuridico-istituzionale per l'esecuzione della pianificazione pubblica, è che, se i vincoli alla pianificazione poc'anzi accennati non porteranno ad uno smantellamento completo e definitivo dell'apparato francese di pianificazione (come vedremo meglio in seguito, ciò non vale tuttavia per il programma politico-economico del governo Mauroy e del presidente •Mitterrand), se ne può prevedere anzi un loro maggiore sviluppo. Tale potenziamento drila pianificazione, con relativo ricorso allo strumento contrattuale, coerentemente alla collocazione della pianificazione francese nell'ambito delle pia.ni.ficazioni praticabili negli Stati capitalisri, sembra meglio tener conto delle esigenze di libertà dei partners economici i quali sono disponibili a vincolarsi su precisi obiettivi proposti dallo Stato ma solo per periodi limitati e comunque con possibilità in ogni momento di rescissione del proprio contratto di adesione: questa è comunque la tesi maggiormente sostenuta relativamente al relativo successo della pianificazione economica francese. 12. Crisi della pianificazione e sue prospettive nel Governo Mauroy. Così delineato, in termini molto essenziali il quadro delle istituzioni pubbliche economiche francesi, accennato - se non descritto - alle peculiari caratteristiche delle pratiche concertative di cui esse si sono ampiamente avvalse, almeno fi.no


24 ai primi anni Settanta, individuate le funzioni non meramente economiche del processo complessivo di pianificazione ma anche sociali e ideologiche, è ora il momento di porsi la questione del futuro della pianificazione, anche alla luce del programma politico del « progetto socialista » e delle prime realizzazioni di tale programma nell'indirizzo politico del governo Mauroy. Nel fare ciò, bisogna tuttavia sottolineare che, quello che inizia con il V piano (19661970), fondato essenzialmente sull'« imperativo industriale », continua con il VI (19711975) e raggiunge il proprio culmine soprattutto nel VII piano (1975-1980), costituisce lo sviluppo in Francia di una strategia di notevole coerenza e senza sostanziali discontinuità nelle politiche economiche praticate dai poteri pubblici responsabili dell'indirizzo politico. Esse prevedono in particolare una concentrazione dell'intervento pubblico economico e più in generale l'orientamento della stessa regolazione economica e sociale in funzione delle esigenze di un sistema industriale che si vuole, in tal modo, modernizzare e cui si vuole affidare, sostenendone il processo cli ristrutturaaione interna e di concorrenza a livello internazionale, il compito di garantire la stessa indipendenza nazionale. Sia nelle politiche economiche di De Gaulle, sia in quelle di Pornpidou , ma soprattutto in quelle praticate da Giscard d'Estaing 80 appare infatti abbastanza evidente come tali obiettivi di politica economica, prioritari nella strategia dei vari piani, risultano sostanzialmente raggiunti. Si è anche posto da parte di qualcuno la questione se, nella ipotesi di una rielezione presidenziale di Giscard, l'VITI piano non sarebbe stato l'ultimo della serie considerato il costante e graduale svuotamento di funzioni e lo stesso processo di smantellamento delle istituzioni della concertazione cui si assiste negli anni Settanta 81•

Si è già richiamata in tal senso la sovrapposizione del Ccp agli organi di missione come il Cgp 82• Si può ricordare come gli altri aspetti più specificatamente istituzionali, che caratterizzano questo processo, possono individuarsi, innanzitutto, in una tendenziale scomparsa, pressoché completa nei lavori preparatori dell'Vili piano, nell'utilizzo delle metodologie e delle analisi prospettive relativamente ai singoli settori interessati dall'intervento del piano. Un secondo aspetto della crisi della pianificazione riguarda il processo e le strutture di pianificazione, momento privilegiato della « economia concertata » fra i partners sociali, così come aveva voluto l'ideologia pianificatoria. Il dato quantitativo spiega questo fenomeno meglio di ogni altra argomentazione: diversamente dalla preparazione dei piani precedenti, solo tredici commissioni, con un totale di 400 effettivi rispetto alle ventisei commissioni con circa tremila partecipanti durante il VI piano. D'altra parte, i due più importanti sindacati, la Cgt e la Cfdt avevano già autonomamente deciso di abbandonare i lavori preparatori del VI piano e di non partecipare a quelli del VII e dell'Vili 83• Una nuova filosofia informa il VII piano: alle finalità di uno «sviluppo equilibrato » dei primi piani, che si esprimeva in una moltiplicazione e diversificazione degli obiettivi economici e socali, il VII piano contrappone una politica di concentrazione dell'intervento economico pubblico in alcuni settori prioritari (Pap) ma si rifiuta di definirne, al contempo, i relativi impegni di spesa, attribuendo al piano l'obiettivo generico di facilitare l'autofinanziamento delle imprese e quello di favoi-ire gli investimenti del risparmio nIl'industria. La previsione di un continuo aggiornamento di tale politica costituisce la sanzione definitiva di ogni seria ragion d'essere del piano, almeno nelle funzioni finora attribuitegli


25 Il referente espressamente politico di questa evdluzione nel sistema di regolamentazione e di pianificazione dell'economia è stato correttamente individuato nella volontà governativa e del presidente della Repubblica Giscard in primis di eliminare ogni vincolo istituzionale alla propria piena libertà di azione, una 'politica come si vede delle « mani libere» che possa garantire il continuo adattamento della politica economica governativa rispetto alle esigenze della crisi economica e delle conseguenze sociali. Tuttavia, ciò non significa, come si è ripetutamente ricordato, nient'altro che un mutamento di forme giuridico-istituzionali. Il VII piano ha cioè registrato, con un ritorno a politiche economiche liberali, una trasformazione più che delle istituzioni preposte all'amministrazione dell'economia (mutate in modo non significativo) di quelle, più osiginali e per più di un trentennio elemento di differenziazione rispetto agli altri paesi a democrazia parlamentare, della pianificazione (elaborazione - esecuzione) dell'economia. Le potenzialità di forza e di preminenza dell'esecutivo, insite nella logica di funzionamento della V Repubblica, con l'assunzione diretta nel Ccp delle funzioni svolte in precedenza dalle strutture pubbliche di pianificazione, hanno ritrovato con Giscard D'Estaing una loro più completa realizzazione, in ciò favorite e legittimate dalla - bene definita - « ambigua » sistemazione dell'equilibrio fra i poteri costituzionali e più in particolare nella configurazione della responsabilità politica in campo economico, in un esecutivo che, quantunque concepito come bicefalo, ha registrato una prassi costante di subordinazione politica ed istituzionale del primo ministro al capo dello Stato ritenuto competente « a tracciare l'asse della politica deI governo ». Il tentativo di presentare un quadro essen-

