Queste istituzioni 74

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Anno XVI - n. 74 - Trimestrale (gennaio-marzo) - sped. in abb. postale gr. IV/70

queste ìstìtuzìonì Dentro la finanziaria cronache dell'87 e dell'88

Costi, coperture e procedure Giuseppe Pisauro, Sergio Ristuccia

Bilancio in Parlamento e crisi di Governo Daniela Felisini

Pensioni e Sanità Laura Arcangeli, Antonio Bariletti, Gloria Regonini

Investimenti pubblici, trasferimenti alle imprese Giulio Lamanda, Paolo Silvestri 7.

n

74 1988


queste istduzioni Atino XVI, n. 74 (gennaio-marzo 1988).

Direttore: SERGIO RISTUCCIA. Vice Direttore: VINCENZO SPAZIANTE - Redattore capo: FABIO SCANDONE. Redazione: GIOVANNI CELSI, DANIELA FELISINI, MARIA RITA FERRAUTO, MARCO LEDDA. Responsabile organizzazione e relazioni: GIoRGIo PAGANO. Segretaria di redazione: DANIELA MONTRONE.

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Responsabile: GIOVANNI BECHELLONI. Questo numero è stato chiuso per la tipografia il 10 novembre 1987. Stampa: Arti Grafiche Pedanesi - Roma - Tel. 22.09.71. Associato all'Uspi: Unione Stampa Periodica Italiana.


n. 74 1988

Indice

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Nuove tecniche di bilancio o nuova politica di bilancio?

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Costi e coperture delle leggi: un capitolo nuovo? Sergio Ristuccia

Finanziaria in Parlamento e crisi di Governo

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Le tre (e piĂš) versioni della legge per il. 1988 Daniela Felisini

La progettazione legislativa degli investimenti pubblici Giulio Lamanda

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La politica pensionistica nelle finanziarie '87 e '88 -

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Gloria Regonini

La SanitĂ nel 1987 Antonio Bari etti, Lai1ra Arcangeli

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I clienti e le dinamiche dei trasferimenti alle imprese Paolo Silvestri

Procedure e metodi di programmazione finanziaria 128

La prima esperienza (dimezzata) dell'86-87 Giuseppe Pisauro


Nuove tecniche di bilancio o nuova politica di bilancio?

A dieci anni esatti dalla riforma delle regole di formazione del bilancio dello Stato (legge n. 468 del 1978) il Parlamento sta per approvare una nuova legge in materia. E' stato detto più volte che la materia delle tegole di bilancio è naturalmente soggetta ad aggiustamenti continui. Nulla, dunque, è più naturale che provvedere alle modifiche ritenute ormai necessarie in base all'esperienza. Anzi, c'è un po' da recriminare sulla lunga attesa che ha fatto seguito anche a prolungati inadempimenti della normativa di dieci anni fa. Tanto meglio sarebbe stato provvedere già da tempo. Il fatto è che a questa riforma della legge n. 468 del 1978 si è dato un rilievo tutto sommato eccessivo ed improprio. Quasi che la spesa fuori controllo e il debito pubblico fuori controllo fossero veramente fenomeni originati da una (non buona) legge di contabilità e potessero essere eliminati in gran parte da una nuova (ipoteticamente buona) legge sul bilancio dello Stato. Se un'opinione va espressa oggi da quanti lungo tutto questo decennio e già dalla fase formativa della 468 hanno operato per promuovere una cultura nuova del bilancio e per valutare politiche e tecniche di bilancio con spirito d'indipendenza nei confronti delle istituzioni chiamate a gestire la finanza pubblica, questa opinione è ormai ben precisa: inutile è illudersi che il problema stia nelle tecnicalità o nella « legge di ri/orma Le tecnicalità potevano e dovevano già essere messe a punto, e da gran tempo. La legge è sempre un gran mito quando la sua amministrazione concreta non stia al passo. Più semplicemente (il che non significa più facilmente): chi governa deve definire una politica di bilancio, difenderla in corso di approvazione, realizzarla. Rideterminati i modi tecnici del bilancio e i vincoli da rispettare, questo è il problema. Senza enfasi ma senza divagazioni. Quanto alle nuove regole in cammino, oltre quelle già approvate con la legge finanziaria 1988 di cui ci si occupa nelle pagine che seguono, ci asteiamo al momento dall'intervenire. Ci interessa, e ci impegnamo fin d'ora a seguire, la fase dell'applicazione. Sarà questo il momento della prova e della verità: soprattutto per il legislatore che, in materia di bilancio, detta norme non tanto ad altri quanto a sé stesso. 3


Qui, per ora, ci limitiamo a svolgere il compito che già ci eravamo assunti con il libro Dentro la finanziaria. Bilancio 86 e politiche pubbliche (QIR, Roma 1986). Cioè il compito di illustrare e commentare i principali aspetti della politica di bilancio quale risulta dalla legge finanziaria e da quella di bilancio approvate annualmente dal Parlamento. A tale compito dedichiamo questo numero mono grafico della rivista.

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Costi e coperture delle leggi: un capitolo nuovo? di Sergio Ristuccia

A qualche tempo di distanza dalla conclusione della sessione di bilancio per il 1988 occorre riconsiderare con calma la vicenda dell'approvazione della legge finanziaria di quest'anno. La sessione, aperta agli inizi di ottobre e chiusa agli inizi di marzo, ha dato a tutti, all'interno e all'esterno del Parlamento, una sensazione precisa: che il processo decisionale sia divenuto a tal punto caotico e contraddittorio da non consentirne per il futuro una qualsiasi ripetizione secondo le regole attuali. Quanto è giusta e fondata questa sensazionè, diciamo meglio questa netta convinzione, autorevolmente suffragata, fra gli altri, dal Presidente della Camera dei Deputati Nilde lotti? Bisogna dire che, una volta ri:onsiderate le cose a distanza, quel « basta con questa finanziaria! » appare fondato su una rappresentazione delle cose che non coglie la vera dinamica degli ultimi eventi. Voglio dire che le cause di una vicenda così caotica e contraddittoria non sono nella griglia normativa, certo di modesta tenuta, che offre la legge n. 468 del 1978 a proposito di contenuti della legge finanziaria ovvero nelle procedure parlamentari mancanti o lasse. Le cause sono tutte da individuare nel fatto che nel periodo in cui si è svolta la sessione di

bilancio per il 1988 è mancata una vera e propria maggioranza parlamentare. Ciò ha provocato una caduta dell'influenza del Governo nella formazione del bilancio. Seppure accentuata nel contesto politico del Gabinetto Goria, l'attenuazione del ruolo del Governo in materia di bilancio ha ormai cause lontane. Quel che appariva, dieci-quindici anni fi, come un necessario riequilbrio di rapporti fra Governo e Parlamento è divenuto, nel suo progressivo realizzarsi, un depotenziamento dell'Esecutivo senza che il Parlamento abbia veramente acquisito (o abbia voluto acquisire) veri contro-pteri di controllo ma piuttosto - ed è questo un .punto fondamentale da sottolineare poteri soltanto cogestionali; nell'ambito dei quali non solo e non tanto l'opposizione quanto la stessa « maggiòranza » è andata assumendo nell'arena decisionale la fisionomia di soggetto autonomo dal Governo. Si spiega allora la prassi, un pò parossisticamente seguita quest'anno ma già ben consolidata in molti degli anni precedenti, di presentare in Parlamento il disegno di. legge finanziaria come un'« ipotesi di lavoro » che fin dall'inizio ci si predispone a cambiare, più che ad aggiustare marginalmente, e soprattutto ad integrare ed ampliare per quanto riguarda l'arti-

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colato. Non c'è bisogno di ricordare a questo riguardo avvenimenti che in altre pagine della rivista vengono ricostruiti e illustrati. Di qui una conclusione: il raddrizzamento del processo decisionale ha certo sue proprie e fondate ragioni, ma per quanto riguarda la contraddittorietà e la lunghezza dell'iter decisionale nonché la sollecitazione delle aspettative più diverse che da esso deriva, questo raddrizzamento vorrebbe - a controprova della sua necessità la preventiva sperimentazione di un diverso rapporto Governo-Parlamento e soprattutto Governo-maggioranza. Rapporto che certo non può nascere semplicemente da modifiche della riforma del bilaricio. Come dire: inutile cercare alibi.

questa intraprendenza che nasce un processo decisionale sulle regole entro o al lato di quello concernente più propriamente la manovra finanziaria. In particolare, l'articolo 2 della legge n. 67 ha una storia particolare. E' una legge nella legge che parte dal ripensamento di un punto importante della legge n. 468 del 1978, quello che riguarda la copertura della stessa legge finanziaria secondo quanto disposto dall'art. 11. La vicenda di questo ripensamento merita qualche cenno illustrativo. Ma intanto cominciamo da una ricognizione di ciò che l'art. 2 contiene.

Veniamo, dunque, alla legge n. 67/1988 che è la legge finanziaria per l'esercizio finanziario in corso. Agli articoli 2 e 3 vi troviamo norme di riforma sulla formazione del bilancio e soprattutto normequadro sulla legislazione di spesa che sono un'importante novità. Sono il frutto singolare di una sessione di bilancio che ne ha viste di tutti i colori. E' anche un frutto inatteso? Chi sia stato attento agli aspetti istituzionali della sessione, la prima della X legislatura, e soprattutto alle modificazioni di peso e ruolo degli organi parlamentari avrà subito notato che l'arena decisionale stava diventando più complessa. Con la presidenza di Andreatta è venuto infatti crescendo il profilo della Commissione Bilancio del Senato, questa volta assai più intraprendente dell'analoga Commissione della Camera nell'assumere le funzioni di organo tecnico - politico di verifica •degli squilibri di bilancio. Ed è proprio da

IL NUOVO CODICE DELLE COPERTURE

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I

Per quanto riguarda le coperture finanziarie delle leggi il comma i dell'art. 2 fissa, almeno temporaneamente e cioè « fino all'entrata in vigore della legge di riforma (quella organica e grande, si suppone!) delle norme sul bilancio e la contabiltà dello Stato », alcuni nuovi criteri restrittivi. Alla copertura finanziaria delle leggi si provvede, dunque, in quattro modi. Il primo è costituito dall'utilizzo dei fondi speciali, già previsti dall'art. 10 della legge n. 468 del 1978 per « far fronte alle spese derivanti da progetti di legge che si prevede possano essere approvati nel corso dell'esercizio ». Fin qui nulla di nuovo. Tre però sono le preclusioni introdotte in relazione alle prassi applicative finora invalse: gli accantonamenti del conto capitale non possono essere


utilizzati per iniziative di spesa di parte corrente; gli accantonamenti per regolazioni contabili e per provvedimenti che diano adempimento a obblighi internazionali non possono essere usati per finalità difformi; viene esclusa per le nuove spese di parte corrente la facoltà di utilizzare come copertura 'finanziaria nell'esercizio successivo gli accantonamenti di fondo speciale che fossero rimasti inutilizzati in quanto i provvedimenti legislativi a cui erano destinati non sono stati perfezionati entro l'anno. La legge n. 468 prevedeva tale facoltà senza distinzioni o limitazioni. Il secondo modo di copertura è costituito dalla riduzione di altre, precedenti autorizzazioni di spesa. A questo riguardo la finanziaria '88 introduce un nuovo adempimento che sembra inteso alla chiarezza dei conti. Si stabilisce che nel caso si tratti di utilizzare precedenti autorizzazioni di spesa in atto tramutate in depositi di conto corrente presso la Tesoreria centrale, le disponibilità finanziarie da riutilizzare come copertura di nuove spese debbono essere fatte rientrare in bilancio attraverso una contestuale iscrizione allo stato di previsione dell'entrata. (Fra parentesi c'è da rilevare qualche imprecisione linguistica. Si dice infatti « ove dette autorizzazioni fossero affluite in conti correnti presso la Tesoreria statale » volendo intendere, attraverso un'espressione eccessivamente ellittica, « ove le disponibilità finanziarie derivanti da dette autorizzazioni ecc. ». Ma sono piccole cose). Il terzo modo di copertura è dato dalla riduzione di stanziamenti relativi a ca-

pitoli di < natura non obbligatoria ». (In verità, anche in questo caso l'espressione non è molto felice e precisa. Si dice che la copertura opera « a carico o mediante riduzione di disponibilità formatesi nel corso dell'esercizio sui capitoli di natura non obbligatoria »; e presumo che si voglia dire: mediante riduzione degli stanziamenti che nel corso dell'esercizio risultino eccedenti o comunque disponibili, ovvero più semplicemente: mediante riduzioni di stanziamenti ancora disponibili sui capitoli). La legge si preoccupa, però, di evitare un trucco: che utilizzate in corso d'esercizio disponibilità esistenti su qualche capitolo al fine di coprire nuove spese, ci si accorga poi, ancora nel corso dello stesso esercizio, di dover procedere a rimpinguare il capitolo a cui si è attinto. Di qui la necessità che il Governo abbia previamente accertato, con il disegno di legge di assestamento del bilancio, « che le disponibilità esistenti presso singoli capito. li non debbono essere utilizzate per far fronte alle esigenze di integrazione di altri stanziamenti di bilancio che in corso di esercizio si rivelino sottostimati ». Di qui il divieto di variazioni legislative volte ad incrementare i capitoli da cui sono state ricavate coperture per nuove spese, nonchè di decreti del Ministro del Tesoro che operino allo stesso fine attraverso il meccanismo delle spese impreviste o altri già indicati dalla legge n. 468. Di qui la ridotta possibilità nei due esercizi successivi, cli aumentare gli stanziamenti relativi ai medesimi capitoli. Essi possono essere aumentati infatti solo in misura non superiore al tasso di inflazione programmato, ad evitare recuperi surrettizi di quanto precedentemente 7


destinato a coprire iniziative di nuove spese. In ogni caso, non possono essere utilizzate per nuove coperture (« per esigenze di altra natura ») le economie che si dovessero realizzare nella categoria « interessi » e •nei capitoli relativi a stipendi. Il quarto modo di copertura delle nuove spese è costituito dalle « modificazioni legislative che comportino nuove o maggiori entrate ». L'elenco delle modalità di copertura ha un significato? In altri termini: l'ordine in cui esse sono elencate esprime anche un ordine di preferenza? Non è facile rispondere. Da una parte c'è da rilevare che l'elenco ha un effetto di preclusione esplicitamente dichiarato rispetto ai modi di copertura in esso non ricompresi: « la copertura finanziaria delle leggi che importino nuove o maggiori spese, ovvero minori entrate, è determinata esclusivamente » attraverso le modalità indicate dal comma i dell'art. 2 Dall'altra parte, nella seguenza dei tipi di copertura c'è in sostanza la logica di un vademecum da seguire: si prende l'avvio dalla conferma dello strumento classico di copertura delle nuove spese negli ultimi decenni, cioè dai fondi speciali, ma se ne limita l'uso più spregiudicato (per esempio: copertura di nuove spese corrente con accantonamenti relativi, a spese su conto capitale). In questo senso il nuovo codice delle coperture non rompe 'la continuità della prassi ma ne dà una più rigorosa regolamentazione. Così, i due modi di copertura che seguono al primo tentano di evitare coperture attraverso mezzi ricavati dalle « pie-

ghe del bilancio » cioè dalle pratiche delle riserve occulte di bilancio, per fondare una prassi di copertura attraverso tagli effettivi di altre spese; una prassi cioè non facile nè indolore di confronto e scelta fra vecchie e nuove spese. E' solo alla fine che viene il ricorso alle nuove entrate fiscali. Insomma, si può dire che il legislatore con l'ordine indicato non abbandona il principio secondo il quale in primis et ante omnia sta la copertura attraverso il « ricorso al mercato », cioè attraverso l'indebitamento. I fondi speciali misurano lo spazio delle nuove spese e sembra che proprio per questa funzione vengono a costituire un elemento di quella manovra finanziaria in cui annualmente è lecito (si ritiene lecito) stabilire un disavanzo da coprire con il debito pubblico. Nè il legislatore se l'è sentita di avviare l'eliminazione del fondo speciale di parte corrente: ad evitare magari che spese correnti vengano camuffate da spese in conto capitale, ovvero ad evitare un drastico e quindi impossibile blocco dell'attività legislativa. Ha però stretto tutti gli altri possibili freni.

COME E' STATA COPERTA

LA FINANZIARIA '88?

Abbiamo detto che l'art. 2 nasce da una vicenda particolare. E' il momento di farne cenno essendo essa sorta in materia di coperture, in particolare a pro•posito della copertura della stessa legge finanziaria per il 1988. E' una storia che inizia con la lettera del Presidente del Senato Spadolini alla Corte dei conti con la quale (siamo alle


prime battute della sessione di bilancio) si sollecita l'organo di controllo ad esprimersi sul problema della copertura della legge únànziaria in riferimento all'art. 81, 3° e 40 comma, della Costituzione e a quanto disposto dalla legge n. 468 del 1978. Il problema, in breve, è il seguente. La legge tfinanziaria è soggetta o è sottratta ai vincoli posti dalle norme costituzionali? E se vi è soggetta, come va interpretato ed applicato l'art. 11 della legge n. 468 là dove sancisce che l'ammontare del livello massimo del « ricorso al mercato finanziario » concorre con 'le entrate a determinare le disponibilità per la copertura di tutte le spese da iscrivere nel bilancio annuale? Ed in particolare, come si concilia quest'ultima norma con quanto la stessa legge n. 468 dispone all'art. 4, 8° comma, secondo il quale negli esercizi previsti nel bilancio pluriennale, le nuove o maggiori spese di parte corrente devono trovare copertura finanziaria, sulla 'base della legislazione vigente, esclusivamente nel « miglioramento della previsione per i primi due titoli delle entrate », cioè nel miglioramento del gettito fiscale? La richiesta del Senato, sollecitata dalla Commissione Bilancio e soprattutto dal suo presidente Andreatta, era in realtà chiaramente intesa a rimettere in questione una prassi applicativa della legge n. 468 '(da tutti sostanzialmente condivisa, ivi compresa 'la Corte dei conti) che faceva perno sull'art. 11, cioè sulla facoltà di ricorrere al debito pubblico come copertura finanziaria delle spese da iscrivere nel bilancio annuale, mentre lasciava andare in disuso la norma dell' art. 4 in mancanza di un bilancio plu-

riennale mai compiutamente realizzato. La Corte dei conti rispondeva alle richieste del Senato con un « referto » approvato dalle Sezioni Riunite in sede referente il 31 ottobre 1987. Ed era un'importante svolta nell'interpretazione fino ad allora data alla legge n. 468. Ripercorriamone i passaggi. Innanzitutto l'organo di controllo riprende il discorso da lontano sia per quanto riguarda la linea interpretativa che è stata seguita dal 1948 in poi (ricordando le ragioni politiche e culturali di un « diritto vivente » in materia di bilancio che ha inteso in modo non rigido il dettato normativo dell'art. 81 Cost.), sia per quanto riguarda il rapporto fra normativa costituzionale e legislazione ordinaria. Su quest'ultimo punto, oggetto talora di riflessione dottrinale ma senza conclusioni ben chiare, la Corte prende posizione. « C'è da dire - affermano le Sezioni Riunite - che la materia del bilancio dello Stato è divenuta via via più complessa in una misura che è speculare e proporzionale alle dimensioni e alle diversificazioni dell'intervento pubblico. La materia è tale da non sopportare regole troppo riduttive, anche quando esse si limitano a fissare alcuni vincoli. Le norme poste dalla Carta costituzionale hanno dunque bisogno di adeguata traduzione in norme ordinarie più dettagliate che operino come necessarie norme integrative in termini sia sostanziali che procedimentali. In questo senso si è mossa la legislazione nell'ultimo decennio con la legge n. 468 del 1978 e con le novelle dei regolamenti parlamentari intervenute nel 1983 e nel 1985. La legislazione ordinaria di applicazione serve a stabilire i contenuti, in concreto, del principio costituzionale di equilibrio del bilancio e i conseguenziali vincoli di metodologia contabile e procedurale.

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In questo senso, la legislazione in materia di bilancio dello Stato opera come una normativa quadro dotata di particolare forza, quale sostanziale proiezione, in funzione strumentale e su posizione subordinata, dello stesso ordinamento costituzionale. Ciò impone che, seppur tale normativa non abbia in termini formali le caratteristiche della legislazione costituzionale per quanto riguarda le modalità di approvazione e modificazione, essa deve essere interpretata secondo un canone ermeneutico di stretta sistematicità ».

Facendo dunque perno su quest'ultimo criterio d'interpretazione la Corte affronta e risolve le questioni ad essa proposte. Certo, può ben essere condivisa — ritiene la Corte - l'interpretazione cor• rente secondo la quale la facoltà di coprire anche gli oneri di parte corrente con il ricorso al mercato vale quando questi siano limitati all'anno mentre invece per gli oneri continuativi vale la norma fissata dall'art. 4, 8° comma. Ma - aggiunge - « con una qualificazione fondamentale »: che « tutto il meccanismo contabile stabilito dalla legge trovi contestuale attuazione. La legge di riforma, infatti, nel recepire il principio costituzionale dell'equilibrio di bilancio, lo proietta su un periodo pluriennale e lo traduce in un meccanismo economicocontabile fondato su due strumenti di eguale rilievo, il bilancio annuale e quello pluriennale, nonché sulla distinzione fra parte corrente e parte capitale del bilancio medesimo ». Ove questo « reciproco condizionamento » non si realizzi la possibilità offerta dall'art. 11 di coprire spese correnti con il ricorso al mercato « si risolve, •in diritto e in fatto, in una pura e semplice negazione del principio costituzionale dell'equilibrio del bilancio, in con10

traddizione piena con l'articolo 81 della Costituzione ». Sicché si ribadisce nelle conclusioni: la connessione fra la presentazione di un bilancio pluriennale (almeno secondo il modelol delle politiche invariate) e «l'espansione delle spese di parte corrente ad effetto infrannuale oltre il limite di non deterioramento del saldo tra spese ed entrate correnti è da intendere, nella interpretazione resa dalla Corte, di stretto rigore e si configura perciò come vero e proprio vincolo; con la conseguenza che, ove e fin quando non risulti acquisito il presupposto di un formale riscontro pluriennale e programnatico non è consentito dal sistema dell'articolo 81 Cost. e della legge n. 468 del 1978 di affidare all'indebitamento una ulteriore espansione della spesa di •parte corrente sulla base di una interpretazione normativa che isoli l'articolo 11 della richiamata legge ». (...)

Non si può dire che l'intervento della Corte abbia mancato di chiarezza. Al contrario, c'è in questa occasione una presa di posizione a tal punto netta da porre subito l'esigenza di verificare come poi le cose siano andate e come esse stiano in riferimento ai principi affermati. Insomma: le spese di parte corrente della legge finanziaria per il 1988 sono state o non coperte secondo i criteri del referto della Corte? e in caso negativo, posto che si verserebbe in una situazione di sostanziale incostituzionalità secondo il ragionamento riferito, qual'è il rimedio, quali sono le conseguenze? Per rispondere al primo quesito occorre un dettagliato esame dell'articolato che ai fini di questo primo commento •non è stato fatto. Si può solo osservare che, ove la « svolta » della giurisprudenza della Corte dei conti fosse stata colta compiutamente, lo stesso art. i della legge


finanziaria dovrebbe ben evidenziare, appunto, se e in qual modo le nuove spese di parte corrente (ammonta a 30.317 miliardi il fondo speciale destinato alle spese correnti) sono state coperte in mancanza di quel presupposto (il bilancio pluriennale) necessario secondo la Corte per far ricorso alla copertura attraverso il ricorso al mercato finanziario. Ora, la novità dell'art. 1 della legge finanziaria per l'88 consiste nell'istituzione dei cosiddetti « fondi speciali negativi », per riduzione di spese o aumento di entrate che devono derivare entro l'esercizio da appositi provvedimenti legislativi. Poiché i fondi speciali negativi sono prevalentemente di parte corrente si può dire che la copertura è stata data secondo i criteri derivanti dal ragionamento fatto nell'ottobre 1987 dalla Corte dei conti. Almeno per una parte. Inoltre, la legge finanziaria per l'88 contiene le norme « a regime » che rideterminano in modo più rigoroso le modalità da seguire in futuro per la copertura delle leggi. Compresa la legge finanziaria. Al comma 50 dell'art. 2. viene infatti precisato seccamente, vogliamo dire con maggior chiarezza in confronto all'8° comma dell'art. 4 della legge n. 468, che il disegno di legge finanziaria « può disporre in materia di nuove spese correnti, incluse le finalizzazioni •nuove del fondo speciale di parte corrente (cioè le spese nuove quali risultano da una diversa utilizzazione dei fondi speciali rispetto alle destinazioni originarie), esclusivamente entro i limiti delle maggiori entrate tributarie, extra-tributarie e contributive o delle riduzioni permanenti di autorizzazione di spesa corrente in esso contestualmente previste ».

Insomma, il legislatore ha raccolto le indicazioni della Corte guardando in avanti. Complessivamente, è probabile che non ci sia motivo di porre il secondo dei quesiti innanzi formulati. Comunque, la parola spetta di nuovo alla Corte dei conti alla quale è stato attribuito, proprio dalla legge •n. 67 del 1988, il nuovo compito di esaminare coperture e oneri delle leggi emanate per riferirne al Parlamento. Certo, l'eventuale non copertura della legge finanziaria riproporrebbe una seria questione di (in)costituzionalità.

CALCOLARE GLI ONERI DI SPESA

Veniamo all'altro importante capitolo normativo contenuto nell'art. 2 della legge finanziaria per il 1988: l'obbligo di calcolare ex ante gli oneri di spesa. Si tratta di considerare i commi 2, 3 e 4. Queste norme fanno obbligo alle Amministrazioni che propongono nuove o maggiori spese ovvero diminuzioni di entrate di preparare una relazione tecnica sulla quantificazione degli « oneri creati da ciascuna disposizione », nonché sulle relative coperture. In particolare: per le spese correnti e per le minori entrate devono essere specificati « gli oneri annuali fino alla completa attuazione delle norme »; per le spese in conto capitale, devono essere indicati sia gli oneri relativi a ciascuno dei primi tre anni (con un po' di gergo la legge dice: «la modulazione relativa ai primi tre anni ») sia l'onere complessivo in relazione agli obiettivi fisici previsti. Naturalmente la relazione deve anche pre11


cisare « i dati e i metodi utilizzati per la quantificazione », le fonti dei dati e ogni altro elemento utile per consentire la verifica della quantificazione medesima. Norme particolari sono dettate per due specifiche legislazioni di spesa, considerate (e lo sono) di peso strategico: la materia pensionistica e quella del pubblico impiego. Per la prima viene richiesto un quadro analitico di proiezioni finanziarie almeno decennali che si riferiscano all'andamento delle variabili collegate ai soggetti beneficiari. L'indicazione è generica ma sta a dire che c'è l'obbligo, della massima analiticità tenendo conto del maggior numero possibile di variabili. Per la legislazione sul pubblico impiego si chiede che la relazione sui costi contenga in particolare: il numero dei destinatari, il costo unitario, i dati sugli automatismi diretti e indiretti che conseguono dalle disposizioni 'legislative fino alla loro completa attuazione. Inoltre viene richiesto che siano illustrate le correlazioni con lo stato giuridico ed economico di categorie o fasce di dipendenti pubblici « omologabili ». Il legislatore ha tenuto conto della legge ferrea del pubblico impiego che è il confronto fra categorie in una logica di emulazione. La parola omologabili invece che omologhe è in questo senso una sorta di lapsus freudiano: vuoi, dire che bisogna tener conto non solo delle categorie che al momento siano omologhe ma di quelle che potranno aspirare a divenirlo (e quindi a rappresentarsi come omologhe) in conseguenza del (miglior) trattamento economicogiuridico che derivasse dalle disposizioni legislative da approvare. 12

A chi, infine, spetta la verifica della quantificazione? Secondo il comma 2° due ono i livelli della verifica: uno all'interno dell'Esecutivo ad opera del Ministero del Tesoro (Ragioneria Generale), l'altro in Parlamento. Tutto ciò riguarda i disegni di legge e gli emendamenti di iniziativa governativa. Nulla è direttamente previsto per le proposte di legge e gli emendamenti di iniziativa parlamentare. Solo indirettamente provvede per questi ultimi il comma 3° dando facoltà alle Commissioni parlamentari competenti di richiedere al Governo la relazione sul costi « per tutte le disposizioni legislative al loro esame ». Normalmente non si può trattare altro che delle proposte legislative di iniziativa parlamentare; 'in rari casi, si tratterà delle proposte di iniziativa regionale o popolare.

IL PROFILO ISTITUZIONALE DELLA QUANTIFICAZIONE DEI COSTI

L'obbligo di quantificare i costi delle leggi è una novità per l'ordinamento italiano. Il che non significa che precedentemente tali costi non dovessero essere valutati. Chiunque avrebbe dato per scontata questa esigenza come la naturale proiezione sul piano del comportamento di governo e del comportamento parlamentare della logica del « buon padre di famiglia» (Einaudi qualche volta vi si richiamava) ovvero di una più moderna etica della responsabilità in base alla quale soppesare i vantaggi e gli svantaggi, cioè i costi, per la colletti-


vità di qualsiasi iniziativa è operazione elementare di ogni buona politica. Ma tant'è: inutile far troppo conto sui principi, soprattutto se scontati. Dopo tanto discutere di oneri della spesa, di quantificazioni, di notai della spesa si apprezza ,la determinazione di quei legislatori che hanno voluto far entrare finalmente nell'ordine dei precetti scritti alcuni obblighi precisi, magari utilizzando - questa volta a fin di bene le possibilità di imbarcare norme sul naviglio denominato Legge Finanziaria ». Nel merito delle soluzioni istituzionali, va detto che risponde ad una logica corretta porre l'obbligo di quantificare gli oneri alle amministrazioni di spesa quando propongano nuove iniziative di spesa o di riduzione d'entrata. Lo suggerisce l'etica della responsabilità, lo dimostrano le comuni tendenze in atto nei maggiori paesi industriali. Nei quali paesi maggior controllo della spesa significa innanzitutto maggiore responsabilizzazione delle singole amministrazioni non solo nella gestione del bilancio ma anche e soprattutto nel momento della formulazione delle proposte di spesa. Per quanto riguarda il ruolo del Parlamento, la nuova normativa non è priva di qualche ambiguità. Da una parte, viene riproposta una funzione di controllo del Parlamento nei confronti del Governo; dall'altra; l'iniziativa parlamentare di spesa viene lasciata esente da obblighi di quantificazione. Ciò è dovuto, probabilmente, ad una questione di adeguatezza della sedes matriae: per intervenire a questo proposito sembra doversi operare attraverso i regolamenti parlamentari. Nei quali, fra l'altro, meglio

si possono affrontare tutti i conseguenziali rapporti intra-parlamentari soprattutto per quanto riguarda le competenze delle Commissioni Bilancio nei confronti delle altre commissioni di merito. C'è da dire tuttavia che, allo stato attuale della normativa, la mancanza di obblighi di quantificazione dei costi per le iniziative parlamentari potrebbe innescare comportamenti elusivi degli stessi obblighi imposti all'Esecutivo. Si consideri ad esempio che mentre il Governo è tenuto a quantificare, i gruppi della stessa maggioranza non sono tenuti a fare altrettanto. Solo in itinere e per iniziativa di una Commissione sarà richiesta la relazione sui costi. Non c'è da dubitare che questa richiesta sarà fatta il più delle volte; non c'è da dubitare che poi la Corte dei conti riesaminando la legislazione emanata potrà rilevare i casi di elusione-trasgressione all'obbligo di calcolare i costi delle leggi. Ma sembra opportuno eliminare possibili aree di equivoco '(e di privilegio). Si può comunque prospettare per le iniziative parlamentari una distinzione fra obbligo di valutare i costi e obbligo di indicare le coperture. Il primo sembra da confermare anche se, per non impedire l'iniziativa legislativa dei singoli parlamentari, l'obbligo potrà essere limitato, in alcuni casi, all'indicazione di valutazioni di larga massima. Quanto alle indicazioni delle coperture ogni attendibile indicazione non potrà che essere rinviata al momento in cui l'iter decisionale si avvia concretamente e s'istaura così la dialettica con il Governo.

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IL MESTIERE DI QUANTIFICARE

Cosa significa quantificare .gli oneri delle leggi? Non bisogna ritenere che si tratti di cosa semplice e facile né che siano al momento disponibili in tutti i posti giusti (amministrazioni di spesa e Tesoro) tutte le giuste professionalità •necessarie. Tre osservazioni paiono -necessarie. In primo luogo quantificare gli oneri di una legge è un esercizio di previsione. Si tratta di previsioni relative ai settori o realtà specifiche. Realtà che si distribuiscono entro un ventaglio amplissimo in termini di dimensioni e di qualità. Dunque, si tratta sul piano metodologico di previsioni -micro. Sul piano economico esse dovranno tuttavia raccordarsi e con -le previsioni macro di politica economica e/o confluire in qualche modo in queste ultime. In secondo luogo, la valutazione dei costi e dunque degli oneri finanziari vuole una migliore capacità di prefigurare la realizzazione e lo sviluppo delle singole iniziative di spesa (effetti immediati, effetti mediati). Essa suppone una buona conoscenza e simulazione dei dati fisici di partenza e di arrivo e comporta, soprattutto al di là di certe soglie quantitative e qualitative, una capacità di disegnare o comunque analizzare politiche di settore. In terzo luogo, la valutazione di costi futuri presuppone la disponibilità e la analisi dei costi di iniziative di spesa precedenti. Non c'è nuova azione amministrativa o nuova spesa che sia tale nel senso pieno e stretto della parola: cioè che operi in condizioni di precedente tabuia rasa. Le dimensioni dell'interven14

to pubblico nelle sue diverse articolazioni sono tali da consentire di affermare che si agirà invece, quasi sempre, in aree in cui già altri interventi hanno operato o tuttora operano. C'è dunque uno stato delle cose e c'è uno stato dell'arte di cui occorrerà fare buona ricognizione. E' soprattutto in questo senso che è da auspicare una Corte dei conti sempre più orientata, nella sua attività d'indagine propedeutica alle relazioni al Parlamento che essa è tenuta a fare, a rilevare e valutare i costi effettivi delle -leggi via via che vengono attuate. Ed è su questa coordinata passato-presente che può essere costantemente utile la presenza della Corte in parallelo ai processi decisionali; quando e a patto che l'organo di controllo si ricordi di detenere soprattutto esperienza e conoscenza di fatti e di atti gestionali oltre un sapere di interpretazioni formali di leggi e disposizioni.

2 Luci E OMBRE DELLA CIRCOLARE DE MITA

Nessuno può ritenere che un mestiere difficile venga imparato in pochi giorni. E poi: si tratta solo di un mestiere difficile o non piuttosto di un mestiere sconosciuto e da costruire ex-novo? Non è lecito immaginare che le norme dettate dall'art. 2 della legge n. 67/1988 possano trovare immediatamente una buona applicazione. Su questo punto bisogna essere chiari e non farsi illusioni né creare aspettative.


Ma da dove cominciare? E' in riferimento a questo problema che bisogna dare un giudizio della circàlare 29 aprile 1988 inviata dal Presidente del Consiglio Ciriaco De Mita a tutti i ministri e sottosegretari di Stato. Tralasciando per il momento gli aspetti di natura più istituzionale che pure emergono nella prima parte della circolare, è importante andare subito alle parti nelle quali il tema della valutazione dei costi viene affrontato. Innanzitutto, la circolare dice con chiarezza una delle principali finalità delle nuove norme: « evitare il rischio che, per effetto di una carente attività di analisi, le reali dimensioni della spesa abbiano a precisarsi compiutamente solo in fase realizzativa, con gravi ripercussioni sul piano dell'attendibilità delle previsioni di bilancio e degli equilibri finanziari conseguentemente delineati ». Altrettanto chiara ed avvertita è l'individuazione di quanto la legge comporta: la « puntuale responsabilità delle amministrazioni nell'accertamento delle implicazioni f inanziarie dei provvedimenti di spesa da esse proposti, pone un delicato problema di diffusione della cultura e della politica di bilancio; postula anche un impegno non indifferente delle amministrazioni stesse, chiamate a cimentarsi con tematiche ritenute normalmente estranee o eccentriche rispetto ai modi correnti di approccio alle problematiche settoriali di rispettiva competenza ». Tutto ciò è detto molto bene. Ne discende che c'è da mettere a punto un lavoro di qualche anno per aggiornare e/o per formare i necessari quadri amministrativi in grado di cimentarsi, con buoni risultati, con una adeguata cultu-

ra di bilancio. Questa conclusione non è detta, ovviamente, nella circolare ma vale esplicitarla. Il fatto è che la stessa cultura di bilancio usata dagli addetti ai lavori ha bisogno di essere aggiornata e modificata. In qualche modo la circolare De Mita ne è essa stessa una dimostrazione. Vediamone il perché. Due sono state le preoccupazioni degli estensori della circolare: dare un contributo all'impostazione di una appropriata e uniforme metodologia di rilevazione dei costi; rimanere tuttavia in un ambito sostanzialmente sperimentale. In quest'ultimo senso è chiaro quest'altro passaggio della circolare: « è stata predisposta l'allegata scheda di valutazione economico-finanziaria, attraverso cui si intende non già imporre alle amministrazioni un modello definito e obbligato per la comunicazione dei dati di rilievo finanziario che connotano le proprie ini-

ziative, bensì prospetta're i principali elementi e passaggi di un possibile percorso logico, da svolgere compiutamente nell'apposita relazione tecnica, percorso che appare congruo al raggiungimento degli scopi in questione Le due finalità sono da condividere. Meno il modo in cui successivamente si cerca di raggiungerle. In breve, si tratta di questo: non emerge una metodologia di rilevazione e calcolo dei costi ma emerge soltanto una metodologia di stima e rappresentazione contabile degli oneri f inanziari finali. L'uniformità viene perseguita saltando una fase che viene rimessa alla relazione tecnica « da svolgere compiutamente ». L'uniformità è dunque surrettizia o sern15


plicemente tautologica. Infatti è ben pensabile che, pure attraverso i procedimenti ricognitivi più diversi, alla fine si possa e si debba giungere ad individuare degli oneri finanziari e a prospettarli in modo uniforme. Vero è, ancora, che in materia di costi l'uniformità dei metodi di rilevazione non è possibile, data l'amplissima varietà e diversità degli interventi pubblici. E quindi, poiché è inutile tentare di mettere le brache al mondo, non è caso di porsi un obiettivo del genere. La circolare saggiamente non ci pensa neppure. Sarebbe necessario però richiamare di più l'attenzione su ciò che la legge già suggerisce: che ogni relazion& tecnica venga pur fatta in modo diverso l'una dall'altra va bene ma a patto che siano indicati i metodi utilizzati, i dati e le loro fonti. E' la questione della •« base delle stime », cioè uno dei principali nodi dell'esperienza di calcolo dei costi delle leggi fatta negli ultimi dieci anni negli Stati Uniti. E se i metodi non sono disponibili (anche perchè non si imparano in due giorni), se i dati non.ci sono e così via? Vorrà dire che le Amministrazioni faranno delle semplici stime di buon senso: purchè dicano, appunto, come e perchè le fanno. Ciò almeno flnchè è tollerabile una fase sperimentale di prima approssimazione. Poi bisogna cominciare a mettere a punto i metodi, e a mettere in ordine i dati e le fonti. La circolare sovrappone invece a una necessaria gradualità la scorciatoia di una lezione di contabilizzazione finale di costi che rimangono sostanzialmente indeterminati e mal (o non) rilevati. 16

Si può anche ammettere che in mezzo ad alcune altre possibili e immaginabili proposte la circolare abbia scelto una strada ragionevole (che in ogni caso si può facilmente correggere). Pensiamo alla proposta di chi vorrebbe introdurre ex abrupto le tecniche di analisi costi-benefici: magari facendo dilagare la prassi delle consulenze esterne, con effetti ulteriormente disfuzionali e distruttivi sulla Pubblica Amministrazione. Ovvero pensiamo ai rigorismi applicativi di chi, continuando a ragionare secondo il semplicismo dello schema « la legge dice e se dice si può », non si pone il problema della traduzione progressiva delle norme in comportamenti efficaci e in organizzazione vivente ma si appaga alla fine con meri adempimenti formali. Eppure, la saggezza di alcuni passi introduttivi della circolare poteva tradursi in altra e più efficace lezione pedagogica. A questo punto possiamo provare a mettere giù qualche modesta idea per i passi da compiere nel prossimo futuro verso una buona applicazione dei commi 2, 3 e 4 dell'art. 2 della legge n. 67/1988. Ecco un breve memorandum.

Metodi di rilevazione e calcolo. In una prima fase di sperimentazione viene rimessa alle amministrazioni di spesa l'individuazione di ogni possibile criterio comunque orientato a dare conto dei dati fisici di base. Così si ricava del resto dalla stessa circolare. Occorrerà in ogni caso che siano indicati esplicitamente nelle relazioni tecniche i criteri seguiti.


Dopo otto-dieci mesi si provvede ad una ricognizione comparativa e alla determinazione di alcuni criteri di uniformità. A tal fine si riunisce una apposita conferenza di funzionari delle amministrazioni di spesa e della Ragioneria Generale dello Stato.

Dati e loro fonti Il riferimento ai dati significa far entrare nella routine di tutte le amministrazioni la raccolta sistematica dei dati concernenti l'attività di competenza. Significa istituire ex novo o mettere a punto sistematiche rilevazioni statistiche. Significa coordinare in concreto l'attività delle singole amministrazioni di spesa con l'attività dell'Istituto Centrale di Statistica (anche nella prospettiva della riforma di quest'ultimo). Opportune conferenze bilaterali o trilaterali (singola Amministrazione, Istat, RGS) potranno essere organizzate periodicamente.

Formazione e aggiornamento In relazione ai problemi della valutazione delle iniziative di spesa e specificamente in relazione agli sviluppi dello « stato dell'arte », vengono realizzati appositi e mirati incontri di formazione e aggiornamento professionale per vecchi e nuovi funzionari delle amministrazioni di spesa e dell'amministrazione finanziaria.

Valutazione dei costi ex-ante ed ex-post. La messa a punto dei metodi di rilevazione e calcolo dei costi ha bisogno di

verifiche in riferimento ad esperienze di lungo periodo. In questo senso sembra debba operare soprattutto l'intervento quadrimestrale della Corte dei conti (comma 6 dell'art. 2 della legge n. 67/1988). A tal fine sarà opportuno un programma di lavoro dell'organò di controllo che leghi meglio i propri compiti di indagine e referto sulla attività dell'amministrazione alle principali scadenze del processo legislativo. Conferenze « aperte » di magistrati e iniziative cli formazione sembrano anche qui assai opportune.

TORNANDO AGLI ASPETTI ISTITUZIONALI: IL GOVERNO DELLA MAGGIORANZA

Nella circolare De Mita, si è già accennato, non mancano alcuni rilevanti aspetti istituzionali. Essi riguardano soprat-

tutto le procedure di coordinamento. La prima importante indicazione è che nessun Ministero può direttamente diramare disegni di legge da mettere all'ordine del giorno del Consiglio dei Ministri. Questo è còmpito della Presidenza dopo che il Ministero del Tesoro abbia verificato la relazione tecnica su oneri e coperture. Rimane compito dei Ministeri proponenti l'aggiornamento della relazione tecnica nel caso il Consiglio deliberi « significative modificazioni ». La seconda indicazione da segnalare riguarda la presentazione di emendamenti da parte del Governo. I Ministeri proponenti devono trasmettere gli emendamenti all'Ufficio del Ministro per i rapporti con il Parlamento corredati da relazione tecnica verificata dal Tesoro. E17


spietate le opportune procedure di coordinamento nell 'ambito della Presidenza del Consiglio, viene dato dal citato Ufficio l'assenso all'ulteriore corso degli emendamenti. La terza indicazione da segnalare riguarda gli emendamenti di iniziativa parlamentare. La circolare si preoccupa che il rappresentante del Governo che segue la discussione parlamentare di una legge dia immediatamente notizia degli emendamenti al Ministro per i rapporti con il Parlamento e, quando tali emendamenti comportino maggiori spese o minori entrate, anche al Ministro del Tesoro. Alla acquisizione del consenso di quest'ultimo, « secondo le modalità dianzi precisate per gli emendamenti di iniziativa governativa », è subordinato il parere favorevole del Governo all'ulteriore corso degli emendamenti. Quest'ultima disposizione, pur riguardante gli interna corporis del Governo, nequilibra nella pratica il diverso regime degli emendamenti a seconda che l'iniziativa sia governativa o parlamentare. Il problema sta naturalmente nel rispetto delle procedure pur nei momenti di sovraccarico e di andamento erratico dei lavori parlamentari. Ma in realtà la circolare De Mita sembra mettersi sulla strada di un maggior legame fra Governo e maggioranza. Nel senso, almeno, che in materia di politica del bilancio è al Governo che spetta la direzione. Siamo cioè al punto, certamente nodale e strategico, che segnalavo all'inizio di queste note a commento della sessione di bilancio per il 1988.

E.

(I QUALCHE CONCLUSIONE IN FORMA DI DOMANDA E RISPOSTA

(Domande di Luca Paci per un'intervista) D. Il confronto ormai avviato in sede politica e parlamentare, con l'approvazione del programma del governo De Mita, è giustamente articolato su due questioni oggi essenziali al governo del sistema. Da un lato la definizione di una adeguata manovra pluriennale di rientro del debito pubblico e, dall'altro, la realizzazione di un processo di ri/orma e di adeguamento istituzionale. Anche per effetto delle vicende connesse alla finanziaria '88, il problema di una ri/orma della legge di contabilità varata nel '78, si presenta come una questione nella quale sono integrati i due aspetti. R. D'accordo, è matura la riforma della riforma. La legge 468 del 1978 è da modificare. Ma, attenti, qualcosa di importante è già stato deciso. A mio avviso, è assai importante, anzi strategico, quanto stabilito all'art. 2 della finanziaria '88. Si tratta del nuovo codice delle coperture finanziarie e del metodo, per la prima volta entrato nell'ordinamento giuridico, di calcolare ex-ante i costi delle leggi. Beninteso, in termini metodologici, non si tratta di norme di semplice attuazione. L'art. 2 è importante perchè responsabilizza in primo piano le amministrazioni, il complesso dell'esecutivo: innovando, così, una tendenza tradizionale secondo la quale si attribuiva, in modo semplicistico, il problema della responsabilità dei costi in materia di spesa, esclusivamente al ministero del Tesoro.


Una tendenza profondamente inadeguata ad un meccanismo, come ormai è quello italiano, segnato da una pluralità di centri di spesa. Ma ho, ripeto, una preoccupazione: che le norme introdotte all'art. 2 siano considerate solo ed esclusivamente come propedeutiche ad una « grande riforma » della legge 468. Significherebbe svilirne di colpo la portata. Una riforma è già stata fatta: occorre innanzitutto occuparsi di realizzarla seriamente.

zione pèr molte parti, sono derivate alcune conseguenze negative. Punto debole della « 468 » è proprio la configurazione data all'art. 11, all'assetto della legge finanziaria. Una legge finanziaria che, per certi aspetti, voleva essere strumento di contenimento della spesa ma, al tempo stesso e quasi per definizione, costituiva una legge « grimaldello » del sistema. Infatti, se da un lato la finanziaria, così come concepita dalla «468», introduce D. Il programma del governo De Mita precisi vincoli, dall'altro legittima una poriconosce il carattere vincolante che il Bi- litica di bilancio in cui il finanziamento lancio pluriennale deve avere nella de- del deficit è canonicamente realizzato atfinizione della manovra finanziaria annua- traverso il « ricorso al mercato », sia pure le: appunto uno dei capitoli mai attuati da delimitare quantitativamente. Questa della 468. è stata ed è l'ambiguità della legge fiDi qui i risultati negativi delle diverse nanziaria. manovre di bilancio, in particolare nella In secondo luogo, è vero che nella legge definizione dei saldi contabili: sia nella finanziaria ideata dalla « 468 » erano predeterminazione del saldo netto da finan senti anche molte potenzialità positive ziare, tenuto conto degli impegni relativi non realizzate. al settore pubblico allargato; sia per quan- Relativamente alla questione del bilancio to riguarda il limite massimo di ricorso pluriennale, ho trovato fondata l'obiezioal mercato finanziario; sia, soprattuto, re- ne che è stata avanzata dal Tesoro, cioè lativamente al riscontro della « copertura dalla Ragioneria Generale, secondo cui finanziaria » di nuove o maggiori spese il bilancio pluriennale è stato maldefinito in conto capitale previste dalla legisla- ed è abbastanza difficile a realizzarsi, sozione di spesa a carico dei singoli eser- prattutto in ordine alla portata giuridica. Ma a questo proposito c'è stata anche cizi finanziari. In realtà, al di là di ricorrenti adesioni una reazione di rigetto. Più in generale ad ipotesi di riforma talvolta poco ap- bisogna dire che il vero problema della «468 », mai ben colto e compreso, sta profondite, per aspetti significativi e rilevanti ogni ragionamento relativo alla in ciò: una riforma del bilancio che cer468 presuppone un chiarimento pregiu- cava di essere insieme mezzo di contenidiziale: la 468 è una legge che è stata mento di una finanza pubblica già fuori pienamente attuata, male attuata o che controllo alla fine degli anni Settanta e ha conosciuto attuazione solo parziale? vero strumento di politica economica, comportava subito una operazione di proR. Certamente la «468» è una legge fondo ridisegno e di riorganizzazione delin gran parte inattuata e dalla non attuale istituzioni della finanza pubblica. Nei 19


fatti c'è stato un soio timido avvio agli inizi degli anni Ottanta. D. C'è chi sostiene che a non aver compreso la «468» sia stata anzitutto la Ragioneria Generale dello Stato... R. Può darsi. Ma il discorso da fare è più ampio e complesso. Bisogna appunto parlare della riforma dell'< istituzione Te. soro ». Continuo a ritenere che le riforme delle Amministrazioni si debbano fare non contro gli « addetti ai lavori » ma, fin dove possibile, con il loro consenso. Ma è certo che le esigenze di riforma devono essere ben colte e poste chiaramente da chi ha la responsabilità politica dell'Amministrazione. Perciò mi auguro che l'attuale Ministro del Tesoro, maestro di diritto pubblico e ottimo conoscitore dell'organizzazione amministrativa, trovi il tempo per riprendere in mano il problema della riorganizzazione del Tesoro. Dopo il libro verde del 1982 « Organizzazione e funzionamento del Ministero del Tesoro » che fu una prima ricognizione dello « stato dell'arte », il processo di riorganizzazione in realtà si è fermato, a parte piccoli aggiustamenti senza chiaro disegno strategico. Per una politica del bilancio nuova ed efficace ci vogliono anche strutture amministrative più adeguate, moderne, di alta qualificazione professionale. In Francia, proprio all'epoca - se non sbaglio - della nostra riforma del bilancio, veniva creata accanto alla Direzione del Bilancio l'importante Direzione delle previsioni economiche e finanziarie. Possibile che il nostro Tesoro non debba disporre di qualcosa di simile e sia sempre più o meno dipendente da valutazioni 20

esterne o da quelle degli staif del Ministro pro-tempore? Senza un grosso salto di qualità si rischia d'altra parte di sottoutilizzare le potenzialità del grande sistema informativo che, con lungimiranza, la Ragioneria Generale dello Stato ha organizzato in questi anni attraverso l'ITALSIEL.

