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queste tituzioNi 1983/1 ° semestre

IL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE: IL PUNTO SULLA RIFORMA

3/ Verso un nuovo modello di amministrazione scolastica? di Marina Gigante

Le trasformazioni istituzionali e sociali degli anni Settanta hanno coinvolto a fondo l'amministrazione scolastica. La nuova ripartizione di funzioni fra il centro e le regioni, la risposta del miniparlamentarismo diffuso alle istanze del Sessantotto, il fenomeno della descolarizzazione che è proprio del periodo storico non volo in ragione dei comportamenti e delle ideologie negative ma per l'emergente gravità del problema occupazionale e, infine e cli conseguenza, la mancanza di un fuoco per il sistema scolastico nel suo rapporto scuola-lavoro: sono queste solo le questioni principali che un processo di aggiustamento organizzativo e funzionale dell'amministrazione si è trovato di fronte e a cui avrebbe dovuto rispondere. Diciamo avrebbe perché, in sost'mza, quel processo non è ancora riuscito ad avviarsi. Un fatto che intanto emerge è l'im patto sulla scuola dell'evoluzione demografica: si alle ggerisce il numero degl utenti della scuola, il corpo docente tende ad essere esuberante almeno nella sua configurazione tradizionale. Le leggi finanziarie di questi ultimi anni se ne sono occupate un po' come capitava. Nella storia dello stato amministrativo l'amministrazione scolastica ha avuto un posto importante, in una certa misura strategico. Vale ricordare che al momento dell'Unità due ministeri vengono dotati dei maggiori mezzi e di una nuova organizzazione su scala nazionale: le Poste e, appunto, la Pubblica Istruzione. Nei decenni successivi è proprio il loro sviluppo ad anticipare il grande ampliamento della burocrazia voluto dai governi di fine secolo. La legge Casati, quindi, non ci dà solo l'idea dell'importanza attribuita alla scuola dai primi governi unitari ai fini di tentare di costruire un' identità culturale (a questo proposito è importante la ricostruzione del ruolo del Consiglio superiore della pub.


2 buca istruzione dal 1847 al 1887 fatta da Gabriella Ciampi nel recentissimo libro Il governo della scuola nello Stato postunitario, pubblicato dalla Fondazione Adriano Olivetti per i tipi delle Edizioni di Comunità), ma rappresenta anche uno dei primi modelli « nostrani » di organizzazione amministrativa. Non è qui il caso di trattare degli errori e dei meriti della legge Casati, della costruzione strettamente gerarchica dell'ordinamento scolastico (con la figura del provveditore così simile a quella del prefetto), della preferenza accordata alle superiori rispetto alle elementari, o all'insegnamento umanistico rispetto a quello scientifico, dell'ambiguità dei rapporti con la scuola privata ecclesiastica. Questa organizzazione piramidale era rivolta soprattutto verso la scelta di « programmi », listi tuzione di nuove scuole e, conseguentemente, il controllo sociale sull'accesso ad esse. Più tanTi l'accorgersi della scarsa attenzione prestata in precedenza allo status del personale docente e dell'importanza che questo poteva avere nell'incanalare nel senso desiderato dal. la classe dirigente la crescente scolarizzazione, portò al ministero di tipo giolittiano fatto in modo da accogliere al suo interno un sempre maggior numero di funzioni. La storia della scuola a cui si riferisce questo fascicolo è soprattutto storia degli ultimi tempi: storia di un dibattito che dura da più di vent'anni (vale fare rinvio al fascicolo 2 di « Queste Istituzioni », Il dibattito sul]'istituzione scolastica in Italia di Marina Gigante), storia di una riforma della scuola media inferiore mai seguita da quella della superiore, rimasta tale e quale come l'aveva voluta Gentile (ma sono in molti a ritenere che era ed è un tipo di scuola di buona qualità), storia di una frattura ancora insanabile tra istruzione e lavoro. La rassegna delle proposte di riforma dell'amministrazione scolastica che pubblichiamo in questo fascicolo offre i principali punti di riferimento per una valutazione critica dell' iter elaborativo dell'aggiustamento organizzativo e funzionale degli apparati centrali della pubblica istruzione. Ma sarà possibile la riforma senza aver ride finito gli orientamenti di base del sistema scolastico?

queste istituzioni 1983/1 0 semestre Direttore: SERGIO RISTUCCIA - Condirettori: GIOVANNI BECHEI.LONI (responabi1e) e MASSIMO BONANNI. DIREzIoNE, REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE, Casella postale 6199- 00100 Roma Prati - Telefono 657.054. Conto corrente postale N. 57129009 - intestato a: GRUPPO DI STUDIO SU SOCIETÀ E ISTITuzIONI - casella postale 6199 - 00100 Roma Prati. « Queste Istituzioni » esce semestralmente in quattro o cinque fascicoli separati di dei quali dedicato ad un solo tema.

16-32 pagine, ognuno

Abbonamento ordinario: annuale L. 20.000. Periodico iscritto al registro della stampa del Tribunale di Roma al n. 14.847 (12 dicembre 1972). Spedi. zione in abbonamento postale - IV gruppo. STAMPA: Litospes - Roma.

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Verso un nuovo modello di amministrazione scolastica? di Marina Gigante Nella storia del Ministero della Pubblica Istruzione si sono finora succeduti due diversi modelli di 'amministrazione scolastica, e, conseguentemente, due diversi modi di configurare i rapporti tra scuola e amministrazione '. Il primo modello è quello che potremmo dire « casatiano »; il secondo è quello che potremmo invece chiamare « giolittiano ». Vediamone le caratteristiche e le vicende che hanno portato dall'uno all'altro. GOVERNO « TECNICO» E GOVERNO AMMINISTRATIVO DELLA SCUOLA

E' la cosiddetta legge Casati del 1859, nel quadro dell'organica disciplina che per la prima volta veniva dettata di tutta la materia dell'istruzione, che il primo modello, già abbozzato da precedenti provvedimenti, veniva compiutamente delineato. Esso configurava un sistema di « governo tecnico » della• scuola, un governo, cioè, in cui le funzioni « tecniche » di direzione e di vigilanza sugli studi erano nettamente prevalenti rispetto a quelle « amministrative », relative soprattutto al governo del personale docente, ed in cui l'organo che deteneva il comando dell'amministrazione, l'Ispettorato, era per lo più appannaggio di una burocrazia di estrazione tecnica. Più in generale, dalla scuola provenivano, per la gran parte, i funzionari che avevano una relazione diretta con gli istituti scolastici, e tra questi i Provveditori e gli Ispettori, posti a capo degli organi periferici della P.I.. Una tale prevalenza tecnica in tanto poteva

realizzarsi in un ordinmento caratterizzato, per altro verso, da un forte accentramento dei poteri nelle mani del ministro, in quanto le dimensioni dell'intervento statale erano assai ridotte, per il netto privilegjo accordato all'istruzione secondaria e superiore quella elementare, com'è noto, era affidata ai comuni -, e per la ristrettezza della popolazione scolastica. L'espansione dell'intervento statale, al quale - per ragioni sulle quali non ci si può qui soffermare - viene sempre più affidata la diffusione della scolarità, modificherà quasi subito il quadro dell'amministrazione casatiana. E' solo all'inizio del secolo, però, che si afferma compiutamente un nuovo modello di governo della scuola, un modello che potremino dire di « governo amministrativo », per la netta prevalenza che vi assumono le funzioni « amministrative », relative soprattutto alla gestione del personale docente: Alla base, come si è detto, vi è l'accentuato sviluppo dell'intervento statale sia nel settore della scuola elementare - rileva a questo proposito, ancor prima della legge DaneoCredaro che nel 1911 avocò, sia pure parzialmente, allo Stato l'istruzione elementare, la legge Orlando del 1906, che con le sue previsioni sull'adempimento dell'obbligo scolastico accentuava fortemente la pressione statale sui comuni ed al tempo stesso prevedeva un forte incremento dei sussidi statali destinati alla scuola elementare -, sia nel settore dell'istruzione secondaria - nel 1904 per la priipa volta veniva regolato con legge il crescente fenomeno della richiesta di conversione in statali delle scuole istituite