ziale del modello francese di governo pubblico dell'economia si potrebbe dire qui concluso. Sarebbe ora interessante, come ha fatto di recente L. Tamburrino su « Rinascita »88 ed ancora più di recente A. Pancaldi in « Politica ed economia », passare a descrivere le nuove prospettive politiche, economiche ed istituzionali, il nuovo modello di governo pubblico dell'economia, con riferimento specifico alle nuove strutture giuridico-istituzionali, già avviate o solo proposte nel processo di riforma avviato dal governo Mauroy, in esecuzione oltre che degli impegni elettorali del presidente della Repubblica Mitterrand dello stesso Pro jet Socialiste « per la Francia degli anni Ottanta ». La rottura con la politica neo-liberistica di gestione » della crisi praticata nella precedente fase politica, la novità di un comlesso di misure economiche già prese, come l'imposta sulla ricchezza, e che hanno comportato una resistenza politica che è tuttora in fase di organizzazione, ma soprattutto il disegno di legge governativo sulle nazionalizzazioni (di sette grandi gruppi industriali, nonché una parte significativa dello stesso settore bancario e finanziario), benché in se stessi di notevole importanza e significato riformatore non sembrano ancora configurare in modo chiaro i contorni della strategia politica e istituzionale del miovo governo di coalizione delle sinistre. Essi costituiscono tuttavia gli elementi portanti de.11'im'pegno governativo delle sinistre francesi verso quel programma di « cambiamento » che, se aveva costituito la parola d'ordine più significativa della campagna elettorale, non ha potuto ancora, nello spazio esiguo di sei mesi (« dalla grande svolta »), avviare quelle necessarie trasformazioni istituzionali e quel coinvolgimento più pieno dei lavoratori e degli altri soggetti organizzati della società, che caratterizzano una parte delle novità del


26 processo di transizione al socialismo cui non può essere indifferente una coalizione di governo delle sinistre. La fase attuale sembra riguardare più la competenza dell'economista e del politologo anziché dell'analista politico-istituzionale. Se si prescinde dalla politica delle nazionalizzazioni (su cui si potrà ritornare in prossimi interventi) e dalle caratteristiche con cui esse vengono inserite nel programma del governo Mauroy, da una parte, come strumento di orientamento dell'economia e dall'altra come graduale democratizzazione della stessa, mancano ancora al momento tutti gli elementi per fare un'analisi completa sulle prospettive di una ripresa di interesse e di funzionamento nel processo di pianificazione ma soprattutto di rivitalizzazione delle istituzioni pubbliche economiche trasformate nel senso del nuovo indirizzo politico praticato dal governo Mauroy e dal presidente Mitterrand. Solo quando si disporrà dei nuovi elementi, costituiti, da una parte, dalle decisioni governative nelle materie di rilevante interesse della organizzazione pubblica dell'intervento in campo economico e sociale, con le relative forme di coinvolgimento dei lavoratori e delle loro organizzazioni (secondo le

prospettive del Projet Socialiste) e dall'altra, della strategia del decentramento amministrativo e della riforma regionale e degli enti locali, si potrà tentare la verifica, da una parte, del loro adeguamento al Projet Socialiste e prima ancora agli accordi di governo tra Pcf e Psf e dall'altra la loro compatibilità, tramite l'introduzione di « isole socialiste» nel processo di produzione e di distribuzione, con l'avvio di nuove modalità di organizzazione che, seppure gradualmente, si orientano verso il superamento delle contraddizioni di fondo dell'economia e della società capitalistica. Le dure reazioni avviate in queste ultime settimane da una parte dell'organizzazione padronale francese, anche con il ricorso alle vie legali (caso Paribas, ecc.) sembrano tuttavia una ragione che invita all'ottimismo. Indice che il governo delle sinistre, in Francia, ha imboccato una strada giusta, esse, per concludere con Pancaldi, potrebbero costituire « la prova che in Francia socialisti e comunisti hanno messo in movimento una serie di meccanismi che possono veramente produrre un nuovo modello di società: e qui sta l'interesse europeo e mondiale del "caso francese" »87

i Una presentazione cli questa esperienza viene cu-

alcuni dei suoi momenti più significativi. Questi ultimi soltanto, infatti, sembrano i criteri di analisi per comprendere il contenuto e la direzione degli stessi orientamenti istituzionali e di politica economico del nuovo governo francese, di cui l'autore citato è ministro dell'Economia e delle finanze. Per la conoscenza degli elementi portanti (politici, ideologici e istituzionali), che sono alla base dell'azione di governo delle sinistre francesi attualmente al governo, si leggano il Pro jet socialiste del Partito socialista (Club socialiste du livre, Parigi 1981) e F. MITTERRAND, Ici et maintenant (nella traduzione italiana a cura degli Editori Riuniti, Qui e adesso, 1980). Una presentazione della esperienza francese attuale, alla luce dei primi atti del governo Mauroy, che si caratterizza per la sua completezza e chiarezza, è svolta molto di recente

rata da J. DELolts, (The decline of French Planning, rivista e aggiornata per « Mondoperaio », n. 9/10, 1981, con il titolo La pianificazione nell'esperienza francese) nel suo contributo al volume Beyond Capitalist Planning, Oxford University Press (a cura di STUART HOLLAND). L'intento degli autori di questo volume (economisti europei di ispirazione socialista) è quello di dimostrare la sostanziale impianificabilità del capitalismo nel contesto dello Stato sociale contemporaneo. Solo un nuovo modello di sviluppo basato a sua volta sul «cambiamento » sostanziale delle forme e dei rapporti di produzione potrà essere in grado di affrontare in modo efficace la crisi della pianificazione capitalistica. Questo cambiarnnto dovrà trovare nel « controllo sociale » e nella stessa trasformazione delle forme istituzionali del governo dell'economia

da A.