Beninteso sullo sfondo della riorganizza. zione del Tesoro ci sono problemi istituzionali di notevole rilievo, per esempio relativamente al ruolo stesso della Ragioneria ed alla misura dell'« indipendenza » di cui cene sue nuove funzioni (il monitoraggio sull'andamento della finanza pubblica) devono essere dotate. E' inutile continuare ad ignorare questi problemi. Fin qui il discorso sul Tesoro. Ma, come ho detto, guai a fermarci al Tesoro. Il grande merito dell'art. 2 della legge finanziaria per il 1988 sta anche nel fatto che, chiedendo alle amministrazioni di spesa la valutazione ex-ante dell'onere delle nuove spese proposte, ne impone in qualche modo la niprofessionalizzazione. L'esperienza degli altri paesi i.ndustrializ. zati dimostra che non esiste alcuna pietra filosofale in questo campo: al dunque, anche là dove i calcoli siano i pi rigorosi possibile, ogni decisione di spesa risponde a « scelte politiche ». Però altro è scegliere nell'allegra irresponsabilità del non sapere, del non valutare, del non prevedere, altro è confrontarsi con attendibili valutazioni degli effetti delle proprie scelte. Rimarrà la dissennatezza ma almeno la chiameremo con il suo vero nome. D. Le norme procedurali, all'art. 2 della


finanziaria, relativamente alla quantificazione degli oneri delle iniziative governative e dei provvedimenti di iniziativa parlamentare, stabiliscono un rapporto motivato fra Governo e Parlamento, attraverso la definizione di una relazione tecnica da parte del Governo sui provvedimenti di iniziativa legislativa e, su richiesta delle Camere, anche su quelli di iniziativa parlamentare. Questa formulazione accentua il ruolo e le responsabilità del Governo sia in fase preventiva, sia in fase di attuazione del provvedimento di legge preso in esame, ai fini di un effettivo controllo dei flussi finanziari. In sostanza, da questo lato della medaglia, il Parlamento chiama il Governo ad una precisa assunzione di responsabilità, associando nella verifica delle quantificazioni di spesa, il ruolo delle singole amministrazioni di spesa a quelle del Tesoro, cui in ultima istanza è attribuito il compito di verificare il reale rispetto delle compatibilità finanziarie. E' una lettura corretta? R. E' una lettura corretta ed anzi da auspicare. A mio avviso la mancanza di controllo della finanza pubblica dipende anche dal progressivo allargamento dell'area cogestionale Governo-Parlamento in materia di spesa, a scapito di un ruolo politico di controllo da parte del Parlamento. Quello che per me è molto più grave della stessa legge finanziaria « omnibus » è il fatto che di solito la legge finanziaria divenga tale in itinere. Il che testimonia come a premessa della manovra finanziaria sottoposta all'esame del Parlamento non esista una precisa

ipotesi di politica di bilancio da parte dell'Esecutivo e che questo si è assuefatto all'idea di formularla insieme al Parlamento. A questo proposito è importante vedere che cosa accadrà quest'anno. Fino ad oggi era stata data una impostazione, per così dire, « problematica » al disegno di legge finanziaria anche in conseguenza del fatto che la prassi è sempre stata quella di una politica di bilancio definita solo all'ultimo momento, dopo l'estate. Ora, con l'art. 3 della finanziaria 1988 e con la sessione preparatoria di primavera-estate si adotta un processo decisorio sostanzialmente analogo a quello degli altri paesi industrializzati, nei quali la formazione del bilancio comincia all'inizio dell'anno. Vedremo se le abitudini cambieranno sul serio. In ogni caso, se una manovra finanziaria è forte e coerente, essa medesima ha la capacità di resistere alla tentazione dell'« omnibus »: se il Governo stabilisse delle buone misure e resistesse (innanzitutto alla propria maggioranza) perchè queste sono nate da una logica e coerente politica, non ci sarebbe bisogno di scrivere in legge il nuovo profilo formale della finanziaria. D. Dall'altro lato della medaglia, dal punto di vista cioè dei compiti e del ruolo del Parlamento, decisiva rimane l'ipotesi, discussa fin dagli inizi della IX legislatura, di istituire un organo tecnico analogo al Congressional Budget Office negli Usa. Tale ipotesi, tesa a rafforzare le attuali possibilità di controllo delle quantificazioni di spesa, al di là dei poteri attribuiti al Capo dello Stato dall'art. 81 della Costituzione o alle funzioni del Comitato 21


pareri delle Commissioni Bilancio, pone in rilievo la necessità di un organo tecnico « al servizio del Parlamento »: esigenza quest'ultima sottolineata anche dal Governatore della Banca d'Italia. Ma un organo al servizio del Parlamento non è necessariamente un organo del Parlamento: allo stato dei fatti esistono ipotesi diverse. R. Io penso che nel nostro sistema, il puro e semplice riferimento all'esperienza americana non possa che essere sottoposto ad una buona tara, perchè il sistema costituzionale è molto differente. Certo, almeno per quanto riguarda i poteri di spesa e di intervento del Parlamento in materia di bilancio, i due sistemi più simili sono proprio lo statunitense e l'italiano. Gli altri parlamenti europei hanno in questo campo poteri più limitati. Ora, da un lato è giusto che il Parlamento abbia un suo organo tecnico, appunto in quanto ha un forte potere decisionale. In questo senso, il riferimento al caso americano è corretto. Per altri aspetti, però, rimanendo il nostro un sistema parlamentare fondato su ampie e complesse coalizioni, quest'organo non può avere quella fisionomia, quella determinazione che ha negli Stati Uniti dove si fronteggiano il potere del Presidente e quello del Congresso. L'esperienza del CBO non è del tutto priva dilati negativi, pur se oggi nessuno negli Usa ne contesta il valore. Infatti, anche l'esperienza statunitense insegna come sia reale, in certi momenti, il pericolo che sull'organo tecnico si scarichino tutte le tensioni del processo decisionale. Se questo è vero nel sistema istituzio-

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riale degli Stati Uniti, che ben conosce la realtà di organismi indipendenti (il cosiddetto « fourth branch » del sistema di Governo), mi chiedo se nel sistema italiano un organo analogo avrebbe lo spazio giusto per operare. Infine, tornando al ragionamento iniziale, c'è un'altra questione: l'istituzione di un simile organo tecnico significa aver deciso che all'« area » Tesoro e alla Ragioneria in particolare è da riconoscere lo status di semplice organo dell'Esecutivo con funzioni esclusivamente strumentali alle decisioni e non uno status particolare con funzioni anche di monitoraggio neutrale nei confronti dell'Esecutivo e del complesso del sistema pubblico? Comunque, è ormai indispensabile uscire da un dibattito avviato oltre dieci anni fa. Realisticamente se ne può uscire attraverso una snella struttura di coordinamento dei possibili apporti che possono dare al Parlamento diverse istituzioni già esistenti ed operanti. Esistono istituzioni che sono legislativamente bifronti: cioè possono rispondere a Governo e Parlamento. Si pensi all'ISTAT, all'ISPE, alla Commissione tecnica per la spesa pubblica. Per non parlare del ruolo particolare, anche in termini costituzionali, della Corte dei conti. Un primo passo da fare alla svelta e che in ogni caso non sarebbe ipotesi alternativa, quanto semmai propedeutica, a quella di un CBO italiano è creare una « stanza di compensazione » degli apporti di questi vari organismi, apporti da sollecitare e programmare.

D. Al di là del problema dei rapporti fra Parlamento e Governo e in ordine


al problema dell'art. 81, recentemente sollevato anche dal Ministro per i problemi istituzionali, Maccanico, è stata presentata in Parlamento una proposta di legge relativa alla legittimazione della Corte dei conti a sollevare la questione di illegittimità costituzionale di leggi o di atti aventi forza di legge. Un problema all'ordine del giorno a partire dalla sentenza della Corte Costituzionale del 1966 e che, in sostanza, pone l'esigenza di attribuire alal Corte dei conti la possibilità di accesso « diretto » e non « incidentale » alla Corte Costituzionale. R. Alla domanda non posso rispondere senza ampliare l'orizzonte del discorso perchè essa richiama il problema della Corte dei conti nel suo complesso. Problema che va considerato con lucidità e rigore intellettuale. Innanzitutto due constatazioni che possono facilitare ad intendere quanto poi dirò. La prima è questa: la Corte dei conti ha ormai le dimensioni di 'un Ministero medio-grande e tale è diventata in ragione della molteplicità dei suoi compiti. Seconda constatazione: pur in mezzo a compiti molteplici, la Corte rimane l'organismo principe cui fanno capo le funzioni del controllo. Così vuole la Costituzione. Cosa intendo dire con queste due constatazioni? Voglio dire che il contributo della Corte al riequilibrio della finanza pubblica non è facile a realizzarsi in mezzo ad una realtà istituzionale qual'è quella della Corte non priva di stridenti contraddizioni e certo appesantita da compiti inutili o superati. Eppure nella situazione della 'finanza pubblica, che è drammatica se si pensa alla dimensione del debito pubblico, il contributo della Corte è essenziale.

Credo che bisogna porsi poi questo quesito: è possibile avere un organo di controllo degli apparati pubblici, distinti nei vari sotto-sistemi dell'Amministrazione, che non abbia compiti assai precisi e mirati? Personalmente ritengo che non sia possibile, pena la privazione tout court che subisce il sistema della finanza pubblica di un efficace meccanismo finale di regolazione e controllo. Allora vale riflettere su un paradosso storico. La, Corte dei conti è nata e tradizional•mente ha operato come organo di controllo della Pubblica Amministrazione in termini di legittimità, cioè di legalità dell'azione amministrativa. Ebbene, chi oggi potrebbe sostenere che un controllo di mera legalità dell'azione amministrativa possa salvaguardare l'equilibrio della finanza pubblica? Nessuno, se è vero, come è vero, che la finanza pubblica è uscita fuori controllo anche e soprattutto per effetto dileggi. Dal momento in cui, le 'leggi non hanno più rispettato il vincolo dell'equilibrio di bilancio, il controllo sull'azione amministrativa come controllo di pura legittimità può essere ininfluente ai fini del controllo della finanza pubblica. E' la « crisi della legge » che ha portato a questa contraddizione. In passato, insisto, si sarebbe potuto immaginare che l'organo di controllo pur muovendosi sul piano della pura 'legittimità (per molti altri aspetti insufficiente) facesse rispettare le norme di equilibrio della finanza pubblica. Oggi questo non è più vero, perché in questi decenni le leggi non hanno più rispettato le regole dell'equilibrio. E' in questo contesto che va posta la que-

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stione della violazione dell'art. 81 della Costituzione come motivo di rinvio delle leggi all'esame della Corte Costituzionale per iniziativa della Corte dei conti. Personalmente ritengo che l'art. 2 della legge finanziaria dell'88 e la stessa presa di posizione della Corte dei conti nel referto dell'ottobre 1987 al Senato sulla copertura della legge finanziaria ripropongano in qualche modo il problema. La legittimazione della Corte a porre questioni davanti al giudice costituzionale esiste già in diritto positivo: vi sono, infatti, sentenze della Corte Costituzionale che affermano la possibilità da parte della Corte di sollevare la questione di legittimità in caso di violazione dell'art. 81

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anche nell'esercizio dell'attività di controllo. I timori che in altri tempi sorsero in Parlamento a proposito di questa possibilità sembrano, se non scomparsi, assai diminuiti. Basti pensare che la Commissione Bozzi, cioè una commissione parlamentare altamente qualificata, si è espressa tre anni fa a favore del giudizio di costituzionalità per violazione dell'art. 81 promosso dalla Corte dei conti. Comunque, quale che sia la soluzione da dare a questo specifico problema, una cosa è certa. Senza organo di chiusura del sistema anche le nuove norme dell'art. 2 della finanziaria sono appese ad un filo molto tenue che può spezzarsi al primo colpo di vento.


Finanziaria in Parlamento e crisi di Governo. Le tre (e più) versioni della legge per il 1988 di Daniela Felisini

La sessione di bilancio è un periodo destinato al dibattito di politica economica. O meglio: sembra che la politica economica, che in ogni caso è oggetto di disputa e di decisioni ogni qualvolta le contingenze la iscrivono nell'agenda politica, trovi al momento delle decisioni di bilancio un momento di ricapitolazione e di indirizzo. Di fatto è proprio così? Come si svolge il dibattito sulla politica economica e 'finanziaria dello Stato? Che rapporto c'è fra il grande dibattere in pubblico e le decisioni concrete che si prendono? Questi sonoT alcuni dei quesiti che è lecito porsi volendo rifare la « storia » di una sessione di bilancio. Qui di seguito la ricostruzione del dibattito e dell'iter decisionale della legge finanziaria e della legge di bilancio per il 1988. Un processo di bilancio fra i più tormentati.

I PRELUDIÒ In molti avevano festeggiato il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica per il 1986, ma qualche voce critica si era levata autorevolmente: per insinuare magari che quei risultati non erano stati raggiunti proprio nei modi desi-

derati. Ecco, ad esempio, la voce del CER. Da un confronto attento tra i dati del settore statale contenuti nella Relazione previsionale per l'86 e quelli del preconsuntivo della Relazione '87 il Centro Europa Ricerche rilevava che le previsioni di uscita erano state superate del 5% circa, sia per le spese correnti che per quelle in conto capitale. Più evidente ancora risultava la sottostima delle entrate, secondo una procedura invalsa da qualche tempo e severamente criticata dalla stessa Corte dei conti. Era questa sottostima che alla fine costituiva il principale fattore dell'andamento positivo del 1986. Senza dire dell'aiuto offerto da una congiuntura favorevole, che aveva esercitato effetti benefici sia sulla base imponibile che su alcune partite finanziarie. Insomma, solo in ultima analisi, il CER veniva a riconoscere che qualche merito poteva essere attribuito anche a « conseguenze più penetranti del previsto di alcune disposizioni della legge finanziaria » per il 1986 (cfr. V Rapporto CER, 1987, pag. 34).

Cosa dicono gli osservatori-previsori Questa valutazione sostanzialmente negativa era stata estesa anche alla legge finanziaria per il 1987. Questa veniva giudicata ancora « più bianda e indifesa »

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della precedente, priva com'era di norme che potessero modificare o riformare la vigente legislazione di entrata e di spesa, modifiche o riforme affidate invece a eventuali e imprecisate « leggi di settore ».

Finanziaria leggera o finanziaria ine//icace? La finanziaria 1987 più che una « finanziaria leggera », come era stata definita, appariva agli occhi di Luigi Spaventa come una legge che non si era data gli strumenti per incidere né sulle entrate né sui meccanismi di spesa. Il CER si chiedeva, pertanto, come si potesse immaginare che l'ambizioso obiettivo di portare il fabbisogno di cassa del settore statale a 100 mila miliardi fosse conseguito meramente « attraverso un attento governo degli andamenti gestionali », come affermava la

Relazione previsionale e programmatica per il 1987 (Camera dei Deputati, Doc. XIII, n. 4, pag. 249). Certo, i fattori congiunturali già rilevati per il 1986 avrebbero potuto far sentire i loro effetti positivi anche sull'esercizio successivo, ma « difficilmente si riusciva a trovare nella Legge Finanziaria '87 la ragione dei miglioramenti previsti ». A cosa era dovuto, dunque, il prefigurarsi per il 1987 della « svolta storica di una riduzione delle spese correnti al netto degli interessi »? Su questa svolta il CER avanzava le più serie perpiessità, mettendo in dubbio l'aflidabilità delle previsioni governative sugli andamenti di cassa anche a causa della sempre minore trasparenza dei conti pubblici. In definitiva, sovrapposizioni contabili e previsioni troppo ottimistiche non riusci26

vano a nascondere i dilemmi della politica economica, come recitava il titolo di un capitolo del Rapporto CER. In un quadro economico generale caratterizzato da un'inflazione decrescente ma pur sempre maggiore che negli altri grandi Paesi CEE, e da un tasso di crescita medio del 3%, soddisfacente ma non tale da far diminuire la disoccupazione, i dilemmi individuati dal CER erano rappresentati da quei vincoli che rendevano difficile e inefficace l'impiego dei due strumenti classici della politica economica, quello fiscale e quello monetario. Infatti, da un lato, l'abituale cattiva gestione dei programmi pubblici di investimento faceva dubitare della validità di una manovra fiscale predisposta a questo scopo. Dall' altro, anche una politica di contenimento dei tassi d'interesse comportava notevoli rischi in vista del già avviato processo di liberalizzazione valutaria. E allora: come intervenire sull'economia italiana senza inasprire un sistema fiscale già difettoso né innescare un processo inflazionistico o, ancora peggio, una nuova fuga di capitali? La domanda restava senza risposta, anche perchè poco più avanti, nel corso dell'anno, una delle due variabili subiva un cambiamento: l'aumento dei tassi d'interesse riportava drasticamente in primo piano il problema del debito pubblico, rendendo poco signif icativi i possibili calcoli « al netto da interessi >. Passando alla manovra finanziaria per il 1988, le prime riflessioni del CER vengono avanzate da Luigi Spaventa, nel corso dell'audizione di fronte alle Commissioni di Camera e Senato riunite insieme, per una valutazione preliminare dei probiemi di politica del bilancio (cfr. Bollet-


tino Commissioni - martedì 6 ottobre '87). In quella sede Spaventa traccia un quadro di relativa stabilità dell'economia internazionale, prevedendo per l'economia italiana un peggioramento della bilancia dei pagamenti e una tendenza alla riduzione dell'inflazione. Esaminando gli effetti della strategia annunciata dal Governo con il disegno di legge finanziaria per il 1988, Spaventa si interroga sulle ragioni che hanno indotto il Governo a ipotizzare una manovra così complessa, che potrebbe avere come effetto un incremento delle •spinte inflazionistiche senza che i redditi da lavoro dipendente e da pensioni - per i quali la manovra è stata pensata - ne possano ottenere benefici consistenti. Quanto al quadro della finanza pubblica, per il quale il CER prevede un fabbisogno per il 1988 attorno ai 116 mila miliardi, Spaventa si dichiara allarmato più che dalla cifra, dalla velocità di formazione del debito.

Che fa il « lento pachiderma »? Anche gli esperti di Prometeia mostrano notevoli perplessità. Della manovra governativa, tutta incentrata sulle imposte indirette, si temono gli effetti negativi sui prezzi e quindi sul processo di rallentamento dell'inflazione. Se nel valutare la Finanziaria '87 Prometeia si era definita moderatamente ottimista e aveva parlato della finanza pubblica come di un « lento pachiderma » (cfr. Prometeia, Rapporto di previsione, dicembre 1986, pagine 21-22), appesantito da uno straordinario debito pubblico ma ormai liberato dalle caratteristiche esplosive dei primi anni Ottanta,

per l'88 gli esperti di Bologna non sono altrettanto ottimisti. Mentre nel dicembre 1986, basandosi sul relativo miglioramento dei conti pubblici, potevano auspicare l'impostazione di due grandi manovre - la fiscalizzazione degli oneri sociali e «una crudele revisione delle spese al fine di creare una nuova capacità produttiva » - alla fine del 1987 intitolano un capitolo del loro Rapporto « Dilemmi e frustrazioni del policy-maker» (cfr. Prorneteia, Rapporto di previsione, settembre 1987). Le cifre sembrano dar loro ragione: l'iriaspettato aumento dei tassi d'interesse dell'agosto 1987 ha riproposto «lo spettro dell'onere del debito pubblico », con una spesa per interessi passivi che Prometeia prevede di 89000 miliardi nell'88 e addirittura di 108500 miliardi nel 1989. Gli ele-. vati tassi d'interesse appaiono dunque « come la causa principale dello squilibrio dei conti pubblici nel prossimo biennio ». Da ciò discende, secondo Prometeia, il principale problema per il policy-maker: la difficoltà di inasprire ulteriormente la pressione fiscale si scontra con i vincoli valutari e finanziari opposti ad una eventuale riduzione dei tassi. Nella manovra impostata dal disegno di legge finanziaria il fabbisogno pubblico previsto sembra il risultato di due azioni che, anziché integrarsi, si contrastano a vicenda, finendo con avere un impatto nullo sul livello del disavanzo. In una situazione in cui la permanenza di tassi reali elevati rende scarsamente significativo o irrealistico prendere in considerazione un disavanzo al netto degli interessi, sembra a Prometeia che manchi nella manovra finanziaria ipotizzata per l'88 la indicazione di misure praticabili per per27


venire ad una riduzione del costo reale del debito. In alternativa Prometeia invita a riflettere sulla possibilità di diversificare i mezzi di copertura e propone una normativa più rigorosa per il buon funzionamento dei mercati finanziari.

L'ATTEGGIAMENTO DEI SINDACATI

E il sindacato? Quali differenze si possono riscontrare tra le posizioni prese nell'estate-autunno '86 e quelle dell'87? Nei mesi di agosto e settembre del 1986 tanto i sindacati che la Confindustria sembravano affilare le armi in vista della Finanziaria. Alla notizia di una possibile riduzione della fiscalizzazione degli oneri sociali per le imprese, Paolo Annibaldi aveva annunciato che questo avrebbe ristretto gli spazi per gli aumenti salariali chiesti dai sindacati e che la Confindustria, anche per questo, si preparava ad una maggiore centralizzazione dei negoziati. Il sindacato aveva sì risposto minacciando la lotta, ma sembrava allarmato più che altro dalla centralizzazione delle trattative. Naturalmente, gli industriali ribattevano sul tasto del contenimento del costo del lavoro: risanamento della finanza pubblica e incremento dell'occupazione, obiettivi prioritari annunciati del Ministro del Tesoro, non avrebbero avuto senso se non saldati ad un'accresciuta competitività del sistema produttivo. L'eu/oria dell'86 Lo stesso giorno (31 agosto) Ottaviano Del Turco, della CGIL, dichiarava all' Avanti! di essere assai poco persuaso dal28

l'ipotesi di uno sciopero generale e auspicava una regolarizzazione dei rapporti con la Confindustria. Nel complesso, nonostante il lancio del guanto di sfida, come di prammatica, il sindacato non sembrava veramente deciso a scendere in campo. Come resistere, d'altra parte, al clima d'euforia per un quadro economico che la maggioranza dei commentatori dipingeva con le tinte più rosee? Come restare immuni dall'ottimismo generale, che cantava « il risanamento dell'economia, con un'inflazione sotto al 6%, una Borsa che tira, e prezzi del petrolio e delle altre materie prime a buon mercato »?. Stava prendendo consistenza una grande illusione: che il Governo Craxi avesse risolto i nodi strutturali dell'economia italiana. E ciò spingeva persino i sindacati, e in prima fila ovviamente la UIL e la componente socialista della CGIL, ad assumere un atteggiamento di apertura nei confronti della Finanziaria 1987. Così Del Turco, chiedendo che il sindacato facesse sentire la propria voce nel dibattito parlamentare, puntava molto sulla riforma del sistema fiscale, che appariva come l'unico mezzo per conservare il Wel/are State conquistato dai lavoratori e risanare la finanza pubblica senza i tagli minacciati dal Ministro del Tesoro Goria. Pochi giorni dopo gli faceva eco Benvenuto, che si dichiarava innanzitutto preoccupato che la « professionalità dei ceti medi» non venisse troppo mortificata da un « fisco rapace », capace di utilizzare le nuove entrate solo per riparare colpe e magagne di uno Stato incapace di risanarsi. Entrambi i sindacalisti non lesinavano elogi al Mi-


nistro delle finanze Bruno Visentini. Al quale veniva assegnato il compito di sterminare l'evasione fiscale, entro il quadro del ruolo fiscale dello Stato, che lo stesso Visentini aveva disegnato. Insomma, all'orizzonte della Finanziaria '87 non si profilavano nubi troppo minacciose. Quasi quasi, si cominciava a pensare che fosse possibile risanare la finanza pubblica senza scontentare nessuno. fl Ministero del Tesoro aveva reso pubblico alla fine d'agosto '86 un documento intitolato Una politica per l'occupazione e il risanamento, ripreso con gran rilievo dai giornali. Da Mondo Economico (8 settembre 1986, Prima risanare per crescere ancora) all'Avanti! (1.9.1986, Il risanamento finalizzato a creare nuovi posti di lavoro) tutti sembravano convergere sull'ipotesi di uno Stato che, trovandosi ormai sulla via della guarigione dai propri mali di bilancio, poteva nuovamente dedicarsi ad una funzione di stimolo all'economia.

talità delle imprese. Dal canto loro, i sindacati considerano la manovra come un semplice tampone « inutile e dannoso ». L'immagine non è molto nuova né efficace (come non lo è la manovra, del resto). Ma tant'è: dalla Festa Nazionale dell'Unità le tre Confederazioni lanciano la minaccia di uno sciopero gene-. rale se il Governo confermerà la linea annunciata. L'ostilità delle tre Confederazioni riguarda le misure riguardanti i settori previdenziale e sanitario e la perdurante inerzia a proposito dell'evasione fiscale. Mentre esse mostrano i.nvece comprensione e difendono scelte, per molti versi discutibili, quali la tassa sulla salute. E ciò per allontanare dai lavoratori dipendenti una nuova pressione fiscale. Dunque, i provvedimenti che hanno preceduto la Finanziaria non lasciano intravedere nulla di buono. Il fabbisogno pubblico è tornato prepotentemente alla ribalta come problema numero uno della 'finanza pubblica, il Governo si trova subito a dover cercare spluzioni urgenti.

Un anno dopo: cambiano del tutto le aspettative e gli umori.' Ben diverso il quadro un anno dopo. La Finanziaria '88 non ha mai conosciuto un clima di aspettative positive. Appena creato il Governo Goria, qualche tempo dopo l'inizio della X Legislatura e dopo il breve Governo elettorale di Fanfani, i primi provvedimenti governativi (presi negli ultimi giorni di agosto) suscitano immediatamente le proteste di Confindustria e sindacati. Gli industriali temono che la cosidetta « mini-stangata » non si limiti a raffreddare i ritmi della domanda interna ma finisca con l'avere un vero e proprio effetto raggelante sulla vi-

QUALE MAGGIORANZA PER LA FINANZIARIA

'88?

La stretta di fine agosto, effettuata con l'evidente intenzione di racimolare fondi laddove possibile, viene dunque accolta da critiche e commenti poco benevoli. E si sprecano sommarie proposte alternative: « tagli alle spese sociali »; aumenti per IVA, benzina e sigarette; imposta patrimoniale sulla casa. E non pochi premono per una bella svalutazione della lira. Il partito repubblicano sin dai primi di 29


settembre prende le distanze dalla linea economica del Governo Francesco Forte raccomanda di non continuare ad abusare dello strumento fiscale e di provvedere a pesanti tagli della spesa pubblica. Il Presidente Goria e il Ministro Amato, da parte loro, cercano di smorzare le polemiche intorno alla manovra d'agosto, ritenuta indispensabile innanzitutto per frenare i consumi, e poi per riportare il fabbisogno statale '87 un pò meno lontano dall'obiettivo previsto di 100000 miliardi. Il cammino verso il 30 settembre, scadenza ultima per la presentazione della legge, si profila irto di difficoltà: dall'opposizione comunista arrivano ripetuti avvertimenti circa la pericolosità dei tagli alla spesa sociale (cfr. M. Ghina, Tasse e ri/orme. Intervista a Vincenzo Visco, « Rinascita » 31 agosto 1987), mentre nessun ministro si dimostra disposto a ridurre le spese della propria area di competenza. Il PLI si dichiara d'accordo con l'orientamento fondamentale in favore dell'invarianza fiscale, con uno spostamento di peso fra imposizione diretta ed indiretta, più volte illustrato dal consigliere del Ministro del Tesoro, Antonio Pedone. L'ipotesi di una riduzione della tassa sulla salute sembra soddisfare il segretario liberale Altissimo, che però non scende in dettaglio sulle questioni della sanità e della finanza locale, punti scottanti e non ancora precisati della manovra governativa. A spezzare una lancia in favore della manovra di agosto interviene l'ex governatore della Banca d'Italia Guido Carli. A suo parere la manovra è necessaria per compensare gli squilibri della libe-

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ralizzazione valutaria, peraltro irrinunciabile nella strada dell'integrazione comunitaria.

Anche gli economisti scendono in campo Pian. piano economisti di rango, esperti di categoria e uomini politici scendono tutti in campo. Si ridà vita anche questa volta al dibattito di politica economica che nel nostro Paese sembra risvegliarsi in occasione della annuale sessione del bilancio. All'inizio un pò disordinatamente la discussione s'accende e presenta subito alcune posizioni poco morbide. Mariano D'Antonio propone una «manovra selettiva della spesa pubblica, tesa a contenere drasticamente le spese correnti e a privilegiare gli investimenti pubblici, specie nel Mezzogiorno » (cfr. M.

D'Antonio, Una nuova politica di bilancio, « Il Mattino » 14 settembre 1987). Nino Andreatta dichiara una lotta senza quartiere al disavanzo pubblico. In un breve articolo apparso su « Sole 24 Ore » del 23 settembre 1987, egli sostiene che vincere l'assuefazione alla droga del disavanzo risolverebbe i mali più profondi dell'economia italiana, con il conseguente calo dei tassi d'interesse e la ripresa degli investimenti veri. Ma qual'è la soluzione proposta? Sul versante della spesa: niente più aumenti ai dipendenti pubblici, già abbastanza beneficiati nell'87; azzeramento del fondo globale per le spese correnti, in modo da non far passare nuove leggi senza prima avere coperture effettive; rivoluzione del sistema previdenziale; e, da ultimo, alienazione di buona parte del demanio pubblico, a patto che i proventi vengano destinati alla riduzione dello stock del debito e non ad


un'illusoria copertura dei flussi di fabbisogno. Tra economisti per lo più su posizioni di rigore, sindacati preoccupati e industriali all'attacco irrompe infine, intervenendo a Capri ad un convegno, l'amministratore delegato della FIAT Cesare Romiti. Al quale piace evocare una immaginaria guerra ideologica tra imprenditori e politici, questi ultimi accusati di « rigurgiti anticapitalistici ». Nel suo equilibrio instabile, il Governo Goria procede arrancando nell'elaborazione della Finanziaria. E' nella seduta del 24 settembre che il Consiglio dei Ministri approva i disegni di legge finanziaria e di legge di bilancio per il 1988 nonché la Relazione previsionale e programmatica.

2 LINEE INIZIALI DELLA MANOVRA

La manovra di bilancio si inserisce in uno scenario che la Relazione previsionale indica per l'88 con le seguenti cifre: crescita del PIL del 2,8% reale; inflazione media al 4,5%; sostanziale equilibrio della bilancia dei pagamenti correnti. La manovra appare complessa, soprattutto dal punto di vista delle en. trate: l'« azione equilibratrice » prevede contestualmente la modifica delle aliquote IRPEF e un aumento delle imposte indirette. Il che non è semplice. Anche le nuove regole per una più corretta amministrazione della macchina statale (ad es. graduale azzeramento delle sovvenzioni alle Ferrovie e riorganizzazione delle Poste) sòno ambiziose e di attua-

zione complessa, anche per la frammentarietà dei numerosi provvedimenti di accompagnamento, esposti al tiro incrociato delle lobbies parlamentari più disparate. Su un punto in particolare si accende il dibattito: il Ministro del Tesoro propone di abolire il fondo globale della spesa corrente, fatta eccezione per una quota di 1.500 miliardi lasciata a disposizione per i provvedimenti legislativi più urgenti. L'iniziativa di Amato scatena il classico putiferio: ciascun ministro, temendo che gli si vogliano tagliare i viveri, si affretta a esibire le esigenze del proprio dicastero affastellando richieste più o meno giustificabili. Ma il Ministro del Tesoro sembra irremovibile: il tetto del disavanzo pubblico deve restare entro i 109.000 miliardi. Sulla Finanziaria '88 appare estremamente difficile trovare un accordo: le conclusioni del Consiglio dei Ministri del 24 settembre, apparentemente definitive, vengono smentite subito dopo dal faticoso iter, entro l'Esecutivo, che porta alla presentazione della legge in Parlamento. La legge viene consegnata al Presidente del Senato Spadolini solo all'ultimo momento, a poche ore dal termine fissato della mezzanotte del 30 settembre, e nel contempo ilGoverno rinvia il varo di tutte le leggi di accompagnamento, previste per integrare la nuova finanziaria cosiddetta leggera. Ritardi e rinvii sono una caratteristica ben nota della prassi degli anni precedenti. Ma quale ne è la causa questo anno? Come al solito gli uffici legislativi si sono trovati impegnati, dopo la seduta del 24 settembre, in un'opera di ritocchi al punto da far parlare quasi di 31


una integrale riscrittura della Finanziaria. sociano, parlando di « una palese violaDiverse versioni provvisorie della legge zione degli accordi di governo » e adomsono circolate tra gli addetti ai lavori e brando una richiesta di dimissioni del i giornalisti. E fino all'ultimo i contorni Presidente del Consiglio. precisi degli interventi di finanza pubblica per il 1988 sono rimasti incerti. Una bocciatura da parte Tanto che alcune delle notizie date per della Banca d'Italia? certe al termine del Consiglio dei Ministri del 24 settembre, risultano poi com- Il Governatore della Banca d'Italia vie pletamente modificate. Ad esempio, pro- ne sentito dalle Commissioni Bilancio di prio il tanto dibattuto fondo globale per Camera e Senato, insieme riunite per la le spese correnti, di cui si era inizialmen- consueta indagine conoscitiva nel corso te suggerito l'azzeramento o almeno il dell'esame della Legge di Bilancio 1988. In questa occasione Carlo Azeglio Ciamforte contenimento, è stato addirittura aumentato di 1.000 miliardi. Anche la pi si dichiara preoccupato. In particolare, la manovra fiscale « concentrata sulle relazione previsionale e programmatica, con cui il Governo indica il quadro gene- imposte indirette » potrebbe provocare rale di riferimento ed i grandi obiettivi effetti « meccanici » di rialzo dei prezzi. di politica economica, figura ritoccata più Meglio sarebbe una manovra decisamente orientata a ridurre le aree di elusione volte. Se la prima fase dell'elaborazione della ed evasione fiscale. In ogni caso, anche legge Finanziaria '88 si chiude quindi riuscendo a contenere il deficit pubblico in modo confuso, subito dopo il Consi- '88 entro l'obiettivo dei 109.000 miliarglio dei Ministri del 6 ottobre sembra di, sarebbe ugualmente necessario un autornare all'attacco approvando un cospi- mento delle emissioni lorde di titoli di cuo pacchetto di disegni di legge di ac- Stato: « l'ammontare dei titoli in scacompagnamento: per le imprese nuovi denza - precisa Ciampi — può essere interventi di fiscalizzazione degli oneri stimato in 350.000 miliardi circa, valore sociali e rivalutazione dei cespiti azien- pari ad un terzo del PIL. Solo per assicurare il rinnovo del debito saranno nedali, ma anche inasprimento della tassazione nelle plusvalenze per la vendita cessarie in media ogni mese nuove emisdi partecipazioni azionarie di società non sioni lorde per circa 30.000 miliardi, e quotate; per le famiglie, aumenti degli ad esse vanno aggiunte le emissioni volte assegni familiari dal luglio '88. Nell'am- a finanziare il fabbisogno dell'anno ». bito di una manovra tributaria molto ar- Le preoccupazioni del Governatore venticolata, vengono approvate proposte per gono riportate dalla stampa con un granl'alleggerimento delle aliquote IRPEF, lo de risalto. I giornali danno spazio alle aumento delle tasse automobilistiche e critiche, cercando quasi di montare un della ritenuta sui depositi bancari, e la vero e proprio scontro tra Governatore riduzione (— 0,5%) della discussa « tas- e Ministro del Tesoro, che in alcuni casi sa sulla salute ». Sulle modalità di que- viene addirittura interpretato come uno scontro tra Banca d'Italia e Partito Sost'ultimo provvedmiento i liberali si dis32


cialista (cfr. « La Repubblica », 8 ottobre 1987). La messa a punto del Ministro Amato non si fa attendere. Il 9 ottobre tutti i giornali pubblicano questa dichiarazione: « Il Governatore della Banca d'Italia ha acceso una miccia che, a quanto mi risulta, è andata ben oltre le sue intenzioni ». Amato vuole in questo modo rimproverare i giornalisti per aver alzato un polverone inopportuno o pensa che Ciampi abbia mal dosato il suo intervento? In ogni caso, egli tiene a sottolineare gli argomenti di difesa della Finanziaria: lo approccio è « gradualista », visto che la situazione politica e sociale non permette scelte ispirate a maggior rigore, ma le proiezioni di entrata e di spesa sono, al contrario che per il 1987, assai realistiche. Dunque: si è tentato di rendere più difficile l'approvazione di nuove e maggiori spese, la pressione fiscale è stata accresciuta di un punto, si è cercata una distribuzione più equilibrata tra imposte dirette ed indirette. I rischi di « un'inflazione da IVA », sottolineati dal Governatore, sono tuttavia innegabili e la mina del debito pubblico è tutt'altro che disinnescata. Negli stessi giorni, il Ministro delle Finanze Antonio Gava, sentendosi chiamato in causa dalle critiche di Ciampi, replica al Senato e nega che l'inasprimento fiscale possa provocare un rialzo dei prezzi. Un'affermazione che non sembra convincere nemmeno alcuni tecnici del Tesoro. Per esempio, l'aumento dell'imposta sui tabacchi può avere, secondo Antonio Pedone, consigliere economico del Ministro del Tesoro, un impatto negativo sul costo della vita, pur senza fornire

all'erario un incremento considerevole del gettito.

LE CRITICHE DELL'OPPOSIZIONE E QUELLE DELLA MAGGIORANZA

Sulla sponda dell'opposizione Alfredo Reichlin preannuncia un'opposizione « molto radicale » del PCI e contesta che la vera causa del deficit pubblico sia l'eccessivo aumento delle spese correnti. A suo avviso, lo Stato si è mostrato troppo indulgente verso l'evasione fiscale e la rendita finanziaria e ha curato di più gli interessi dei grandi gruppi industria-li che quelli del proprio bilancio. Per risolvere la « combinazione esplosiva tra miseria pubblica ed enorme ricchezza privata », il PCI propone lo spostamento delle risorse da rendite a investimenti produttivi, la riforma fiscale, la riduzione dei tassi d'interesse. Ma le critiche più dure al progetto di legge di bilancio arrivano proprio dagli alleati di governo. Il segretario liberale Altissimo, prendendo spunto dagli « scarsi consensi » che la legge ha incontrato presso le autorità monetarie, annuncia un duro impegno in Parlamento per modificare l'impostazione stessa della legge: occorre ridurre le spese e non aumentare le entrate. I repubblicani a loro volta accusano la Finanziaria di non contenere alcuna misura di carattere strutturale che concorra a definire un quadro complessivo di risanamento. La legge non costituisce un argine sufficiente contro il deficit pubblico e rischia di essere ulteriormente indebolita dalle contrattazioni parlamentari. Visentini, or33


mai libero da impegni di Governo, può dire finalmente la sua all'ex-collega Goria: « Nei cinque anni di gestione dell'On. Goria al Tesoro, e cioè alla responsabilità centrale della spesa e della politica finanziaria dello Stato, l'indebitamento statale è aumentato ogni anno di cifre fra il 12 e il 15% del PIL, calcolato comprendendo (con ardite stime) la economia sommersa ( ... ) La situazione appariva abbandonata a forze inerziali e lo spropositato incremento dell 'indebitamento pubblico sembrava fosse considerato come un naturale svolgimento delle cose, nella fiducia che il metodo di coprire con nuovi debiti il pagamento dei vecchi debiti, il pagamento degli interessi e una parte della nuova spesa, avesse possibilità di svolgersi all'infinito e senza limiti (cfr. B. Visentini, L'incubo del debito pubblico. « La Repubblica », 16 ottobre 1987). Partendo da questa analisi il Senatore repubblicano manifestava le più nere preoccupazioni per l'indebitamento statale e mostrava di apprezzare la proposta di Amato per limitare il fondo spese correnti. Anche tra i democristiani, che complessivamente difendono la Finanziaria e la sua matrice politica, cominciano ad affacciarsi obiezioni e « distinguo », relativi soprattutto alla politica fiscale e ai metodi di risanamento degli enti pubblici. Paolo Girino Pomicino, Presidente della Commissione Bilancio della Camera, lamenta che il Mezzogiorno sia stato emarginato dalla Finanziaria. Nè basta a convincerlo del contrario la riunione svoltasi a Palazzo Chigi il 14 ottobre con i presidenti delle regioni meridionali per verificare il « coordinamento tra intervento ordinario e straordinario nel Mezzogiorno ». 34

Ben più aspre e globali le critiche del Senatore Andreatta, in primo luogo circa la portata della riduzione delle imposte dirette a fronte di un aumento di quelle indirette. La manovra può soddisfare i sindacati, ma presenta forti rischi di inflazione e lascia lo Stato senza « riserve fiscali », in presenza di un bilancio con un equilibrio molto precario. Secondo Andreatta attraverso il disegno di legge finanziaria si cerca di tenere conto di troppe e troppo diverse esigenze. Per avviare un vero processo di risanamento è necessario « aumentare le imposte per far diminuire i consumi privati e ridurre la spesa pubblica ». Si deve smascherare « la contraddizione di chi propone ogni anno emendamenti per decine di migliaia di miliardi per aumentare la spesa pubblica e poi si lamenta che il deficit pubblico è alto ». Con un'affermazione solo apparentemente paradossale, Andreatta si dichiara «convinto che ogni lira di investimento pubblico in più è una lira spesa per ridurre i livelli di occupazione nel Paese, e che gli effetti sugli interessi e sul credito dell'errata spesa pubblica producono un taglio di occasioni, di investimenti, di occupazione nei settori produttivi dell'economia » (cfr. Intervista ad Andreatta a cura di F. Schneider, « La Discussione », 3 ottobre 1987). Al di fuori del mondo politico, sia la Confindustria che buona parte dei sindacati criticano l'impostazione della politica economica per il 1988. Il sindacato non vede nella Finanziaria alcun elemento positivo per la soluzione dei problemi occupazionali, mentre gli industriali, non avendo ottenuto una più consistente fiscalizzazione degli oneri sociali, minacciano nuovamente di ridurre i margini contrattuali. Nel coro di critiche, rarissime voci si le-


vano a sostegno della Finanziaria: Sabino Cassese, in « La Stampa », difende i meccanismi di risanamento previsti dalla legge (limitazioni del fondo spesa corrente; diminuzione delle erogazioni ai servizi pubblici; determinazioni di standards più razionali in campo sanitario), ipotizzando che l'attacco alla Finanziaria derivi soprattutto da una certa insofferenza alle restrizioni proposte. In sostanza, la maggioranza si presenta stanzia1mente divisa nel momento in cui inizia il dibattito in Senato. Così, a metà ottobre, mentre la Commissione Bilancio decide di affidare ad un comitato ristretto il compito di trovare dei punti comuni in vista del confronto in aula, i liberali avviano un vero e proprio braccio di ferro sulla tassa sulla salute. E la DC, chiamata ad arbitrare tra le richieste del PLI e gli orientamenti del Tesoro, si mostra disposta a raggiungere un accordo su posizioni intermedie. Inizialmente i democristiani sostengono la proposta di Andreatta di portare la tassa sulla salute al 4%, destinando un ulteriore versamento, detraibile dalle tasse, al finanziamento di mutue autonome di categoria. Ma subito dopo la scelta sembra troppo ambiziosa e lo stesso capogruppo DC al Senato, Nicola Mancino, e il suo vice Gianfranco Aliverti propongono una pura e semplice riduzione della tassa sulla salute. I democristiani trovano concordanze anche con i repubblicani i quali, quasi smentendo la loro tradizione in fatto di austerità, puntano allo stralcio delle norme per l'abolizione di 36.000 posti letto negli ospedali, previste tra i provvedimenti paralleli alla Finanziaria.

IL LUNEDI' NERO

A bloccare per qualche tempo tutte le richieste ed i « cahiers de doléances » relativi alla Finanziaria arriva, il 19 ottobre, l'ormai famoso lunedì nero. Il crollo della Borsa di Wall Street e le conseguenze internazionali dell'evento propongono una situazione nuova di cui il Governo non può non tenere conto. La discesa del dollaro rende più difficile le nostre esportazioni e l'inflazione, che mostra cenni di ripresa in tutto il mondo, rischia in Italia di ingigantire ulteriormente la spesa del Tesoro per interessi, che già si preannuncia in crescita preoccupante per il 1988-89. L'aumento dell'inflazione rilevato per il mese di ottobre mette in discussione le previsioni per il prossimo esercizio, e i nuovi aumenti dell'IVA fanno presagire per fine anno un ritmo tendenziale di aumento dei prezzi del 6%. Tanto l'Ufficio Studi della Confindustria che Prometeia si dichiarano sicuri che il tasso d'inflazione medio previsto dal Governo verrebbe superato di almeno due punti. Innocenzo Cipolletta, responsabile dell'Ufficio Studi della Confindustria, si mostra, tuttavia, parzialmente ottimista, auspicando che l'impatto sui prezzi degli aumenti IVA non subisca un processo di amplificazione. Ai consumatori andrebbe ben spiegato il vantaggio degli sgravi sulle imposte dirette: questi potrebbero costituire, infatti, un buon compenso per gli aumenti dei prezzi. Ma i rischi maggiori di un'impennata dell'inflazione li corrono i conti pubblici (tarati su una previsione del 4,5%): le conseguenze più immediate di una maggiore inflazione si sarebbero abbattute sui tassi d'interesse e, dunque,

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sul costo del debito pubblico, già gravato di oneri per oltre 80.000 miliardi. Questi equilibri assai problematici, posti ancor più in luce dagli avvenimenti borsistici internazionali, mettono in ulteriore allarme i vertici della Banca d'Italia. In un discorso pronunciato a Roma il 24 ottobre, in occasione del 300 Congresso dei Cambisti del Forex, Ciampi analizza i punti di forza ed i rischi per l'economia italiana. In primo luogo sottolinea che la stretta valutaria e creditizia di agostosettembre aveva funzionato, sconfiggendo le tendenze speculative che premevano per una svalutazione. La Banca Centrale, tiene ora sotto controllo la situazione monetaria, ma rimane preoccupata per le tendenze dell'economia reale e per il nodo della finanza pubblica. A fronte di alcuni importanti punti di forza (una struttura produttiva moderna e ricca di iniziative, un tasso di risparmio privato ad altissimi livelli, un sistema creditizio articolato), il Governatore indica l'insidia dell'inflazione che, per il concorrere di fattori esterni ed interni, sta risalendo per la prima volta dal 1982. Per circoscrivere il fenomeno si impone l'intervento congiunto di politiche dei redditi, fiscale e monetaria, anche per limitare gli ulteriori danni che l'inflazione può provocare sulla finanza pubblica, vero e proprio « mal sottile » del paese. Lo squilibrio reale e finanziario dei conti dello Stato «investe l'intero sistema economico e sociale », e va dunque affrontato con determinazione.

Il Governo ci ripensa Appare così evidente la necessità di una rielaborazione della manovra economica del Governo. La strada non si proflia facile: dopo l'alt imposto alla Finanziaria 36

n. i dal Senato e dalla Corte Costituzio-

nale (quest'ultima per quanto riguarda la tassa sulla salute 2 lo scontro tra i partiti minaccia di divenire più acceso di prima, soprattutto in vista di una legge di bilancio più restrittiva. Ai primi di novembre il Governo viene a trovarsi in una posizione veramente difficile: Finanziaria '88 da riscrivere, fallimento in seno al Consiglio dei Ministri della legge di regolamentazione dello sciopero e avvicinarsi dei referendum (fissati per l'8 novembre) che avrebbero bloccato per vari giorni l'attività parlamentare. Il fattore tempo assume un'importanza fondamentale. In Senato si devono risolvere i nodi procedurali per la riconvocazione della Commissione Bilancio in tempo utile prima del dibattito in aula, il cui svolgimento è previsto tra il 10 e il 25 novembre. Solo osservando queste scadenze sarebbe possibile cercare di rispettare anche alla Camera i termini della discussione, scongiurando il temuto ricorso all'esercizio provvisorio. Numerosi giornali scrivono che gli avvenimenti finanziari internazionali non sono che un pretesto per modificare una legge di bilancio inadeguata sin dall'inizio. In effetti, al di là degli esercizi di « dietrologia », già dal 23 settembre, all'apparire dei dati mensili sull'inflazione in cinque città campione del centro-nord, era squillato un primo campanello d'allarme: rispetto al previsto + 0,5% c'era stato un aumento dello 0,9%. Anche le previsioni di sviluppo economico per i prossimi due anni (per il 1988 il 2,2% e per il 1989 il 2%) mostrano una netta diminuzione rispetto ai tassi registrati dal 1984 al 1987. Pur riconoscendo concordemente la necessità di correggere la rotta, tra i verti)


ci del Governo e alcuni esponenti della maggioranza si vanno rimarcando divergenze sostanziali circa le modifiche da apportare alla legge di bilancio '88. Il Ministro del Tesoro affronta con equilibrio una situazione molto spinosa: pur mostrandosi, nei fatti, disponibile all'autocritica e al cambiamento, non accetta la demolizione totale della Finanziaria prima versione. « Quando è stata impostata la Finanziaria », diceva, « il nostro compito era quello di accompagnare l'economia italiana lungo un sentiero di sviluppo che ancora si poteva tracciare in un orizzonte di stabilità finanziaria e monetaria. Ora questo quadro si è modificato, anzi è stato stravolto, e la Finanziaria non appare più sufficiente a difendere il nostro sistema economico dagli impulsi recessivi e destabiizzanti che dobbiamo aspettarci dall'estero ». Il provvedimento non è tutto da riscrivere, bensì si tratta « di renderlo più incisivo per meglio fronteggiare gli elementi di incertezza provocati dagli sconquassi internazionali verificatisi successivamente al varo da parte del Conglio dei Ministri. Lo scopo è di garantire il contenimento del fàbbisogno e frenare gli impulsi inflazionistici, non certo quello di adottare una strategia recessiva ». Per Amato, nonostante le opinioni di autorevoli esperti, tra i quali anche il suo compagno di partito Francesco Forte, non si deve recisamente ridurre il fabbisogno entro i 100000 miliardi, ma si tratta piuttosto di fissare un obiettivo realistico, da rispettare «in presenza delle spinte inflazionistiche che creano minacce di sfondamento ». Tra i socialisti, in tono ben più drasfico si pronuncia Gianni De Michelis il quale, aI ritorno da un soggiorno negli USA dove ha vissuto i giorni della crisi borsisti-

Ca, parla di « azzerare tutti i conti senza pietà, riducendo l'entità del deficit pubblico perlomeno a 100.000 miliardi ». Anche la Democrazia Cristiana sembra voler apportare molte novità alle proprie p0sizioni, avvicinandosi cautamente alle scelte di rigore del senatore Andreatta. Ma mentre « Il Popolo » (1 novembre 1987) sfuma le posizioni, considerando la legge finanziaria sostanzialmente valida nelle sue linee di fondo, anche se bisognosa di un adeguamento agli andamenti congiunturali, Andreatta tenta di trasformare il « lunedì nero » nella base di un accordo per una severa ricetta di finanza pubblica: « risparmiare 15.000 miliardi ». Torna a suggerire tagli alle spese pubbliche, anche quelle « cosidette di investimento o dettate da motivazioni culturali e pseudoculturali.». Chiede un ritmo più lento di riduzione della tassa sulla salute e una minore larghezza nella rivalutazione dei cespiti patrimoniali delle imprese. E a chi gli ricorda l'importanza del consenso dei sindacati, il senatore democristiano ricorda che il solo impegno del Governo è quello del rispetto della Costituzione. Nell'ambito della maggioranza sembra tuttavia difficile trovare un accordo sulle misure di adeguamento della manovra economica. Le ipotesi di lavoro non mancano: slittamento all'89 degli sgravi IRPEF e dello sconto sulla « tassa sulla salute », ma compensati dai mancati aumenti dell'IVA (secondo il suggerimento del Governatore della Banca d'Italia); un minor « regalo » alle imprese in termini di fiscalizzazione degli oneri sociali. In casa DC si propone persino un condono valutario, che dovrebbe far entrare nelle casse dello Stato circa 2.000 miliardi. Nessuno, tuttavia, vuole assumersi la paternità di misure impopolari, mentre il Ministro del 37


Tesoro e il Presidente del Consiglio si palleggiano la responsabilità di illustrare in Senato i nuovi piani del Governo. I sindacati, allarmati dall'appello di Ciampi in favore del rispetto dei « tetti » previsti per gli aumenti contrattuali, aspettano al varco le modifiche della Finanziaria, tentando di sdrammatizzare i pericoli di una inflazione al 5-6%.