4 dagli enti locali nell'ambito delle loro iniziative facoltative. Per effetto di tali provvedimenti, si delinea il passaggio da un Ministero caratterizzato essenzialmente dall'esercizio di funzioni di direzione e di vigilanza sugli studi a organo di erogazione diretta del servizio scolastico. Al progressivo spostarsi del centro dell'attività del. Ministero dalle funzioni « tecniche » a quelle « amministrative » contribuisce non poco, inoltre, la conquista dello stato giuridico ed economico da parte dei docenti medi (leggi n. 141 e n. 142 del 1906), per là maggiore complessità e la più rilevante mole di lavoro amministrativo che esso comporta. In corrispondenza di tali fenomeni, il modello di amministrazione scolastica che si afferma all'inizio del secolo - e che potremmo, perciò, chiamare anche « giolittiano » - si caratterizza per la posizione di vertice assunta dagli uffici amministrativi, ora strutturati in DG ricalcate sugli ordini di scuole; ad essi è preposta una burocrazia amministrativa, che si è venuta formando nel corso di quegli anni in tutta l'amministrazione statale, entrando in seno ad essa dal basso, e percorrendo poi al suo interno tutti i gradini della scala gerarchica; ad essa è ormai nettamente subordinata la burocrazia tecnica, relegata all'esercizio di funzioni ispettive. All'esautoramento di quest'ultima, peraltro, fa riscontro il fenomeno dell'inserimento, in funzione soprattutto garantista, di rappresentanze elettive del personale docente negli organismi collegiali di governo della scuola, ed il connesso crescente assorbimento dell'attività di tali organi nelle questioni relative allo stato giuridico ed economico. Infine, l'organizzazione della P.I. è improntata ad un accentramento appena temperato da forme di deconcentrazione ad uffici scolastici periferici, i Provveditorati. Ancora alla fine degli anni 60, il modello di amministrazione scolastica esistente era quello giolittiano, che dall'epoca della sua affer-

mazione aveva conosciuto quasi esclusivamente modifiche di tipo quantitativo: erano cresciuti i compiti, infatti, per l'espansione della scuola e l'assunzione di nuove funzioni (l'assistenza e l'edilizia scolastiche); erano cresciute le strutture, passate dalle 4 DG dell'epoca giolittiana (DG istruzione elementare; DG istruzione secondaria; DG istruzione universitaria; DG antichità e belle arti) alle 7 di Bottai (DG delle Accademie, delle Biblioteche, degli affari generali e del personale; DG ordine elementare; DG ordine medio; DG ordine superiore classico; DG ordine superiore tecnico; DG ordine universitario; DG antichità e belle arti) e alle 13 DG, ai 4 Ispettorati e ad un servizio centrale del 1961 (DG: affari generali e del personale; istruzione elementare; istruzione secondaria di primo grado; istruzione classica, scientifica e magistrale; istruzione tecnica; istruzione professionale; istruzione universitaria; antichità e belle arti; accademie e biblioteche; educazione popolare; scambi culturali; istruzione media non statale; edilizia scolastica e arredamento; Ispettorati: istruzione artistica; assistenza scolastica; educazione fisica e sportiva; pensioni; Servizio per la scuolà materna). Il riordinamento del 1961 costituì, peraltro, il momento di massima espansione del modello giolittiano; negli anni successivi, infatti, soprattutto intorno all'inizio degli anni 70, cominciano ad essere introdotti nell'amministrazione scolastica una serie di elementi nuovi, non omogenei al modello giolittiano, che non hanno però la consistenza e l'organicità necessarie a dat vita ad un nuovo assetto armonico e coerente. Viene così a crearsi una situazione per molti versi simile a quella degli anni della fine del secolo, quando lo sviluppo dell'intervento statale aveva ormai dissolto il modello casatiano di governo tecnico della scuola, ma non aveva ancora assunto una consistenza tale da comportare la piena e definitiva affer-


mazione del governo amministrativo del sistema scolastico. Come allora, inoltre, la situazione di crisi dell'amministrazione scolastica appare strettamente connessa al processo di trasformazione in atto nel sistema scolastico, ed alle difficoltà ed agli ostacoli che incontra la sua piena realizzazione. Allora, il problema era quello della lotta all'analfabetismo, innanzi tutto, ma anche quello del consolidamento dello sviluppo della scuola secondaria; ed è infatti quando vengono compiuti passi decisivi per la soluzione di tali problemi - quando, cioè, viene adottata la legge Orlando e successivamente la legge Daneo-Credaro, e si promulga il nuovo stato giuridico ed economico dei docenti medi - è allora, appunto, che si concretizza appieno la trasformazione funzionale ed organizzativa del Ministero. Oggi, il problema è quello della scuola di massa, della realizzazione di una scuola che ponga l'accento sulle funzioni di formazione e di sviluppo della personalità degli alunni piuttosto che su quelle della selezione. Non ci si può, qui, fermare su questo punto; vale però osservare come una tale concezione, seppure solo parzialmente recepita nell'ordinamento, richieda ancora l'apprestamento di interventi di tipo quantitativo, volti ad assecondare e favorire lo sviluppo della scolarità, ma soprattutto richieda interventi di tipo qualitativo, volti a promuovere un ampio processo di innovazione dei contenuti, delle strutture, del personale docente; inoltre, data la molteplicità di servizi che concorrono ormai a determinare quello scolastico (si pensi al caso della scuola a tempo pieno, il cui apprestamento comprende, oltre al servizio scolastico in senso stretto, quello della mensa e quello del doposcuola) si richiede di far fronte ad esigenze di programmazione e di coordinamento degli interventi. Interventi di questo tipo, però, il ministero giolittiano » non è in grado di realizzarli.

Dunque, l'espansione della scuola, che pure all'inizio del secolo aveva portato all'affermarsi del modello giolittiano, si trasforma in un fattore di crisi nel momento in cui supera certe dimensioni e soprattutto fa emergere esigenze di profonda trasformazione del sistema scolastico. L'attuale stato di crisi dell'amministrazione scolastica riflette, dunque, le difficoltà che incontra la piena recezione di un nuovo modello di scuola, ed è caratterizzato da una situazione ancora fluida, in cui il vecchio assetto giolittiano è in parte venuto meno, ma stenta a compiersi il passaggio verso il nuovo modello che - nebulosamente, faticosamente, in modo non sempre coerente e consapevole - pure viene delineandosi.