PANCALDI,

La Francia a sei mesi dalla gran-


27 de svolta, in « Politica ed economia », n. 11, 1981, p. 19 ss. Per gli aspetti più specificamente politicoistituzionali della cd. « sfida Mitterrand» e del suo successo elettorale si vedano M. VOLPI, La Va repubblica potrà bastare al cambiamento?, in « Rinascita », n. 30, 1981 e, più in generale, il nu mero monografico del «Contemporaneo » dedicato a Il laboratorio Francia, da una parte, e da diversa angolazione G. AMATO, La prova del fuoco della V repubblica, in «Mondoperaio », n. 7/8, 1981. Per un approfondimento delle iniplicazioni del nuovo governo e delle sue premesse politico-ideologiche, con riferimento specifico alla situazione dei rapporti Stato-industria, inteso anche a ricostruire il modello teorico-politico del « socialismo industriale », alla luce dei testi classici e più recenti, si veda A. BOUBIL, Le socialisme industriel, PUF, Parigi 1977, con la bibliografia ivi citata. 2 Cfr. R. CHIARELLI, Gli organi della pianificazione economica, Giuffrè, Milano 1973, pp. 81. Due sole disposizioni nella Costituzione del 1958 riguardano la questione dello sviluppo economico: l'art. 34, 60 co., che prevede lo strumento delle leggi di programma per la determinazione degli obiettivi dell'azione economica e sociale dello Stato; 1' art. 70 che, nello stabilire le funzioni del Consiglio economico e sociale, statuisce che «ogni piano o progetto di legge di programma a carattere economico e sociale è ad esso sottoposto per il parere ». Per un'analisi sommaria ma efficace del problema déi rapporti fra diritto e pianificazione si vedano: G. BRAIBANT, Ré/lexions sur les structures juridiques de la planification franaise, in «Revue de droit contemporain », n. 1, 1966; e P.M. GAUDEMET, La planification économique et les trans/ormations du droit public franais, in Mélanges Van Der Meersch, Lgd.j, Parigi 1972, T. III, p. 493. ' Cfr. su tali questioni J.C. VENEZIA, L'Administration /ranaise devant les transformations économiques, in Annuaire européen d'Administration publique, vol. I, 1978 e, più in generale, sulle problematiche e sulla organizzazione istituzionale dell'intervento pubblico in economia, cfr. Z. MADAR e H. RASTELLO (a cura di), Le r6le de l'Etat dans

la réglementation de l'économie capitaliste et socialiste, Institut Universitaire d'Etudes Européennes, Torino 1969. Una analisi delle scarse funzionalità delle istituzioni politico-economiche contemporanee, che non si può non conoscere, è l'ormai classico volume di A. SHONFIELD, Il capitalismo moderno, Etas Kompass, Milano 1967. Su questo problema la bibliografia è vastissima. Fra le altre sembrano particolarmente approfondite le analisi di N. POULANTZAS, Il potere nella società contemporanea, Editori Riuniti, Roma 1978 e quelle contenute nel volume collettaneo, curato da G. VACCA, La crisi dello Stato, De Donato, Bari 1979. Per un resoconto sommario sui dati attuali della crisi economica francese si rinvia al già citato Il laboratorio Francia numero monografico del «Contemporaneo ». Un'analisi molto utile sulle politiche cconomiche e sociali succedutesi, in Francia, dopo il 1968 è dovuta ad A. GIGLIOBIANCO e M.

SALVATI, Il maggio francese e l'autunno caldo ita-

liano: la risposta di due borghesie, Il Mulino, Bologna 1980. Cfr. J. FOURASTIÉ e J.P. COURTHEOUX, La piani/ication économique en France, PUF, Parigi 1969. 8 Cfr. N. POULANTZAS, Il potere ... , cit., •p. 265. Un approfondimento di questo approccio critico è di M. BRETON, La crise de la plonification

franaise et la régulation du déveioppement du capitalisme franais, in « Critique socialiste », 1974 e in molti interventi al colloque d'Uriage sullo stato della pianificazione francese, ora in Actes du Colloque d'Uriage (a cura di L. NIZARD e P.A. BELANGER), Planification et société, Presses Universitaires de Grenoble, 1973. Utile da leggere è anche M. CROZIER, I partiti francesi, Fondazione Agnelli, Torino 1980, che presenta, nella parte seconda e nella terza, le concezioni dello Stato e i progetti economici dei partiti francesi. 10 Un'analisi molto attenta e documentata sui rapporti della sinistra con le istituzioni della Va repubblica è fatta di recente da O. DUHAMEL, La gauche et la Ve République, PUF, Parigi 1980. L'accordo fu raggiunto il 27 giugno 1972 e successivamente ratificato dalle conferenze nazionali dei due partiti (cui hanno aderito, per poi allontanarsi, i radicali di sinistra, riuniti nel « gruppo di studi e di azione radical-socialista »). ' Il testo dell'accordo raggiunto si può ora legge-

re in I comunisti e l'unità delle sinistre in Francia, Editori Riuniti, Roma 1972. 13 Cfr. Programma comune, in I comunisti e l'unità..., cit., .p. 120. 14 Per una comprensione della concezione dello Stato e delle trasformazioni interne che ne propongono i socialisti francesi, per rendere possibile, permanente e democratico il cambiamento promesso ai francesi nel programma elettorale cfr. anche AA.VV., La de'mocratie en jeu, Club socialiste du livre, Parigi 1980, soprattutto il cap. III che ri•porta il rapporto presentato (al convegno di cui il volume costituisce gli atti) da J. SANDEAU, La

trans/ormation de l'Etat. Per una presentazione di questa e delle altre principali analisi critiche sui limiti della razionalità politica negli Stati del capitalismo sviluppato si veda il reading di C. DoNoLo e F. FICHERA, Il go-

verno debole. Forme e limiti della razionalità po. litica, De Donato, Bari 1981. 18 Cfr. A. PANCALDI, La Francia a sei mesi..., cit., p. 19 Ss. 17 Cfr. L. STOLERU, L'impératif industriel, Seuil, Parigi 1969 e dello stesso autore L'Etat condamné à séduire, in « Expansion », aprile 1972, pp. 125133. 18 Cfr. N. POULANTZAS, Il potere..., cit., .p. 216 ma

tutto il cap. III: Lo Stato e l'economia. 19

Si veda, ad esempio, l'opera di A. TOUitAINE,

La socie'té invisibie, 1977, p. 19 e ss. e 60 ss. ° Cfr. VI Plan de de'veloppement économique et social (1971-75), Imprimerie des Journaux Officiels, Parigi, is. 1371. 21 Cfr. A. SHONFIELD, Il capitalismo..., cit.