LA FINANZIARIA

BIS

Il 5 novembre Palazzo Chigi annuncia la definitiva rinuncia a conservare gli aumenti dell'IvA e la drastica riduzione degli sgravi IRPEF. Sopravvivono solamente gli aumenti delle detrazioni per il coniuge a carico, per le spese di produzione del reddito e quelle per i redditi da lavoro dipendenti inferiori agli 11 milioni. La manovra annunciata è però, fin qui, quasi a saldo zero: lo Stato risparmia circa 3.800 miliardi sull'IRPEF però se ne perdono 3.300 dal lato dell'IvA. E' indispensabile ridurre ancora il fabbisogno, ma gli strumenti non vengono precisati: si parla di 1.500-2.000 miliardi risparmiati individuando standards più.rigorosi per le prestazioni sanitarie, di ulteriori ritocchi sulla tassa-salute,. di minori trasferimenti alle imprese pubbliche e di un taglio alla fiscalizzazione degli oneri sociali appena concessa. Il Ministro Colombo, nel tentativo di sdrammatizzare il clima politico, sostiene che la riduzione del fabbisogno '88 prevista nella seconda versione della Finanziaria è già un notevole risultato, perchè consentirebbe di diminuire il ricorso dello Stato al mercato, creando così le condizioni per « imprimere un orientamento più quieto ai tassi d'interesse ». 38

Nonostante ogni opera di mediazione, il 10 novembre si presenta come una giornata particolarmente grave per il Governo. L'incontro 'con le confederazioni sindacali non ha buon esito: il movimento anti-Finanziaria minacciato qualche giorno prima da Pizzinato si concretizza. I leaders di CGIL, CISL e UIL, pur in una fase di interne difficoltà e divisioni, trovano una confluenza contro la manovra economica del Governo, considerata recessiva ed incurante dei problemi della occupazione, e stabiliscono per fine novembre quattro ore di sciopero generale. E' uno sciopero politico, il primo da anni contro il Governo. Alla rottura con i sindacati si aggiunge, poche ore dopo, lo scossone dato dai liberali alla maggioranza. Il segretario Altissimo giudica « francamente negativa e non risolutiva dei problemi della finanza pubblica » la nuova manovra di bilancio che rappresenta, sopratutto per quanto riguarda la manovra fiscale, un vero e proprio tradimento degli accordi programmatici della coalizione di governo. In questo clima, minacciando di ricorrere all'arma estrema delle dimissioni, Goria presenta la nuova manovra prima al Consiglio dei Ministri, dove si esce a raggiungere un faticoso quanto precario accordo, e poi al Senato. In questa sede, ove viene fatta notare l'assenza del Ministro della Difesa Zanone, il Presidente del Consiglio illustra cosa è cambiato nel quadro economico finanziario rispetto al mese di settembre costringendo il Governo ad apportare notevoli modifiche per contenere il fabbisogno e contrastare nuovi rischi inflazionistici. La manovra, secondo quanto già anticipato, punta a ridurre il disavanzo a 103.500 miliardi, con un calo di circa


5.500 miliardi sui deficit al netto degli interessi rispetto alle scritture di settembre. Al tempo stesso, per mantenere realizzabile e credibile un obiettivo di inf lazione al 4,5%, il Governo ritiene opportuno rinunciare all'aumento delle aliquote IVA, facendo cessare al 31 dicembre 1987 i temporanei aumenti introdotti in agosto. D'altra parte, venendo meno gran parte dell'incremento di gettito atteso dalle imposte indirette, si deve rinviare una parte degli sgravi di imposte dirette. Si propone dunque di introdurre solo gradualmente gli sgravi IRPEF, limitandosi per il 1988 all'aumento delle detrazioni per il coniuge a carico e per i redditi da lavoro dipendente sotto gli undici milioni e rinviando al 1989 la revisione delle aliquote. Ciò consente di mantenere sostanzialmente invariati i principi di revisione dei meccanismi degli assegni familiari anticipandone anzi l'aumento al gennaio 1988 senza incidere negativamente sul fabbisogno. Ad integrazione viene proposto uno sgravio IRPEF del. 2%, da concedere nel caso che l'inflazione tendenziale a metà '88 rimanga entro il limite del 4,5%. Tale sgravio è coperto con riduzioni di spesa o aumento di altre entrate, e l'impegno trova rappresentazione contabile in un incremento di pari ammontare (circa 900 mld. per il 1988 e 600 mld. per l'89) del fondo globale «negativo». Operazione nella quale il Governo dimostra di aver recepito le indicazioni metodologiche provenienti dalla Commissione Bilancio del Senato. A queste misure è affiancata una manovra di contenimento delle uscite: si riduce di 1000 miliardi la fiscalizzazione aggiuntiva degli oneri sociali in favore delle imprese, che non dovrebbero sen-

tirsi troppo paralizzate, considerati i margini di competitività derivanti dal deprezzamento della lira rispetto al marco. Altri 3.000 miliardi deriverebbero dai tagli di prestiti agevolati per imprese pubbliche (in particolare, Sip, ENEL e ferrovie in concessione), che vengono invitate a rifornirsi direttamente sul mercato per finanziare i propri progetti di investimento. Fondamentale appare la riduzione della spesa sanitarja: accantonata l'ipotesi di un cospicuo r.incaro dei medicinali e di una drastica riduzione del prontuario farmaceutico viene proposto il raddoppio (da 1000 a 2000 lire) del ticket sulla prima ricetta, mantenendo a 4000 lire il contributo del paziente sulla seconda ricetta. Inoltre sarebbe abolita la deducibilità fiscale delle spese per pubblicità e convegni sostenute dalle case farmaceutiche. Tutto ciò, insieme alle riduzioni dello sconto inizialmente previsto per la « tassa sulla salute », sembra consentire un risparmio di 1.500 miliardi. Resta in sospeso la decisione sulla rivalutazione dei cespiti d'impresa, che potrebbe fruttare all'erario 3.000 miliardi, destando però non poche perpiessità perchè rischia di avere un « effetto boomerang » sui costi pubblici del 1989. L'ulteriore discesa del fabbisogno verso « quota 100.000 » sarebbe tentata durante l'anno 1988: le proposte di Goria, tra cui una revisione della cosiddetta « Visentini ter » (eliminando le detrazioni forfettizzate sull'IvA) e un minicondono valutario, nonché l'atteso risparmio di 500 miliardi di spese per interessi dovrebbero consentire di ridurre ancora il fabbisogno. Ma il Governo nel corso dell'anno avrebbe avuto la forza sufficiente ad attuare nuovi risparmi? 39


Le prime accoglienze favorevoli in Senato La Commissione Bilancio del Senato manifesta notevole apprezzamento per la Finanziaria bis. In effetti la nuova manovra finanziaria recepisce alcune indicazioni della stessa Commissione. Complessivamente si ritiene che il nuovo disegno di legge possa contribuire a restituire « la fiducia nella possibilità di riprendere il controllo degli andamenti di finanza pubblica ». Anche le preoccupazioni che la Finanziaria abbia conseguenze recessive vengono accantonate. La riduzione del fabbisogno non è perseguita mediante una riduzione della spesa in conto capitale, mentre aU'effettività degli investimenti pubblici sono indirizzate nuove norme di snellimento delle procedure. Per quanto riguarda gli investimenti privati, la Commissione Bilancio ritiene che le imprése sarebbero facilitate dalla minore domanda di finanziamento da parte del Tesoro, mentre il controllo dell'inflazione permetterebbe di contenere i costi di produzione. Ma ben diversamente la pensano gli industriali. Il vicepresidente della Confindustria, Carlo Patrucco, dichiara senza senza mezzi termini che i cambiamenti della legge sono all'antitesi di quello che si dovrebbe fare: la cancellazione dello aumento della fiscalizzazione degli oneri sociali dispiace fortemente alle imprese che in realtà non ritengono sufficiente la maggior competitività dovuta al deprezzamento della lira rispetto al marco e chiedono un sostegno strutturale all'esportazione. Insomma, anche la Confindustria esce dalla maggioranza: il suo Presidente toglie ogni appoggio al governo di programma presieduto da Goria e auspica un nuovo « governo politico ». Ed a questo gover40

no forte, Lucchini non si perita di tornare a chiedere una decisa svalutazione della lira, nonostante i moniti più volte lanciati dal Governatore della Banca d'Italia. Le proteste dei liberali e la prima crisi di Governo Appena presentata, la Finanziaria 2 o bis ha già scontentato le parti sociali e numerose categorie produttive (le industrie farmaceutiche minacciano addirittura di « denunciare pubblicamente nei collegi elettorali i parlamentari che avessero votato a favore delle norme sulla sanità »!), messo in crisi la maggioranza e provocato incertezze procedurali sull'iter parlamentare da seguire per il suo esame. Nello stesso pomeriggio dell'i i novembre, il Partito Comunista, constatando che non esiste più una maggioranza compatta per presentare la Finanziaria, ritiene inutile prendere in esame la proposta del Governo fino al vertice di maggioranza previsto per il 13 novembre che avrebbe potuto nuovamente cambiare il testo del disegno di legge. Pertanto il senatore Pci Andriani chiede la sospensione dell'esame della legge, a norma dell'articolo 93 del Regolamento del Senato. La proposta provoca un immediato stop dei lavori. Il Presidente Spadolini decide di convocare una conferenza dei Capigruppo. La discussione finisce col vertere sulla reale « solidità » delle proposte governative, un argomento al quale è ben difficile fornire una risposta. Dopo due ore i rappresentanti di Dc e Psi propongono di far votare l'Aula. Questa a maggioranza si pronuncia in favore della ripresa dei lavori, pur in assenza di una vera maggioranza di governo. Il PLI,


criticato da più parti, annuncia l'intenzione di uscire dalla maggioranza di governo. Biondi dichiara con accenti candidi: « Il Partito Liberale è piccolo ma non meschino... Non agisce mai per dispetto... se si violano i patti un liberale deve dire: grazie non ci sto ». Mentre Altissimo rffiuta veementemente l'etichetta di Cobas dell'economia che è appioppata al PLI da Alfredo Renato Recanatesi (su «La Stampa », 12 novembre 1987) e accusa il Presidente del Consiglio e il Ministro del Tesoro di essere i veri responsabili della crisi. Alle richieste liberali di maggiori sgravi IRPEF, sconto sulla tassa-salute e tagli alle spese assistenziali, Goria e Amato hanno infatti resistito obbligando il PLI a uscire dal Governo. Il PLI, mettendo in evidenza questioni come le pensioni di invalidità « facili » e le spese assistenziali nel Mezzogiorno, vuole accreditarsi come partito tutore degli interessi dei lavoratori autonomi ma anche come partito del rigore. Goria dichiara che « sulla Finanziaria tra alleati non si tratta, bensì si cercano assieme le soluzioni migliori ». E Amato, conscio del pericolo di apportare ulteriori modifiche alla legge, che deve ancora passare al vaglio delle Camere, afferma che « non si può fare una Finanziaria per ogni giorno della settimana ». In attesa del chiarimento tra i partiti di Governo, il 12 e 13 novembre la Commissione Bilancio del Senato inizia l'esame del disegno di legge. Restano accantonati, per le incertezze della crisi, 1' articolo 1, relativo alla fissazione del fabbisogno globale, e le tabelle annesse. Per quanto concerne la manovra fiscale vengono accolte le proposte governative: la eliminazione dell'aumento di un punto

percentuale delle aliquote IVA, la reiterazione degli anticipi di imposta, l'aumento dell'imposta sulle assicurazioni, 1' abbandono dei crediti, la proroga della cosiddetta « legge Formica » per l'acquisto della prima casa. Inoltre, la Commissione ritiene più organico inserire nel disegno di legge le maggiori entrate che il Governo aveva previsto in uno dei provvedimenti collegati (Atto Senato n. 571), ad eccezione delle disposizioni per la rivalutazione dei cespiti d'impresa. Si tratta di un complesso di misure dalle quali dovrebbe derivare per l'88 un gettito tributario aggiuntivo di oltre 7.600 miliardi. Sul totale incide sensibilmente l'aumento della ritenuta sugli interessi bancari, previsto nell'art. 6 a titolo d'imposta sulle persone fisiche. Nell'art. 10 vengono aumentate tasse e soprattasse automobilistiche, viene anche prorogato al 1990 il regime di indetraibilità dell'IvA sull'acquisto di automezzi non oggetto dell'attività propria delle imprese. Tra le disposizioni di carattere finanziario la Commissione introduce un nuovo articolo contenente alcune modificazioni al testo unico delle imposte sui redditi intese a ridurre la possibilità di elusione fiscale in occasione della cessione di partecipazioni sociali o del riporto di perdite in caso di fusione. Sempre in materia di entrate tributarie la Commissione dispone un incremento delle tasse di concessione governativa, i cui importi, fermi dal 1983, risultano erosi dall'inflazione. Infine si riducono gli interessi sui ritardati versamenti o rimborsi di imposte. Per quanto riguarda le entrate previdenziali si decide di inserire nel disegno di 41


legge le proposte che il Governo aveva formulato come provvedimento parallelo. Da questo e da altri inserimenti deriva un disegno di legge più ricco e articolato (il numero totale degli articoli passa da 20 a 38, il numero complessivo dei commi da circa 150 a più di 200). Il che riflette la consapevolezza delle grandi difficoltà che si incontrerebbero per giungere all'approvazione dei provvedimenti di accompagnamento di una finanziaria « leggera ». A livello politico, la situazione rimane bloccata: il vertice del 13 novembre non porta ad una ricomposizione della maggioranza. Il senatore Andreatta, che sabato 14 si era recato dal Presidente Spadolini per illustrargli l'andamento della discussione, non appena viene informato dell'apertura ufficiale della crisi di governo comunica alla Commissione Bilancio la sospensione dei lavori in attesa di una soluzione. Secondo quanto precedentemente previsto, nello stesso giorno sarebbe venuto in discussione l'articolo 1 della Finanziaria e la Commissione sarebbe arrivata ad approvare anche il bilancio dello Stato, rispettando così i tempi prescritti nella tabella di marcia. La crisi non solo blocca la Finanziaria ormai in dirittura d'arrivo, ma mette in forse il lavoro già svolto dalla Commissione. Solo dopo aver stabilito i contenuti di un nuovo accordo di maggioranza, infatti, si sarebbe saputo cosa conservare e cosa cambiare del rinnovato disegno di legge. Neppure l'esplicita approvazione della nuova manovra economica da parte della Banca d'Italia contribuisce a dissipare malumori e ostilità intorno alla Fi42

nanziaria. In un Convegno svoltosi a Siena il 14 novembre, il vicedirettore generale della banca centrale Antonio Fazio considera la Finanziaria 'bis un passo avanti rispetto alla prima versione e, presentando con prudente ottimismo le previsioni dell'Ufficio Studi per il 1988, nega decisamente agli imprenditori ogni legittimità per le loro richieste di svalu. tazione. In realtà, la nuova versione del disegno di legge proposta dal Governo desta le proteste non soltanto degli industriali e dei liberali. Imbarazzo e malumore per le modifiche al testo della Finanziaria, soprattutto per la rinuncia al ritocco delle aliquote IRPEF, Si riscontrano anche in altri partners del pentapartito come la Democrazia Cristiana. Forti dell'autorevole avallo del loro capognippo al Senato, Nicola Mancino, i senatori Dc presentano una proposta di legge per reintrodurre, sia pure in misura minore, gli sgravi sulle imposte dirette, sostituendo alle previste detrazioni fisse per i carichi familiari le deduzioni in percentuale dell'imponibile. L'operazione verrebbe a costare all'erario 2.300 miliardi e, pur se apparentemente ispirata a quel medesimo criterio di « finanza redistributiva » che si vuole vedere nella Finanziaria, rappresenta una delle tante proposte miranti a forzare il blocco di una Finanziaria rigorosa. Appare dunque sempre più evidente la necessità di accordarsi preventivamente su eventuali nuove modifiche al progetto di legge, per resistere meglio alle inevitabili imboscate e ai possibili aggiustamenti votati contro il parere del Governo dall'opposizione e dai « franchi tiratori » che si preannunciano numerosi.


LA FINANZIARIA TER: LE NOVITA' INTRODOTTE DALLA COMMISSIONE BILANCIO DEL SENATO

Una terza riscrittura della legge appare fuori discussione. La necessità di ricompattare la maggioranza porta il Governo ad accordarsi con i liberali per un anticipo degli sgravi IRPEF a metà '88 (circa 1.500 miliardi da recuperare con tagli alle spese) nel caso in cui i dati sull'inflazione avessero confermato il rispetto del tetto del 4,5%. Per quanto concerne la « tassa sulla salute », la stessa Commissione Bilancio del Senato ritiene di avvicinarsi alle richieste dei liberali riducendo il contributo sanitario a carico dei lavoratori autonomi dal 7,5 al 5,35%. Si prevede che lo «sconto» venga a causare all'erario minori entrate per circa 2000 miliardi nel 1988, ma esso viene definito come « una misura largamente attesa ». In materia sanitaria la Commissione Bilancio del Senato, una volta ripresi i lavori nell'ultima settimana di novembre dopo la soluzione della crisi di governo3 , apporta le modifiche e le integrazioni più notevoli al disegno di legge. La dura battaglia dei senatori Andreatta e Cavazzuti sulle prestazioni farmaceutiche trov.a uno sbocco concreto e le norme sul ticket vengono sostituite da una più ampia revisione del prontuario farmaceutico da compiersi entro quat tro mesi dall'entrata in vigore della legge finanziaria ad opera della Commissione consultiva unica del farmaco. Quest'ultima dovrebbe individuare, sulla base delle indicazioni dell 'Organizzazione Mondiale della Sanità, i medicnali essenziali, integrandoli con « le innovazioni farmaceutiche necessarie alla copertura delle patologie esistenti in Italia ». E per

evitare che la compilazione della lista dei farmaci essenziali venga condizionata da eventuali pressioni delle aziende produttrici, si specifica che, fino al completamento della lista, rimane in vigore come elenco dei farmaci essenziali quello, stringatissimo, dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che già aveva provocato accesissimi dibattiti. In ogni caso, per tutto il 1988 non sarebbero permessi aumenti di prezzo dei farmaci indicati nel Prontuario. Per i medicinali indicati come essenziali sarebbe mantenuto il sistema vigente di gratuità e quote di compartecipazione, mentre per gli altri farmaci la quota viene fissata al 33% del prezzo. Importanti sono pure le nuove disposizioni sul pubblico impiego. Viene rinnovato il vincolo alla crescita delle retribuzioni entro il tasso d'inflazione programmato e si istituisce un ruolo speciale per cercare di attuare un 'effettiva mobilità, favorendo gli spostamenti del personale fra le varie amministrazioni pubbliche. Per quanto riguarda le entrate previdenziali, la Commissione riprende le proposte governative, comportanti un notevole incremento delle entrate per gli enti interessati, specie attraverso l'aumento dei contributi per i lavoratori agricoli e quelli del settore dello spettacolo. Infine, in materia previdenziale e assistenziale sono rilevanti anche l'articolo concernente l'interpretazione autentica in materia di prescrizione delle rate di pensione INPS, le norme sugli accertamenti sanitari e sulle prime cure dei lavoratori infortunati e I 'articolo contenente l'esclusione di una quota dell'indennità di trasferta dall'imponibile contributivo. Nel tentativo di impostare in modo più 43


cogente il riequiibrio delle aziende pubbliche nei settori dei trasporti e delle telecomunicazioni, la Commissione Bilancio riduce i finanziamenti disponibili presso la Cassa Depositi e Prestiti, rendendo possibile la stipula di mutu.i con altri istituti. Per quanto riguarda gli interventi ordinari e straordinari nel Mezzogiorno, la Commissione mostra di voler stimolàre il superamento dei ritardi nella effettiva utilizzazione delle risorse disponibili, attribuendo ampi poteri di sostituzione al presidente del Consiglio nei casi di inerzia degli organi competenti. Ma non in tutti i campi è possibile effettuare i tagli necessari alla riduzione del fabbisogno: nonostante gli avvertimenti di Altissimo circa gli sprechi dell'intervento pubblico in Irpinia, vengono accolte pienamente le proposte governative per ulteriori « urgentissimi » finanziamenti dell'opera di ricostruzione dei territori colpiti dai vari terremoti. Altro elemento del disegno di legge che sarà oggetto di successivi scontri è la questione dei contributi ex-Gescal. Questi contributi su proposta del Ministro Formica, vengono prorogati fino al 1992 e destinati all'istituzione di un nuovo fondo per l'occupazione gestito dal Ministro del Lavoro, che è da regolamentare con un provvedimento legislativo apposito.

IL NUOVO CODICE DELLE COPERTURE

Ma l'impegno veramente peculiare della Commissione Bilancio del Senato, e soprattutto del suo Presidente Andreatta, ha per oggetto il metodo della copertura della stessa legge finanziaria. Preso 44

atto che, per una ragione o per l'altra, ancora una volta non si era riusciti a rispettare la procedura indicata dalle Commissioni Bilancio delle due Camere nelle risoluzioni congiunte del giugno 1986 (dove erano state sottolineate le manchevolezze della legge n. 468), i senatori della Commissione specificano in un apposito articolo nuove norme sulle copertu re e sui costi delle leggi di spesa. Sulla scia del dibattito già svoltosi alla Camera in seno al Comitato per la riforma della 468, la Commissione decide di intervenire sull'elemento più sfumato e irrisolto di tutto l'impianto interpretativo della 468, e cioè sulla questione della copertura delle spese correnti deliberate dalla stessa legge finanziaria, sia in tabella B che nell'articolato. Dopo aver richiesto l'avviso della Corte dei conti (che si pronunciava in senso restrittivo in confronto alle prassi più recenti), la Commissione stabilisce che gli oneri correnti relativi al periodo considerato dal bilancio pluriennale avrebbero dovuto irrinunciabilmente ricevere copertura da nuove o maggiori entrate o riduzioni di autorizzazioni di spesa, stabilite all'interno della stessa legge Finanziaria. Questa disposizione porta all'adozione a pieno titolo dell'istituto contabile dei fondi globali « negativi »», che erano già comparsi, ma solo in forma ridotta e sperimentale, nella Finanzaria 1987. Con queste innovazioni sostanziali il testo di legge viene presentato dalla Commissione in Aula che il 30 novembre inizia la discussione. La discussione nell'Aula del Senato Il punto nodale dell'impegno della Commissione viene integralmente recepito con


l'approvazione a larga maggioranza dell'art. 2. Accolte anche le norme riguardanti il pubblico impiego e l'istituzione del ruolo speciale. Non facile la discussione degli articoli riguardanti le questioni sanitarie. Nell'ultima, agitata nottata di lavoro (6 dicembre 1988) precedente il voto sulla Finanziaria il Senato vota contro le proposte del Ministro Donat Cattin che ripresenta l'aumento dei tickets sulle ricette e rimette in discussione il prontuario farmaceutico. I sub-emendamenti del Ministro vengono giudicati illeggittimi dalla giunta per il regolamento e l'Aula si pronuncia per il mantenimento delle proposte della Commissione Bilancio, con l'esplicito parere negativo del Governo. Il che scatena vivaci polemiche e l'assicurazione che le Commissioni Sanità e Bilancio della Camera avrebbero apportato al testo una profonda revisione. Poche ore dopo il Senato mette in minoranza l'Esecutivo sulla questione dei fondi ex-Gescal (2.000 miliardi l'anno fino al 1992) che Governo e Commissione avevano « dirottato » verso l'istituzione di un Fondo per il rientro della disoccupazione secondo la proposta del Ministro Formica. Poco prima della mezzanotte è approvato a scrutinio segreto un emendamento comunista che chiede di destinare nuovamente i fondi al finanziamento dell'intervento pubblico nell'edilizia (coperto finora all'80% dai contributi ex-Gescal). La reazione socialista è vivacissima: trovando ampi motivi per rafforzare la propria battaglia contro il voto segreto, gli esponenti Psi minacciano « azioni conseguenti » e decidono di non partecipare per protesta alle votazioni successive. Il capogruppo Dc al Senato, Nicola Man-

cino, tenta una mediazione, assicurando che il gruppo democristiano di Montecitono presenterà alla Camera un emendamento per ripristinare il testo originale del Governo. Ma l'on. Cirino Pomicino, Presidente della Commissione della Camera, reagisce energicamente: « Se i socialisti rivogliono i duemila miliardi sottratti al loro fondo, sono molte altre le cose che a noi non piacciono in questa finanziaria, a cominciare dagli articoli sulla sanità e sui farmaci ». Non altrettanto accesa ma pur sempre significativa è la decisione del Senato di aumentare ulteriormente il fondo speciale di parte corrente, che già la Commissione aveva •accresciuto. Rispetto all'originaria proposta del Governo (26.085 miliardi), il fondo viene aumentato di 1200 miliardi nel testo della Commissione e di ben 1.800 miliardi nella stesura approvata definitivamente dal Senato. Pur trattandosi di un aumento contenuto, questo rappresenta un « no » definitivo all'ipotesi avanzata qualche settimana prima dal Ministro Amato, e sostenuta ufficiosamente da Andreatta, per l'azzeramento del fondo spese correnti. Il 7 dicembre il Senato licenzia il testo della finanziaria. Pochi giorni dopo, constatato che la Camera non potrebbe farcela ad approvare la legge entro il 31 dicembre, anche a causa dell'imminente Congresso dell'Msi e delle vacanze di fine d'anno, si decide di ricorrere all'esercizio provvisorio. Tecnicamente questò significa che si dà per scontata l'impossibilità di far entrare in vigore Finanziaria e Bilancio alla data di partenza « fisiologica» (1 gennaio 1988). Il ricorso allo esercizio provvisorio, vale ricordare, non rappresenta un'eccezione bensì quasi la 45


norma sindal 1978, anno in cui la legge n. 468 aveva riformato i metodi sulla contabilità dello Stato in materia di bilancio. Dal punto di vista politico, l'approvazione della Finanziaria entro il termine previsto del 31 dicembre rappresenta un fiore all'occhiello per ogni maggioranza che voglia dimostrare di saper governare. Ma nel caso del Governo Goria le ripetute difficoltà per giungere ad una stesura « soddisfacente » della Legge e la debolezza riconosciuta del 'Gabinetto hanno da tempo reso più che probabile il prolungamento della sessione di bilancio.

I primi passi alla Camera 1115 dicembre inizia l'esame in Commissione alla Camera. I tempi preventivati sono piuttosto stretti: le Commissioni di merito dovrebbero rendere il proprio parere entro il 21 dicembre in modo che i lavori possano poi riprendere al termine della pausa natalizia. Dal 7 al 16 gennaio la Commissione Bilancio avrebbe approfondito l'esame della Finanziaria in sede referente, così da consentire all'assemblea di Montecitorio di pronunciarsi nelle due settimane successive. Ma il dibattito si preannuncia subito molto impegnativo: il Presidente della Commissione Paolo Cirino Pomicino non fà mistero di voler apportare numerose modifiche al disegno di legge approvato dal Senato. Le sue perplessità, e quelle di numerosi membri della Commissione, si appuntano soprattutto sull'art. 2, inserito dalla Commissione Bilancio del Senato per istituire più precisi vincoli di copertura finanziaria della legge. E mentre Franco Bassanini, pur gratificando la Finanziaria 1988 dell'appellativo di « gran bazaar », afferma che non c'è dissenso rispetto agli obiettivi espres46

si dall'altro ramo del Parlamento, Cirino Pomicino dissente recisamente dalle innovazioni di Andreatta: « Serenamente, ma con rammarico », deve constatare il « tradimento », da parte dei colleghi del Senato, delle linee metodologiche indicate concordemente nel 1986 dalle Commissioni Bilancio delle due Camere. I senatori, lascia intuire Pomicino, hanno usurpato le funzioni della Commissione ad hoc impiantata alla Camera proprio per la riforma della 468. Egli ricorda che alla fine di novembre il Comitato pareri della sua Commissione aveva deciso di adottare, in materia di copertura delle leggi di spesa, una linea di comportamento altrettanto se non più rigorosa di quella indicata dal Senato. Ciò nonostante, Pomicino invita la Commissione a non accogliere la proposta di stralcio dell'art. 2 avanzata da PCI e Sinistra Indipendente, per non dare credito a valutazioni errate dal punto di vista politico, e comunque a rinviare l'eventuale decisione di stralcio alla successiva fase referente. Il confronto Cirino Pomicino/Andreatta sulla questione dell'art. 2 sembra per il momento sospeso, mentre è appena cominciato il lungo e faticoso lavorio della Camera intorno alla legge finanziaria. Il 16 dicembre viene affrontata la questione delle partecipazioni statali. L'esame del bilancia del Ministero delle Partecipazioni Statali e delle parti connesse della legge finanziaria tende a trasformarsi in un importante momento di verifica dell'intero sistema della spesa pubblica italiana. Già da tempo la Confindustria, cavalcando una tendenza largamente diffusa nell'opinione pubblica, aveva sommato la critica alle inefficienze di molti servizi pubblici ad una critica globale dello Stato imprenditore, dichiarandosi favorevo-


le ad un più ampio processo di privatizzazione. Lucchini aveva chiesto alla Camera l'abolizione del Ministero delle Partecipazioni Statali, mentre da più parti si ipotizzava la vendita da parte dello Stato dei « gioielli di famiglia », per contribuire al risanamento del deficit pubblico. Anche la decisione della Presidenza della Camera di assegnare alla Commissione Bilancio e non alla nuova Commissione delle Attività Produttive l'esame della tabella del Ministero delle Partecipazioni Statali nell'ambito della discussione sulla Finanziaria, concorre a caricare questo esame di significati « ideologico-politici Più in generale, divergenze e scontri sembrano notevoli all'interno del partito di maggioranza relativa ma poi su un punto tutta la Democrazia Cristiana si dichiara d'accordo: il rispetto del livello del deficit stabilito dal Senato. E' un « punto fermo e irrinunciabile ». Così concordano i deputati DC riuniti da Martinazzoli e Fracanzani il 16 dicembre, ma non prendono impegni espliciti e precisi a condurre in porto la Finanziaria in modo lineare e nei tempi previsti. 1116 dicembre è in realtà un giorno fitto di impegni nell'agenda della manovra economica del governo: poco rispettoso del calendario delle Commissioni, il Governo convoca il CIPE e il Governatore della Banca d'Italia per fare il punto sull'andamento dell'economia ed esaminarne la coerenza con gli obiettivi indicati a fine settembre nella Relazione previsionale e programmatica. In quella sede Ciampi conferma una valutazione positiva dell'economia italiana: i conti con l'estero in pareggio e l'inflazione sotto controllo permettono di ventilare una riduzione dei tassi d'interesse.

IL DECRETONE GOVERNATIVO DI FINE ANNO

Considerati i tempi lunghi che si preannunciano per l'approvazione della Finanziaria, il 21 dicembre la Commissione Bilancio del Senato dà parere favorevole in sede referente al disegno di legge per l'esercizio provvisorio approvato dalla Camera. Poco dopo, nell'ultima settimana dell'anno il Governo vara dei decreti per anticipare al 1 gennaio '88 l'entrata in vigore di alcune misure in campo fiscale, tenendo conto degli orientamenti che si sono venuti esprimendo in Parlamento. Vengono aumentate le detrazioni IRPEF per il coniuge a carico e per le spese di produzione del reddito, e si razionalizza il sistema degli assegni familiari. La « legge Formica » con le agevolazioni fiscali all'acquisto della prima casa, previste dalla Finanziaria, viene prorogata a tutto l'88. In contrasto con la decisione del Senato, che destinava all'edilizia i fondi ex-Gescal, il Governo li dirotta nuovamente verso il fondo per l'occupazione proposto da Formica. Prorogate anche, con qualche variazione per il nuovo esercizio, le norme stabilite nella « Visentini ter » relative alla determinazione forfettaria dell'imponibile IVA per le imprese minori. Ma nel decretone sono contenuti soprattutto aumenti: quello dei versamenti d'acconto delle persone giuridiche (dal 92% al 98%); le tasse erariali sulle auto (25%) e il superbollo diesel; le aliquote dell'imposta sulle assicurazioni private (+25%); l'imposta « sostitutiva » sui depositi bancari e postali (dal 25 al 30%). Entrano in vigore anche le norme più severe previste nella Finanziaria riguardo alle cessioni a titolo oneroso di partecipa47


zioni sociali, e scattano le nuove disposizioni sulle cosiddette « bare fiscali ». Veniva ridotto il discusso contributo della « tassa sulla salute» (dal 7,5 al 6,5% per l'88 e al 5% per l'89). I decreti di fine anno suscitato un coro di polemiche. I sindacati si mostrano divisi: alla UIL, preoccupata che le misure provochino un riaccendersi dell'inflazione, replicano CIsL e CGIL, dichiarando soddisfazione per i provvedimenti sugli assegni familiari. Accesissimo si presenta l'attacco delle associazioni del settore casa, che per la seconda volta si vedono sottratti circa 2.000 miliardi. La polemica sulla destinazione finale dei contributi ex-Gescal nasconde in realtà una vera e propria guerra intestina tra branche della Pubblica amministrazione e lobbies imprenditoriali. Fino al 1987 i fondi erano stati gestiti dal Ministero dei Lavori Pubblici, che li ripartiva tra i programmi edilizi degli Enti locali, pur se di frequente se ne era riscontrata la cattiva utilizzazione. La proposta, già ricordata, del Ministro del Lavoro Formica di istituire un nuovo fondo per l'occupazione da finanziare dirottandovi i contributi ex-Gescal, scatena la reazione degli operatori del settore edilizio che vedono minacciata la costruzione di nuovi appartamenti e decine di migliaia di posti di lavoro. Il Senato, esaminando la finanziaria, aveva approvato, come già s'è detto, un emendamento che riconfermava la destinazione dei contributi al settore della casa. La decisione del Governo, quindi, riapre una questione incandescente, su cui nelle settimane successive ci sarà battaglia anche alla Camera.

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Problemi procedurali e istituzionali Le misure prese dal Governo, in parte anticipatrici ma in parte diverse da quelle già previste in Finanziaria bis, causano, nei primi giorni dell'88, anche un problema di procedura parlamentare. Il Pci ritiene che i decreti del Governo interferiscano con l'iter della Finanziaria, svuotando la legge di significato, o riproponendo misure già bocciate dal Senato, fino a « configurare una vera e propria prevaricazione nei confronti del Parlamento ». I gruppi parlamentari comunista chiedono quindi l'intervento dei Presidenti delle due Camere per risolvere « un delicato ed ineludibile problema istituzionale ». L'iniziativa comunista aveva una certa eco a Montecitorio: il vicepresidente del gruppo della Sinistra Indipendente, Franco Bassanini, vista la situazione che si è creata, annuncia « una valanga di emendamenti », mentre autorevoli democristiani, in pieno clima pre-congressuale, rilasciano dichiarazioni critiche e preannunciano la presentazione di modifiche ed emendamenti. Cirino Pomicino, nel tentativo di trovare un accordo, si incontra con il Ministro Amato. La conclusione è che le misure governative sarebbero restate nel testo della Finanziaria ed approvate in tale sede, eventualmente con caratteristiche più incisive, mentre il « decretone» sarebbe stato lasciato cadere.

3 ANCORA EMENDAMENTI E RIMANEGGIAMENTI

Il rimaneggiamento che la. Camera si appresta ad apportare al disegno di legge


sembra difficilmente destinato a rimanere nell'ambito di pochi emendamenti: tra le richieste dell'opposizione, quelle dei sindacati e quelle della Dc (i cui rappresentati alla Camera sollecitano modifiche nel campo della sanità, delle pensioni e delle piccole e medie imprese) si preannuncia una vera e propria gara all'emendamento. In quegli stessi giorni (4-5 gennaio 1988) vengono resi noti i dati relativi al conto riassuntivo del Tesoro a fine novembre '87: il fabbisogno complessivo ammonta a 106.044 miliardi, superando così il tetto prefissato, e minaccia direttamente le previsioni per il 1988. Ma il Presidente della Commissione Bilancio della Camera, intenzionato egli stesso ad apportare alcune modifiche alla Finanziaria (inserimento della riforma della cassa integrazione e aumento del sussidio di disoccupazione) sembra convinto di potersi destreggiare senza aumentare il deficit, e anticipa che in Commissione sarebbero state decise alcune misure per nuove entrate. In effetti, la Commissione inizia i suoi lavori il 7 gennaio introducendo alcuni articoli per stabilire maggiori entrate derivanti dall'aumento dell'IvA sull'olio combustibile e il gas metano e dell'imposta di fabbricazione di birra e alcoolici, per un totale di circa 725 miliardi. Questi sarebbero stati destinati, assieme a 1.150 miliardi del fondo speciale di parte corrente, alla copertura di svariati provvedimenti di spesa (inseriti nella Tabella B anzichè in articolato) per iniziative che la Commissione ritiene « di particolare rilievo nella scala di piiorità delle esigenze fortemente espresse dal Paese » (protezione civile, lotta alle tossicodipendenze, sostegno ad invalidi e handicappati etc.). Il fondo speciale, di cui il Senato,

dopo ripetuti scontri all'interno della maggioranza, aveva fissato l'entità, ma senza assegnare destinazioni precise, viene così integralmente impiegato. Secondo quanto aveva già anticipato il Presidente Pomicino, la Commissione modifica la normativa di rifinanziamento del Fondo Investimenti Occupazione (Fio), integrandolo per il 1986 di 1.500 miliardi, resi immediatamente disponibili, mentre si risparmiano 1.000 miliardi sul fondo '88. Questi devono fronteggiare i 1.100 miliardi di nuove spese decise in conto capitale. A questo deve aggiungersi l'acquisizione di parte dei contributi cxGescale al bilancio dello Stato: nella misura di 1.250 miliardi nel 1988 e di 1.000 miliardi per gli anni successivi, questi sarebbero stati riversati nella Cassa Depositi e Prestiti. Contestualmente, nella Tabella B, si prevede la finalizzazione di 750 miliardi nel 1988 e 1.000 per ciascuno dei due anni successivi al Fondo per il rientro della disoccupazione, in particolare nei territori del Mezzogiorno. Si ripropone così, nuovamente, la questione dei contributi ex-Gescal, la cui destinazione sembra destinata a cambiare continuamente nell'impossibilità di trovare una soluzione soddisfacente per i diversi gruppi interessati. Nel testo della legge vengono inserite anche le normative sugli interventi di salvaguardia ambientale, rendendo immediatamente disponibili per le emergenze 870 miliardi. Il risultato del confronto tra le nuove decisioni di spesa e le coperture individuate, sia di parte corrente che in conto capitale, era un avanzo di 123 miliardi, da portare a riduzione del fabbisogno rispetto al livello previsto nel testo di legge finanziaria approvato dal Senato. Questo miglioramento del saldo netto da

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finanziare permette al Presidente Cirino Pomicinò di mantenere l'impegno di non accrescere il disavanzo, smentendo le voci che avevano voluto affibbiargli un'etichetta di « sportello di pagamento » disponibile a tutte le richieste dei vari gruppi parlamentari.

Contrapposizione /ra le due Commissioni Bilancio? La stampa ha molto insistito sulla contrapposizione fra le Commissioni Bilancio di Senato e Camera e i due principali protagonisti, i presidenti Andreatta e Cirino Pomicino, non si sono inizialmente sottratti a questa immagine. Ma poi la contrapposizione si è in qualche modo ricomposta? In effetti, l'incontro dell'8 gennaio tra i Presidenti delle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, entrambi democristiani ma di opposte correnti, deve essersi risolto in un accordo. La Commissione Bilancio della Camera, infatti, pur mantenendo le proprie riserve metodologiche sulla presenza dei vincoli di copertura contenuti nell'art. 2, finisce col lasciare le norme nel testo, limitandosi a premettere che esse sarebbero state valide fino all'entrata in vigore delle riforme sulla compilazione del bilancio dello Stato. La Commissione continua cioè a ritenere discutibile l'inserimento di criteri metodòlogici in una legge legata ad un preciso esercizio finanziario. Tuttavia lo art. 3, nel quale vengono inserite le norme circa la presentazione entro il 31 maggio del documento di programmazione economico-finanziaria in cui il Governo dovrà illustrare mezzi e obiettivi della manovra di finanza pubblica per il triennio successivo. Nella normativa sostanziale, invece, alcu-

ni degli elementi più rilevanti introdotti dalla Commissione Bilancio del Senato vengono completamente stravolti: per esempio, le norme relative al settore farmaceutico. Ai criteri dettati dal Senato per la revisione del prontuario terapeutico, la Commissione della Camera sostituisce una categorizzazione da attuarsi ad opera del Ministero della Sanità, secondo le proposte della Commissione Affari Sociali della Camera. I vincoli imposti dal Senato per la revisione vengono cancellati e ci si limita a stabilire che se entro ottobre '88 il prontuario farmaceutico non sarà ridimensionato, il prezzo dei medicinali verrà automaticamente ridotto del 5%. Sempre nel settore della sanità, viene confermato lo sconto sulla « tassa-salute » recependo così uno dei provvedimenti inseriti dal Governo nei decreti di fine anno. Complessivamente, tra nuove spese che sostituiscono quelle fatte slittare formalmente al 1989, incrementi dei fondi globali per le spese correnti e rimodulazione dei 3.500 miliardi del Fio, la Commis-sione Bilancio della Camera mette in piedi un meccanismo che sembra far crescere il fabbisogno di cassa, cioè la spesa effettiva, per l'88 e per gli anni successivi. La leggera diminuizione del fabbisogno pubblico rispetto al testo approvato dal Senato, che il Presidente Cirino Pomicino esibisce con soddisfazione, non può nascondere l'aumento della spesa pubblica di circa 1.800 miliardi, di cui 1.654 di spesa corrente. Il testo della legge, già pletorico, è ulteriormente gonfiato, passando da 42 articoli a 44 con ben 332 commi (6 in piìi rispetto alla stesura precedente). Inoltre, dovendo rispettare un calendario rigido, e non riuscendo a trovare per alcune nor-


me l'accordo politico o le necessarie coperture, la Commissione finisce col trasferire all'aula un buon numero di problemi aperti. Qui si profila una situazione molto difficile. La legge non è stata ancora approvata dalla Commissione, che già si parla di ben 1.500 emendamenti in Aula.

LA LEGGE ARRIVA NELL'AULA DELLA CAMERA

Nel tentativo di semplificarne il cammino e accogliendo anche le istanze del Pci che reclama il ritorno ad una Finanziaria « snella », ridotta agli elementi essenziali della politica economica per l'88, il Ministro Amato avanza una drastica proposta di stralcio. Si tratta di togliere dalla legge tutti gli articoli, lasciando solo i primi due, che fissano i saldi contabili e varano le nuove norme sulla copertura finanziaria delle leggi di spesa. I rimanenti 42 articoli sarebbero da trasformare in provvedimenti autonomi, affidati alle Commissioni di merito per la discussione in sede legislativa, e successivamente da sottoporre al parere « rinforzato » della Commissione Bilancio che avrebbe la f acoltà di respingerli qualora li ritenga incompatibili con la difesa del fabbisogno finanziario. Con ciò attuando un vincolo che non opera per l'assemblea. La proposta presenta il vantaggio di abbreviare I 'iter della Finanziaria, sdrammatizzandone anche quel carattere di legge « omnibus » che i più ritengono patologico. Ma, pur avendo incontrato il gradimento della maggioranza, il giorno successivo (15 gennaio) la proposta viene lasciata cadere quando, alla conferenza dei capigruppo della Camera, appare evidente che non

tutti i partiti di opposizione sono disposti ad approvare in modo indolore le leggi di accompagnamento contenenti le misure da stralciare. La bocciatura del « super-stralcio » sancisce l'inizio di una vicenda che, per colpi di scena, ricatti politici e zuffe personali, avrebbe presto fatto concorrenza alle più ingarbugliate « telenovelas » eclissando persino gli avvenimenti, non certo lineari, che si erano svolti attorno alla Finanziaria sino ad allora. In ogni caso pochi giorni dopo un ulteriore sforzo per rendere più agevole il cammino della legge viene ancora tentato. Il 19 gennaio maggioranza e opposizione concordano di votare per primo l'art. 1, con cui si stabilisce il saldo netto da f inanziare. Fissando preliminarmente il tetto di spesa, ogni emendamento con proposte di ulteriori spese avrebbe dovuto indicare chiaramente dove trovare i mezzi necessari alle coperture. Si tratta di un tentativo per bloccare l'assetto della legge, ma l'esperienza insegna che, per la struttura stessa della Finanziaria, non c'è un legame « certo » tra il saldo votato dal Parlamento e il deficit pubblico cui si giunge concretamente. Del resto, le modifiche adottate pochi giorni prima dalla Commissione Bilancio, infatti, pur diminuendo leggermente il « saldo », contenevano le potenzialità per spingere il deficit effettivo dell'88 ben oltre il limite fissato di 103.500 miliardi.

TIRO INCROCIATO SULLA FINANZIARIA

Avviene comunque che la discussione dell'art. 1 proceda subito molto a rilento e il giorno successivo, dopo un avvio che poteva sembrare buono, inizia il tiro incro51


ciato sulla Finanziaria. Il governo è messo in minoranza due volte (su un provvedimento per vietare alle imprese petrolifere di differire il pagamento delle imposte di fabbricazione, e su una disposizione relativa all'aggiornamento del catasto), mentre un emendamento comunista sulla revisione dell'IRPEF viene respinto per soli Otto voti, dando immediatamente la prova della precaria compattezza della maggioranza. Nel corso della seduta c'è un'originale sortita del Dc Carrus il quale, con l'appoggio del Ministro Gava, ripropone una patrimoniale e la vendita degli immobili come soluzioni per eliminare il debito pubblico. La proposta è immediatamente criticata da esponenti della stessa maggioranza, in particolare modo PSDI e PRI, mentre incontra il gradimento del PCI. Tanto da far pensare ad « ammiccamenti pre-congressuali » di Gava ai comunisti (sono ipotesi di « dietrologia » che cadono presto). Intorno alla patrimoniale si scatena una discussione vivace e sommaria sicché ben presto la proposta finisce per cadere e viene ritirata « ufficialmente » da Gava in un'intervista rilasciata qualche giorno dopo (< Il Popolo », 27 gennaio 1988). I lavori proseguono a ritmo intensissimo (nella sola mattina del 21 gennaio i deputati sono chiamati a votare ben 54 volte). La maggioranza riesce a superare 112 votazioni a scrutinio segreto sull'esame delle tabelle annesse alla Finanziaria. Poi l'incidente di percorso rappresentato dall'emendamento comunista per il «minimo vitale ». Nella seduta del 22 gennaio il PCI propone un emendamento alla Tabella B per dare una pensione di « minimo vitale » ai cittadini privi di altri redditi. Sono previsti 500 miliardi nell'88, 1.000 miliardi per il 1987 e 1.500 miliardi per

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il 1990, per un totale di 3.000 miliardi. La proposta comunista viene approvata a sorpresa con 240 voti favorevoli e 232 contrari scatenando contrasti soprattutto circa le possibilità di copertura di questo « assegno per i poveri ». Una prima ipotesi è di utilizzare tre dei quattromila miliardi previsti per gli aumenti delle pensioni. Per non ritoccare così massicciamente i miglioramenti pensionistici, altri immaginano di intervenire sui fondi destinati alla cassa integrazione e al sussidio di disoccupazione. Ma nella maggioranza si registrano forti resistenze. Altrettanto tenaci sono le riserve sull'ipotesi ulteriore di ridurre la deducibilità fiscale per le aziende delle spese di rappresentanza e dei /ringe bene /its, concessi ai dipendenti. Contemporaneamente il Governo propone di aumentare le imposte sulle plusvalenze a formazione pluriennale (realizzate nei passaggi di quote di imprese nei casi di fusione o in campo immobiliare nelle vendite di appartamenti), ma si trova di fronte alla nettissima opposizione dei repubblicani e, soprattutto, dei liberali, preoccupati che l'accenno alla tassazione delle plusvalenze si allarghi fino a comprendere quelle realizzate in Borsa. La proposta viene dunque ritirata e subito dopo ripresentata dall'opposizione di sinistra che dichiara di riconoscersi pienamente nella lotta ai privilegi 'fiscali. Il Governo viene così a trovarsi di fronte a due problemi: trovare una copertura per il provvedimento sul « minimo vitale » e arginare le richieste dell'opposizione di maggiori tassazioni delle plusvalenze. I

VOTI

DI FIDUCIA

Per risolvere il primo problema il governo decide di ricorrere al voto di fiducia. Ap-


poggiandosi ad un emendamento radicale sull'aumento delle pensioni, il Governo presenta un sub-emendamento per apportare una correzione alla Tabella B che limita a 1.500 miliardi in 3 anni gli aumenti generalizzati per le pensioni e reperisce i 500 miliardi necessari nell'88 per coprire l'assegno di « minimo vitale » traendoli da una riduzione della •fiscalizzazione degli oneri sociali neI 1990. Si arriva così alla paradossale necessità di porre la questione di fiducia, oltreché sul sub-emendamento del Governo, anche sull'emendamento principale dei radicali, la cui bocciatura farebbe crollare l'intera costruzione procedurale. Con due votazioni a scrutinio palese (349 voti contro 210, 348 voti contro 209) il Governo riesce a risolvere la questione. Ma si trova ancora di fronte al problema della tassazione delle plusvalenze. L'emendamento ripresentato dall'opposizione, infatti, è lo stesso che il Governo aveva ritirato: respingendolo il Governo si sconfesserebbe, ma appoggiandolo andrebbe incontro ad una seria spaccatura della maggioranza. Si deve trovare un espediente: ai liberali viene proposto di presentare un sub-emendamento che cancelli ogni riferimento alle plusvalenze, lasciando solo l'indeducibilità dei /ringe-bene/its. I liberali non accettano l'idea. Dopo qualche attimo di panico emerge la soluzione: il Ministro del Tesoro avrebbe spiegato in aula che il riferimento alle plusvalenze non comprende né la compravendita di immobili fra privati né le transazioni di Borsa. E chiarita la questione, l'emendamento viene approvato da maggioranza ed opposizione insieme, con 431 voti a favore e 84 contro, apportando un beneficio (a partire dall'8) integralmente a riduzione

del disavanzo, poiché è stato ormai sganciato dalla questione delle pensioni. Il giorno successivo, siamo al 23 gennaio, nuova sconfitta del Governo per la questione dei « giacimenti culturali ». Il piano di Gianni De Michelis per impiegare giovani disoccupati in un'opera di classificazione del patrimonio artistico e culturale italiano con il supporto informatico forn.ito da imprese private viene ripresentato per il secondo anno consecutivo. E per la seconda volta la Camera lo respinge, preferendogli l'emendamento di PCI e Sinistra Indipendente (645 miliardi per il recupero, restauro e valorizzazione dei beni culturali), che viene approvato con una maggioranza schiacciante: 333 sì contro 197 no. Dopo la bocciatura dei « giacimenti culturali » è il 27 gennaio che si annuncia come una giornata molto pericolosa. Dopo aver finalmente completato l'esame dell'art. i e delle tabelle annesse, la Camera è chiamata alla votazione dell'articolo nel suo complesso. Dovrebbe essere solo una pura formalità, ma per poco non si trasforma in un incidente irreparabile: la norma viene approvata con pochi voti di margine (258 rispetto ad una maggioranza richiesta di 241). Considerata la situazione, la Commissione Bilancio pròpone. il rinvio della discussione degli articoli 2 e 3 che poteva rivelarsi piuttosto insidiosa. Si arriva così all'esame dell'art. 7. Qui il Governo prende un'altra bocciatura. Il Partito Comunista aveva presentato, infatti, un emendamento per cancellare lo aumento delle imposte sui depositi bancari e postali (dal 25% al 30%). Si tratta della norma già inserita anche nel decreto ponte che dal 1° gennaio dà attuazione ad alcune norme fiscali contenute nella 53


Finanziaria in discussione e che, in attesa della definitiva approvazione della legge, è destinato a rimanere in vigore, nonostante la bocciatura della Camera. La soppressione dell'aumento passa in Aula e crea subito anche un problema procedurale oltre che un mancato introito per l'erario di circa 3.750 miliardi. L'opposizione, con l'autorevole conferma del Presidente Cirino Pomicino, sostiene che la perdita potrebbe essere in parte compensata correggendo in aumento le previsioni delle entrate fiscali, senza tenere conto però che quest'anno, come avevano attestato anche centri di ricerca quali CER e Prometeia, non c'è stata la consueta sottovalutazione del gettito. Il Governo, per bocca del Ministro Gava, domanda la sospensione dell'esame della legge. L'opposizione ribatte chiedendo le dimissioni di Gava.