IL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE DOPO LE TRASFORMAZIONI ISTITUZIONALI DEGLI ANNI

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Tale nuovo modello si ricollega al tendenziale processo di specializzazione del ruolo del Ministero che si è venuto configurando in questi ultimi anni per effetto di due fenomeni convergenti: quello del restringimento della sfera delle sue attribuzioni alla sola attività di istruzione, e quello dello sviluppo delle funzioni da esso esercitate in tale ambito. Il primo fenomeno è connesso alla più ampia articolazione del quadro dei pubblici poteri che operano nel settore della cultura, prodotta dalla creazione del Ministero dei Beni culturali e ambientali e dall'istituzione delle Regioni; per effetto di esso, per la prima volta dalla nascita del Ministero P.I. si è verificata un'inversione di tendenza nel processo, fino ad allora pressocché ininterrotto, di accrescimento delle funzioni dell'amministrazione scolastica. Infatti, con l'istituzione del Ministero dei Beni culturali e ambientali - avvenuta nel


1975 per effetto del DL 14 dicembre n. 657, convertito con modificazioni nella L. 20 gennaio 1976 n. 5 - sono state sottratte al Ministero della P.I. le attribuzioni relative alle antichità e belle arti, e alle accademie e biblioteche, e conseguentemente è venuta meno quella configurazione del Ministero come « ministero della cultura », che si fondava appunto sul legame - più formale che sostanziale, peraltro - che fin dall'inizio aveva caratterizzato l'intervento nel settore dell'istruzione ed in quello dei beni culturali. Se l'istituzione del nuovo ministero dei Beni culturali ha avuto l'effetto di circoscrivere l'azione di quello della P.I. al solo settore scolastico, l'attuazione dell'ordinamento regionale, soprattutto dopo il com•pletamento effettuato dal DPR 6 16/77, ha poi operato all'interno di tale ambito, e attribuendo alle Regioni gli interventi relativi ai servizi strumentali a quello scolastico (edilizia e assistenza scolastiche) nonché quelli che, pur avendo contenuto formativo, hanno una prevalente connotazione professionale, o comunque non sono diretti all'acquisizione di un titolo di studio, è venuta a limitare l'azione statale all'attività di istruzione in senso stretto. E' da notare, peraltro, come in questi ultimi anni si sia venuta profilando la prospettiva di un ulteriore restringimento dell'ambito di attività del Ministero: questa volta, a staccarsi sarebbe la materia universitaria. In questa direzione si è mosso di recente lo sdoppiamento del Consiglio superiore della P.I. - fino al 1974 organizzato, sia pure più formalmente che sostanzialmente, secondo una visione unitaria dei problemi dell'istruzione - in due organi distinti, il Consiglio nazionale della P.I. (DPR 416/74), competente per l'istruzione primaria e secondaria, ed il Consiglio universitario nazionale (1. 81/79), competente per la materia universitaria. Tale sdoppiamento ha ulteriormente accentuato la distinzione tra l'amministrazione preposta al-

l'istruzione superiore - che di fatto, già oggi, con le sue 7 divisioni, il suo apparato periferico, il suo Consiglio superiore, costituisce un vero e proprio ministero nel ministero - e quella preposta agli altri ordini di scuole, distinzione che si ricollega alla notevole diversità del modello organizzativo delle Università rispetto a quello previsto per le scuole primarie e secondarie. Come si è in precedenza accennato, il dato che caratterizza le attuali vicende del Ministero non è però quello di un restringimento tout court della sfera delle sue attribuzioni, poiché nell'ambito dell'attività di istruzione il Ministero ha visto (o per meglio dire, sta vedendo) svilupparsi le funzioni da esso esercitate: e ciò non solo e non tanto in dipendenza della crescita della scolarità, ché anzi i ritmi di questa si sono negli ultimi anni notevolmente raflentati, quanto per via della più ampia articolazione del servizio scolastico (si pensi all'ampliamento dell'intervento statale nel settore della scuola ma terna, determinatosi in stretta connessione con la statalizzazione del servizio [1. 444/681, alla più ampia diffusione della scuola a tempo pieno, allo sviluppo dell'attività rivolta alla educazione degli adulti), e del più ampio rilievo assunto da alcune funzioni, quelle rivolte all'innovazione educativa e quelle relative alla programmazione dello sviluppo della scuola. Dunque, il tratto caratterizzante la vicenda attuale del Ministero P.I. è costituito dal processo di tendenziale specializzazione del suo ruolo. Ed è appunto a tale processo che corrisponde l'emergere di un nuovo modello di amministrazione scolastica, che ha come elemento precipuo un'accentuata articolazione sia sul piano funzionale che su quello organizzativo. Un dato, quest'ultimo, che lo differenzia nettamente dal precedente modello, fortemente omogeneo ed unitario, teoricamente preposto a tutte le funzioni che concorrono all'espletamento del servizio sco-


7 lastico, ma in realtà idoneo soprattutto ad amministrare personale. Per meglio dire, nel nuovo modello il Ministero si caratterizza come il punto di incontro e di interazione di tre grossi aggregati di funzioni, ognuno dei quali ha una sua specifica organizzazione, correlata alla natura della funzione stessa. Un primo aggregato è quello delle funzioni che potremmo dire tecniche, in quanto rivolte all'innovazione educativa. Un tale nucleo di funzioni si è venuto compattando, in questi anni, attraverso una molteplicità di fattori: innanzi tutto l'organica disciplina che per la prima volta il DPR 419/74 ha dettato in materia di aggiornamento, sperimentazione e ricerca educativa, definendone finalità, organi, procedure; nella stessa direzione si è mossa la legge 517 del 1977, che ha dato più ampio svolgimento agli accenni alla programmazione educativa e alle attività di sostegno della didattica contenute nel DPR 416/74. La stessa introduzione, ad opera di quest'ultimo provvedimento, dei cosiddetti organi collegiali della scuola, se non è certo valsa a introdurre un nuovo modello organizzativo (la « gestione sociale » della scuola) dell'azione pubblica in materia scolastica, ha però non pOCO contribuito a richiamare l'attenzione dei Ministero sui problemi connessi con la gestione dei processi educativi: è questo, anzi, uno dei risultati più apprezzabili prodotti dall'accentuata procedimentalizzazione di tutta una serie di momenti relativi all'organizzazione ed al funzionamento del sistema scolastico - si pensi alla molteplicità di soggetti che intervengono in merito alla formazione e alla composizione delle classi, alla formazione dell'orario delle lezioni, alla scelta del materiale didattico; all'assegnazione dei docenti alle singole classi; alla programmazione dell'attività educativa, allo svolgimento delle attività parascolastiche, interscolastiche, extrascolastiche, alla sperimentazione e all'aggiornamento - che è derivata dall'aver af-