-


28 22

Cfr. L. NIZARD, Nécessaires re'gulations piani/icatrices de l'appareil de i'Etait dans la France capitaliste d'aujourd'hui, in «Revue franaise de sociologie », 1975, passim ma soprattutto p. 631. L' autore citato è uno studioso di sociologia politica che ha dedicato all'analisi della pianificazione economica e sociale uno studio continuo da più di due decenni. Altri suoi contributi sull'argomento, utili da leggere, sono: De la planification franaise: production de normes et concertation (in « Revue franaise de science politique », ottobre 1972); Administration et société: plani/Ication et régulations bureaucratiqaes (in « Revue franaise de science politique », aprile 1973); La consultation dans les processus de plani/ication (in L'Administration consultative, Cuas, Parigi 1972); Changemeni social et appareil d'Etat (in Rapport d'enquéte, Cerat, Grenoble 1974), ed infine, coautore insieme a B. JOBERT e P. MOLLER, Eléments poar une nouvelie approche de l'Etat dans la France d'aujourd' hai, Iep-Cerat, Grenoble 1977. 23 Cfr. B. CAZES, Capitalisme et pianification soutils compatibies?, in « Cahiers de l'Isea », aprile 1959, serie M. 4, p. 120. 24 Un classico su questi problemi è il volume di P. BIRNBAUM, Les sommets de i'Etat. Essai sur l'élite da pouvoir en France, Seuil, Parigi 1977 e dello stesso autore, in collaborazione con altri, il volume Les hautes fonctionnaires et la politique, Parigi 1976. In una bibliografia molto essenziale sulla questione delle manifestazioni del potere burocratico in Francia come « tecnoburocratico » e sui vincoli che esso pone all'azione dei pubblici poteri, soprattutto in campo economico, si devono citare almeno le seguenti opere: J. MEYNAUD, La Tecnocrazia. Mito o realtà?, Laterza, Bari 1966; CH. DEBBASH, L'administration au pouvoir. Fonctionnaires et poiiticaes sous la Ve Repablique, Colmann-Levy, Parigi 1969; J.C. THOENING, L'ère des technocrates, Editions d'Organisation, Parigi 1973; COLLOQUE IFSA, Les superstructures des administration centrales, Cahiers dell'Ifsa, Cujas, Parigi 1973; M. WALINE, Les re'sistances techniques de l'administration au poavoir politique, in AA. VV., Politique el technique, PUF, Parigi 1958; J. BILLY, Les technocrates, PUF, Parigi 1975; B. GOURNAY, Technocratie et administration, in «Revue franqaise de science politique », 1960, p. 881 ed il volume collettaneo (in particolare il contributo di J. SALLOIS, La bareaucratie), L'Administration, Hachette, Parigi 1974. Questa è anche la tesi principale che emerge dal rapporto di sintesi curato per un Convegno del Ciriec sulla pianificazione nei paesi socialisti (tenuto a Bruxelles il 28 febbraio 1976) da F. BiaSMANS, che si può leggere negli Annales de l'e'conomie publique, sociale et cooperative, 1, 1971. Cfr. anche G. MARTIN, L'expérience franqaise de plani/ication sociale: bilan et perspectives, in « Revue internationale des sciences sociales », volume XXVII, n. 1, 1975, p. 96 Ss. 26 P. MASS, Le Plan oa l'anti-hasard, Gailimard, Parigi 1965. 27 F. DE GAULLE, in un messaggio radio-televisivo dell'8 maggio 1961.