Nuove complicazioni procedurali e maxi emendamenti Nel tentativo di mettersi al riparo da altre bocciature sul fronte delle entrate, il 28 gennaio il Governo presenta un maxiemendamento destinato a sostituire ben 13 articoli con un unico articolo di 52 commi. Il nuovo articolo 8, dal quale dipendono circa 5.000 miliardi di entrate, propone, accanto alle norme già presenti nel testo (riduzione della « tassa-salute », aumento delle tasse automobilistiche, delle imposte su alcolici e gli oli combustibili), una fondamentale misura per difendere i contribuenti contro il liscal drag, ossia contro l'automatico inasprimento dell'IRPEF provocato dall'inflazione. Viene stabilito, infatti, un obbligo per il Governo ad allargare le aliquote e ad aumentare le de-

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trazione IRPEF qualora nell'anno precedente l'aumento del costo della vita superasse il 4%. Il provvedimento, che rispecchia una proposta della Sinistra Indipendente, è frutto anche dell'intenzione di andare incontro alle opposizioni, fortemente scontente del maxi emendamento, sul quale viene chiesto l'intervento della Giunta del regolamento per violazione dell'art. 72 della Costituzione (ogni disegno di legge deve essere approvato articolo per articolo). La Giunta del regolamento delega la •decisione alla Conferenza dei Capigruppo, mentre la Presidente Jotti, pur escludendo che la decisione possa costituire un precedente, finisce a malincuore col dichiarare ammissibile la richiesta del governo di porre la fiducia sull'art. 8, considerata «la situazione particolarmente difficile ». Anche in questo caso deve trattarsi di una duplice votazione palese: una per assicurare l'approvazione del nuovo art. 8, l'altra per respingere un emendamento soppressivo presentato dai missini. Con la nuova duplice votazione di fiducia e l'approvazione dei provvedimenti del settore contributivo, il 1° febbraio viene completata la manovra '88 dal lato delle entrate. Il 2 riprende l'esame dei provvedimenti di spesa: 22 articoli sui quali sono stati presentati ben 900 emendamenti. In Commissione Bilancio si era lavorato sugli articoli maggiormente « a rischio », per avvicinarsi alle posizioni dell'opposizione di sinistra che sembrava intenzionata a provocare la caduta del Governo Goria. Si riesce così a far passare di stretta misura gli articoli 23 e 24, ma tutto si ferma nel momento della discussione dell'articolo 28, contenente le norme in materia sanitaria. L'articolo viene soppresso inte-


rinuncia ai nuovi controlli sulle pensioni di invalidità, viene riformulato l'articolo concernente le assunzioni dei dipendenti pubblici, attenuandone la severità e ridando spazio al meccanismo delle «assunzioni in deroga ». In campo sanitario, dopo la bocciatura dell'art. 28, vengono approvate le proposte in materia di spesa farmaceutica formulate dalla Commissione Bilancio, con un maggior onere di circa 2.000 miliardi rispetto al testo vaVERSO LA CRISI DI GOVERNO rato dal Senato. In materia pensionistica A questo punto esplode con violenza la il Ministro Formica, recependo un accordo tra Pci e Dc, presenta un emendamento protesta delle opposizioni,fino a spingere la Presidente lotti ad abbandonare dell'art. 34 che stabilisce lo sfondamenl'aùla per alcuni minuti in segno di pro- to del « tetto » massimo di pensione e testa e poi a sciogliere la seduta, ormai consente la perequazione annuale delle ingovernabile. pensioni dall'89 con riferimento all'indice In un clima surrisa1dato, l'opposizione delle retribuzioni medie contrattuali dei chiede l'immediata caduta del governo. lavoratori dipendenti, pubblici e privati. La proposta viene approvata a larga magGiovanni Goria si reca al Quirinale spiegando che non va a dimettersi bensì a gioranza per alzata di mano e l'articolo informare degli avvenimenti il Presidente 34, così emendato, viene approvato con della Repubblica. E mentre Craxi invita 448 voti favorevoli e 73 contrari. alla calma, minacciando i deputati di uno Una novità è rappresentata dall'approvascioglimento delle Camere nel caso. la Fi- zione dell'« emendamento Bassanini », in nanziaria sia bocciata al voto finale, si base al quale magistrati ed altri funzionari stabilisce che il Governo rimanga in ca- pubblici dovrebbero versare allo Stato rica fino all'approvazione definitiva della l'80% dei compensi extra-stipendio permanovra economica. cepiti per consulenze e arbitrati o per Il chiarimento viene rimandato ma, con .la partecipazione a commissioni di vario sottili distinguo, il Presidente Goria pre- tipo. cisa che non si tratta di « dimissioni nel Prima della fine della seduta il Ministro cassetto », la qual cosa sarebbe stata in- Amato annuncia la richiesta del voto di costituzionale, bensì di un atto di respon- fiducia sull'art. 35, relativo alla disputasabilità di fronte al Paese. tissima destinazione dei fondi ex-Gescal. Il PCI, un pò disorientato, pur non aven- Si trattava di uno degli ultimi passi da do ottenuto alcuna esplicita assicurazione compiere prima della votazione finale a di crisi, finisce con l'ammorbidire il pro- scrutinio segreto sull'insieme della legge. prio atteggiamento, e le votazioni del gior- La seduta del 5 pomeriggio si presenta no 4 febbraio si svolgono in modo piut- decisiva. tosto piano, grazie anche alle costose con- Forse per « la consapevolezza delle difficessioni del Governo. In effetti, dopo la coltà che un voto negativo avrebbe progralmente, e con esso il piano risparmi della Sanità, aprendo un buco di centinaia di miliardi nel bilancio dello Stato. 11 Governo, preoccupato anéhe dal trascorrere dei due mesi di esercizio provvisorio, decide di stralciare alcuni provvedimenti, trasformandoli in decreti e chiedendo altre votazioni di fiducia.

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vocato », come ipotizza sottilmente De Mita, o forse per «un gesto estremo di lealtà verso le istituzioni », come motivano la loro scelta i repubblicani, o ancora per la decisione comunista di appoggiare segretamente la Finanziaria, evitando un nuvoo colpo alle credibilità delle istituzioni, nel tardo pomeriggio del 5 febbraio a Montecitorio si arriva finalmente alla approvazione della legge. Sui 594 presenti, si registrano 331 voti favorevoli e 263 contrari. Il lunedì successivo inizia alla Camera la discussione del bilancio dello Stato: si tratta ormai di un atto dovuto e le votazioni sulle tabelle dei vari ministeri non dovrebbero avere alcun effetto innovativo in quanto le decisioni di spesa sono già state prese con la Finanziaria. Ma è da tempo che le. votazioni sugli stati di previsione dei Ministeri fungono come una sorta di pagella dei vari Ministri. Di qui qualche incognita. Nel frattempo riprende al Senato l'esame della Finanziaria licenziata dalla Camera. E' la navetta del bicameralismo. Il Presidente della Commissione Bilancio di Palazzo Madama si dichiara preoccupato e deciso a qualche modifica, d'accordo in questo col Ministro Amato. Dopo l'annuncio che il disavanzo '88 avrebbe superato di almeno 6.000 miliardi il tetto previsto, Amato ritiene infatti improrogabili « grandi manovre » sulla legge per recuperare almeno 2.000 miliardi. Il Ministro è impegnato su più fronti: il « piano di risanamento della finanza pubblica» (azzeramento entro il '92 del fabbisogno primario, esclusa la spesa per interessi) e il progetto di riforma della, Finanziaria, che deve andare di pari passo cori un miglioramento delle procedure par56

lamentari. L'idea è di ritornare ad una Finanziaria snella, vincolando il Parlamento con un meccanismo (mutuato dall'ordinamento USA) che blocchi automaticamente le nuove decisioni legislative di spesa al momento del raggiungimento del tetto fissato per il deficit pubblico. La proposta, solo abbozzata, scatena una polemica pubblica tra Amato e Bassanini. Ma tutto si blocca a causa della formale crisi di governo. Dopo le dimissioni di Goria, dimissioni ormai scontate, si arriva alla sospensione del dibattito sia al Senato che alla Camera. Il Ministro del Tesoro, sostenuto dal parere di alcuni giuristi, nega recisamente la possibilità di ripresentarsi in aula 'fino a che la crisi non si risolva:' « la legge finanziaria non è un atto dovuto, bensì un provvedimento che comporta ta precise scelte di strategia economica che investono la responsabilità del governo e delle forze politiche. Dopo l'approvazione della proroga dell'esercizio provvisorio, sarà il nuovo governo ad affrontare in aula il dibattito sulla Finanziaria e sul bilancio ».

SOSPENSIONE DELLA CRISI E TERZA LETTURA

Secondo l'On. Cirino Pornicino essendo ormai la Finanziaria di pieno gradimento della Camera, non sarebbe difficile, per un nuovo Governo, arrivare all'approvazione definitiva in tempi brevi. Dopo qualche giorno di manovre politiche, si arriva alla ripetizione di una scena già vista: il Governo Goria, protetto dai socialisti, con l'impegno dei repubblicani e un richiamo alla coerenza lanciato da Martinazzoli ai deputati Dc, si ripresenta


alle Camere per condurre in porto la manovra economica, « compiendo un atto di profonda responsabilità di fronte al Paese ». Andreatta, ancora una volta in sintonia conAmato (< la Finanziaria non è da buttare ma alcune norme vanno potate ») coglie nella scelta del rinvio alle Camere la giusta difesa delle prerogative del Governo e fonda su questo presupposto le prospettive di modifiche della Finanziaria in senso più rigoroso («Il dibattito e il voto di fiducia, anche se possono avere valore temporaneo, comportano un rinsaldamento del programma sul quale è nato questo governo. Per questo mi aspetto che domani Goria spieghi al Parlamento cosa non lo soddisfa di questa Finanziaria »). I comunisti, dal canto loro, minacciano durissime rappresaglie qualora si ridiscutano alcune loro importanti conquiste inserite nella legge e ciò mentre stendono una mano proponendo «un governo di convergenza programmatica e garanzia istituzionale ». Alla Camera, con molte preoccupazioni, il 23 febbraio riprende la discussione della legge di bilancio. Dopo un accordo per rinunciare alle dichiarazioni di voto, il Go. vernQ affronta ben ottantuno votazioni, quasi tutte a scrutinio segreto (la conferenza dei capigruppo aveva respinto l'ipotesi di votare a scrutinio palese), superandole brillantemente. Allo scrutinio finale, con 324 voti a favore e 201 contrari viene approvato il. bilancio dello Stato, con grandi complimenti ed elogi per il profondo senso di responsabilità di tutti. Ma per il Governo •non è ancora finita: si tratta ora di far passare al Senato le poche modifiche politicamente « proponibili », necessarie per recuperare qualche

migliaio di miliardi, persi durante il passagio della Finanziaria alla Camera. Gli emendamenti del Governo si concentrano sulla ritenuta sugli interessi bancari, da riportare al 30% sui depositi di conto corrente e lasciata al 25% per i depositi vincolati, e sulla spesa sanitaria. Viene invece lasciato all'iniziativa dei gruppi parlamentari la presentazione di eventuali emendamenti sul cosiddetto « emendamento Bassanini ». Anche l'opposizione comunista promette di presentare emendamenti limitati (sul fiscal drag, sull'indennità di disoccupazione, sui fondi ex-Gescal e sulla scuola) e propone di ascoltare il Governatore della Banca d'Italia subito dopo la conclusione dell'iter parlamentare della Finanziaria. Ma, nonostante le buone intenzioni, gli emendamenti presentati rimangono più di 50. Intanto, sul fronte del deficit continuano le brutte notizie: il Ministro del Tesoro conferma che il deficit '88 arriverà a 122.000 miliardi, circa 20.000 in più delle previsioni; i Comuni minacciano bilanci in « rosso » e per l'INPS si parla di un buco aggiuntivo di 4.000 miliardi per pensioni d'invalidità. Gli appelli del Presidente della Commis• sione Bilancio al senso di responsabilità delle forze politiche sono poco ascoltati dai suoi stessi compagni di partito, e il 4 marzo la Commissione Bilancio del Senato manda in aula una Finanziaria '88 nella quale è ripristinato l'aumento al 30% della ritenuta sui depositi bancari, ma in cui passa il superamento del tetto pensionistico INPS e sono assenti le norme di contenimento della spesa sanitaria. A tempo di record i senatori compiono la «terza » lettura della legge, sostanzialmente nella versione scaturita dai movirnen57


tati lavori di Montecitorio, fatta esclusione per l'art. 7 e per lo stralcio dell'« emendamento Bassanini ». Il 9 marzo, la Finanziaria viene approvata dal Senato. Il giorno dopo, con 272 voti favorevoli (maggioranza richiesta 211), an-

che la Camera dà l'OK definitivo. Si chiude per quest'anno una vicenda logorante. Ma è destinata a riaprirsi immediatamente sul piano politico (apertura della crisi di governo) e istituzionale (scontri sulla riforma della 468).

Note

dite di società che hanno in corso operazioni di fusione non possono superare il patrimonio netto delle stesse società. In questo modo si tenta di impedire operazioni strumentali che consentono un forte abbattimehto del carico fiscale alle imprese. Va osservato, tuttavia, che 'la decadenza del decreto, i ritardi nell'approvazione della Finanziaria hanno consentito la realizzazione di numerose operazioni di 'questo tipo nel corso degli ultimi mesi del 1987 e dei primi mesi '88.

Cfr E. LEVI, Primo obiettivo l'occupazione, « Avanti », 31 agosto 1986. 2

iLa Corte Costituzionale con sentenza n. 431 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale solo di alcune norme dell'art. 31 della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (legge finanziaria per il 1986), articolo che riguardava la c.d. « tassa sulla salute ». ' Dopo una serie di incontri ed un accordo con i liberali sugli sgravi fiscali, Goria trova modo di ricomporre la maggioranza nella settimana dal 16 al 24 novembre, ed il 24 novembre si presenta alla Camera per la fiducia. Con il provvedimento si stabilisce che le per.

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Il 10 febbraio 1988, dopo 'l'ennesima sconfitta della maggioranza nel corso della votazione sulla « tabella » del Ministero del Bilancio (maggioranza richiesta 288, voti favorevoli 286, contrari 289) si apriva formalmente la crisi di gover-no.


La progettazione legislativa degli investimenti pubblici di Giulio Lamanda

In materia di finalizzazione e di contro!lo della spesa per investimenti l'esperienza italiana è prodiga di soluzioni parziali. Magari in continua attesa della soluzione metodologica (riforma dei regolamenti parlamentari, riforma della legge 468) capace di risolvere tutti i mali in un sol colpo. Si tratta di microdispositivi di controllo spesso inventati ad hoc per singole e specifiche autorizzazioni di spesa e comunque non pensati all'interno di un disegno metodologico complessivo, ma che poi, bene o male, finiscono per coinvolgere l'intero corpo delle autorizzazioni di spesa in conto capitale. La proliferazione di queste soluzioni parziali è stata crescente negli ultimi anni in funzione diretta del disagio per l'impossibilità di valutare e dominare il processo di formazione della spesa, sino a toccare il parossismo nella gestazione della finanziaria per il 1988. La numerosità e la varietà qualitativa con cui dispositivi specifici di controllo degli investimenti compaiono nei testi succedutisi del disegno di legge finanziaria, costituiscono una ulteriore e speciale ragione per concentrarsi sulla vicenda di quest'ultimo anno. Nel seguito si cercherà di suddividere l'universo di questi provvedimenti di controllo, secondo grandi famiglie o tipolo-

gie strumentali. Si tratta di un passo ancora preliminare rispetto ad una classificazione vera e propria delle modalità autorizzative dell'investimento pubblico, per svolgere la quale sarebbe necessario un certo consenso generale rispetto agli obbiettivi ed ai limiti dei procedimenti di controllo del bilancio. La generazione di microdispositivi di controllo è anche fortemente intrisa di una ulteriore (e forse più importante) intenzionalità: assicurare il vincolo tra la spesa e la sua finalità economica, tra provvedimento e raggiungimento degli obiettivi di impatto nella società. Questa impostazione costituisce il risultato dei tentativi di volta in volta effettuati per ristabilire in legge meccanismi di sicurezza in merito all'utilizzazione dei fondi autorizzati. Tentativi che, a loro volta; costituiscono una forma di reazione alla oscurità che avvolge nel merito i provvedimenti di spesa, oltre che un riflesso della sostanziale mancanza di fiducia oramai instituitasi tra i soggetti preposti alla predisposizione del bilancio e gli organi incaricati della attuazione. E' un fatto, comunque, che questa linea di ricerca esiste nella legislazione italiana di bilancio, caratterizzandola e distinguendola in maniera importante rispetto alle esperienze dominate esclusivamente dalla 59


ricerca di obiettivi finanziarii. Il che non sempre riceve la dovuta attenzione. Anche in Italia, infatti, il dibattito è stato egemonizzato costantemente dall'intento di porre al centro il tema « dell'equilibrio del bilancio » introducendo a premessa dell'iter 'legislativo indicatori-obiettivo di carattere macrofinanziario. La ricerca sperimentale e la produzione empirica di normative di settore hanno invece seguito una strada diversa, tentando di dare una risposta concreta al tema del controllo di merito sulla natura microeconomica dei provvedimenti. Una prima grande suddivisione all'interno delle procedure di organizzazione riguardanti i provvedimenti di spesa in conto capitale, attiene alla funzionalità del controllo stesso., Nell'articolato della legge finanziaria possiamo così distinguere: dispositivi che mirano ad assicurare la corrispondenza tra autorizzazioni di spesa ed obiettivi economici dalla natura determinata (metodologia di finalizzazione). dispositivi che mirano ad assicurare la esecuzione e la tempestività della spesa e l'effettivo perseguimento dei risultati attesi (metodologia di accelerazione e controllo). -

COME VINCOLARE LA SPESA AL CONSEGUIMENTO DI FINALITA' ECONOMICHE DETERMINATE

Il primo dei due gruppi indicati riguarda l'esigenza di certezza che ha il legislatore rispetto al fatto che l'autorizzazione di spesa sia utilizzata per finalità .note e concertate ex-ante. Nella sua forma più ele-

mentare questa esigenza si presenta allorchè il provvedimento di legge indica la singola specifica opera o il determinato insieme di opere cui sono destinate le risorse finanziarie. Nella sua forma più moderna ed evoluta la stessa esigenza si manifesta mediante l'indicazione in legge degli effetti sociali o degli obiettivi di efficienza che si intende perseguire (sviluppo dell'occupazione, del reddito etc.) insieme alla obbligatorietà di una procedura più o meno complessa che, affidata ad organi specializzati, assicura la selezione degli investimenti più efficaci rispetto agli obiettivi dati (come avviene per il FIO, i programmi della legge 64). In sintesi possiamo dire che, pur nella varietà delle possibili manifestazioni, questa prima famiglia di strumenti nasce per il tentativo del legislatore di influenzare il processo di identificazione degli investimenti ed orientarne la tipologia progettuale. Non si tratta di un tentativo nuovo evidentemente. Il disegno di 'legge per la finanziaria 1988 non fa che recepire, ampliandola e sfaccettandola ulteriormente, la casistica delle soluzioni già viste nel passato, tanto le più evolute quanto le più arcaiche e rudimentali. Per quanto si è appena detto questo primo raggruppamento può essere immediatamente distinto in due ulteriori grandi categorie: - la prima comprende le disposizioni mediante le quali il legislatore si limita a compiere una azione di indirizzo nei confronti delle amministrazioni titolari delle autorizzazioni di spesa. - la seconda comprende le disposizioni mediante le quali il legislatore esercita una vera e propria determinazione degli


investimenti da effettuarsi mediante le autorizzazioni di spesa. Ma ulteriormente queste categorie possono essere suddivise. Perveniamo éosì alle tipologie di base che compongono la strumentazione per l'orientamento della spesa in conto investimenti. Tipologie che possono essere così definite (si veda il prospetto n. 2 per la classificazione dei provvedimenti inclusi in legge):

forme di indirizzo degli investimenti: Autorizzazioni di spesa collegate al conseguimento di obiettivi di riequiibrio finanziario a livello di settore. Sono finalizzate in questo modo 6 autorizzazioni, nei settori postale e ferroviario. Esse riguardano poco più di 6000 miliardi pari al 40% del valore totale delle autorizzazioni in competenza 1988. Non vi sono in questa categoria autorizzazioni dal carattere pluriennale. Autorizzazioni finalizzate al conseguimento di obiettivi di moltiplicazione finanziaria. Si tratta delle autorizzazioni concernenti il concorso agli interessi su mutui ripianati con fondi propri delle amministrazioni. Si tratta di due sole autorizzazioni concernenti, tanto in base annuale che poliennale, all'incirca l'8% del valore totale. Autorizzazioni finalizzate al conseguimento di obiettivi di rilevante interesse nazionale, e sottoposte a procedure speciali di selezione degli investimenti. Si tratta delle autorizzazioni destinate al FIO, ai programmi di risanamento ambientale, e di riorganizzazione della infrastruttura sanitaria. Complessivamente sono co-

sì regolamentate 9 autorizzazioni di spesa pari a circa 5400 miliardi in competenza 1988 (il 26% del valore totale) ed a ben 15.900 miliardi circa in proiezione poliennale pari al 28% del totale.

forme di determinazione degli investimenti Autorizzazioni per la realizzazione di singoli progetti. Troviamo in questa categoria 13 autorizzazioni, solitamente di ridotto ammontare, unitario, per poco più di 400 e 1700 miliardi su base annuale e pluriennale rispettivamente, corrispondenti al 2% ed al 3% del valore totale nei due periodi. Autorizzazioni per la realizzazione di programmi settoriali tipologicamente determinati. E' questa di gran lunga la conformazione autorizzativa più frequente, riguardando ben 26 provvedimenti. 'In termini di valore l'influenza si attenua. Si contano infatti 3000 miliardi circa in competenza 1988 e 15.376 circa in vari anni, rispettivamente il 15% ed il 27% del totale. Autorizzazioni per la realizzazione di programmi• settoriali, con delega ai Ministri di settore (od a Comitati di ÌvIinistri) per ulteriori regolamentazioni. Questa categoria corrisponde ad 8 provvedimenti concernenti all'incirca 1800 miliardi su base 1988 e 10.700 miliardi in vari anni (il 9% ed il 19% circa rispettivamente del valore totale). Si differenzia leggermente da quella indicata al numero precedente, per il fatto che nei regolamenti attuativi le autorità di settore potrebbero introdurre disposizioni ulteriori a quelle di legge per quanto riguarda la tipologia e la qualità degli investimenti.

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ALLA RICERCA DELL'EFFETTIVITA' E DELLA TEMPESTIVITA'

L'altro grande raggruppamento di dispoSitivi procedurali esistente nella legge finanziaria 1988 riguarda un tema abbastanza nuovo, almeno così ci sembra, nell'esperienza della legislazione italiana di bilancio: la regolamentazione dei processi attuativi che si irinescano successivamente alla specificazione progettuale dei programmi di spesa. Duplice è l'intenzione: - àssicurare e accellerare il verificarsi delle spese previste, allo scopo di evitare la formazione di residui ed anzi ravvicinare nel tempo gli effetti economici degli investimenti. Si tratta dunque di dispositivi per l'attivazione degli investimenti. - introdurre un ulteriore sistema di verifiche sulla natura delle direttrici di in. vestimento, questa volta non più mediante meccanismi di orientamento ex-ante, ma piuttosto mediante meccanismi di controllo e verifica innescati quando già le iniziative di spesa siano state intraprese. Si tratta dunque di dispositivi per il rendiconto della spesa e dei risultati economici. In virtù di questa valenza si affaccia per la prima volta nella legislazione di bilancio italiana la concezione del controllo di gestione e di verifica ex-post sullo svolgimento degli investimenti pubblici. Dispositivi per l'attivazione degli investimenti. La casistica delle procedure di attivazione può essere suddivisa in funzione dei soggetti cui sono rivolte le prescrizioni del legislatore e delle procedure che si è 62

inteso rendere più incisive e veloci. Perveniamo così alla identificazione di due tipologie abbastanza chiaramente identificabili nel modo seguente: Riorganizzazione delle procedure per le decisioni di investimento. Nuove modalità in questo senso vengono predisposte mediante la prescrizione di timing cui le amministrazioni titolari delle autorizzazioni di spesa dovranno attenersi nello svolgimento dell'iter amministrativo, oppure mediante la riassegnazione di respon: sabilità e competenze tra gli uffici dell'amministrazione centrale. Regolazioni a carattere eccezionale dei rapporti tra diverse amministrazioni o riorganizzazione dei rapporti del settore pubblico con i privati esecutori degli interventi. L'introduzione di queste modalità avviene mediante il conferimento di poteri sostitutivi e la introduzione di procedure speciali per la risoluzione dei procedimenti amministrativi, nonché mediante la introduzione di nuovi regolamenti per l'aggiudicazione dei lavori. Dispositivi del primo tipo sono le misure marcatempo associate ai programmi di investimento delle Ferrovie dello Stato (alle quali viene fatto l'obbligo di produrre entro 90 giorni le priorità concernenti gli investimenti del programma integrativo, e di informare il CIPE entro il 30 giugno in merito alla attuazione delle spese) ed anche alle procedure previste per la riattivazione del Fondo Investimenti ed Occupazione (vien fatto obbligo al CIPE di attivare le procedure attuative per la nuova gestione entro 15 giorni e di procedere al riparto dei fondi entro il dicembre 1988). Delimitazioni temporali di analoga natura riguardano poi alcuni programmi settoriali (acquedotti, strade


provinciali, programmi dell'ambiente). Il Ministro del Bilancio, nella sua qualità di presidente del CIPE, è il soggetto della più importante riassegnazione di responsabilità introdotta dalla legge, poichè può proporre, contestualmente al riparto dei Fondi FIO, che i progetti ritenuti ammissibili al finanziamento dopo l'istruttoria tecnica condotta dal Nucleo di valutazione, siano finanziati a valere sulle risorse delle leggi settoriali o della legge numero 64/1986 sul Mezzogiorno (art. 17 comma 34). Questa norma si prefigge evidentemente lo scopo di stimolare l'uso delle giacenze finanziarie a livello di settore, incentivando il ricorso alla verifica tecnico-economica condotta dal Nucleo di Valutazione come strumento per by-passare le modalità tradizionali di decisione. Tra i dispositivi del secondo tipo vi sono misure che assumono una valenza generale, e costituiscono tentativi di riorganizzazione rivolti all'intero comparto delle opere pubbliche. Altre hanno invece il carattere di rafforzamento mirato nei confronti di singoli programmi o progetti particolarmente critici. Tra le misure di carattere generale si includono i dispositivi previsti dal comma 2 dell'art. 17 (regolamentazione dei ribassi nelle gare di appalto) e da vari commi dell'art. 27 (facoltà per le amministrazioni di ricorrere all'egida della Presidenza del Consiglio per la gestazione di opere di « preminente interesse nazionale » o comunque di « rilevante interesse »). Per quanto riguarda le misure dal carattere specifico, se ne possono contare in finanziaria una diecina (si veda anche tab. 2) collegate ad altrettante autorizzazioni di spesa. Alcune di esse sono introdotte

per la prima volta dalla legge stessa (come quella concernente l'iriquadramentò urbanistico dei progetti negli aeroporti di Roma e Milano), altre volte sono solo implicitamente recepite attraverso il rifinanziamento di preesistenti programmi a carattere speciale (come nel caso dei programmi ex 1.219/1981). Rendiconto della spesa e risultati economici. Il tema del controllo di processo sullo svolgimento delle spese può essere a sua volta ricondotto a due tipologie elementari, a seconda dell'interesse principale del legislatore. Potremo così distinguere: Procedure di controllo sullo svolgimento di singoli provvedimenti. Procedure standard di verifica sulla efficacia delle •autorizzazioni di spesa. Nel testo della finanziaria si possono contare 8 autorizzazioni di spesa contraddistinte da specifiche procedure di controllo in merito alla effettiva realizzazione degli investimenti. In alcuni casi il controllo viene affidato ad organismi specializzati (come per il FIO, sottoposto alle periodiche verifiche da parte del Nucleo Ispettivo). In altri casi l'identificazione del soggetto esecutore viene mantenuta nel vago (investimenti delle Ferrovie dello Stato, programmi « acquedotti regionali » e « strade provinciali »), a meno che non debba ritenersi implicitamente interessato il Nucleo Ispettivo quale organo di controllo del Governo (si veda la legge n. 878/1986). Nella generalità dei casi il controllo ha carattere condizionante, nel senso che dai suoi esiti può dipendere la sospensione dei finanziamenti (FIo, programmi « acquedotti regionali » e 63


« strade provinciali ») o comunque la determinazione dei flussi finanziarii da iscriversi nei provvedimenti di legge a venire (investimenti delle ferrovie dello Stato). Spesso le misure di controllo costituiscono un corollario delle misure di attivazione già indicate nel precedente punto 7 nel senso che si intende rafforzare sul terreno stesso della esecuzione la determinazione temporale già introdotta nella assunzione delle decisioni di spesa. In alcuni casi questi provvedimenti sono assunti per la prima volta dalla Finanziaria (settore ferroviario, programma di studi per il Ponte di Messina) in altri casi il meccanismo viene semplicemente ereditato dalla precedente legislazione, come nel caso del FIO. Si noti però che nel rifinanziare il FIO la Finanziaria esercita comunque un allargamento del tema dell'area del controllo, estendendolo anche ai progetti che fossero dal CIPE finanziati mediante risorse settoriali. Tutte le autorizzazioni per opere pubbliche sono sottoposte al complesso dei dispositivi di verifica sull'efficacia. Il nucleo di questo complesso consisteva nella sua prima versione nell'obbligo del Presidente del Consiglio a riferire entro il giugno dell'anno in corso sull'avviamento delle iniziative di investimento previste nel territorio, ed in tal modo non si differenziava sensibilmente dalle misure « marcatempo » già descritte. Nella successiva discussione parlamentare si è poi aggiunta la facoltà per le commissioni parlamentari, di richiedere qualunque informazione e studio utile, tra cui l'analisi costi-benefici, relativamente alle opere eseguite o programmate. Sul piano delle attribuzioni del Parlamen64

to, ciò non aggiunge evidentemente nulla alle facoltà di vigilanza proprie di questo organismo. La norma è però importante ed innovativa sotto il profilo del metodo perchè impegna le Commissioni alla adozione di tecniche specializzate per la verifica dei rendimenti, ed obbliga altresì tutte le amministrazioni titolari di autorizzazioni ad attrezzarsi per lo svolgimento di questa ulteriore modalità di controllo. Infine, al termine di questa rassegna sulle procedure di controllo e verifica è importante segnalare anche la tipologia che si ricava per differenza rispetto a tutte le altre, e che riguarda le autorizzazioni « prive di controllo ». Si tratta di ben 30 casi su di un totale di 66 autorizzazioni per investimenti complessivamente contemplati dalla legge finanziaria. Il fenomeno dell'assenza di controlli è frequente per le autorizzazioni dei capi III e IV della legge, e riguarda inoltre tutti i subprogrammi degli interventi ambientali e sanitari previsti negli articoli 26 e 30. Si tratta di autorizzazioni del tutto assimilabili per finalità e natura ad interventi sul territorio, e non si capisce perchè mai le possibilità di controlli e verifiche debbano essere estese solamente alle autorizzazioni per avventura inserite nell'art. 17 (sarà questione di cabala?). Tutto ciò costituisce la misura della episodicità con cui le questioni di metodo sono riuscite ad imporsi nel processo formativo della legge.

DISPOSITIVI PER L'ORIENTAMENTO DELLA SPESA

Le classi di strumenti appena descritte assumono spesso funzione complementa-


re: misure volte alla finalizzazione delle decisioni di investimento si trovano molto spesso collegate a dispositivi di accellerazione dell'iniziativa ed a misure di controllo e verifica dell'attuazione. Nell'analisi che segue prenderemo comunque le mosse e concentreremo maggiormente la attenzione sulle modalità di finalizzazione perchè sono queste che nella generalità dei casi il legislatore sembra porre al centro del ragionamento, collegando ad esse le misure di accellerazione e verifica solo come strumenti complementari per il rafforzamento dei quadri programmatori settoriali. Per questo motivo si dedicano i paragrafi che seguono alla osservazione di dettaglio dei dispositivi di orientamento della spesa.

Autorizzazioni collegate a obiettivi di riequilibrio finanziario Forse la più importante tra le innovazioni metodologiche contenute dalla legge finanziaria per il 1988 con riferimento alla politica degli investimenti, è costituita dalla introduzione di autorizzazioni di spesa specificamente collegate al conseguimento di obiettivi di riequilibrio finanziario a livello di settore. Così possono essere definite le disposizioni contenute nel capo interamente riferito al rifinanziamento delle aziende per il trasporto ferroviario e le comunicazioni postelegrafoniche. Per entrambi questi settori, infatti, le autorizzazioni di spesa per investimenti sono seguite da prescrizioni volte a contenere nel tempo i trasferimenti a carico del bilancio dello Stato, prescrizioni talvolta accompagnate da meccanismi di controllo e valutazione dell'andamento del processo di recupero finanziario. In realtà tra autorizzazione di spesa e

contrazione programmata dei trasferimenti non esiste una relazione esplicita e determinata. E' poi importante notare che le autorizzazioni sono collocate nella competenza 1988, mentre le contrazioni dei contributi di bilancio sono soltanto previste a partire dai prossimi esercizi. E' tuttavia palese nell'organizzazione del testo della legge, la volontà di innescare un meccanismo di compensazione degli apporti di conto capitale, mediante future riduzioni di quelli di parte corrente. Ciò che si intende debba essere recepito dalle aziende come uno stimolo ad una più puntuale finalizzazione degli investimenti all'ottenimento di recuperi di produttività. Per quanto riguarda le Ferrovie dello Stato la legge prescrive che le attuali forme di contributo alla gestione siano sottoposte a rientro mediante un apposito programma quinquennale da adottarsi entro sei mesi. La prescrizione è chiara e quantitativamente determinata per quanto riguarda il trasferimento generico destinato all'equilibrio del bilancio (dovrà prodursi un azzeramento del contributo mediante riduzioni di un quinto ogni anno). Appare invece meno strutturata, e forse meno convinta, per quanto riguarda il contributo al ripiano mutui per rinnovi ed investimenti. Se ne richiede infatti la « progressiva riduzione », ma non si dice quale sia l'obiettivo finale né il tasso annuo di riduzione auspicato. A parte il contributo al bilancio indirizzato tassativamente verso l'azzeramento, tutti gli apporti previsti in conto capitale ed in conto gestione sono dalla legge sottoposti ad un meccanismo di verifica che riguarda l'attuazione, poiché è previsto che entro il 30 giugno l'Azienda 65


relazioni al CIPE sul processo attuativo dei programmi. E, fatto del tutto inusuale, è stabilito che « l'ulteriore assegnazione a tale titolo è subordinata all'effettivo utilizzo delle disponibilità già autorizzate ». Il testo non è chiarissimo, ma sembra potersi intendere che gli eventuali stanziamenti in finanziaria dell'89, saranno condizionati dall 'impegno effettivo (1'« utilizzo ») entro il mese di giugno, di quanto autorizzato nel 1988. Con il che la prescriziàne appare veramente cogente. E' interessante notare infine, che la procedura di controllo via CIPE introdotta dal provvedimento è in realtà addizionale rispetto alla procedura già prevista dalla legge 210/85, che con l'art. 19 incarica la Corte dei Conti di un controllo continuativo sulla gestione dell'ente e di riferire al Parlamento « sull'efficenza economica e finanziaria dell'attività svolta nell'esercizio esaminato ». Le autorizzazioni di conto capitàle a f avore dell'Amministrazione delle poste e telecomunicazioni, costituiscono la prosecuzione del programma amplio e diversificato di investimenti varato con la legge 39/1982, che spaziava dai temi dell'innovazione a quelli dell'automazione, per aspirare alla realizzazione di alloggi di servizio da assegnare in locazione semplice al personale dell'Amministrazione Nell'integrare quel programma il legislatore sembra deciso a raccogliere i frutti degli investimenti compiuti, prescrivendo che l'Amministrazione postale dia il via entro sei mesi dalla legge « ad un piano di riorganizzazione produttiva, di miglioramento del servizio e razionalizzazione degli organici di personale, al fine di conseguire attraverso un recupero di produttività, risultati di gestione che con66

sentano la progressiva riduzione dei trasferimenti statali a pareggio di bilancio ». Trasferimenti previsti per l'esercizio in corso, secondo stime dei servizi del Senato, all'incirca in 2.400 miliardi. Nel considerare questa prescrizione, si sarebbe tentati dal considerarla generica, anche rispetto al modello poc'anzi descritto per l'Azienda Ferroviaria (quanto dura il piano di rientro, qual'è l'organo preposto alla sua valutazione, qual'è l'obiettivo quantitativo finale?) se non fosse per il draconiano comma 23, che fissa la decurtazione dei trasferimenti nella misura del 15% a decorrere dall'esercizio '89. Esso rende superflui ulteriori orpelli di controllo, ed è sufficiente a chiarire che il piano avrà durata settennale. Che cosa si può dire dei due modelli appena descritti di programmazione del rientro di bilancio a livello di settore? Nel merito si può forse concordare con quanto già osservato dal rapporto del CER del dicembre 1987, che nel commentare queste norme, notava una rilevante contraddizione tra le intenzioni di ridurre i contributi al Bilancio delle aziende di settore, e la politica di contenimento della dinamica tariffaria raccoi-nandata dalla Relazione Previsionale e Programmatica. Al CER si potrebbe rispondere che i recuperi di produttività nella visione del legislatore non sembrano tanto collegati alle prospettive tariffarie, quanto alla maggiore efficenza reale permessa dai grandi programmi di investimento in corso. E' tuttavia dubbio che i dati di fatto e le osservazioni degli organi di controllo possano legittimare una visione così ottimista. Per quanto riguarda le Ferrovie dello Stato, ad esempio, per calmierare il carattere massimalista delle prime ver-


sioni del disegno di legge, e quasi per offrire una via d'uscita all'azienda ferroviaria, il Senato ha introdotto in seconda lettura una nuova disposizione che conferisce per un anno la possibilità di cedere linee antieconomiche a società da costituirsi appositamente, a carattere misto ed eventualmente compartecipate dall'Azienda stessa. Anche questa strategia di razionalizzazione è ovviamente molto incerta, e la sua proposizione in finanziaria non costituisce certo un motivo per affermare che la legge sia stata lungimitante al punto da prevedere essa stessa i mezzi per perseguire gli obbiettivi indicati. Sotto il profilo del metodo di programmazione di bilancio, invece, non può non salutarsi come un indubbio successo l'apparire di norme specificamente dedicate a connettere piani di investimento con precise prospettive di recuperi dal lato dei trasferimenti. Pur nella sostanziale episodicità dell'esperimento e pur nella insicurezza che è visibile in qualche punto dell'impianto normativo, siamo forse di fronte alla nascita di una generazione nuova di provvedimenti, in cui gli investimenti non vengono solo determinati nel loro costo, ma anche nel loro rendimento per il bilancio dello Stato. Non si può non rilevare però che in questo genere di questioni i problemi di merito hanno ben maggiore rilevanza rispetto ai successi di metodo. Se gli obiettivi sostanziali di recupero della produttività non dovessero essere conseguiti, in base alle norme di rientro fissate dalla finanziaria possono infatti darsi due scenari. Un primo scenario possibile è che alla riduzione degli apporti di bilancio si fa fronte con una riduzione più che propor-

zionale dei servizi prestati, con un danno evidente per la collettività. Un secondo scenario è di tipo autoritario, ed in esso si preserverebbero livelli di servizio ed equilibrio di bilancio, mediante una sostanziale e rapida dissoluzione della conflittualità contrattuale nelle aziende (le avvisaglie di questo tentativo non sono mancate durante lo stesso dibattito della legge finanziaria). Può naturalmente darsi una terza situazione, ed è quella in cui nulla di tutto ciò accada e le norme draconiane di rientro appena descritte siano abrogate in una qualunque delle prossime leggi o leggine dello Stato. Con il che tutta la discussione in questo paragrafo si sarà rivelata una pura perdita di tempo. Obiettivi di attivazione finanziaria. Quella che si discute qui è una tipologia fortemente contrastata, nata e sepolta nel volgere delle successive stesure del disegno di legge, ed alla fine affermatasi nel testo finale solo con riferimento a due provvedimenti di settore. Qui non ne parliamo dunque per l'influenza che potrà avere in immediato, quanto per le possibilità di una ripresa futura. Si tratta dell'idea che si possa autorizzare l'investimento pubblico a condizione che esso costituisca un incentivo finanziario capace di muovere risorse finanziarie maggiori. Concepite in. questo senso vi sono nella legge finanziaria le autorizzazioni al concorso per gli interessi su mutui contratti da « comuni già impegnati nella realizzazione di passanti ferroviarii » (concorso da conteneri nella misura massima di 12 punti percentuali, per un ammontare di 700 miliardi in mutui autorizzati) ed al 67


concorso per gli interessi su mutui contratti da società concessionarie dei servizi di telecomunicazione (concorso da contenersi nella misura massima di 4 punti percentuali). La medesima filosofia doveva evidentemente ispirare in embrione le autorizzazioni riguardanti gli acquedotti di competenza regionale e le strade classificate provinciali, per il finanziamento delle quali si richiede una compartecipazione delle risorse proprie degli enti finanziarii. Ma fin dal testo iniziale varato dal Governo il concorso viene fissato ad una misura così irrisoria del costo delle opere (il 10%), dall 'assumere un significato poco più che simbolico. La lontana eco di un dibattito sul significato incentivante degli investimenti pubblici, o comunque del rapporto tra questi ed effetti di incentivazione, è possibile avvertirla anche nella fraseologia con la quale sono confezionate alcune altre disposizioni (ad es. « incentivazione per la realizzazione di trasporti intermodali, etc. »), dove però non si tratta che di stanziare risorse per il completamento di opere già in corso di realizzazione. Gli strumenti della compartecipazione finanziaria sono quindi assai rari nel disegno di legge finanziaria ed, al massimo, pensati solo nell'ottica di ottenere una corresponsabilizzazione ed un impegno gestionale maggiore da parte delle amministrazioni beneficiarie dello stanziamento. Mai però nella logica che più sarebbe auspicabile, quella cioè di fare con lo stanziamento pubblico leva per mobilitare intorno a determinati progetti risorse provenienti dal settore privato. La identificazione di programmi suscettibili di queste forme di cooperazione fi68

nanziaria richiederebbe una attenta ricognizione e promozione di quelle opportunità di investimento che si pongono al confine tra l'area pubblica e l'area privata di influenza. Ma questa esplorazione richiederebbe capacità interpretative ed operative forse ancora assenti dalla Pubblica Amministrazione, che solo con grande fatica si pone il tema della identificazione e della promozione degli investimenti. Si è dunque in realtà ancora lontani dal poter considerare i processi di attivazione finanziaria come una parte integrante del sistema di mobilitazione degli investimenti pubblici. E' però doveroso censire e registrare, come qui si è cercato di fare, anche le sembianze embrionali di una simile concezione, perchè ad essa potrebbe essere ancorato il futuro di una politica di investimento che cerchi di ridurre le uscite finanziarie concentrandole sui momenti di massima efficacia e moltiplicazione. Si tratterebbe di ridurre il disavanzo senza per questo rinunciare ad una politica attiva degli investimenti pubblici.

Gli obiettivi di rilevante interesse nazionale. Le procedure speciali di selezione dei progetti di investimento allo scopo di riempire di contenuto progettuale autorizzazioni di spesa riferite a fondi od a programmi intersettoriali, sono state introdotte per la prima volta nella legislazione di bilancio italiana, come è oramai abbondantemente noto a quanti si occupano di programmazione, mediante la Legge Finanziaria per il 1982 con la istituzione del Fondo Investimenti e Occupazione


destinato ai progetti riconosciuti ammissibili al finanziamento dopo una verifica di rendimento condotta dal Nucleo di valutazione e fondata sulle metodologie di calcolo costi-benefici. Il carattere di specialità che assume questa forma di programmazione della spesa risiede nel carattere concorsuale di selezione dei progetti. I processi tradizionali di concertazione degli interventi, affidati alla discrezionalità delle amministrazioni di settore, sono sostituiti da una procedura di selezione affidata ad uffici tecnici specializzati, in modo tale che sulle decisioni esista il consenso della pluralità delle Amministrazioni (in particolare quelle periferiche). A tale procedura si assegna il compito di identificare la platea dei progetti che per il loro rendimento sono potenzialmente finanziabili. Platea sulla quale poi si esercita un processo di concertazione politica per addivenire alla decisione finale di riparto. L'influenza che queste metodologie di programmazione hanno avuto sulla spesa è stata oscillante: inizialmente pensate per il riparto di una massa considerevole di investimenti, sono state di fatto limitate, nella pratica attuativa dei primi anni, al solo Fondo per i progetti immediatamente eseguibili a carattere infrastrutturale (piccola parte dell'iniziale Fondo Investimenti e Occupazione). Successivamente, ancora in virtù di disposizioni introdotte da leggi Finanziarie (come quelle riferite ai Giacimenti Culturali) o da leggi a carattere straordinario (quale la 64/85 per il Mezzogiorno), procedure di valutazione micro-economica per la selezione di progetti di investimento sono state nuovamente connesse a grandezze finanziarie molto consistenti. La legge finanziaria per (FIo)

il 1988 non si sottrae a questa nuova

tendenza espansiva. Innanzitutto essa programma un sostanziale rafforzamento del Fondo per Progetti infrastrutturali di rilevante interesse economico (FIo). Esso viene rifinanziato per 3500 miliardi in competenza per il 1989 e vengono integrate per ulteriori 1500 miliardi le giacenze finanziarie maturate con le autorizzazioni 1986 e 1987 (in modo che il CIPE disponga complessivamente di 6000 mld circa per finanziare i progetti già da vari mesi analizzati dal Nucleo di valutazione e considerati suscettibili di finanziamento). Ma oltre al rifinanziamento del Fondo, la legge prevede una più stretta successione delle procedure, in modo tale da garantire la spendibilità dell'accantonamento 1989 sin dall'inizio dell'esercizio di bilancio. E, soprattutto prevede la possibilità che il CIPE si avvalga anche delle disponibliità dei fondi di settore e della legge 46/1986 per finanziare quei progetti che, valutati positivamente dal Nucleo di Valutazione, risultassero in esubero rispetto alla dotazione del Fondo. Ciò che probabilmente costituisce uno strumento utile, oltre che a ricavare risorse dalle zone grigie dei residui di bilancio, a diffondere le tecniche specializzate di valutazione anche sui settori tradizionali di programmazione. Oltre al rifinanziamento del FIO l'articolato della legge provvede poi alla istituzione di due nuovi importanti fondi di settore, anch'essi caratterizzati da procedure specializzate per la identificazione degli investimenti. Si tratta del programma di riorganizzazione della infrastruttura sanitaria nazionale, dotato della cospicua riserva di 10.000 miliardi in 3 anni nonché del primo stralcio annuale dell'ambi-


zioso programma di salvaguardia ambientale (la cui articolazione pluriennale viene recepita in tabella C della finanziaria stessa), a sua volta suddiviso in molteplici direttrici subsettoriali. In maniera similare a quanto accade con il FIO, anche questi due programmi di spesa si fondano su meccanismi a carattere concorsuale. Si sollecita così la capacità di elaborazione progettuale distribuita nel sistema (non solo presso i ministeri di settore ma anche presso le regioni e gli enti locali, anche se continuano ad essere escluse le imprese), si sottopongono le domande di finanziamento all'esame tecnico-economico da parte di uffici centrali specializzati. Sulla platea di progetti finanziabili così costruita, il decisore politico (il CIPE su proposta del Ministro di settore) compie la scelta di finanziamento. A differenza di quanto accade con il FIO, per il quale la presentazione dei progetti è solo preceduta da una delibera del CIPE contenente orientamenti molto generali, nei due nuovi meccanismi l'elaborazione dei progetti da parte delle amministrazioni concorrenti sarà preceduta dalla elaborazione di programmi di settore (anche essi da approvarsi da parte del cIPE) destinati a dettare priorità e riferimenti tipologici da seguirsi nella elaborazione progettuale e nella successiva fase di valutazione centrale. Rispetto all'interesse (che è invece dominante nell'operazione FIO) di esplorare senza condizionamento le istanze progettuali della periferia, i due nuovi modelli settoriali sembrano piuttosto restituire importanza agli apporti delle tecnostrutture centrali non solo per la fase di selezione dei progetti, ma anche per quella di im70

postazione tipologica. Ciò che è forse consigliato dal contenuto specialistico dei servizi che le infrastrutture dovranno prestare. Tuttavia, in questo meccanismo per cui viene delegata a successivi momenti la definizione specifica degli obiettivi del programma, finisce con il risultarne indebolita anche la capacità strutturante della legge finanziaria. Sia sotto il profilo della determinazione della natura degli obiettivi, sia sotto il profilo della determina-zione degli strumenti metodologici che assicurino la funzionalità del .processo di selezione dei progetti. Se si guarda alla lunga elencazione degli obiettivi con riferimento al programma di edilizia sanitaria, si noterà la compresenza di nuove intenzioni con gli antichi caratteri ordinari della spesa settoriale (non dissimili peraltro da quelli oggetto del fondo sanitario di parte capitale rifinanziato in tabella D), così che non sembra possibile riconoscere la funzione speciale del programma stroardinario di investimenti dentro il processo di riorganizzazione del servizio cui è dedicato un intero capo della legge. Meno che mai sembra possibile ravvisare nel programma infrastrutturale i vincoli che ne garantiscano la funzionalità rispetto al •recupero delle erogazioni di parte corrente, ciò che pure era stato enunciato come obiettivo. qualificante del programma (aspetto questo che forse avrebbe potuto essere saivaguardato raccomandando prescrizioni specifiche da rispettarsi nel disegno dei progetti a livello di località e di bacino). Analoga assenza di criteri interpretativi potrà essere ravvisata nel programma ambientale, ed in specie nel sub-programma che intende perseguire, insieme alla sal-


vaguardia del territorio, anche lo sviluppo dell'occupazione. Non sfuggirà la perdita di contenuti rispetto all'analogo fondo stabilito due esercizi orsono con riferimento ai « giacimenti culturali », quando almeno si cercò di assicurare che i progetti producessero formazione tecnologica del personale. Senza questo connotato il programma potrebbe produrre, almeno in alcuni contesti, risultati non troppo dissimili dai programmi di occupazione forestale di antica tradizione nella nostra legislazione di spesa. Sotto il profilo metodologico, salvo il richiamo frequente alla natura « tecnica » dell'istruttoria di selezione dei progetti, non si troveranno ulteriori lumi idonei a prefigurare la forma specifica della attività di valutazione, e, conseguentemente, a ritenere efficiente e trasparente l'intera procedura. Nel programma di edilizia sanitaria si raccomanda che il CIPE senta, per addivenire alla decisione finale, il Nucleo di Valutazione degli Investimenti Pubblici. E con ciò si intende forse garantire l'ingresso delle tecniche economiche nel processo di valutazione dei progetti, oltre a prefigurare un utile modello di ripartizione dei compiti tra nucleo di settore (incaricato degli aspetti « tecnici ») e nucleo del « Governo » (incaricato della verifica dei rendimenti economici). Nel programma ambientale, invece, si evita ogni riferimento alle analisi economiche dei progetti, così come al Nucleo di Valutazione del « Governo ». Ciò è tanto più sorprendente se si considera l'esperienza accumulata negli anni trascorsi dalle amministrazioni per l'accesso alle risorse FIO riservate all'ambiente. Per la verità questa vaghezza metodologica è

forse spiegata dal fatto che l'esiguità delle risorse e la specificità dei temi assegnati a ciascuno dei subsettori del programma, tenderà presumibilmente a scoraggiare l'afflusso delle richieste o comunque a preordinarle territorialmente, rendendo l'esercizio di selezione e priorizzazione dei progetti se non superfluo, sicuramente fuori scala rispetto alla platea delle domande (con la sola eccezione, probabilmente, del fondo per l'occupazione). Tuttavia, indipendentemente dalle smagliature appena menzionate, questi nuovi provvedimenti di settore finiranno con l'innalzare il livello metodologico della programmazione nazionale, per il solo fatto di creare nuove aree applicative alla vasta capacità di elaborazione progettuale maturata nel paese, e di costituire uffici centrali adeguati alla sperimentazione di nuovi modelli di analisi degli investimenti. Tra i nuovi uffici costituiti nell'ambito di questi provvedimenti particolare importanza è da annettersi al Nucleo per la Valutazione di Impatto Ambientale da istituirsi presso il Ministero dell'Ambiente. Ad esso sarà affidato l'impervio compito di introdurre in Italia la normativa CEE che prescrive la verifica di impatto sull'ambiente per grande parte degli interventi del settore pubblico e privato. Si dispone in questo momento solamente di una disciplina transitoria e chissà che il nuovo ufficio non riesca a dimostrare il contenuto metodologico ed amministrativo della verifica di impatto ambientale meglio di quanto sino ad oggi non sia accaduto.