fiancato organi « partecipati » alla preesistente struttura burocratica. Il modello organizzativo che caratterizza 1' esercizio di tali funzioni «tecniche » è soprattutto quello del decentramento di tipo funzionale - realizzato cioè attraverso enti od organi con personalità giuridica - come quello che più appare adeguato alla natura delle funzioni, in quanto consente di meglio valorizzare l'apporto dei tecnici, degli uomini di scuola. Non si tratta di una novità, peraltro: Bottai per primo introdusse - con i Centri didattici (1942) - una tale formula per l'esercizio delle funzioni tecniche, dopo le cattive prove che aveva dato l'esistenza di un organo tecnico posto all'interno della organizzazione ministeriale. A tale formula organizzatoria si sono costantemente rifatti tutti i progetti di riforma elaborati negli anni successivi - a cominciare da quello predisposto da Gonella nel 1951 -; ad essa, infine, è improntata la configurazione degli attuali Istituti di ricerca, sperimentazione, e aggiornamento educativi (IRSSAE), istituiti, dopo la soppressione dei Centri didattici, dal DPR 419/74, appunto nel quadro del più ampio rilievo conferito alle funzioni « tecniche ». Un secondo aggregato è quello delle funzioni che potremmo indicare come relative allo sviluppo della scuola, le quali costituiscono il luogo, per così dire, della partecipazione regionale all'attività di istruzione, ed il punto di contatto delle competenze statali e di quelle regionali in materia scolastica. E' questo, peraltro, il punto in cui la realtà appare più distante dal modello. A tutt'oggi, infatti, i rapporti tra Stato e Regioni in materia scolastica sono caratterizzati da una rinartizione di tipo verticale di funzioni, fondata sul presupposto dell'esclusione delle Retioni dall'attività di istruzione. L'unico varCO è costituito dalla previsione dell'art. 47 DPR 616/77, che accogliendo in parte i suggerimenti formulati dalla commissione Gian-


H. nini, e già da tempo avanzati nel dibattito sulla riforma dell'amministrazione scolastica (si possono ricordare, ad esempio, le proposte del Comitato tecnico per la programmazione scolastica, 1971) riconosce una partecipazione regionale al procedimento relativo all'istituzione di scuole, sia pure configurata come un semplice parere dell'ordine di priorita. Il varco, come si vede, è assai stretto, ma sembra senz'altro destinato ad ampliarsi: anche se in termini vaghi, lo faceva già il testo della riforma della scuola secondaria superiore, che all'art. 27 parlava di piani regionali sulla cui base il Ministero stabilisce il piano generale di revisione delle istituzioni scolastiche funzionanti in ciascun distretto. Ciò che comunque interessa mettere in luce è che la partecipazione regionale al procedimento relativo all'istituzione di scuole tanto più se ad essa fosse conferita maggiore incisività - viene a costituire il punto di riferimento per l'esercizio delle altre funzioni attribuite alle Regioni in materia scolastica (soprattutto l'edilizia, ma anche i trasporti, l'assistenza). In tal modo, viene in evidenza un gruppo di funzioni, sia statali (non solo quella relativa all'istituzione di scuole, ma anche altre, innanzi tutto la determinazione degli organici del personale docente e non docente), che regionali, le quali tutte hanno riguardo allo sviluppo della scuola, e a cui proprio l'intreccio Stato-Regioni conferisce una particolare fisionomia organizzativa. Un terzo aggregato è dato dalle funzioni per così dire tradizionali del Ministero, quelle relative al governo del personale docente. Qui, la formula organizzatoria è quella del decentramento burocratico; affiancano, inoltre, la struttura burocratica organi collegiali caratterizzati dalla presenza di esponenti del corpo docente, in funzione garantista. In questa direzione, molto è già stato fatto: è da segnalare, innanzi tutto, l'accentuato, anche se ancora incompleto, decentramento

agli uffici scolastici periferici (in primo luogo i Provveditorati) della materia relativa alla amministrazione del personale docente e non docente effettuato dal DPR 417/74, che è venuto ad aggiungersi a quelli, di più modesta portata, previsti nel 1970 e nel 1955, ed al quale ha poco dopo fatto seguito, per la materia pensionistica, quello sancito dal DPR 26 gennaio 1976, in attuazione del DPR 20 dic. 1973 n. 1092 sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato. Per effetto di tali provvedimenti, gli uffici centrali della P.I. sono venuti a svolgere esclusivamente compiti di direzione e di coordinamento per quanto riguarda l'amministrazione del personale docente e non docente delle scuole materne, elementari e medie, mentre assolvono ancora compiti di tipo esecutivo per il personale docente delle scuole secondarie superiori. Peraltro, il lavoro esecutivo ancora svolto a livello centrale, e quello stesso che è venuto a ricadere sui 'Provveditori, è fortemente alleggerito dal processo di automazione avviato fin dal 1975, con riguardo 'ai servizi relativi al reclutamento e alla gestione del movimento del personale docente e non docente delle scuole di ogni ordine e grado. Si può aggiungere che verso l'affidamento agli uffici centrali di comDiti essenzialmente di direzione e di coordinamento' si muove anche il progressivo spostarsi della partéciparione sindacale dal momento della gestione della carriera del personale docente e non docente a quello della 'determinazione 'dei criteri che devono presiedere agli atti 'di gestione. Tale fenomeno si è tradotto: da un lato, nella soppressione delle commissioni per pii incarichi costituite a livello provinciale dall'art. 3 della 1. 13 giugno 1969 n. 282 ner le scuole secondarie e dall'art. 7 della 820/71 per le scuole elementari, e nella devoluzione delle loro attribuzioni ai Provveditorati, e dall'altro nella previsione della consultazione dei sindacati che organiz-


zano su scala nazionale le categorie dei docenti e che siano da ritenersi i più rappresentativi di esse, circa le modalità di formazione delle graduatorie e del conferimento degli incarichi e delle supplenze (art. 2 1. 9 agosto 1978, n. 463): Analogo processo si è verificato per quanto riguarda il personale non docente. Nel nuovo modello di amministrazione scolastica, dunque, convergono tre grossi nuclei di funzioni - quelle « tecniche », quelle relative allo sviluppo delle scuole, quelle di governo del personale - ad ognuna delle quali corrisponde una specifica formula organizzativa: decentramento di tipo funzionale, decentramento regionale, decentramento burocratico. In tale modello risultano fortemente ripensate quelle che in questi anni sono state proposte come le strade maestre della riforma dell'amministrazione scolastica: la gestione sociale » ed il decentramento regionale. Entrambe compaiono, ma come elementi di un sistema complesso. Quanto alla prima, gli organi partecipanti indubbiamente concorrono alla elaborazione e all'attuazione della politica scolastica, ma non hanno poteri di decisione: agli istituti della partecipazione è attribuito essenzialmente un ruolo di stimolo e di controllo. Quanto al decentramento regionale, analogamente nel modello ora tratteggiato cade l'ipotesi di un ampio decentramento alle regioni della materia scolastica, realizzato attraverso un massiccio ricorso allo strumento della delega; la preoccupazione maggiore è invece soprattutto quella di individuare le forme e i luoghi del raccordo delle competenze. UN MODELLO INCOMPIUTO

Il nuovo modello di amministrazione scolastica che si viene delineando è, come si diceva, ancora ben lontano dall'essersi compiutamente affermato, ed è, perciò stesso, un modello di larga massima.