28 Cfr. J. CHEVALLIER e D. LOSCHAK, Science ad ministrative, Lgdj, Parigi 1978, vol. 2. 29 Sulle funzioni dell'apparato statale come stabilizzazione dei conflitti sociali si vedano anche J. FOURNIER e N. QUESTIAUX, Traité da social. Situations, luttes, politiqaes, institutions, Dalloz, Parigi 1976; e i contributi di S. BIAREZ, H. C0ING, G. DELANGE e, soprattutto, di A. GAURON, Plan, marché et régulation sociale dans la structare sociale, in Actes da Collo que de Uriage, cit. 30 Cfr. L. NIZARD, Nécessaires régalation..., cit., •p. 629. 31 Per una bibliografia essenziale di carattere generale sulla pianificazione economica francese: origini, finalità, sviluppo e limiti, si vedano almeno le seguenti opere: AA.VV., La plani/Ication comme processus de décision, Cahiers de la Fondation Nationale des Sciences Politiques, A. Colin, Parigi 1965; P. BAUCHET, La planification fraizaise: da Premier aa Sixième Plan, Seuil, Parigi 1970; J. FOURASTI e J.P. COUTHEOUX, La plani/Ication 6conomique en France, PTJF, Parigi 1968; CL. GRUSON, Origine et espoirs de la pIani/I cation franaise, Dunod, Parigi 1968. 32 A parte i manuali tradizionali di diritto comparato, l'opera recente di M. VOLPI, La democrazia autoritaria, Il Mulino, Bologna 1979, è la migliore presentazione delle peculiari caratteristiche politico-istituzionali (soprattutto nella sistemazione dell'assetto di governo) della Va Repubblica francese e a me pare la trattazione più organica delle ragioni per le quali bisogna temere una analoga trasformazione delle istituzioni costituzionali italiane, secondo le proposte di costituzionalisti come G. AMATO (si veda il suo Una Repubblica da riformare, Il Mulino. Bologna 1980). Cfr. J.L. QUERMONNE, Le Gouvernement de la France sous la Ve République, Dalloz, Parigi 1980; F. GOGUEL e A. GROSSER, La politique en France, Colin, Parigi 1980; J. Massot, La Présidence de la République en France, in « La documentation franqaise », 1977; E. CHELI, Tecnica di ampliamento dei poteri normativi dell'esecutivo nell'ordinamento francese, in « Rivista trimestrale di diritto pubblico », n. 3, 1959, p. 465; AA.VV. (a cura di MASSIMO BoNAI), Governo, ministri, presidente, Edizioni di Comunità, Milano 1978. 34 Cfr. J. MENIER, Plani/Ication et réf orme administrative en France, in « Revue administrative », n. 173, settembre-ottobre 1976. " Su tali questioni, per tutti si veda J. CHEVALLIER e D. LOSCHAN, Science administrative, cit., pp. 459-601 del voi. Il. 38 Così anche R. SAvY, L'intervention des pouvoirs publics dans la vie économique, PUF, Parigi 1978, p. 191 e dello stesso autore Les poavoirs économiqaes exceptionnels, in « Pouvoirs », n. 8, 1979, p. 84. 31 Cfr. A. JACQUEMIN e G. SCHRANS, Actes da Collo que sur la magistrature e'conomiqae, Bruylant, Bruxelles 1976. Si vedano anche R. SAVY, Droit public économique, Dalloz, Parigi 1977 e A. DE LAUBADRE, Droit pablic économique, Dalloz, Parigi 1976, e, infine, J. DELMAS-MARSALET, Le


29 c6ntrole juridictionnel des interventions économiques de l'Etat, EDCE, 1969. 38

M. DUVERGER (nella traduzione italiana), I si-

stemi politici, Laterza, Bari 1979, p. 48. 39

Per una bibliografia essenziale sul diritto pubblico economico si vedano almeno le seguenti opere: A. DE LAUBADÈRE, Traité de droit administratif, Lgd, Parigi 1977, vol. IV; G. FARJAT, Droit économique, PUF, Parigi 1971; A. JACQUEMIN e G. SCHRANS, Le droit économique, PUF, Parigi 1974; P.M. GAUDEMET, Réflexions sur le droit ad,ninistratif économique, in Mélanges Lopez Rodo, p. 133; R. SAVY, La notion de droit économique en droit franais, in «Ajda », 1971, p. 132; J. Rivito, Action économique de l'Etat et évolution administrative, in «Revue économique », 1962, p. 886. 40 Cfr. G. BURDEAU, Traité de Science Politiue, Lgdj, Parigi 1971, vol. IV, p. 649. 41 Cfr. J.L. QUERMONNE, Les effects de la piani-

fication au niveau de l'appareil politique et de l'ordonnancement juridique, in AA.VV., La plani/ication comme processuss..., cit. 42 Per una bibliografia essenziale sul punto: G.S. VLACHOS, Plani/Ication et droit public, Aix en Provence 1970; P.M. GAUDEMET, La piani/I cation..., cit.; G. BRAIBANT, Ré/lexions sur les structures..., cit.; J. RIVERO, Le plan Monnet et le droit, Recueil Dalloz, Parigi 1947; J.A. MAZÈRES, De quei-

ques problèmes dominants de la plani/Ication Iranaise, in «Ajda », 1968, p. 203; H. JACQUOT, Le statut juridique des plans franais, Lgdj, Parigi 1973. Cfr. G. BURDEAU, Traité..., cit., p. 651. ' Sui caratteri generali della pianificazione francese (indicativa, elastica, concertata): alla bibliografia citata si aggiunga J. CHEVALLIER, Les brmes actuelles de l'économie concertée, Publications de la Faculté de droit, Amiens, n. 1, 1971-72; A. DE LAUBADÈRE, L'Administration concertée, in Mélanges Stassinopoulos, Lgdj, Parigi. Per tutti cfr. G. BE.AIBANT, Réflexions sur les structures..., cit. ° Cfr., J.F. LE CALONNEC, La planification et le droit, in «Economie et Humanisme », n. 1-2, 1962. Per un approccio critico al diritto a partire da una riflessione sui problemi della pianificazione cfr., F. D'ARCY, Droit et plan: re'flexions sur le décline de l'ideologie juridique, in Planification et société, cit., p. 457 Ss.; Colloque de Nice, 8-9-10 settembre 1976, Sur l'Etat, Contradictions, Bruxelles 1977; J.J. GREIZAL, Le droit politique de l'Etat. 43

Essai sur la production bistorique du droit administratif, PUF, Parigi 1980; A. DEMICFLEL, Le droit administrati/. Essai de réflexion théoriue, Lgdj, Parigi 1978. 41 Per una bibliografia di questa dottrina cfr., J.L. QUERMONNE, Les eflects de la planification..., cit.; J. D SoTo, Grands services publics et entreprises nationales, PUF, Parigi 1975; J. CHEVALIER, Les /ormes actuelles..., cit. 48 Cfr., in tal senso, A Dz LAUBADÈRE, Traité de droit administrati/, cit., vol. IV, p. 95; H.