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Determinazione del contenuto dei programmi di investimento Abbiamo innanzi denominato « strumenti per la determinazione » degli investimenti, tutte quelle autorizzazioni di spesa che identificano strettamente la natura e l'oggetto dell'investimento che dovrà essere compiuto. In questi casi il rapporto di delega tra legislatore ed amministrazione titolare del programma tende a ridursi ad un puro mandato di esecuzione, con margini assai esigui di manovra per quanto concerne l'identificazione e la caratterizzazione dei progetti. In alcuni particolari casi, la determina. zione dell'investimento si esercita mediante la specifica denominazione di un singolo progetto di spesa. Nella legge finanziaria si possono contare concepiti in questo modo 13 autorizzazioni di spesa, distribuite in differenti capi dell'articolato, per un importo medio di 133 miliardi circa su base pluriennale, e di 33 miliardi nella competenza 1988. Si tratta con evidenza di interventi puntuali dal carattere specifico in tutto corrispondente a quello dei progetti che vengono identificati mediante procedure concorsuali nei fondi a carattere intersettoriale (il FIO, l'Intervento Straordinario, il Fondo per l'Ambiente). Tranne il caso del tutto eccezionale dello stanziamento per gli studi esecutivi del Ponte sullo Stretto, e forse quello per i due aereoporti intercontinentali, si tratta di interventi per i quali non si vede la ragione di una corsia speciale di finanziamento. Non è quindi immediatamente chiaro l'esercizio che si fa di questa tipologia autorizzativa nel contesto della legge finanziaria.

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La tipologia del « programma settoriale » riguarda una platea di gran lunga più importante di provvedimenti. Come si è già accennato, si può fare una distinzione tra le autorizzazioni che non prevedono ulteriore regolamento rispetto a quanto esposto nella legge, rispetto a quelli per i quali sono previsti il disegno di criteri o programmi di indirizzo da parte delle amministrazioni di settore e/o del CIPE. Per queste ultime, infatti, sarebbe teoricamente possibile introdurre, mediante la deliberazione attuativa, metodologie analitiche di determinazione dei progetti che diano maggiore sicurezza in merito agli obiettivi di settore perseguiti ed in merito alla trasparenza delle scelte. L'esperienza insegna tuttavia che raramente queste procedure sono state introdotte per iniziativa delle amministrazioni di settore, quando non vi fosse chiarezza nel mandato metodologico effettuato dal legislatore. Chiarezza che non si trova certo nelle autorizzazioni di settore incluse nella finanziaria 1988. Se si considerano insieme le autorizzazioni settoriali si ottengono 38 provvedimenti, per poco più di 31.000 miliardi in finanziamenti autorizzati su base pluriennale, e 10.000 miliardi circa autorizzati nella competenza 1988. Ciò corrisponde a valori medi unitari piuttosto elevati: 819 e 259 miliardi per provvedimento, misurati rispettivamente nella competenza pluriennale e nella competenza 1988. Ma se si escludono poche eccezioni (i grandi flussi dedicati al Piano Straordinario per le Ferrovie ad Alta Velocità, i programmi di ricostruzione per le aree terremotate, od il programma di interventi per i beni culturali) si noterà che difficilmente le autorizzazioni supera-


no i 300 miliardi su base pluriennale ed i 100 su base annuale. Anche in questi casi, dunque siamo prevalentemente di fronte a programmi dal carattere assai specifico, e di non rilevantissima dimensione, rispetto ai quali la funzione delle amministrazioni di settore è sottoposta a rigidi condizionamenti di indirizzo. Questa impressione si rafforza ulteriormente se si considera che all'interno di molti dei programmi vi sono poi specificazioni di contenuto nonché vere e proprie riserve previste per singole opere ed a beneficio di singoli enti. E' qui inutile fare la lunga rassegna di questi casi che non sfuggiranno a nessun osservatore per quanto superficiale della legge.

AMMINISTRAZIONE E PARLAMENTO: UN NUOVO RAPPORTO?

Una cosa è da rilevare: man mano che si assottiglia la dimensione del programma settoriale e se ne specifica articolatamente il contenuto, più chiara diventa la conseguenza strutturale del fenomeno, che consiste nella perdita di autonomia operativa da parte delle amministrazioni titolari delle autorizzazioni stesse. Questa tendenza, che ad una prima lettura potrebbe apparire quasi un risultato casuale delle circostanze, si rivela in realtà l'autentico movente strutturale del processo per cui si ricorre massicciamente all'impiego di queste tipologie autorizzative a carattere determinato: si tratta di dirimere con la certezza di legge quei conflitti di interesse, quelle insicurezze di disegno infrastrutturale, che gli uffici dell'amministrazione non riescono più a ri

comporre all'interno dei procedimenti ordinari. Se si guarda in dettaglio alla successione dei disegni di legge che hanno riguardato questa finanziaria, si scoprirà che un numero importante di provvedimenti a carattere specifico e determinato erano già stati proposti nel disegno confezionato dal Governo, e che i due rami del parlamento (ed in ispecie le Commissioni, a loro volta in concertazione con l'Esecutivo) hanno soltanto rafforzato la tendenza già chiaramente in essere. Ciò dimostra che la sfiducia nel procedere ordinario dell'amministrazione ha avuto, almeno in questo esercizio, la sua radice negli stessi vertici dei dicasteri. I quali, forse a causa di una previsione pessimistica sulla durata del loro mandato, hanno teso a vincolare « de iure » le loro opzioni di investimento. Ma la particolarità del quadro politico in cui è maturata la finanziaria del 1988 non basta di per sè a spiegare il fenomeno della frammentazione delle autorizzazioni di spesa, poiché tale fenomeno è in corso ormai da vari anni. E perché, naturalmente, accanto all'Esecutivo opera poderosamente anche il corpo parlamentare nella stessa direzione. Questa considerazione spinge, ancora una volta, a considerare piuttosto la ragione di natura strutturale. Ed essa consiste nella insoddisfazione rispetto alla macchina amministrativa maturata presso gran parte del tessuto sociale, che preme affinché siano i suoi diretti rappresentanti in Parlamento a dirimere la miriade di processi che affiorano lungo lo svolgimento dei programmi di spesa. A ben vedere, se questa è la spiegazione almeno parziale dei fenomeni, la fram73


mentazione delle autorizzazioni costituisce il risvolto perfettamente simmetrico della stessa moneta, per cui si è giunti negli ultimi anni (e si prosegue con la Finanziaria in dibattito) ad introdurre procedure ed uffici speciali sostitutivi di quelli ordinari per la gestione dei grandi programmi di rilevanza nazionale. Se non fosse che nel procedere contraddittono di spinte provenienti dalla stessa origine, appare oggi vincente questa opzione per una sorta di programmazione autoritaria da parte del legislatore per cui anche i grandi programmi intersettoriali sono sempre più sottoposti a vincoli e riserve. Prova ne sia la conformazione sempre più segmentata e vincolata che sta assumendo il FIO, oltre alla conformazione frammentaria che ha immediatamente assunto il fondo per il Risanamento Ambientale. In questo procedere sorprendente per cui l'attività di legislazione si sostituisce all'azione amministrativa, si pongono al Parlamento problemi nuovi, che sono in realtà gli antichi problemi mai del tutto risolti dalla pubblica amministrazione del nostro Paese: il problema del riconoscimento e della valutazione di merito della natura degli investimenti che si andavano autorizzando lungo l'iter della legge. Forse risiede in questo processo di sostituzione di competenze il crescente disagio dei due rami del Parlamento per la mancanza di quegli elementi di riconoscibilità tecnico-amministrativa riguardanti gli investimenti che ne permettono la valutabilità in un processo di con-

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certazione. Processo che, se non si intende più affidare all'iter amministrativo ordinario, diviene pur sempre importante per raggiungere momenti di mediazione nell'iter parlamentare di approvazione della legge. Anche questo concorre a spiegare perché nella stessa Finanziaria si prevede la creazione presso le Commissioni parlamentari di uffici specializzati nel trattare le informazioni e i documenti che si richiedano alle amministrazioni « ... ai f ini della verifica dello stato di attuazione e di analisi costi-benefici degli interventi effettuati o programmati ». In tal modo il Parlamento si attrezza ad acquisire tutti gli elementi utili a divenire soggetto indipendente nel giudizio sui provvedimenti di spesa. Con l'occhio attento non solo alla verifica degli stanziamenti già autorizzati con la Finanziaria 1988, ma anche agli stanziamenti che si ricandideranno nella prossima stagione di bilancio. Il Parlamento si è dunque posto in maniera esplicita il problema della documentazione tecnico-economica di corredo alle decisioni di investimento. Non ne richiede però la soluzione alle Amministrazioni cui compete la responsabilità di presentare il disegno di legge finanziaria, per porsi invece come soggetto autonomo e titolare dell'indagine e della valutazione.

* Giulio Lamanda, autore dell'articolo, è membro del Nucleo di Valutazione degli Investimenti Pubblici. Le responsabilità per il contenuto di questo articolo sono solo dell'autore e non coinvolgono l'Ufficio di cui fa parte.


La politica pensionistica nelle finanziarie '87 e '88 di Gloria Regonini

Fin dalla loro prima comparsa sulla scena parlamentare, le leggi finanziarie hanno avuto in sorte processi decisionali strettamente intrecciati a quelli della riforma pensionistica '. Questa intersecazione si presenta particolarmente evidente per la finanziaria 1987. Infatti dalla primavera '86 l'apposita commissione speciale istituita per l'esame dei vari progetti (« Commissione Cristofori », dal nome del suo presidente) completava il suo lavoro in sede referente formulando un testo in 83 articoli in larghissima parte approvati all'unanimità, dato che i dissensi tra i parlamentari della maggioranza e quelli dell'opposizione erano circoscritti ad alcune questioni di grande rilevanza dal punto di vista dei principi (inclusione/esclusione dal regime generale di alcune categorie, attualmente esterne ad esso, graduazione del passaggio dal vecchio al nuovo sistema, innalzamento dell'età pensionabile per le donne con meno di 15 anni di contribuzione ... ), ma certo dotate di un'incidenza piuttosto circoscritta.

L'INTRECCIO TRA FINANZIARIA 1987

pubblicazione provocava una serie di valutazioni nettamente critiche da parte del Ministro del lavoro (che annunciava la presentazione di un alternativo disegno di legge di iniziativa governativa), da parte del Ministro dei tesoro, (sia direttamente, sia attraverso le stime dei costi elaborate dalla Commissione tecnica per il controllo della 'finanza pubblica), da parte di autorevoli esponenti del PSI esterni alla Commissione speciale , e da parte della Uil3 . La maggior parte dei rilievi demolitori ruotavano intorno all 'inadeguatezza delle norme rispetto al problema del crescente squilibrio finanziario del sistema previdenziale. Nel caso della politica pensionistica, quindi, l'intreccio tra legge 'finanziaria e riforma si presenta quanto mai complesso, dato che i processi decisionali relativi alla riorganizzazione generale per loro dinamiche interne intorno alla metà del 1986 sono approdati ad un punto estremamente critico, essendo evidente che le preferenze delle varie forze politiche, e persino dei singoli policy makers che afferiscono ad uno stesso partito, tendono a divergere sensibilmente.

E RIFORMA DELLE PENSIONI

Il testo elaborato dalla Commissione Cristofori era inviato alla Commissione Bilancio per il prescritto parere. Ma la sua

Le idee in circolazione

Le proposte avanzate dai vari attori nella fase di preparazione della finanziaria ri75


sentono direttamente del fatto che essi si zione tra le forze politiche nella valutatrovano a giocare contemporaneamente su zione del testo Cristofori. questi due tavoli. Così, - ad esempio, la Commissione tecnica per la spesa pubblica Le pensioni tra i provvedimenti nel mese di maggio si deve occupare del di settore? settore previdenziale sia per valutare i costi presunti del progetto Cristofori, sia Nel documento programmatico presentato per suggerire gli interventi da adottare in ai primi di settembre, il Governo confersede di manovra annuale di bilancio. In ma l'intenzione di accompagnare la legge quest'ultimo contesto, sono evidenziati i finanziaria con un pacchetto di provvedivantaggi finanziari derivanti da misure menti di settore, tra i quali la riforma quali la limitazione del diritto alla pensio- del sistema pensionistico dovrebbe occune di reversibilità ai soli cittadini con pare un posto centrale. Ma le opzioni esplicitate a questo proposito si attenbassi redditi, il contenimento delle rivagono ad indicazioni molto generali. Inlutazioni annuali in caso di cumulo delle fatti è sottolineata l'esigenza di richiamare pensioni con retribuzioni o con altri tratle gestioni pensionistiche ad un più strettamenti pensionistici il graduale innalzato rispetto del vincolo dell'equilibrio fimento dell'età pensionabile. nanziario, delegificando la determinazione Tuttavia il grado d'influenza di queste dell'ammontare delle prestazioni e dei conraccomandazioni sul disegno di legge go- tributi previdenziali, in modo che i vari vernativo sembra molto tenue. Innanzi fondi possano far fronte al maggiore fabtutto, appare controversa l'opportunità di bisogno con un elevamento delle aliquote inserire misure che incidano sul grado di del prelievo. E' inoltre rimarcata la necopertura previdenziale in un disegno di cessità di un graduale innalzamento dei legge che deve attenersi alle indicazioni contributi per il fondo pensioni dei coltiemerse dalle risoluzioni parlamentari di vatori diretti, il cui bilancio appare migiugno4 a favore di una finanziaria « leg- nato dall'anomalo rapporto tra lavoratori gera ». In secondo luogo, i dati sull'an- attivi e pensionati, pari allo 0,7. damento delle esigenze di cassa del mag- Sui tempi e le modalità di attuazione delgiore ente previdenziale ,per la prima vol- la contestualità tra riforma previdenziale ta dopo molti anni, sembrano consentire e finanziaria esistono tuttavia ampi marinterventi più rilassati, tanto che il Mini- gini di ambiguità, anche all'interno della stro del Tesoro può dichiarare che « ... su stessa maggioranza. Così, se il Ministro alcuni meccanismi. come la scala mobile, del lavoro annuncia per certa l'approva. in parte la previdenza e la finanza lo- zione da parte del Consiglio dei ministri cale, in questi anni abbiamo riguadagna- di un disegno di legge di ristrutturazione to il controllo ». Infine, alcune delle migenerale del sistema pensionistico entro sure indicate dalla Commissione tecnica, settembre, il presidente della Commissioquali l'elevamento dell'età pensionabile, ne Bilancio della Camera, Cirino Pomicicomporterebbero costi decisionali molto no (Dc) afferma che la contestualità, più elevati, coincidendo con le proposte su che temporale, deve essere politica 8 . Tale cui si è registrata la più netta polarizzaambiguità viene immediatamente allo sco76


perto non appena il testo del documento di programmazione approda alla Commissione lavoro della Camera. In questa sede, il presidente della Commissione speciale, Cristofori, « ... sottolinea che il Governo deve chiarire definitivamente la sua posizione su questo tema »; mentre il socialista Tempestini « ... nello specifico campo previdenziale esprime dissenso rispetto al cosiddetto progetto Cristofori, pur confermando l'esigenza di pervenire ad una riforma del settore »8. Questo conflitto sulla natura e sui tempi delle deliberazioni del Consiglio dei ministri in tema di riforma pensionistica, e sul loro carattere sostitutivo od .integrativo rispetto. al testo elaborato dalla commissione Cristofori, è ben presto esportato all'esterno della Commissione Lavoro, finendo con il coinvolgere le stesse prospettive di accordo sulla legge finanziaria 9 Verso la fine di settembre, sembra delinearsi un compromesso imperniato sulla presentazione da parte del governo delle proprie proposte sotto forma di emendamenti al testo uscito dalla Commissione speciale. In seguito a questa intesa, il Ministro del lavoro intensifica le consultazioni con le organizzazioni sindacali e con i rappresentanti delle altre forze produttive sulla base di una sua bozza che per altro riceve accoglienze molto fredde da parte democristiana, e che provoca l'aperta ostilità del Partito comunista. I punti più controversi riguardano l'allargamento dagli ultimi cinque agli ultimi dieci anni del periodo retributivo da considerare ai fini del calcolo della pensione, l'innalzamento dell'età pensionabile a 60 anni per le donne, per poi procedere gradualmente verso il limite unificato dei 65 anni, .

l'attribuzione all'Inps del diritto/dovere di riequilibrare il rapporto tra contributi e prestazioni, la solo parziale indicizzazione (75%) del « tetto» di retribuzione pensionabile (e sottoponibile al prelievo contributivo obbligatorio), l'ampiezza del ricorso a norme delegate per risolvere alcune delicate questioni.

Il disegno di legge del Governo In questo quadro, vede la luce il disegno di legge 4016, che in campo previdenziale sembra attenersi nel senso più letterale all'indicazione di una finanziaria « leggera », limitandosi alla secca determinazione dell'ammontare complessivo dei trasferimenti dello Stato all'Inps, a titolo di pagamenti di bilancio (somme dovute all'Istituto in base a precise norme di legge) e di anticipazioni di tesoreria (somme « prestate » all'ente, senza interessi, affinché esso possa far fronte all'erogazione delle prestazioni), ammontare fissato in 33.000 miliardi. Questa scelta « minimalista » intende comunque proporsi come un riconoscimento della necessità di garantire all'Inps le risorse indispensabili per far fronte •alle numerose prestazioni assistenziali che vengono a gravare sulle casse dell'istituto, nella « conferma della nuova logica ispiratrice di tale rapporto (tra finanza pubblica ed Inps, n.d.r.), così come definita con la legge finanziaria n. 41 per l'anno 1986 ». E, a differenza degli anni precedenti, questa issue sembra ora gestibile in un contesto piìi disteso, visto che i dati appena resi noti con la relazione trimestrale di cassa del Ministro del Tesoro al Parlamento per la prima volta, non pongono l'Inps sul banco degli imputati, tra i responsabili degli « sfondamenti », 77


ma anzi registrano un notevole incremento delle entrate dell'istituto, in gran parte dovuto agli effetti del condono previden. ziale ed all'inasprimento delle sanzioni introdotti con la legge 11/1986, oltre che agli aumenti contributivi disposti con la finanziaria per il 1986. Tuttavia, nonostante questi elementi favorevoli, il primo comma dell'articolo 8 del disegno di legge, nel quale è contenuta la norma relativa all'ammontare complessivo dei trasferimenti dello Stato all'Inps, è destinato ad essere risucchiato entro l'accidentato campo • decisionale nel quale da anni si confrontano e si contrappongono i principali attori del policy making pensionistico.

Il divorzio tra finanziaria e ri/orma Lo stesso giorno in cui il « Corriere della Sera » in- prima pagina ottimisticamente

intitola Ri/orma delle pensioni, ora sembra davvero pronta", alla Commissione Lavoro della Camera, convocata per esprimere il parere sul bilancio del Ministero del lavoro e sui trasferimenti dello Stato agli enti previdenziali, emergono i gravi dissensi che ancora dividono la coalizione sui nodi di fondo della ristrutturazione, e trovano ulteriore conferma i rapporti di estrema tensione che contrappongono i parlamentari della commissione al responsabile politico del ministero, la cui assenza è stigmatizzata in termini molto duri dai rappresentanti di tutti i partitit 2 Così il democristiano Garocchio esplicitamente afferma che « ancora una volta non si tiene debito conto che sull'Inps, sul sistema delle pensioni, una Commissione parlamentare ha effettuato un lavoro, definendo alcuni punti; che vi è e ciò è molto importante - una sostan.

78

ziale convergenza su alcuni dati che sono acquisiti, che ci troviamo di fronte ad una proposta, ventilata dal Governo, che rischia non dico di snaturare il lavoro effettuato dalla Commissione, ma di non tenerlo nella dovuta considerazione »''. Nonostante le assicurazioni fornite dal sottosegretario Borruso, secondo il quale entro la fine di ottobre il Governo varerà le sue proposte sotto forma di emendamenti al testo uscito dalla Commissione speciale, i contrasti tra i parlamentari della maggioranza divengono palesi non appena il relatore, il democristiano Pisicchio, propone per la Commissione Bilancio una mozione che nella parte finale esprime esplicito sostegno all'operato della commissione Cristofori' 4 e riconferma alcune linee di fondo quali la separazione tra previdenza ed assistenza. Queste considerazioni suscitano la netta reazione del deputato socialista Trappoli, che chiede di sopprimere la parte che riguarda il lavoro della Commissione speciale, pena il voto contrario del suo partito. Che la contrapposizione su questo tema non sia semplicemente tra i due maggiori partiti della coalizione di governo, ma traversi un p0' tutte le forze politiche, è dimostrato dal fatto che sulla proposta dell'onorevole Trappoli alcuni democristiani si mostrano possibilisti, mentre altri, tra cui l'onorevole Cristofori, condividono il testo presentato dall'on. Pisicchio. Del resto, la più appassionata difesa del lavoro della Comrni'ssione speciale viene dall'on. Arisio, eletto nelle liste del Pri, partito tra i più nettamente ostili al testo « Cristofori » La disputa si chiude con un compromesso che cancella le più esplicite affermazioni di sostegno al testo Cristofori; ma è chiaro che in tema di riforma pensioni-


stica le distanze tra i vari attori coinvolti nei diversi circuiti decisionali sono ancora grandi. Del resto, persino sull'opportunità di presentare in qualche forma i promessi provvedimenti di settore, esistono vasti ed autorevoli dissensi' 8 , ed occorre un vertice tra i partiti della maggioranza, alla metà di ottobre, per sancire il comune impegno a favore della contestualità di queste misure. Ma l'incisività concreta di questi patti nel settore pensionistico è quanto mai bassatT. Pochi giorni dopo, infatti, « Il Popolo» pubblica un'intervista a Tina Anselmi, responsabile dell'Ufficio previdenza ed assistenza della Democrazia cristiana, che viene interpretata come un'aperta sconfessione delle proposte su cui il Ministro del lavoro sta cercando di raccogliere il consenso delle parti sociali, non senza prospettive di successo. Contemporaneamente, « L'Unità » pubblica una intervista a Lucio 'Magri, responsabile della Commissione Politiche sociali del Pci, in cui sono riportate valutazioni molto negative della bozza De Michelis, in qualche modo ponendo precisi limiti alla stessa disponibilità dimostrata dalla componente comunista della Cgil. Infatti, col procedere delle negoziazioni tra Ministro del lavoro e parti sociali e con il profilarsi di ampi margini di accordo, viene allo scoperto il fatto che, ormai, nel problema del come, quando, e per 'iniziativa di chi fare la riforma pensionistica, entrano valutazioni di politica partitica che hanno a che vedere con le preferenze relative al cambio della guida del governo, alla « staffetta », ed alla eventualità di elezioni politiche anticipate". Arisio (Pri) coglie con grande tempestività i sintomi della crisi politica ed

afferma che « si debbono comprendere le contraddizioni e, insieme, anche le sofferenze patite dalla maggioranza e dalla opposizione cercando di « partorire» una legge finanziaria che risente di un particolare momento. Mi riferisco a un momento che ormai è definito quasi da tutti preelettorale »20 Se non (ancora) la possibilità stessa della riforma, almeno la sua stretta contestualità con la legge finanziaria appare ormai una via definitivamente preclusa.

IL RAPPORTO TRA L'INPS E LO STATO

Il problema del rapporto finanziario tra l'Inps e lo Stato ha la caratteristica di suscitare reti di relazioni e sistemi di opposizione molto simili a quelli che si producono sul tema generale' della riforma previdenziale. In primo luogo, occorre ricordare che la determinazione delle risorse da trasferire all'istituto non è una mera operazione contabile, ma una decisione in cui entrano, quali componenti essenziali, alcune valutazioni relative al ruolo ed alle responsabilità dell'ente nella gestione della politica pensionistica. Il rapporto tra entrate ed uscite dell'ente risente infatti di almeno tre fattori, il cui controllo è di esclusiva pertinenza dei suoi organi dirigenti: * le modalità di espletamento delle « funzioni estrattive », cioè la regolazione delle concessioni di proroghe e rateizzazioni per i debiti contributivi, il controllo dei versamenti effettuati dalle aziende e della loro corrispondenza con i bollettini inviati all'ente, la repressione delle evasioni attraverso l'attività ispettiva; * le modalità di espletamento delle « fun79


zioni erogative », cioè l'uso di quei margini di discrezionalità nel riconoscimento del diritto ai benefici che l'istituto conserva, soprattutto per alcune prestazioni (pensioni d'invalidità e d'inabilità ... ); * le modalità di espletamento delle «funzioni previsionali », cioè la predisposizione di proiezioni capaci di anticipare effettivamente la dinamica delle principali variabili da cui dipende l'andamento della finanza previdenziale e, più specificatamente, dei conti dell'Inps. Come è noto, mentre negli anni '70 i dirigenti dell'Istituto sono stati al centro di polemiche per la loro scarsa capacità cli controllo sulle funzioni erogative, negli anni '80 essi sono spesso finiti sul banco degli imputati per i limiti dimostrati negli altri due campi d'intervento21 . Nell'estate 1985, sul problema delle carenze dell'Inps nella lotta all'evasione e all'erosione contributiva, i rapporti tra gli organi dirigenti dell'ente ed il Ministro del lavoro toccarono punte di eccezionale asprezza, culminate nella minaccia di commissariamento. Contemporaneamente, il Governo varava un decreto di condono previdenziale e di inasprimento delle sanzioni che veniva trasformato in legge (n. 11/1986) solo dopo un lungo braccio di ferro con la Commissione lavoro della Camera, che all'unanimità modificava molte misure considerate vessatorie. Anche nel corso del 1986, le linee adottate dal Ministro del tesoro 22 e dal Ministro del lavoro 23 convergono nel denunciare i gravi ritardi del'Inps come ente esattore, e nel sollecitare iniziative concrete quali condizioni perchè. si possa procedere al suo risanamento finanziario. Nettamente diversa, per ovvi motivi, è la diagnosi che del deficit dell'Istituto forni-

scono i responsabili politici ed amministrativi dell'Inps, che attribuiscono gli insoddisfacenti risultati gestionali al fatto che sui loro bilanci sono venute a gravare, per iniziativa dei legislatori, prestazioni di natura non assicurativa ma assistenziale. Questa interpretazione trova la sua più compiuta espressione nel bilancio parallelo predisposto dall'Inps e presentato nel febbraio del 1986, con l'intento di dimostrare come nel campo dei benefici propriamente previdenziali non si registrino incolmabili squilibri tra entrate ed uscite, contrariamente a quanto altre autorevoli fonti hanno pronosticato. L'analisi dell'impatto dell'operazione « bilancio parallelo » rinvia alle divergenti valutazioni sulle capacità previsionali a breve ed a lungo periodo dell'ente previdenziale. I suoi critici, tra cui vanno annoverati i Ministri del tesoro e del lavoro, la Commissione tecnica per la spesa pubblica, l'ufficio studi della Banca d'Italia, l'Ania, pongono in dubbio tanto la sua credibilità nel calcolare il proprio fabbisogno annuale - dato il ricorso, abituale per gli anni precedenti, ad anticipazioni largamente superiori a quelle preventivate ed autorizzate nelle leggi finanziarie (v. oltre, Tavola n. 1) -, quanto l'ottimismo delle sue proiezioni di lungo periodo, sostenendo invece che l'attuale sistema di protezione pensionistica è strutturalmente squiibrato e destinato ad assorbire risorse sempre crescenti. Le stime dell'Inps sono invece considerate con molto maggior favore dàlle organizzazioni sindacali e dai membri della Commissione speciale per la riforma pensionistica, accomunati all'Istituto dalla comune esperienza delle critiche da parte del « fronte del pessimismo ». La guerra delle cifre e


dei convegni accompagnerà l'approvazione previdenziali sul complesso della spesa del della finanziaria e proseguirà a schiera- ,Ministero »28: per il 1987, si trattava menti immutati fino alla conclusione della di una previsione iniziale di 15.740 miliardi, di cui 15.073 da trasferire all'Inps. nona legislatura 24 .

Una partita con (almeno) cinque giocatori Ma analizziamo più precisamente il tipo di relazioni instauratesi tra questi attori Dalle osservazioni finora avanzate, si può nell'approvazione della finanziaria per il trarre la conclusione che la determinazione 1987. del complesso dei trasferimenti dello StaSubito dopo la pubblicazione del relativo to all'Inps è una partita che si gioca aldisegno di legge, la presidenza dell'Inps meno in cinque: l'ente previdenziale, il a più riprese afferma che la cifra in Ministro del Tesoro, il Ministro del Laesso contenuta sottostima di circa 5.000 voro, la Commissione lavoro della Camemiliardi le reali esigenze finanziarie delra, e più precisamente quei membri che, l'ente, poiché non garantisce la copertura avendo partecipato ai lavori della Commisdi prestazioni di natura assistenziale quali sione Cristofori, hanno di fatto ricevuto dai loro colleghi la delega ad intervenire la cassa integrazione straordinaria, le integrazioni al minimo, le pensioni dei colnella politica pensionistica, e le organizdiretti. Inoltre, l'Istituto denuncia le pezazioni sindacali. In questo caso, infatti, santi conseguenze di due provvedimenti il gioco diviene molto più complesso riadottati nei mesi precedenti: si tratta delspetto al classico « triangolo di ferro » tra rappresentanti dell 'amministrazione, com- l'articolo 4 della legge 45/1986, che benemissioni parlamentari, e organizzazioni de- ficia i titolari di due pensioni, la prima gli interessi 25 . In effetti l'agenzia incari- appartenente al regime generale obbligatorio, e la seconda integrativa, autorizcata di implementare la politica pensiozando l'indicizzazione di ciascun trattanistica, dopo la riforma del 1970, imposta mento; e si tratta della sentenza 314/1985 la propria strategia •in piena autonomia della Corte Costituzionale, che riconosce rispetto al ministero sorvegliante, fino a per periodi anteriori al settembre 1983 sfiorare l'aperto conflitto con i suoi reil diritto all'integrazione al minimo sponsabili politici. Questi ultimi, privi di per i titolari di una pensione del Fondo concrete risorse amministrative o finanPensioni Lavoratori Dipendenti, anche ziarie per condizionare le scelte dell'istituto, ricorrono spesso alla denuncia verso quando essi godono di altre pensioni. l'opinione pubblica o, più concretamente, Queste valutazioni sono considerate coralla mobilitazione delle agenzie di stam- rette dalla Cgil e dalla Cisl. Se tutte e pa, per guadagnarsi un ruolo nel policy tre le confederazioni, in un documento making pensionistico. Un indiretto indi- unitario del 19 settembre 1987, avevano catore di questi rapporti di forza si può chiesto che fosse « verificata attentamente desumere osservando « la particolarità del la stima dei fabbisogni effettivi sia delbilancio del Ministero del lavoro, e cioè l'Inps che del servizio sanitario nazionala quasi assoluta preponderanza che as- le », sono i sindacati che esprimono l'atsume la voce dei trasferimenti agli enti tuale presidente (Cgil) e vicepresidente 81


(Cisl) dell'Inps i più impegnati nella difesa delle esigenze dell'istituto, mentre l'organizzazione di Benvenuto tenderà a differenziarsi sempre più, fino a sferrare un durissimo attacco alla credibilità dei bilanci dell'ente, e più in generale, alle scelte del suo attuale gruppo dirigente, durante un seminario su « riordino pensionistico e stato dell'Inps » nella seconda metà di ottobre. Nel frattempo, il Ministro del lavoro, con una nota all'ente, ribadisce le proprie valutazioni sulla scarsa attendibiità della sua gestione finanziaria, sottolineando la inaffidabiità dei dati sulle entrate a causa dell'enorme arretrato nei controlli sui versamenti e del preoccupante fenomeno dei crediti giudicati non più esigibili. Come un anno prima, il responsabile del dicastero giunge a minacciare il commissariamento dell'istituto nel caso in cui questo non provveda ad assumere radicali iniziative27 Ma l'Inps può contare stilla larga solidarietà dei membri della Commissione lavoro specializzati in materia previdenziale. Se appare in un certo senso scontata la difesa delle richieste dell'ente da parte dei parlamentari comunisti, che vedono nelle cifre indicate nel disegno di legge « trasferimenti che servono solo ad alimentare la campagna di « criminalizzazione » dell'Inps »28, più significativa è la presa di posizione del democristiano Cristofori29 e quella, molto esplicita, del socialista Marte Ferrari: « Il ministro, in un'assemblea sindacale nella sede della Uil, ha detto che, nell'ambito del recupero dell'evasione contributiva, l'Inps ha fatto poco, oppure ha fatto addirittura danni (.. .). Compito dell'Inps è di recuperare i crediti contributivi di coloro .

82

che sono assicurati; di chi non è assicurato si devono occupare altri organi. E' compito del Ministro del lavoro, che ha la vigilanza del settore, fare certe cose che invece non vengono fatte; o lo sono solo molto raramente e con scarsi effetti »°.

La strategia dell'Inps Sul problema della determinazione dei trasferimenti dallo Stato, l'Inps si trova pertanto ad agire entro un sistema di vincoli che vede da un lato la ferma decisione dei Ministri del tesoro e del lavoro di subordinare eventuali maggiori esborsi ad una più rigida azione di controllo sul fronte delle entrate, mentre dall'altro la commissione parlamentare appare decisamente orientata a garantire comunque la copertura finanziaria delle prestazioni, ed anzi è molto sensibile alle preoccupazioni delle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori autonomi, che considerano vessatorie le ammende previste nella legge 11/1986. Occorre del resto ricordare che queste stesse associazioni sono ampiamente rappresentate in quegli organi collegiali dell'ente cui spetterebbe l'iniziativa di un rafforzamento della fùnzione esattoriale. Di fronte a questa rete di preferenze, i vari Consigli di Amministrazione succedutisi negli ultimi anni hanno in genere adottato una strategia in due tempi, con l'approvazione di provvedimenti di recupero dell'evasione e di aumento dei controlli nei mesi autunnali, in cui si gioca la partita « finanziaria », e con la collaborazione con la commissione parlamentare nello smussamento delle punte più aspre delle norme anti evasione nei mesi immediatamente successivi anche per ga-


rantire una qualche implementazione a misure altrimenti destinate a rimanere sulla carta per la ferma ed incontenibile opposizione dei destinatari. CosI, ai primi di ottobre, il Cònsiglio di Amministrazione approva una delibera per il rafforzamento dei controlli sui versamenti contributivi; e nello stesso mese, in un convegno organizzato dall'Istituto, il suo presidente illustra un piano di recupero dei crediti che avrebbe già consentito l'invio di note di rettifica ad artigiani e commercianti per oltre 2.000 miliardi, mentre entrate ancora maggiori sono prospettate con l'allargamento dell 'operazione al settore del lavoro dipendente. Il risultato Queste iniziative, unite alla ferma solidarietà ottenuta dall'Istituto nella commissione parlamentari, conseguono il risultato atteso, per iniziativa del Ministro del tesoro più che per quella del Ministro del lavoro, che preferirebbe invece vincolare la concessione di maggiori risorse a più espliciti attestati di disponibilità verso il recupero dell'evasione e, soprattutto verso il progetto di riforma intorno al quale cerca di costruire il più vasto consenso. Ma Goria per la prima volta sembra dissociarsi dalle valutazioni del suo collega di Governo ed annuxicia in più occasioni 3 la sua intenzione di porre totalmente a carico dello Stato gli oneri assistenziali che l'Inps deve sopportare. E la prima settimana di novembre, dopo gli incontri con le confederazioni sindacali e con il presidente dell'Inps, e dopo un vertice tra i ministri impegnati nella manovra finanziaria, anche le resistenze del titolare del dicastero del lavoro cadono, ed il Governo può proporre in aula alla '

Camera una serie di emendamenti aggiuntivi che ridefiniscono radicalmente il rapporto tra istituto previdenziale e finanza pubblica. La cifra originariamente prevista per il complesso dei trasferimenti per il 1987 (successivamente innalzata di 400 miliardi) è invece da considerarsi al netto degli oneri derivanti all'Inps dall'attua.zione dei due provvedimenti (sentenza della Corte Costituzionale 314/1985 e L. 45/ 1986) intervenuti ad aggravare ulteriormente lo squilibrio dei suoi fondi pensionistici. Tavola i Inoltre, i disavanzi patrimoniali delle due gestioni pensionistiche più indebitate, il Fondo Pensioni dei Lavoratori Di pendenti (FPLD) e la gestione speciale per coltivatori diretti, mezzadri e coloni, sono ridotti ciascuno di 10.000 miliardi per il 1987 e di altrettanto per il 1988, con un implicito riconoscimento dei carichi impropri, di natura assistenziale, da essi sopportati nel passato. Tavola 2 Alla contabilità separata per gli interventi straordinari della Cassa Integrazione Guadagni degli operai dell'industria è assicurato un contributo di 3.000 miliardi per il 1987, 2.500 per il 1988 e 2.000 per il 198932. Da ultimo, « al fine di proseguire la separazione tra previdenza ed assistenza », è ridisegnato l'intervento finanziario dello stato a sostegno delle pensioni erogate dal FPLD e dalle tre gestioni speciali dei lavoratori autonomi (coldiretti, artigiani, commercianti). La quasi totalità dei vari contributi stratificatisi per effetto di diverse disposizioni legislative è infatti riassorbita ed integrata fino a pre83


TAOIA 1 - APPORTI FINANZIARI DEUO STAW ALtA GESPIONE DELL'INPS

PREVISIONE INPS Ă’RIGINI4RIA (A) ANNI

TOT. APPORTI (1 + 2)

TRASFERIMENTI DI BILAJEIO

ANTICIPAZIONI DELtA TESORERIA

(1)

(2)

(3)

10.891

19.010

FR4,NZIARIA

TRASFERIMENTI DI.BIIAIO

IiNrICIPAZIONI DELtA TESORERIA

(4)

(5)

5.500 (8)

MAGGIORE

CONSUNTIVO INPS

TETtO

TOl'. APPORTI

ERBBIS(X)

8.687

13.116

21.803

7.616 (B)

-

(8)

1982

8.119

1983

10.127

11.521

21.648

20.700

9.132

14.818

23.950

3.250

1984

10.898

10.985

21.883

22.425

13.086

13.594

26.680

4.255

1985

11.973

8.771

20.744

22.500

13.294

18.910

32.204

9.704

1986

16.475

21.577

38.052

32.000

16.307 (C)

15.507

31.814

-

1987

30.731

35.632 (D)

33.400 (E)

.

4.901 (D)

4)

(7

(6)

(5 + 6) (7)

186

ir taluni anni formulata sulla base della legislazione in vigore per l'anno precedente, indipendenteiente dalle ndificazioni normative introdotte con la legge finanziaria. Ir le sole anticipazioni della isoreria. Al CDI Al (E)

netto di 181 miliardi relativi a contributi dello Stato trasferiti in' eccedenza al Fbndo Sociale. netto della quota afferente a]. "Fondo di riserva per spese impreviste" (1.500 miliardi).

Con esclusione degli oneri - Sentenza Corte Cstituziona1e 314/1985 e L. 45/1986.


Tavola 2 - RISULTATO ECONO!.UCO DI ESEIWIZIO E SI'IUP.ZIONE PATRfl()NIALE DEI PRflIP1aLI FWDI INPS

Fbndo rensioni Iav. Dipendenti ANNI

Risultato di esercizio

1tto Patrimoniale

Risultato di esercizio

Gestione Spec. Camrcianti

(stione Spec. Artigiani

(stione Spec. Coldiretti, Mezzadri, Coloni

Risultato di esercizio

Netto Patrimoniale

Netto Patrimoniale

Risultato

di eseràizio

1'ètto Patrimoniale

-

164

- 1.352

-

140

- 1.206

-

158

- 1.511

-

161

- 1.367

- 14.887

-

64

- 1.575

-

75

- 1.442

- 3.911

- 18.797

-

49

-1.624

.-

166

- 1.609

- 11.353

- 4.362

- 23.160

+

150

- 1.474

+

27

- 1.582

- 20.558 (A)

- 4.795

- 27.955

+

125

- 1.349

-

23'

- 1.605

- 11.024

- 31.582

- 5.331

- 33.286

+

230

- 1.119

+

78

- 1.527

1986

- 12.071

- 43.653

45.918 '

- 39.204

+

519

-

600

+

373

- 1.154

1987 (B)

-

-42.483 (C)

-4.200

-33.404 (C)

+ 1.933

1979

-

812

+

710

- 2.263

-

1980

-

312

+

398

- 2.953

- 11.591

1981

-

1.958

-

1.560

- 3.296

1982

-

3.634

-

5.194

1983

-

6.159

1984

-

9.104

1985

8.830

8.637 -

'

+ 1.334

,

+ 1.502

Imperto ca*endente il disavanzo patrimoniaìè della Cassa di Previdenza Marinara (- 100,5 miiliardi). Silancio preventivo. Al netto del contributo dello Stato di 10.000 miliardi per ripianamento del disavanzo patrimoniale (finanziaria 87).

+

348,5


vedere un supporto pubblico di 100.000 lire per ogni rata mensile in pagamento Tavola 3 Tavola 4

Le valutazioni L'ampiezza del sostegno garantito alle gestioni pensionistiche dell'Inps è tale da superare persino le originarie richieste dell'opposizione comunista, che con un emendamento al testo del disegno di legge sollecitava un contributo straordinario di 10.000 miliardi, da assegnare al FPLD ed alla gestione dei coldiretti. Ma la richiesta del Governo di porre la fiducia sulla nuova formulazione dell'articolo 8, per contrastare le resistenze di vasti settori alla « tassa sulla salute », impedisce di registrare il reale grado di apprezzamento delle opposizioni per questa iniziativa governativa. Tuttavia indicazioni indirette si possono trarre dalle imbarazzate dichiarazioni del comunista Danini, che riconosce, prima di annunciare il voto negativo del proprio gruppo, che «con l'articolo 8 si prende atto della divisione tra previdenza e asistenza, e si stanziano fondi per un avvio della riforma » e «dà atto che con il disegno di legge finanziaria per il 1987 un passo avanti per la riforma previdenziale viene fatto ». E, del resto, al Senato sui commi « previdenziali» nessun emendamento sarà presentato a modifica del testo governativo. E' anzi il democristiano Vincenzo Mancini, nell'aula della Camera, ad avanzare alcune riserve sulla nuova versione dell'articolo 8, considerata ancora troppo poco incisiva34 . Questo tipo di schieramento appare non del tutto singolare se il Presidente della Commissione Bilancio della Camera, il democristia-

86

no Pomicino, può dichiarare all'organo del suo partito che « la novità di questa finanziaria è che la correzione profonda (del disegno di legge, n.d.r.) è venuta più dalla maggioranza in Commissione bilancio che non dalla stessa opposizione di sinistra ».

LA «FORTUNA» DELLA FINANZIARIA

Nella nostra ricostruzione, abbiamo abbandonato il dibattito sulla riforma previdenziale alla fine di ottobre, quando ormai il suo iter sembrava definitivamente sganciato da quello della finanziaria. Ciò non significa tuttavia che stretti timandi tra i due campi decisionali non si si'ano ripresentati per tutta la durata del cammino parlamentare della manovra di bilancio. Così, alla fine di ottobre, nell'aula della Camera, gli interventi dei membri della Commissione Cristofori nella discussione generale sul disegno di legge per la formazione del bilancio dello Stato so•no l'occasione per ribadire le critiche alle proposte di De Michelis rispetto all'innalzamento dell'età pensionabile e della anzianità contributiva, al •tetto per la retribuzione pensionabile, alle norme sulla previdenza integrativa. Il mancato effetto di trascinamento

sulla riforma Nonostante questi ostacoli, il Ministro del lavoro intensifica i contatti con i vari segmenti del network pensionistico, e cerca di ottenere impegni da parte della presidenza dell'Inps, delle confederazioni e degli esperti dei partiti laici, in modo da giungere al vertice del 17 novem-


TABELLA 3. CONTRIBUTI DIRETTI DELLO STATO ALLE GESTIONI PENSIONISTICHE E INPS PRIMA E DOPO LA FINANZIARIA '87

FPLD

VECCHI CONTRIBUTI (1)

NUOVO CONTRIBUTO MAGGIORE APPORTO (2-1) (2)

1.443. (L. 903/1965)

12.025

7.582

2.354

1.662

3.000 (L. 140/1985) COLDIRETTI

282 (L. 903/1965) 410 (L. 160/197.5)

ARTIGIANI

95 (L. 903/1965)

670

823

98 (L. 903/1965) 55 (L. 843/1978)

COMMERCIANTI

.

.

.

795

650

15.997

10.564

50 (L. 843/1978)

TOTALE

5.433


TAVOLA 4.

TRASFERIMENTI DALL'AREA STATALE

FONDO PENSIONI IGESTIONE SPECIALE COLDIRETTI 1 GESTIONE SPECIALE I GESTIONE SPECIALE I LAVORATORI DIPENDENTI MEZZADRI COLONI 1 ARTIGIANI I COMMERCIANTI 1985

3.304,0

1 1.592,5

1 65,1

I

60,0

1986

3.108,1

1.679,4

66,0

1

57,4

1987

113.55,5

•1 3.657,1

841,8

FONTE: Bilanci preventivi INPS 1987 e rendiconti generali INPS 1986

812,9


bre con i partiti della maggioranza da una posizione che consenta di attenuare il conflitto con la Dc. Ed in effetti l'incontro si conclude, almeno formalmente, con un accordo che rinvia a tempi futuri il problema dell'innalzamento dell'età pensionabile a 65 anni per uomini e donne. Dopo un ultimo ciclo di negoziazioni con le organizzazioni sindacali, che serve più che altro ad evidenziarne i conflitti interni, il Ìvlinistro del lavoro ritiene di avere raggiunto il consenso necessario per far approvare dal Consiglio dei ministri una serie di emendamenti a 13 articoli del testo Cristofori. E così in effetti avviene, poiché l'esecutivo si esprime a favore delle sue proposte e per il rinvio a specifici decreti delegati per 1' innalzamento oltre i 60 anni dell'età pensionabile, per le modalità d'indicizzazione del « tetto » alla retribuzione coperta dall'assicurazione obbligatoria, per la regolazione della previdenza integrativa, per il diritto/dovere degli enti previdenziali di conseguire il pareggio dei bilanci. Addestrati dalle precedenti esperienze, i principali quotidiani relegano la notizia del varo della riforma pensionistica nelle pagine interne. Ed in effetti le ore e i giorni che seguono sono caratterizzati dalle continue differenziazioni dei vari attori rispetto all'accordo varato dal Consiglio dei ministri. Il primato in questo senso spetta a Spadolini, che uscendo da Palazzo Chigi aveva immediatamente dichiarato che i repubblicani avrebbero continuato in tutte le sedi parlamentari e politiche la loro battaglia per la modifica delle norme. E' poi la volta del Ministro Gaspari, che chiede una maggiore tutela per i diritti dei dipendenti pubblici, e della stessa Democrazia

cristiana, il cui organo ufficiale il giorno dopo così riassume, nel titolo in prima pagina, la sostanza dell'accordo: Pensioni: tutti a 60 anni. Diritti acquisiti tutelati ». Il Partito comunista e la componente comunista della Cgil, dopo alcuni cauti apprezzamenti iniziali 37 , rafforzano le loro critiche al testo governativo ed assumono una posizione rigida su alcune questioni procedurali che potrebbero agevolarne il cammino parlamentare 3b . A questi attacchi si aggiunge, alla fine di gennaio, la valutazione negativa del Ministro del tesoro e del suo sottosegretario Ravaglia, che giudicano ancora troppo costosi gli emendamenti predisposti dal Ministro del lavoro. Da questo momento in poi, le vicende della riforma si confondono con le scelte tattiche dei vari partiti in vista della crisi di governo e dello scioglimento anticipato della legislatura. Poiché la maggioranza rifiuta di porre all'ordine del giorno della Camera il dibattito sulla situazione politica generale, i comunisti, per protesta, disertano la conferenza dei capigruppo, provocando lo spostamento in aula delle decisioni sulla calendarizzazione dei lavori. E in questa sede, il 30 gennaio, alla presenza di un solo rappresentante della maggioranza, chiedono ed ottengono che siano messe all'ordine del giorno dell'aula le proposte di riforma delle pensioni e quelle per un referendum consultivo sul nucleare, esplicitamente collegando «la crisi e l'impotenza del pentapartito allo stallo così emblematico su una riforma-chiave come quella del sistema pensionistico »". Ogni attore del network pensionistico sa infatti che la pubblicità del dibattito e la applicazione del principio maggioritario 89


nei rapporti tra governo ed opposizione equivalgono alla preclusione di qualsiasi possibilità di approvazione per la riforma pensionistica. E ciò puntualmente si verifica, nonostante un estremo tentativo della maggioranza di rinviare la discussione alla commissione, concedendole la sede deliberante.

Il grado di condizionamento effettivo rispetto alle scelte degli implementari Un convinto riconoscimento della rilevanza della manovra avviata con i «commi previdenziali » della finanziaria '87 viene dalla relazione del Presidente dell'Inps ad accompagnamento del bilancio preventivo dell'istituto per il 1987: « Già la legge finanziaria 1986 e con ben altra ampiezza quella approvata per l'anno in corso (. . .) hanno consentito apprezzabili risultati in termini di finanziamento della spesa non previdenziale da parte del bilancio dello Stato e quindi della solidarietà collettiva ». « Va ricordato che l'anno 1987 costituisce un punto di svolta in ordine all'avvio, in modo concreto, del finanziamento, da parte previdenziale » Grazie anche alla puntualità con cui si è concluso l'iter legislativo della finanziaria, il bilancio deIl'Inps legislativo della finanziaria, il bilancio dell'Inps può recepirne le indicazioni ed attenersi ad esse (v. tabella n. 4), anche se non mancano nei due documenti margini d'indeterminatezza tali da lasciare qualche dubbio sulla loro effettiva convergenza. Si ricordi ad esempio il fatto che nel testo convertito in legge non è quantificato l'onere che la Tesoreria è disposta ad accollarsi in conseguenza dell'applicazione della sentenza 314/1985 della Corte Costituzionale e 90

della L. 45/1986. 0 si consideri la decisione dell'istituto previdenziale di attenersi, per le previsioni sui flussi contributivi, ad una stima della dinamica delle retribuzioni del 2,5%, contro 1'l% indicato nella Relazione previsionale e programmatica. Tale ottimismo è giustificato in questi termini dal direttore generale dell'ente: « La scelta è stata suggerita dalla conoscenza di orientamenti manifestatisi in sede di rinnovo dei contratti di lavoro, che confermavano la tendenza ad uno sviluppo superiore a quello programmato dal Governo, nonchè dalla circostanza che l'ipotesi assunta dall'Istituto consentiva, altresì, di allineare il proprio fabbisogno di cassa a quello fissato dalla finanziaria per il 1987 ».