Si consideri, trà l'altro, che esso ha avuto scarsissimi riscontri sul piano delle strutture. Qui, gli interventi sono stati prevalentemente di ordine negativo, hanno cioè comportato, in connessione con il restringimento dell'ambito di attività del Ministero, una notevole compressione del numero degli uffici dell'amministrazione centrale della P.I. In coincidenza con l'istituzione del ministero dei Beni culturali, infatti, sono state soppresse le DG antichità e belle arti, e Accademie e Biblioteche; successivamente per effetto del DPR 617/77, analoga sorte hanno subito la DG per l'edilizia scolastica, la DG per l'istruzione popolare e l'Ispettorato per l'assistenza scolastica, uffici questi ultimi privati della maggior parte delle loro attribuzioni per effetto del decentramento regionale. In tal modo, il Ministero attualmente conta 9 DG, 3 Ispettorati e i servizio centrale. Di portata assai modesta, invece, sono stati gli interventi in positivo, quelli cioè che avrebbero dovuto consentire al Ministero di far fronte ai nuovi compiti che per esso si sono venuti delineando. Sotto questo profilo, gli unici interventi di rilievo sono stati, al di là della creazione nel 1967 di un nuovo livello periferico, quello delle Sovraintendenze scolastiche regionali - che peraltro dall'epoca della loro istituzione si sono sempre limitate a vivacchiare stentatamente l'istituzione dei cosiddetti organi collegiali, oggi, com'è noto, oggetto di ampi ripensamenti, ed il riordinamento degli organi tecnici, gli ispettori centrali e gli IRSSAE. A livello centrale, invece, l'impulso che la legislazione è venuta conferendo alle funzioni di ordine tecnico ha portato unicamente alla creazione di un' apposita divisione in seno alla DG Affari Generali e del personale, con il compito di provvedere all'aumento dei compiti relativi alla vigilanza amministrativa e contabile sugli enti, mentre per le questioni di ordine propriamente


'o tecnico si fa riferimento all'Ufficio Studi, ma anche alle varie DG competenti per ordini e gradi di scuole. Maggior rilievo riveste la creazione di alcuni uffici interdirezionali, istituiti per far fronte all'emergere di questioni comuni a più DG, i quali, pur sovrapponendosi alla tradizionale struttura per DG, costituiscono il primo ab bozzo di una futura più radicale strutturazione orizzontale dell'amministrazione centrale:. si tratta dell'Ufficio di coordinamento per l'attuazione dei decreti delegati, che cura le questioni connesse con il funzionamento degli organi collegiali, e dell'Ufficio per il movimento del personale docente dei ruoli nazionali. E' di questi giorni la notizia della caduta del governo Fanfani, e lo scioglimento anticipato delle Camere. Con esso, cade, tra gli altri, anche il progetto unificato di riforma della scuola secondaria superiore (DDL n. 1988 presentato alla Camera il 29 luglio 1982), il cui testo, approvato alla Camera, si trovava all'esame del Senato, e cadono perciò almeno per il momento, anche i non pochi elementi innovativi che esso introduceva nell'assetto dell'amministrazione scolastica. Tale testo non si limitava, infatti, a conferire ulteriore spessore al processo. di trasformazione dell'amministrazione scolastica sotto il profilo funzionale - si pensi alle implicazioni che sarebbero 'derivate per l'attività del Ministero dall'unificazione dei vari tipi di scuole secondarie superiori, ed anche al rilievo che ai fini della stessa riuscita della riforma degli studi avrebbero assunto le attività di aggiornamento. A differenza di quanto era avvenuto nel 1962, quando la creazione della scuola media unica non aveva còmportato alcuna modificazione a livello della struttura amministrativa, in questa occasione le forze politiche si erano dimostrare più avvertite degli stretti legami che intercorrono tra riforma degli ordinamenti scolastici e riforma' amministrativa: la di-

scussione sulla riforma della scuola, perciò, aveva fatto un .po' da collettore delle proposte elaborate intorno al riassetto del Ministero, dimodoché non si limitava a prevedere la scomparsa delle DG relative ai vari tipi di scuole secondarie, ma introduceva una molteplicità di elementi nuovi, che andavano dalla previsione di un'organizzazione degli uffici centrali non più per ordini e gradi di scuole, bensì per aree omogenee di problemi, a quella di un ulteriore decentramento alle Sovraintendenze scolastiche regionali dell'amministrazione del personale docente, al conferimento di una maggiore autonomia agli istituti scolastici, alla configurazione di una partecipazione regionale alla programmazione dello sviluppo della scuola che, come si è già accennato, sembrava andare oltre le previsioni del DPR 616, alla creazione di centri permanenti per l'aggiornamento culturale e professionale per le articolazioni dell'attività degli IRSSAE. Se la riforma della scuola secondaria superiore fosse stata approvata, gli elementi di novità che essa prvedeva per l'assetto dcl Ministero, uniti a quelli già introdotti nel corso degli ultimi'dieci'anni circa, avrebbero effettivamente conferito notevole spessore al nuovo modello di amministrazione scolastica. Con la sfortunata conclusione della travagliatissima vicenda di tale riforma, invece, anche il riassetto del Ministero, pur nella forma parziale in cui esso vi era configurato, è stato ancora una volta rimandato. LE PROPOSTE DI RIFORMA DELL'AMMINI STRAZIONE SCOLASTICA

Sul tema della rifoi-ma del Ministero, peraltro, le forze politiche hanno elaborato proposte che vanno al di là dei punti indicati nel testo sulla secondaria, e che ridisegnano l'intero assetto dell'amministrazione scolastica. Si tratta della proposta di legge n. 2181 presentata dal PCI alla Camera il 9 dicembre


11 1980; del cosiddetto progetto Bodrato, reso noto lo scorso anno; infine della proposta presentata dal PSI nel corso di un convegno sui problemi della scuola tenutosi ad Ostia lo scorso anno 2 A queste, si può aggiungere quella formulata nel 1981 dalla cosiddetta commissione Piga per la ristrutturazione dei poteri centrali, istituita dall'allora ministro della Funzione Pubblica, M.S. Giannini, nel quadro della complessa serie di iniziative seguite alla presentazione del Rapporto sui principali problemi dell'Amministrazione dello Stato 3 Le proposte formulate da tale commissione 'in merito al Ministero della PI., peraltro, si limitano ad indicare alcune delle direttrici di fondo che dovrebbero presiedere alla sua riforma: al di là della necessità di operare una ristrutturazione di tipo orizzontale degli uffici centrali della P.I., la relazione insiste soprattutto sull'ingovernabilità che deriva dalle attuali dimensioni dell'amministrazione scolastica, e propone di accentuare ulteriormente il processo di « specializzazione » del ruolo del Ministero, attraverso il distacco della materia universitaria. Quest'ultima, insieme alla ricerca scientifica, dovrebbe confluire in un Ministero dell'università' e della ricerca scientifica. Quanto ai più articolati progetti predisposti da PSI, DC e PSI, essi presentano differenze talvolta notevoli rispetto al modello che si è prima detto emergere dall'evoluzione funzionale ed organizzativa del Ministero. Di essi, quello che più vi si avvicina è il progetto socialista. Esso affida all'amministrazione centrale compiti di programmazione, di indirizzo e di coordinamento, di organizzazione generale, di verifica del funzionamento dell'intero sistema di istruzione, di vigilanza; a tal fine, gli uffici centrali vengono strutturati in DG (5) e in Dipartimenti (il Dipartimento per l'informatica e i servizi statistici, e il Dipartimento per l'analisi dei costi e della produttività), questi ultimi do.