JACQU0T, Sur la nature juridique..., cit.; A. HAURIOu, Le droit administratif de l'aleatoire, in Mélanges Trotabas, Lgdj, Parigi 1970, p. 197 ss. 49 L'opera più approfondita di questo approccio dottrinario è di L. SFEZ, L'administration prospective, Colin, Parigi 1970. Un punto molto chiaro è fatto da J. CHEVALLIER e D. LOSCHACK, Science administrative..., cit., p. 572. 50 Sul ruolo del Parlamento in materia di pianificazione cfr., P. CORBEL, Le Pàrlement franais et la planification, Cahiers IEP, Grenoble 1969; P. DEVOLVÉ, Le Plan et la procedure parlementaire in Le controle parlementaire sur la politique économique et budgetaire, Travaux de la Faculté de Droit, Parigi 1964; P. DEVOLV& Le Pariement et la préparation du Ve Plan, in « Revue de droit publique », 1965, p. 661; F. COGUEL, Le Plan et le Pariement, in La planiflcation comme processus ... , cit.; P.M. GAUDEMET, Planiflcation économique et institutions politiques franaises, in Mélanges E.G. Kyriacopoulos, 1966. 51 Oltre alla già citata opera del VOLPI, La democrazia..., una rassegna molto documentata delle prassi affermatesi in Francia, con riferimento alle fasi di formazione, funzionamento, e a quella dei rimpasti e delle crisi di governo è fatta da D. GEORGIACODIS, Il presidente della Repubblica e il

governo nella prassi della V repubblica francese, in « Giurisprudenza costituzionale », 1973, p. 2752, e ss. 52 Cfr., in tal senso G. BURDEAU, Traité..., cit., p. 646. 53 Sul declino della « sovranità» parlamentare della V Repubblica cfr., M. VOLPI, La democrazia..., cit., p. 135 Ss.; P. AVRIL, Il Parlamento francese nella Quinta Repubblica, Edizioni di Comunità, Milano 1976; M. DUVERGER, La V.e Re'publique, PUF, Parigi 1974. Sui meccanismi regolamentari per bloccare il potere di emendamento nei confronti dei progetti di legge del governo cfr., in particolare A. CERVATI, Appunti sul procedimento

di approvazione delle leggi con « voto bloccato » nella V Repubblica francese, in « Giurisprudenza costituzionale », 1969, p. 2711 ss. e S. TOSI, Equilibre et déséquilibre dans la fonction législative en droit pari ementaire comparé, in Parlement et gouvernement. Le portage du ponvoir, Publication de l'Institut Universitaire Européen, Firenze 1979. Per una bibliografia ragionata sulle istituzioni della V Repubblica, fino al 1965, cfr., C. EMERI, Les

institutions de la Ve République. Etat des travaux, in « Revue franaise de science politique », 1965, p .297 55. e dopo questa data P. AVRIL, Ce qui a changé dans la V.e République, in « Pouvoirs », n. 9, 1979, .p. 53 ss. e l'intero numero monografico della rivista « Pouvoirs », n. 4, 1978 (La V.e République: 20 ans après) con la bibliografia ragionata ivi riportata. 54 Per una ricostruzione delle idee politico-costituzionali del generale De Gaulle, cfr., l'opera di M. DUVERGER, La monarchie républicaine, La Font, Parigi 1974. Una ricostruzione del sistema politicocostituzionale complessivo è fatta di recente da S. BARTOLINI, Ri/orma istituzionale e sistema poli-


30 tico, Il Mulino, Bologna 1981, e nella letteratura francese, oltre alla già citata opera del DiJHAMEL, La gauche..., cfr., anche S. SUR, Le système politique de la V.e République, PUF, Parigi 1981. 55 Sulla collocazione istituzionale-costituzionale e sul ruolo effettivamente svolto dal Conseil économique et social (CES) cfr., G. e A. MERLOZ, Le

Conseil économique et social en France sous la V.e République, in «Droit Social », novembre 1976. Cfr., infine, L. Ricci, De Gaulle e la critica della democrazia rappresentativa, in «Studi parlamentari e di politica costituzionale », n. 10, 1970, p. 75 ss. 56 Si tratta di M.F. BLOCH LAINÉ, A la recherche d'uve économie concertée, Editions de l'Epargne, Parigi 1978. 51 Così P. BAUCI-IET, La plani/ication..., cit., ma nello stesso senso cfr., anche P. PASCALLON, La planification de l'économie /ra,zaise, Masson et Cie, Parigi 1974. 58 Cfr., Y. ULLMO, Le Commissariat général du Plan, in Cahier IFSA, n. 2, interamente dedicato

al tema La coordination administrative en matière économique et sociale, Cujas, Parigi 1967, p. 58. ° Per una bibliografia essenziale sul CGP: M. RIPERT, Le Commissariat général du Plan, in «Caf», n. 1, 1961; Y. ULLMO, Le Commissariat..., cit.; J. FOURASTIÉ e J.P. COUTHEOUX, La plani/Ication..., cit.; 3. MASSOT, Le Che! du Gouvernement en France, « La Documentation Franaise », 1979, p. 214 ss.; «Cahiers Franais », n. 181, 1977 (numero monografico: La plani/Ication /ranaise) ed infine G. THUILLIER, Régard sur la baute administration en France, Economica, Parigi 1979. ° Sul punto cfr. G.S. VLACHOS, Plani/lcation et droit public..., cit.; G. BRAIBANT, Réflexions..., cit., p. 44; P.M. GAUDEMET, La plani/Ication ... , cit., p. 505 (cap. III: Plani/ication et droit /lnancier). °' Per una bibliografia sui rapporti nel diritto pubblico francese fra piano e bilancio e sulle principali innovazioni introdotte nel VI ma soprattutto nel VII Piano, con i programmi di azione prioritari (PAP) cfr., supplemento a «Cahiers Franais », n. 182, 1977, interamente dedicato al problema ed in particolare 3. BRAVO, Le lien entre le VII.e Plan et le budget; cfr., P. BOREL, Note

d'ivi ormation sur les relations entre le budget et le Plan en France. in «Bulletin de l'Institut international d'administration publique », n. 19, 1971, p. 221 ss., ed infine J. RIvoLI, Le budget de l'Etat, Seuil, Parigi 1975, ed, in particolare, l'intero Ca.pitolo VII, Budget et Plan. Si vedano inoltre M. VoIssEr, Concertation et contractualisation dans la /onction publique, in «Droit social », n. 9/10, 1970; Fonctions collectives et planification, in «Notes et études documentaires », n. 39991-3992, 1973. 62 Così P. FOURNERET, L'administration économique, PUF, Parigi 1980, p. 58. 63 F. DE BAECQUE, Qui gouverne la France?, PUF, Parigi 1976. 84 Cfr., in tal senso G. THUILLIER, Regards..., cit., p. 86. E' utile tuttavia una breve citazione per far comprendere quale sia l'angolo visuale di questa impietosa critica ai pianificatori (con il