Il grado di condizionamento effettivo rispetto alle scelte dei legislatori La finanziaria 1987 emerge da un panorama legislativo che per il settore previdenziale è caratterizzato dalla presenza di due grandi blocchi di iniziative; da un lato, la riforma generale, dall'altro, una serie pressochè ininterrotta di provvedimenti di proroga o di estensione: degli istituti a garanzia del salario (pensionamenti anticipati, cassa integrazione straordinaria ... ), delle agevolazioni per i versamenti contributivi (per le regioni colpite dalla siccità nell'82, per le zone terremotate ... ), della fiscalizzazione degli oneri sociali. Quest'ultimo tipo d'intervento alla fine del 1986 è stato al centro di un progetto più organico di riforma (D.L. 882 del 22 dicembre 1986) sulle cui vicende conviene sofferinarsi per i diretti riflessi sulla finanza pensionistica. Come abbiamo già ricordato, la legge


11/1986 obbligava gli enti previdenziali a comminare sanzioni molto severe (200% del debito contributivo) nel caso di mancato versamento da parte degli assicurati degli oneri contributivi, sottraendo ai loro organi collegiali gli ampi margini di discrezionalità di cui godevano rispetto a proroghe, ammende, rateizzazioni. L'applicazione di questa norma creava molti problemi all'interno dell'Inps dove, sulla base delle leggi precedenti, si erano ormai consolidate procedure molto più flessibili, basate su distinzioni sottili, che prevedevano anche il caso di « inadempienze per circosta.nze rigorosamente oggettive, non imputabili al contribuente» 42 non di rado attribuibili alla contraddittorietà degli stessi testi legislativi. Ma il disagio degli amministratori è presto soverchiato dalle proteste dei destinatari delle note di addebito con le quali l'istituto chiede a milioni di assicurati di regolarizzare la loro situazione pagando pesanti ammende. Alcuni organi di stampa si fanno presto interpreti delle vivaci reazioni dei multati 43 le cui organizzazioni intensificano la pressione sulla Commissione lavoro della Camera e sugli organi collegiali dell'Inps. Così proprio negli stessi giorni e nelle stesse sedi in cui la riforma naufraga per la crisi del « quadro politico », con un'amplissima maggioranza l'aula di Montecitorio inserisce nel decreto legge sulla riforma della fiscalizzazione una serie di norme che di fatto cancellano quelle della L. 11/1986, ed introducono un « minicondono » previdenziale per tutte le omissioni contributive, comprese quelle sulla « tassa sulla salute ». Questo voto è destinato ad aprire una complessa vicenda politica ed istituziona,

,

le. Una nota di palazzo Chigi informa immediatamente che la Presidenza del Consiglio considera inaccettabili le modifiche apportate dalla Camera. Nel frattempo il Consiglio di Amministrazione dell'Inps, interessato ad una •revisione della Legge 11/1986 che gli restituisca margini di discrezionalità, ma nel contempo timoroso di una drastica r.iduzone delle entrate, formula le sue proposte per un « sistema sanzionatorio più omogeneo, razionale e adattabile alle diverse ipotesi Il Ministro del lavoro, nell'impossibilità di difendere il suo testo originario, cerca una mediazione proponendo al Senato alcuni emendamenti miranti ad eliminare gli aspetti più impopolari (ammende dal 200% al 100%) e più controversi sui piano giuridico delle norme introdotte appena un anno prima. Ma Palazzo Madama, con un voto che vede uniti Dc, Pci e Msi, riconferma integralmente il testo della Camera che, oltre al condono previdenziale, prevedeva altre norme secondo il Tesoro prive di adeguata copertura finanziaria, quali l'estensione degli sgravi contributivi (con valore retroattivo) per le imprese cooperative operanti nel Mezzogiorno, l'estensione dei prepensionamenti al settore edile ed al settore fibrecemento-amianto, la rivalutazione delle rendite per infortunio dell'Inail... In base a questi rilievi, la legge di conversione è respinta dal Presidente della Repubblica, mentre il Governo provvede a rinnovare il decreto nella versione « emendata » proposta dal Ministro del lavoro. Ma il secondo passaggio alle Camere vede riprodursi più o meno gli stessi schieramenti - per altro corroborati dall'imminente scadenza elettorale - e gli 91


stessi esiti finali. Anche il Presidente della Repubblica replica la propria scelta, costringendo il Governo al secondo rinnovo del decreto, cui per altro seguiranno altri due, prima che il nuovo Parlamento sia investito della controversa questione. Come è ovvio, questa vicenda non mancherà di produrre effetti sull'equilibrio finanziario dell'Inps, se non altro per il continuo rinvio dei termini per la regolarizzazione delle posizioni debitorie. Del resto, fin da marzo, nel bilancio di previsione, la presidenza dell'ente notava che « le recenti vicende riguardanti la modifica delle sanzioni per il ritardato versamento dei contributi, di cui alla legge n. 11/1986, pongono forti elementi di incertezza sulla possibilità di recupero di parte delle somme aggiuntive ( ... ). Sin d'ora la Direzione Generale è stata invitata a riferire per predisporre un'eventuale nota di aggiornamento al presente bilancio che comporterà verosimilmente un maggiore fabbisogno di apporti dello Stato rispetto a quelli previsti dalla legge finanziaria » Insomma, in campo previdenziale, il carattere circoscritto degli interventi e la natura « leggera » delle norme contenute nella legge finanziaria non sembrano costituire di per sè una garanzia di un elevato grado d'incidenza sulle scelte di legislatori ed implementatori.

LA l'INANZIARIA

1988:

ALCUNE NOTE

Il testo predisposto dal Governo nel settembre 1987 in tema di previdenza contiene essenzialmente due norme. La prima regola i rapporti finanziari tra lo Stato e 92

a

l'Inps ricalcando fedelmente le disposizioni dell'anno precedente: il complesso dei trasferimenti all'istituto previdenziale è aumentato a 36.000 miliardi, in considerazione dell'onere che l'ente dovrà sostenere per l'adeguamento dei trattamenti minimi dei lavoratori autonomi a quelli in vigore per i lavoratori dipendenti. Tale precisazione dirime un problema interpretativo molto sentito dalle categorie interessate •ai miglioramenti. Infatti l'art. 7 della L. 140/1985 prevedeva che, nel caso non fosse intervenuta l'approvazione della riforma generale del sistema pensionistico, a decorrere dal gennaio 1988 lo importo minimo delle pensioni di coldiretti, artigiani e commercianti fosse comunque parificato a quello dei lavoratori dipendenti. Tuttavia sulle implicazioni immediatamente esecutive di tale norma, e sulla sua copertura finanziaria, erano sorte alcune controversie, definitivamente risolte dalla precisazione contenuta nel disegno di legge presentato dal governo. Sempre in tema di trasferimenti all'Inps, è confermato l'apporto statale per il ripiano dei disavanzi patrimoniali del Fondo pensione lavoratori dipendenti (FPLD) e della gestione speciale dei coltivatori diretti, mezzadri, coloni (CDMC), già previsto nella finanziaria 1987, per complessivi 20.000 miliardi. Sempre in stretta continuità con l'impostazione dell'anno precedente (v. tavola 3), « al fine di proseguire nella separazione tra previdenza e assistenza » sono confermati e ritoccati al rialzo i contributi straordinari alle principali gestioni Inps, i quali inglobano ed ampliano i vari apporti previsti dalla complessa stratificazione normativa pensionistica. Tavola 5


TAVOLA 5. CONTRIBUTI DIRETTI DELLO STATO ALLE GESTIONI PENSIONISTICHE INPS PRIMA E DOPO LA FINANZIARIA '88

FPLD

VECCHI CONTRIBUTI (1)

NUOVO CONTRIBUTO (2)

MAGGIORE APPORTO (2-1)

1.511 (L. 903/1965)

12.390

7.879

2.385

1.693

3.000 (L.140/1985) COLDIRETTI

282 (L. 903/1965) 410 (L. 160/1975)

ARTIGIANI

98 (L. 903/1965)

877*

COMMERCIANTI

95 (L. 903/1965)

849*

MINATORI

TOTALE

5.396

779 .

754

3

3

16.504

11.108

* a decorrere dal 1.1.1988 è soppresso il finanziamento statale di 105 milioni alle gestioni degli artigiani e dei commercianti.. .


Vicende dell'invalidità civile Il secondo insieme di disposizioni si propone invece di rendere più severo l'accertamento dei requisiti per l'ottenimento e la conservazione dei benefici della cosiddetta « invalidità civile ». A questo proposito occorre ricordare che, anche in seguito alla riforma dell'invalidità concessa dall'Inps ai suoi assicurati (legge 222/1984), le aspettative di sussistenza delle fasce più svantaggiate - e non solo di queste - hanno determinato un vero e proprio boom dei trattamenti su mera base assistenziale, concessi dalle prefetture ai cittadini riconosciuti invalidi e collocati al di sotto di determinate fasce di reddito. La proposta del governo stabilisce l'unificazione delle procedure a quelle attualmente in vigore per le pensioni di guerra, sottraendo la gestione degli accertamenti alle Unità sanitarie locali ed alle prefetture, e prevede che siano fissati i criteri per la verifica triennale della sussistenza dei requisiti che hanno determinato la concessione dei benefici. In seguito agli emendamenti apportati dalla Commissione Bilancio del Senato o direttamente dal Governo, anche a causa della mutata congiuntura internazionale, la manovra di bilancio, come è noto, subisce nei mesi di ottobre e di novembre profonde modifiche. Nel settore pensionistico, tuttavia, le innovazioni non assumono affatto una connotazione restrittiva. Per quanto riguarda il rapporto finanziario tra lo Stato e l'Inps, è previsto un ulteriore intervento per il ripiano dei disavanzi patrimoniali del FPLD e della Gestione speciale CDMC per altri 20.000 mi94

liardi, divisi in parti uguali. Dopo tale nuovo contributo, questi commi giungeranno intatti all'approvazione finale. L'articolo che riguarda gli accertamenti per la concessione dell'invalidità civile è profondamente riscritto, con 1 'eliminazione di ogni riferimento alla procedura per le pensioni di guerra: la responsabilità per la costituzione delle commissioni mediche è attribuita ai prefetti, che designano due membri, ed alle associazioni delle categorie protette (ciechi, cordomuti ... ) che ne designano uno, mentre i ricorsi tornano ad essere regolati dalle norme in vigore per la previdenza sociale. Il testo licenziato dal Senato contiene anche nuove misure in campo previdenziale. Innanzi tutto, l'articolo 2, volto ad assicurare una più puntuale copertura finanziaria delle leggi che comportano spese, stabilisce che i disegni di legge e gli emendamenti di iniziativa governativa in materia previdenziale siano acompagnati da proiezioni almeno decennali relative ai conseguenti oneri finanziari.

Altre novità In secondo luogo, sono introdotte una serie di norme che mirano a ridurre il deficit delle più disastrate gestioni pensionistiche aumentando l'apporto contributivo dei loro assicurati. Pertanto, seguendo questa impostazione, è rivisto il regime di esonero, totale o parziale, dal pagamento dei contributi previdenziali per i datori di lavoro agricolo che operano in zone svantaggiate o in territori montani. Inoltre è adeguato il contributo capitano aggiuntivo dovuto dai coltivatori diretti, mezzadri e coloni alla loro gestione pensionistica: tale importo, che la finanziaria


'86 fissava in 120.000 lire annue, è elevato a 370.000 lire, mentre è eliminato l'esonero di cui godevano i lavoratori agricoli operanti nelle zone svantaggiate, ora tenuti comunque al pagamento di 135.000 lire annue. Infine, sono elevate le aliquote a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori per il Fondo pensioni dei lavoratori dello spettacolo. Un'altra innovazione introdotta al Senato merita di essere sottolineata: si tratta dell'inserimento, nel fondo speciale di parte corrente (Tabella B), di una voce per il finanziamento nei tre anni di «miglioramenti pensionistici e integrazione dei trattamenti minimi delle pensioni sociali dei soggetti senza altra fonte di reddito ». Questi stanziamenti erano stati energicamente sollecitati dalle confederazioni sindacali, che durante l'autunno avevano organizzato diverse manifestazioni intorno ai problemi degli anziani: l'ultima, il 17 novembre, aveva visto sfilare a Roma circa 200.000 pensionati. Le richieste sindacali reclamavano la rivalutazione delle pensioni « d'annata »», non solo per il settore pubblico, ma anche privato, l'aumento delle pensioni sociali per gli anziani senza altri proventi, e la revisione del meccanismo di aggancio alle retribuzioni degli occupati, dato che l'indice in vigore, basato sull'incremento dei minimi contrattuali degli operai dell'industria, si è rivelato particolarmente « avaro » negli ultimi anni, ed ha assunto addirittura segno negativo per il 1988. Per consentire l'adozione almeno parziale di questi provvedimenti, il governo propone l'inserimento nella Tabella B (amministrazioni diverse) di uno stanziamento di 3.000 miliardi per il periodo 1988-

1990 (1000 per ciascun anno). Durante l'esame in Senato, l'apporto nel triennio è aumentato di altri 1.000 miliardi, essendo innalzato a 1.500 miliardi l'impegno per ciascuno degli ultimi due anni.

Contrapposizione tra trattamenti minimi e trattamenti consistenti L'iter relativamente tranquillo delle norme previdenziali subisce un brusco •scossone con il passaggio del disegno di legge alla Camera, dove il policy network pensionistico può contare sull'intervento dei suoi esponenti più qualificati. Così il 22 gennaio, durante l'esame in aula, in un clima politico piuttosto tempestoso, il Pci, con un emendamento fatto proprio da tutte le opposizioni, ottiene l'inserimento nella Tabella B di una nuova « voce » con lo stanziamento di 3.000 miliardi (500 per il 1988; 1000 per il 1989; 1500 per il 1990) destinati al miglioramento dei trattamenti pensionistici per gli ultra sessantacinquenni senza altri redditi. La proposta, appoggiata da un nutrito gruppo di franchi tiratori, è approvata con 240 voti favorevoli e 232 contrari. Il Governo, dopo convulse riunioni, decide di tamponare l'impatto finanziario dell'« incidente » riducendo i fondi già stanziati al Senato per i trattamenti minimi, ma anche - e soprattutto - per la rivalutazione delle pensioni d'annata, intervento, quest'ultimo, particolarmente caldeggiato da vasti settori della maggioranza. La richiesta del Ministro del tesoro, approvata grazie al ricorso al voto di fiducia, consente di ridurre da 4000 a 1500 miliardi lo stanziamento previsto nel triennio dall'altro ramo del Parlamento per gli interventi in campo pensionistico. 95


Nonostante l'esito scontato della votazione, la decisione del Governo suscita polemiche tra i partiti della coalizione, dove alcuni avrebbero preferito che ai nuovi oneri conseguenti all'emendamento comunista si facesse fronte con misure per contenere l'evasione e l'elusione &cale. Il braccio di ferro tra la maggioranza della maggioranza ed il resto del parlamento è vissuto con qualche ansietà dai responsabili della politica previdenziale del pentapartito, che dopo questo episodio si adoperano perchè su questi temi prevalgano atteggiamenti meno conflittuali - Gli stessi esponenti del partito comunista, del resto, temono l'approfondirsi di una contrapposizione tra le esigenze dei pensionati più poveri e quelle dei titolari di trattamenti più consistenti, ma decurtati dai meccanismi di adeguamento annuo. Il primo segnale di un'inversione di rotta giunge il 3 febbraio, quando Tina Anselmi, responsabile dell'Ufficio previdenza ed assistenza della Democrazia cristiana, chiede lo stralcio dell'articolo che rivede in senso restrittivo i meccanismi per la attribuzione e la conservazione dei benefici dell'invalidità civile. Nonostante l'opposizione del Pri allo stralcio, il Governo si vede costretto ad appoggiare una richiesta fortemente sostenuta dai maggiori partiti della coalizione. Pochi giorni dopo, proprio un accordo in tema di pensioni, stretto tra i responsabili di settore democristiani, socialisti e comunisti, determinerà un allentamento del-la tensione politica capace di influire positivamente sulla rapida approvazione della legge finanziaria. Infatti, in seguito all'incalzare dei franchi tiratori, il voto sugli articoli previdenziali si presentava come un passaggio ad alto rischio per la 96

maggioranza. Ma 'il 5 febbraio, dopo una notte di incontri e trattative con i rappresentanti delle opposizioni, il governo presenta un emendamento destinato a migliorare sensibilmente i trattamenti pensionistici, anche di importo più elevato, raccogliendo così il più ampio consenso. Le innovazioni contenute nel testo governativo sono essenzialmente due. In primo luogo, « in attesa del riordino del sistema pensionistico », a decorrere dal 1.1.1989 è previsto un nuovo meccanismo di adeguamento annuale delle pensioni, che si baserà non più sull'incremento dei minimi contrattuali degli operai dell'industria, bensì sulla variazione media delle retribuzioni dei dipendenti sia nel settore privato sia nel settore pubblico. Per compensare l'eventuale onere, per altro non quantificato è prevista la possibilità di un successivo adeguamento dei contributi. La seconda norma consente invece agli assicurati presso l'Inps, titolari di retribuzioni che eccedono il « tetto » pensionabile (fissato per l'88 a 38.725.000 lire), di godere di un trattamento calcolato suil'intero ammontare dei loro emolumenti, sia pure con coefficienti di rendimento decrescenti via via che aumenta l'importo degli stipendi. Questa misura era attesa con grande impazienza dai dirigenti di imprese agricole, commerciali, artigiane che, in quanto iscritti all'Inps, a differenza degli assicurati presso altri istituti, erano costretti a pagare i contributi sull'intero stipendio, ma che al momento della liquidazione della pensione non potevano godere di trattamenti superiori ail'80% della retribuzione massima pensionabile. L'accordo, negoziato dal Ministro del lavoro, ha l'effetto di « normalizzare » i


rapporti all'interno del policy network pensionistico, insolitamente tesi dopo le vicende dei fondi per il « minimo vitale » degli anziani, ed è pertanto salutato con soddisfazione dai principali protagonisti della politica previdenziale 48 . Gli stessi esponenti dell'opposizione vedono ampiamente riconosciuto il loro potere negoziale, dato che, come scrive «LUnità» 47 , « solo formalmente si trattava di un emendamento firmato dal governo... »; e nel contempo evitano il rischio di un isolamento rispetto ai titolari di pensioni medio-alte: come afferma Adriana Lodi, « in questo modo dimostriamo di non essere solo il partito dei più poveri, come qualcuno ha cercato di sostenere in questi giorni » 48 Il comma « sf onda-tetto ».

Più preoccupate sono invece le reazioni dei piccoli partiti, tradizionalmente meno rappresentati nel network pensionistico. Il Partito repubblicano, attraverso Del Pennino, motiva così il proprio atteggiamento: « ... Non negheremo il nostro voto ( ... ) soprattutto per una ragione politica: l'approvazione della legge finanziaria rappresenta per noi un obbligo istituzionale e non vogliamo offrire alibi ai franchi tiratori che in queste ultime ore stanno cercando di trincerarsi dietro la causa dei pensionati » I liberali, invece, decidono di astenersi, non condividendo 'le motivazioni dell'emendamento governativo, dato che, come spiega De Lorenzo, « tutto ciò sembra più il risultato di una mediazione politica, di un compromesso politico, con finalità non del tutto connesse con il provvedimento proposto »

Le perplessità per l'accordo raggiunto alla Camera diventano tuttavia aperte ostilità con il ritorno del disegno di legge al Senato, dopo che la crisi di governo era rientrata grazie ad un mandato « a termine » per la conclusione dell'iter della 'finanziaria. In quei giorni, infatti, contro le innovazioni introdotte in materia di pensioni, si apre un vero e proprio fuoco incrociato, dal quale esse usciranno tuttavia indenni, grazie alla compattezza del fronte che le aveva sostenute, e grazie anche alla particolare congiuntura politica, che sconsigliava qualunque modificazione di rilevante importanza e qualunque « provocazione » nei confronti dell'opposizione. Le reazioni più dure hanno come obiettivo il comma « sfondatetto », considerato un attentato alle possibilità di sviluppo della previdenza integrativa su base assicurativa. Poichè questa misura trasforma i dirigenti iscritti all'Inps da penalizzati in avvantaggiati rispetto ai loro colleghi del settore industriale o ad altre categorie comunque dotate di fondi autonomi (giornalisti ... ), da più parti si teme un effetto a cascata dei nuovi trattamenti, con la conseguente sottrazione agli schemi assicurativi privati dei loro potenziali sottoscrittori. Inoltre, benchè la norma riguardi soltanto coloro che richiedono il pensionamento dal i gennaio 1988, sembra a molti inevitabile prevedere una qualche rivalutazione delle pensioni liquidate anteriormente a questa data ,e pesantemente taglieggiate dalle vecchie norme sul tetto . Le organizzazioni dei datori di lavoro temono infine che le norme sui nuovi criteri per l'aggancio delle pensioni alla dinamica salariale comportino un sensibile onere, ed un conseguente aumento del prelievo contributivo. 97


Intorno a queste critiche si forma un fronte di opposizione che vede scendere in campo, nel giro di pochi giorni, il direttore general& 2 ed il vice presidente della Confindustria 53 , ed infine lo stesso presidente, Lucchini 54 . Anche altri autorevoli membri della 'Confederazione, quali De Benedetti e Romiti, intervengono per denunciare l'estrema gravità delle misure in corso di approvazione. Ad essi si affianca il responsabile del settore previdenziale dell'Ania. Queste preoccupazioni trovano risonanza in alcuni settori della Dc e del Psi, oltre che nei partiti laici minori. Del resto lo stesso presidente della Commissione Bilancio del Senato, Andreatta, considera non infondati i rischi di un carico eccessivo di queste norme sulla finanza pubblica, carico per altro nemmeno stimato nell'emendamento governativo, nonostante il dettato dell'articolo 2 dello stesso disegno di legge. La Commissione chiede pertanto all'Inps una proiezione dei costi, ricevendo tuttavia cifre molto meno allarmistiche di quelle fornite dai datori di lavoro55 Anche all'interno del Psi non mancano perplessità per le norme in corso di approvazione58 , che invece sono strenuamente difese dal Dipartimento politiche sociali dello stesso partito, dai responsabili della Uil e dal ministro del Lavoro, Formica, che usa dure espressioni per condannare l'opposizione della Confindustria 57 In questo clima, Andreatta propone alla Commissione Bilancio un emendamento che quanto meno vincoli lo sfondamento del tetto all'assenza di integrazioni a carico della finanza pubblica. Tale iniziativa si esaurirà comunque in quella sede, sia per gli oggettivi limiti tecnici della sua .

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applicazione, sia per le nette reazioni dei sostenitori dell'accordo, che per altro ne sottolineano le implicazioni •politiche generali. Pertanto, la versione definitiva delle norme previdenziali della finanziaria 1988 finisce con il ricalcare letteralmente il testo varato alla Camera.

Il Ministro del lavoro torna a mediare La vicenda della Finanziaria '88 si presta ad alcune sommarie osservazioni finali. In primo luogo, anche il processo di bilancio per il 1988 si colloca entro uno sfondo caratterizzato da una notevole «effervescenza legislativa » del settore previdenziale. In parallelo alla finanziaria, sono infatti in discussione importanti provvedimenti, il cui impatto sui bilanci dei fondi pensionistici è quanto mai incerto: si pensi al più volte rinnovato decreto per l'a fiscalizzazione degli oneri sociali ed il condono contributivo, al decreto per la rivalutazione delle pensioni « d'annata » dei dirigenti pubblici civili e militari, anch'esso destinato a numerose nedizioni, all'intervento legislativo per sciogliere la questione del riconoscimento dei benefici dell'invalidità civile per i cittadini ultrasessantacinquenni... Naturalmente, a queste misure occorre aggiungere un'issue che negli ultimi dieci anni ha perennemente occupato un posto centrale nell'agenda dei nostri policy makers, la riforma generale, che il nuovo Ministro del lavoro si propone di realizzare attraverso una legge delega. Proprio con riferimento a quest'ultimo attore, rispetto agli anni precedenti, non si può non rilevare un netto mutamento nel ruolo, oltre che nella persona, del Ministrodel lavoro, alla cui iniziativa si deve


l'accordo che ha ricucito i dissensi allo interno del settore pensionistico. Come esplicitamente ammette la responsabile del Pci per i problemi previdenziali, Adriana Lodi, « ... ognuno ha avuto modo di assistere ai conciliaboli ed agli incontri intervenuti fra i gruppi della maggioranza e quelli dell'opposizione, anche all'interno del Comitato dei nove, con i Ministri socialisti del lavoro e del tesoro che in questa sede - devo riconoscerlo - hanno dimostrato una sensibilità al problema sicuramente maggiore di quella di altri ex ministri socialisti » . Il riferimento ai rapporti ben più tesi intercorsi durante il « periodo De Michelis » è trasparente. In un certo senso, questo fatto segna una « normalizzazione » del network pensionistico, che sembra avviarsi a ricalcare schemi di relazioni tra gli attori frequentemente rilevate dagli studiosi del policy making, ma negli anni passati smentite dalla posizione « eccentrica » del responsabile del ministero competente. Accantonata la possibilità che un attore istituzionale usi poteri di veto in nome di interessi generali non sufficientemente rappresentati (gli elettori contribuenti, le giovani generazioni, il mercato ... ), la soluzione approvata a •proposito del « tetto» era non solo la più attraente per i politici, ma anche la più gradita all'agenzia implementativa che, dovendo scegliere tra l'ipotesi di una contrazione dei contributi (per l'applicazione del prelievo alla sola retribuzione pensionabile) ed un'espansione delle prestazioni, rivela forti preferenze per la seconda soluzione. Entro questo quadro di riferimento rimane da spiegare come mai le intense ed autorevoli pressioni che sono state esercitate da parte delle organizzazioni mi-

prenditoriali siano state guardate con indifferenza, se non con scherno 9 . Ma a questo proposito occorre sottolineare che la posizione della stessa Confindustria era debole sul fronte sociale ed isolata sul piano politico. Il mondo imprenditoriale, infatti, non era affatto compatto intorno alla parola d'ordine dello sviluppo della previdenza integrativa, come dimostra il documento reso pubblico dalla Federmeccanica proprio •nei giorni più caldi della polemica, o l'aperto appoggio alle nuove norme manifestato dalle organizzazioni del commercio e dell'artigianato, e dalla Fe derazione Nazionale della Stampa 80 Inoltre, le forze politiche storicamente più vicine alle posizioni degli industriali privati erano quelle stesse che ricevevano le più entusiaste manifestazioni di sostegno per le innovazioni introdotte da parte dei dirigenti del settore extra industriale. .

Infine, occorre ricordare che i legislatori dispongono di vaste risorse, anche simboliche, per soddisfare le esigenze apparentemente più contrastanti, come dimostra l'iniziativa della Democrazia cristiana, che alla fine di febbraio chiede lo stralcio dal disegno generale di riforma delle norme che devono regolare lo sviluppo della previdenza integrativa, per dare impulso a questa forma di tutela su base assicurativa. L'ultima osservazione riguarda la strategia seguita dal Gruppo comunista che ha indotto alcuni osservatori a parlare di « soccorso rosso » verso una coalizione che probabilmente si sarebbe disciolta alla verifica del voto sui temi previdenziali. In effetti il Pci, dopo la negoziazio99


ne dell'emendamento governativo, rinuncia lealmente ad appoggiare altre modilicazioni in campo pensionistico, settore che tradizionalmente vede ampie parti della maggioranza sensibili alle richieste di miglioramenti avanzate dalle opposizioni. «Come Gruppo comunista - ammette Pallariti - abbiamo assunto l'impegno di sostenere il risultato cui siamo giunti, e non ci comportiamo come coloro che, di volta in volta, vogliono ottenere di più di ciò che hanno avuto » 81 Del resto, sul tipo di « scambio» intervenuto la notte della negoziazione decisiva, protagonisti ed osservatori nutrono

pochi dubbi82 . Occorre tuttavia ricordare che questo tipo di « monetizzazione » in termini di miglioramenti pensionistici dell'appoggio indirettamente fornito al governo non costituisce affatto una novità nella strategia comunista, soprattutto in tempi indenni dai problemi d'immagine che invece sono posti dall'imminenza di campagne elettorali. Del resto, l'incalzare ulteriormente la coalizione con l'obiettivo di esplicitarne la crisi poteva realisticamente apparire superfluo, essendo ormai evidente che la vitalità della compagine governativa era comunque minata dai conflitti i nterni*.

Note

10 Atti Parlamentari, Camera dei deputati, Presentazione al disegno di legge n. 4016, 29 settembre 1986, p. 32. Il 16 ottobre 1986. 12 Il democristiano 'Mancini parla di « situazione ormai divenuta intollerabile », il socialista Ferrari denuncia « il rapporto praticamente inesistente tra il Ministro De 'Michelis e la nostra commissione »; il comunista Pallanti afferma che si tratta di un « nuovo atto di dispregio per la attività del parlamento », ed il presidente della commissione speciale, Cristofori, di « una nuova presa in giro> (Atti parlamentari, Camera dei deputati, Commissione XIII, 15 ottobre 1986, p. 3, 4, 61). 13 Ibid., p. 45.

* L'autrice desidera ringraziare il dottor CarIoni, dirigente dell'Inips, per la puntuale collaborazione prestata nel reperimento dei dati statistici. V. G. REGONINI, La politica pensionistica, in AA.VV., Dentro la finanziaria, Roma. Ed. Queste Istituzioni, 1987, p. 109. 2 V. <Avanti! »,' 13 agosto 1986. V. conferenza-stampa del Segretario nazionale della Uil, Bugli, del 5 settembre 1986. ' Commissione Bilancio Camera, risoluzione del 10 giugno 1986; Commissione Bilancio Senato, risoluzione dell'il giugno 1986. « La Repubblica », 10 agosto 1986. « Corriere della sera », 10 settembre 1986. Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, resoconto sommario, 16 settembre 1986, p. 15. Ibid., p. 7. Al presidente della Commissione Bilancio del Senato, Ferrari Aggradi, è attribuita la constatazione che, qualora si affermasse l'ipotesi di abbinare alla manovra di bilancio la riforma voluta da De Michelis, ciò significherebbe l'affossamento della stessa finanziaria. (* Il Giornale », 18 settembre 1986). 8

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14 <La XIII Commissione lavoro e previdenza sociale ( ... ) esprime l'esigenza che non vengano frapposti ulteriori indugi alla prosecuzione dei lavori della speciale Commissione per la riforma delle pensioni, al fine di non ritardare ancora la riforma pensionistica, e che si tenga conto del lavoro finora svolto e delle scelte compiute », ibid., p. 58.

<Non credo si possa toccare alcunché del testo iniziale della relazione, poiché è ancora troppo poco ciò che è stato detto e che il ,pae1 -1


se deve assolutamente conoscere circa io svolgimento di tutto il lavoro duro, impegnato e prolungato nel tempo svolto dalla Commissione», ibid., p. 63. 18 V. ad esempio sul « Il Sole-24 ore» del 22 ottobre 1986 l'articolo di Innocenzo Cipolletta, « Meno urgenti le leggi di settore ». 17 V. B. DENTE, G. REGONINI, Politica e politiche in Italia, in P. LANGE, M. REGINI (a cura di), Stato e regolazione sociale, Il Mulino, Bologna, 1987, p. 98. 111 V. ad esempio l'apprezzamento per i risultati raggiunti espresso dalle confederazioni sindacali dopo l'incontro del 15 ottobre. 19

L'onorevole Piro, socialista, afferma che «la Dc non vuole fare queste riforme, almeno fin tanto che Craxi è presidente del Consiglio» (« L'Espresso », 21 settembre 1986). Ed un malizioso intervistatore dell'« Avanti! » novembre 1986) chiede a De Michelis: «Non è che la riforma delle pensioni tarda anche perché qualcuno non sopporta che passi alla storia o alla cronaca - col nome di riforma De Michelis? » 20 Atti parlamentari, Camera dei deputati, Commissione XIII, 15 ottobre 1986, p. 63. 21

G. RzcoMNI, Le politiche pensionistiche, in Istituto per la Scienza dell'Amministrazione Pubblica, Le relazioni fra amministrazione e sindacati, voi. 2, Giuffrè, Milano, 1987. 22 V. Relazioni trimestrali di cassa presentate nell'86 al parlamento. 23 V. ad esempio l'intervento al Consiglio generale della. Uil dei 16 settembre 1986. 24

V. dichiarazioni di De Michelis su « Avanti! », 9 novembre 1986; v. la relazione di Castellino al convegno organizzato a Torino dal Comitato Giorgio Rota nel novembre 1986; v. il Convegno organizzato dall'Inps nel febbraio 1987 sul futuro della finanza pensionistica. 25 V. G. REGONINI, La formazione della politica pensionistica tra governo e parlamento, in «Rivista trimestrale di scienza dell'amministrazione», n. 3, 1987. ° Atti parlamentari, Camera dei deputati, Commissione XIII, 15 ottobre 1986 1 dall'intervento del relatore Pisicchio, p. 8. 27 « Il Sole-24 ore», 17 settembre 1986.

Atti parlamentari, Camera dei deputati, Commissione XIII, 15 ottobre 1986, intervento del comunista Pallanti, p. 41. 2^

29 « ...'Mi domando che senso abbia polemizzare in modo abbastanza superficiale muovendo attacchi all'Inps, quasi fosse la cattiva amministrazione che crea i problemi ». Atti parlamentari, Camera dei deputati, Seduta del 29 ottobre 1986, resoconto stenografico, .p. 47325. 30

Atti parlamentari, Camera dei deputati, Commissione XIII, 15 ottobre 1986, p. 32. 31 Intervenendo alla Commissione Bilancio della Camera il 16 ottobre ed al convegno dell'Inps il 27 ottobre. 32 Erano stati 3.500 per il 1986. 33 Camera dei Deputati, Resoconto sommario, 14 novembre 1986, p. 5. 34 « Alcune voci del nuovo testo proposto dal Governo appaiono piuttosto di mera registrazione contabile, pri-ve cioè di un prevalente connotato assistenziale: di qui un invito alla ri flessione, per individuare l'ambito della previdenza rispetto agli oneri impropri », Camera dei Deputati, Resoconto sommario, 14 novembre 1986, p. 10. 35 « Il Popolo », 22 novembre 1986. 30 « Il Popolo », 22 novembre 1986. 31 « In ogni caso consideriamo positivo che il governo riconosca al testo della commissione •pensioni piena validità... » dalle dichiarazioni di Pallanti a « L'Unità », 23 novembre 1986. 38 V. l'articolo di Adriana Lodi su « L'Unità », 7 dicembre 1986 e la conferenza-stampa del 17 dicembre. 39 « L'Unità », 31 gennaio 1987, la pagina. 40 Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, Bilanci preventivi generali per l'anno 1987, Relazione del Presidente, pp. 2 e 28. 41 Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, Bilanci preventivi generali per l'anno 1987, Relazione del Direttore generale, p. 2. 42 V. delibera del Consiglio di Amministrazione del 7 novembre 1986. 43 « Il Sole-24 ore » si riconosce un ruolo determinante nella collocazione di questa issue al centro dell'agenda politica (v. articolo del 23 febbraio 1987). V. anche il titolo in prima pàgma del 19 gennaio 1987, « Arrivano 20 mila 101


miliardi di multe » e quelli dei giorni successivi »: « Una sfida a Inps e Inail dagli artigiani multati » (20 gennaio); «Tutti d'accordo sul ricorso per le supermulte » (26 gennaio). V. delibera del 10 febbraio 1987. >> Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, Bilanci preventivi generali per l'anno 1987, Relazione del presidente, .pp. 10-11. Il V. intervento di Cristofori, Atti parlamentari, Camera dei deputati, Resoconto stenografiCo, 5 febbraio 1988, p. 19. 6.2.1988. >' Atti parlamentari, Camera dei deputati, Resoconto stenografico, 5 febbraio 1988, p. 16. ' Ibid., p. 22. ° Ibid., p .23. Effettivamente sembra collocarsi in questa prospettiva la sentenza n. 501 del 5 maggio 1988 della Corte costituzionale, riferita ai trattamenti dei magistrati a riposo. 2 V. «Il Sole-24 ore», 9.2.1988. V. « Il Sole-24 ore », 12.2.1988. '> V. « Il Sole-24 ore », 7.3.1988. Per lo sfondamento del tetto, si tratterebbe di soli 15 miliardi il primo anno, e 30 per i successivi. -111 « Il Sole-24 ore» del 25.2.1988 riporta il titolo: « Finanziaria, il Psi diviso sui tetti Inps ». -51 « se si finge di piangere sul futuro dei pensionati per poter irrobustire la finanza privata, non resta che un'espressione: si vuole imbrogliare la gente », « Il Sole-24 ore », 10.3.1988). .58 Atti parlamentari, Camera dei deputati, Resoconto stenografico, 5 febbraio 1988, p. 17.

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« In che cosa consisterebbe allora lo scandalo? » « Quale è stata allora la follia compiuta dal Governo e dai partiti che fin dall'inizio hanno aderito a questa proposta? », dall'intervento di Cristofori, Atti parlamentari, Camera dei deputati, Resoconto stenografico, 5 febbraio 1988, p. 20. «" Per lo stesso fronte assicurativo, si veda l'intervento conciliante del vicedirettore dell'Assicredito, «Il Sole-24 ore », 27.2.1988. O>

Atti parlamentai-i, Camera dei deputati, Resoconto stenografico, 5 febbraio 1988, p 27, v. anche la dichiarazione di Zangheri, presidente del gruppo comunista, su «l'Unità », 7.2.1988: « Abbiamo ritenuto, insieme ad altri gruppi di sinistra, che fosse giunto il momento di sgombrare il terreno da ogni alibi e di puntare ad un risultato importante, le pensioni, tralasciando i restanti emendamenti... ». 02

V. «l'Unità », 25.2.1988: « L'approvazione non fu un frutto di «votazioni a soepresa, ma il risultato di una larghissima intesa e di un lavoro triangolare, opposizione-governo-maggioranza >,. Secondo « Il Sole 24-ore» (25.2.1988), l'on. Forte avrebbe ammesso che il governo inserì la norma perché si trovava « in un'estrema difficoltà politica ». Secondo la ricostruzione fornita dal « Corriere della Sera » (9.3.1988), « Nél bel mezzo dell'offensiva dei franchi tiratori, giun. se - improvviso - un accordo notturno DcPci «benedetto » dal Ministro del lavoro Rino Formica che presentò il relativo emendamento alla Finanziaria a nome del governo, senza nemmeno avvertire i suoi colleghi ».


La Sanità nel 1987 di Antonio Bariletti e Laura Arcangeli

In linea con intenzioni politiche orientate a varare una finanziaria « asciutta » (anche a motivo del buon andamento congiunturale e in attesa delle elezioni), la Finanziaria '87 si è limitata ad indicare solo le risorse complessivamente stanziate in bilancio, rinviando ad un distinto decreto-legge l'articolazione delle manovre di politica sanitaria. Nel 1987 si è così proceduto alla emanazione di una serie di leggi che incidono profondamente sulla gestione e attività della sanità pubblica, tutte apparentemente slegate tra loro e non dipendenti dalla quantificazione, ormai decisa, del Fondo Sanitario Nazionale '87. Nell'ordine si sono susseguiti i seguenti importanti interventi legislativi: il DL sulle « Disposizioni urgenti in •materia sanitaria » (30 dicembre 1986, n. 921, e successive mo• dificazioni), contenente notevoli modifica zioni del sistema dei tickets; la delibera IPE sulla ripartizione del FSN (12 febbraio '87); i rinnovi dei contratti dei dipendenti del Servizio Sanitario Nazio•nale e delle convenzioni (DPR 20 maggio '87 n. 270; DPR 8 giugno 1987, n. 289, n. 290, n. 291, n.' 292). Di tali provvedimenti si esamineranno il rilievo economico-finanziario ed il profilo evolutivo rispetto agli orientamenti ed alle direzioni di gestione della politica sanitaria precedentemente invalse.

LA QUANTIFICAZIONE DEL FONDO SANITARIO Come si è accennato, con la finanziaria '87 si è voluto interrompere la tendenza ad impiegare questo strumento - cui la legge 468/78 ha voluto affidare il compito di governare l'economia mediante il controllo e il dimensionamento dei flussi finanziari pubblici e la definizione del bilancio programmatico in base alla proiezione pluriennale del bilancio e legislazione vigente - come una « legge omnibus » nella quale, « accanto a misure 'ffettivamente concernenti l'intervento eco nomico di breve periodo, figurano nor• me organizzative e procedimentali in linea di massima non compatibili con il ruolo proprio della legge finanziaria, norme di intervento episodiche e non legate ad una impostazione di politica economica, norme di intervento pluriennale la cui giustificazione potrebbe solo essere fornita da un bilancio programmatico » (Corte dei conti, 1980). Di conseguenza, per quanto riguarda la sanità pubblica, la finanziaria '87 . prevede soltanto due commi, nei quali vengono ridefiniti i volumi dei trasferimenti dal Bilancio dello Stato destinati al finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale (art. 8, c. 13), e viene stabilito (c. 14) che a partire dal 1988 il FsN ven103


ga autorizzato secondo le « modalità previste dalla legge 887/84 », ossia mediante qua'ntificazione su base triennale dello stanziamento nella legge finanziaria e aggiornamenti annuali di scorrimento. Il FSN di parte corrente viene portato a 46.200 miliardi di lire (+ 6% rispetto ai 43.630 previsti dalla finanziaria '86), in linea con l'andamento dell'inflazione generale; mentre la quota relativa alla spesa in conto capitale non viene ritoccata (1.680 miliardi di lire, pari al 3,5% del totale). Inoltre, nella parte destinata ai Fondi speciali di parte corrente, tra

gli Accantonamenti per nuovi o maggiori spese o riduzioni di entrate, compaiono gli stanziamenti previsti per il ripianamento dell'esposizione debitoria degli ex-enti ospedalieri (150 miliardi di lire per il 1987), e per la revisione ticket in materia sanitaria (385 miliardi di lire per il 1987, 400 per il 1988, e 412 per il 1989). In pratica, quindi, il F5N 1987 autorizzato è pari a 46.585 miliardi di lire per la parte corrente. La quantificazione del Fondo ha seguito in sede di legge finanziaria gli stessi criteri da sempre adottati, fin dal varo della riforma sanitaria. In pratica, si stima il fabbisogno del settore in base ai consuntivi di spesa degli anni precedenti (consuntivo del 1985 e pre-consuntivo del 1986, per il 1987), sotto l'ipotesi di legislazione invariata, correggendoli in funzione del tasso di inflazione programmato. Ogni anno si autorizza dunque una spesa ritenuta sufficiente al mantenimento della situazione esistente. A meno di incrementi nella produttività dei fttori e di miglioramenti dell'efficienza generale, infatti, aumenti di spesa appena pari al tasso di inflazione equivalgono alla 04

erogazione potenziale della stessa quantità (e qualità) di servizi.

CONTENIMENTO DELLA SPESA SENZA PROGRAMMAZIONE

In sede di quantificazione del FSN, l'obiettivo delle autorità pare dunque continuare ad essere quello di contenere i trasferimenti a carico del bilancio dello Stato destinati al finanziamento della sanità pubblica - quanto meno nella fase della loro autorizzazione - indipendentemente da ogni considerazione sull'effettivo fabbisogno finanziario del settore, legato alla sua dotazione reale, all'andamento dei prezzi degli inputs, alla domanda da soddisfare. La mancanza di un processo di programmazione di medio-lungo periodo che riesca a cogliere e a valutare tutti questi aspetti, e che difatti la legge di riforma sanitaria poneva alla base del funzionamento del Servizio Sanitario, ha di fatto portato alla ripetuta definizione di stanziamenti rivelatisi inferiori all'andamento effettivo della spesa. Ai limiti del processo di quantificazione del FSN legati alla mancata attuazione delle disposizioni in materia di programmazione sanitaria, poi, si affiancano e sono comunque da quelli sostenuti, i pesanti effetti della discontinuità e della frammentarietà che caratterizzano, nei fatti, i processi decisionali che presiedono alla determinazione del livello reale delle risorse impiegate. Da questo punto di vista, va rilevato come scelte decisive per la definizione dell'andamento della spesa sanitaria vengono prese in sedi, in momenti e da responsabili dispa-


rati, e in modo complessivamente non coerente con la stima del FSN. Basterà notare che « a legislazione vigente », nella formula impiegata per stimare il FSN, significa che al momento di fissare la spesa per l'anno a venire non si tiene conto degli effetti che su tale spesa avranno modificazioni quali, tra le altre, il rinnovo dei contratti dei dipendenti del SSN, il rinnovo delle varie convenzioni., le manovre dei tickets e quelle attinenti alla strutturazione del prontuario farmaceutico. E questo, quando la spesa per la voce personale rappresenta ben il 40,46 per cento della spesa totale (dati 1985), quella per la « farmaceutica convenzionata » il 17,72%, e quella della « ospedalità convenzionata » il 9,91%. Questo carattere complessivamente disorganico del sistema di determinazione della spesa sanitaria autorizzata, consente alle autorità politiche di perseguire una pluralità di obiettivi separati e di volta in volta funzionali all'andamento delle fasi della congiuntura politica (contenimento del deficit pubblico e massima contrazione dei trasferimenti al FSN a settembre, al momento di elaborare la finanziaria; e autorizzazione ad aumenti salariali, a revisioni delle tariffe, ad abolizione dei tickets, durante il resto dell'anno), ma contribuisce inevitabilmente alle continue discrepanze riscontrate tra somme stanziate e somme spese. Anche nel 1987 questa tendenza è confermata: fonti di parte pubblica già indicavano, nel settembre 1987, una gestione in rosso per 4.448 miliardi di lire. La quota di spesa sanitaria finanziata a carico dello Stato va così costantemente crescendo, a seguito dei reiterati provvedimenti di riaggiustamento (reintegrazio-

ni in corso d'anno, ripiani dei deficit); e il livello del FSN fissato a settembre si svuota, nei fatti, della sua funzione di limite prospettivo, perdendo il ruolo di bilancio vincolato virtualmente orientato ad incentivare i vari centri di erogazione dei servizi ad operare al massimo livello di efficienza produttiva. Nell'ambito delle politiche governative che rilevano sul contenimento della spesa sanitaria, il 1987 manifesta una cospicua peculiarità che in una certa misurà confermerebbe il già rimarcato carattere di discontinuità nella gestione complessiva delle spese. La finanziaria 1986 prevedeva (art. 27) che gli stanziamenti fissati per il triennio 1986-1988 venissero rivisitati verso il basso, e contava a questo fine sull'effetto di contenimento degli aumenti dei tickets sui farmaci e sulle prestazioni specialistiche decisi nella stessa legge. Nella legge finanziaria 1987, nessun riferimento viene fatto a questa disposizione della finanziaria precedente, e quindi nessuna revisione verso il basso del FSN viene contemplata. Anzi, come si è menzionato, è stata prevista una integrazione di 385 miliardi per far fronte agli effetti del D.L. .921/86 (Misure urgenti in materia sanitaria) che decreta l'abolizione dei tickets sulle prestazioni specialistiche e la riduzione di quelli sui farmaci, interrompendo così una tendenza fortemente invalsa fino ad allora.

LA MANOVRA DEI TICKETS

I tickets sui farmaci sono stati introdotti ancora prima del varo della riforma sanitaria (con la Legge 484, del 5 agosto 1978), e da allora sono andati sem105


pre crescendo; quelli sulle prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio sono state introdotte dalla finanziaria 1982, e anche loro sono poi sempre aumentati; nel 1986, infine, furono introdotti anche per le visite mediche specialistiche, pari ad un quarto delle tariffe stabilite nelle convenzioni. Evidentemente, in linea con gli obiettivi prioritari delle autorità politiche riguardo alla spesa sanitaria, lo scopo di questa manovra era quello di contenerne la crescita, e comunque di allargarne la base di finanziamento. All'introduzione di quote di partecipazione al finanziamento della spesa per l'assistenza si possono infatti attribuire sia funzioni di ordine allocativo che finanziario. Allocativo, nel senso di perseguire con l'apposizione dei tickets un razionamento delle varie forme di assistenza su cui essi gravano, rendendo positivo il loro costo per l'utente-consumatore. La valutazione al margine del costo rispetto al beneficio del servizio (o bene) da consumare dovrebbe, nelle intenzioni di chi introduce i tickets, portare all'eliminazione degli utilizzi ritenuti non necessari, o, più in generale, ad una riduzione delle quantità richieste. In realtà, nel caso sanitario questo meccanismo può risultare indebolito dal fatto che, per lo più, i veri decisori di spesa non sono i singoli cittadini che pagano il ticket, ma i loro medici. Gli effetti di razionamento potrebbero così risultare limitati e condizionati dall'esistenza virtuale di fenomeni di interdipendenza tra offerta e domanda. Ancora, va ricordato che altre restrizioni agli effetti di razionamento possono darsi per motivazioni sociali. L' obiettivo generale della riduzione tenden106

ziale dei consumi non necessari può trovare un limite di carattere distributivo in quanto si ritenga che l'incidenza dei tickets risulterebbe regressiva sia in termini di condizioni di reddito che di status sanitario di particolari classi o gruppi di individui. Questo naturalmente giustificherebbe. l'introduzione di esenzioni o discriminazioni favorevoli ai gruppi ritenuti più meritevoli di tutela. Indipendentemente da motivazioni di carattere allocativo, i tickets possono poi essere introdotti per ragioni puramente finanziarie: allo scopo di perseguire una diversificazione delle fonti di entrata intese a finanziare la spesa, riducendo l'onere a carico dello Stato e aumentando quello a carico delle famiglie mediante l'apposizione di quote di compartecipazione ai costi, piuttosto che inasprendo le oliquote fiscali o contributive. Al riguardo, l'esperienza italiana di questi ultimi anni ha mostrato risultati di notevole variabilità. Nel periodo 19781981, il ticket sui farmaci avrebbe avuto un effetto allocativo di moderazione dei consumi gravati da quote. Ma questo primo effetto sembra essere stato pressoché interamente neutralizzato, in termini finanziari complessivi, da un secondo, associato, effetto di spostamento delle prescrizioni dai « medicinali non essenziali » di categoria B ai farmaci essenziali di categoria A esenti da ticket e caratterizzati da un prezzo medio più alto (Brenna, Grassi, Lucioni, 1984). Ne sarebbe risultata una sostanziale inefficacia del sistema di compartecipazione alla spesa per un effetto netto del tutto trascurabile di diminuzione della spesa complessiva, al lordo dei costi di amministrazione necessari per far funzionare lo


schema. Secondo ogni probabilità, l'interdipendenza tra offerta e domanda ha svolto in questo caso un ruolo decisivo nell'attivazione di fenomeni di elasticità incrociata finanziariamente rilevanti. In presenza della possibilità di eludere il ticket cambiando la fascia di appartenenza del medicinale, i medici, agendo nell'interesse finanziario dei loro pazienti hanno modificato le proprie prescrizioni sostituendo farmaci gravati da ticket (categoria B) con farmaci surrogatori dei primi ma esenti da ticket (categoria A).