tati di ampia autonomia di funzionamento e volti a consentire l'utilizzazione di personale specializzato. A parte la DG per la cooperazione culturale internazionale (ci si può chiedere, peraltro, se le funzioni relative agli scambi culturali con l'estero e quelle di studio comparato degli ordinamenti scolastici giustifichino la previsione di un'apposita DG) e quella per la istruzione universitaria e la ricerca scientifica (tutto l'assetto organizzativo dell'istruzione superiore, come si è accennato, è in fase di ridiscussione, non solo in casa socialista), le altre DG sono con1gurate, non diversamente che nel modello tratteggiato in precedenza, come il centro di riferimento di tre grossi nuclei di funzioni, ad ognuno dei quali è preposto un apparato organizzato secondo criteri specifici. Così, alla DG per la programmazione scolastica, il bilancio e l'organizzazione amministrativa, che è preposta alle funzioni di programmazione dello sviluppo della scuola, fa capo un complesso sistema di organi, alcuni dei quali le fanno da supporto tecnico - i due dipartimenti, i quali peraltro « servono » anche le altre DG, ed il Centro di ricerca e di programmazione dell'edilizia scolastica - ed altri, a carattere collegiale - il Comitato centrale per la programmazione scolastica ed il Consiglio scolastico regionale, entrambi compo.sti in modo da assicurare, sia pure con alcune differenze, la presenza di tfe componenti. quella statale, quella regionale, quella « tecnica » degli esperti - hanno come elemento precipuo quello di costituire strumenti di raccordo tra lo Stato e le Regioni. Ti proetto socialista, infatti, propone il suneramento del modello, oggi largamente prevalente nei rapporti tra Stato e Regioni, di una differenziazione dei livelli di governo ner ambiti di competenza materiale, in nome di una distinzione fondata piuttosto sulla diversità dei ruoli: a tal fine, non solo attrihi.iisce alle Regioni la facoltà di partecipare


12 - con poteri di iniziativa per ciò che riguarda le attività integrative, e di proposta in materia di aggiornamento - all'attività di istruzione in senso stretto, ma amplia le competenze regionali attinenti allo sviluppo della scuola (si rende vincolante, infatti, l'ordine di priorità indicato dalle regioni per l'istituzione di nuove scuole; inoltre, si attribuisce loro un potere di proposta per ciò che riguarda la ristrutturazione, l'accorpamento, e la soppressione delle scuole esistenti, e l'individuazione degli ordini e degli indirizzi scolastici da attivare nel territorio regionale) e le si inquadra in un programma di sviluppo che le Regioni elaborano nel quadro delle scelte di indirizzo e di coordinamento fissate dal ministro della P.I. con l'ausilio del Comitato nazionale della programmazione scolastica, sentito il Consiglio scolastico regionale. Una tale previsione sollecita, tra l'altro, le Regioni stesse all'adozione di un modello di amministrazione programmatica, in modo tale che anche le altre funzioni regionali attinenti alla materia scolastica trovino nel programma il loro punto di riferimento. Quanto alla DG del personale, la cui competenza abbraccia tutto il personale della P.I. (sia quello amministrativo, che quello docente, direttivo ed ispettivo, sia quello non docente), essa è al vertice di una serie di organi burocratici periferici, a circoscrizione regionale - le Sovraintendenze, i cui compiti in materia di personale riguardano tutte le procedure relative al reclutamento fino al momento dell'assegnazione alla sede -, e a circoscrizione provinciale - i Provveditorati, i quali hanno in cura la gran mole dei provvedimenti relativi alla carriera. Accanto a questi ultimi, è posto un organo collegiale, il Consiglio scolastico provinciale, presieduto dal Provveditore: la composizione di tale organo viene rinnovata e ristretta ai soli membri eletti dal personale docente, direttivo e non docente delle scuole sta-

tali; ad esso sono affidate competenze relative ai provvedimenti disciplinari ed al contenzioso per il personale docente delle scuole di ogni ordine e grado. Si noti che il decentramento di tutta la materia dell'amministrazione del personale docente ha notevoli ripercussioni sulla configurazione del ruolo del Consiglio nazionale della PI,: per effetto di esso, infatti, viene meno la funzione di organo di autotutela del corpo docente, e si valorizza quello di strumento di partecipazione di tale personale alla formazione della politica scolastica in senso ampio (su una tale trasformazione, come sulla connessa necessità di completare il processo di decentramento burocratico della materia relativa al personale, concordano anche gli altri progetti di riforma). Infine, la DG per gli ordinamenti scolastici e lo sviluppo delle attività educative costituisce il centro di riferimento di una pluralità di enti, e di una serie di organi collegiali la Conferenza dei presidenti degli IRSSAE ed un organo di nuova istituzione, la Commissione nazionale per la sperimentazione. Quanto agli enti, il progetto prevede il potenziamento del già esistente Centro Europeo dell'educazione, e la creazione di un nuovo ente nazionale, l'Istituto per la formazione, il reclutamento e l'aggiornamento del personale della P.I.: a quest'ultimo gli IRSSAE verrebbero ad essere collegati funzionalmente per quanto riguarda le funzioni da essi svolte nel settore della ricerca e dell'aggiornamento, mentre per quanto riguarda l'attività di sperimentazione essi farebbero capo alla Commissione nazionale prima indicata. Ne risulta complessivamente designato un apparato che, se testimonia la volontà di dare forte impulso alle funzioni « tecniche » e di garantire ampia autonomia per il loro svolgimento, tuttavia appare anche decisamente pletorico e ridondante. Un rilievo, questo, che può essere ripetuto anche per altri punti del progetto socialista: forse per esitazione


13 nell'aderire pienamente al nuovo modello di amministrazione scolastica, si rischia in tal modo di creare pericolosi dualismi, soprattutto tra DG e sistema degli enti, e tra DG e Dipartimenti. Infine, va rilevata la nuova configurazione attribuita al distretto scolastico, l'unico organo, tra quelli istituiti dal DPR 416/74, che si muovesse in direzione della realizzazione di una « gestione sociale » della scuola: tale nuovo assetto si colloca all'interno di una visione che assegna alla partecipazione esclusivamente compiti di stimolo e di controllo. In questo quadro, il consiglio scolastico distrettuale è composto da rappresentanti, oltre che degli enti locali, degli insegnanti, dei presidi, dei genitori, degli alunni, del personale non docente, eletti con elezione di 2° grado dai membri dei consigli di circolo e di istituto compresi nel territorio distrettuale, ed è organo di coordinamento tra i consigli di circolo e di istituto, e di raccordo tra questi e le autonomie locali. Quanto al progetto Bodrato, per gran parte esso si limita ad operare sul piano organizzativo gli aggiustamenti resi necessari dagli elementi di novità introdotti nell'ultimo de'ennio. Così., esso prevede un'amministrizione centrale strutturata in 6 DG (DG del bilancio e dei servizi di documentazione; DG degli ordinamenti scolastici; DG del personale e dei servizi amministrativi; DG dell'Università e della ricerca scientifica universitaria; DG degli affari giuridici e del coordinamento norrnativo) che solo in parte sono individuate in base al criterio delle « aree omogenee di problemi » indicato nel testo della riforma della secondaria (perplessità suscita il mantenimento della DG scuola non statale, come anche la distinzione tra DG affari giuridici e del coordinamento normativo, la cui competenza abbraccia, tra l'altro, anche la materia del personale docente e non docente, e DG del personale e dei