che, ovviamente, non si vuole negare la funzione di integrazione-stabilizzazione esercitata da questa comunità di tecnici): «Ce qui est à craindre, au fond, dans le plan, ce sont les bonnes intentions, la bonne conscience des planificateurs: ce sont des gens de bien que ignorent le budget, la monnaie, le fait syndical, le libéralisme (c'est-à-dire la volonté de gagner de l'argent), la douleur individuelle (.par exemple en matière d'expropria. tion), en bref des gens habitués à manier des abstractions et à se plaire aux ictions nominalistes ». 65 Sul punto, oltre alla bibliografia già citata, cfr., P. PACTET, L'évolution contemporaine de la respon-

sabilité goavernamentale dans les democraties pluralistes, in Mélanges G. Burdeau, Lgdj, Parigi 1977; P. CARCELLE e G. MAS, Les pouvoirs du Parlement en matière /lnancière, in «La Revue adininistrative », marzo 1959, p. 122 Ss.; Rapporto di J. DELMAS-MARSALET, La coordination de l'action administrative en matière économique et social, in «Cahiers Ifsa o, XIV Congrès internatiovale des sciences administratives, Dublino, Editions Cujas, Parigi 1970. Nonché A. DE LAUBADÈRE,

Traité..., cit., p. 43 ss. 66

Sulle modalità dell'azione bancaria del Tesoro e più in particolare sull'originalità del Fond de dévcloppement économique et social (FDES) cfr., Y. SAINT-GEOURS, Le /inancement des investissemcnts et le FDES, in « Banque », 1956, p. 755; C. PHILIP, Les fonds de développement économique et sociale, in «Revue de science financière », 1974, p. 147. 67 Nella vasta letteratura su questi istituti e sulle relative problematiche giuridiche, la bibliografia citata non ha altro valore se non quello di una possibile traccia per approfondimenti ulteriori. Fra le opere più significative sul punto si possono tuttavia richiamare: M. VASSEUR, Un nouvel essor du

concept contractuel: les aspects juridiaes de l'économie concertée et contractuelle, in «Revue tnmestrelle de droit civil », 1964, p. 5; A. HAURIOU, Le droit administratif de l'aléatoire, in Mélanges Trotabas, Lgdj, Parigi 1970; J. CHEVALLIER, Les /ormes actuelles de l'économie concertée, in Publications de la Faculté de Droit d'Amiens, n. 1, 1971; A. DE LAUBADÈRE, Administration et contrat, in Me'langes Brèthe de la Gressaye, p. 453 e dello stesso autore L'administration concertée, in Mélanges Stassinopoulos, Lgdj, Parigi 1974; A. H0LLEAUx, Vers un ordre juridique conventionnel, in « Bulletin IIAP », n. 32, 1974. Sui contratti e sulle convenzioni per l'esecuzione del Piano: F. BATAILLER, Uve noavelle technique

d'économie concertée: le quasi-contrats pour l'exécution dv Plan, in « Revue de science flnancière », 1964, p. 345; E. ARRIGHI de CASANOVA, Le quasi-contract dv Plan, in « Droit social o, 1965, p. 341; P. EBRARD, Les avantages /lscaux sur agrément administratif, in « Revue de science financière», 1967, p. 41. Sugli interventi finanziari: M. VASSEUR, L'Etat banquier, in « Revue trimestrelle de droit commerciai o, 1961, p. 313; F. ECE, L'Etat emprenteur et preteur, PUP, Parigi 1971; J. C!savAL-


31 LIER, L'Institut de développement industriel (IDI)

et social (Avis da Conseil économiue et social).

ou les ambiguités de l'intervention publique dans le secteur industriel, in «Droit social », 1974, p. 189; J. DONY, A. GIOVINETTI, B. TIBI, L'Etat et le financernent des investissements privés, BergerLevlault, Parigi 1969; A. LE PoRs, Les transferts Etat -industrie: évaluation et signi/ication (19621973), tesi di laurea ora con il titolo Les béquilles du capital, PUF, Parigi 1979.

Un'analisi dell'Vili Piano dal punto di vista del padronato in J.M. SYLVESTRE, Les intéréts cachés de Ville Plan, in « Dirigeant 1980 », settembre 1973. Cfr., OCDE, La politique industrielle de la Franca, Parigi 1974 ora in E. PONTAROLLO, Il salvta ggio industriale nell'Europa della crisi, Il Mulino, Bologna 1976; L. SARDAIS. La planification industrielle, in « Supplemcnt aux Cahiers Franais », n. 182, 1977; E. FRIEDBERG, L'internationa-

Per una bibliografia essenziale cfr., PH. BittCHET, Lo stato padrone. Il ruolo delleimprese pubbliche in Francia dopo la Liberazione, Liguori, Napoli 1976; F. FRANOIS-MARSAL, Le dépérissement des entreprises publiques, Calmann-Levy, Parigi 1973; J. GALLUS e PH. BRACHET, Les nationalisatzons; quand la droit se sert de la gauché, CERF, Parigi 1973; Rapport Nora sur les entreprises piiblicjues, in <(Notes et études documentaires »; P. DUB0Is, Mort de l'Etat-patron, Les Editions Ouvrières, Parigi 1974. Da un punto di vista strettamente giuridico: J. LEGRES, Les entreprises pu68

bliques, instruments de la plani/Ication /ranaise, in «Revue de science financière », 1968, p. 771. P. DUB0Is, nell'opera ult. cit., approfondisce la tesi del deterioramento del peso e della rilevanza del settore pubblico dell'economia francese fino ad affermare che le autorità pubbliche conducono una politica che porta parti significative del settore pubblico alla «privatizzazione », termine generico che abbraccia una molteplicità di processi, dalla privatizzazione dell'economia nel suo complesso (depotenziamento del settore pubblico rispetto a quello privato) a quella del capitale (partecipazione di imprese private al capitale di filiali di imprese pubbliche, creazione di filiali in comune, ad es. tra Renault, Peugeot, Volvo, Ghausson, ecc.), degli investimenti (ricorso al settore privato per il finanziamento degli investimenti pubblici), della produzione (cessione al settore privato di attività precedentemente svolte dall'impresa pubblica, sostegno alle imprese private a scapito di quelle pubbliche), delle entrate e delle uscite di prodotti o servizi (rifornimento delle imprese pubbliche presso quelle private, cessione alle imprese private di servizi o di prodotti a basso costo) ed infine degli obiettivi (introduzione nell'impresa pubblica di criteri di gestione del tipo redditività, profitto, autofinanziamento, produttività e conseguente relativo abbandono della nozione di servizio pubblico). 70 Cfr., su questo punto, oltre alla bibliografia generale, M. VoIssET, L'expérience des contrats de pro gramme dans les entreprises publiques, in « Droit social », 1974, p. 272 Ss.; F. MODERNE, 69