2 un effetto di aumento della spesa media per ricetta, nei casi nei quali, non valendo l'effetto franchigia (punto 1), le prescrizioni riguarderebbero verosimilmente le terapie particolarmente costose;

RISULTATI NON ESALTANTI

Complessivamente, la composizione degli effetti finanziari positivi con quelli negativi mostrerebbe un effetto netto di contenimento della spesa. Tale effetto sembra comunque ridotto (e in questo senso sconta le difficoltà a conciliare l'obiettivo di sostenere l'industria del settore con quello di contrarre rapidamente la spesa farmaceutica pubblica trasferendola a carico delle famiglie). E' stato stimato che, per abbassare la spesa media per assistito del 10% bisognerebbe raddoppiare il livello medio delle quote: 14% circa (Hanau, Rizzi, 1987). Ed in effetti sembrava proprio questa la direzione lungo la quale il governo si avviava in sede di finanziaria 1986, stabilendo aumenti delle compartecipazioni generalmente pari, o superiori, al 25%. L'inversione, o quantomeno l'interruzione, di questa linea di azione può spiegarsi con una serie di considerazioni diverse. Da un lato, è possibile che in sede politica si sia valutato negativamente il sistema dei tickets per i costi amministrativi troppo alti in peso relativo rispetto ai gettiti, tenendo conto anche

E NUOVE MISURE

I risultati ottenuti nel periodo 1978-1981 contribuiscono probabilmente a spiegare perché successivamente il governo abbia adottato una serie molto articolata di misure amministrative, a più riprese e con modalità di volta in volta differenti. In estrema sintesi, queste, tra il 1981 e il 1984, con riferimento alla farmaceutica convenzionata, avrebbero sortito i seguenti principali effetti (Hanau, Rizzi, 1987):

I un effetto di riduzione del numero medio di ricette procapite. Questo effetto di tendenziale contenimento della spesa sarebbe dovuto alla combinazione della quota fissa per ricetta con la quota percentuale del prezzo del farmaco (luglio 1983), che renderebbe non conveniente il ricorso alla prescrizione nei casi di cicli di terapia a basso costo o di condizioni patologiche leggere, nei quali l'assistenza pubblica risulterebbe relativamen-. te più costosa;

3 un effetto di erosione del ticket, attraverso lo spostamento delle prescrizioni verso i farmaci meno gravati da quote, date le diverse modificazioni delle categorie del prontuario ed i diversi livelli di ticket nel periodo; 4 la maggiore rilevanza delle variazioni del prontuario come causa preponderante dell'aumento della spesa farmaceutica.

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del volume reale delle esenzioni. Da un altro lato, e il discorso vale particolarmente per la diagnostica, appare verosimile il timore di stimolare tendenze alla crescita di altri costi (ricoveri ospedalieri) attivando manovre di elusione delle quote di compartecipazione. Più in generale, appare possibile che questa inversione di tendenza nella politica dei tickets sia stata sostenuta dall'accumularsi di reazioni al processo di privatizzazione della spesa sanitaria che si veniva progressivamente attuando. Si deve ricordare, infatti, che l'abbandono dei tickets sulla diagnostica e sulla specialistica e la riduzione di quelli sui farmaci scaturisce da una esplicita contrattazione tra governo e sindacati durante la discussione della finanziaria '87 (e in concomitanza, tra l'altro, dell'emergere di gravi irregolarità nella gestione della spesa farmaceutica da parte di diverse UsL). Non sembra comunque essere intervenuta in quella sede, da parte del governo, una valutazione dei Costi e benefici legati alla politica dei tickets dalla quale risultasse una prevalenza in termini economici dei primi sui secondi. Né la manovra sembra essere stata sostenuta da una stima approfondita delle sue implicazioni finanziarie. Sebbene la riduzione delle aliquote da pagare per i farmaci fosse accompagnata da una limitazione dei prezzi prescrivibili per ricetta (2 pezzi invece dei 3 prima autorizzati) che doveva fungere da freno alle prescrizioni eccessive, e da un ribadito divieto di prescrizione previsto nella convenzione per i medici non dipendenti del SSN, il consumo dei farmaci è aumentato notevolmente. L'aumento della spesa relativa ha oltreM.

passato di molto le stime fatte dal governo. Dai dati relativi al primo semestre 1987, che indicano una spesa farmaceutica netta pari a 4.686 miliardi di lire, la Federfarma ha infatti stimato una spesa annua compresa tra 9,142 e 9.361 miliardi, contro gli 8.050 stanziati dal governo per tale spesa. A seguito del vincolo sui pezzi prescrivibii per ricetta, e data la riduzione della quota fissa che annulla l'effetto franchigia, sarebbe infatti aumentato il numero complessivo di prescrizioni rilasciate dai medici: nel 1° settembre 1987 il numero di ricette procapite è stato di 4 contro le 3 del 1986, cosicchè il numero totale di ricette è aumentato del 32% (dalle 193.000 del 1 0 semestre 1986 alle 255.000 del 1° semestre 1987). E, sebbene il costo medio per ricetta, sia lordo che netto, sia diminuito (per effetto del vincolo sui pezzi), la spesa farmaceutica globale risulta aumentata a seguito dell'aumentato numero di ricette, della diminuita incidenza del ticket sul costo per ricetta, e dell'aumentato prezzo dei farmaci (provvedimento del. Cn' 16 aprile 1987) (Federfarma, 1987). Egualmente, l'abolizione del tickets sulla specialistica sembra essersi accompagnata ad aumenti della spesa relativa. Dai dati disposti alla Commissione Affari Sociali della Camera, la spesa per l'assistenzà specialistica (convenzionata esterna, incentivazioni, e ambulatoriale interna) sembra attestarsi, per il 1987, intorno ai 4.545 miliardi rispetto ai 3376 del preconsuntivo 1986 (+ 35%). Da ultimo si può osservare che il prevalere di forti interessi di parte sindacale ed industriale sembra impedire l'adozione di una misura che avrebbe reali probabilità di frenare l'inflazione della spesa far-


maceutica: una revisione del Prontuario Farmaceutico nel senso di includere solo i farmaci che a parità di benefici presentano costi minori e di garantirne la gratuità soltanto nei casi effettivamente indispensabili per la tutela della salute dei cittadini. In realtà, lo stesso decreto sulle « Misure Urgenti... » prevede la revisione del Prontuario di base al lavoro di una Commissione Consultiva Unica del Farmaco; ma i compiti ad essi affidati si limitano ad una analisi di tipo puramente qualitativo, senza nessun accenno all'introduzione di criteri di economicità nella valutazione dei prodotti.

I RINNOVI DEI CONTRATTI E DELLE CONVENZIONI

Problemi per molti versi simili a quelli rilevati per la manovra dei tickets vengono posti dai rinnovi del contratto dei dipendenti del SSN e delle varie convenzioni che si sono avuti durante l'anno. Le maggiorazioni di spesa legate alla loro applicazione sono state escluse dalla previsione del fabbisogno finanziario per la sanità pubblica in base alla quale viene quantificato il Fondo in sede di legge finanziaria. Relativamente all'aumento di spesa dovuto all'applicazione del nuovo contratto per i dipendenti del SSN nell'ambito dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego, è stato emanato un DL per il Finanziamento integrativo della spesa (DL 163, 29 aprile 1987) che integra il FSN 1987 di parte corrente di 674 miliardi, e di 872 miliardi per il 1988 ed esercizi successivi (art. 2, c. la). Il problema a questo riguardo è che la maggior parte delle USL non sembra in grado di fornire informa-

zioni attendibili sulla composizione del personale per livello professionale e anzianità, sul numero di ore lavorative per livello professionale, sul numero di ore di straordinario, ecc.. In queste condizioni le stime degli effetti di una modificazione dei livelli retributivi restano mevitabilmente, e solo, approssimazioni piuttosto rozze. In effetti le autorità non sembrano in condizione di valutare con precisione quanto verranno a costare le concessioni di aumenti salariali ai lavoratori del SSN. A titolo puramente indicativo dell'ordine di grandezza relativo a calcoli del genere si può ricordare che stime di parte non governativa del costo del contratto del personale SsN (medico e veterinario) suggeriscono, sulla base di particolari ipotesi sull'andamento delle variabili di costo, •un aumento medio di spesa per le USL tra il 1986 e il 1988 pari al 27,7% del valore totale stimato, che passerebbe, in massa salariale, da 4.682 a 5.976 miliardi di lire (is, is, 1987).

Per quanto riguarda il rinnovo delle convenzioni, il Ministero della Sanità ha stimato la spesa aggiuntiva (854 miliardi), ma la sua copertura risulterebbe affidata ad una ristrutturazione del FSN invece che ad una sua integrazione. Questa manovra avrebbe lo scopo di rastrellare un totale di 1.342 miliardi (pari al 2,9% del FSN stanziato), comprendenti anche 300 miliardi per la prevista maggiorazione della spesa farmaceutica e 188 per la spesa della assistenza specialistica a seguito della riduzione e abolizione dei relativi tickets, oltre ai 549 miliardi per i medici generici e i pediatri di base, i 36 miliardi per gli specialisti interni e i 269 miliardi per l'ospedalità convenzionata.


Per far fronte a tali spese aggiuntive, si è previsto di ottenere 800 miliardi autorizzando (DL 921/86, art. 4 e 3) le UsL ad utilizzare il 100% delle loro entrate autonome per integrare i trasferimenti del FSN per le spese correnti (mentre in precedenza era previsto che l'autofinanziamento fosse impiegato per il 50% ad integrazione delle spese in conto capitale). Altri 325 miliardi proverrebbero dalla riduzione del fondo per le Attività a destinazione vincolata e i Piani straordinari (DL 921/86, art. 4 e 2); e 217 miliardi dalla riduzione della quota stanziata per l'acquisto dei beni e servizi da parte degli ospedali pubblici, nell'ipotesi che l'adozione di criteri di maggiore rigore ed efficienza negli acquisti consenta risparmi in linea con la diminuzione dei finanziamenti.

COME SI COMPRIME LA SPESA IN CONTO CAPITALE Questa manovra di revisione del FSN per coprire gli aumenti di spesa previsti e stimati (anche se verosimilmente sottostimati) merita un commento, perché evidenzia una debolezza ormai strutturale delle scelte politiche in campo sanitario. Le difficoltà che si oppongono a governare in modo sistematico il processo di evoluzione equilibrata e di contenimento della spesa sanitaria, finiscono per scancarsi sulla spesa in conto capitale che risulta così progressivamente compressa per ammortizzare gli aumenti concessi nella spesa corrente. La percentuale di finanziamenti per gli investimenti rispetto al finanziamento globale per la sanità pubI 10

blica che era intorno all'8% prima della riforma sanitaria, dopo il 1979 si è attestata su valori compresi tra il 2 e il 3%. Questo, ad ulteriore conferma della « miopìa » che aifligge tradizionalmente, in questo come in altri settori, i policy-makers, i quali appaiono maggiormente interessati agli effetti di pay-of/ politico immediato delle loro scelte che non ai conseguenti effetti di medio-lungo periodo sulla struttura del sistema socio-economico. Una considerazione del genere vale, oltreche per la spesa sanitaria in conto capitale, anche per l'impoverimento del fondo per le attività a destinazione vincolata e i piani straordinari (il quale, per il 1987, è portato dagli 825 miliardi previsti dalla finanziaria '84 a 500 miliardi, con una riduzione di quasi il 40%). Si riducono così in maniera marcata le somme destinabili alla formazione professionale, alla ricerca, alla educazione sanitaria, all'assistenza ai tossicodipendenti ed ai malati di mente, ed altresì le risorse per i piani di riabilitazione e assistenza dei disabili e degli anziani. Un secondo aspetto della manovra di ristrutturazione del FSN pone altri dubbi sulla sua efficacia e la sua equità. Fare affidamento sull'autofinanziamento delle USL per coprire la maggior parte degli incrementi di spesa corrente per farmaci, prestazioni diagnostiche, ecc., vuol dire favorire rispetto al virtuale grado di esposizione debitonia futura le aree con « maggiore dotazione di strutture ospedaliere e ambulatoriali e una migliore funzionalità operativa dei servizi » (CNEL, 1985, p. .54) ché sono quelle dove si registrano maggiori percentuali di autofinanziamento. Risulterebbero invece sfavorite le regioni del Meridione, meno dotate in que-


sto senso, e quelle dove è prevedibile un aumento di spesa relativamente maggiore, dato l'elevato consumo che le contraddistingue di quei servizi, e data soprattuto l'elevata quota di popolazione esente dai ticket. In Sicilia, ad esempio, la spesa farmaceutica rappresenta il 25,7% della spesa corrente totale; in Campania, il 24,1%; in Calabria, il 22,1%; e l'importo percentuale da ticket a quota fissa per ricetta, che in media nazionale è di 11,7%, scende in quelle regioni rispettivamente a: 7,4%, 9,1% e 8%) (dati 1985,

Scps). Restano infine da rilevare le perplessità suscitate da una manovra intesa a coprire gran parte (800 su 1.342 miliardi) della maggiore spesa associata alla riduzione dei tickets sui farmaci ed alla abolizione di quelli sulla diagnostica e specialistica nonché ai rinnovi delle convenzioni, f acendo ricorso all'autofinanziamento delle USL che è formato, per buona parte (più di 1/3), proprio dal gettito dei tickets. Il buon esito di una tale manovra presupporrebbe, infatti, che l'aumento della spesa farmaceutica (a seguito delle ridotte quote di compartecipazione) sulla quale, sola, gravano i tickets residui, sia tale da consentire un gettito sufficientemente congruo.

LA RIPARTIZIONE DEL FONDO SANITARIO NAZIONALE

Nel 1987, l'innovazione verosimilmente più significativa in campo di politica sanitaria è stata l'introduzione del nuovo modello per il riparto del FSN di parte corrente tra le Regioni. Il nuovo proces-

so di ripartizione prevede due fasi successive nella determinazione dei fondi destinati a ciascuna Regione, nell'ambito di una manovra di graduale riequilibrio tra regioni e di superamento del tradizionale criterio della « spesa storica ». Nella prima fase, viene calcolato il « riparto teorico» del FSN applicando un modello contenente una serie di indicatori di bisogno sanitario e di parametri di spesa ponderati. Nella seconda fase, si stabilisce il riparto effettivo del FSN, in funzione dello scostamento rilevato tra quote regionali teoriche e quote derivanti dall'attualizzazione dei Fondi Sanitari Regionali del 1985. Nel nuovo schema di ripartizione teorica, la spesa sanitaria viene innanzitutto ripartita per settore di attività (ossia per funzione di spesa): - Prevenzione Collettiva (veterinaria e igiene pubblica); - Assistenza Sanitaria Extraospedaliera (medicina di base, generale e pediatrica; guardia medica e guardia turistica; assistenza specialistica, interna e in convenzione; assistenza farmaceutica; assistenza di riabilitazione non ospedaliera); - Assistenza Sanitaria Ospedaliera; - Organizzazione Istituzionale. Per ogni settore, ogni anno per i seguenti tre anni, viene stabilito un peso in base al quale è determinata la relativa quota del FSN. Ciò, al fine di predeterminare l'evoluzione del SSN in funzione degli obiettivi strutturali perseguiti. Con il triennio 1987-1989, ad esempio, si è voluto avviare una graduale riduzione dell'importanza relativa della assistenza ospedaliera (portando la sua quota percentuale dal 50,88 del 1986, aI 51,29 nell'87, al 111


48 nell'89); un aumento di quella della prevenzione collettiva e della assistenza extra--ospedaliera (rispettivamente da 2,66% a 7%, e da 36,26% a 40%), ed una stabilizzazione della organizzazione istituzionale (intorno al 5%). Non rientrano direttamente nel modello di riparto, ma sono comunque compresi nel FSN di parte corrente, i fondi a destinazione vincolata, quelli per i progetti obiettivo e altri fondi, tutti assegnati a livello centrale. I criteri adottati per distribuire il FsN tra le Regioni sono orientati a cogliere l'andamento della domanda, pur tenendo conto dei condizionamenti imposti dallo stato dell'offerta. Così, dal lato della domanda, al fine di considerare il diverso livello di rischio sanitario caratteristico di ciascuna Regione viene introdotto un indicatore epidemiologico. Il rischio sanitario viene espresso in funzione del li. vello di mortalità regionale, come calcolato attraverso il Rapporto Standardizzato di Mortalità (;RsM), ossia il tasso di mortalità relativo ad una popolazione unica di riferimento (quindi depurata' dall'influenza della struttura per sesso e per età) e espresso in termini di variazione percentuale rispetto al tasso medio nazionale. Essendo il 1987 il primo anno, di prova, il RSM viene però applicato soltanto nella misura del 5%, e solo per la spesa farmaceutica, specialistica e ospedaliera. Oltre a tale applicazione (estremamente limitata) degli RSM, l'espressione del bisogno sanitario a livello locale viene còlta attraverso una stima dell'influenza sulla domanda delle condizioni demografiche. A questo scopo, è prevista la classificazione della popolazione residente per sesso (ma 112

solo a partire dal 1988) e per età. Ad ognuna delle 3 classi d'età previste per il 1987 (destinate a diventare 6 a partire dal 1988) sono associati dei pesi diversi, per le diverse funzioni di spesa. Per la spèsa ospedaliera, ad esempio, un bambino (0-11 anni) conta per il 60%, un adulto (12-59 anni) per il 100% e un anziano per il 300%; per la spesa farmaceutica, i pesi sono rispettivamente: 80%, 100% e 300%; per la riabilitazione: 150%, 100% e 300%. Per ciascuna funzione di spesa, i valori regionali ottenuti applicando i pesi prescelti prima e la ponderazione in base al 5% degli RSM poi, vengono alla fine riproporzionati sul totale nazionale in modo da fornire i valori standardizzati (popolazione regionale standardizzata). Allora, per ogni funzione di spesa si calcola la quota spettante ad ogni Regione, pari al prodotto tra la popolazione standardizzata e il « parametro programmato capitario di finanziamento » (rapporto tra ammontare destinato al finanziamento del dato settore e popolazione nazionale). La considetazione delle condizioni di offerta nello schema di riparto avviene in parte con la determinazione del parametro capitano, poiché il volume di risorse destinato a ciascuna funzione di spesa è legato non solo ai dati storici di andamento delle varie componenti di spesa, ma anche alle modificazioni degli standards di dotazione e di attività decise, ed agli obiettivi di politica sanitaria perseguiti. Inoltre, avviene con l'introduzione dei « fattori di maggiorazione », volti ad intervenire dal lato dell'offerta per tenere conto di particolarità strutturali. Sono previste, infatti, delle maggiorazioni di finanziamento per far fronte alle esigenze


dovute alla presenza di grandi. ospedali: 3594 milioni in più per ogni ospedale con 1.000-1.500 posti-letto, e 5.391 milioni per ogni ospedale con più di 1.500 posti-letto. E, in riconoscimento delle maggiori esigenze dei grandi centri urbani, sono anche autorizzati degli stanziamenti aggiuntivi per Genova e Palermo (25 miliardi); Torino, Napoli e Milano (40 miliardi); e Roma (85 miliardi). In conclusione, la quota teorica di FsN spettante a ciascuna Regione è data dalla somma delle quote relative ad ogni funzione di spesa, alla quale vengono eventualmente aggiunti i fattori di maggiorazione. La seconda fase del processo di ripartizione del FSN, quella relativa alla fissazione delle quote effettivamente trasferite ad ogni Regione, deriva dalla consapevolezza di non potere nell'immediato finanziare le Regioni secondo le indicazioni del modello teorico, poiché non sono soddisfatte le condizioni di equilibrio sottostanti. Il riparto teorico rappresenta allora l'obiettivo da raggiungere, mediante modificazioni nelle dotazioni di strutture e di personale verso gli standards fissati, nonché nei comportamenti gestionali verso criteri di maggiore efficienzà. Il riparto 1987 rappresenta un primo passo nel processo di graduale n'equilibrio, partendo dal riparto secondo la spesa storica. La dimensione del processo di riequilibnio risulta infatti dal paragone tra le quote regionali derivate dall'applicazione dello schema teorico e quella ottenuta applicando la distribuzione percentuale del FSN 1985 al FsN 1987. Si evidenzia in tal modo che 13 Regioni, se finanziate in base alla spesa storica, ricevono più di quanto non risulti, invece dalla ripar-

tizione teorica; mentre 8 Regioni ricevono di meno. Il deficit complessivo, relativo a queste 8 Regioni, è uguale al surplus'complessivo relativo alle altre 13: 895 miliardi di lire, ossia l'1,96% del FSN stanziato per il 1987.

CRITERI DI RIEQUILIBRIO

La ripartizione del FSN nel 1987, allora, parte da quella definita in base alla spesa storica (1985) correggendola nel senso di ridurre di 196 miliardi complessivi le assegnazioni relative alle 13 Regioni in surplus e di incrementare di 396 miliardi quelle delle 8 Regioni in deficit, impiegando a tal fine un apposito Fondo per il riequilibnio di 200 miliardi. Le correzioni in più o in meno relative a ciascuna Regione dipendono dal numero di anni che si è ritenuto necessario per il riequilibrio, il quale a sua volta discende sia dalla differenza tra « quota storica » e « quota teorica » sia dalla dotazione di strutture rispetto allo standard nazionale (eccessiva, da ridurre; o caren'te, da integrare). In funzione del numero di anni del processo di riequiibnio (variabile da un minimo di 1, per la Provincia autonoma di Bolzano, ad un massimo di 9, per il Lazio, il Friuli e Trento) è stabilita la parte della differenza finanzaria da coprire (o tagliare) nel 1987, la quale, sommata alla « quota storica », indica la quota di FSN assegnata per il 1987 ad ogni Regione. E' evidente come la determinazione della durata del processo di riequilibrio per ciascuna Regione, sebbene ancorata ad indicatori oggettivi quali la differenza fi113


nanziaria da assorbire e la dotazione in posti-letto, rimanga una scelta puramente politica, nella quale possono entrare considerazioni diverse. L'obiettivo esplicito di premiare le Regioni più efficienti, ossia quelle che registrano una spesa storica inferiore a quella teorica pur non avendo una dotazione carente rispetto allo standard, autorizzando assegnazioni superiori, rischia di essere sostituito in corso d'anno da quello di coprire i potenziali deficit derivanti dalle riduzioni operate sulle 13 Regioni in surplus. Riassumendo i parametri vincolanti in base ai quali sono calcolate le quote teoriche di FSN spettanti ad ogni Regione, è possibile distinguere i nuovi criteri introdotti dal modello di ripartizione 1987 rispetto a quelli già adottati nel passato. Tra le innovazioni compaiono: il RSM (sebbene applicato in quote infinitesimali); le presenze turistiche in ogni regione, per il finanziamento della guardia turistica; le maggiorazioni per i grandi ospedali e per la forte urbanizzazione; i quintali di carne lavorati e la popolazione animale, per il finanziamento della veterinaria. Tra i criteri già sperimentati in precedenza compaiono invece: la popolazione pesata per classe d'età, ma con ulteriore diversificazione dei pesi in relazione alla funzione di spesa; la mobilità ospedaliera, ma distinguendo i costi per ricovero (da aggiungere o sottrarre a seconda che si importino o esportino casi) tra ricovero per specialità di base, alta specialità e altre specialità; il reddito pro-capite medio regionale, per le esenzioni dai tickets; e la differenza tra dotazione in posti-letto e standard nazionale.

I 14

VERSO L'ABBANDONO DELLA SPESA STORICA

In conclusione, il modello introdotto per ripartire il FSN tra le Regioni, sebbene realisticamente usato solo in parte (quale obiettivo multifase da raggiungere grada-, tamente nel tempo) adotta, o raffina, diverse innovazioni tecniche di rilievo. Queste sembrano, nel complesso, testimoniare dell'intento di abbandonare il criterio della « spesa storica » come criterio prevalente nella gestione del processo di ripartizione territoriale delle risorse, e di sostituirlo progressivamente con criteri allocativi che facciano maggiore riferimento ai bisogni sanitari ed alle variabili di domanda e di offerta. Plausibilmente, lo obiettivo di lungo periodo delle autorità sembra essere quello di un riequilibrio (equalizzazione) del finanziamento procapite, sotto la condizione che questa tenga conto del diverso « bisogno sanitario » e delle variabili di utilizzo e di struttura. Nei fatti, e nel tempo, sarà la combinazione di questi due insiemi di argomenti a caratterizzare la direzione e l'intensità del processo di riequilibrio. E' dunque inevitabilmente prematuro tentare una valutazione di un processo complesso, destinato (si auspica) ad articolarsi compiutamente nel lungo periodo. Attualmente, comunque, si può osservare che lo scarso peso attribuito ai RSM farebbe presumere che un riequilibrio interamente (o marcatamente) basato su questi indici epidemiologici di bisogno sanitario (nella assenza di altri affidabili indicatori di morbidità) potrebbe generare effetti fortemente divergenti rispetto alle presenti dotazioni regionali. Per questo, il maggior peso attribuito in 'questa fase agli altri indica-


tori (di utilizzo e di struttura: di domanda e offerta) rispetto agli RSM riflette verosimilmente l'orientamento di raggiungere un tollerabile compromesso tra l'esigenza di abbandonare il criterio della spesa storica e quella di riallocare le risorse in base ad indicatori comunque più sensibili alle realtà sanitarie locali.

LA TASSA SULLA SALUTE

La cosiddetta tassa sulla salute, è stata introdotta dalla legge Linanziaria 1986, art. 31, che ha ristrutturato il sistema dei contributi per le prestazioni del SSN, uniformando le aliquote relative al reddito da lavoro dipendente (10,95% di cui 9,6% a carico del datore di lavoro e 1,35% a carico del lavoratore), e aumentando quelle relative al reddito da lavoro autonomo, portate aI 7,5% (è comunque previsto un prelievo minimale di 648.000 lire annue). Inoltre, l'art. 31 ha allargato la base imponibile, colpendo nello stesso modo (7,5%) il reddito non da lavoro dipendente di lavoratori dipendenti e pensionati, e inserendo i redditi da capitale

Note La situazione vigente secondo la legge finanziaria 1985 vedeva una quota fissa per ricetta di 2.000 L., ed una quota variabile pari al 25 per cento del prezzo di ogni farmaco. Dal 1987, invece, la quota fissa scende a 1.000 L., e il ticket è fissato a 1.500 L. per ogni far-

(ma solo per la parte eccedente i 4 milioni annui). Tale aliquota del 7,5% grava sull'imponibile complessivo compreso tra O e 40 milioni, mentre tra i 40 e i 100 milioni scende al 4%, e si annulla oltre i 100 milioni: per i dipendenti e i pensionati gli scaglioni di reddito sono determinati sommando i redditi da lavoro dipendente e da pensioni agli altri redditi. Nel 1987 non si sono registrate modificazioni della legislazione. Ma l'introduzione di questa « tassa » ha comunque comportato reazioni estremamente vivaci da parte di alcuni gruppi professionali che vedevano in prospettiva aumentare il proprio carico iiscale. Senza entrare nel merito dell'articolazione precisa della « tassa sulla salute » (nelle diverse varianti proposte), si può comunque osservare che il provvedimento muove nella direzione di estendere l'obbligo contributivo, tentando di conciliare così l'esigenza di rendere il finanziamento della sanità pubblica « piii equo e neutrale » (Muraro, 1987) con quella di non inasprire oltre il tollerabile, nell'immediato, il prelievo da imposte generali.

maco con prezzo compreso tra 5.000 L. e 25.000 L. e a 3.000 L. per ogni farmaco con prezzo superiore alle 25.000 L; per gli antibiotici in confezione monodose, il ticket è di 1.500 L. se l'importo globale della ricetta non supera le 25.000 L., e di 3.000 L. altrimenti (D.L. 921/86, art. 2 e 4). 115


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G. MURARO: Modalità di finanziamento dei sisterni sanitari, in Deregulation versus regulation nei sistemi sanitari in cambiamento, a cura di V. Ghetti, Fond. 'Smith-Kli.ne, F. Angeli, Milano, 1987.


I clienti e le dinamiche dei trasferimenti alle imprese di Paolo Silvestri

Le disposizioni relative al titolo III della legge finanziaria per il 1987 riguardano gli interventi in campo economico, e coincidono, in larga parte, con le spese per trasferimenti alle imprese private. All'articolo 3 sono disciplinati i provvedimenti a favore del settore della trasformazione industriale (inteso in senso lato); all'articolo 4 quelli a favore della agricoltura. Gli interventi sono riassunti nella tabella 1. Nella prima colonna sono presentate le spese di competenza secondo l'articolato della legge (tutte di parte capitale, con l'eccezione dei contributi alle piccole imprese per il sostegno alle esportazioni); nella seconda colonna le corrispondenti somme secondo il disegno di legge finanziaria. Sono inoltre segnalate le variazioni che gli articoli hanno subito nel corso dell'iter parlamentare (colonna 3). Come si può osservare il titolo non ha subito rilevanti correzioni negli importi degli stanziamenti. L'inclusione, nell'articolato dell'a legge, di 500 miliardi a favore del fondo per la ricerca applicata e di 350 a favore dell'Enea risultano infatti da uno spostamento dai fondi globali di parte capitale. L'impatto sulla finanza pubblica dipende, come si argomenterà nell'ultimo paragrafo, dalla più incerta «spen-

dibilità » degli accantonamenti nei fondi. Nè, se si escludono le correzioni alle disposizioni sulle imprese a Pss (su cui torneremo), la materia è stata oggetto di modificazioni particolarmente significative o di accese polemiche durante l'iter della legge. Da un 'esame più accurato si può inoltre constatare che questi si limitano a rifinanziare leggi di spesa esistenti, e non contengono norme tese a riformare la legislazione vigente, o ad istituire nuovi campi di intervento. Il settore dei trasferimenti alle imprese sembra dunque risultare pienamente conforme allo stile « snello » della finanziaria 1987. Una conferma indiretta del'influenza esercitata dal clima generale che ha informato la finanziaria 1987 si desume, ad esempio, dal confronto con la passata legge finanziaria. Gli interventi economici nella finanziaria 1986 (che ben esprimeva la tipologia di legge « omnibus ») si caratterizzano per un numero certamente più elevato di correzioni apportate durante l'iter (ma questa è anche una conseguenza della più lunga sessione di bilancio), e per la presenza di disposizioni volte a modificare la normativa del settore. Va però sottolineato che quest'ultima sembra essere una funzione residuale della legge finanziaria nei confronti dei trasferimenti. In realtà la maggior parte delle variazio117


ni, apportate nel corso della finanziaria 1986, riguardano il ri/inanziamento di leggi che non avevano trovato spazio nel disegno originario. Le sovvenzioni alle imprese presentano caratteristiche strutturali (quanto a franimentazione e a natura dei beneficiari) che portano a far prevalere la logica del rifinanziamento (ripetuto) delle leggi, anziché quella delle modificazioni, eventualmente alimentate da prospettive di riforma. Il settore dei trasferimenti ha infatti costituito terreno di grandi discussioni quando si è cercato, come nella seconda metà degli anni '70, di riformare l'intera materia pervenendo ad una gestione unificata del complesso delle sovvenzioni. Di conseguenza, almeno per il momento, può essere considerato un settore al riparo delle grandi battaglie che a tratti appassionano la sessione di bilancio (si pensi per converso agli scontri sulle questioni della sanità, della scuola o della finanza locale). Eppure questo non è un settore che coinvolga una quota marginale di spesa pubblica: il complesso dei trasferimenti alle imprese private, a carico del bilancio statale, ammonta infatti a circa la metà delle spese per l'istruzione di ogni ordine e grado iscritte nel bilancio del Ministero della Pubblica Istruzione.

QUALI SONO I « CLIENTI »

Un breve esame dei provvedimenti contenuti negli articoli 3 e 4 permette di riassumere le caratteristiche della spesa per trasferimenti e di mettere a fuoco alcuni dei problemi che la loro• gestione comporta nell'ambito della- finanziaria..

Cominciamo dall'articolo 3. Comma 1. Dispone l'aumento del fondo di dotazione della Sezione speciale per l'assicurazione del credito alle esportazioni (SACE) di 448 mld. per il 1987, e - confermando la deroga alla legge istitutiva - -prevede che la SACE possa utilizzare interamente il fondo di dotazione per il pagamento degli indennizi conseguenti alla mancata restituzione dei crediti alle esportazioni. Tale fondo, inizialmente dotato di 20 mld., è stato in seguito al forte aumento dei casi di insolvenza, notevolmente incrementato, sia con leggi ordinarie che con leggi finanziarie. Comma 2. Si tratta di •un trasferimento di ammontare modesto al Mediocredito Centrale, per la concessione di contributi a favore dei consorzi che esportano prodotti agroalimentari. Questa spesa, istituita nel 1981, è stata a -più riprese finanziata con leggi finanziarie. Comma 3. Incrementa di 30 miliardi, per ciascuno degli anni dal 1987 al 1996, il fondo contributi in conto interessi iper il finanziamento delle agevolazioni al settore del commercio. Il fondo, istituito con la legge 517/1975, ha ricevuto come dotazione iniziale 85 mld.; da allora è stato rifinanziato ripetutamente, con il risultato che una legge nata con una « portata » di spesa annua di 9 miliardi (e tale era ancora la dotazione nel 1979), dispone per il 1987 di 395 -mld.'. E' interessante osservare che tale legge « che fino al 1980 ha avuto grosse difficoltà di funzionamento, sta ormai operando attivamente e con risultati di rilievo)) (Relazione Previsionale Programmatica, 1987) come testmonia il tasso di accoglimento delle do. mande pervenute, che, pur essendo più che raddoppiate dal 1983 al 1985, supera nel triennio 1983-5 il 90 per cento. Comma 4. Si aumenta il Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica (art. 14 della 1. 46/1982) di 500 .mld. per ciascuno degli anni 1987-89. Il fondo, che ha Io scopo di finanziare a tasso agevolato i programmi delle imprese finalizzati a rilevanti avanzamenti tecnologici, ha ricevuto uno stanzia-


mento iniziale di 1500 rnld., successivamente portato, attraverso diversi rifinanziamenti, a 6381 mld. 5. Si stanziano a favore del Fondo di rotazione per la ricerca applicata (istituito con la legge 1089/1968 e riformato con la 46/1982) 500 'mld. per ciascuno degli anni 1987-89. Il fondo, gestito dall'IM!, finanzia programmi di ricerca applicata sia con contributi in conto interessi che in conto capitale. Dotato di 1700 snld. con la legge n. 46, ha ottenuto in seguito ai rifinanziamenti (quasi esclusivamente con legge finanziaria) 5593 •mld. L'articolo non era presente nel disegno di legge, ed è stato inserito 'in Commissione depennando un analogo accantonamento nel fondo globale (Tabella C), che avrebbe dovuto consentire l'adozione di un provvedimento legislativo tale da « apportare talune innovazioni nella normativa che regola la materia » (Relazione al disegno di legge finanziaria per il 1987). Comma

6. Aumenta di 70 milioni, in ragione d'anno, per il periodo 1987/93, il fondo istituito presso l'Artigiancassa, per l'erogazione dei contributi in conto interessi. Lo stanziamento va ad integrare altri 470 rnld. (tutti disposti con precedenti leggi finanziarie), portando la dotazione per il 1987 a 540 mld. Comma

7-8. Si autorizza l'ENEL ad emettere obbligazioni e a contrarre mutui con la BEI e 1'EURATOM e si' pone il relativo onere per capitale e interessi a carico del bilancio statale. Poiché 'in questa sede non interessa mettere in evidenza l'attività di sostegno a favore delle imprese pubbliche, si rinvia, per un commento su questa recente tecnica di finanziamento, ai commi 11-13 relativi alle Ppss. 'Si noti comunque che all'articolo 8 della legge finanziaria si dispone la riduzione dei conferimenti a favore dell'ENEL, già previsti dalla legge 231/1982, e pari a 345 mld. per il 1987. Commi

9. Dispone l'ulteriore rifinanziamento della legislazione sul credito navale e sulla cantieristica assegnando 200 snld. per contributi in conto capitale e 60 in conto interessi per il 1987. Si tratta di una vecchia

Comma

legge del 1962, passata sostanzialmente indenne attraverso i diversi tentativi di riforma del sistema degli incentivi, che attraverso ripetuti rifinanziamenti, ha « accumulato» per il 'periodo 1985-88, 2325 mld. di stanziamenti. 10. Incrementa di 300 mld. per il 1987 il fondo per la concessione di contributi in conto interessi istituito presso il Mediocredito Centrale. Al fondo attingono diverse leggi di settore (quali il dpr 902/1976 e la legge 1329/1965 - legge « Sabatini »), ma non è infrequente l'assegnazione di fondi marcati. L'assegnazione in questione è f inalizata alla legge « Sabatini » (analogamente aveva operato la finanziaria per il 1986), che finanzia l'acquisto di macchine utensili. Va ricordato che accanto al beneficio finanziario (contributi sugli interessi) operano alcune agevolazioni tributarie che aumentano il grado di sovvenzione associato a! provvedimento. La legge 1329, anche in conseguenza dell'estensione dell'ambito di applicazione e della modesta documentazione richiesta, che la rendono molto agile ma poco selettiva, sta riscontrando un crescente successo tra gli operatori, che sta alla 'base dei frequenti rifinanziamenti. Si noti che l'aumento dei trasferimenti erogati su questa legge, comporta un parallelo aumento delle sovvenzioni indirette, ossia delle tax expenditures « erogate » ' attraverso il sistema f iscale sotto forma di mancate entrate. Comma

11-13. Si autorizzano l'lai e 1'EFIM a contrarre mutui con la 'BEI e ad emettere obbligazioni sul mercato interno a partire dal secondo semestre deI 1987 per 650 mld. (500 per l'liti e 150 per l'EFIM). Lo stato si fa carico dell'onere per interessi e capitale (ossia trasferisce, a partire dal 1988, agli enti di gestione una somma pari alla quota di ammortamento). Tale onere è valutato per ciascuno degli anni 1988 e 1989 in 65 mld. Gli enti di gestione aumentano ogni anno i rispettivi fondi di dotazione delle rate di capitale rimborsate (capitalizzazione indiretta). A questo proposito va osservato che il fabbisogno finanziario delle Ppss è stato, negli anni 'più recenti, quasi esclusivamente Commi

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soddisfatto attraverso disposizioni emanate con legge finanziaria. Tali disposizioni hanno riguzrdato sia l'aumento diretto dei fondi di dotazione, che l'autorizzazione a emettere prestiti obbligazionari e a contrarre mut'ui con la BEI con rimborso a carico dello stato (e in taluni casi, come nelle leggi finanziarie 1986 e 1987, portando ad aumento del fondo di dotazione le rate rimborsate per la parte capitale). Il ricorso al primo strumento è in netto declino dal 1984, sia per le migliorate condizioni economiche e finanziarie degli enti di gestione, che per la parziale sostituzione con il meccanismo di capitalizzazione indiretta. Quest'ultimo presenta infatti il vantaggio di « conferire maggiore tempestività alla acquisizione delle risorse » (Relazione al disegno..., 1987), oltre che di garantire un più stretto controllo del mercato sulle operazioni. Va però osservato che questa tecnica produce un parziale ef: fetto di illusione, in quanto il costo per il bilancio dello stato non grava sull'esercizio corrente, ma è rinviato nel tempo, e quindi appare meno « oneroso » dell'aumento dei fondi di dotazione.

Come si è accennato il titolo III ha subito le modificazioni più rilevanti negli articoli, relativi ai provvedimenti a favore delle Ppss. Nel disegno di legge era infatti previsto sia un più ampio ricorso ai prestiti (altri 700 mld per il biennio 1988-89) che un aumento diretto dei fondi di dotazione 2 . Che sul finanziamento pubblico alle Pss non vi fosse accàrdo nemmeno in seno al governo era d'altra parte già manifesto dalla fine di settembre quando in uno scontro politico dai toni aspri il ministro dell'industria riuscì ad imporre, contro il parere del ministro delle Pss e del sottosegretario alla presidenza, il contenimento delle dotazioni alle Pss. Dato, l'ammontare di trasferimenti stanziati nel bilancio dello stato (sulla cui di120

namica si dirà qualcosa di più preciso nell'ultimo paragrafo), la caduta dei conferimenti alle Pss dal 1984 sta dunque lasciando maggiore spazio per le sovvenzioni alle imprese private. Il declino dei fondi pubblici assorbiti dalle Ppss è però meno forte di quanto possa apparire a prima vista: bisogna infatti ricordare che le Pss sono comunque beneficiarie (privilegiate) delle altre forme di agevolazione, e che dal 1986 sono in aumento i trasferimenti dello stato per fare fronte al rimborso delle rate di ammortarnento. Commi 14-16. In Commissione il testo del disegno di legge è stato integrato dei commi 14-16, che autorizzano l'liti a emettere nuovi prestiti obbligazionari in relazione alle scadenze delle quote annuali di ammortamento di un precedente prestito obbligazionano emesso a partire dal 1982 (provvedimenti urgenti a favore dellindustria siderurgica)3 . Poiché in base al piano di ammortamento risultano in scadenza quattro quote di 500 mld. per gli anni 1986-89, la finanziaria concede all'liti di emettere nuove obbligazioni per fare fronte alle tre quote residue, e delibera che l'onere per interessi (valutato in 25, 75 e 125 mld. per gli anni 1987-89) sia assunto a carico dello stato. Si noti che tali autorizzazioni, apparentemente senza onere per il bilancio dello stato (se non quello, ma non è lieve, degli interessi), possono in futuro costituire « titolo » per chiedere e ottenere trasferimenti. Comma 17. Si assegnano 350 mld. per il 1987 all'ENEA, per proseguire il piano quinquennale. Questo articolo, che non ha riflesso sull'ammontare dei trasferimenti alle imprese in quanto l'ENEA è un ente pubblico, è stato inserito alla Camera (su emendamento del Pci) riducendo di pari importo l'assegnazione per il 1987 in Tabella C.

L'articolo 4 è dedicato ai provvedimen-


ti a favore dell'agricoltura. Con la finanziaria per il 1985 è stato concesso al Consòrzio nazionale di credito agrario di miglioramento e agli istituti di credito abilitati la garanzia dello stato sui rischi di cambio (per le variazioni eccedenti il 2%) sui prestiti contratti all'estero, nei limiti del controvalore di 1000 mld per gli anni 1985-88. Il primo comma dispone l'innalzamento del limite del controvalore a 1500 mld. Su tali prestiti può inoltre essere accordata anche la garanzia dello stato per il rimborso di interessi e capitale. Con questo tipo di provvedimenti, che formalmente non comportano alcun aumento di spesa, si creano, qualora i meccanismi delle garanzie si mettano in moto, ulteriori fonti di sovvenzioni. Minore importanza hanno gli altri commi dell'art. 4. Vediamoli. Comma 2. Si aumenta di 100 mld. per il 1987 (e 30 per il 1988) il capitale della RIBsSpa, costituita con l'obiettivo di promuovere il risanamento nel settore bieticolo saccarifero.

Comma 3. La finanziaria per il 1986 disponeva la spesa di 27 mld. per concedere aiuti per la riconversione delle cooperative agricole e loro conosrzi in crisi a causa dei provvedimenti restrittivi della CEE (riduzione degli aiuti alla produzionenel settore del pomodoro). Il comma 3 rifinanzia il provvedimento autorizzando una spesa di 40 mld. per il 1987.

Comma 4. Aumenta di 45 •mld. per il 1987 la dotazione della Sezione speciale del fondo interbancario di garanzia per il credito agrario, al fine di consentire l'erogazione di mutui alle cooperative e loro consorzi. 'La sezione speciale ha infatti la funzione di prestare garanzie di fidejussione a quelle imprese che, ottenuta la concessione del contributo in conto interessi, non abbiano suf-

ficienti garanzie da offrire agli istituti di credito. Anche per questo provvedimento vale il commento fatto al preecdente comma I.

CARATTERISTICHE STRUTTURALI DEL SETTORE

Dall'esame sommario degli interventi in campo economico possiamo avanzare alcune osservazioni che ne riassumono le principali caratteristiche.

I Tutti i provvedimenti si traducono, anche se non necessariamente con un riflesso finanziario nell'anno 1987, in sovvenzioni alle imprese. La maggior parte di queste assumono la forma di trasferimenti espliciti di bilancio, altri la forma di trasferimenti impliciti come nel caso delle tax expeditures, delle garanzie e delle autorizzazioni a concedere prestiti. Anche se le due forme di « erogazione » possono produrre analoghi effetti economici, certamente le seconde pongono maggiori problemi di trasparenza, dal momento che in bilancio non risulta l'effettivo ammontare della sovvenzione. 2 La maggior parte dei trasferimenti non giunge direttamente alle imprese, ma passa attraverso la gestione di intermediari finanziari. La presenza degli intermediari comporta diverse implicazioni. Innanzitutto le somme effettivamente percepite dalle imprese non corrispondono, né sotto il profilo temporale, né sotto quello quantitativo, a quelle erogate dal bilancio dello stato; si profila quindi un possibile snaturamento delle finalità congiunturali delle politiche di sovvenzione sul versante della gestione di cassa, oltre che un ulteriore diaframma nella trasparenza della gestione. 121


In secondo luogo l'efficienza nella gestione delle sovvenzioni, e quindi la loro efficacia, dipende anche dalla capacità operativa degli intermediari finanziari. In terzo luogo la domanda di sovvenzioni da parte delle imprese è filtrata e organizzata da soggetti maggiormente specializzati nel gestire rapporti con i centri pubblici di erogazione. In quarto luogo gli obiettivi della legislazione vengono mediati dai criteri operativi degli intermediari. Infine, in tutti i casi in cui l'attività dell'intermediario si risolve in erogazione di credito agevolato, queste forme di sovvenzione rappresentano un incentivo per le imprese ad indebitarsi. 3 I trasferimenti non dipendono da un unico centro funzionale e organizzativo, ma dipendono da una pluralità di ministeri (Tesoro, Industria, Partecipazioni statali, Marina mercantile, Agricoltura, Turismo, Lavori pubblici, Trasporti, Commercio estero), comportano la gestione di una pluralità di soggetti (si pensi al ruolo degli intermediari nella fase della istruttoria), e individuano una platea molto ampia di beneficiari (i capitoli di spesa classificati come trasferimenti alle imprese sono oltre 200). Queste caratteristiche possono pregiudicare la capacità di coordinamento dei provvedimenti e provocare, come ci insegna la storia recente e meno recente della legislazione di incentivo, distorsioni e paralisi negli obiettivi associati alle spese per trasferimenti 4 L'efficacia delle sovvenzioni dipende infatti dalla capacità di incentivare determinati gruppi di beneficiari producendo effetti differenziali, che possono essere neutralizzati o distorti quando si attivi.

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no misure non coerenti. In assenza di tali effetti (efficacia economica) le sovvenzioni sono in larga misura inutili e si risolvono in una mera (ma costosa) operazione redistributiva. 4 I trasferimenti presentano una gamma assai ampia di finalità: si va da provvedimenti ispirati ad una logica meramente difensiva (le dotazioni a favore della SACE e le provvidenze a favore delle cooperative agricole in crisi in seguito al taglio degli aiuti CEE, ad esempio); ad altri finalizzati al sostegno ordinario della attività di investimento o di esercizio (come le agevolazioni al commercio, i contributi all'artigianato o il finanziamento dei fondi di garanzia); ad altri tesi ad aumentare la « capacità di attacco », dell'industria nazionale (quali il fondo per l'innovazione tecnologica e quello per la ricerca applicata). Non è possibile, senza addentrarsi in una analisi estremamente dettagliata, valutare se la politica di trasferimento seguita negli anni più recenti, abbia privilegiato, in termini di allocazione di risorse pubbliche, alcuno di questi comparti. I trasferimenti gestiti direttamente in finanziaria costituiscono peraltro solo una parte di quelli effettivamente erogati dal bilancio stastale. L'impressione che comunque si evince dal contenuto della finanziaria 1987 è che le tre tipologie ora menzionate conservino il loro peso nel bilancio, pur essendo mutati gli specifici destinatari. Sino al 1985, ad esempio, pesavano in particolare nei bilanci pubblici le erogazioni a favore della siderurgia in crisi. Oggi appaiono assai ridimensionate, ma stanno aumentando altri interventi come quelli a favore della cantieristica (per i quali


non è facile tracciare il confine tra obiettivi:di sostegno ordinario e difensivi), oppure a favore della RIBS e della SACE. Se una conclusione si può trarre è certamente quella che non esistono delle priorità, ma che la distribuzione delle risorse in queste differenti aree si adatta alla evoluzione spontanea della domanda. Questo indirizzo è peraltro esplicitato nella Relazione al disegno di legge della finanziaria 1986: « Le disposizioni... attinenti ai diversi comparti economici... sono tra di loro collegate dalla logica unificante di assicurare il sostegno finanziario, in riferimento alla vigente normativa, alle necessità emergenti che si evidenziano nei diversi poli economici ». Né, per correggere questa impostazione, basta dichiarare, come si fa nella Relazione per il 1987 che « gli interventi in campo economico si articolano nei settori per i quali è più significativa l'azione dello stato a sostegno degli investimenti privati e per l'impulso allo sviluppo economico », dato che la finanziaria 1987 rifinanzia in larga parte i medesimi interventi già finanziati nel 1986 (si veda la colonna 5 di tabella 1). 5 Un'ulteriore caratteristica dei trasf erimenti alle imprese, ben evidente per quelli compresi nella finanziaria 1987, è che l'intervento a favore dei beneficiari non avviene mediante un finanziamento o un rifinanziamento una tantum di considerevole importo, ma attraverso freqùenti reiterazioni nelle decisioni di rifinanziamenio delle leggi di spesa e per importi che hanno un riflesso sul bilancio annuale modesto. Come si può osservare dalla tabella 1 (colonne 3, 4, 5) molti dei beneficiari della finanziaria 1987 sono « clienti abituali », in quanto hanno ri-

cevuto stanziamenti anche nelle finanziarie precedenti. La conseguenza di questo comportamento non è tanto quella di fare scaturire automaticamente degli oneri di spesa non previsti, perché l'adeguamento dei mezzi finanziari è attuato mediante nuove decisioni di spesa, ma quello di alimentare un meccanismo di erogazione di fondi pubblici che tende ad autoalimentarsi. E' infatti assai probabile che, dato l'obiettivo perseguito da una determinata legge di incentivo, la sua approvazione trovi minori ostacoli se è accompagnata con l'indicazione di oneri finanziari relativamente modesti. Questo è tanto più vero quando prevalga un clima generale di contenimento della spesa pubblica, in cui la partita della assegnazione delle priorità alle politiche pubbliche si fa più animata. Messo in cantiere il provvedimento e trasmesso il segnale ai potenziali beneficiari (imprese ed interrnediari finanziari), che peraltro impiegano sempre un certo lasso di tempo prima di sintonizzarsi con le procedure e accedere ai benefici, può verificarsi che la domanda da parte di questi aumenti rapidamente. L'aumento della domanda (tanto più probabile quanto minore è il grado di selettività del provvedimento) costituisce d'altra parte la prova dell'efficacia della sovvenzione. Efficacia erogatoria, s'intende, e non necessariamente economica. La prova è tanto più forte quanto più i provvedimenti in questione operino in un clima di scarsa capacità operativa delle altre sovvenzioni. Si generano quindi aspettative e pressioni affinché la legge sia rifinanziata. Questo meccanismo, favorito dalla disper123


sione dei centri di decisione e dei beneficiari (ossia dei soggetti interessati al rifinanziamento), dalla presenza degli intermediari (che, oltre ad avere un interesse nella attivazione del canale erogatono, hanno maggiore capacità di rapportarsi con l'amministrazione) e da una filosofia d'intervento che è appunto quella di coprire le « necessità emergenti », ha conseguenze ambivalenti. Da un lato può essere considerato un espediente razionale per aumentare l'efficienza nella gestione delle sovvenzioni. In linea di principio infatti si garantisce la possibilità di saggiare la sensibilità della domanda, ed eventualmente aggiustare l'offerta di sovvenzioni, senza impegnare somme poi difficilmente spendibili (come è invece accaduto con le leggi di razionalizzazione del settore approvate nella seconda metà degli anni '70).