servizi amministrativi). Accanto alle DG, si prevede poi l'istituzione di un Ufficio centrale per i servizi ispettivi tecnici, cui è affidato il compito di coordinare l'attività degli ispettori tecnici centrali e periferici, e prestare assistenza tecnica per le attività didattiche e la qualificazione professionale degli insegnanti: con esso, diventano ben tre - oltre all'Ufficio ora indicato, la Conferenza dei presidenti degli IRSSAE, e la DG ordinamenti scolastici - i centri di riferimento delle problematiche educative, con il rischio di creare tra di essi una situazione di conflittualità ben nota all'amministrazione scolastica. A livello periferico, si prevede poi - anche qui - un forte potenziamento dei compiti degli Uffici scolastici regionali, cui vengono attribuiti compiti attinenti sia alla programmazione, sia alle funzioni tecniche, sia all'amministrazione del personale docente, direttivo e ispettivo, e la creazione di un Consiglio scolastico regionale, con compiti relativi soprattutto al personale; inoltre, viene tenuta ferma l'articolazione in Provveditorati, ma il loro ambito territoriale viene riferito ad una pluralità di comprensori distiettuali; a fianco dei Provveditori, è previsto un consiglio scolastico interdistrettuale. In questo quadro si inserisce la valorizzazione dell'autonomia funzionale degli istituti scolastici, che costituisce la parte più innovativa del progetto: tale valorizzazione va oltre le previsioni contenute nel testo di riforma della secondaria, soprattutto nella parte in cui prevede che « le scuole possano stipulare convenzioni con le Regioni e gli enti locali per l'affidamento dell'esercizio di competenze spettanti a tali enti in materie connesse con il servizio scolastico, nonché per lo svolgimento di iniziative di educazione permanente e di formazione professionale ». Ne emerge una configurazione quasi di tipo aziendale degli istituti scolastici, che in un certo senso, tramite le convenzioni


14 « vendono» e « comprano» servizi; nello stesso tempo in tal modo si propone di riunire in capo alla scuola la gestione di tutti i servizi connessi con l'attività di istruzione, a qualunque ente essi appartengano. Si noti il rilievo che assume tale previsione in un disegno in cui manca qualsiasi altra previsione circa il coordinamento delle iniziative statali e di quelle regionali in materia scolastica; proprio questo fatto conferisce un senso parzialmente diverso alla medesima disposizione integralmente ripresa nel progetto predisposto dal PSI. Dal modello che si è detto emergere dalla evoluzione funzionale ed organizzativa del Ministero si distacca, invece, il progetto elaborato dal PCI: qui, l'asse portante della proposta di riorganizzazione dell'amministrazione scolastica sembra essere costituito soprattutto dal decentramento agli enti locali. Le competenze regionali in materia scolastica, infatti, vengono ampliate attraverso la previsione di una delega delle funzioni relative all'istituzione delle scuole e alla pianificazione degli insediamenti a pieno tempo - se gli enti locali hanno l'obbligo di fornire i locali, le attrezzature ed altri servizi, osserva la relazione illustrativa della proposta di legge, perché non devono anche decidere, in nome della collettività locale, sull'uso di queste risorse e sulla priorità delle scelte? - e di quelle connesse con l'attuazione della legge 444/68, istitutiva della scuola materna statale - questa verrebbe, dunque, aggregata ai servizi sociali e sanitari; a loro volta, le regioni subdelegherebbei:o le relative funzioni amministrative ai comuni, singoli o associati. Sempre in funzione del più ampio rilievo attribuito al ruolo degli enti locali nel governo della scuola, si propone una riforma dell'amministrazione statale periferica incentrata sia sul potenziamento delle Sovraintendenze scolastiche regionali - un punto, questo, che

sembra peraltro oramai acquisito dalle forze politiche - sia soprattutto sulla soppressione dei Provveditorati, giudicati inutilizzabili ai fini di un più stretto rapporto con il sistema delle autonomie locali, e sulla creazione delle Unità amministrative distrettuali (UAD), operanti nell'ambito territoriale del distretto, e configurate come la struttura operativa di base dell' amministrazione scolastica anche per quanto riguarda il sistema informativo. Nello stesso quadro si inseriscono le previsioni circa gli istituti della partecipazione sociale, soprattutto quelle concernenti il consiglio scolastico distrettuale, che innovano la normativa vigente sia per quanto riguarda la composizione (vi sono rappresentati solo genitori, studenti, personale docente, non docente e amministrativo eletti con procedimento di 2° grado), sia per quanto riguarda il suo ruolo: il distretto, infatti, oltre a svolgere compiti di controllo nei confronti dell'amministrazione scolastica, rivolge proposte agli enti locali per quanto riguarda la individuazione delle scelte di programmazione dello sviluppo della scuola. La previsione di una pluralità di occasioni di incontro e di dibattito (riunioni periodiche dei consigli di circolo e di istituto, conferenze annuali provinciali e regionali), è volta, poi, a consentire anche alle forze sociali e politiche operanti sul territorio di intervenire in merito a tale programmazione. Quanto agli organi centrali del Ministero, per l'effetto congiunto del decentramento regionale, del decentramento burocratico relativo alla materia del personale (tranne quello della scuola materna, che pur restando a carico dello Stato, è amministrato da Regioni e Comuni), come anche dell'affidamento agli IRSSAE dei compiti di gestione delle attività di ricerca, sperimentazione ed aggiornamento, essi vengono a svolgere esclusivamente compiti di programmazione, di indirizzo e di coordinamento. A tal fine, essi


15 vengono organizzati in tre dipartimenti, a loro volta articolati in subdipartimenti e divisioni: il Dipartimento normativo, che costituisce la sede di tutta l'attività di produzione normativa e regolamentare del Ministero, e svolge, inoltre, attività di studio e di ricerca nel campo della legislazione scolastica; il Dipartimento economico, che si occupa del governo del sistema informativo e dei sistemi statistici, e provvede alla predisposizione dei piani di sviluppo della scuola; infine, il Dipartimento educativo, che svolge studi e ricerche in tale settore, ed inoltre provvede al coordinamento delle relative iniziative con l'ausilio della Conferenza del presidente degli IRSSAE. E' da rilevare, inoltre, che al fine di dotare gli uffici centrali di personale qualificato idoneo ai nuovi compiti, ed al tempo stesso per impedire l'attuale preoccupante fenomeno di « fuga » del personale dalle amministrazioni provinciali, il progetto prevede la creazione di un ruolo centrale dei dipendenti del Ministero, distinto dai ruoli regionali del personale dei dipartimenti scolastici regionali, delle UAD e delle segreterie scolastiche. Il Ministero della P.I., così come emerge dal progetto comunista, contraddice, dunque, almeno in parte quel ruolo di organo specializzato nell'attività di istruzione, che abbiamo visto emergere dalle vicende dell'ultimo decennio; tuttavia la consistenza delle materie attribuite alle Regioni non è neppure tale da fare del decentramento regionale l'asse portante di un nuovo modello di amministrazione scolastica. Tra l'altro, proprio le disposizioni relative al raccordo tra l'intervento statale e quello regionale, affidato sostanzialmente a due organi, il Comitato centrale per la programmazione scolastica - composto esclusivamente di rappresentanti delle amministrazioni statali - ed il Comitato regionale presieduto dal presidente della Giunta regionale e composto, tra gli altri, dai presidenti delle Giunte provinciali, dal dirigente del di-