Autour de la nature juridique des accords conclus entre l'administration et les organisations professionnelles en matière de prix, in «Droit social », 1975, p. 505 ss. 71 Un'analisi comparata sullo stato dei rapporti fra Stato ed industria in Europa è curata da R. VERNON, L'intervento pubblico nell'industria: un'analisi comparata, Il Mulino, Bologna 1974 (per la situazione francese l'analisi è svolta da Ch.-A. Michalet). 72 Cfr., Ville Plan de développement économique

lisation de l'économie et modalite's d'intervention de l'Etat: la « politique industrielle », in Actes du colloque d'Uriage, cit., p. 94 (nonché l'intera prima parte del volume, dedicato a: Planification, appareil productij, appareil dEtat); Sur l'Etat già citato (in particolare i contributi di S. DE BRIJNHOFF, L. CARTELIER, U. REHFELDT). 13 Cfr., L. SARDAIS, La planification industrielle, in « Cahiers franais », n. 182 (supplemento), lugliosettembre 1977. Nella stessa rivista M. D'ORNANO,

L'im peratif industriel au redemploiment. 74 Cfr., CH-A. MICHAELET, Planification, grandes firmes et système de l'économie mondiale, in PIanification et sociéte'..., cit., p. 141. 1 -5 Su questo punto cfr., F. M0RIN, La structure financière dii capitalisme /ranais, Calmann-Levy, Parigi 1974; B. BELLON, Le pouvoir financier et l'industrie en France, Seuil, Parigi 1979. 76 Cfr., L. NIZARD, De la planification franaise..., cit. Il

Alla bibliografia riportata in nota 67 si aggiun-

ga l'opera di M. FLEURIET, Les techniques de l'économie concertée, Sirey, Parigi 1974. 78 Sul punto cfr., J. DUTHEIL de la ROCHRE, Le régime conventionnel des prix: engagements de stabilite' et contrats de pro gramme, in «Ajda », 1967, p. 579; C. PIQUEMAL-PASTRE, Una expérience d'acte économique: le conirat de programma, in « Revue de droit publique », 1974, p. 317; F. MADERNE, Autour..., cit.; A. BROCHET, La concur-

rence par les prix et les ententes pro fessionnelles, in «Droit social » 1977; M. BRUNOT, Les régimes de prix concerte's, in « Droit social », 1974, p. 69. 19

Una lucida presentazione di questa fase è in

G. MARTINET, Le système Pompidou, Seuil, Parigi 1973. Per una bibliografia ragionata sul giscardismo, in quanto « stile » e pratica delle istituzioni della Quinta Repubblica cfr., J.L. BAUER, Le giscardisme. Bzbliographie, in «Pouvoirs », n. 9, 1979, p. 157 ss. Cfr. anche la relazione di G. GALADE, (pseudonimo di un funzionario), L'Etat-Giscard, in AA.VV., La démocratie en /eu..., cit., p. 63. 81 Questa è anche la tesi di J. DELORS, La pianificazione..., cit., p. 113. 82 Per una analisi sulle premesse economiche delle crisi che hanno portato all'istituzione del CCP, cfr., P. GREVET, Conseil central de planification, VII.e Plan et crise, in « Economie et politique », 1975, p. 3 Ss.; C. MÉNARD, L'Etat et la crise, in Su, l'Etat più volte citato. 83 Sui rapporti dei sindacati, soprattutto queffi maggiori, con la pianificazione, cfr., J. DELORS, 80


32 Plani/Ication et réalite's syndicales, in «Droit socia! », 1965, p. 154; R. - BONETY e M. G0NIN; Le Plan et les syndicats, in La. pla,iification comme processus..., cit.; A. BOCICEL, La participation des syndicats. ouvrirs aux fonctions économiques et sociales de l'Etat; M. Biex, L'administration et les syndicats, 1973; A. BARJONET, La CGT, Seuil, Parigi 1973 (in particolare il primo capitolo: La CGT et la plani/ication). 84 ler un quadro molto chiaro ed al contempo completo sullo stato attuale della pianificazione francese, cfr., A. MESTRE, Le VII.e Plan et la planiflcation à la franaise, in « Droit social », 1979, p. 188 Ss. 85 Cfr. F. GOGUEL e A. GROSSER, La politique en France..., cit., in particolare p. 201 ss.; M. VOLPI, La democrazia..., cit.; D. GE0RGIAc0DIS, Il presidente della Repubblica..., cit. Una lettura istituzionale molto recente del caso francese è fatta da G. NEGRI, Sul «semipresidenzialismo » francese, in « Studi parlamentari e di politica costituzionale », n. 49/50, 1980; e in modo più sistematico da C.

Capo dello Stato e governo nel sistema e nell'esperienza della V Repubblica, in «Diritto PINELLI,

e società », n. 1, 1981, p. 31 Ss. 86 Cfr., L. TAMBURRINO, Il programma economico

della sinistra al potere. Un progetto oltre Keynes che si giocherà nel sociale, in « Il Contemporaneo », n. 30, 1981 e l'inchiesta di A. PANCALDI La Francia a sei mesi dalla grande svolta, in « Politica ed economia », n. 11, 1981. 87 Cfr., A. PANCALDI, La Francia..., cit., p. 20.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.