Dall'altro lato però si perde quel legame, certo sempre più sottile, tra strumenti e obiettivi (risorse e fini) che la legislazione dovrebbe sancire: il rifinanziamento è testimonianza della incongruitè dello stanziamento iniziale rispetto all'importanza dell'obiettivo, oppure è il risultato, prodotto dalla spinta degli interessi coinvolti, di una sopravvalutazione dell'obiettivo? Un ulteriore punto merita infine di essere messo in evidenza. La tecnica del piccolo rifinanziamento, proprio in quanto rappresenta un modo per garantire maggiori probabilità di successo, in termini di appropriazione delle risorse nell'ambito del bilancio, al settore dei trasferimenti, può danneggiare progetti alternativi che invece richiedano uno stanziamento più elevato di tipo una tantutn. 124

Questa osservazione ci porta ad affrontare l'ulteriore questione se, conformemente •agli inviti e alle intenzioni da più parti espresse a favore di un contenimento della spesa per trasferimenti alle imprese5 la legge finanziaria abbia contribuito alla riduzione delle sovvenzioni. ,

LEGGE FINANZIARIA E MANOVRA SULLA SPESA PER TRASFERIMENTI

Domandarsi quale sia il contributo della legge finanziaria alla dinamica della spesa per trasferimenti alle imprese, non è una questione banale perché non è univoco il significato da attribuire all'impulso che la legge finanziaria conferisce a questo tipo di spesa. Come è infatti noto la finanziaria interviene sul bilancio a legislazione vigente non solo con i provvedimenti delineati nell'articolato della legge (e di cui ci siamo occupati in precedenza), ma anche attraverso la rimodulazione della spesa a carattere pluriennale (Tabella A), attraverso gli stanziamenti la cui quantificazione annua è demandata alla finanziaria (Tabella D) e, ciò che più interessa per i trasferimenti alle imprese, mediante l'accantonamento nel fondo globale di parte capitale (Tabella C) e, in misura minore, di parte corrente (Tabella B). Come si può osservare dalla tabella 2, che ripercorre, per gli anni 1984-87, e limitatamente ai trasferimenti alle imprese, l'iter che va dal bilancio a legislazione invariata all'assestamento del bilancio, le variazioni apportate dalla legge finanziaria riguardano, oltre alle disposizioni contenute nell'articolato, le rimodulazioni (rilevanti nel 1984 per la categoria delle


anticipazioni), gli stanziamenti in Tabella D (significativi solo per i trasferimenti correnti) e soprattutto la attribuzione delle quote dei fondi 'globali, che invero incrementano considerevolmente le somme destinate ai trasferimenti. Se a queste si aggiungono le attribuzioni degli accantonamenti nei fondi speciali di riserva e le eventuali e ulteriori variazioni si ottengono le autorizzazioni integrate di competenza8 Quale è dunque la dimensione dell'impulso che la finanziaria esercita sulle sovvenzioni? Alla domanda non si può offrire una risposta univoca perché gli strumenti a cui la legge ricorre per attuare la manovra presentano un diverso « potenziale » di spesa. Mentre infatti l'articolato conferisce all'amministrazione il potere di spendere (spesa certa) l'accantonamento nei fondi globali costituisce una spesa incerta, in quanto tali somme si trasformano in stanziamenti solamente se i provvedimenti legislativi a cui si riferiscono vengono perfezionati. Se ci si limitasse a considerare gli stanziamenti disposti dall'articolato si sottostimerebbe la reale portata della finanziaria. Viceversa se si considerassero come effetto della finanziaria anche le somme iscritte nei fondi. .

UN ANDAMENTO ERRATICO

Assumendo l'assestamento del bilancio come espressione della fase conclusiva del processo che porta alla formazione del bilancio di previsione (e quindi come espressione compiuta del processo legislativo), si possono porre a confronto gli effetti delle diverse fasi della• legge

finanziaria sui trasferimenti. Come si può osservare dalla figura 1, le spese nel bilancio a legislazione invariata crescono nel quadriennio solamente in seguito all'incremento che si registra nel 1986 (provocato, come si vede nella tabella 2, da un aumento di tutte e quattro le categorie di trasferimenti). Rispetto a tale andamento gli stanziamenti previsti dalla legge finanziaria in senso stretto (Articolato + Tabelle A e D) comportano una lieve riduzione nel 1984, un aumento molto forte nel 1985 (di circa il 45%) e un discreto effetto espansivo nel 1986 e 1987 (circa il 12%). Questa « manovra » non si è però trasmessa con la stessa intensità sulle previsioni definitive, in quanto non solo queste sono mediamente assai più elevate dei trasf erimenti iscritti nel bilancio di previsione (somma del bilancio a legislazione invariata e della legge finanziaria in senso stretto), ma in quanto nel 1984 (anno in cui la finanziaria è avara) provocano un aumento dei trasferimenti di quasi il 50%, mentre nel 1986 (anno in cui il bilancio a legislazione vigente aumenta) solo del 5%. La spiegazione di questo comportamento erratico dipende dal destino che subiscono gli accantonamenti nei fondi globali nel corso dell'anno. Se l'iter legislativo si conclude positivamente (come nel 1984 e nel 1985) allora all'effetto della finanziaria in senso stretto si somma quello dei fondi. Così nel 1984 la legge finanziaria aveva sì ridotto l'ammontare dei trasferimenti, ma aveva accantonato 6156 mld nei fondi globali (di cui 5318 nelle partecipazioni, categoria che presenta una più elevata probabilità di essere spesa, essendo destinata a pochi soggetti « specializzati »: Pss

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e intermediari finanziari); mentre l'accantonamento nei fondi del 1986, presumibilmente a causa della crisi di governo, non si è tradotta in stanziamenti. La gestione della spesa per trasferimenti alle imprese, attraverso il processo che porta alla formazione del bilancio di previsione, risulta quindi fortemente limitata dal massiccio ricorso alle appostazioni nei fondi globali, con le conseguenze, in termini di effettiva capacità di manovra congiunturale delle sovvenzioni, che si possono immaginare. Quanto osservato non impedisce però di avanzare un giudizio complessivo sull'impatto delle più recenti finanziarie: il dato uniforme che traspare è infatti che dal 1985, sia assumendo come punto di riferimento le previsioni che le autorizzazioni, il complesso degli stanziamenti non è certamente aumentato.

Note Va invero osservato che la scorsa legge finanziaria, oltre ad aumentare il fondo, ne aveva esteso i benefici anche alle società promotrici di 'centri commerciali all'ingrosso e mercati agroalimentari, a cui sono riservati 160 mld per il 1987. 2

In Tabella C era infatti riproposta l'appostazione già prevista nella legge finanziaria 1986 per gli eseroizi 1987-88 e non ancora utilizzata con provvedimenti legislativi. Tale somma era però stata considerevolmente ridotta rispetto a quanto previsto nella finanziaria per il 1986 da 1000 a 260 mld per l'esercizio 1987 - in seguito « al sensibile miglioramento delle condizioni operative e finanziarie che ha caratterizzato nell'ultimo periodo l'attività di tali « enti » (Relazione, 1987). Alla Camera è stato i-

126

Ad analoghe conclusioni si giunge se anziché riferirsi agli stanziamenti ci si riferisce alle erogazioni effettive di cassa (si veda la figura 2). Queste, sostanzialmente stabili dal 1984, mostrano, se misurate sul PIL, una certa flessione rispetto al picco del 1983. Va però ricordato che il 1983 costituisce, nella storia delle politiche di sovvenzione, un anno eccezionale, che segna, accanto al 1971, uno dei momenti in cui lo sforzo finanziario dello Stato a favore delle imprese ha raggiunto il suo massimo. Per quanto riguarda gli sviluppi futuri è certamente difficile avanzare delle previsioni. Come si è mostrato molti degli interventi in esame tendono a spostare I' onere per il bilancio nel futuro, così che una effettiva riduzione dei trasferimenti alle imprese, auspicata, come si è ricordato, da più parti, dovrebbe essere affrontata con maggiore determinazione.

noltre eliminato un comma, relativo all'aumento del fondo di dotazione dell'Ente autonomo gestione cinema, pari a 40 •mld per il 1987. Il comma era stato introdotto in Commissione e coinpensava una pari diminuzione in Tabella C. Con l'operazione finanziaria del 1982, l'Izi ha ceduto obbligazioni ai creditori delle imprese siderurgiche ad essa facenti capo (Nuova Italsider, Italsider, Acciaierie di Piombino, Finsider, Terni), rifinanziando a medio-lungo termine i debiti a breve di queste. In sostanza quindi con l'operazione .prevista dalla finanziaria si rinnova il debito delle società siderurgiche nei confronti dell'TR!. Tipica è la vicenda degli incentivi a favore delle industrie del Mezzogiorno. Come è noto la legislazione d'incentivo a favore del Mezzogiorno fu messa in crisi negli anni Sessanta dalla legislazione che erogava contributi a fa-


vore delle aree insufficientemente sviluppate del Centro - Nord e a favore delle piccole e medie imprese. Analoga situazione si ripropone anche dopo la legge 183/1976, che, tentando di unificare la gestione degli incentivi, conservava una intonazione spiccatamente meridionalistica. Il vantaggio relativo a favore del Sud è stato infatti progressivamente eroso con la legislazione successiva che, essendo poco selettiva, ha finito per beneficiare prevalentemente le imprese del Centro-Nord (legge « Sabatini »; legislazione sul credito alle esportazioni e sul commercio). a Nelle Considerazioni Finali del Governatore (Relazione della Banca d'Italia del 30 maggio 1987) si osserva che « i contributi alle imprese vanno finalizzati più direttamente alla crescita della produttività e della base produttiva: il loro ammontare dovrà tenere conto della ripristinata redditività aziendale ». Analoghe considerazioni sono espresse anche 'nella Relazione Previsionale e nella Relazione al disegno di legge finanziaria per il 1987, anche se limitatamente al settore delle imprese a Ppss. 8

Va osservato che le autorizzazioni « integrate» non costituiscono un aggregato particolarmente significativo in quanto, da un lato 1a ventilazione per categorie economiche fatta dalla Ragioneria per le somme accantonate nei fondi non può che essere approssimativa (né potrebbe essere altrimenti dal momento che si tratta di provvedimenti legislativi non ancora approvati), e dall'altro le spese iscritte in bilancio subiscono ulteriori modificazioni attraverso le note di variazione sino all'assestamento del

bilancio. Il riferimento alle autorizzazioni è però un passaggio obbligato quando si voglia cercare di ricostruire il contenuto analitico delle somme iscritte nelle categorie dei trasferimenti, in quanto un esame sucientemente dettagliato delle autorizzazioni è riportato annualmente in allegato alle Relazioni sulla stima del fabbisogno del settore pubblico. Si tratta quindi dell'unico passaggio intermedio tra il bilancio di previsione e il consuntivo dal quale sia possibile ottenere informazioni analitiche senza un costo ecceisivo. Ci si riferisce alle erogazioni di cassa (sulla competenza e sui residui) nelle quattro categorie di spesa dei: 1) trasferimenti correnti alle imprese, 2) trasferimenti di .parte capitale alle imprese, 3) partecipazioni azionarie e conferimenti (con l'esclusione dell'ENEL e dei conferimenti ad organismi internazionali), 4) anticipazioni per finalità produttive (con l'esclusione delle anticipazionj alla Cassa Dopp). Questa serie è stati sottoposta ad alcune correzioni al fine di renderla 'più omogenea nel tempo. 'Le principali correzioni riguardano i trasferimenti correnti, che sono al netto dei canoni RAI e debiti pregressi con la Banca d'Italia; e i trasferimenti di parte capitale. Dal 1978 sono infatti rilevanti alcuni fondi trasferiti alle contabilità speciali della tesoreria. Alcuni di questi fondi non sono con tabiizzati nel bilancio dello stato come trasferimenti alle imprese, ma bensì ad enti pubblici. Altri come trasferimenti alle imprese. I dati di bilancio sono perciò corretti, aggiungendo le erogazioni dalla tesoreria relative ai primi e sottraendo le mancate erogazioni relativi ai secondi.

127


Procedure e metodi di programmazione finanziaria La prima esperienza (dimezzata) dell'86-87 di Giuseppe Pisauro

I primi tre articoli della legge finanziaria 1988 contengono norme in materia di procedure di bilancio. Si tratta di innovazioni che in qualche misura riprendono quanto stabilito dalle due risoluzioni approvate dalle Commissioni Bilancio di Camera e Senato nel giugno 1986. Le vicende politiche della primavera-estate 1987 (elezioni e successiva formazione del governo Goria) hanno impedito che il processo di bilancio per l'anno 1988 seguisse le nuove procedure. Tuttavia, una prima e sia pur stentata sperimentazione, aveva avuto luogo nella stessa sessione di bilancio di fine 1986. Si trattò di una sperimentazione limitata, di nuovo a causa della situazione politica (la crisi del governo Craxi). Ciò nonostante, essa resta a tutt'oggi l'unico banco di prova delle nuove procedure. Attraverso l'esame di questa è possibile ricavare elementi empirici per formulare una prima valutazione di tali procedure. L'articolo che segue è basato sui risultati di una ricerca svolta nella primavera 1987 per la Commissione tecnica per la spesa pubblica (che qui si ringrazia per averne permesso l'utilizzo). L'analisi si concentra soprattutto in due aspetti: le caratteristiche del documento 128

di programmazione economico-finanziario che dovrebbe fissare obiettivi e strumenti della manovra di finanza pubblica e il tentativo di alleggerire la legge finanziaria ricorrendo ad appropriati provvedimenti di settore. In entrambi i casi, 1' esame dell'esperienza della sessione di bilancio 1986 costituisce un punto di partenza, dal quale tenta di trarre domande (la cui attualità a un anno di distanza appare intatta) e possibili risposte.

LE RISOLUZIONI PARLAMENTARI DEL 1986

Le innovazioni procedurali previste nelle risoluzioni del giugno 1986 erano fondamentalmente tre: la separazione tra la fase di individuazione degli obiettivi macroeconomici e macrofinanziari (affidata al Documento di

programmazione economico-finanziaria DPEF - la cui presentazione, originariamente prevista in giugno, slittò, a causa della crisi di governo, al 3 settembre) e la fase di attuazione della manovra (affidata alla legge finanziaria ed ai « provvedimenti di settore »); la distinzione, nell'ambito della fase


di attuazione, degli interventi da realizzarsi attraverso la legge finanziaria (alleggerita nei suoi contenuti) da quelli af fidati a specifici provvedimenti di settore; c) l'introduzione, all'interno dei Fondi speciali per provvedimenti legislativi in corso di approvazione, di un /ondo speciale negativo (contenente misure di aumento delle entrate o riduzione della spesa), con il compito di fungere da strumento di garanzia per la tenuta del saldo di bilancio, contro eventuali effetti. espansivi non desiderati derivanti da una attuazione solo parziale della manovra. Alla luce di quanto è avvenuto nella sessione di bilancio 1986 (che si concluse entro il mese di dicembre), è possibile analizzare le nuove procedure alla prova dei fatti. Va, comunque, ricordato come i risultati dell'analisi debbano essere letti con le cautele imposte non solo dal carattere sperimentale delle nuove procedure, ma anche dal fatto che la crisi di governo dell'estate 1986 ha. fortemente limitato la stessa sperimentazione, modificandone, come accennato, le fondamentali cadenze temporali originariamente previste. E' opportuno articolare l'analisi considerando separatamente i tre principali aspetti innovativi individuati in precedenza.

LE NUOVE PROCEDURE ALLA LUCE DELL'ESPERIENZA DELL'86

Il processo di bilancio in sistemi quale quello italiano, caratterizzati da un significativo ruolo del Parlamento, è sempre sottoposto al rischio di avere esiti deter-

minati dalla sommatoria di decisioni frammentarie. La scelta di anticipare le decisioni sugli obiettivi e quindi sugli aggregati di bilancio, sembra l'antidoto più ovvio contro questo rischio. La stessa scelta è stata adottata nella riforma americana del 1974, cui le modifiche procedurali italiane qui in esame si ispirano'. La decisione preliminare sugli aggregati In concreto, le risoluzioni parlamentari del giugno 1986 prevedevano che il Governo indicasse nel DPEF i valori programmatici del fabbisogno del settore statale e delle grandezze del bilancio per il triennio 1987-89 compatibili con gli obiettivi sul rapporto debito/pri. e sulla crescita del reddito e dell'occupazione. Va sottolineato come l'esplicitazione degli obiettivi riguardasse soprattutto il bilancio statale di competenza (il che è, come si vedrà, un limite non secondario), per il quale andavano indicate le regole di adeguamento della spesa e dell'entrata e, per quanto riguarda i saldi, l'obiettivo di ricorso al mercato e di saldo netto da finanziare (al netto degli interessi). L'obiettivo principale fissato dal DPEF del settembre 1986 sugli aggregati di finanza pubblica riguardava il fabbisogno del settore statale e consisteva in un azzeramento del fabbisogno al netto degli interessi entro il 1990, da conseguire attraverso il sentiero mostrato nella tab. 1.

129


TAB.1 OBIETTIVI SUL FABBISOGNO DEL SETTORE STATALE 1986

1987 1988 (in % del

1989.

1990

PIL)

Fabbisogno al netto degli interessi

4.9

3.7

2.5

1.5

+0.1

Interessi del settore statale

9.4

8.5

7.7

7.2

7.2

14.3

12.2

10.2

8.7

7.1

Fabbisogno complessivo

Fonte: Documento di programmazione economico-finanziaria, 3 settembre 1986, Roma, p. 19.

Coerentemente con l'obiettivo sul fabbisogno vennero fissate per il triennio 19871989 le regole di crescita per entrate (invarianza della pressione . fiscale), spese correnti (4%, 3%, 3% i tassi di crescita annui indicati) e spese in conto capitale (7.5%, 6.1%, 6.1% i tassi di crescita annui) e i conseguenti obiettivi sul saldo netto da finanziare (al netto degli interessi). Poiché gli obiettivi sulle grandezze di bilancio sono strumentali al raggiungimento dell'obiettivo sul fabbisogno del settore statale, l'analisi della verifica della loro tenuta deve anzitutto considerare il saldo netto da finanziare. Questo compito è svolto dalla tab. 2 che riporta i dati al netto della spesa per. interessi é

delle regolazioni dei debiti pregressi. Non sembra si possa affermare che la decisione preliminare sull'aggregato abbia tenuto: il saldo netto da finanziare risultante dalla legge di bilancio è superiore di circa 10.000 mld. nel 1987, di oltre 23.000 mld. nel 1988 e 26.000 mld. nel 1989, rispetto a quanto previsto nel 2 DPEF Si tratta di eccedenze pari al 15%, 37% e 44% rispettivamente nei tre anni considerati. Ciò che colpisce, in particolare, è l'entità del divario tra i disegni di legge governativi (seconda riga della tab. 2) ed il DPEF (prima riga della tab. 2), tenuto conto che la presentazione del secondo ha preceduto quella dei primi di meno di un mese (3 settembre e 29 settembre rispettivamente).

TAB.2 IL SALDO NETTO DA FINANZIARE NEI DOCUMENTI DEL BILANCIO 1987 - 1989 (miliardi di lire - competenza) 1987 DPEF

66.200

DDL

74.980

LEGGE

76.049

130

. .

1988

1989

62.900

59.500

79.736

76.143

86.329

85.886


Note: Documento di programmazione economicofinanziaria (3 settembre 1986).

DPEF:

Disegno di legge di bilancio con effetti del disegno di legge finanziaria (29 settembre 1986).

DDL:

LEGGE:

Legge di bilancio con effetti della legge finanziaria (22 dicembre 1986).

Dati al netto della spesa per interessi e delle regolazioni di debiti pregressi. Per il 1987 i dati sono anche al netto di 10.564 •mld. sostitutivi di anticipazioni di tesoreria all'INPS (lo stesso vale anche per le tabelle seguenti).

Prima di analizzare più in dettaglio gli scostamenti segnalati, è opportuno chiarire un punto. La decisione preliminare sugli aggregati non va assunta come un dato rigidamente immodificabile: mutamenti nelle politiche e nelle variabili esogene possono sempre intervenire nel corso della fase di esecuzione della manovra. Le modifiche andrebbero però esplicitate e di esse occorrerebbe spiegare le ragioni, altrimenti il documento di programmazione si ridurrebbe ad un'esercitazione priva di significato. E' ovvio, inoltre, che se un elemento della manovra (il saldo di bilancio) viene modificato, anche gli elementi ad esso collegati (il fabbisogno del settore statale) dovrebbero esserlo, fermi restando il rapporto competenza/cassa e l'andamento della tesoreria.

Un indicatore della difficoltà di individuare una coerenza tra modifiche di diversi aspetti della manovra è dato dall'andamento della spesa per interessi. Nella tab. 3 sono riportati i dati ricavati dal DPEF e dalla legge di bilancio. Ci si attenderebbe, in assenza di modifiche della politica di finanziamento del deficit e delle ipotesi macro-economiche, un sensibile aumento degli interessi in corrispondenza dell'aumento del saldo netto da finanziare riscontrato nel passaggio dal primo al secondo documento. Ciò avviene, in effetti, per il 1988; mentre non si riscontrano modifiche apprezzabili per il 1989. Quest'ultimo dato è singolare: la spesa per interessi nel 1989 resterebbe costante a fronte di un aumento del deficit di 23.000 mld. nell'anno precedente e di 25.000 mld. nello stesso anno. Delle due alternative una devé valere: o si ritiene che i più

TAB. 3 SPESA PER INTERESSI (a) DEL BILANCIO STATALE (competenza - miliardi di lire)

1987

1988

1989

DPEF

67.000 68.943

61.600 68.286

59.000

LEGGE

59.494

(a)

Dati al netto delle « retrocessioni » dalla Banca d'Italia.

Fonte:

DPEF, tab. 1: Relazione Previsionale e Programmatica per il 1987. Sez. 2. tab. 18; Nota di variazione al bilancio (A.C. 4017 bis). p. 8.

131


PV

elevati deficit di competenza non si tradurranno sulla cassa (e sarebbe stato necessario dirlo) o il modello di determinazione della spesa per interessi ha proprietà misteriose. A quali voci vanno imputati i sensibili incrementi del saldo netto da finanziare riscontrati nel passaggio dal DPEF alla legge di bilancio? La tab. 4 mostra come si registr.i una minore previsione di entrata per tutti i tre anni, particolarmente pronunciata negli ultimi due (9.000

mld. nel 1988 ed oltre 11.000 nel 1989). La spesa corrente mostra un'eccedenza di una certa rilevanza neI 1987 ed è rimasta invece sostanzialmente invariata nel biennio seguente. Scostamenti molto sensibili sono fatti registrare dalla spesa in conto capitale, specie nel 1988 e 1989: rispettivamente 13.307 mld. e 12.217 mld., equivalenti in termini relativi ad eccedenze del 16.6% e del 14.3% rispetto ai programmi del DPEF.

TAB. 4 ANDAMENTO DEI PRINCIPALI AGGREGATI DI BILANCIO NELLA SESSIONE 1986 (Dati di competenza in miliardi di lire)

ENTRATE FINALI DPEF DDL LEGGE

1987

1988

1989

236.800 233.995 234.095

251.500 242.357 242.457

266800 254.928 255.028

227.500 229.824 231.018

234.300 233.877 235.379

241.300 239.495 243.697

75.500 79.151 79.126

80.100 88.216 93.407

85.000 91.576 97.217

(a)

SPESE CORRENTI (b) DPEF DDL LEGGE SPESE IN CONTO CAPITALE DPEF DDL LEGGE Note:

Al netto delle partite compensative entrata/spesa. Al netto degli interessi, delle partite compensative entrata/spesa, delle regolazioni di debiti •pregressi.

L'analisi più dettagliata attenua, forse, le preoccupazioni connesse agli effetti del maggiore saldo netto da finanziare sul fab132

bisogno del settore statale. In effetti lo scarso coordinamento tra Tesoro e Finanze e la tendenza negli anni recenti a


sottostimare le entrate potrebbero indurre a ritenere pessimistiche le previsioni sulle entrate riportate nel bilancio pluriennale. Per quanto riguarda la spesa in conto capitale, andrebbe valutata la probabilità che gli stanziamenti di competenza previsti per il trienrio si traducano in erogazioni di cassa e abbiano quindi reali effetti sul fabbisogno del settore statale. Prima ancora della relazione competenza/cassa occorrerebbe tener conto del fatto che una rilevante quota della spesa in conto capitale di competenza (il 13% nel 1987 ed il 20% circa nei due anni seguenti) deriva dalle « promesse » del fondo speciale: 10.475 mld. nel 1987, 20.854 mld. nel 1989. Le considerazioni svolte sulle entrate e sulla spesa in conto capitale possono dunque attenuare la possibilità di uno sfondamento degli obiettivi sul fabbisogno. Resta comunque il fatto che tali considerazioni non hanno alcun valore sui problema della modifica non spiegata degli obiettivi programmatici sul bilancio di competenza. Permangono inoltre i dubbi sulla spesa corrente, specie quando si osser va che per il 1987 si verifica in effetti un'eccedenza rilevante e che per il 1988 e 1989 i dati del bilancio pluriennale andrebbero integrati, secondo quanto affermato nella Relazione Previsionale e Programmatica4 , con circa 3.400 .mld. per ciascun anno. Il dato di fondo che emerge è, comunque, l'inadeguatezza del riferimento al solo

bilancio di competenza, quando i collegamenti con la cassa e con il conto del settore statale non sono espliciti. Questo punto verrà ripreso nella seconda parte di questo lavoro. Il DPEF fissa regole di crescita per la spesa corrente (al netto •degli interessi) e per quella in conto capitale. Nella tab. 5 i tassi annui di crescita previsti dal DPEF sono confrontati con quelli risultanti dai documenti di bilancio. Per quanto riguarda il 1987 le regole risultano rispettate se si considerano gli aggregati in termini omogenei, una nuova dizione nei documenti di bilancio corrispondente a modifiche degli aggregati 1986 e 1987 (quali, ad esempio, un'aggiunta alla spesa corrente « assestata » 1986 di 3.951 mld. corrispondenti all'integrazione necessaria per la copertura del fabbisogno del Fondo Sanitario Nazionale per il 1986) per renderli confrontabili. Le regole per la spesa in conto capitale 1988 e 1989 non risultano rispettate: la crescita media nei due anni è del 10.8% invece del 6.1% originariamente previsto. La regola di crescita della spesa corrente nel biennio 1988-89 è invece sostanzialmente rispettata. La minore crescita del 1988 (1.8% invece di 3.0%) è infatti solo apparente e va corretta secondo quanto affermato nella Relazione Previsionale e Programmatica, e preceden temente richiamato 6 Più oltre verrà proposto un possibile modello di costruzione del DPEF. .

133


TAB.5

TASSI ANNUI DI CRESCITA DELLA SPESA CORRENTE ED IN CONTO CAPITALE (Dati di competenza)

SPESA CORRENTE (a) DPEF DDL DDL <'in termini omogenei » (b) LEGGE LEGGE <'in termini omogenei» (b) SPESA IN CONTO CAPITALE DPEF DDL DDL <'in termini omogenei » (b) LEGGE LEGGE « in termini omogenei » (b)

1987

1988

4.0 6.9 4.1

3.0 1.8 -

-

7.4 4.6

1.8

3.5

7.5 7.2 7.6 7.2 75

-.

6.1

1989

,

3.0 2.4

-

11.5

6.1 3.8

-

-

18.0

4.1

-

-

Al netto spesa per interessi. Cfr. testo. Fonte: Relazione Previsionale e Programmatica 1987, p. 251; Noia di variazione al bilancio (A.C. 4017 bis), p. 8;

Bilancio pluriennale dello Stato 1987-1989.

I provvedimenti di settore La separazione tra gli aspetti meramente quantitativi della manovra (fissazione dei saldi, cosiddetta modulazione delle leggi pluriennali, ecc), demandati alla legge finanziaria e « gli interventi di freno o di riqualificazione degli andamenti tendenziali della finanza pubblica per i quali è necessario modificare le normative sottostanti » , riservati ai provvedimenti di settore (da approvare nel corso della sessione di bilancio) è uno degli aspetti più innovativi delle modifiche procedurali introdotte dalle risoluzioni del giugno 1986. Sen134

za entrare, per ora, nella discussione sull'opportunità di una tale separazione ci si limita anche in questo caso ad un confronto tra i principi enunciati nelle risoluzioni parlamentari e la prima esperienza di applicazione nella sessione di bilancio 1986. Secondo le risoluzioni, nel DPEF il Governo avrebbe dovuto indicare « le linee di intervento nei settori per i quali si preannunciano manovre di integrazione e modificazione normativa, coerenti con gli obiettivi desiderati. 'Per questi interventi settoriali, che integrano e completano la manovra di finanza pubblica attuata attraverso la legge finanziaria


e la legge di bilancio, il Governo fornirà una descrizione di massima della tipologia degli in. terventi previsti nonché la valutazione di correzione complessiva, rispetto al quadro macro-econornico e macro-finanziario, che viene affidato all'insieme di questi interventi settoriali ».

Nel DPEF presentato il 3 settembre 1986 vengono in effetti individuate, sulla base del confronto tra due proiezioni del bilancio 1987, una a politica costante e una programmatica, eccedenze di spesa corrente (pari a 2.400 mld.) e in conto capitale (pari a 3.900 mld.). Per quanto riguarda la spesa in conto capitale, lo strumento indicato per eliminare l'eccedenza è la rimodulazione delle spese pluriennali demandata alla legge finanziaria. Più complesso il discorso concernente la spesa corrente: l'eliminazione della eccedenza risultante per il 1987 è affidata a non meglio identificate misure correttive, la cui specificazione è rinviata presumibilmente alla legge finanziaria. Viene riconosciuta, comunque, la necessità di riportare nel medio periodo azioni di riforma più incisive riguardanti in particolare la politica del personale, i trasferimenti agli enti locali ed al sistema sanitario, il sostegno alle famiglie e le spese previdenziali (in particolare la riforma delle pensioni, la CIG e la fiscalizzaziorie degli oneri sociali), le aziende autonome e le Ferrovie dello Stato. Per ciascuno dei settori elencati il DPEF non va oltre l'indicazione delle 'linee generali di intervento. Fa eccezione la finanza locale, per la quale si fa esplicitamente riferimento al disegno di legge (A.s. 1580) che prevede, tra l'altro, l'istituzione della TASCO, chiedendo che a tale provvedimento sia riconosciuto 'il carattere di « atto collegato alla legge finanziaria »".

In definitiva, l'impressione che si trae dal 1986 è che il Governo non corisiderasse necessaria, ai fitti della manovra per il 1997, l'emanazione di provvedimenti di settore, ma ritenesse invece che la legge finanziaria, pur alleggerita nei suoi contenuti, fosse sufficiente ad ottenere le correzioni necessarie, per la spesa in conto capitale mediante lo strumento delle rimodulazioni e per 'la spesa corrente mediante alcune modifiche tutto sommato marginali (riguardanti nei programmi circa l'l% della spesa corrente 1987 a politica costante). Le vicende seguenti sembrano confermare l'impressione sul ruolo praticamente nullo attribuito ai provvedimenti di settore nella manovra per il 1987. Nella relazione al disegno di legge finanziaria per il 1987 (A.c. 4016 pp. 18 e 21), scomparso il riferimento alla riforma della finanza locale, vengono indicati come « collegati » due disegni di legge, uno riguardante l'utilizzo del Fondo contributi istituito presso il Mediocredito centrale (A.c. 3838, presentato il 12/6/1986), l'altro il finanziamento del Fondo speciale per la ricerca applicata, operante presso l'IMI (A.c. 4038, presentato il 3/10/1986). Non si tratta di provvedimenti di grande rilievo ai fini della manovra di bilancio: il primo non comporta spesa aggiuntiva 9 il secondo comporta una spesa annua di 500 miliardi nel triennio 1987/89. Può essere interessante notare come quest'ultimo provvedimento sia stato ritirato il 16 dicembre 1986 ed inserito nella legge finanziaria per il 1987 (art. 3, c. L'esperienza della sessione di bilartcio 1986 indica quindi che lo strumento dei provvedimenti di settore collegati alla legge finanziaria in pratica non è stato utiDPEF

,

135


lizzato dal Governo. L'aspetto da chiarire riguarda le cause del mancato utilizzo, che potrebbero essere specifiche di questa sessione di bilancio e non dovrebbero quindi ripresentarsi negli anni futuri, oppure avere carattere generale, nel qual caso il circuito "legge finanziaria provvedimenti collegati" sarebbe destinato a non essere attivato neanche in futuro. Nei documenti ufficiali si tende ad avvalorare la prima alternativa. In sostanza i provvedimenti di settore non sarebbero stati presentati contestualmente alla finan ziaria 1987, da un lato perché si tratta di misure (sulla previdenza, la finanza locale ecc.) destinate ad avere riflessi solo nel medio periodo, dall'altro perchè la congiuntura economica favorevole ha consentito una manovra complessivamente più espansiva che non in passato, non richiedendo così l'attuazione di misure di contenimento. In realtà, per quanto riguarda provvedimenti del tipo di quelli riguardanti la previdenza e la finanza locale, è fortemente dubbio che essi possano mai usufruire della « corsia preferenziale » eventualmente acordata ai provvedimenti di settore. Si tratta, infatti, di interventi strutturali, la cui approvazione richiede tempi difficilmente predeterminabili e, soprattutto, non comprimibili nell'ambito di quelli della sessione di bilancio. Questa sembra essere l'opinione non solo di chi era critico nei confronti delle risoluzioni del giugno 1986, per quanto riguarda la separazione tra legge finanziaria e provvedimenti di settore, ma anche di chi condivideva quell'impostazione''. Ciò non implica che la politica di bilancio debba prescindere dagli interventi strut136

turali, dei cui effetti la programmazione di bilancio potrebbe tener conto nell'ambito dei fondi speciali (positivi e negativi). I provvedimenti di settore dovrebbero quindi essere limitati al campo delle misure correttive di breve periodo. Se di questo si tratta, è lecito chiedersi' perchè provvedimenti del genere non possano essere mantenuti all'interno della legge finanziaria. La risposta, alla base delle modifiche procedurali qui in esame, è, come è noto, nell'esperienza di questi ultimi anni. La legge finanziaria è stata sovraccaricata dei contenuti più diversi, ponendo problemi di funzionalità al lavoro parlamentare e modificando gli equilibri tra Commissioni di merito e Commissioni bilancio' '. La garanzia dell'approvazione in tempi relativamente certi ha indotto fenomeni di « assalto alla diligenza » con l'inserimento di molteplici e frammentarie norme settoriali e producendo, così, leggi finanziarie in cui la scala di priorità degli obiettivi della manovra era difficilmente individuabile. Se questo è il quadro del passato, resta pur sempre da stabilire se le sue determinanti siano state procedurali o piutosto squisitamente politiche. Se fosse vera la seconda alternativa, qualunque tipo di provvedimento (o insieme di provvedimenti) con tempi di approvazione relativamente certi, e quindi anche i provvedimenti collegati alla finanziaria, sarebbe sottoposto al rischio di essere inquinato dall'inserimento di emendamenti estranei. Nella letteratura non mancano gli esempi: N. Caiden cita il caso americano di un programma per opere pubbliche collegato ad un documento di bilancio. Sottoposto


ad una serie di emendamenti che andavano dall'abolizione delle trattenute sui dividendi ai sussidi per l'isolamento termico delle scuole, dagli stanziamenti per il rimboschimento ai sussidi di disoccupazione per i ferrovieri, esso divenne altra cosa 14 Sarebbe allora necessario scontare questo tipo di comportamento delle assemblee legislative e dei governi e, invece di perseguire disegni di pulizia formale, imparare a costruire « pacchetti » di misure che siano al tempo stesso coerenti con gli obiettivi generali e capaci di ottenere il consenso dei partecipanti al processo di bilancio. Come conclude Caiden, « quella di saper aggregare, negoziare e pilotare pacchetti fattibili diventa un'arte politica indispensabile »' . .

Il fondo speciale negativo La scomposizione della manovra in varie fasi ha insito un pericolo: che vengano realizzate solo le misure espansive e non anche quelle, più dolorose, di riduzione delle spese o di aumento delle entrare. Se ciò accadesse i saldi di bilancio programmati non potrebbero essere mantenuti e l'intero impianto della manovra verrebbe messo in discussione. Questo è il motivo che ha indotto a prevedere l'introduzione del fondo speciale negativo, comprendente appunto le misure programmate di riduzione della spesa o di aumento delle entrate. La somma algebrica del fondo positivo e di aullo negativo verrebbe a costituire le risorse aggiuntive disponibili per l'attività legislativa. In sostanza, il varo di provvedimenti comportanti una maggiore spesa prenotata sui fondo speciale positivo sa-

rebbe condizionato all'approvazione dei provvedimenti inclusi nel fondo speciale negativo. Il fondo speciale negativo, oltre alla funzione di dispositivo di garanzia, ha anche una potenzialità molto importante: quella di consentire una maggiore considerazione della politica delle entrate all'interno della sessione di bilancio che, invece, finora ha riguardato soprattutto la spesa1 . L'esperienza del primo anno è stata di scarsa rilevanza. In realtà, nel disegno di legge finanziaria 1987 presentato dal Governo, tra i fondi speciali non era inclusa alcuna voce negativa. Il fondo negativo è stato poi introdotto, a titolo sperimentale nel testo approvato dalla Camera. Conteneva due provvedimenti in corso di approvazione: il primo riguardante « norme per l'incremento dell'efficienza e della produttività della P.A.», il secondo la « revisione del finanziamento pubblico ad associazioni ». Le riduzioni di spesa implicate dai due provvedimenti erano piuttosto modeste: nel complesso, 126 mld. nel 1987 e 200 mld. in ciascuno dei due anni seguenti 17 .

PER UNA MIGLIORE STRUTTURA DEL DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE

Sulla base degli studi preparatori delle risoluzioni parlamentari del giugno 1986", della sperimentazione effettuata nella sessione di bilancio 1986 e di alcune esperienze straniere, si tenterà di individuare ora alcuni nodi problematici rilevanti per la costruzione di un possibile modello di DPEF. Gli aspetti sui quali ci si soffermerà sono tre: a) il quadro macroeconomico; b) gli andamenti tendenziali e pro137


grammatici del bilancio statale di competenza; c) il raccordo con il conto del settore statale.

Il quadro macroeconomico Il DPEF 1986 e la Relazione Previsionale e Programmatica contenevano indicazioni sufficientemente dettagliate sul quadro macro per il 1987. Se questa considerazione è positiva, essa necessita, tuttavia, di alcune qualificazioni. La prima riguarda l'insoddisfacente coordinamento tra i diversi centri dell'esecutivo che producono informazioni sui quadro macro. Un esempio di ciò è la previsione della crescita nominale del PIL nel 1987: 7% secondo il DPEF, 8% secondo la Relazione Previsionale e Programmatica. 7.5% secondo la relazione al disegno di legge finanziaria Il secondo motivo di insoddisfazione è l'assenza di previsioni macroeconomiche per il 1988 e 1989, previsioni che pure dovrebbero aver costituito un presupposto necessario per la costruzione del bilancio pluriennale. Il terzo punto è oggetto di dibattito e riguarda la distinzione tra versione tendenziale e programmatica del quadro macr0. Si consideri, ad esempio, il citato studio della Camera. La distinzione, pur essendo logicamente corretta, data la relazione biunivoca tra bilancio ed economia, pone tuttavia dei problemi quando viene applicata anche alle versioni tendenziale e programmatica del bilancio. Nel sistema americano, ad esempio, le due versioni del bilancio assumono lo stesso set di ipotesi macro (quello derivante dalla realizzazione del programma). Si riconosce che ciò non è concettualmente 138

corretto, ma si ritiene che altrimenti la possibilità di usare il bilancio federale come benchmark per quello programmatico verrebbe compromessa (« se fossero usate assunzioni economiche diverse, sarebbe molto difficile separare gli effetti di differenze di politica dagli effetti di differenze delle assunzioni economiche »20)• Va notato che il CBO, l'ufficio di bilancio del Congresso, esamina ed espone gli effetti di assunzioni economiche alternative, ma ciò che viene evidenziato è solo il nesso che va dall'economia al bilancio (cosa accadrebbe sia al tendenziale sia al programmatico se si assumesse un diverso quadro macro per entrambi) e non viceversa 2 t. Una possibile soluzione sarebbe forse quella già sperimentata in Italia nel recente- passato: basare tutte le versioni di bilancio sul quadro macro programmatico presentando, però, anche un quadro tendenziale e utilizzando a tal fine le previsioni elaborate da uffici studi esterni all 'amministrazione 22 .

Gli andamenti tendenziali e pro grammatici del bilancio statale di competenza. Nell'ambito dell'esperienza americana dopo la riforma del 1974, è stato osservato come un elemento di scarsa trasparenza e di confusione «strumentalizzabile» da parte dei partecipanti al processo di bilancio fosse il proliferare di numerose versioni del bilancio. L'impressione è che anche in Italia ci si stia incamminando lungo la stessa strada. Nei documenti ufficiali di bilancio sono rintracciabili cinque diverse versioni per il bilancio 1987: a legislazione vigente (nel senso classico del termine), a legislazione vigente « accresciuta » (comprendente alcuni oneri in


scadenza)23 , a politica costante, programmatica e programmatica in « termini omogenei » con l'anno precedente 24 . A titolo esemplificativo, la tab. 6 mostra la spesa per il 1987 riportata nelle varie versioni.

Si potrà osservare che forse le differenze non sono molto rilevanti, resta comunque la confusione ed il fatto che il raccordo tra le varie versioni e lo stesso significato di almeno un paio di esse sia oscuro.

TAB. 6 LA SPESA STATALE DI COMPETENZA 1987 SECONDO LE DIVERSE VERSIONI DEL BILANCIO (miliardi di lire)

-

Legislazione vigente

- Legislazione vigente « accresciuta » - Politiche date - Programmatica - Programmatica in « termini omogenei »

Spesa corrente

Spesa in c/capitale

216.060

72.005

226.300 229.900 229.824

74.800 79.400

228.712

75.498

79.151

(a): Al netto degli interessi e delle regolazioni debitorie. Fonte: Relazione Previsionale e Programmatica (per Legislazione vigente, Programmatica, Programmatica in « termini omogenei »); Documento di programmazione economicofinanziaria (per Legislazione vigente « accresciuta» e Politiche date).

Un modello coerente per questa parte del DPEF potrebbe essere il seguente (per semplicità,consideriamo il DPEF presentato a metà dell'anno O e relativo agli anni 1, 2 e 3). a. Punto di partenza dovrebbe essere il precedente bilancio pluriennale, relativo agli anni 0, 1 e 2, integrato con gli oneri in scadenza per quanto riguarda gli anni i e 2 (assumendo la costanza in termini reali dei valori relativi all'anno 02). In sostanza, il bilancio pluriennale dovrebbe essere trasformato, per quanto riguarda gli ultimi due anni, in una proiezione a politica costante del primo anno.

L'anno i dovrebbe poi essere aggiornato con gli effetti dell'attività legislativa del primo semestre dell'anno 0, non inclusi - ovviamente - nel bilancio pluriennale per gli anni 0, 1 e 2. Il risultato costituirà la versione tendenziale a « politiche giugno anno O » del bilancio per l'anno 1. Il passaggio successivo riguarda la versione programmatica per l'anno 1, risultante dalle variazioni dovute a: modifiche delle variabili esogene; modifiche di politica da realizzare con la manovra di bilancio; La versione programmatica pluriennale sa139


rebbe infine ottenuta da una proiezione a politica costante per gli anni 2 e 3. In realtà, lo schema descritto non è molto diverso per quanto riguarda i singoli elementi da quello attualmente seguito; varia semplicemente l'ordine in cui gli elementi sono considerati. L'aspetto realmente innovativo consiste nell'esplicitazione della distinzione tra gli effetti di modifiche delle variabili esogene e gli effetti di variazioni delle politiche, nel passaggio dal tendenziale al programmatico. A questo proposito sarebbe necessaria una preliminare analisi di «sensitivit » dell'effetto delle variabili macro sul bilancio. La realizzazione dello schema non sembra quindi porre difficoltà insormontabili. Essa, d'altro canto, sarebbe vantaggiosa sotto vari aspetti: darebbe chiarezza alle varie versioni del bilancio, esplicitando, mediante alcune in/ormazioni elementari, i passaggi dall'una all'altra; fornirebbe una semplice guida ad una attività di aggiornamento continuo delle grandezze di bilancio in corso d'anno; * sarebbe immediatamente estensibile all'analisi degli scostamenti tra previsioni e consuntivi; * permetterebbe di superare il problema dell'elaborazione del bilancio pluriennale programmatico, semplicemente integrando l'attuale versione a legislazione vigente (che, come è noto, già contiene la proiezione triennale dei fondi speciali per l'attività legislativa programmata) con gli oneri « in scadenza » per gli ultimi due anni; * darebbe significato al bilancio plurien-

140

nale, che diverrebbe il punto di riferimento iniziale a cui rapportare la formazione del bilancio annuale. Il raccordo con l conto del settore statale L'analisi dell'esperienza della sessione di bilancio 1986 ripropone un vecchio problema: l'insufficienza della considerazione degli andamenti del bilancio statale di competenza. L'ideale sarebbe poter disporre, in accordo con quanto previsto dalla legge 468 del 1978, di conti del settore pubblico allargato. Le risoluzioni parlamentari del giugno 1986 ripetono la richiesta, pur limitandola al « quadro delle informazioni disponibili ». Poiché è da ritenere improbabile il superamento dei problemi che nell'ultimo decennio hanno impedito di soddisfare quanto disposto dalla legge 468, appare più realistico porsi un obiettivo riguardante il . settore statale. A questo proposito, ciò che manca non è un conto, ma un quadro di raccordo che espliciti i collegamenti tra bilancio di competenza, bilancio di cassa e settore statale. Occorre insomma uno strumento che consenta di tradurre prontamente modifiche della competenza in modifiche della cassa e, in ultima analisi, del fabbisogno del settore statale. Altrimenti, il pericolo, illustrato dall'esperienza del 1986, è che nel vivo della sessione di bilancio vengano dimenticati i riflessi che eventuali modifiche alle previsioni della spesa di competenza sono destinate ad avere sui saldo netto da finanziare, sulla spesa per interessi e sul debito pubblico (salvo poi scoprire tali effetti nei mesi successivi).


Note Per una valutazione dei risultati delle procedure americane si rinvia a G. PIsAuRO, « Le procedure del bilancio Federale USA », •mimeo, Commissione tecnica per la spesa pubblica, ottobre 1986. 2 Per il 1988 e 1989 va inoltre considerato un aspetto: mentre i dati del DPEP sono .programmatici, quelli dei documenti di bilancio sono a legislazione vigente. Ciò non ha effetti sulle entrate, ma li ha sulle spese e quindi sul saldo netto da finanziare. Secondo la Relazione Pre-

visionale e Programmatica per il 1987 (sezione 2, p. 288) la spesa corrente indicata per il 1988 e 1989 andrebbe incrementata rispettivamente di 3.350 nild. e 3.450 nild., per tenere conto dei finanziamenti che vengono determinati « annualmente » dalla legge finanziaria (i cosiddetti « oneri di scadenza », quali i •finanziamenti del Fondo Nazionale Trasporti e delle Ferrovie dello Stato). Il saldo netto da finanziare nei due anni dovrebbe quindi essere corrispondentemente aumentato. Cfr. Legge Finanziaria 1987, tabella C. Cfr. nota (2), p. 5 di questo lavoro.

Cfr. Relazione Previsionale e Programmatica per il 1987, sez. 2, tab. 3; Nota di variazioni al bilancio (A.•C. 4017 •bis), ,p. 8. Cfr. precedente nota 2. CAMERA DEI DEPUTATI, Indagine conoscitiva su: problemi connessi alla riforma delle norme sulla contabilità dello Stato, Documento conclu-

sivo, Roma, 1986, p. 28.

Documento di programmazione economico-/i. nanziaria, Roma, 1986, Sp. 74.

vista in 1.736 mld. nel 1986, in 1.824 mld. nel 1987 e din 1.830 mld. nel 1988). - A.C. 4037 « Interessi sui conti correnti in trattenuti con la tesoreria dello Stato dagli istituti di previdenza amministrati dal 'Ministero del Tesoro » (onere annuo di 70 mld. nel triennio 1987-89), 'presentato il 3.10.1986 e rinviato il 18.12.1986 dall'Assemblea alla Commissione per emendamenti. - A.C. 4036 « Somme da cori-ipondere alle regioni e ad altri enti in dipendenza dei tributi soppressi » (onere previsto in 622 .mld. nel 1987, 640 mld. nel 1988, 659 mld. nel 1989), approvato dalla Camera ed in esame al Senato. Cfr. M. CARABBA, «Politiche di bilancio: le ipotesi di riforma della legge 468/1978 » e P. Dz JOAI'JNA, « Verso quale 'processo decisionale di finanza pubblica », Democrazia e Diritto, n. 6, 1986. 2

Cfr. M. CARABBA, cit.

13

Cfr. P. DE JOANNA, cit. e 'M. MESCHINO, « La nuova procedura delle decisioni di finanza pubblica », Quaderni Costituzionali, agosto 1986. 1 N. CAIDEN, « Le nuove regole del gioco del bilancio federale negli Stati Uniti », in F. FICHERA (a cura di). La politica di bilancio in condizioni

di stress fiscale, F. Angeli, Milano, 1986, p. 191. ' Ibidem. Sul ruolo dei pacchetti di misure nel sistema americano cfr. anche A. ScHIcK, «The Evolution of Congressional Budgeting », in AA. VV., Crisis in the Budget Process, American En. terprise Institute, Washington, 1986. » Cfr. F. BASSANINI, Programmazione finanziaria e istituzioni del governo dell'economia, in CESPE,

Quali risposte alle politiche neoconservatrici, Roma, ottobre 1986.

E' stato poi approvato come legge o. 44 del 16.2. 1987.

Cfr. Legge Finanziaria 1987, tabella B. I'

Per completezza di informazione va riportato che altri provvedimenti sono stati definiti Come collegati nel corso dei dibattiti parlamentari, pur non essendo indicati come tali in nessun documento Wllciale di bilancio. Si tratta dei seguenti disegni di legge: - A.S. 1579 « Nuova disciiplina della finanza regionale », presentato il 25.11.1985 e il cui iter è fermo all'esame in Commissione in sede referente dal 22.1.1986 (spesa originariamente pre-

CAMERA DEI DEPUTATI, «Indagine conoscitiva sui problemi connessi alla riforma delle norme sulla contabilità dello Stato », Documento conclusivo, Roma, 1986; SENATO DELLA REPUB. BLICA, «Documento c6nclusivo del Comitato di studio per la riforma dell'impostazione e delle procedure di esame della legge finanziaria e del bilancio dello Stato », Roma, 1986.

'» Cfr. Documento..., cit., p. 13; Relazione Previsionale e Programmatica per il 1987, sez. 1, p. 85; A.C. 4016,

Sp.

4. 141


0MB, Budget o/ the U.S. Government, Special Analysis, Washington 1986, p. A. I. 20

Cfr. CBO, The Economic and Budget Outlook: Fiscal Years 1987-1991, Washington 1986, p. 21

XXII. Il medesimo approccio era seguito anche nei Libri Bianchi inglesi degli anni '70 sulla spesa pubblica. Questa strada fu seguita nella Relazione Previsionale e Programmatica per il 1982, dove,

22

accanto al quadro programmatico, ne veniva presentato uno tendenziale riportando le previsioni elaborate da OCSE, Isco, FMI, •Prometeia e CEE. Si tratta di una novità, contenuta nel DPEF 186 (.p. 35); dove si definisce « legislazione vigente » la versione integrata còn le poste relative al Fondo comune regionale, al Fondo Nazionale Trasporti, ai trasferimenti alle Ferrovie del23

142

lo Stato. La versione a « politica costante » è poi ottenuta nello stesso documento aggiungendo gli oneri relativi al Fro, al contributo straordinario alla CIG e al Fondo per la ricerca applicata. Le voci elencate riguardano in entrambi i casi interventi previsti da norme in scadenza nel 1986. Non è chiaro cosa ha indotto ad in cludere alcune di esse nella « legislazione vigente » edaltre nella « politica costante ». 24 23

Cfr. nota 2.

Nel DPEEEF 1986 gli oneri in scadenza furono assunti come costanti in termini nominali. Qui si propone la costanza in termini reali sia per motivi di coerenza interna del bilancio, sia perché il Tesoro segue lo stesso principio nel trattamento della spesa discrezionale (il cd. « adeguamentc del fabbisogno ») nella versione a legislazione vigente.


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