partimento scolastico regionale, e dal presidente del consiglio scolastico regionale -, sono tra le più oscure dell'intero progetto, che appare soprattutto preoccupato di assicurare alle regioni il maggior numero di attribuzioni che sia possibile attribuire loro nell'attuale momento, e assai meno interesse dimostra per l'individuazione dei modi e dei luoghi del coordinamento dell'attività statale e di quella regionale. Tra i tre progetti di riforma dell'amministrazione scolastica, dunque, vi è indubbiamente, un nucleo di proposte comuni, che poi per gran parte coincidono con quelle indicate nel testo della riforma della scuola superiore: vi è, infatti, una sostanziale convergenza di vedute circa la necessità che gli uffici centrali della P.I. svolgano prevalentemente funzioni di direzione, di indirizzo e di coordinamento, e siano conseguentemente ristrutturati in senso orizzontale, così come sulla necessità di completare il processo già avviato di decentramento della materia del personale, potenziando a tal fine gli uffici scolastici regionali, e modificando di conseguenza la configurazione del Consiglio nazionale della PI.; ancora, vi è accordo sulla opportunità di valorizzare l'autonomia degli istituti scolastici. Al di là ditale nucleo di proposte comuni, le differenze tra i tre progetti sono notevoli: il progetto PCI insiste, infatti, soprattutto sul decentramento agli enti locali, quello Bodrato è attento in special modo alla valorizzazione della « comunità scolastica », quello socialista, infine, appare orientato verso un modello articolato di governo della scuola. Si ha l'impressione, peraltro, che la riforma del Ministero, semrnai riuscirà ad essere compiutamente realizzata, sarà il risultato di una serie di provvedimenti parziali e di aggiustamenti successivi, più che di un unico provvedimento di riforma che definisca in tutti i suoi elementi, organicamente, un nuovo assetto: del resto, una storia analoga ha


16 contraddistinto la stessa affermazione del modello giolittiano di governo della scuola e, più in generale, costituisce un elemento ricorrente nelle vicende dell'amministrazione pubblica. In questo quadro, i progetti di riforma dell'amministrazione scolastica elabo-

rati dalle forze politiche hanno soprattutto la funzione di stimolare e prdvocare il dibattito su questo tema, e di individuare e precisare le direzioni di marcia, alle quali di volta in volta rapportare i provvedimenti puntuali e specifici che, soli, riescono ad essere adottati.

Trascrizione del contributo svolto al Convegno nazionale « Scuola-Lavoro », svoltosi a Roma il 22-23 aprile 1983 promosso dal Movimento Scuola-Lavoro con il patrocinio del Comune e della Provincia di Roma e della Regione Lazio.

Tra gli studi di storia dell'amministrazione scolastica si possono ricordare: R0MIzI, Storia del Ministero della Pubblica Istruzione, Milano 1902; G. M. DE FRANCESCO, Rapporti tra Stato, Comuni e altri enti locali in materia d'istruzione, Roma; REALE COMMISSIONE PER LA PUBBLICA ISTRUZIONE, Relazione sui servizi, Roma 1910; A. VIRGILI, voce « Istruzione pubblica a, in Primo Trattato completo di diritto amministrativo italiano, a cura di V.E. Orlando, Milano 1908; M1NIsrERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, DG dell'Istruzione primaria e po-

L'istruzione primaria e popolare in Italia con speciale riguardo all'anno scolastico 1907-8, Torino 1911; G. SAREDO, Vicende legislative della pubblica istruzione in Italia dall'anno 1859 al 1899, Torino 1902; G. TALAMO, La scuola dalla legge Casati all'inchiesta del 1864, Milano 1960; A. CARACCInLO, Autonomia. e centralizzazione degli studi superiori nell'età della Destra, in « Rassegna storica del Risorgimento », fasc. IV, 1958, p. 573; E. LUZZATI, Introduzione allo studio delle spese pubbliche per l'istruzione (1962-1965), in Annali della Fondazione Einaudi, voi. IV, 1970; G. PIVA, Comuni e istruzione pubblica, in « Rivista gi-uridica della scuola a, 1967, p. 319; G. MARTINEZ, Scuola, politica e amministrazione: l'origine di una crisi, in « Quaderni del dialogo a, n. 2; dello stesso autore, Le linee evolutive del sistema di governo della scuola, in AA.VV., La scuola italiana: storia e struttura, Milano 1978; inoltre la parte dell'« Archivio ISAP » 1962, relativa al Ministero della PI.; R. UGOLINI, Per una storia dell'amministrazione centrale: il Ministero della PI., 1859-1881, Roma 1979; G.F. FERRARI, Stato ed enti locali nella politica scolastica, Padova 1979; G. CIAMPI, Il governo della scuola nello Stato postunitario, Ed. Comunipolare,

tà, Milano 1983; MINISTERO DElL'EDUCAZIONE NAZIONALE, Dalla riforma Gentile alla Carta della scuola, Vai-lecchi, Firenze 1942; S. CASSESE, La scuola: ideali costituenti e norme costituzionali, in L'Amministrazione dello Stato, Giuffrè, Milano 1976;

CENTRO EUROPEO DELL'EDUCAZIONE (a cura del),

Panorama storico-evolutivo sulle strutture amministrative della P.I. in Italia dal 1859 al 1973, no'.'embre 1973, dattiloscritto. Sulle vicende più recenti: V. U. POTOTSCHNIG, Scuola-amministrazione: nuove prospettive, in « Scuola e città », n. 4-5, 1974; dello stesso A., Il distretto scolastico nell'ordinamento giuridico-costituzionale italiano, in MINISTERO DEL!.A P.I .,il distretto scolastico, Roma 1972; G.F. FERRARI e A. ROCCEI.LA , Distretti scolastici e nuova amministrazione della scuola, GiufErè, Milano 1975; M. CAMMELLI, L' amministrazione dello Stato tra riforma e tradizione (riflessioni in tema di distretto scolastico), in « Rivista trimestraie di diritto pubblico », -n. 2, 1974; F. COCOZZA, Accentramento e decentràmento nell'amministrazione della PI., in, «Rivista tnmestrale di diritto 'pubblico», n. 3, 1973; F. IoDICE e O. ROMAN, Ministero e crisi degli organi collegiali, Roma 1980. 2

Né il progetto Bodrato, né quello socialista sono stati finora for-malizzati in proposte di legge; essi circolano, perciò, come bozze più o meno -ufficiali e definitive. La relazione della commissione Piga è stata 'pubblicata, tra l'alt-no, sui -n. 3, 1982 della « Rivista trimestrale di diritto pubblico », che raccoglie la maggior parte degli elaborati e dei .progetti prodotti dall'Ufficio per la funzione pubblica -nel pe. nodo 1979-81.


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